[CAPITOLO 36]


Beverly Hills, Los Angeles

8 ottobre 1991

Sandie

Dopo quella sera, non dormii per due giorni, facevo fatica a credere a quello che era successo.
Ero stata buttata via dall'uomo che amavo con tutta me stessa.
In quei giorni, non feci nient'altro che pensare ai nostri ricordi più belli, di quando ci eravamo conosciuti, della cena a casa di Klein, di quando mi regalò quel pupazzo a coniglietto mentre stavamo scegliendo i regali per i suoi nipoti, di quando lui mi cercava disperatamente per uno sfogo, o semplicemente per parlare, di quando ci allontanammo per vari mesi, di quando ci chiarimmo perché entrambi non potevamo stare lontani, io avevo bisogno di lui e lui di me.
Di quando lo chiamavo piangendo per Cloe, e poi ... di quando ci baciammo. O per correttezza, io lo baciai.
Ero completamente a pezzi.
Mi sentivo come un giocatolo rovinato.
E Michael mi aveva buttato via proprio come un giocattolo di cui sbarazzarsene.
Ormai, era finita.
Non potevo più tornare da lui.
Non potevo andare da lui per salutarlo un ultima volta, e dirgli addio per sempre.
Ci eravamo detti addio nel modo più brusco di sempre.
Lui, era la grande delusione della mia vita.
Non avrei mai dovuto conoscerlo.
Di essere sua amica.
Sopratutto di innamorarmi perdutamente di lui.
Fu da quando Michael mi rapì il cuore che non ero più la Sandie di una volta.
Ero diventata insicura, e ancora più sensibile di quando immaginassi.

