[CAPITOLO 58]


[Must have been a deadly kiss
Only love can hurt like this.]
-Paloma Faith

Beverly Hills, L.A

24 febbraio 1992

"So di non essere la sorella che tu conosci, e ti chiedo scusa mia dolce Adelfì.
La verità è che non sto passando un bel momento della mia vita, anzi, penso di star passando uno dei momenti peggiori della mia vita.
Ma direi di andare per gradi.
Quando sono tornata dall'Italia un mese fa, io ed Annalisa, la mia coinquilina, trovammo il nostro appartamento completamente distrutto, comprese le mie cose. Vestiti, gioielli, libri, foto, tutto.
In particolare una nostra foto di famiglia, e c'era un bigliettino con su scritto "O te, o la tua famiglia." Sapevo che l'aveva scritto lui ipotizzando che era stato lui a distruggere l'appartamento.
Mo feci coraggio, e andai da lui consegnandomi di persona.
Cominciò a picchiarmi a dirmi cose brutte tutto questo perché per le vacanze di Natale ero stata qui da voi. E lui non voleva che io andassi.
Spiegai solamente che volevo solamente stare con la mia famiglia. Ma non volle sentire ragione, mi diede schiaffi.
Mi domandavo sempre il motivo di quel trattamento nei miei confronti ma non ho mai ricevuto una risposta.
Gli supplicai di parlare da parsone civili, di non utilizzare la violenza, perché non sarebbe servita a niente. Lui stette zitto e acconsentì la mia richiesta. Gli dissi che ero stata con la mia famiglia, di aver rivisto le persone che amo.
Poi chiese se avevo rivisto Ethan, che lo aveva dato del frocio, gli dissi di non chiamarlo in quel modo perché era una persona come tutta le altre, ricevetti un altro schiaffo.
Poi mi dette della puttana e mi chiese se lo avessi scopato.
E ti sai mia cara Adelfì, che non sono il tipo da fare di queste cose.
Mi guardò dalla testa ai piedi.
Mi studiò e mi disse di quanto  fossi imbruttita, che ero solo pelle ed ossa,
Che avevo delle occhiaie da far paura, che facevo paura, che potevo far spaventare i bambini.
Gli chiesi se fosse stato lui a ridurre la casa di Annalisa in quello stato, e lui rispose di sì in modo molto diretto.
Senza filtri, senza nascondersi.
Dentro di me andai si tutti le furie.
E trattenni.
Mi spiegò anche il motivo di questa sua azione
Voleva vendicarsi, perché io ero andata in America, e di nascosto entrò in casa di Annalisa a distruggere ogni cosa, persino tutti i miei ricordi.
Disse "Vidi delle foto con i tuoi amici. E mi incazzai a morte, così  ho distrutto ogni tuo oggetto, ogni tuo ricordo, ogni tuo vestito. Ogni cosa che ti rendeva quello che sei Sandie"  questa frase faccio ancora fatica a dimenticarla
E poi, chiese di Michael, mi chiese come lo conobbi, perché trovò una nostra foto.
Se non avessi detto niente, mi avrebbe uccisa.
Così raccontai tutto.
Mi chiese se ci baciammo, io risposi di sì, anche se ero un po' spaventata nel dirglielo, ma non volevo mentire perché avevo troppa paura della sua reazione, e nell'essere uccisa.
Ma lui stette calmo, continuando ad ascoltarmi con attenzione. Mi domandò se ero inamorata di lui, io risposi di sì, e mi domandò se lui lo era di me.
Io a quel punto stetti zitta, non risposi fuori mi uscí una lacrima. Scossi la testa dopo qualche minuto.
Confessai che lo amavo, e di amarlo ancora, a quel punto mi prese il viso tra le mani facendomi spaventare a morte. E Nicole, pronunciò queste esatte parole che non potrò mai dimenticare
"Come puoi pensare che uno come lui, possa ricambiare i sentimenti di una comuna ragazza come te? Come puoi pensare che Michael Jackson si possa innamorare di te? Tu non vali un cazzo ne come donna, ne come persona. Non sei nessuno Sandie.
E non lo sarai mai.
Per lui, sei soltanto una formica, cerca le farfalle, in questo momento tu sei una larva.
Una larva che giorno dopo giorno, diventa brutta sempre di più.
Sei soltanto una stupida illusa, se avessi pensato che lui ti ricambiasse i tuoi sentimenti.
Accetta la realtà Sandie.
Lui, non ti amerà mai.
Mai.
Evidentemente, se lui ha messo fine alla vostra amicizia, non ci teneva così tanto a te. O forse, non ti ha mai voluto bene."
Quelle parole furono veleno per il mio corpo e ancora oggi faccio fatica a toglierlo dentro di me, perché penso che sia la verità.
E quelle parole, mi fecero guardare in faccia la realtà.
Cercai in qualche modo di scacciare le sue orribili parole, dicendo che non era vero, e che mi voleva bene.
Ma lui disse "allora se ti voleva bene, perché ti ha cacciato dalla sua vita? Perché ti ha fatto soffrire così tanto? Ecco perché odio quell'uomo, è un uomo senza sentimenti, un bugiardo, un egoista del cazzo che pensa solo a se stesso e alla sua fottutissima fama. Si vuole dimostrare buono solamente per fare buona immagine al pubblico. Questa, è la realtà del fatti, cara piccola Sandie. Una realtà brutta, vero, ma giusta. Quell'uomo ha avuto solamente culo, io non credo al talento, io non credo ai doni, non credo a un cazzo di queste cose. Si tratta solamente di fortuna. E quell'uomo ne ha avuta molta." d'un tratto corsi in bagno e vomitai.
