[CAPITOLO 53]




[Ogni qual volta l'uomo prende
dal corpo di una donna
senza il suo permesso,
manca di rispetto all'utero
da cui è nato,
contamina il luogo
che l'ha protetto
quando era più indifeso,
profana il tempio
da cui ha iniziato il viaggio.]
•-Nikita Gill•





Ospedale San Giuseppe, Milano.

8 febbraio 1992

Erano passati tre giorni da quando i poliziotti liberarono Sandie da quell'orribile incubo.
La portarono all'ospedale San Giuseppe, uno degli ospedali più famosi ed efficaci della città.
Ma prima di portarla in ospedale.
Sandie chiese ai poliziotti di portarla con sé, nel momento dell'arresto di Antonio.
Essi le domandarono se fosse sicura.
Lei annuì decisa e sicura al 100%.
Voleva vedere quell'uomo ammanettato, e imprigionato in gabbia come un povero animale.

La poliziotta, che si chiamava Paola, fu molto dolce e delicata con lei, poiché era ferita e piena di shock.
Durante il tragitto verso l'università del San Raffaele, Sandie non ci poté ancora credere di essere salva, e che il suo incubo fosse finalmente finito.
Che si tratti di fortuna? No, fu la sua intelligenza a scacciarla dalla morte.
E lei doveva essere grata a se stessa.
Ma era ancora spaventata, e agitata.
Paola le prese la mano stringendola, dicendole che andava tutto bene, che non doveva avere più paura, poiché c'erano loro a proteggerla.
Lei ascoltava, ma non rispose.
Le pupille degli occhi erano grandi, e le labbra semi aperte.
Era così piccola e fragile.
Troppo aveva sopportato.
E finalmente poteva mettere la parola fine.

Paola, Sandie, insieme agli altri poliziotti andarono dentro all'università, per poi dirigersi verso l'aula dove Antonio spiegava la sua solita lezione di cardiologia.
Annalisa era lì.
Ma che non ascoltava con piacere e con attenzione la lezione.
Dopo di che.
Sentì la porta dell'aula aprire con cattiveria da un piede, ed entrò un poliziotto puntava la pistola al professore.
Antonio lo guardò spaventato.
Il poliziotto con il dito fece cenno a Sandie di entrare.
Lei entrò, tutti gli studenti si alzarono scioccati e spaventati guardando Sandie in quel terribile stato.
Completamente piena di sangue, e il viso completamente gonfio.
Il poliziotto prese la manette mentre gli altri poliziotto circondarono il killer.
«Diego Laèl, la dichiaro in arresto con l'accusa di 25 omicidi, per truffa, per stupro, per sequestro di persona, e per violenza domestica.» Sandie a quelle parole si sentì finalmente libera cacciando un sospiro di sollievo, Annalisa era allibita dalla situazione che si stava creando.
Non poté credere che la sua amica, era ancora viva.
E che era lì.
Capì che l'uomo le aveva detto una enorme bugia.
Corse subito da lei e l'abbraccio fortemente.
«Oh Sandie! Tesoro mio! Sandie!» le amiche vennero accolte dal pianto, dalla tristezza nell'essere separate per un intero mese.
Mentre Antonio venne brutalmente ammanettato.
Ma quando poi i poliziotti lo portarono via, gli occhi di Sandie e Diego si incrociarono. Quelli di Sandie furono tristi e rossi. Quelli di Antonio furono di una cattiveria spietata, inumana, sembrava posseduto dal diavolo. Sandie né aveva viste di occhiate così da lui, ma in quel modo.
Quegli occhi, non li avrebbe mai più dimenticati.

Sospirò, mentre leggeva un libro, stava piano piano riacquistando le forze, le ferite stavano guarendo, anche quelle sul viso insieme all'occhio sinistro.
I medici le stavano dando le giuste attenzioni.
La notizia del sequestro fece subito notizia in Italia, ma anche in Spagna.
Ci avrebbe pensato l'Italia a metterlo sotto processo con una giusta pena.
Il suo terrore, era quello di affrontare il processo, ma non per andare in tribunale, ma perché non voleva ricordare quei momenti terrificanti e sopratutto. Rivedere quegli occhi.