Ero sul divano a guardare la tv, fuori non prometteva niente di buono, il cielo era completamente grigio, e predetti una pioggia torrenziale.
Non avevo voglia di uscire.
Mia sorella il giorno prima era andata da Cheyenne a dormire, quindi papà era venuto a farmi compagnia.
Lui non sapeva niente di Michael.
Non sapeva che ero sua amica.
Non sapeva del mio amore.
Niente di niente. 
Era meglio se non sapeva nulla.
Nemmeno del mio malore.
«Certo che potrebbero inventare un programma più interessanti, invece di questi noiosi talk show.» mormorò mio padre annoiato mentre cliccava il tasto del telecomando.
Io ero completamente distratta.
Guardavo la finestra e le nuvole che si intravedevano su di essa.
Il pomeriggio di quella giornata, dovevo partire per l'Italia, avevo preparato tutto, e questo mi sollevava il morale, poiché quello che era successo con Michael, non lo stavo mandando giù molto facilmente.
«Sandie, mi stai ascoltando?» domandò mio padre facendomi ritornare alla realtà.
«Eh? Scusami stavo pensando a un po' di cose.» risposi io, mio padre mi guardò con aria interrogativa e seria.
«A cosa pensi?»
A Michael.
Colui che mi ha fatto soffrire ...
Non avevo mai affrontato un amore del genere, era molto diverso rispetto alla mia relazione adolescenziale.
Era tutto più maturo e responsabile, ma tossica. Molto tossica.
Tutto era diventato tossico.
Ero sempre tornata da lui, nonostante tutto.
Ma stavolta era diverso.
Perché non sarei mai più tornata da lui.
«Niente di così particolare, un po' a quello che devo fare in Italia, e se tutto va bene per gennaio ritornerò qui, per continuare la mia vita di prima, e dovrò concentrarmi sulla laurea.» mio padre mi guardò con uno sguardo orgoglioso.
«La laurea ...» ripeté.
«Sento che sta avvicinando il momento papà.» mormorai con tono convinto, mi abbracciò tenendomi stretta a se.
Odorai il suo profumo.
Sapeva di muschio bianco.
Il tipico odore maschile.
Non sapeva quello che stavo attraversando.
Quello che stavo digerendo.
E tutto ciò era frustante.
«Non puoi capire come sono orgoglioso di te, e di quanto sia felice per il tuo percorso.
Con le tue capacità, arriverai presto alla strada che tanto desideri.» quando era bello avere un padre che ti dava supporto e tanto amore, egli credeva fortemente nelle mie capacità.
Era così bello sentire un genitore quando si era orgogliosi.
«Hai sentito la mamma?» annuì cambiando espresssione «E che ha detto?» domandai con un tono spaventato.
«Che presto verrà qui, a stare da voi, per ora non ha i soldi per comprare i biglietti per l'aereo, da poco ha perso il lavoro e ne sta cercando un altro. Ma poi abbiamo discusso.» mi spaventò molto questa cosa.
Mamma era capace di fare pazzie.
E se sarebbe tornata in America, mentre ero in Italia, sarebbe successo il finimondo.
E papà stava facendo di tutto pur di coprire me e mia sorella.
«Se mamma dovesse tornare quando non ci sto, farebbe succedere il casino, e dovrò dire addio alla mia esperienza.» mio padre fulminò lo sguardo verso di me con aria seria.
«No, questo non te lo permetterò Sandie.» ma avevo paura lo stesso «Bambina mia, puoi stare tranquilla, non permetterò a tua madre di rovinare la tua esperienza, fidati del tuo papà.» mi avvicinai a lui e mi baciò la fronte,  dicendogli un lieve grazie.
Mia madre era capace di arrivare di Italia, di portarmi via per farsi che non mi accadesse nulla.
Era una donna che aveva subito troppi traumi nella vita.
E il divorzio con papà, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Per distrarmi papà decise di mettere un cartone animato, in quel canale era trasmessa in onda una puntata di Tom & Jerry.
Poco dopo mi tornò il sorriso.
Era uno dei miei cartoni preferiti da bambina.
Lo adoravo.
Era così bello e divertente.
Le scene di cui Tom rincorreva Jerry, ma finiva sempre di farsi male da parte del piccolo topolino, erano quelle piccole cose che mi rendevano felici.
Ridacchiai insieme a papà.
Ma pochi secondi dopo mi squillò il telefono di casa.
«Vado a rispondere, torno subito.» annuì e andai verso il telefono appoggiato su un piccolo mobiletto del salone.
«Pronto?» domandai, sentii solo dei singhiozzi «Pronto?» domandai per capire meglio.
«S-Sandie.» mi pietrificai, era la voce di Dereck, il padre di Cloe.
«Dereck, che cosa è successo? Perché stai piangendo?» domandai con tono allarmato, ma lui continuò a piangere.
«C-Cloe.» pronunciò il suo nome, e subito pensai al peggio.
«Dannazione Dereck, che cosa è successo a Cloe!?» esclamai ancora preoccupata a morte.
«È morta, Cloe è morta Sandie.» pregavo il signore Onnipotente di aver sentito male.
Speravo che le mie orecchie fossero difettate.
Ma non era vero.
Cloe era morta.
Ero immobile.
Mentre le lacrime cominciavano a farsi sentire.
N-non è possibile, Dio mio ti prego.
«Sandie.» mi chiamò col tono preoccupato, ma io attacca, e mi misi subito un giubbino per andare in ospedale.
«Sandie dove vai? Cos'è tutta questa agitazione?» disse papà preoccupato.
«Ti spiegherò più tardi, ma ora devo proprio andare.» dissi correndo fino all'ingresso.
Andai via correndo come un flash fino alla macchina, e fu li, che quando azionai la macchina incominciò a piovere.

Durante il tragitto pregavo il signore che non fosse vero quello che stava succedendo.
Pregavo.
Pregavo in silenzio.
Dovevo andare da lei.
Aveva bisogno di me.
E non potevo starmene con le mani in mano.
Arrivai in ospedale in pochissimi minuti.
Corsi alla sala dove l'avevano ricoverata, e una volta arrivata, trovai Sam, insieme ad altri parenti completamente in lacrime.
Il bambino mi guardò sorpresa al mio arrivo, e corse verso di me abbracciandomi.
«La mia sorellina ... se ne andata, è andata via.» disse piangendo, e fu li, che realizzai tutto.
Lo abbraccia e piansi.
Piansi come non avevo fatto in tutta la mia vita.
Urlavo, e nominavo il suo nome.
Mi sentivo colpevole.
Avevo la colpa di non aver mantenuto la promessa di averla salvata.
Non ci ero riuscita.
Tutti i miei sforzi furono inutili.
Con gentilezza chiesi a Sam dove si trovasse il padre, e mi disse che era dentro alla stanza di Cloe.
Così mi feci coraggio ed entrai.