Pregando che lui stesse in silenzio.
Vomitai ogni cosa che aveva detto su di me, e su Michael.
Vomitai l'anima.
Come se avessi bevuto litri, litri e litri di alcool.
poi dissse "Vedi? Guarda come ti ha ridotto? Un pezzo di carne che a malapena si muove. Uno zombie vivente, questo sei tu. Sandie Vrachnos."
Dopo di che prese dalla nuca e mi immerse la testa nell'acqua.
Passavano i secondi, uno, due, minuti, e mi sentivo affogare.
Non riuscivo a respirare.
Ma poi mi fece rialzare la testa.
Feci un respiro profondo quanto l'Oceano.
Me fa fece rialzare e poco dopo mi fece riemergere la testa, di nuovo.
Disse " Vedi cosa succede se qualcuno osa ribellarsi a me?
La ribellione in te è proprio penosa Sandie, pensi di con questo tuo modo di essere ribelle possa servirti a qualcosa? Pensi di essere qualcuno? Pensi di essere una donna? Ti sbagli di grosso piccola Sandie, in realtà non sei nessuno, sei una nullità di donna. La donna più inutile che abbia mai conosciuto. E non valerai niente dalla vita!" esclamò con la cattiveria nel corpo, e alla fine della frase mi fece rialzare la testa.
Stavo per soffocare.
Non soltanto perché stavo rischiando di morire, ma anche per le sue parole.
Entrarono come delle frecce di fuoco dentro al mio corpo.
Pronte a farmi morire dal dolore più laido che ci fosse.
La lite continuava all'infinito, e nel frattempo sorgè l'alba, un'alba triste, e piena di sangue.
Lui non smetteva di umiliarmi, e di picchiarmi, mi diede calci, pugni, schiaffi, ero a pezzi.
Ero completamente a pezzi.
Ero per terra, il naso colava sangue, avevo il labbro spaccato, il viso confuso e rosso, e lo stomaco che mi faceva male.
Egli si stiracchò le mani, sentivo il rumore delle ossa delle sue dita diventare più forti di prima.
Si abbassò a me, mentre io affannavo e gemevo dal dolore.
Poi disse "Da questo momento in poi, vivrai con me.
Non ti manderò all'università, farò un finto certificato medico di una malattia, quindi, i professori crederanno che stai male, farai tutto quello che ti dico. Se oserai disobbedirmi, per te saranno guai seri. Diventerai la mia donna, e tu sei solo mia Sandie. Solo di mia proprietà, di Antonio Lombardi!" mi buttò per terra e poi diede uno sputo.
Fu li, che incominciò il mio sequestro.
Il 6 gennaio.
E iniziai durante le mie giornate a scrivere il mio diario quando non avevo niente da fare.
Antonio non mi faceva uscire quei giorni.
Tolse la linea telefonica, e quindi, non potevo telefonare nessuno, né ad Annalisa, nemmeno a te, e ai nostri genitori cara Nicole. Perciò non ti chiamai quel mese, perché ero vittima di un sequestro.
E ti chiedo scusa di averti mentito.
Ma in compenso, lui mi aiutava a scrivere la tesi, mi portava i libri che mi servivano dall'università.
Furono giorni molto difficili, tra stupri e violenze, facevo le ore piccole, perché dormivo nello stesso letto del mio aggressore.
Quel mese, iniziai anche a fumare, cosa che avevo sempre disprezzato lo sai vero? Ma sì, lo feci.
Le sigarette furono di grande compagnia.
Per pochi giorni Antonio fu di buon umore, non mi picchiò, ne mi violentò, né niente.
Mi sembrava che fosse tornato l'uomo di cui mi ero innamorata.
Facemmo anche l'amore.
Nel vero senso della parole.
Quella volta fu dolce e romantico.
Ma poi il giorno dopo, mentre facevo la lavatrice trovai una camicia sporca di cosmetici femminili, scoprii che mi tradì con una sua collega di lavoro.
Ero disperata.
Quando tornò da lavoro feci una scenata.
Ero furiosa.
Doveva che lo soddisfava di più sessualmente e come bellezza era alla pari alla luna.
E gli dissi che era malato, e che se non ero abbastanza lui mi doveva lasciare andare.
A quel punto fu lui a darmi della pazza, faceva finta di preoccuparmi come se fossi realmente malata, si avvicinò a me ma io mi staccai bruscamente da lui.
Mi diede un ennesimo schiaffo.
Mi disse che non mi aveva mai amato, e che mi odiava, che gli venivo il voltastomaco solo a incrociare il mio volto, disse che l'unica cosa che so fare, anche se in quel momento mi sentii davvero sporca, era scopare da Dio.
Reagii e tirai uno schiaffo, beh, peggiorai la situazione.
Mi prese per le spalle facendomi girare, mi strappò la maglia ed io tremavo dalla paura, sentii il rumore della cintura.
E feci due più due.
Voleva darmi una lezione.
"Conta." mi disse ed io stetti zitta, dopo qualche secondo la cintura sfiorò violentemente la mia pelle, gemendo dal dolore.