La mano di Annalisa sfiorò il metallo freddo della maniglia, per poi aprire la porta della stanza dove si trovava la sua amica.
Sorrideva che piano piano, migliorava.
«Dai Annalisa, non fai altro che portarmi regali, cibo e fiori. Mi fai sentire in colpa.» si lamentò in modo ironico, la ragazza chiudendo il libro lasciando un dito come segnalibro.
La bionda venne verso di lei per sedersi, e la guardò con uno sguardo sia felice che triste.
«È il mio modo per farmi perdonare. Ho creduto alla bugia di quell'orribile mostro. Ho creduto che tu davvero fossi partita lasciandomi sola. Invece eri in casa a subire i momenti più peggiori della tua vita. Io ... io non volevo che succedesse anche a te ... te lo giuro Sandie. Non volevo io-» l'amica bionda scoppiò a piangere, e Sandie si spostò piano piano con il busto per abbracciarla.
«Sshh Annalisa, tesorino. Sta tranquilla. Ora è tutto finito.» lei continuò a piangere.
«Perdonami Sandie.» lei scosse la testa.
«La colpa è mia. Sono io che mi sono innamorata e che mi sono lasciata andare. Che potevo sapere che Antonio Lombardi fosse Diego Laèl, un ricercato serial killer? Non potevo saperlo An, adesso lo so. E sono viva.
E credimi, per un momento sentivo di aver perduto ogni speranza di sopravvivere.
Ma guardami. Si okay, sono in un letto di ospedale. Ma sono viva.
Respiro, e sono viva cazzo.» lei la guardò preoccupata e strinse la mano.
Annalisa da quando scoprì il suo sequestro non smise di starle vicino, stette persino a dormire in ospedale con lei, poiché era l'unica persona che aveva, e sopratutto, fu l'unica e raccontare tutto l'orrore e il terrore che aveva subito quel mese.
Annalisa rimase scioccata e impietrita dai racconti e dagli abusi che subì la sua amica, mai si sarebbe potuta immaginare che quella volta in cui lei andò a trovare Antonio per chiedere informazione su di lei.
Sandie era chiusa dentro ad un armadio totalmente legata dalla testa ai piedi.
«Ma hai rischiato di morire.» affermò poi.
«Lo so. Ma sono viva, e ho combattuto per essere viva. E sai, la speranza mi ha colto l'attimo proprio il momento in cui stavo per cedere.» disse sorridendo.
«Oh Sandie ... è mai possibile che tu sia così tanto coraggiosa e determinata?» ridacchiò.
«Tu mi vedi così, ma in verità, questa esperienza non mi darà pace. Non nè uscirò facilmente, ora ho il trauma. Ma spero di avere di nuovo la forza di andare avanti a continuare la mia vita proprio come una volta. Insomma prima che conoscessi lui.» disse con le lacrime agli occhi. Sapeva quanto sarebbe stato difficile per lei ritornare alla vita normale dopo tutto quel casino.
Sapeva che la sua vita, non sarebbe stata più quella di prima, e lo sapeva meglio di chiunque altro se non lei stessa.
«Hai chiamato tua sorella?» domandò Annalisa, lei annuì.
«Poverina, quando l'ho chiamata ha pianto come una pazza. Mi ha fatto una ramanzina di tutti i colori. Non ho detto quello che è successo An, le ho detto semplicemente che ho avuto dei problemi con il telefono, e idem con lo studio. Insomma. Mi ha urlato in faccia. Però allo stesso tempo si è calmata un po'. Per ora non me la sento dire tutto quello che mi è accaduto. Quando mi sarà passato, allora dirò tutto, ma ora proprio non ce la faccio.» la biondina annuì in segno di accordo mentre sospirò cacciando aria dal naso.
«Ma tu hai intenzione di tornare a casa prossimamente?» la ragazza annuì senza pensarci due volte.
«Annalisa, io non ti voglio abbandonare credimi, ma questa esperienza per me è stato anche troppo. Devo tornare. Non c'è la faccio più a stare qui. Voglio tornare a casa. E penso che lo farò quando sarò dimessa dall'ospedale.» disse poi vedendo venire i poliziotti dall'altra parte della stanza «O almeno credo.» Paola insieme a due poliziotti entrarono dentro alla sua stanza con il consenso di un infermiere, la poliziotta sorrise vedendo la ragazza pienamente ripresa rispetto a tre giorni fa.