Vidi una scena di cui rimasi pietrificata.
C'era Dereck, seduto di fronte alla figlia.
Mi avvicinai piano piano.
E vidi Cloe.
Morta.
Il colore della sua pelle era più bianca.
Il colore delle labbra erano gonfie e viola.
E gli occhi marcati di nero, sopratutto nelle occhiaie.
Dereck stringeva fortemente la mano minuta della bambina.
La sua espressione era scioccante.
Era vuota.
E pieno di un dolore indefinibile.
I suoi occhi erano gonfissimi, e il viso completamente bagnato dalle lacrime.
Volevo fare qualcosa. Ma in quel momento mi sentivo così inutile e minuta.
«Non sono stato abbastanza pronto psicologimente a questo enorme lutto per me, e per la mia famiglia.
La mia bambina ... il mio tulipano, il mio sole, la mia principessa, ora è un angelo. Sai questo che significa? Che non la vedrò mai più.
Non potrò vedere il suo sorriso.
Non potrò sentire la sua risata.
Non potrò sentire la sua dolce voce.
Non potrò sentire i suoi racconti buffi.
Non potrò vedere colei che mi dava luce nella vita insieme a Sam.
Ed ora? Come mi dovrei sentire? Dimmelo Sandie.
Mi sento morto, insieme a lei.
Si è portata via il mio cuore.
È morta pochi minuti fa.
Con un arresto cardiaco.
Oggi è stata male, le faceva male il petto e si lamentava, le sue ultime parole furono "Papà, non voglio più stare male, non c'è la faccio più."
Pochi minuti dopo si è sentita male, i medici l'hanno portata nella sala accanto, e non c'è stato più niente da fare.
Sono distrutto.
Sono a pezzi.
Ma almeno ... non potrò più vederla soffrire.
Questa, è l'unica nota positiva di questo terribile lutto.» al suo racconto, io e Dereck piangemmo dalla disperazione.
Ci abbracciamo e vidi la mia piccola Cloe distesa sul lettino, senza vita.
Più la guardavo.
Più lo strazio aumentava.
Andai da lei, le toccai la manina ed era gelida come il ghiaccio.
«Perdonami piccola, non sono riuscita a mantenere la promessa. Ma spero che tu ora sia felice e serena. Riposa in pace piccolo angelo.» le diedi un bacio sulla fronte e piansi di nuovo.
Ero arrabbiata.
Ero disperata.
Ero soppressa.
Non potevo tornare in Italia quel giorno.
Sarei partita il giorno.
Dopo i funerali.
Non potei dimenticare quel giorno.
Il giorno in cui morì Cloe.
Mi segno il cuore. 
Insieme a quello dei suoi familiari.