"Uno" contai gemendo del dolore, e lui continuò fino a venti frustate riempiendomi la schiena di sangue e di linee.
Paradossalmente, dopo quella tortura, Antonio mi curò la schiena, mettendomi una pomata, e delle garze.
Mi spezzò la schiena quel giorno come mi aveva spezzato il cuore.
Un pomeriggio mi addormentai, ma poi quando mi svegliai Antonio tornò a casa, e mi disse di prepararmi, perché dovevamo uscire.
Rimasi basita da quella richiesta.
Perché non uscivo da quella casa da settimane.
Arrivammo in una specie di bosco.
Era molto bello.
L'aria era serena e tranquilla.
Sentivo il gorgoglio dell'acqua e il canto dei grilli.
Con il lieve suono del vento che faceva compagnia.
Fu li, che confessò di essere Diego Laèl, e non Antonio Lombardi. Mi raccontò tutta la sua vita. Il suo mondo criminale entrato sin da bambino, i suoi primi omicidi nell'età adulta.
Il suo rifugio in Italia, mi raccontò filo per segno di come uccideva quelle povere ragazze.
Ti dico solo che durante il racconto, vomitai.
Mi sentii tradita, presa in giro e delusa.
Non ti saprei spiegare a parole.
È veramente difficile credimi.
Il giorno continuavano, gli stupri, le violenze anche.
Arrivarono i primi giorni di febbraio quando Annalisa venne a casa di Diego per chiedere di mie notizie. Diego prima che Annalisa fece entrare in casa mia mi legò, e mi tappò la bocca con un nastro adesivo di scotch, mi disse che se avessi anche mugugnato mi avrebbe ucciso all'instante, chiudendomi poi dentro all'armadio.
Annalisa denunciò la mia scomparsa, mentre Diego fece fare dei documenti falsi inerente su una mia malattia. Io non avevo nessuna malattia ne tantomeno ricoverata. Ma bensì ero sequestrata da un serial killer.
Io sentii tutto, quando poi Annalisa pronunciò queste esatte parole "tu mi hai violentato Antonio" mi mancò il respiro.
Aveva violentato anche la mia amica.
Che io ora considero come una piccola sorellina.
Se conosci Annalisa, è praticamente uguale a te. Stesso carattere, e stesso animo buono e carismatico.
Ho adorato quella ragazza.
Rimasi scioccata.
Non ci potevo credere.
Volevo piangere e urlare ma non potevo, altrimenti mi avrebbe ammazzato.
Diego inventò una bugia per farmi odiare da Annalisa.
Disse che in realtà ero stata dimessa dall'ospedale e che poi ero tornata in America.
Annalisa credette a quella bugia, e se ne andò.
Successivamente Diego mi liberò completamente ed io mi infuriai con lui, a quel punto lui andò fuori controllo. Mi buttò sul letto, tirò fuori un coltello.
Vidi la morte da un centimetro. Ma non riuscì ad uccidermi.
Forse, ebbe pietà per me.
Beh, fino a che tre giorni dopo, non venne la polizia a liberarmi.
Ora ti racconto tutto.
Dopo qualche giorno, Diego ed io litigammo pesantemente, mi pestò di brutto, forse non ho mai ricevuto così tante brutte botte nella mia vita. Mi legò sul letto, caviglie e polsi.
Per fortuna Diego era via per lavoro, mi mossi, e notai che una traversa del letto era affilata, poiché erano fatte di ferro, così mi mossi velocemente. Mi liberai, presi il telefono attivando la linea telefonica chiamando poi la polizia.
Vennero nell'appartamento e mi liberarono mettendo la parola fine a quel sequestro.
Ti confesso che mi sentii libera.
Non quando però, vidi l'arresto di Diego.
Ma poi incrociai i suoi occhi cattivi da animale selvaggio, Cristo Nicole, mi spaventai a morte.
Decisi di non affrontare il processo.
Ma era Annalisa a farlo al posto, con la prova del diario che scrissi, e delle registrazioni che feci durante la mia permanenza in ospedale per la cura delle mie ferite, raccontando tutto quello che ho dovuto subito in segno di prova.
Ora Diego deve essere processato.
Annalisa mi ha detto che sarebbe iniziato tra due settimane e che mi avrebbe aggiornato sull'argomento.
Insomma, questa è la storia.
L'esperienza più brutta della mia vita.
Ed ora tu sai tutto Nicole.
Perciò non te l'ho voluta raccontare.
Per non rivivere quei momenti così orridi che ho passato con lui.
Ti prego solamente di non dirlo a nessuno, nemmeno a papà, tu sei mia sorella e come tale l'ho detto solo a te.
Voglio che questa sia la l'ultima volta che racconto questo mio terrificante momento.
Perciò sono così triste.
Così depressa.
Così fottutamente fredda con le persone che non mi lascio nemmeno abbracciare.
Perché sento ancora le sue braccia.
Le sue forti braccia che mi facevano uccidere.
Ti prego di capirmi.
Ti prego di supportarmi.
Spero solo che sia una questione di tempo Nicole.
E ti chiedo scusa per come ti ho trattato oggi pomeriggio, sono stata una sciocca, un egoista e un insensibile.
Perdonami Adelfì.
Detto questo, spero tanto che il mio regalo ti piaccia.
Sono andata sul sicuro, lo so che vai pazza per l'acquamarina.
Buon San Valentino sorellina mia.
Ricordati che ti amo alla follia."

