𝐏ʀᴏʟᴏɢᴏ|᪥ Kᴀɪʀᴏ́s ᪥

𝐓𝐈𝐌𝐄 𝐂𝐑𝐀𝐒𝐇𝐄𝐑;; ΚΡΌΝΟΥ ΑΓΏΝ
𝐂𝗁𝖺𝗉𝗍𝖾𝗋 0001.- ( 𝖪𝖺𝗂𝗋𝗈́𝗌 )

Quando aveva iniziato a cercarlo, Thanatos non aveva nemmeno considerato la possibilità che si stesse crogiolando nella comoda vita dell'Olimpo; come avrebbe potuto giovare di una divinità tale un luogo del genere? Lui amava stare tra gli esseri umani, pochissimi dei quali rammentavano anche solo il suo nome. Era un Dio semi-sconosciuto, vagante e sfuggente poiché sempre al centro di due elementi: l'azione ed il tempo, la competenza e la possibilità, il generale e l'individuale. Agli Dèi Olimpici non era di alcuna utilità un "tempo nel mezzo". Gli esseri umani invece non avevano mai smesso di sgomitare e riempirsi la bocca di tante belle parole o proverbi sulla così chiamata Fortuna; l'obiettivo di Thanatos poteva non essere il più rinomato tra gli Dèi, ma in quanto tale non era di certo immune dalla necessità di essere acclamato e venerato. Per questo, aveva avuto motivo di stupirsi quando lo trovò, sperso in una qualche parte del mondo, nel mezzo delle creature mortali. Logicamente, Thanatos era l'unico in quella particolare strada di città che lo potesse vedere. Un luogo inusuale, si disse: un grande incrocio grigio, con cemento grigio, palazzi grigi, persone vestite di grigio, aria grigia, poche luci di semaforo tanto luminose da essere accecanti e persone che andavano e venivano, a condurre una vita grigia.

«Fatico a credere che gli uomini siano davvero convinti di star vivendo una vita più "colorata e aperta di possibilità", con l'abbandono del nostro culto» iniziò, atono, a parlare, con gli occhi azzurro ghiaccio che scrutavano uno dei paesaggi più tristi che avesse mai visto. L'altro lo fissò. Non lo vedeva da molti, molti secoli. Occhi verdi e scheggiosi, lunghi capelli biondi, volto affilato e pungente, corporatura gracile, ali eteree chiuse dietro alla schiena. «Del loro culto, vorrai dire. A nessuno è mai interessato di noi» Non si era nemmeno voltato per vedere il suo lontano fratello, chiedersi come fosse ora, di aspetto o di mentalità. Lo sguardo del Dio restava fisso sulla banca dall'altro lato della strada e rimase in silenzio per lunghi secondi. «Come mi hai trovato?» decise solo allora di voltarsi e di guardare Thanatos negli occhi mentre gli poneva quella domanda. Come al solito, lui non era cambiato minimamente. Stessi identici capelli neri, stessa pelle cadaverica, stessa altezza spaventosa, stesso sguardo costantemente furibondo, stessi occhi spenti, stessa identica tunica nera come la pece. «Mi sono limitato a seguire la scia di morte che trascini con te, Kairòs»

L'accento che mise sul suo nome fece fare all'altro una smorfia di fastidio e scontento, motivo per cui interruppe quello scambio di sguardi e si fissò come offeso sul suo obiettivo precedente. «Effettivamente, ci sono delle anime che dovrai portare negli Inferi qui, oggi, o almeno, ci saranno fra poco» ribatté, secco, come se con quella sola frase sperasse di interrompere la conversazione. «Non avevo dubbi» soffiò Thanatos, affiancandolo sul marciapiede. Dal leggero spostamento di lato che Kairòs fece, capì che non fu un gesto apprezzato. Si concentrò anche lui sulla scena che l'altro stava fissando con così tanta attenzione. Nella monotonia di uno scenario così triste come la città industriale, riconobbe solo un elemento statico: una macchina ferma sul cipiglio della strada da ancora prima che lui arrivasse. Dentro erano stipate persone che lo sguardo del Dio della Morte identificava come estremamente nervosi, impazienti, agitati «Cosa stanno aspettando?» domandò, con un'espressione tale che pareva non interessargli davvero. Effettivamente, era così. Lui doveva solo prendere delle anime, poco importava di chi fossero. «Stanno aspettando il momento opportuno» fu la acida riposta di Kairòs.