Il giorno dopo

Ore 11.24 a.m






«Miei adorati fratelli, oggi siamo qui riuniti, per dare l'ultimo saluto alla piccola Cloe Anne Halsen.» io ero seduta in prima fila, vicino Dereck con il lutto nel suo corpo.
Gli stavo vicino, gli accarezzavo la spalla e tenevo stretta la mano di Sam, che a stento riusciva a guardare la bara della sorellina.
La bara era bianca.
Il colore preferito di Cloe.
Allestita con grandi mazzi di fiori, con su scritto il suo nome.
Vedere quella bara, pensando che dentro c'era lei. Mi distruggeva.
Ma non quanto lo faceva distruggere il padre.
Egli non smetteva di piangere.
Nonostante provasse a stare in silenzio in quel momento, non riusciva.
Infondo, le era morta una figlia, una bambina di cinque anni e mezzo.
Di cui, aveva ancora tanto da dare in questo mondo.
«Ora, chiediamo perdono, per i nostri peccati.» tutti si riunirono in un silenzio tombale dopo le parole del prete, io restai in silenzio, Dereck resto in silenzio, Sam restò in silenzio.
Tutti restarono in silenzio.
Per cosa dovevo chiedere perdono?
A non essere riuscita a salvarla.
Di non essere riuscita in tempo a trovare una cura.
Nonostante le parole dei medici per la loro impotenza di guarigione di Cloe.
Non mi diedi per vinta.
Fui tenace e testarda, promisi a me stessa di riuscire a trovare un modo per curare quella bambina dal sorriso luminoso.
Le ricerche furono inutili.
E non ci riuscii.
Così chiesi perdono a Dio, per non essere riuscita a mantenere la mia promessa.
«Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, per i nostri peccati, e ci conduca alla vita eterna.»
«Amen.» rispondemmo in coro.
«Preghiamo, Dio padre onnipotente, la nostra fede confessa che il tuo figlio è morto ed è risolto. Per questo mistero concedi alla nostra piccola sorella Cloe, che si è addormentata in Cristo, la gioia di risorgere per mezzo di lui.
Egli è Dio, e regnerà con te, nell'unità dello spirito santo. Per tutti secoli dei secoli.»
«Amen.» ripetemmo.
Era tutto così difficile da digerire.
Speravo con tutto il cuore che questo momento arrivasse più avanti, non così presto.
Avevo gli occhi gonfi, e molto rossi.
Nonostante conoscevo la piccola da pochi mesi, per me era una piccola creatura del signore che voleva solamente vivere.
Divenne importante per me in pochissimo tempo.
Perché non poteva capitare a me quella malattia?
Perché far morire una bambina così piccola?
E perché farla soffrire?
Tutto ciò mi creava un malore interiore davvero insopportabile.
Era tutto così nuovo per me.
Non avevo mai provato un lutto.
Una perdita del genere.
Quando muore una persona che volevi bene e che ti era cara.
Era un dolore lancinante.
Sopratutto se era una bambina di cinque anni e mezzo.
Una donna sulla quarantina Anna, la sorella di Dereck, andò verso per leggio, per leggere una lettera.
«Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli, la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato.
Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.
Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione.»
"La speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito santo che ci è stato dato."
Quella frase mi si stampò in testa, perché era tutto così vero.
La speranza.
Anche se in quel momento la sperava mi aveva abbandonato.
E mi sentivo colpevole.
Mi sentivo così piccola.
Così impotente.
Che mi stavo uccidendo da sola.
Mentre il prete stava recintando un altro salmo, la mano di Dereck si fece più fredda, lo guardai, sudava, ed era pallido.
«Dereck.» lo chiamai.
«Papà.» chiamò il piccolo Sam.
Ma lui non stava bene.
E avevo il terrore che lui stesse per svenire.
«Sam, tu sta qui. Porto tuo padre a prendere un po' d'aria.» annuì e lo portai fuori.
Per fortuna davanti alla chiesa stava una panchina di legno, lo feci stendere e stetti di fronte a lei.
«Dereck, cerca di respirare e ispirare con calma.» ma mi sentivo così inutile davanti a un dolore di un genitore.
E vedere Dereck in quelle condizioni mi faceva male.
Tanto male.
«S-sai qual è la cosa più brutta della morte?» mi domandò tra l'affanno.