Alla lettura della lettera quando Nicole tornò a casa, provò un fortissimo senso di rabbia, di voler uccidere quell'uomo con le sue mani e fargli provare gli stessi dolori che aveva provato la sorella.
Non avrebbe mai immaginato che ella avesse avuto un'esperienza così tanto crudele.
Fu lì che capii il suo comportamento.
La sua chiusura in se stessa.
E con gli altri.
Grazie ad una lettera.
Sentiva che Sandie stava toccando il fondo della sua depressione.
Una sera l'aveva beccata a fumare, rimase stupita perché lei non aveva mai amato il fumo.

«Ma che fai? Fumi?» Sandie la guardò e ridacchiò.
«Non è così male come pensavo. È ... piacevole.» rispose mentre ispirava il fumo dentro al suo corpo.

Quel 24 febbraio era un comune sabato, Nicole era uscita con le sue amiche, invece Sandie era  davanti alla finestra guardando il panorama mentre si fumava una sigaretta bevendo poi un bicchiere d'acqua.
Ethan l'aveva invitata ad uscire, ma lei trovò una scusa per non uscire, cioè che doveva andare ad una cena di famiglia. Quando in realtà, era in casa, completamente da sola.

Rifletteva.
Rifletteva mentre fumava la sigaretta.
Perché il giorno prima le arrivò una lettera dall'Italia da parte di Annalisa.
Dove le aveva confermato l'inizio del processo.
Ripensava alla lettera che le aveva scritto la sua amica.