«Ciao Sandie, come stai?» disse Paola avvicinandosi verso la ragazza.
«Sto molto meglio, ti ringrazio Paola.» disse la ragazza dalle iride verdi sorridendo.
«Lo vedo dalla tua espressione, oh posso sedermi accanto a te?»
Mi sa che è arrivato il momento.
«Prego.» disse la ragazza con educazione, la poliziotta prese la sedia, e si sedè con di fronte alla ragazza.
«Sandie, ahimè, è arrivato il momento. Mi devi raccontare quello che è successo. Tra qualche setttimana ci sarà il processo, e ho bisogno di sentire il tuo sequestro.» Sandie sentì mancare il respiro a quella domanda.
Processo .... Tribunale ... raccontare ... Diego
No, no.
«No.» rispose lei decisa.
«Sandie, mi rendo conto di quanto sia complicata la situazione, però, cerca anche metterti anche nei nostri panni. Abbiamo bisogno del suo aiuto.» lei scosse la testa.
Non voleva ricordare.
Non di nuovo.
Non voleva ricordare delle violenze.
Delle umiliazioni.
Degli abusi
E del suo malore interiore, fisico e mentale.
«Se tu collaborerai, e testimonierai al processo, la pena di Laèl aumenterà, c'è la possibilità, anche se ne parla già da solo tre giorni, che rischia l'ergastolo. La prigione a vita.» Annalisa alzò uno sopracciglio totalmente in disaccordo «Signorina vuole esprimere un suo parere?» domandò la poliziotta accorgendo dell'atteggiamento della ragazza.
«Oh si se è possibile, ma magari non ci sarebbe la pena di morte per un essere come lui?» un poliziotto alla destra di Paola sospirò irritato, perché erano da giorni che le donne non facevano altro che dire questa frase "lui per me, merita la morte, la pena a vita no."
«Signorina.»
«Mi scusi, metta caso che lei venga rapita, per un mese viene violentata, abusata, e umiliata. E che prima credeva che quello era l'uomo della sua vita ma poi scopra che quello era un fottuto serial killer spagnolo ricercato, che ha ucciso almeno una ventina di ragazze. Ora mi dica, un uomo che ha torturato, e ucciso in modo disumano queste povere vittime. Non merita che quest'uomo merita la pena di morte?»
«Ma l'ergastolo si.» rispose il poliziotto di destra «E poi, mi dispiace ma non siamo in America.» Sandie rimase in silenzio.
Completamente in silenzio.
Non disse una parola.
«Sandie per favore.» esordì Paola.
«La prego non insista, non voglio ricordare. Non voglio ricordare gli orrori subiti in quel mese. Però, vi voglio dare una mano.» Annalisa la guardò stupita, e particolarmente curiosa su come li avrebbe aiutati.
Sandie notò tra le mani del poliziotto che stava alla sinistra di Paola, il suo diario che aveva scritto durante quel terribile mese.
«Quello.» disse facendo cenno al diario col capo.
«Oh, intende questo?» domandò il poliziotto facendole vedere meglio il diario, la ragazza annuì ed egli glielo diede.
Ella lo sfogliò a malapena, ricordava quei giorni in cui si metteva e scriveva, perché non aveva niente da fare e combatteva la noia a scrivere su un quaderno pieno di fogli bianchi.
Sorrise a quel pensiero.
Perché nonostante il brutto periodo, quel diario fu un caro amico di compagnia.
«Questo diario, lo scrissi all'inizio del sequestro.» disse sfogliando piano piano le pagine «Ho scritto tutto ciò che mi capitava nei giorni.» disse continuando a sfogliare «Fino al 2 febbraio.» disse poi chiedendo il quaderno.
Rimase poi il silenzio.
Fino a poi a prendere una decisione importante.
Una decisione pesante, ma che le avrebbe dato la pace interiore.
«Vi aiuterò con il processo. Racconterò tutto. Ma non testimonierò. Lo farò tramite delle registrazioni, registrerò tutto quello che mi è successo fino a tre giorni fa.
Al processo porterete le mie registrazioni, insieme al mio diario come prove.
Perché io, non voglio testimoniare.
Io non voglio rincontrare quegli occhi di quell'animale.
La prego Paola, almeno mi venga incontro con questo.» supplicò poi la ragazza, Paola ci riflettè sopra, ma poi ad Annalisa le venne un idea.
«Mi scusi, anche io sono stata aggredita sessualmente da Diego Laèl, è successo circa un anno fa. Potrei testimoniare io al processo. Non lo faccio solo per me, ma anche per vedere quel pezzo di merda in gabbia.» Sandie spalancò gli occhi.
«Beh, allora è perfetto.» disse Paola sorridendo.
«Annalisa.» la chiamò Sandie.
«No Sandie, non si discute. Hai già passato tanto in questo periodo, è meglio che quando ti dimettono all'ospedale torni a casa e ricomincia la tua vita in santa pace. Io lo faccio volentieri testimoniare anche per te.» Sandie si commosse al gesto della ragazza, non aveva mai pensato di trovare un'amica così tanto umile e vera come Annalisa.
L'abbracciò e scoppiò a piangere.
Era fatta.
L'accordo era fatto.
Doveva solamente fare l'ultimo sforzo, per poi ricominciare a tornare vivere la sua vita.
Annalisa aveva il suo appoggio.
La polizia aveva il suo appoggio.
Tutti avevano il suo appoggio.
Persino chi non la conosceva.




