[Κεφάλαιο 26]









NEVERLAND VALLEY RANCH



3 Giugno 1992




Michael era sveglio da mattina presto. Jordan dormiva nel suo letto, come un angioletto, il cantante era in cucina a preparargli la colazione.
Prese dei cookies, poggiandoli su un piattino di ceramica bianco, con un po' di latte freddo versato all'interno di una tazza di Pinocchio, la sua preferita.
Il fanciullo era vestito con un semplice pigiama verde mela, aveva i capelli sciolti e il viso leggermente riposato.

Beveva la sua spremuta di arancia, per mantenersi energetico e pronto ad affrontare la giornata.
Avrebbe aspettato Jordan a fare colazione, salì in camera per andare a controllare, aprì leggeremente la porta e vide che stava ancora dormendo, lo lasciò dormire.

Michael era in salotto a leggere un libro di filosofia, aspettando che le sue cameriere arrivassero.
Aveva come sottofondo una radio che trasmetteva la musica, oppure varie notizie che capitavano nel giorno, sia nel crimine, che nel mondo della politica.
A volte, anche nella musica.
Fino a che la radio, non tramise una sua canzone. Ma non una del suo nuovo album.
Bensì, di Bad, dell'album precedente.
La canzone era Smooth criminal.

Michael rimase impalato ad ascoltare la sua stessa canzone, ridacchiando e leggendo il libro cercando di concentrarsi.
Scosse la testa.
«Chissà chi l'ha scritta questa canzone?»

Annie, are you okay?
So, Annie, are you okay? Are you okay, Annie?
Annie, are you okay?
So, Annie, are you okay? Are you okay, Annie?
Annie, are you okay?
So, Annie, are you okay? Are you okay, Annie?
Annie, are you okay?
So, Annie, are you okay?

«Are you okay, Annie?
Annie, are you okay?
Will you tell us that you're okay?
There's a sound at the window
Then he struck you, a crescendo, Annie
He came into your apartment
Left the bloodstains on the carpet
And then you ran into the bedroom
You were struck down
It was your doom.» il Re del Pop si alzò dal divano posando il libro su di esso, cantando e ballando la sua canzone. Immaginando di trovarsi nel videoclip, stile anni cinquanta, con quel capello bianco con la fascia nera di mezzo.
La giacca bianca e quella camicia color azzur elettrico con la cravatta bianca.
Rendendo uno dei suoi outfit più iconici della star.

«Annie, are you okay?
So, Annie, are you okay? Are you okay, Annie?
Annie, are you okay?
So, Annie, are you okay? Are you okay, Annie?
Annie, are you okay?
So, Annie, are you okay? Are you okay, Annie?
You've been hit by
You've been hit by
A smooth criminal!» all'ultima frase fece dei passi iconici con le braccia incrociando il piede destro indietro a quello sinistro.
Mettendo la mano sinistra sul lato della testa e il braccio teso con la mano che puntava il dito.
Sospirò con il sorriso.

«Smooth criminal ragazzi! Qui stiamo parlando di Michael Jackson! Non è vero Amanda?» domandò lo speaker, mentre il cantante ritornò a sedersi per rileggere il libro.
Soddisfatto della sua piccola e improvvisa performance.
«Oh si, la canzone è tratta dall'album Bad uscito esattamente cinque anni fa. Divenuta una delle più iconiche del cantante insieme a Thriller e Billie Jean. Un vero e proprio capolavoro di ritri musicali e vocali
«Proprio così Amanda, ma hai sentito dire che Michael ha voluto fare dai laser per sbiancarsi la pelle?» Michael sentendo quel rumors spalancò gli occhi completamente scioccato.
«Certo che lo sapevo, si dice che lo abbia fatto per motivi di razzismo. Che odiasse le sue origini. Oppure per stare a più contatto con i suoi fan si è voluto fare più bianco, una roba del genere. Disgustoso non è vero?»
«Disgustoso se un uomo come lui dorme in una camera iperbarica per rimanere più giovane. Ho sentito dire che si droga. Chissà se è vero.»
«Un tipo come lui sicuro sì.» Michael in quell'attimo sentí una rabbia scorrere nelle sue vene, il viso diventare completamente viola.
Prese la radio e la lanciò per terra con violenza distruggendola in mille pezzi.
«Vaffanculo! Pezzi di merda!» mise le mani sul volto emittendo dei profondi sospiri per calmarsi.

Il pregiudizio, e l'ignoranza che la gente aveva contro di lui era una cosa che lo mandava in bestia, a tratti cercava di ignorare e di andare avanti. Ma a volte, quando era troppo scoppiava.
Oltre alla rabbia, c'era anche la tristezza. La tristezza nel non essere capiti, compresi dalla gente.
Si domandava sempre la stessa domanda:
Perché?
Eppure io dò le risposte, eppure la gente non mi crede. Ma mi rifaccia altre bugie. Perché?