"Cara Sandie, come stai? Ti stai riprendendo? Mi auguro di sì.
Come promesso, ti avrei aggiornato sul processo.
Ed è stato proprio ieri che è iniziato.
Abbiamo fatto semplicemente una introduzione, fuori al tribunale c'erano una marea di giornalisti, non sai quante foto hanno scattato a Diego quando stava per entrare dentro al tribunale.
Io però mi feci coraggio ed entrai insieme a mio padre, colui e l'unico che poteva darmi supporto in questa situazione.
Con Diego venne un signore di fianco, probabilmente era il suo avvocato.
E notavo che mentre il giudice parlava, Diego si avvicinava all'orecchio di quel signore per scambiare qualche parola, forse dei consigli.
Comunque, per adesso è tutto tranquillo, perché è stata solo una introduzione solo su Diego e di tutti gli omicidi che ha commesso. La mia presenza per ora non è servita, ma per gli altri giorni lo sarà.
Ieri ho visto un signore sulla cinquantina che guardava Diego con un odio mai visto in una persona, probabilmente era il padre di una di quelle povere vittime. Quanto mi faceva tenerezza, credimi.
Alla fine della prima sentenza sono andato da lui e l'ho abbracciato, gli ho detto "Sia tranquillo, la giustizia sarà fatta" lui mi ha risposto "Io non credo nella giustizia, non in quella italiana, quell'uomo deve solo morire, come ha fatto morire mia figlia." Mi sono venuti i brividi. Di fatto poi stanotte non ho dormito dai troppi pensieri.
Ma vedrai che andrà tutto bene, a Diego verranno dati gli anni che si meritano, si spera tanto l'ergastolo, perché è la pena massima che abbiamo qua in Italia. Se Diego fosse stato in America lo avrebbero condannato immediatamente a morte alla sedia elettrica, su questo non ho dubbi Sandie.
Giustizia sarà fatta su di te e sulle altre vittime, non credo alla giustizia, ma voglio essere fiduciosa.
Detto questo, da quando sei partita mi hai lasciato un vuoto. È strano non vederti in giro per casa, vederti sorridere, ridacchiare, canticchiare le canzoni che ti piacciono e parlare con me. È tutto così strano, ma dovrò farci l'abitudine. Mi manchi tantissimo. Spero tanto di venire da te così passeremo delle bellissime giornate insieme.
Ricordati che ti voglio tanto bene.
Un bacione.
Annalisa.
P.s: non dimenticarti di scrivermi :)"

Il fatto che avevano iniziato il processo non la faceva dormire tranquilla.
E se non gli avessero dato la giusta pena?
Non lo avrebbe sopportato.
Lei credeva alla giustizia.
E pregava.
Pregava che tutte quelle sofferenza, quelle lacrime, e quelle urla fosse state pagate dal tribunale italiano.

Sandie spense la sigaretta nel posacenere che aveva poggiato sulla sua scrivania, non aveva voglia di studiare, decise di stendersi sul letto.
Aveva caldo.
Nonostante fosse pieno inverno.
Si tolse la maglia e rimase a petto nudo con i seni scoperti.
Aveva dei seni bellissimi.
Perfetti, con una taglia abbondante, che si addiceva al suo corpo.
Si sentiva in quel momento come pervasa di desiderio.
Si toccò le labbra com le dita, fino a poi a scendere sul suo collo.
Sospirò.
Cercò di pensare non quella persona.
E ci stava riuscendo.
Poi arrivò verso il petto dove fece dei piccoli cerchi sempre con le dita.
E successivamente, verso i suoi seni, con la mano sinistra palpò il grosso seno e gemette.
Tirò la testa all'indietro e il clitoride si gonfiò.
Poi la testa si girò dall'altro lato continuando sempre a palpare il seno.
Con l'altra mano invece scese verso il suo punto più sensibile.
E mentre stava per sfiorarlo, lo squillo del telefono interruppe tutto.
Aprì gli occhi di scatto.
Sbuffò.

