[CAPITOLO 55]




11 febbraio 1992

Il sole non smetteva di rimostrare il suo splendore, esso era pieno di calore e di luce.
Michael da poco aveva trovato un po' di sonno da sfruttare, ma tra pochissimi minuti il jet sarebbe atterrato a Libreville, il capoluogo della provincia dell'Estuaire, una delle 9 province del Gabon.
Sospirava al posto di russare, il suo petto si muoveva leggermente su e giù, il suo volto era così rilassato.
Aveva trovato finalmente il sonno e il momento per essere nel mondo dei sogni.

Si trovava in una specie di un enorme giardino, quasi come quello di Neverland.
Era pieno di tulipani bianchi.
Un vero e proprio fiume di tulipani.
Essi però, avevano i petali chiusi.
Michael si guardò intorno come un bambino curioso, ed intorno al fiumi di tulipani c'erano degli alberi, e un bellissimo cielo azzurro con qualche nuvola.
L'aria era fresca, e piacevole.
Era l'aria della natura.
Voleva sedersi ma aveva paura di schiacciare  quei fiori così belli.
Così si abbassò a metà busto, e toccò i petali di un tulipano.
Quel tocco sembrava di averlo già sentito, ma non nelle sue mani. Ma bensì nelle sue labbra.
Il famoso bacio.
Ritraè le dita dai petali per poi appoggiarle sulle labbra.
Poteva ancora percepire le labbra di Sandie, anche se non le assaporava da mesi e mesi.
Ma non si scordò il suo sapore e la sua delicatezza.
Proprio come fiori di tulipano.
«Che bello! Il mio desiderio si è avverato!» era la voce di una bambina.
Una voce che le sembrava troppo familiare, si girò ed era Cloe.
Era vestita di bianco, con i capelli biondi e sciolti.
Spalancò gli occhi sorpreso alla vista della bambina.
E notò un particolare.
La collana, era collana che le aveva regalato a Sandie, che poi la mise sulla bara della bambina.
Le lacrime si fecero sentire, e guardò da un'altra parte coprendosi la parte del naso.
Cloe notando la tristezza del cantante staccò un tulipano dal prato, avvicinandosi verso il cantante che nel frattempo trattiene con forza quella goccia di pianto.
Voleva molto bene a Cloe, e pensò a quando il mondo sia ingiusto e crudele a portare via la vita di una bambina così piccola, che aveva tutta la vita davanti a se.
Doveva andare a scuola.
Imparare la cultura.
Litigare con i compagni di classe.
Capire cos'è l'amicizia.
Creare il suo gruppo di amichette.
Fare i compiti, interrogazioni.
Piangere per i dubbi esistenziali.
Vivere a pieno il periodo dell'adolescenza.
Iniziare quindi il liceo.
Iniziare a truccarsi.
Sclerare per gli attori e cantanti.
Andare a guardare un concerto.
Trovare altre amiche e amici.
E il suo primo amore, con le sue prime esperienze.
Lo shopping.
Andare al cinema.
Passeggiare per la città.
La discoteca.
Il suo primo cocktail, con la sigaretta in mano.
Le sue prime delusioni.
I primi pianti.
Le crisi adolescenziali.
I litigi con i genitori e con il fratello, per poi fare pace.
Il diploma.
Il collage.

A pensare che Cloe si era spenta a quella tenera età, quando poi avrebbe potuto vivere tutti quei momenti della vita, lo devastava.
Perché? Perché mai?
Il perché era domanda che si poneva spesso, sopratutto riguardante questi argomenti così delicati. Perché prendere vittima proprio degli innocenti bambini? Perché farli soffrire di dolore invece di giocare con gli altri bambini e di vivere la loro infanzia?
«Tieni Michael.» disse la bambina dandogli il tulipano bianco, lui si girò e fece un mezzo sorriso. Un sorriso molto malinconico e triste.
Lei si avvicinò ancora di più verso il cantante per dagli poi un bacio sulla guancia «Non fare così, non piangere. Io sto bene Michael. Qui è molto bello. A me piace come posto. Ci sono i miei fiori preferiti. E non piove mai.» lui la guardò con le lacrime agli occhi sorridendo appena.
«Se tu sei felice qui, allora anche io lo sono.» lei sorrise.
«Sandie?» il piccolo sorriso di Michael svanì.
«Vedi ... io e Sandie non siamo più amici.» disse con il cuore in gola.
Per un momento la piccola biondina, pensava di aver sentito male.
«No.» bottò lei.
Il cantante annuì con le lacrime agli occhi «Pecchè? Pecchè?» lui abbassò lo sguardo «Tu non puoi avella lasciatta ttola! Pecchè? Pecchè?» lui sorrise appena alzando lo sguardo per incrociare lo sguardo triste di Cloe.
«Perché mi sono innamorato di lei.»