[...]


«Io conoscevo Diego Laèl, che per me era Antonio Lombardi, come mio professore universitario di cardiologia al San Raffaele. Poiché io, Sandie Vrachnos, sono qui in Italia per un Erasmus, io vivo a Los Angeles, e studio medicina alla Ucla.
All'inizio, io e Antonio avevamo un classico rapporto tra alunna e professore.
Ma ci fu una forte chimica tra noi.
Mi innamorai fortemente di lui.
Fu lui a dichiararsi e fare i primi passi.
Io aspettai un po', ma poi ci mettemmo insieme.
I primi mesi furono una gioia. Ma poi cominciarono i primi litigi.
Tutto è iniziato per un litigio sciocco, gli dissi che dovevo andare in discoteca con Annalisa insieme a delle sue amiche, ma lui disse "Tu non ci vai" io gli domandai se tutto fosse un uno scherzo, e lui mi ripetè di non andare.
Dissi che io sapevo badare a me stessa e che c'era Annalisa con me, lui mi interruppe dicendomi "Forse tu non hai capito io sto parlando seriamente Sandie! Tu in quella cazzo di discoteca non ci vai! Chiaro?!"
Avevo davanti a me un'altra persona.
Non avevo davanti l'uomo di cui mi ero innamorata.
Io gli risposi dicendogli se fosse impazzito, e che non poteva imporre di andare in un posto dove volevo andare. Lui disse "Ah! Quindi dovrò stare qui come un cretino ad aspettarti mentre ti scopi altri ragazzi!?" a quella domanda rimasi senza parole.
Alzai il tono della voce dicendogli se gli fosse fumato il cervello, se ero il tipo di persona da fare cose del genere. Rimasi davvero mozzafiato. Lui mi disse di abbassare i toni.
Ma io obiettai, dissi che non ero una bambina, e che potevo urlare e alzare la voce come gli pare, poi boom.
La sua mano congiunge in pieno la mia guancia.
Uno schiaffo in piena guancia.
Mi aveva dato uno schiaffo.
La guancia pulsava di dolore fino a divertarne rossissima.
Aveva la mano pesante.
Mi toccai la guancia e gemei dal dolore.
Ero totalmente immobile e presa dallo shock.
In quel momento sentii un brivido percorrere dietro alla schiena.
Tremavo.
Avevo paura.
Capii che era tutto fuori controllo.
Lui, era fuori controllo.
Lo guardai sorpresa, con gli occhi spalancati dal gesto.
E poi quella rabbia che vidi prima nei suoi occhi, svanì.
I suoi occhi si addolcirono, ma non bastarono per perdonarlo. Mi chiese scusa, ma poi andai via.
Fu lì, che la nostra relazione andò in fumo.
Era giorno prima della partenza, dovevo tornare in America dalla mia famiglia per le vacanze natalizie, Antonio bussò al citofono del mio appartamento pregandomi di scendere.
Nella mia immaturità che era enorme, e anche perché ero ancora innamorata di lui, scesi e lo trovai davanti a me con un mazzo di rose in mano.
Pensai che lui si pentii del brutto gesto che mi aveva fatto, e facemmo pace.
Mi portò a mangiare fuori, e andammo a casa sua, dove lui voleva consumare un ennesimo rapporto sessuale.
Ero stanca di farlo in continuazione, perché durante la nostra relazione, il sesso non mancava mai, e nel mentre stavamo andando oltre, lo fermai. Dicendogli semplicemente che non avevo voglia.
Diego andò su tutte le furie, con la scusa che non mi vedeva da vari giorni e che voleva sentirsi amato.
Ma io lo affrontai con testa alta, e gli dissi con non potevamo fare sesso ogni volta che ci vedevamo, e che c'erano altre cose da fare oltre a quello. 