Rimise la maglia, scese dal letto per rispondere al telefono.
«Pronto?» domandò.
«Sandie.» era sua madre.
«Ah, sei tu mamma.» disse con tono seccato andando verso in cucina in cerca di qualcosa di buono da mangiare.
«Come stai?» domandò la madre.
«Tutto ok, si va avanti. Tu? Si sente un casino in sottofondo.» annotò poi la figlia.
«Oh si, sto con delle mie amiche al ristorante e mi sto divertendo un mondo. Sai, non mi divertivo così prima di conoscere tuo padre.»
Ci risiamo.
«Capito.» rispose la ragazza con tono indifferente prendendo un pacco di biscotti dal mobiletto.
«E tu? Stai a casa?»
«Si, non mi va a genio di uscire.»
«Sei da sola?» domandò la madre.
«Si, Nicole è andata a fare un giro con le sue amiche mentre papà è a lavoro.» sbuffò.
«Tuo padre è sempre a lavorare.» si lamentò poi «Forse perché deve incontrare la sua amante.» bottò arrabbiata.
«Prego?» domandò la mora infastidita.
«Si, perché la donna con cui mi ha tradito tuo padre è una collega di lavoro!» non rispose.
«Non lo biasimo visto che sei così insopportabile.» commentò la ragazza prendendo un biscotto dal pacchetto, la madre inarcò un sopracciglio.
«Come hai detto?»
«Cristo mamma sei cieca? Sei insopportabile da far vomitare, in più ci stai sempre addosso. Io e Nicole non siamo delle bambine, siamo grandi e responsabili. Tu tra un po' ti svegli che saremo diventate mamme e sposate. Arrenditi, siamo cresciute. So che è dura per un genitore ma accetta la realtà. In più, sei sempre dura nei confronti di Nicole, mi hai sempre messa a paragone con lei, le hai sempre fatto sentita inferiore a me. Le dicevi "prendi esempio da tua sorella" oppure "perché non sei come Sandie?" La rimproveravi solo perché era un po' più vivace e ribelle di me.
E ti dovresti vergognare un po' mamma. Perché i figli si devono amare nel giusto equilibrio. Perché fidati, se io avessi più di un figlio, li amerei nello stesso modo.» Chantal rimase spiazzata dalle dure parole della figlia, non le aveva mai parlato in quel modo gelido e serio.
L'aveva sempre considerata come la santarellina della famiglia.
Ma poi a quelle parole cambiò totalmente idea, pensò che Sandie fosse la fotocopia del padre.
«Sei proprio come tuo padre, freddo e senza sentimenti. Ed io che ti credevo diversa da lui, quando tornerò a casa facciamo i conti.» attaccò la chiamata bruscamente mentre Sandie si sentì mancare il battito.
Le passò la fame, posando il biscotto dentro al pacchetto che teneva tra le dita.
Il suo stomaco chiamava il cibo.
Ma lei non osò nemmeno toccare una briciola di pane.
Abbassò lo sguardo guardando un punto fisso.
Non c'è la faccio più.


[...]

Ore 9:34 p.m

Da poco Alexandre e Nicole erano tornati a casa, mentre Sandie era stesa sul letto vedendo un talk show che a stento riusciva a guardarlo e a stare attenta.
Nicole a bassa voce fece leggere la lettera della sorella che aveva scritto, tranne la parte su Michael, ad Alexandre gli si gonfiarono le vene e Nicole lo trattenne per non fargli distruggere casa.
«Lo ammazzo, giuro che lo ammazzo. Come ha potuto fare questo a mia figlia?» domandò furioso abbassa voce stringendi i pugni.
«Ora però è salva, pensa a questo. È viva, è con noi, e lui è sotto processo. Pensa a questo ora non potrà più farle del male. Anche se ... il trauma lo sta vivendo solo ora.» mormorò con tono dispiaciuto.
«Ecco perchè non si vuole far abbracciare da me ... perché sente le braccia di quell'uomo.»
«Le tue sono robuste papà, e diciamo nella sua testa percepisce che sono di quell'animale, ha paura e si allontana.» il padre si mise le mani sul suo volto completamente disperato di avere la figlia in quelle condizioni.
Era pallido e aveva gli occhi lucici.
«Dobbiamo aiutarla. E se la portassimo da uno psicologo?» la sorella scossa la testa.
«Non parlerebbe, Sandie non vuole più parlare di questa esperienza e ha ragione. Non posso biasimarla, infondo ... si è trovata più volte di fronte alla morte.» rispose lei con tono diretto.
«E allora cosa possiamo fare?» domandò il padre dai capelli color argento con tono avvilito ma a quel punto, venne un barlume di speranza nella testa di Nicole.
Si alzò dalla sedia, prese una giaccia, e una cartina stradale «Dova vai?» domandò il padre.
«Vado da una persona, che è l'unica speranza per aiutare Sandie a farla uscire da questa situazione. La porterò qui. Tu intanto sta con lei.» il padre annuì fiducioso, mentre la figlia varcò la porta di casa.