Michael si svegliò di soprassalto perché Brett gli diede una pesante pacca sulla spalla.
Gemette dal dolore.
«Ma ti sembra questo il modo di svegliare le persone?» domandò irritanto completamente assonnato.
«Dai Michael non fare così, hai voglia di dormire, e poi tra 10 minuti atterriamo.»
«E non potevo dormire in questi 10 minuti? Dovevi svegliarmi?» domandò con tono arrabbiato, lui ridacchiò «Fanculo Brett.»
«Ooooo, fate largo. Jackson è arrabbiato.» disse Brett con tono ironico.
«E anche tanto.» disse massaggiandosi la tempia.
Ma che cazzo, non poteva lasciarmi dormire? Ovviamente no.
Ma vaffanculo.
Se c'era una cosa che odiava, era essere disturbato, oltre a quando lavorava, anche quando provava a dormire. In generale odiava essere disturbato.
Pensò al sogno, aveva sognato Cloe, erano passati ormai quattro mesi da quando era morta. Da quando vide quella piccola bara bianca, e Sandie che svenne dal dolore.
Si dimenticò una parte del sogno, la parte finale, di cui affermò di essersi innamorato di Sandie.
E nel frattempo, nella sua mente, decise che quando sarebbe tornato dall'Africa, avrebbe fatto visita alla tomba di quella bambina dal carattere dolce, promettendo che come fiori davanti alla tomba avrebbe messo un mazzo di tulipani bianchi.

Ali cominciò a cantare in modo stonato da far ridere come pazzi, un po' come quei comici americani nei film e spettacoli.
Michael ridacchiò con la sua risata cristallina sbadigliando appena.
«Il bimbo ha sonno.» annotò Brett.
«Chissà perché.» disse stiracchiando.
«Dai Michael.»
«Dai Michael, un cazzo Brett.»
«Lo sai che sei figo quando dici le parolacce?»
«E tu lo sai che sei irritante quando mi stuzzichi?» disse Michael disse girando la testa per guardando come un gufo. Ali cacciò una risata alla mo' di ruggito, e ovviamente i passeggeri che erano presenti non poterono a fare a meno di ridere.
«Porca troia, certo che anche tu non scherzi.» disse Brett tra le risate.
«Scusa Brett, ma Michael mi fa troppo ridere quando dice le parolacce. È fottutamente divertente.» affermò tra le risate.
«Beh, non ci trovo nulla di male. Tutti le diciamo.» affermò poi Michael con tono innocente, ma tutti si misero a ridere, lui si fece contagiare dalle risate «Dai ragazzi, siete buffi.» in quel momento si sentì strano.
Risero perché lui aveva detto le parolacce o perché aveva parlato con tono ironico, come se era la cosa più strana del mondo per lui.
Solo perché era Michael Jackson.
Quando poi, era la cosa più naturale del mondo dire la parolacce ed essere ironici.
Tutti le dicevano.
Certo, non in pubblico, ma nella vita privata sì.
Le diceva persino la regina Elisabetta, Lady Diana. Tutti, nessuno era santo nella vita e questo era palese.

