𝚇𝚇𝙸.𝙸𝙸
Ciò che noi facciamo non viene mai capito, ma soltanto lodato o biasimato. Questa è la virtù umana, questa è la follia umana.
Friedrich Nietzsche
𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇𝚇𝙸
Parte II
Finalmente si è fatto quella maledetta doccia.
Sarebbe stata anche piacevole, se non fosse stato per il costante peso che gravava sulle sue spalle. È stato come cercare di lavare via il sangue dalle sue stesse mani, di annegare il senso di colpa. Non ha funzionato.
Non ha funzionato e ora si trova in piedi nel bagno di Jeongguk, riuscendo a malapena a guardarsi allo specchio. Dovrebbe riuscire a guardarsi; in fondo, è pur sempre lui. Chi diavolo è che non sopporta il proprio riflesso? Persino gli assassini riescono a tollerarlo, addirittura a goderne.
Il punto è che Taehyung non è un assassino.
Sembra assurdo, vero? Come può non essere un assassino, se finora ha lasciato morire quattro persone? Tre, considerando che non è riuscito a evitare la morte di Janice.
Eppure...
Non è mai stato un santo, non ha mai preteso di esserlo, ma diventare un assassino non è mai stato nei suoi piani.
Hai già ucciso in passato.
Ah, sì, l'ha fatto. L'ha fatto e non se ne pente. Ma non era la stessa cosa. Non avrebbe potuto fare altrimenti, giusto? Quell'uomo aveva sparato ad Amber, la luce dei suoi occhi, proprio davanti a lui. È stata legittima difesa, e forse anche un po' una vendetta, ma di sicuro ha agito per difendersi, prima di tutto. Due proiettili in testa a quel bastardo, rapidi e precisi. Ha avuto incubi per mesi su Amber, su quello che lui aveva fatto. Eppure, rifarebbe tutto da capo.
Non è la stessa cosa, ma Taehyung non si guarda allo specchio, si asciuga velocemente i capelli con l'asciugamano e poi indossa i vestiti che ha portato con sé. Sembrerebbe un maledetto pigiama party se avesse dieci anni di meno e se le circostanze fossero molto diverse. Taehyung non sa cosa sia e non è sicuro di volerlo sapere. Ne resterà all'oscuro, per il suo bene e per quello di Jeongguk. Pensarci troppo non servirebbe a nulla, hanno cose migliori su cui concentrarsi, o almeno più importanti. Un'autentica questione di vita o di morte, purtroppo.
Non dovrebbe essere qui, ma ormai è troppo tardi. Non può scappare questa volta... beh, potrebbe, ma hanno lasciato la macchina vicino alla stazione e lui non vuole congelare là fuori. Stasera si è già sacrificato abbastanza. Una volta aperta la porta, i piedi di Taehyung incontrano il marmo freddo- chi è l'architetto, a proposito? Taehyung vorrebbe solo fare una bella chiacchierata con lui. Si avvicina al divano e trova Jeongguk seduto, con il telefono in mano. Lo mette via non appena sente il divano sprofondare sotto il corpo di Taehyung.
«Ti senti meglio?»
«No, ma almeno l'acqua era calda.»
Jeongguk si gira un po' per guardare meglio Taehyung.
«Non fai la doccia con l'acqua calda?»
Taehyung non ha la forza di inarcare le sopracciglia, ma il pensiero c'è.
«Solo quando funziona.»
Taehyung è troppo pigro per aggiustare la caldaia, ma ha vissuto dei periodi in cui veramente non aveva accesso all'acqua calda. Bei tempi.
«Beh, qui funziona sempre, quindi se—»
«Non verrò a casa tua per fare la doccia. Mai e poi mai, capito?»
Jeongguk si passa una mano tra i capelli umidi e sospira.
«Finché hai un buon odore, non tirerò più fuori l'argomento.»
«Avrò sempre un odore migliore del tuo, non preoccuparti.»
Jeongguk ride così flebilmente che Taehyung non l'avrebbe sentito se non fosse stato accanto a lui. C'è un silenzio che li porta a godersi quel comodo divano, con le schiene rilassate e le gambe grate di poter finalmente riposare.
Quel divano non dovrebbe essere così confortevole.
Quel divano non dovrebbe ricordargli una certa notte.
Eppure, lo fa.
Dovrebbe affrontare il problema o accettare la cosa e farsene una ragione?
Ah, divertente. Come se ci fosse qualcosa da affrontare. Non c'è un bel niente. È stata una cosa di una volta, no? È meglio così per entrambi.