A quella risposta andò fuori controllo.
Ma ero così ingenua che non lo vidi.
Mi chiamò, e mi diede un altro schiaffo come risposta.
Lo guardai sorpresa e stupita, perché mi aveva promesso che non avrebbe fatto più.
Ma a quel punto, mi prese tra le braccia, stringendomi forte
Mi ordinò di stare zitta
Ed io dissi "Mi abbracci dopo avermi dato uno schiaffo, non sei normale." dopo quella risposta, mi diede un altro schiaffo facendomi gemere dal dolore.
Lui mi disse "Ti ho detto che non devi parlarmi in quel tono!"
Io risposi " E tu non hai diritto di trattarmi così! Sono una donna, ed esigo rispetto! Menomale che domani parto e torno dalla mia famiglia!" quel punto notai che la sua rabbia si moltiplicò.
Io provai a fuggire ma lui mi bloccò.
Poi mi disse "Tu non vai da nessuna parte brutta puttana" quando udii quella parola sentii un forte senso di amarezza.
Cominciò a picchiarmi in modo feroce, dandomi un pugno in piena faccia, formando così un livido sull'occhio destro.
I graffi sopra alle sopracciglia, mi stava massacrando.
Io implorai di smetterla ma lui mi disse che avrebbe smesso solo se io non sarei poi partita.
Resistei.
Fino a che Antonio, non prese dalla tasca un preservativo.
Capii tutto.
E quella, fu la prima volta che mi violentò.
Fu violento e rude. Ebbi dolori dappertutto.
Fu uno dei momenti più brutti della mia vita. Insieme ad altri che ore sto per raccontare
Alla fine, partii lo stesso per l'America.
E passai delle vacanze di Natale non molto felici, ma questi sono dettagli.
Tornata dalle vacanze, io Annalisa trovammo il nostro appartamento completamente distrutto, finestre rotte, insieme ai mobili, divani, sedie, piatti, bicchieri. Sembrava che qualcuno avesse sganciato una bomba.
Io e Annalisa controllammo un po' per cercare degli indizi, fino a che non andai nella mia camera, non vi dico come fu ridotta. Un macello. Vidi distrutta una foto che ritraeva me con la mia famiglia, c'era sopra una bigliettino con su scritto, "o te o la tua famiglia." Era un ricatto.
Sapevo che l'aveva scritto Antonio.
E che aveva scoperto che ero partita.
Così inventai una scusa ad Annalisa per uscire, dissi che sarei andata dalla polizia, ma in realtà andai da Antonio.
Ci andai, e il resto ...
Il resto fu storia.»

La ragazza stoppò la registrazione facendo poi un bel respiro.
Annalisa le accarezzò la testa in segno di conforto ma anche di coraggio di continuare.
Si stava comportando da vera guerriera, e in quel momento l'ammirava, l'ammirava fortemente.
Era così orgogliosa di lei, ma sapeva e percepiva quanto fosse difficile raccontare tutto quello aveva dovuto affrontare.
«Sandie, stai andando bene.»
«N-non c'è la faccio ...» mormorò tra le lacrime .
«Sandie, tesoro stai andando benissimo, stai dicendo ogni cosa filo e per segno, e poi ci sono io che sto supportando. Vedrai che questo è l'ultima volta che lo racconterai. Poi basta, pensa solo a questo.» Sandie asciugò subito le lacrime cacciando poi un raggiante sorriso «Oh! Vedi? Così devi affrontare i problemi, con il sorriso. Sei sempre bellissima Sandie.» a quella parola però tristemente il sorriso di Sandie scomparì pianamente.
Prese il registrazione e riprese la registrazione continuando poi a parlare.