Una lacrima rigò nel volto candido del ragazzo, quella definizione "Disgustoso" fu pesante per lui.
Fu come essere stato colpito da un proiettile al centro del cuore.
E pensò che quello era l'ennesimo colpo che avevano dato.
La fama non era altro che un insieme di colpi di potenti frecce appuntite, che possono fare male e si trova la disperazione. Altre volte no, e si trova la gioia.
La fama, non era altro che il Cupido malvagio.

«Michael.» una piccola voce lo fece distrarre dai suoi pensieri, si voltò, ed era Jordan, con il pigiama di Batman, che si stava teneramente stropicciando gli occhi.
Jordan era un bambino bellissimo, con la pelle color caramello, gli occhi scuri, denti bianchi e perfetti, con dei lineamenti armoniosi.
Michael, pensò con il cuore a mille, di averlo fatto svegliare con le sue urla, oppure con il rumore della radio quando l'aveva mandata in pezzi. 
«Jordan.» mormorò il cantante con un tono al quanto ansioso «Buongiorno, hai dormito bene.» il ragazzino annuì.
«Molto bene, tu piuttosto come hai dormito con quel sacco a pelo?» domandò.
Il moro ridacchiò.
«Stai tranquillo, ho dormito bene. Vieni Jordan, ti ho preparato la colazione.» indicò la tavola con il latte e biscotti che stavano chiamando il nome del ragazzino.
Jordan esclamò felice.
«Grazie Michael.»
«Ma figurati.» il ragazzino dalla pelle olivastra andò verso il tavolo, si sedette in modo composto, prese un biscotto, lo inzuppò nel latte freddo per poi mangiarlo.

Ingoiò, fino a mettere una mano davanti alla bocca.
Jordan era molto educato, un signorino, sempre pronto a dare una mano agli altri.
Aveva un carattere molto dolce, tenero, in Michael poté vedere la figura paterna che gli mancava.
«Non mangi?» domandò Jordan.
Lo stomaco di Michael nel frattempo, si era chiuso, dopo tutto quel casino.
Scosse la testa.
Jordan gli diede un suo biscotto.
«No mangia, sono tuoi Jo-»
«La colazione è importante. Mangia Michael.» il moro sorrise, e ringraziò il ragazzino con dolcezza, e mangio con gusto il biscotto.
«Hai fatto la colazione mentre dormivo Michael?» domandò il ragazzino dalla pelle olivastra, Michael rispose con un semplice sì accennando un sorriso.
«Ti ringrazio.» disse con dolcezza.
«L'ho fatto con affetto, non mi devi ringraziare.»
«Papà non mi hai mai preparato la colazione.» mormorò con tono triste, inzuppando con piccoli tocchi il biscotto.

Michael fece un espressione triste vedendo gli occhi persi di Jordan.
Poté capire perfettamente il suo stato d'animo e la sua situazione.
Anche lui non aveva avuto un padre amorevole e dolce, che preparava la colazione, che lo coccolava. Ma pensava solamente al dovere, accecato dal denaro. Quello era Joseph Jackson.

«Jordan.» lo chiamò, gli occhi profondi e tristi del ragazzino si incontrarono con quelli del cantante «Vieni qui.» allargò le braccia, Jordan si alzò dalla sedia per abbracciare con tanto affetto il cantante.
Poté sentire il calore, l'amore, e il supporto verso i suoi confronti. Percepiva di quanto Michael fosse una persona speciale e meravigliosa oltre ad essere un geniale artista a livello mondiale.

E c'era Michael, che sentiva di quanto quel ragazzino fosse fragile quanto una piccola scultura di porcellana, bastava solo sfiorarla con gli occhi per frantumarla in mille pezzi.
Lui soffriva per il turbolento rapporto con il padre.
Ma in quel momento, il fanciullo dagli buoni e gentili era pienamente cieco a costa stava andando incontro.

«No Ben, non le ho chiesto ancora se-»
«Ma allora sei idiota o cosa Michael? Il tour è tra meno di tre settimane e non hai trovato un medico da portarti con te?» Ben Ammar, il suo manager, era in ansia con il tour e non vedeva l'ora di cominciarlo. Stava andando fuori di testa.
«Non ti permetto di darmi dell'idiota. Portami rispetto Ben, ti ho detto che ci penso io con lei. Sta tranquillo, Cristo Santo questo tour è peggio di Capodanno.» mormorò mettendo una mano sulla fronte.
«Ma Michael, scusami, che cazzo ci voleva a dirle "Senti, ti faccio una proposta, vuoi essere il medico per il mio tour eccetera eccetera."» il moro ridacchiò nervosamente.
«Di sicuro lo dirò in modo molto più professionale rispetto a come me lo hai detto in questo momento.» Ben sospirò esausto dall'altra parte della cornetta.
«Michael, un dottore ci vuole cazzo! Lo vuoi capire! Lo dico per te, tu che prendi quelle merdate di pillole del cazzo.»
«Non cominciare Ben, ho le palle piene oggi, non ti ci mettere anche tu.»
«Eh no cazzo, ora tu mi stai assentire!» obiettò il manager.
«Tanto la predica è sempre la stessa Ben, è inutile che apri questo discorso. Ne ho bisogno e basta.»
«Tu hai bisogno di essere amato, lo vuoi capire si o no?» a quella risposta il suo cuore si aprì totalmente come un fiore sbocciato.
Pensò subito a Sandie, a quella ragazza che le dava amore. L'unica donna che aveva amato nella sua vita. Quella ragazza con gli occhi a cerbiatto color verde prato, con quel viso così adorabile da darle un amore incondizionato.
Sandie per lui era l'amore della sua vita e la nascita della relazione che aveva sempre sognato. Era il sogno d'amore divenuto realtà.
Lei era l'amore.