Thanatos stava per ribattere con la tristezza della battuta del cugino, ma poco dopo una delle macchine non rispettò l'incrocio e andò a scontrarsi con un'altra, frontalmente. L'impatto fu tale da spostare entrambi i veicoli da metri nel punto di collisione; il motore di una delle due esplose. Mentre macchine si fermavano, le persone scendevano, urlavano, facevano video e chiamavano chi di dovere, gli uomini prima individuati saltarono fuori dalla loro automobile e si scaraventarono silenziosamente nella banca chiusa. Thanatos dubitava avrebbero passato tanto tempo con il loro bottino prima di esser presi, ma nessuno si sarebbe per parecchio occupato di una banca chiusa se qualche metro in là un veicolo con una famiglia al suo interno era in fiamme. «Una grande attuazione del tuo potere, davvero» ringhiò sarcasticamente la personificazione della morte «Adesso, dopo questa bella scenetta, credi che faranno una statua a Kairòs, il dio del momento opportuno e del tempo qualitativo? Credi di aver fatto qualcosa di utile?» una parte di lui, lo diceva solo per fastidio. Più anime da portare agli Inferi voleva dire più lavoro, ma Thanatos aveva anche un cuore, in uno strano e sconosciuto modo, e non gli piaceva trascinare via anime di bambini. «Il momento opportuno arriva per tutti, anche per i cattivi, Thanatos, tu più di tutti dovresti saperlo. E se sei venuto qui da me, significa che hai bisogno del mio potere ed intervento»

Thanatos andrò dritto al punto; stavolta, fu lui a non volerlo fissare negli occhi. Kairòs aveva la sua età, ma era ancora un bambino offeso in cerca del compiacimento di umani e Dèi. «Sì, voglio che Hypnos venga fermato» avvertì i muscoli del cugino irrigidirsi, evidentemente, aveva attirato la sua attenzione, dopotutto. «Tuo fratello ha mostrato al ragazzo come sarà il futuro, però, si è messo in svantaggio» Thanatos accennò una risata lunga un istante, amara e derisoria. Dèi, pur essendo il Dio del momento opportuno, era veramente sciocco starlo a sentire. «Sia tu che io sappiamo benissimo che un umano non avrebbe speranze contro Hypnos nemmeno se potesse vedere e rivedere il futuro centinaia di volte» come in un botta e risposta, fu Kairòs stavolta a ridere di lui. «Peccato che tu, Thanatos, abbia bisogno del mio aiuto solo per un attimo, e poi lascerai tutto il resto a degli umani, no? Cosa ti farà pensare che sarà diverso dal futuro che tuo fratello ha immaginato?» il tono con cui gli parlò, come se fosse una persona estremamente intelligente che cercava di spiegare ad una eccessivamente stupida un concetto troppo banale, fece infuriare il Dio della Morte, ma Thanatos si impose di calmarsi. «Moltissime, cugino» lo provocò «Innanzitutto, quello che Hypnos ha mostrato al ragazzo era un sogno modellato apposta per ferire Amadrien. Sogno e realtà sono cose diverse. Seconda cosa, quei ragazzi ancora non esistevano ed erano guidato dall'aiuto di Amadrien, un essere umano, ma stavolta saranno guidati da me e non potranno fallire»

«Tu non li guiderai, tu aprirai solo loro una porta, poi se aprirla o meno lo, decideranno comunque loro, sbaglio?»
«Sì sbagli, non li lascerò certo scoperti»
«Nemmeno tuo fratello resterà a lungo scoperto, Thanatos. Siete gemelli, ragionate comunque allo stesso modo» la personificazione della morte strinse con forza le mani dietro alla schiena. «Io? Pensare come lui? Non potrei essere insultato in modo peggiore da un ragazzino che in guerra si limitava solo a trovare il momento opportuno per farla scoppiare e poi si nascondeva dietro le gonne di sua madre, senza nemmeno vedere un combattimento dal vivo» fece lenti e lunghi passi per porsi davanti a lui e ridurre al minimo le distanze. Le palpebre di Thanatos si abbassarono rapidamente, divenendo saette. «Evita di fare il maestro con me e limitati a dirmi quando sarà per me meglio agire, Kairòs» L'offesa negli occhi dell'altro era evidente, ma non indietreggiò di un passo; sarebbe stata una vergogna, mostrarsi spaventato davanti al Dio della Morte. Tutto attorno a loro, le persone continuavano ad urlare. «Lo farò» soffiò, colmo di risentimento. «Ma come ti ho detto... il momento opportuno viene per tutti, e verrà anche per tuo fratello» Thanatos alzò un sopracciglio, lo scrutò dall'alto verso il basso, poi iniziò a camminare nella direzione opposta, lentamente, verso l'incrocio. «Puoi anche rivelargli tutto il piano, se desideri, io non fallirò»