«Sapere che tu non potrai vedere più quella persona. La sua vita si interrompe e non potrà più tornare indietro. Cloe mi ha sempre detto che vorrebbe diventare un angelo, e volare nel cielo insieme alle fate. Per continuare a vivere. Il suo desiderio era quello di essere libera, e ora, ha spiccato il volo.
La mia bambina.
Il mio tulipiano.
Oh Sandie, in questo momento vorrei tanto buttarmi giù da un ponte e seguirla per non lasciare sola. Ma non posso, perché per fortuna ho Sam, ho un altro figlio a cui badare. Se non avessi Sam, fidati cara Sandie, che a quest'ora sarei dentro ad una bara.
Ti auguro con tutto il cuore di non provare un lutto del genere.
Perdere un figlio.
Perdi te stesso.
Io l'ho creata, io ho messo il seme dentro alla pancia della sua mamma per farsi di donarle la vita.
Lei è nata, e mi ricordo che era una bambina così bella, che pensai che fosse una creatura nata dai fiori.
L'ho sempre considerata il mio piccolo tulipano.
Lei era il tulipano.
E lo sarà per sempre.
Oh Sandie, quanto vorrei vederla tra le mie braccia e ripeterle di quanto io la amo, dirle che il suo papà c'è sempre, che la ama incondizionatamente, che è la mia principessa, che è la mia bambina.
Ma non posso più farlo, non posso più farlo capisci!?
NON POSSO PIÙ VEDERE LA MIA BAMBINA! NON LA VEDRÒ MAI PIÙ! PERCHÉ!? PERCHÉ LEI O SIGNORE ONNIPOTENTE!? PERCHÉ NON AVETE PRESO IL MIO POSTO!? IO SONO IL PADRE E COME TALE I FIGLI DEVONO SEPPELIRE I GENITORI! NON UN GENITORE CHE DEVE SEPPELIRE UN FIGLIO!»
«Dereck-»
«Non voglio seppellire la mia bambina! Non voglio che il suo corpicino venga coperto dalla terra! Oh signore mio!» urlò a squarciagola e cominciò a piangere urlando dal dolore.
Lo abbracciai stringendolo tra le mie braccia.
Ma cos'altro potevo fare? Se non consolare un povero uomo completamente disperato per la morte della figlia?
Sapevo che non bastava.
Era un dolore enorme.
Si era creato in lui un buco nero nel cuore, e non sarebbe stato facile per lui, convivere assieme al buco, in modo tale che solo con il tempo avrebbe cancellato il dolore e che sarebbe diventato un ricordo pieno di dolore.
Gli presi il viso, e gli asciugai le lacrime con i pollici, per guardarlo dritto negli occhi.
Nel silenzio, cacciai le lacrime, divenendo così il mio volto, una cascata di acqua salata.
«È dura, è difficile da accettare, sopratutto se perdi un figlio. Ma Cloe non è morta, lei vive dentro di te, vive nel tuo cuore.
Ricordati che l'anima di una persona vive per l'eternità. Tu non vedrai tua figlia fisicamente, ma la potrai sempre vedere nei tuoi sogni.
Adesso arriva il periodo in cui non smetterai di sognarla, di piangere tutti i giorni. Di cercarla disperatamente. Ma vedrai che il tempo guarisce le ferite più dolorose, ma in questo caso, non ti rimane che altro una cicatrice. In cui spesso sentirai il fastidio.
La vita è fatta cosi.
E non doveva capitare a Cloe.
Lei vive dentro di te.
Nei cuori delle persone che ama.
Compresa me stessa.
Io non potrò mai dimenticare tua figlia.
Mai.
Lei resterà un segno nella mia vita.
Un segno che custodirò nel mio cuore per sempre.
Ma tu devi vivere.
Devi reagire Dereck.
So, che non è facile.
Ma ti grazie al signore hai un altro figlio.
Fallo per lui.
Sam ha bisogno di te.
Perché anche lui in questo momento, sta soffrendo per la sua sorellina.
Stagli vicino.
Dille che la sua sorellina è dentro al suo cuoricino.
E che è sempre con lui per guidarlo nei momenti più difficili.
Che ora è diventata un angelo.
Il mio angelo.
Il tuo angelo Dereck.
Perciò, fallo per Sam.» spiegai con il cuore in gola, e con la voce frammentata dalla tristezza.
Dereck mi guardò con la bocca leggermente aperta, riflettendo su quello che avevo detto.
Subito dopo, mi abbracciò con affetto, stringendomi forte a se per cercare sostegno, e lo ricambiai.
Piangemmo insieme.
Senza dire una parole.
E affrontare questo dolore così pesante.
«Sei una ragazza fantastica Sandie, tu si che sei una ragazza con i fiocchi, che Dio ti benedica. Che Dio ti benedica sempre Sandie.» disse tra le lacrime.
«Che Dio benedica te e Sam, Dereck.» piangemmo ancora.
Nello strazio immaginabile.
Oh Cloe.
Piccola mia.
Perdonami.
Perdonami se non sono riuscita a mantenere la mia promessa.
Spero che mi perdonerai.
Perdonami ti prego.
Perdonami.