Ma si preoccupava, dall'altro lato c'erano i farmaci, di cui era dipendente, prigioniero da quelle catene fatte di pillole, dalle braccia fino alla bocca.
Sandie non sapeva nulla, ma se un giorno lo avesse scoperto, aveva paura che un giorno lo avrebbe abbandonato e lasciato di nuovo nel mondo della sua immersa solitudine.
Il suo più grande incubo, era vedere Sandie andare via per sempre dalla sua vita per colpa sua.
Avrebbe fatto di tutto pur di mantenere vivo il loro amore, a qualunque costo.

Jordan e Michael erano tra gli immensi giardini di Neverland, seduti con le gambe incrociate a giocare ad obbligo e verità.
«Vediamo Jordan, obbligo o verità?» lui ci pensò prima di rispondere.
«Obbligo.» lui si morse il labbro in segno di furbizia.
«Fai dieci squat.» il ragazzino spalancò gli occhi stupito.
«No dai.» bottò.
«Ehi, hai scelto obbligo. Quindi Marc!» indico un punto del prato per fare gli scout.

Jordan si alzò in piedi, andando esattamente nel punto dove aveva indicato Michael, e fece ben dieci squat.
«Dio mio.» disse il ragazzino con l'affanno.
«Sei bravo però, potresti essere un bravo sportivo se ti impegni.» commentò il cantante.
«A me piace solo ballare.» disse Jordan ritornando a sedersi.
«Ah si? E che genere balli?» domandò il moro interessato.
«Pop.» poi lo guardò «Ma è solo grazie a te Michael se mi sono appassionato alla danza. Solo per merito tuo. Ti ringrazio per la magia che hai trasmesso a me, e a tutta la gente del mondo.» egli per tutto il tempo sorrise con il suo sorriso meraviglioso a trentadue denti «Un giorno diventerò un ballerino.» mormorò il bambino con tono sicuro.
«Ed io sono sicuro che ci riuscirai. Credici sempre e vedrai che otterrai ciò che più desideri.» disse il cantante.
«Così sei diventato quello che sei? Credendo al tuo sogno Michael?» domandò con innocenza, il moro annuì.
«Ci ho creduto, ho sempre creduto al mio sogno. Ho fatto tanti sacrifici per lottare, per farsi che il mio sogno diventasse realtà. Ma Dio, ne è valsa la pena. Tornerei indietro per rivivere quei momenti.» disse Michael guardando un punto fisso del cielo azzurro illuminato dal sole pensando a quei duri e bei momenti di interi sacrifici e passione.
Aveva voglia di tornare indietro di dieci anni prima, quando era Michael Jackson dei The Jacksons, che era agli studi di Quincy Jones, lavorando giorno e notte per l'album che sarebbe poi divenuto, l'album più venduto della storia della musica, Thriller.
Avrebbe voluto tornare in quei momenti, e far capire alle persone, che non credevano ai sogni, di non mollare mai, di non smettere di credere, e di dire "Io credevo all'impossibile. Eppure ci ho creduto, e ho ottenuto l'impossibile."

Verso il primo pomeriggio un auto a Michael sconosciuta entrò nella residenza del cantante, capì che la madre di Jordan era arrivata a prendere il figlio.
Di fatti, il ragazzino era lì, a fianco al cantante, con un espresssione triste.
«Andiamo, non essere triste. Tornerai Jo.»
«Davvero Mike? Posso tornare?»
«Certo, i cancelli sono sempre aperti per te e per la tua famiglia.» i due si abbracciarono amorevolmente fino a che una voce maschile non chiamò il nome del ragazzino.
Michael capì, che era il padre.