«Andai a casa sua a consegnarmi di persona e Mi prese per il polso facendomi entrare in casa, per poi sbattermi contro il muro violentemente.
Disse "E così sei andata in America brutta puttana, ti avevo detto di non andarci!" Con tutta con la rabbia che gli bolliva in gola.
Tremai dalla paura.
Spiegai solamente che volevo solamente stare con la mia famiglia, lo dissi in tono molto giustificato. Che a mio parere non avevo niente da giustificare, stavo con la mia famiglia.
Mi diede uno schiaffo facendomi cadere per terra, trattenni le lacrime.
Mi domandavo sempre il motivo di quel trattamento nei miei confronti ma non ho mai ricevuto una risposta.
Gli supplicai di parlare da parsone civili, di non utilizzare la violenza, perché non sarebbe servita a niente. Lui stette zitto e acconsentì la mia richiesta. Gli dissi che ero stata con la mia famiglia, di aver rivisto le persone che amo.
Lui mi guardò come se stesse aspettando che ci fosse dell'altro ma non era così.
Poi disse "Tutto qui? Hai rivisto anche quel frocio del tuo amico?" a quella domanda il sangue mi si bollì dalla rabbia.
Perché io odio le persone omofobe, ed io ho il mio migliore amico che è bisessuale.
Gli dissi di non chiamarlo in quel modo perché era una persona come tutta le altre, ricevetti un altro schiaffo.
Poi mi dette della puttana e mi chiese se lo avessi scopato.
Gli dissi di nuovo, che non ero un tipo che faceva delle cose del genere, che non andrei mai a letto con il mio migliore amico, o con qualcun altro. Sopratutto se ero fidanzata.
Mi guardò dalla testa ai piedi.
Mi studiò e mi disse di quanto  fossi imbruttita, che ero solo pelle ed ossa,
Che avevo delle occhiaie da far paura, che facevo paura, che potevo far spaventare i bambini.
Gli chiesi se fosse stato lui a ridurre la casa  di Annalisa in quello stato, e lui rispose di sì in modo molto diretto.
Senza filtri, senza nascondersi.
Dentro di me andai si tutti le furie.
E trattenni.
Mi spiegò anche il motivo di questa sua azione
Voleva vendicarsi, perché io ero andata in America, e di nascosto entrò in casa di Annalisa a distruggere ogni cosa, persino tutti i miei ricordi.
Disse "Vidi delle foto con i tuoi amici. E mi incazzai a morte, così  ho distrutto ogni tuo oggetto, ogni tuo ricordo, ogni tuo vestito. Ogni cosa che ti rendeva quello che sei Sandie" una scia di brividi percorsero su tutto il corpo, sentii un freddo incredibile su di me, la pelle poco calda e tremavo alla follia.
Mi prese per il polso con cattiverà e mi portò in bagno, c'era una vasca piena d'acqua con un po' di schiuma.
Pensai al peggio.
Mi prese dalla nuca e mi immerse la testa nell'acqua.
Passavano i secondi, uno, due, minuti, e mi sentivo affogare.
Non riuscivo a respirare.
Ma poi mi fece rialzare la testa.
Feci un respiro profondo quanto l'Oceano.
Me fa fece rialzare e poco dopo mi fece riemergere la testa, di nuovo.
Disse " Vedi cosa succede se qualcuno osa ribellarsi a me?
La ribellione in te è proprio penosa Sandie, pensi di con questo tuo modo di essere ribelle possa servirti a qualcosa? Pensi di essere qualcuno? Pensi di essere una donna? Ti sbagli di grosso piccola Sandie, in realtà non sei nessuno, sei una nullità di donna. La donna più inutile che abbia mai conosciuto. E non valerai niente dalla vita!" esclamò con la cattiveria nel corpo, e alla fine della frase mi fece rialzare la testa.
Stavo per soffocare.
Non soltanto perché stavo rischiando di morire, ma anche per le sue parole.
Entrarono come delle frecce di fuoco dentro al mio corpo.
Pronte a farmi morire dal dolore più laido che ci fosse.
Nessuno mi aveva detto parole del genere.
Neanche i miei insegnanti peggiori.
La lite continuava all'infinito, e nel frattempo  sorgè l'alba, un'alba triste, e piena di sangue.