«Non pensavo che ti stessero così a cuore le vite di quei ragazzi mortali, tanto da volerle salvare e metterti contro il tuo stesso sangue» Kairòs vedeva tutto ciò come improponibile. Una progenie divina, ostacolata da degli esseri umani, in un periodo dove in loro nessuno credeva più. «Chi ti ha detto che mi interessi salvare le loro vite? O soprattutto, chi mai avrebbe detto che ad iniziare tutto questo sono stati dei ragazzi mortali?» Thanatos gli pose quei quesiti con immenso sarcasmo e saccenza, già conscio della risposta; «E perché mai non dovrebbe essere così?»
«Perché altrimenti sarebbe stato tutto decisamente più semplice... e adesso perdonami, ma ti chiederei di limitarti a modellare il tempo come tu sai fare» Thanatos camminò sul cemento, sentiva sotto i suoi piedi il freddo del materiale scaldarsi mentre si avvicinava al luogo di interesse. Passò attraverso a molte persone accalcate, come se fosse trasparente; tutte loro vennero attraversate da un brivido freddo che percorse la loro schiena, il loro cuore iniziò a battere rapido e si insediò in ognuno il terrore di essere i prossimi.

Si diresse verso il veicolo in fiamme, dal quale si alzava un acre odore di corpi carbonizzati, metallo fuso e gas tossico. Superò la portiera, come se lui fosse fatto di aria, e osservò senza compassione quegli scheletri nerastri e polverosi da cui si staccavano gli ultimi pezzi di carne ed organi ancora non bruciati dal fuoco. Morte dolorosa, immeritata, pensò. La sua mano attraversò la zona che prima corrispondeva al petto di ognuno dei quattro corpi e uscirono quattro sfere luminose, che nelle sua mani divennero delle biglie. «Adesso, se non ti dispiace...» soffiò, truce. Tanto sapeva benissimo che Kairòs poteva sentirlo. Dall'altro lato della strada grigia, il gruppo di malfattori aveva finito il suo lavoro e stava tornando alla sua macchina. Magari fosse esplosa quella, pensò di nuovo. «Ho una madre, un padre e due gemelli di quattro anni da portare al Campo degli Asfodeli, grazie a te» rimarcò con disgusto l'età dei due piccoli, poi ali di cervo si aprirono sulle sue spalle e Thanatos spiccò il volo verso il cielo, per poi lasciarsi cadere e sprofondare nell'asfalto. Appena solo, Kairòs ebbe il tempo di riflettere su tutto quel mare di informazioni che Thanatos gli aveva fornito e giunse finalmente alla risposta di tutte quelle domande che gli aveva posto, sarcastiche o serie che fossero.

Sorrise amaramente, una volta certo che la personificazione della morte non tornasse. «Questo è il motivo per cui odio gli Dèi come voi» soffiò, colmo di disgusto. «Tante parole di bontà sulla morale, sulla vita umana...Pensate veramente allo stesso identico modo, alla fine» Kairòs incrociò poi le braccia al petto, come se fosse altamente scocciato dal risvolto degli eventi. Dietro di lui, percepì l'aria spostarsi. «Sei in ritardo, tuo fratello se n'è già andato via da un pezzo» si guardò le spalle, solo per vedere l'esatta copia di Thanatos, solo con capelli biondo acceso e un sorriso degno di Hermes disegnato sul viso. «E immagino che sarai venuto anche tu a chiedere la stessa cosa... e immagino con le stesse identiche motivazioni» gongolò, aprendo entrambe le mani verso i lati.
«Touché» rispose scherzosamente l'altro. Kairòs sospirò esasperato. Erano intrattabili, ma almeno sapeva che si sarebbe divertito. «Siete proprio uguali, voi due, alla fine. Fate tanti bei discorsi ma in realtà... nessuno di voi due ha intenzione di fare davvero sopravvivere qualcuno di quelli di cui parlate, o sbaglio? Nemmeno Thanatos, che sembra così tanto tenere ai ragazzi, giusto? Quindi che io aiuti solo uno di voi o entrambi, non cambierebbe nulla, giusto?» Hypnos sorrise di nuovo, mellifluo, in un modo che aveva qualcosa di inquietante. Aveva una faccia da schiaffi, a detta di Kairòs, ma almeno era più semplice parlarci. Hypnos ci mise parecchio a rispondere: «Touché».

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