Nicole poteva andare solamente da una persona che Sandie amava con tutto il cuore, Michael.
Da pochi giorni era rientrato dall'Africa.
Era lì che stava andando.
Prese la cartina facendo attenzione con le strade, poiché era la prima che andava da sola al Neverland Valley Ranch.
Corse con la velocità giusta ma con molta fretta, ormai non c'era più niente da attendere.

Durante il tragitto, Nicole si perse in una strada sperduta.
«Merda!» esclamò, ma poi vide un uomo che stava passeggiando con un cane, abbassò il finestrino per chiedere informazione «Mi scusi.» il signore sposto lo sguardo verso la ragazza.
«Mi dica signorina.» rispose con tono gentile.
«Ecco vede ... mi sono persa.» mormorò poi con tono imbarazzato.
«Dov'è diretta?» domandò il signore.
«Neverland Valley ranch.» egli spalancò gli occhi.
«Alla residenza di Michael Jackson?» lei annuì.
«Ho una comunicazione importante e urgente per Michael Jackson, la prego non faccia parola con nessuno.» lui annuì sorridendo.
«Stia tranquilla, sarò muto come una tomba, comunque doveva prendere la strada di fianco e non questa. Forse, con il buio si è po' un confusa.» guardò la cartina ed effettivamente aveva ragione il signore.
«Mi perdoni, il fatto è che non sono molto brava con le cartine. La ringrazio per disponibilità.»
«Ma si figuri, è stato un piacere aiutarla. Sii prudente. Arrivederci signorina.» si salutarono con la mano e Nicole ripartì con la macchina riprendendo poi la strada giusta.

Dopo circa dieci minuti arrivò a Neverland, lo capì dall'insegna e dall'enorme cancello dorato.
Fermò la macchina parcheggiandola davanti ad esso, e scese subito di fretta andando poi davanti al cancello.
«Ehi! C'è qualcuno? C'è qualcuno?» domandò la ragazza, e Kylie il bodyguard, sentendo le urla verso il cancello corse verso di esso e vide una ragazza graziosa, che aveva tanta ansia addosso.
«Chi sei tu?» domandò Kylie andando verso il cancello dorato della residenza del cantante.
«La prego, devo vedere il Signor Jackson, è molto importante.» supplicò Nicole con le mani nelle gabbie dorate e fredde.
«Ha preso un appuntamento?» domandò Kylie con tono freddo.
«No, ma è urgente. La prego mi faccia entrare, si tratta di mia sorella!» supplicò ancora.
«Sua sorella è amica del Signor Jackson?» domandò poi il bodyguard infastidito.
«Mia sorella è Sandie Vrachnos.» a quella risposta Kylie sentì mancare il respiro.
Quella ragazza è la sorella di Sandie?
Allora se è venuta a Neverland deve esserle successo qualcosa di grave.
«La prego, mi faccia entrare.» Kylie non rispose, aprì il cancello lasciando formare un boato.
«Venga con me, l'accompagno nel suo ufficio.» la riccia annuì, iniziando a camminare dietro di lui, e mentre lo faceva quest'ultima ammirava ancora la bellezza di Neverland.
Quanto tempo è passato.
Si ricordò del compleanno di Michael, e di quel meraviglioso capodanno.
La bellezza di Neverland non era svanita neanche per un instante del giorno.