Evan Chandler, indossava dei jean strappati solamente al ginocchio, e una maglia rossa fuoco della Levi's, si tolse gli occhiali da sole, fino ad incrociare lo sguardo glaciale del parente con quello del figlio, leggermente impaurito in viso.
Evan poté finalmente guardare il volto di colui che aveva ospitato suo figlio, Michael Jackson, lo guardò con uno sguardo neutro, senza emozioni, con moltissima indifferenza.
«Spero che Jordan abbia fatto il bravo Mr Jackson.» egli gli diede la mano, in segno di conoscenza. Il cantante perplesso dal gesto, la diede lo stesso per educazione.
«Suo figlio è davvero un bravo ragazzo Mr Chandler.»
«Evan, per cortesia.» disse l'uomo rimettendosi gli occhiali.
Jordan guardò Michael con aria impaurita e lui fece l'occhiolino.
Il padre prese lo zainetto del figlio.
«Beh, non saluti Michael figliolo?» disse al figlio, e Jordan abbracciò di nuovo Michael stringendolo ancora di più.
«Tornerò Michael.» gli sussurrò.
«Ti aspetterò.» gli sussurrò poi il cantante.
L'abbraccio si sciolse, e Jordan andò verso il padre che non smetteva di guardare Michael.
«Mr Jackson.» lo chiamò.
«Si?» lo guardò dalla testa ai piedi, senza poi dire niente.
«Nulla, arrivederci.» i due si diressero in macchina, ma Jordan lo salutò con la mano. Egli ricambio il saluto, mentre la macchina varcava via i cancelli dorati della sua residenza.

Michael era di nuovo in quel prato, immerso nei suoi pensieri, giocherellando con dei ciuffetti d'erba.
La sua mente proiettava quell'uomo, il padre di Jordan. Evan, sentiva di avere qualcosa di oscuro.
Sentiva che non era una bella persona.
Quello sguardo era così freddo come il ghiaccio da far venire i brividi, per un attimo pensò a suo padre Joseph.

«Ehi, testa di mela?» si girò immediatamente udendo la sua voce preferita, vedendo una bellissima figura.
Sandie, con un vestitino verde le scarpine bianche e una bellissima crocchia ai capelli.
Era bellissima.
Michael notò in particolare che aveva una torta in mano.
Una piccola torta alla panna con su scritto in rosso "I love you " con due cuoricini.

Il moro si alzò per baciarla con amore, le dita erano poggiate sul mento della ragazza e le labbra che danzavano delicatamente in quelle dell'uno e dell'altro.
Era un bacio delicato, sempre d'amore.
Delicati com'erano loro due.
«Avevo tanta voglia di vederti stellina.» sorrise.
«Allora sono arrivata al tempismo giusto.» disse la ragazza accennando un sorriso.
Michael guardò la torta.
Sorrise.
«Ti amo anch'io, l'hai fatta tu?» annuì «Che brava, sarà buonissima.» disse mettendo un braccio dietro al collo dell'amata per poi prendere il passo.

«Sai Michael, anche io avevo tanta voglia di vederti, soprattutto di stare con te. Ho portato lo zaino, posso stare da te per qualche giorno?» domandò guardandolo dritto negli occhi.
«Puoi stare anche tutta la vita.»
Se ci sei tu, sono felice.
«Che bello, sono così contenta di stare qui con te. Questi sono i piccoli momenti che mi rendono felice. Stare con te, stringerti la mano e dirti quanto ti amo.» Sandie aveva gli occhi lucidi in preda alla commozione delle sue stesse parole.
Voleva stare vicino a lui il più possibile, godere ogni suo momento insieme a lui, ogni suo passo, ogni suo sorriso, ogni suo gesto. Tutto.
Voleva renderlo felice e stare al fianco della persona che amava di più al mondo.
E Michael lo percepì perfettamente.
Un'altra freccia lo segnò di nuovo in pieno petto, ma era una freccia d'amore.
Quelle che non facevano alcun dolore, anzi, portavano all'amore e alla felicità.
Più guardava Sandie, più si innamorava di lei, più si sentiva fortunato e grato alla vita di aver dato questa bellissima opportunità di amare quella ragazza.
Con una piccola lacrima che fuorusciva dal suo occhio destro, disse semplicemente, avvicinando al suo volto, sfiorando i loro nasi.
«Ti amo da morire, Sandie.»

Camminano lungo i prati arrivarono ad un punto di Neverland con le varie casette, Sandie era impegnata tra le chiacchiere con Michael.
«Tu pensi che sarà un maschio o una femmina il bambino di mia sorella?» domandò Sandie tra i pensieri.
Michael mise la mano dentro alle tasche dei pantaloni.
«Ho la sensazione che sarà un maschio.»
«Nah, io penso più femmina.» ridacchiò.
«Maschio.»
«Femmina.»
«Maschio.»
«Femmina!»
«Mio Dio quanto sei testarda.» riderò entrambi «Qualunque sia il sesso Sandie, la salute è la prima cosa per la vita di un essere umano.» ella annuì in segno di accordo.
«Hai ragione, la salute prima di-» stellina si interruppe quando la coda d'occhio vide una stupenda piscina.
Rimase incantata, il suo sguardo tornò su quello di Michael «Michael.» lo chiamò.
«Si?»
«Ti prego, posso fare un bagno?» supplicò con uno sguardo da cucciolo indifeso.
Michael, non poté dire di no.
«Certo che lo puoi fare.» stellina posò la torta su un lettino. E Sandie si tolse solamente il vestito, sciogliendo la crocchia.
Rimanendo solamente in una biancheria intima color nero.
Ella si voltò verso il fanciullo, e Michael sorrise con le guance lievemente rosse.
«Tu non vieni?» domandò Sandie con voce dolce.
Egli scosse la testa, poi si avvicinò a lei, lentamente, mettendo le mani sui fianchi, giocherellando con l'elastico della mutandine, le sue labbra era poggiante sull'incavo del collo, lasciando un intenso bacio.
«Mi fai impazzire.» continuò a baciarle il collo, Sandie alzò il capo, mise una mano sulla schiena coperta dal tessuto di una camicia leggera azzurra.
Sentiva le sue labbra sulla sua pelle, impazziva totalmente.
Si bagnò, voleva di più.
Fino a che Michael, non la spinse con forza nell'acqua fredda della piscina.