Antonio non la smetteva più di umiliarmi, e di picchiarmi,  mi diede calci, pugni, schiaffi, ero a pezzi.
Ero completamente a pezzi.
Ero per terra, il naso colava sangue, avevo il labbro spaccato, il viso confuso e rosso, e lo stomaco che mi faceva male.
Antonio si stiracchò le mani, sentivo il rumore delle ossa delle sue dita diventare più forti di prima.
Si abbassò a me, mentre io affannavo e gemevo dal dolore.
Poi disse "Da questo momento in poi, vivrai con me.
Non ti manderò all'università, farò un finto certificato medico di una malattia, quindi, i professori crederanno che stai male, farai tutto quello che ti dico. Se oserai disobbedirmi, per te saranno guai seri. Diventerai la mia donna, e tu sei solo mia Sandie. Solo di mia proprietà, di Antonio Lombardi!" mi buttò per terra e poi diede uno sputo.
Fu li, che incominciò il mio sequestro.
Il 6 gennaio.
E iniziai durante le mie giornate a scrivere il mio diario quando non avevo niente da fare.
Antonio non mi faceva uscire quei giorni.
Tolse la linea telefonica, e quindi, non potevo telefonare nessuno, né ad Annalisa, nè ai miei genitori.
Ma in compenso, mi aiutava a scrivere la tesi, mi portava i libri che mi servivano dall'università.
Furono giorni molto difficili, tra stupri e violenze, facevo le ore piccole, perché dormivo nello stesso letto del mio aggressore.
Inquietante non trovate?
Quel mese, iniziai anche a fumare, cosa che avevo sempre disprezzato, ma sì, lo feci.
Le sigarette furono di grande compagnia.
Per pochi giorni Antonio fu di buon umore, non mi picchiò, ne mi violentò, né niente.
Mi sembrava che fosse tornato l'uomo di cui mi ero innamorata.
Facemmo anche l'amore.
Nel vero senso della parole.
Quella volta fu dolce e romantico.
Ma poi il giorno dopo, mentre facevo la lavatrice trovai una camicia sporca di cosmetici femminili, scoprii che mi tradì con una sua collega di lavoro.
Ero disperata.
Quando torno da lavoro feci una scenata.
Ero furiosa.
Doveva che lo soddisfava di più sessualmente e come bellezza era alla pari alla luna.
E gli dissi che era malato, e che se non ero abbastanza lui mi doveva lasciare andare.
A quel punto fu lui a darmi della pazza, faceva finta di preoccuparmi come se fossi realmente malata, si avvicinò a me ma io mi staccai bruscamente da lui.
Mi diede un ennesimo schiaffo.
Mi disse che non mi aveva mai amato, e che mi odiava, che gli venivo il voltastomaco solo a incrociare il mio volto, disse che l'unica cosa che so fare, anche se in quel momento mi sentii davvero sporca, era scopare da Dio.
Reagii e tirai uno schiaffo, beh, non biasimo che peggiorai la situazione.
Mi prese per le spalle facendomi girare, mi strappò la maglia ed io tremavo dalla paura, sentii il rumore della cintura.
E feci due più due.
Voleva darmi una lezione.
"Conta." mi disse ed io stetti zitta, dopo qualche secondo la cintura sfiorò violentemente la mia pelle, gemendo dal dolore.
"Uno" contai gemendo del dolore, e lui continuò fino a venti frustate riempiendomi la schiena di sangue e di linee.
Paradossalmente, dopo quella tortura, Antonio mi curò la schiena, mettendomi una pomata, e delle garze.
Mi spezzò la schiena quel giorno come mi aveva spezzato il cuore.
Un pomeriggio mi addormentai, ma poi quando mi svegliai Antonio tornò a casa, e mi disse di prepararmi, perché dovevamo uscire.
Rimasi basita da quella richiesta.
Perché non uscivo da quella casa da settimane.
Arrivammo in una specie di bosco.
Era molto bello.
L'aria era serena e tranquilla.
Sentivo il gorgoglio dell'acqua e il canto dei grilli.
Con il lieve suono del vento che faceva compagnia.
Fu li, che confesso di essere Diego Laèl, e non Antonio Lombardi. Mi raccontò tutta la sua vita. Il suo mondo criminale entrato sin da bambino, i suoi primi omicidi nell'età adulta.