Eppure, Taehyung ha fallito. Di nuovo. A dire il vero, sta fallendo praticamente in ogni ambito della sua vita, quindi quale sarebbe la novità, mh? Quale?
Oh, già.
Avrebbe preferito morire piuttosto che chiamare Jeongguk partner, ma a un certo punto l'ha fatto.
Avrebbe preferito morire piuttosto che ammettere la sua attrazione per Jeongguk, ma a un certo punto l'ha fatto.
Avrebbe preferito morire piuttosto che andare a letto con Jeongguk, ma quello che è successo in questa precisa stanza racconta una storia completamente diversa.
Per l'amor di Dio, cosa accadrà adesso?
Prega che la risposta sia nulla, ma allo stesso tempo...
Non importa.
«Sono felice che tu sia qui.»
La voce di Jeongguk non dovrebbe essere così dolce, non dovrebbe assomigliare a una brezza delicata in piena estate, a un focolare in pieno inverno.
La stanchezza deve aver alterato l'udito di Taehyung, ecco tutto. Non può essere altrimenti. La sua voce non può essere così rassicurante.
«Non dovresti dire queste cose.»
Altrimenti cosa? Non è che Taehyung si innamorerebbe di lui.
Jeongguk non dovrebbe dirle e basta, fine della storia.
«Sai che raramente faccio quello che mi viene detto, proprio come te.»
«Se continui ad essere così fastidioso», brontola Taehyung, con gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il soffitto, «me ne vado.»
«Non hai la macchina.»
«Prendo un taxi.»
«Non hai i soldi.»
Taehyung apre gli occhi e lancia un'occhiata a Jeongguk.
«Zitto, riccone del cazzo. Ne ho abbastanza per un taxi.»
C'è un silenzio, così breve eppure così lungo. La voce di Jeongguk colma sempre bene i silenzi.
«Non vuoi stare qui?»
A un orecchio estraneo, il tono di Jeongguk suonerebbe fermo e sicuro, ma non a quello di Taehyung. Ora lo conosce meglio, riesce a scorgere anche le più piccole incrinature nella sua voce.
O forse è solo nella sua testa. Forse non lo conosce affatto.
Non dovrebbe desiderare di saperne di più su di lui.
«Non me ne vado», è la risposta di Taehyung, che elude la vera domanda.
Certo che vuole stare qui.
Patetico, vero?
«Ma vuoi stare qui o no?»
Non ha intenzione di lasciar perdere, eh?
Bene.
Taehyung appoggia la guancia sul divano per fissare Jeongguk, per guardare i suoi begli occhi, meno splendenti del solito, ma che conservano ancora un pizzico del loro scintillio. Taehyung si prenderebbe una pallottola per quegli occhi— ma lo farebbe per ogni membro della sua squadra. Dopotutto, si è preso la colpa al posto di Leroy. Non c'è niente di male in questo.
Mentire a se stesso è sempre stata la scappatoia più facile. Ne è pienamente consapevole.
«Sì che voglio.»
Ti voglio.
«Grazie, Taehyung.»
Ma non posso averti.
«Perché all'improvviso sembri così infelice?» chiede Jeongguk sottovoce. Troppo sottovoce perché sia reale.
«Non lo sono.»
«I tuoi occhi raccontano tutta un'altra storia, tesoro», insiste Jeongguk, con lo sguardo incatenato al suo.
C'è stato un tempo in cui Taehyung desiderava che Jeongguk si strozzasse ogni volta che pronunciava quel maledetto tesoro. Ora sembra così lontano.
«I miei occhi?»
Le loro voci non sono altro che sussurri sommessi, parole fragili sospese tra loro.
Parole che, in realtà, dovrebbero rimanere non dette.
«Brillano.» Fa una pausa, si sposta leggermente senza staccare gli occhi da Taehyung. «Come se stessi per piangere.»
Cazzate.
Ci vuole ben altro per spingerlo al punto in cui non può fare a meno di piangere.
«Non sto piangendo.»
Se parla troppo forte potrebbe distruggere tutto, perciò mormora le parole, una ad una, sperando che la risposta di Jeongguk sia un'altra carezza sulla pelle, che gli benedica le orecchie.
«Sono solo stanco», aggiunge Taehyung.
«Andiamo a dormire, allora.»
«No», dice un po' troppo in fretta, prendendosi qualche secondo prima di specificare, «ho... voglia di parlare, credo. O di stare qui ancora per un po'. Sto bene.»
«Tutto quello che vuoi, Taehyung.»
Il suo nome non dovrebbe scivolare così bene sulla lingua di Jeongguk.