«Piccolo bastardo!» esclamò Sandie tornando in superficie «Mi hai truffato! » Michael, nel frattempo, non stava smettendo di ridere come un matto vedendo la faccia rossa di Sandie completamente piena di rabbia.
«Ci sei cascata.» fece la linguaccia, anche lui ricambia il gesto.
«Non sei stato divertente. Dai gesti erotici a quelli dei zingari. Grazie, molte grazie Michael.» tornò sotto superficie, Michael rideva e vedeva la sua figura nuotare come una stupenda sirena.
Una sirena che le aveva rubato il cuore.

Camminava sui lati della piscina fino a che Sandie non lo sentì chiamare.
«Che c'è?» domandò.
«Michael, ho sbattuto la testa mentre ero sott'acqua. Puoi abbassarti e farmi un massaggio per favore?» supplicò massaggiandosi la nuca.
«Certo amore.» si inginocchiò, ella tolse la mano, e Michael le massaggiò la nuca delicatamente.
Ella lo guardò, con aria di sfida.
«Ti fa male?» domandò il cantante, a quel punto Sandie lo prese dalla camicia con forza trascinandolo in piscina facendogli un bel tuffo.

«Ma vaffanculo!» disse Michael alzando la testa in superficie. Sandie aveva ottenuto la sua piccola vendetta, accompagnata con le risate.
«Dillo. Dillo che sono una stronza.» stuzzicò stellina mordendosi il labbro.
«Sei una stronza.» disse il cantante.
«Lo so, ma tu sei più stronzo.»
«Ah! Io sarei più stronzo? Ma senti chi parla, io ho Ulisse davanti a me non Sandie Vrachnos. Dio mio, sei peggio di me quando si tratta di scherzare.» spiegò spostando i ricci bagnati da un lato.

Ella lo guardò incantata, bagnato, con la lieve luce del sole che gli rifletteva dietro sembrava un Dio greco. Era proprio una stella quell'uomo, anzi, il sole.
Si avvicinò a lui, i loro volti erano bagnati, pieni di desiderio, gli succhiò le labbra soffocandogli un gemito.
Mise le braccia intorno al collo, restando sempre vicini, uniti, dentro a quella piscina piena di acqua.
«Sei splendida Sandie.» mormorò lui incantato.
«E tu sei un sole.» rispose «Hai idea di quanto io ti amo?» domandò la ragazza guardandolo in fondo nei suoi occhi.
«Sandie-»
«Sto parlando seriamente Michael.» lo interruppe stellina, Michael la guardò meglio, era seria, piena di sicurezza. Con le nocche delle dita accarezzò la guancia bagnata del fanciullo. Chiuse gli occhi «Hai idea.» si fermò «Di quanto io ti amo?» domandò.
Il moro aprì gli occhi.
«Ho idea di quanto tu mi ami Sandie, e ti sono grato di amarmi, di starmi vicino, di comprendermi. La vita ha accolto un mio desiderio, essere amato da una persona. E non poteva darmi una persona più bella di te. E sono fiero di essere amato da te, ed di amare una ragazza meravigliosa come Sandie Vrachnos.» ella lo baciò con amore, ritornando alla delicatezza di prima.

Le mani di Michael, erano sulle costole della ragazza, stavolta il bacio divenne sempre più focoso, e pieno di desiderio. Le loro lingue erano nelle bocche dell'uno e dell'altro.
Michael tolse il reggiseno nero di Sandie, buttandolo fuori dalla piscina, rimando solo in slip.
Aveva i seni scoperti, quei seni enormi, corposi, con quella perfetta forma rotonda.
Michael prese Sandie da una coscia facendola incollare a sé, formando un'unica persona.
«Tu forse, ancora non hai capito dell'effetto che mi fai Sandie.» mormorò il moro con voce calda.
«Bello?» domandò Sandie con le guance leggermente rosse.
Egli sorrise.
«Bello da impazzire, bello quanto il sole che ti sta illuminando, bello quanto l'arte, bello quanto le stelle, bello quanto i fiori, bello quanto la musica. Direi che questo basta per farti capire l'effetto che fai su di me. È fottutamente meraviglioso.» Michael si mosse con dei movimenti leggeri, aveva Sandie in braccio e nuotò con lei verso un lato della piscina.
Sandie, sentì il muro della piscina coperto a metà dall'acqua , sospirò di piacere.