[...]

Los Angeles National Cemetery






Finita la messa funebre, ci dirigemmo verso il cimitero, per seppellire Cloe e darle definitavemete l'ultimo saluto.
Guardai per un ultimo instante la piccola bara bianca, avevo in mano un mazzo di tulipani, e decisi mettere un tulipano sopra alla bara.
Ricordai perfettamente il giorno in cui la andai a trovare per l'ultima volta.
Era prima della partenza dell'Italia.
Due giorni prima, la andai a trovai, e mentre stavamo parlando, lei mi disse queste esatte parole.
"Stellina, quando morirò vorrei avere un tulipano sopra alla mia bara, e la tua collana che porti al collo. Così mi ricorderò per sempre di te, anche se è impossibile dimenticare un'amica come te."
Toccai la collana.
Ed era la collana che mi regalò Michael per Natale l'anno precedente.
Per amor suo.
Decisi di togliere la collana e di appoggiare anch'essa sulla bara.
Per te, piccolo tulipano.
Non potevo tenere quella collana.
Ormai non più.
«Cloe Anne Halsen, che tu possa trovare la pace nel regno del signore.» disse il prete facendo il segno della croce, aveva un piccolo libro liturgico in mano mentre vedevo Dereck e sua sorella, che mettevano la bara dentro alla buca che era stata preparata prima del nostro arrivo.
Vedevo il viso dei quei fratelli.
Profondamente strazianti di dover seppellire quella bambina.
Era una scena che non avrei mai più dimenticato.
Vedevo la fatica fisica ed emotiva di Dereck mentre appoggiava la piccola bara dentro a quella buca.
Vidi il prete fare un altro segno della croce e pregare un Ave Maria, e un Padre Nostro più di una volta.
Fu così, che i custodi del cimitero, cominciarono a coprire la bara bianca di terreno per chiudere la buca.
Pian pian, vedevo che quella bambina, scompariva di più.
Ma non dal mio cuore.

Piansi in silenzio.
Ma Sam non riuscì a contenersi, mi abbracciò accogliendomi in un pianto doloroso.
«Voglio la mia sorellina, la mia sorellina.»
Oh signore mio ...
Lo presi in braccio e piansi insieme a lui.
Vedendo poi che la bara era quasi sparita.

Era coperta.
Ormai era finita.
Non c'era più.
Aveva spiccato il volo.
Addio, piccola Vloe.
Vola. Vola spensierata.
Che tu possa essere felice in Paradiso.
Era fatta.
«Hanno finito?» domandò Sam tra le lacrime ed io risposi un lieve si.
Lo feci scendere, e il bambino prese a un mazzo dello zio, una piccola rosa.
Appoggiandola poi di fronte alla tomba, e sulla lapide c'era scritto:
Qui giace in pace Cloe Anne Halsen.
Nascita 20 aprile 1986 - Morte 8 Ottobre 1991
Cloe ...
Sentii i pianti dei familiari dietro di me, quando poi sentii una presenza.
Una strana presenza venire verso sinistra.
Mi girai ed era Michael.
Venuto con la sua estrema eleganza, vestito di nero, con un mazzo di fiori.
Era l'ultima persona che volevo vedere.
Distolsi immediatamente lo sguardo.
E sentivo Michael andare verso Dereck.
«Condoglianze, sono profondamente addolorato. Cloe era una bambina stupenda, la ricorderò con il sorriso, e spero di averla resa felice quella giornata a Neverland.» disse con tono pieno di dispiacere.
«Oh come l'avete resa felice Mr Jackson, e dopo la vostra visita le sue condizioni migliorarono, ma poco dopo peggiorarono tanto. La ringrazio dal profondo del mio cuore per quello che ha fatto per mia figlia. Lei è una persona di buon cuore, un animo straordinario. Che Dio la benedica.» con la coda d'occhio vidi i due che si abbracciarono, Dereck singhiozzò e Michael gli dette delle leggere pacche sulla spalla in segno di consolazione.
Io lo ignoravo.
Come se lui non esistesse.
E lo stesso fece con me.
Appoggiai di fronte alla lapide un altro tulipano.
Ma d'improvviso la vista mi si offuscò.
Mi sentivo come se mi stessero abbandonando le forze.
Sentivo che le mie energie stavano calando.
Salii con fatica e mi appoggiai alla lapide.
Chiusi gli occhi, e poi il buio.