Arrivarono nell'ufficio di Michael dove quest'ultimo stava scrivendo dei documenti.
Kylie bussò alla porta, lui rispose con un semplice avanti.
Poi entrò il bodyguard per primo.
«Mr Jackson, c'è una visita per lei, dice che è molto urgente.» Kylie si spostò per far passare Nicole, e Michael rimase sorpreso alla vista della sorella di Sandie.
Kylie se ne andò lasciandoli soli.
«Nicole ...» mormorò il cantante alzandosi in piedi per andare verso di lei, si abbracciarono fortemente, lui era felicissimo di vederla «Ah Dio come stai? Sono così contento di-» guardò meglio il viso della ragazza, e notò che era triste e sopratutto preoccupata ad alti livelli «Ehi ... tutto ok?» lei scosse la testa cercando di non piangere.
«P-posso sedermi Michael?»
«Ma certamente, accomodati pure.» la ragazza si sedette e Michael fece la stessa cosa, entrambi si trovarono uno di fronte all'altro.
«Nicole, posso offrirti qualcosa? Ti vedo molto pallida, meglio se-»
«No, non voglio niente Michael, io sono venuta qui per una questione molto importante  e urgente.» interruppe la ragazza.
Michael la guardò in modo serio.
«Di che si tratta Nicole?» domandò poi.
«Di Sandie.» il ragazzo spalancò gli occhi.
«Che cosa è successo Nicole?» domandò preoccupato a morte, lei fece un respiro profondo ma lei non c'è la fece a trattenere le lacrime.
«Da due settimane è tornata dall'Italia, ed è triste, completamente depressa, va all'università ma poi quando torna a casa si chiude in camera a studiare stando sui libri come una pazza per il resto della giornata. Non esce nemmeno per prendere aria. È cambiata Michael. È diventata fredda, non solo con me ma anche con i nostri genitori. Ha incominciato a fumare. Non mangia regolarmente e in più fa le notti in bianco. Sai perché Michael? Ora ti do una cosa.» Michael sentendo le parole di Nicole gli venne un colpo al cuore, Nicole cacciò dalla borsa la lettera che le aveva scritto quella sera di San Valentino «Questa è una lettera che mi ha scritto, di quello che le è successo in Italia. Leggila con attenzione.» Michael prese la lettera, l'aprì incominciando le prime righe con attenzione e interesse.
Parlava di violenze, violenze brutali, fisiche e mentali, e umiliazione. Di un sequestro, di come Sandie doveva sopportare un uomo che lei credeva di essere la sua roccia invece si era rivelato il suo abisso, e un mostro.
Su tutto il corpo di Michael, leggendo quella lettera, e sopratutto la parte dove si parlava di lui, percorsero scie di brividi, mai aveva sentito parlare di un racconto del genere.
Con la mano destra tenne la lettera, mentre con la sinistra formò un pugno, cercando di trattenere la sua rabbia.
«Anche mio padre ha avuto la stessa reazione. Quell'uomo è stato un animale con mia sorella. Ed è lui la causa della sua tristezza, e della sua totale depressione.» commentò poi Nicole.
Michael continuò a leggere e leggere, foglio dopo foglio, per un attimo pensava di sognare.
Fu allora che realizzò i suoi dubbi.
E tutte quelle allucinazioni, quei sogni su di lei.
Il fatto che veniva uccisa, e che le diceva "Perché mi hai abbandonato."
Erano dei segnali, dei campanelli di allarme.
Ma lui era stato troppo cieco per capirlo.
Michael finì di leggere la lettera e l'appoggiò sulla scrivania.
Si alzò dalla sedia camminando per tutta la stanza.
Era furioso.
«Michael.» lo chiamò Nicole.
Lui non rispose, ma poco dopo lanciò alcuni oggetti che aveva intorno a se per l'aria.
«Maledetto!» urlò buttando un gruppo di fogli di carta «Brutale assassinio! Brutto figlio di puttana!» urlò ancora buttando un portapenne di acciaio «Maledetto! Maledetto! Maledetto! Che tu sia dannato per il resto della tua vita!» Nicole andò verso il cantante cercando di farlo calmare, ma lui si accasciò per terra scoppiando a piangere.
«Come ha potuto fare del male alla mia stellina? Come ha potuto?» disse tra le lacrime «Lei non si deve toccare, lei è sacra, è sacra Dio! Avrebbe dovuto prendere me al suo posto! Non lei! Avrei dovuto avere io quei lividi sul corpo non io! Che lui marcisca all'inferno.» esclamò con la tristezza e la rabbia mixate insieme.
Nicole cercò di calmarlo dandogli delle carezze sulle spalle, e lui si calmò piano piano.
«E per questo che sono venuta qui, Michael, ti sei l'unica speranza per lei. Aiutami ti prego, io non so più che cosa fare. Ho paura che questa depressione la possa portare a qualcosa, non voglio che mia sorella non si faccia più abbracciare dalle persone che vuole bene perché sente invece di quell'animale. Voglio che lei torni a vivere ed essere quella di una volta. Voglio che lei torni a sorridere. Lei non lo merita e lo sappiamo entrambi. Ti prego Michael, aiutami.» supplicò la sorella.
Ma Michael non ci pensò subito a rispondere.
«Portami subito da lei.»

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