Michael con la mano, prese uno dei suoi seni, palpandolo con dolcezza, facendo gemere la ragazza.
Avvicinò il viso su esso per giocarci con la bocca.
Le labbra sfiorarono il bellissimo e scuro capezzolo della ragazza, fino a succhiarlo.
Era bagnato grazie all'acqua della piscina, ma lo fece bagnare di più giocandoci passando la lingua intorno.
«Michael ...» gemette la fanciulla, alzando il capo.
«Mi vuoi vero?» domandò il ragazzo con voce profonda. Ella annuì.
Lui sorrise mordendosi il labbro «Fammi giocare ancora un po' stellina.» disse ritornando a giocherellare il capezzolo.
Lo succhiò, i suoi denti bianco latte lo sfiorarono appena, ma non lo mordicchiò, non voleva farla male.

Con l'altra mano palpò l'altro seno, e con le dita giocherellò con il capezzolo.
Michael passò le labbra all'areola del seno, era bellissima e scura, baciando poi quella bellissima protuberanza rotonda.
Sandie sentiva di volere di piu.
La lussuria cresceva.
Si stava eccitando non poco.
«Michael.» lo chiamò ancora tra i gemiti, fino a che lui non si fermò.
La guardò con uno sguardo da predatore, lei si morse il labbro.
«Sei pronta?» domandò lui.
«Oh si.» d'un tratto Michael afferrò con entrambe le mani le gambe di stellina, appoggiandole sulle sue spalle.
Sandie a quel punto afferrò le mani sui lati della piscina, finendo totalmente fuori dalla enorme vasca.
«Dio!» esclamò sorpresa.

«Stenditi.» ordinò il cantante.
Ella fece come aveva detto, si stese, aveva il corpo completamente disteso, dalla testa fino al bacino era stesa per terra fino bordo piscina. E dal bacino in giù, dal bordo piscina in poi.
«C-che vuoi fare?» domandò la fanciulla.
«Lo vedrai.» tolse le mutandine nere della ragazza, facendole alzare leggermente le gambe.
Ella capì tutto, e arrossí.
Michael appoggiò le mutandine al bordo piscina.
Iniziò a baciare con intensità l'interno coscia della ragazza, Sandie sentiva il suo fiore aperto e bagnato solo per lui.
La mano destra era poggiata sulla coscia, e l'altra sul fianco.

Michael la tirò di più a sé, avendo di fronte il suo fiore.
Lo poteva sentire, era caldo e splendidamente bagnato solo per lui.
Poggiò così le mani sui fianchi.
Fino a che non affondò il viso in quel punto, sfiorandolo con la lingua.
Sandie, sentendo la lingua del suo amato in quel punto così sensibile. Percepiva il paradiso.
Gemette, muovendo piano i fianchi, girando la testa da un lato e l'altro,  mentre Michael leccava con maestria e delicatezza il clitoride.
«Oh mio Dio. Oh mio Dio.» mormorò tra i gemiti, chiuse gli occhi, aveva le braccia stese, e la testa che si alzava di continuo ogni volta che Michael gli toccava un punto di piacere.
Fino a che Sandie non aprì gli occhi, avendo in mente un idea.
«Michael.» lo chiamò, lui si fermò subito «Esci dalla piscina.»

Lui uscì dalla piscina, trovando Sandie stesa per terra, si inginocchiò a lei, ma la ragazza lo prese a sé baciandolo con tanta passione.
Egli si mise sopra di lei, Sandie con foracia gli tolse la camicia, e gli sbottonò i pantaloni.
«Non posso aspettare un minuto di più.» disse Sandie tra i baci.

Ella divaricò le gambe e Michael abbassò leggermente i pantaloni insieme ai boxer, con una decisa spinta entrò dentro di lei.
«Oh Dio.» mormorò Michael.
Iniziò a spingere prima lentamente, andando piano piano, voleva assaporare la sua carne, il suo calore, ogni centimetro del suo corpo.
Mentre Sandie, voleva baciarlo, dargli amore, in un momento di passione.

Le spinte erano lente, intense, dolci, con quelle gocce d'acqua che toccavano i corpi dell'uno e dell'altro. Creando il momento ancora più erotico.
La loro passione era una passione stupendamente dolce e attraente da impazzire.
Una passione tremendamente lussuriosa, ma piena di purezza all'interno da non riuscire a non essere attrati.
Erano dannatamente belli, bagnati fradici ma stupendamente belli come l'arte di Leonardo Da Vinci.