Mi svegliai e mi trovavo ancora al cimitero.
Sarò morta anch'io? Sono in paradiso?
Sentivo una mano che mi accarezzava la testa con molta delicatezza e dolcezza.
Guardai in su, ed era Michael.
Con un espressione molto preoccupata.
«Come ti senti? Stai meglio?»
Oh no, ma perché? Non dovevamo non vederci più? Dannazione.
Non mi andava di affrontare di nuovo quel ragazzo.
Infondo, mi aveva buttata via da lui.
Dalla sua vita.
Per colpa del suo egoismo.
E in quel momento mi trovavo davanti una delle persone più contraddittorie che abbia mai conosciuto.
E dall'uomo che amavo follemente.
«Sto bene grazie.» dissi alzandomi in piedi, vidi la tomba di Cloe e non c'era nessuno, erano andati tutti quanti via.
«Sono andati via, Dereck mi ha detto di ringraziarti della tua presenza al funerale.» annuii incapace di proferire parola.
«Dopo lo telefono, quando torno a casa.» ci fu il silenzio.
Nessuno osò dire niente.
Entrambi avevano una forte serietà, formando un'atmosfera glaciale.
Era tutto così stressante.
«Quando tornerai in Italia?» domandò lui interessato.
«Tra due ore.» annuì e guardò da un'altra parte.
«Sandie.» mi chiamò, ma non voltai per guardarlo «Sandie.» mi chiamò ancora.
Sta zitto.
«Sandie, guardami quando ti parlo.» mi girai con un'espressione forte di rabbia.
«Ora che vuoi? Non ti basta di avermi buttato via? Ora che pensi di fare? Di abbracciarmi? E dirmi che ti mancherò? Sei la persona più contraddittoria che esista sul pianeta. Lasciami in pace Michael, mi hai fatto soffrire abbastanza ed è meglio chiuderla qui.» non mi fece finire il discorso che subito venni travolta dalle sue braccia.
Mi teneva stretta a se.
Mi stava quasi per soffocare.
Lui ...
Lui voleva semplicemente dare un ultimo saluto.
A me.
Sapendo che non mi avrebbe più visto.
Ne sentita.
Mi si spezzò il cuore.
Perché infondo, ero innamorata di lui.
«So che adesso mi odi, ma un giorno spero ti possa capire le mie ragioni. L'ho fatto per te, ed è giusto così. Ma ora sapendo che ti ho fatto stare male, mi viene voglia di urlare al mondo intero di quanto io sia un coglione. Perdonami Sandie, spero che tu un giorno mi possa perdonare. Io ...» si interruppe, non disse più nulla, aveva finito le parole.
Ed era giusto così.
Mi pentii di aver detto quelle parole.
Mi risi conto che la colpa, era di entrambi, non singola.
Entrambi avevamo gestito male tutta questa situazione ed era finita nel peggiore del modi.
Mi diede un bacio sulla fronte, guardandomi intensamente negli occhi.
Lo guardai con occhi a cuore, per l'ultima volta.
Non avrei mai più visto quegli occhi genuini e dolci.
Perciò approfittai il momento.
«Sii felice Sandie.» non risposi e se ne andò.

Ero rimasta da sola insieme al mio dolore.
Che adesso era diventato un doppio dolore.
Il dolore di aver perso una bambina che consideravo una piccola amica, nella quale avevo promesso di averla salvata.
Ma invano.
Ed era morta.
Il dolore di aver perso l'uomo che amavo, di cui ero follemente innamorata, di cui ero disposta a dare la vita per lui.
Ma mi aveva cacciato via come un estraneo.
E non sapevo in quel momento.
Se era peggio la morte di una persona a cui ero affezionata, oppure essere stata rifiutata in modo brusco dall'uomo che amavo.
Non lo sapevo.
Ma in quel momento ero consapevole, che entrambi erano dolori molto forti e strazianti.
Che facevano male.
E dovevo andare avanti.
Contro la mia volontà.

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