Il suo rifugio in Italia, mi raccontò filo per segno di come uccideva quelle povere ragazze.
Vi confesso, che durante il racconto, vomitai.
Mi sentii tradita, presa in giro e delusa.
Non vi saprei spiegare a parole.
È veramente difficile credetemi.
I giorno continuavano, gli stupri, le violenze anche.
Arrivarono i primi giorni di febbraio quando Annalisa venne a casa di Diego per chiedere di mie notizie. Diego prima che Annalisa fece entrare in casa mia mi legò, e mi tappò la bocca con un nastro adesivo di scotch, mi disse che se avessi anche mugugnato mi avrebbe ucciso all'instante, chiudendomi poi dentro all'armadio.
Annalisa denunciò la mia scomparsa, mentre Diego fece fare dei documenti falsi inerente su una mia malattia. Io non avevo nessuna malattia ne tantomeno ricoverata. Ma bensì ero sequestrata da un serial killer.
Io sentii tutto, e ... quando poi Annalisa pronunciò queste esatte parole "tu mi hai violentato Antonio" mi mancò il respiro.
Aveva violentato anche la mia amica.
Che io ora considero come sorella.
Rimasi scioccata.
Non ci potevo credere.
Volevo piangere e urlare ma non potevo, altrimenti mi avrebbe ammazzato.
Diego inventò una bugia per farmi odiare da Annalisa.
Disse che in realtà ero stata dimessa dall'ospedale e che poi ero tornata in America.
Annalisa credette a quella bugia, e se ne andò.
Successivamente Diego mi liberò completamente ed io mi infuriai con lui, a quel punto lui andò fuori controllo. Mi buttò sul letto, tirò fuori un coltello.
Vidi la morte da un centimetro. Ma non riuscì ad uccidermi.
Forse, ebbe pietà per me.
Beh, fino a che tre giorni a fa, non è venuta la polizia a liberarmi.
Ora racconto tutto.
Dopo qualche giorno, Diego ed io litigammo pesantemente, mi pestò di brutto, forse non ho mai ricevuto così tante brutte botte nella mia vita. Mi legò sul letto, caviglie e polsi.
Per fortuna Diego era via per lavoro, mi mossi, e notai che una traversa del letto era affilata, poiché erano fatte di ferro, così mi mossi velocemente. Mi liberai, presi il telefono attivando la linea telefonica chiamando poi la polizia.
Insomma, questa è la storia.
L'esperienza più brutta della mia vita.
Che non auguro a nessuno.
Ora, parlo a nome di tutte le donne.
Non fatevi mai abbassare la guardia da un uomo.
Non fatevi mai umiliare da uomo.
Perché noi donne, valiamo più delle stelle.
Valiamo più di qualunque cosa al mondo.
Gli uomini senza le donne non sono niente, e non valgono niente senza le donne.
Auguro alle donne che mi sentono nell'aula del tribunale, che questa mia esperienza possa servire da lezione. State attente. Perché a volte dietro ad un viso d'angelo, nasconde il diavolo.
Ma vi prego.
Non perdete mai il vostro valore da un uomo.»

Quelle furono le parole di grazie e con questo chiuse definitivamente la registrazione, Annalisa e Sandie erano commosse, entrambe di scambiarono un tenero abbraccio, piangendo silenziosamente.
«M-Mi dispiace tanto Sandie ...» mormorò Annalisa con il senso di colpa tra il cuore.
Sandie scosse la testa.
«No, è colpa mia, ero innamorata cosa potevo sapere di tutto ciò.» Annalisa e Sandie piansero lievemente stringendosi fortemente tra loro.
«Ti aiuterò, testimonierò al processo perché ti voglio vedere libera, te lo prometto, perché te lo meriti Sandie.» disse la bionda prendendo il viso della ragazza asciugandole le lacrime.
«Oh Annalisa ...» elle si ricongiunsero in un abbraccio, per poi percuotere in un rigoroso silenzio, facendo poi una preghiera alle vittime in cui Diego Laèl aveva fatto fuori ingiustamente.
Perché soltanto loro due, insieme ad donne che avevano subito maltrattanti del genere, sapevano cosa si provava ad essere ingiustamente malmenate da un uomo senza motivo.

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