Le spinte poco dopo si fecero veloci, i gemiti era l'unico suono che si sentiva in quella zona.
Egli prese il viso della ragazza, affondando le labbra con quelle di stellina con un bellissimo bacio.
«Ti amo.» disse tra i gemiti.
«Ti amo.» rispose poi Sandie tra i gemiti anche lei.
Lo poteva sentire ancora più in fondo nonostante le veloci spinge.
Lo sentiva in profondità, ed era bellissimo sentire il suo contatto della sua carne, era la sensazione più bella del sua vita. E pregava il Signore di fermare il tempo, per farsi di durare quel momento per tutta la sua esistenza, e di amare quel ragazzo, fino a che l'Onnipotente non avrebbe chiamato il nome di Sandie.







Un'ora dopo





«E così abbiamo giocato ad obbligo o verità. Poi abbiamo fatto altre cose, tipo parlare un po'. Fino a che non è arrivato suo padre.» raccontò Michael disteso sul lettino, la giornata che aveva passato con Jordan.
«E com'è andata con suo padre?» domandò Sandie.
«Uff, non ti saprei dire con certezza. Doveva venire a prenderlo la madre. Poi non so perché è venuto il padre, sarà succcesso un imprevisto, non saprei. Ma una cosa che mi ha lasciato storcere il naso è il suo atteggiamento. Non so mi è sembrato. Freddo, distaccato, indifferente. Non mi è sembrato una bella persona, l'ho letto nei suoi occhi. Poi chissà, magari conoscendolo cambierò idea.» spiegò il loro cacciando un sospirò pesante alla fine.

Sandie si preoccupò sul serio.
«Era la prima volta che lo vedevi?» domandò lei.
«Si, e non penso di aver fatto una bella impressione.» commentò con tono ironico «Mi ha gelato con lo sguardo, sembrava che mi volesse mangiare. Altro che Hannibal Lecter.» Sandie poi, gli prese la mano. Lui la guardò.
«Amore.» lo chiamò «Stai attento.» lo avvertí.
«Certo, stai tranquilla. Non succederà nulla di brutto. Capisco quando devo stare lontano da una persona.» ella annuì, credendo alle sue parole, e gli diede un bacio a stampo.

«Nicole? Tuo padre? Come vanno le cose?» lei sorrise.
«Tutto ok. Lei stai bene, lui anche. ed io mi sto riprendendo.» Sandie ricoprì il dito con la panna della torta, portandolo poi in bocca succhiandolo.

«Mi fa piacere, sono felice che ti stai riprendendo amore mio. Ooohh, anche io voglio assaggiare questa torta.» disse accennando un sorriso, si mise a gambe incrociate «Ma non abbiamo un coltello.» affermò.
«Prendi un pezzo con le mani.» disse Sandie con il sorriso. Ma Michael fece un espressione contraria.
«Dai Sandie.»
«Ma che te ne frega. Prendi un pezzo con le mani, e mangiala.» Sandie prese un pezzo di torta con le mani e se la mangiò sporcandosi il naso e la bocca piena di panna.
Michael ridacchiò scuotendo la testa.
«Che zingara.» Sandie spalancò gli occhi. E gli mise un po' di panna sulla guancia, lui la fulminò con lo sguardo.
«Chi è la zingara?» lui prese la panna dalla guancia assaggiandola. Si leccò le labbra.
«Ma vaffanculo.» prese un pezzo di torta con le mani fino a dare un bel morso.
«Ooh, questo è il Michael che conosco.» lui sorrise e la baciò.
«La torta è buona quanto sei buona tu.»








La sera






I due innamorati erano nella stanza del cantante, e Sandie stava asciugando i capelli di Michael con il phon.

Egli sentiva le mani della sua amata attraverso il sui capelli, e il phon con il tappo a diffusore per farsi che i capelli diventavano più ricci.
Sentiva come se quelle mani fossero una specie di ninna nanna. Si rilassò a quel piccolo e semplice tocco.

Sandie era molto delicata ai movimenti, stando sempre attenta a non farlo male. Finché non sentì una linea proprio al centro della testa di Michael, la toccò leggermente ed era una cicatrice.
Sandie pensò che si trattasse di quell'incidente.

"Nel 1984 Michael e i suoi fratelli dovettero girare uno spot per la Pepsi cola, durante il sesto take del girato qualcosa andò storto: un guasto agli effetti pirotecnici colpí Michael con una fiammata che raggiunse i suoi capelli e parte della sua giacca. I fratelli intervenirono subito per soccorrerlo.
La diagnosi fu tremenda, ustione di terzo grado che arrivava fino al cranio. Da quel momento Michael iniziò a sottoporsi a numerosi interventi di chirurgia plastica ricostruttiva, iniziando il suo legame con gli antidolorifici.
E da lì il resto è storia Sandie, è iniziato tutto da quell'incidente."

Amore mio ...