Si sentì minuto e persino imbarazzato per aver detto solamente qualche parolaccia.
Se avesse avuto una persona che conosceva meglio non sarebbe successa una reazione del genere.
Odiava essere trattato come una divinità, come qualcosa di superiore.
Voleva essere trattato come una persona semplice.
Come faceva Sandie pensò poi il ragazzo.
Si toccò il ciondolo della stellina che penzolava sul filo del bracciale, sospirò.
Pensò che nessun individuo prima di lei, lo avesse trattato con tanta naturalezza e spontaneità.
Sandie era stata l'unica a trattarlo come un essere umano come gli altri.
A capire che lui aveva un cuore.
Che era un essere un umano.
Cosa che la gente nella società non capiva poiché era una celebrità troppo popolare, una leggenda della musica, un mito.
Che era una persona come tutte le altre, e che faceva le stesse cose come un comune cittadino.
Sandie glielo aveva fatto comprendere per la prima volta.
E particolarmente, non l'aveva mai abbandonato nei momenti di difficoltà.
Non si dimenticò quel molennto in cui, quando morì Ryan White, Sandie quello stesso giorno mandò in fumo la partenza per la Grecia, per stare con lui per consolarlo e stargli vicino.
Non lo aveva dimenticato.
Non aveva dimenticato quando lei era andata a trovarlo in ospedale quando stette male.
Non aveva dimenticato persino i primi momenti da amici.
Quando lei lo aiutò a scegliere i regali per i suoi nipoti, concependo la sua capacità di percepire il gusto dei bambini. Quando lei le piacque quel peluche, e lui le regalò.
E poi quella collana.
Divenuta un simbolo.
Il loro simbolo.
Loro erano come stelle che brillavano nel cielo blu, rendendolo splendente con la loro brillantezza.
Erano sì, delle stelle, poiché erano persone speciali.
Troppo buone per questo mondo.
Perciò, questa loro troppo bontà, l'avrebbero costato caro.

[...]

Radioso come il sole, Michael fuori dal tettuccio di una Cadillac color cacao, egli dette inizio alla sua avventura africana immergendosi nel calore delle 100.000 persone giunte appositamente all'aeroporto di Libreville-Léon M'Ba per dare il benvenuto al Re del Pop.

Gonzague Saint Bris, che condivise con Michael quei giorni in Africa, l'accoglienza fu pari a quella di un Capo di Stato: mai, dall'arrivo di Nelson Mandela, un ospite aveva radunato tanta folla e suscitato un tale fervore.
Gente che urlava, che sorrideva, e che lo amava.
Nessuno aveva mai visto un accoglienza così piena di calore prima d'ora.
E Michael si sentí al settimo cielo.

Alloggiarono in una suite dell'Okoumé Palace Hotel, di cui affittarono l'intero ottavo piano, la stanza era grande quanto una casa, il bagno quanto una stanza, ed era così elegante e raffinato.
Aveva la vista mare, così Michael andò fuori al balcone per aspirare dentro ai polmoni, l'aria di mare.
Che pace.
Chiuse gli occhi.
Il suono del mare era una musica appressò che meravigliosa, e Michael avrebbe voluto ascoltare quel suono per tutto il tempo.
Ma in quel momento egli si sentiva terribilmente stanco.
Non aveva chiuso occhio nelle ultime due settimane.
Mise una mano sopra alla fronte sospirando.
È normale, devo solo dormire.
Per Michael, che soffriva da tempo di insonnia fu una vera battaglia prendere sonno e dormire. Ma decise comunque di non pensarci, e di godere a pieno i giorni meravigliosi che li avrebbero attesi.

Nel corso della sua permanenza in Gabon, non mancavano le usuali visite solidali di Jackson.
Il cantante si recò all'ospedale di Owendo, sobborgo sud-occidentale di Libreville.
Visitò bambini malati, chi aveva tumori, problemi a vari organi, malattie e così via.