«Amore tutto bene?» domandò Michael girandosi verso di lei.
Sorrise all'instante. Annuendo con il capo, riprendendo ad asciugargli i capelli.
Avvicinò il viso per annusarli.
«Come sono profumati, sono bellissimi i tuoi capelli Michael. Sembrano un insieme di primule nere.» sorrise a quel complimento.

Sandie che aveva toccato il suo aspetto fisico, stava pensando a quello che aveva detto la radio sul suo conto.

"Hai sentito dire che Michael ha voluto fare dai laser per sbiancarsi la pelle?"
"Certo che lo sapevo, si dice che lo abbia fatto per motivi di razzismo. Che odiasse le sue origini. Oppure per stare a più contatto con i suoi fan si è voluto fare più bianco, una roba del genere. Disgustoso non è vero?l
"Disgustoso se un uomo come lui dorme in una camera iperbarica per rimanere più giovane possibile. Ho sentito dire che si droga. Chissà se è vero."
"Un tipo come lui sicuro si."

Gli veniva da piangere, di urlare, di spaccare ogni oggetto che aveva intorno a lui.
Abbassò gli occhi verso il pavimento, le pupille erano sbrilluccicose, stava per piangere. Ma non voleva piangere. Voleva contenersi e non dire niente.
«Ecco fatto, ho finito amore.» lui restò zitto, Sandie dal comodino prese un olio per capelli, né versò sulla mano quattro gocce per poi applicarle sulla lunghezza dei capelli del cantante fino alle punte «Ora si che i tuoi capelli sono pronti.»
«Sandie.» la chiamò.
«Si?» egli si voltò verso di lei.
«Per te, almeno una volta, ti sono sembrato disgustoso?» Sandie spalancò gli occhi a quella domanda che trovava folle.
«Ma sei scemo? Perché mi hai domandato una cosa del genere? Non ho mai pensato da quanto ti conosco che sei disgustoso. Mai nella mia vita.»
«Davvero? Lo dici tanto per dire oppure perche-»
«Dio Michael! Io dico solo esclusivamente la verità. Io sono la bocca della verità. Sono diretta con le persone e lo sai. Ma non ho mai pensato ad una cosa così patetica. Disgustoso poi è un termine veramente oltre.» spiegò la ragazza alzando leggermente la voce.
«La gente lo pensa davvero Sandie.» la sua espressione si alleggerí «Pensa davvero che sono un essere disgustoso, mi trovano strano. A volte sembra che la gente non voglia avere niente a che fare con me.
Ma io cerco di fare solo del bene, di essere me stesso. E la gente mi rinfaccia solo la cattiveria? Perché Sandie? Perché mi fanno questo? Sento di non meritarmelo.» stava per scoppiare a piangere. Sandie poté vedere di fronte a lei un uomo, un bambino dentro al corpo di un uomo, un cerbiatto intrappolato in una gabbia pronto per essere ucciso.

Sandie in quel momento provò paura per l'essere umano. Si chiese perché fosse così cattivo? Perchè doveva fare del male Ai suoi simili? Perché scatenare le guerre? Eppure lei aveva vissuto un periodo di grande inferno di cui aveva visto per prima volta la folle mente umana.

«Evidentemente sono così ciechi da non comprendere di quanto tu sia un animo buono, gentile, semplice e dal cuore d'oro. Non capiscono la persona che sei. E mi sembra che più cerchi la comprensione da parte dei tuoi simili più ricevi il male da loro. Quando poi niente di tutto questo ha un senso. Ti riducono in questo modo solo per invidia, perché l'essere umano è cattivo.
Ti faccio una domanda Michael, l'agnello di cosa ha paura?» domandò Sandie con uno sguardo serio.
«Del lupo.» rispose Michael.
«Ma poi, chi è colui che cresce l'agnello con uno brutto scopo?» Michael non ci mise due secondi a rispondere.
«L'uomo
«Questo che significa? L'agnello teme il lupo perché se la mangia, ma poi è l'uomo che porta l'agnello al macello. Tu sei un agnello in pericolo Michael, ma sei diverso rispetto agli altri agnelli. Vuoi combattere, e dire la verità. Perciò promettimi di combattere con cautela, perché il tuo scopo, oltre dire la verità, è l'amore, la comprensione. Ed io ti prometto di starti accanto a questa battaglia. Sarò la tua guerriera. Perché anche io sto combattendo una mia battaglia personale contro i miei demoni.» ella prese la mano e la strinse forte intrecciando le dita «Michael, noi vinceremo le nostre battaglia. Anzi, la nostra battaglia. Te lo prometto.» lui sorrise commosso.

Per anni che aveva vissuto in piena agonia, aveva trovato nel suo lungo tunnel una luce abbagliante, corse verso quella luce, trovando quella ragazza che sarebbe stata con lui fino al suo ultimo respiro.
Loro erano due agnelli in pericolo da parte dell'essere umano, e dovevano essere forti e combattere con audacia per non andare al macello.
Sapevano entrambi, che se avessero combattuto insieme, avrebbero vinto ogni battaglia. Anche quella più difficile.

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