In particolare Michael vide un bambino, aveva gli occhi marroni profondi come l'oceano senza le pupille, da lì, capì che era completamente cieco.
Il bambino aveva il capo sollevato per l'aria, e Michael si avvicinò a lui.
«Ciao.» il bambino si irrigidì sentendo la voce del Re del pop.
«Sei Michael Jackson?» domandò il bambino con voce felice, Michael sorrise prendendogli la mano.
«Si, si sono io. Come ti chiami?» domandò con dolcezza.
«Simon.» rispose il bambino con innocenza con tono felice di sentire il contatto con il cantante «La già mano è calda, e liscia.» disse Simon toccondola con le dita, il moro sorrise. A quel punto l'infermiera si avvicinò.
«È cieco sin dalla nascita, purtroppo da un po' di mesi è malato di polmonite. Ma piano piano sta guarendo.» il viso del cantante era triste e fosco, guardò di nuovo il bambino mentre continuava a toccare la sua mano.
«M-Michael, posso ...» Simon si interrompe poiché si sentiva in imbarazzo per la sua richiesta.
«Puoi chiedermi tutto quello che vuoi Simon.» lui sorrise a trentadue denti cacciando i suoi denti bianchissimi e luminosi.
«P-Posso toccare il tuo viso? P-per favore?» a quella richiesta il cantante aveva il cuore in mano, prese le mani del bambino facendole poi appoggiare sul suo viso. Era un segno di risposta «P-Posso?» domandò ancora il bambino con tono dubbioso e innocente.
«Certo.» Simon cominciò a toccare il viso di Michael e sentì quando la pelle del cantante era assai delicata, sentiva i lineamenti del viso, aveva le dita sulla guance, poi passò alle tempie, Simon sorrise.
Proseguì poi alla fronte scendendo verso il naso, Michael lo arricciò e Simon ridacchiò, poi piano piano scese verso il mento, dove percepì a pieno la fossetta, toccò le labbra, le sue labbra particolari, bellissime e delicate quanto i petali di un girasole. E poi delicatamente, Simon con i pollici, toccò gli occhi. Michael li chiuse, mentre il bambino con i pollici esplorò quella parte.
Rimase stupito e contento.
Ritraé le dita.
Michael aprì gli occhi.
Simon aveva un sorriso emozionato.
«Hai un viso bellissimo ...» non osò dire altro, perché era la verità.
Michael rispose con un semplice grazie imbarazzato completamente commosso.
Era una frase semplice, ma che si commosse.
«Grazie ancora per avermi permesso di toccare il tuo viso.» Michael rispose con un tenero abbraccio con le lacrime che rigavano il suo viso.
Detto da un bambino cieco, lo toccò profondamente.
Il moro gli diede un bacio sulla guancia e se ne andò, continuando poi a visitare l'ospedale.

Grande amante degli animali e della natura, esplorò anche la riserva presidenziale di Wonga Wongue: 500 ettari di savane e biodiversità che si estendono sulla costa nord-occidentale di Libreville e Port Gentil.

«Michael, vedi di stare attento con quello scimpanzé!» esclamò Brett con tono spaventato.
Lui ridacchiò.
«Perché mai?Hai paura? È innocuo. E poi ti ricordo che io ho uno scimpanzé. Avrei dovuto portare Bubbles, sai sarebbe stato un ottimo amico per te.» disse Michael con lo scimpanzé in braccio.
«Si ok, pero, stai attento.» Michael alzò gli occhi al cielo mentre lo scimpanzé ciucciava un dito.
«Brett, sta zitto e cammina.» Ali per poco non cacciava la sua solita risata a ruggito per la risposta quasi ironica del cantante «Guarda che verde, è meraviglioso.» l'animale fece dei versi «Vuoi scendere?» domandò dolcemente e fece un segno con il capo. Così fece scendere lo scimpanzé per farlo camminare un po'.
«Dimmi una cosa Michael, è vero che Bubbles sa fare il letto?» domandò Ali avvicinandosi a lui.
Il cantante annui.
«Sa fare il letto, lava i piatti, lava i vetri della stanza. Oh, lui è molto educato.» disse con tono sognante.
«Infondo come si dice, tale padrone, tale scimpanzé.»

Secondo le cronache dell'epoca, Michael affrontò questa avventura in compagnia di uno scimpanzé, offertogli dal presidente gabonese Omar Bongo.

Il Re del Pop, la sera partecipò a un ricevimento nell'Ambassador's Hall del palazzo presidenziale, dove il presidente Bongo gli consegnò la Medaglia d'Onore dei Paesi dell'Africa occidentale.

Spiegato dallo stesso Bongo, Michael Jackson fu il primo artista di sempre a ricevere questa onorificenza, fino a quel momento consegnata solo ai Capi di Stato e ai dignitari di alto rango; tra cui proprio Nelson Mandela.

Michael insieme ai suoi compagni di viaggio si godettero la serata, mangiarono ad abbondanza i piatti tipici dell'Africa, come Kamba wa nazi, i gamberi in salsa di cocco,
Efo riro, lo stufato di verdure nigeriano, Ceebu jenn, il riso senegalese e pesce, Seswaa manzo sfilettato a cottura lenta, Doro wet lo stufato etiope/eritreo di pollo e uova sode e tanto altro

Ali e Gonzague lo fecero bere bevande tipiche alcoliche della terra, come l'Amarula, un tipico liquore cremoso, e il Rhum Legend.
«Forza amico, questa è l'Africa e devi godertela.» disse Gonzague mettendo il liquore nel bicchierino con la musica a palla in soffondo.
«Magari con qualche ballerina di compagnia non sarebbe male eh.» disse poi Brett mangiando un pezzo di ananas, i ragazzi risero.
Il cantante bevve tutto d'un fiato.
«Io non faccio queste cose.» disse in tono brillo.
«Andiamo, una bella scopata non ti farebbe male.»
«Smettetela.» era brillo, ma lucido.
A quel punto sul palchetto vennero accolte un gruppetto di balllefine africane, erano bellissime, una pelle scurissima brillante come stelle. Avevano solo l'intimo metallizzano di vari colori, ali bianche, capelli afro, truccate nel modo giusto.
Erano uno spettacolo.
La platea impazzì alla loro vista e partì la musica stile samba.
«Beh, non so voi. Ma io vado a ballare con loro.» disse Ali alzandosi dalla sedia
«Anche io.» disse poi Brett, gli altri andarono in pista a ballare con le ballerine mentre Michael rimase da solo.
Il presidente Bongo notò la solitudine del cantante a andò verso di lui a fargli compagnia.
Il cantante aveva lo sguardo assente, con un bicchierino di rhum in mano.
«Non ti piacciono le feste?» il cantante sorrise lievemente e bevve un sorso di rhum d'un fiato.
«Si ma oggi non sono a genio, sono molto stanco dal viaggio. Non ho dormito per niente.» affermò poi.
«Capisco. Sa, io invece ho alla sensazione che lei ha la testa da un'altra parte. Certo non voglio fare gli affari suoi, ma vede. Ho notato che lei non ha guardato nemmeno le ballerine, è come se i suoi occhi sono appartenuti a qualcun'altra.»
A qualcun'altra?
I miei occhi?
Sapeva a chi si riferiva.
E ciò non negava.
«Può darsi, ma un'occhiata alle ballerine l'ho data.» ammise poi.
«Cosa significa quel può darsi? Non è sicuro di quello che prova.» annuì mentre giocherellava con la forchetta.
«Non ha senso tutto ciò, io non ho piu rapporto con questa persona. Faccio di tutto pur di dimenticarla, ma la ritrovo nei sogni, o addirittura di fronte a me. Come se fosse vera, come se non fosse mai sparita.» esordì esasperato.
Bongo ridacchiò.
«Ragazzo mio, possibile mai che sei così cieco?» il cantante degli occhi innocenti guardò il presidente con la musica a palla di sottofondo, mentre la gente si divertiva con le ballerine «Tu ti sei innamorato.»


MILANO, ITALIA

«Arrivederci Signorina Vrachnos, e buon rientro.» disse un'infermiera che era all'ingresso dell'ospedale.
Sandie la ringraziò con gentilezza mentre la giovane camminava a braccetto con Annalisa per dirigersi davanti alle grandi porti dell'ospedale.
E proprio al varcare delle porti trasparenti delle istituzioni ospedali, un branco di giornalisti si accanirono contro le ragazze.
Facendo foto creando una pioggia fastidiosa di flash, e i microfoni paffuti che cercavano di circondare Sandie.
«È uscita dall'ospedale!»
«Facciamole qualche domanda.»
«Come si sente? Ha intenzione di partire subito per l'America?» domandò un giornalista. Sandie lo guardò facendo un sorriso imbarazzato.
Si sentiva un po' come una lady Diana inizio anni 80', quando venne scoperta come fidanzata del principe Carlo e veniva seguita ogni santo giorno dei paparazzi.
Erano giorni che i giornalisti aspettavano l'uscita di Sandie dall'ospedale per fotografarla, per sapere all'Italia che stesse bene.
Ma che era pronta anche a danneggiare la sua immagine.
«Sto molto meglio, vi ringrazio.» rispose lei con tanta gentilezza ed educazione.
«È vero che lei non testimonierà al processo?» a quella domanda le si congelò il sangue.
Non rispose, non le andava di rispondere.
Ci fu silenzio, con i flash e i passi dei giornalisti.
«Questi sono affari che non le riguardano, andiamo Sandie.» intervenì Annalisa infastida dirigendosi verso la macchina.
I giornalisti seguirono le ragazze.
Annalisa mise in moto la macchina e se ne andarono seminando poi i giornalisti.
«Coglioni del cazzo.» borbottò poi.
«Che volevano?» domandò Sandie innocentemente.
«Informazione per gli articoli probabilmente. Non so chi ha sparso la voce che tu non testimonierai al processo. Qui sono tutti amanti del gossip. La gente fa proprio schifo, si vede che non ha un cazzo da fare.» disse poi Annalisa con tono arrabbiato con il volante tra le mani, Sandie non rispose mentre godeva di vedere la bellezza di Milano dopo tanto tempo rinchiusa in casa e in un ospedale.
Era felicissima.
Sopratutto di tornare a casa.
«Sandie allora vuoi vedere i biglietti?» la ragazza annuì veloce con il capo come una bambina. Annalisa sorrise «Molto bene, vamos.»

Dopo quindici minuti arrivarono all'aeroporto internazionale di Milano, parcheggiarono la macchina e andarono verso la biglietteria ufficiale.
«Buongiorno signorina, mi dica.»
«Buongiorno a lei, mi direbbe un pochino i primi i voli diretti per Los Angeles?» domandò la ragazza dalle iride verdi.
«Per oggi?» domandò la ragazza.
«Si per favore.»
«Mi dispiace ma sono tutti esauriti, l'unico volo disponibile è domani alle tre del mattino.» Sandie guardò Annalisa, lei annuì con il capo.
«Va benissimo signorina.» disse Sandie con tono deciso.
«Perfetto, mi dica il giorno dell'andata e ritorno.» disse segnando il biglietto su un compiute.
«Oh, è solo l'andata io abito lì. Comunque domani 12 febbraio.»
«Perfetto, in totale sono 50.000 lire.» esordì la ragazza dandole il biglietto.
Sandie cacciò il portafoglio e per fortuna aveva giusto e precisi 50.00o lire.
Lo diede allla signore e prese il biglietto.
«Grazie mille, e arrivederci.»

«E cosi saremo solo poche ore insieme.» affermò Annalisa con tono dispiaciuto davanti alle porte dell'aeroporto.
«Già, facciamo una cosa. Torniamo a casa, faccio i bagagli e poi andiamo a mangiare un boccone che ne dici? Ah, non ho soldi ...» disse la ragazza dispiaciuta e imbarazzata.
«E qual è il problema? Anzi, sarei ben felice di offrirti io la cena. E Sandie, ti prometto che passeremo le nostre ultime ore insieme poi belle mostra vita.» disss Annalisa con un gran sorriso.
Sandie era eccitata dell'idea.
Infondo, chissà quando avrebbe rivisto Annalisa.
Quindi, accettò volentieri la sua proposta perché sapeva benissimo che quella fu l'ultima volta che l'avrebbe vista.

Quando Sandie e Annalisa tornarono a casa la mora trovò la dimora completamente ordinata e pulita, notò che An, durante la sua assenza aveva sistemato la casa e che aveva comprato degli oggetti nuovi e carini, come dei vasi, vari centrotavola, quadri vintage, e un orologio.
Sandie fece il tour per tutta la casa quando poi arrivò nella sua stanza.
Annalisa aveva conservato quelle poche cose che Diego non aveva distrutto.
Vari vestiti, profumi, due foto di famiglia, due anelli e un paio di scarpe.
Sandie guardando quella poca roba che le rimaneva le venne un colpo a cuore.
Aveva tutto.
Tutti i suoi ricordi i più belli distrutti a brandelli, e non aveva più niente.
Sandie mise quel poco che le era rimasto in una sola valigia, anche i cosmetici.
Quando poi chiuse la valigia, Sandie scoppiò a piangere.
Annalisa sentendo piangere la sua amica dal salotto, andò da lei e l'abbraccio.
«Sshhh ...» le diede delle piccole pacche sulla schiena, Sandie piangeva era disperata.
«Fa male, fa tanto male An.» disse la ragazza tra le lacrime.
Annalisa penso che Sandie non si meritava nulla del genere. Era una ragazza così dolce, altruista e leale verso il prossimo, che non si meritava di come fosse stata trattata in quel modo da un pazzo criminale.
Di vivere poi successivamente un dolore e un trauma simile.
Che l'avrebbe accompagnata per il resto della sua vita.


Ore 21.45

«Sandie, dai vieni!» esclamò Annalisa fuori alla porta mentre Sandie era impalata con la valigia in mano guardandosi intorno.
«Aspetta, aspetta ancora un po' An, voglio guardare ancora per l'ultima ancora la tua casa.» Annalisa sorrise, infondo era l'ultima volta che Sandie era in casa sua.
Questo le faceva male il cuore, Annalisa ci era fatta l'abitudine a stare in un mese senza Sandie, anche se con l'ansia e il panico addosso. Ma sapeva che quando lei sarebbe partita la sua vita sarebbe tornata come prima.

Andarono in un locale a bere qualche cocktail insieme ad un aperitivo, parlando così del più e del meno.
Risero e scherzarono, tra le luci colorate e la musica di sottofondo abbastanza piacevole.
Ballarono come pazze.
Come vere e proprie ragazzine.
Si divertivano come se non ci fosse un domani.
Sandie non si sentiva così libera da quando si mise con Diego.
E per un momento pensò a quanto era bello stare con le persone che amava. 
Divertirsi, e non pensare a niente.
A quanto era brutto quando le venne proibito la gioia di divertirsi.
Ma lei non ci pensò, anzi, si godette i momenti con Annalisa. Perché era l'ultima volta che la vedeva.
Avrebbe voluto restare, ma ormai il suo limite era passato oltre.
Se non le fosse successo il sequestro probabilmente Sandie sarebbe rimesta in Italia ancora per qualche mese.

Erano circa le mezzanotte e un quarto e le ragazze erano davanti al duomo di Milano, la città era deserta, nessuno era per strada, erano solo loro due. Da sole.
«È bellissimo anche di notte.» mormorò Sandie non smettendo di guardare quella cattedrale dallo stile gotico.
«Già, più passa il tempo, più diventa bello. Sono quelle bellezze che non svaniscono mai.» disse poi la biondina.
Sandie abbassò lo sguardo mettendo le mani dentro al cappotto, poiché tirava un pochino di vento.
«An.» la chiamò.
«Si.» lo sguardo della ragazza si voltò verso di lei.
«Ti volevo dire grazie, ho passato una delle serate più divertenti della mia vita. Beh, era il tuo obiettivo e ci sei riuscita. Ma in verità, ti volevo dire grazie per tutto.
Grazie per esserci stata sempre per te.
Con te ho passato dei momenti davvero indimenticabili.
Anche se secondo me, un grazie non è mai abbastanza.» disse la ragazza con la dolcezza in corpo, mentre Annalisa guardò la ragazza con tristezza.
«Io invece ti devo chiedere scusa.» la mora inarcò un sopracciglio.
«Per cosa?.» domandò ingenuamente Sandie.
«Di non averti protetto a sufficienza, questo Erasmus doveva essere per te un'esperienza bellissima, invece per te si è rivelato un incubo. Non me lo perdonerò mai.» disse la bionda lasciando poi sfogo al piango.
Sandie l'abbraccio da dietro appoggiando la testa sulla schiena dell'amica.
«La colpa non è tua, mi sono innamorata. Tu mi hai avvertito ed io non ti ho ascoltato. Ed ecco quello che è succcesso, ne ho pagato le conseguenze, e mi prendo le mie responsabilità da donna adulta. Quindi, non sentirti responsabile, perché entrambe siamo state vittime di quell'uomo.» la buona di girò verso di lei per abbracciarla meglio ed entrambe sorrisero per rendere l'atmosfera meno triste.
«Mi mancherai tanto.» affermò Annalisa con la nostalgia in petto.
«A chi lo dici, resterai sempre nel mio cuore.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top