Ma no, niente "tutto quello che vuoi". Non può chiedere così tanto, non lo farà mai. Non è un lusso che può permettersi.
Taehyung lo ringrazia e distoglie lo sguardo da Jeongguk. È troppo da gestire in questo momento. Il minore non si offende, gli occhi ancora fissi su Taehyung, che lo lascia fare, contento in fondo di essere degno delle attenzioni di Jeongguk.
In questo preciso momento, Taehyung si sta chiedendo cosa gli sia successo— e cosa sia successo a loro due. Come sono arrivati a questo punto, a comportarsi come— come cosa?
Come sono arrivati al punto in cui, anziché tentare di sopportare l'uno la vista dell'altro, desiderano ogni momento che possono trascorrere insieme?
Al punto in cui hanno bisogno l'uno dell'altro.
Perché è così, giusto? Taehyung è venuto qui perché aveva bisogno di qualcuno, Jeongguk gli ha chiesto di venire per lo stesso motivo.
La vera domanda è: avevano bisogno di qualcuno o l'uno dell'altro?
Taehyung non ha una risposta.
«Sai, un tempo mi facevo di speed», si lascia sfuggire Jeongguk senza preavviso, e Taehyung non può fare a meno di voltarsi verso di lui, con le sopracciglia aggrottate.
«Metanfetamina o anfetamina?»
Lo sguardo di Jeongguk si abbassa per un attimo, poi ritrova quello di Taehyung.
«Anfetamina, grazie a Dio.»
Meglio così— sarebbe stato ancora meglio se non avesse fatto uso di droghe, però.
In realtà, Taehyung non sa molto sulle droghe, a parte il classico mantra che ti ripetono alle scuole superiori: non drogatevi, ragazzi. È una cosa che non ha mai provato e che non vuole provare. Si sente già così maledettamente infelice per la gran parte del tempo, non ha bisogno di qualche sostanza di merda che lo seppellisca vivo.
«Ne eri dipendente?»
«Sì.»
Solo sussurri sommessi, e nulla più.
«Io—» Taehyung deglutisce, con la gola improvvisamente secca. «Non avevo mai pensato a te come a un tossicodipendente.»
Anche la mezza risata di Jeongguk non è altro che un suono soffocato. «Quindi è questo che sarò per te d'ora in poi? Un ex tossicodipendente?»
Non è proprio quello che intendeva.
«No, io—»
«Forse dovrei ricominciare a farmi», lo interrompe Jeongguk. «Sarei più efficiente.»
Taehyung lo capisce, davvero. Anche lui vorrebbe che dormire non fosse un bisogno fisiologico, ma non a questo prezzo.
«Stare svegli giorno e notte non ci aiuterà.»
Jeongguk storce le labbra e si raddrizza un po'. «Invece sì, e lo sai.»
«No», mormora Taehyung, con voce appena udibile. «Starei tutto il tempo a preoccuparmi per te.»
Non sa come interpretare ciò che attraversa per un attimo gli occhi di Jeongguk.
«Lo faresti?»
Non sa come interpretare il tono di Jeongguk, quasi fragile.
«Certo che lo farei.»
Non sa come interpretare la sua stessa risposta, fin troppo schietta e sincera.
Segue un silenzio.
Non imbarazzante, non strano, non pesante; solo un silenzio.
Taehyung si gode quell'attimo di latenza. Ama il modo in cui Jeongguk lo guarda, con quegli occhi profondi e gentili. Ama il modo in cui Jeongguk respira, con lentezza e discrezione.
Jeongguk non dovrebbe avere un aspetto caldo e rassicurante. Dovrebbe avere l'aspetto dello stronzo egoista che Taehyung credeva che fosse.
Eppure, eccoli qui.
«Perché ti importa?»
Il tono di Jeongguk non è amaro, né velenoso. È ancora basso come prima.
Infatti, perché gli importa?
Perché dovrebbe importargli? Dopotutto, le loro strade non sono destinate a rimanere intrecciate per sempre, giusto?
Quindi perché gli importa?
«Sei il mio partner.»
È una stronzata assoluta, ma non ha una risposta migliore. Non ha una risposta meno dolorosa.
In fin dei conti, Taehyung non vuole soffrire più di quanto non faccia già.
«All'inizio non ti importava, anche se ero il tuo partner.»
Non gli importava, è vero.
Ma ora gli importa, ed è fregato.
«Le cose cambiano, no?»
Non si aspettava che cambiassero così tanto, però.
«E mi dispiace se ti ho fatto sentire come se fossi solo un ex tossicodipendente ai miei occhi.»
Sei molto di più.
«Non è niente.»
«Invece sì.» Quando è cambiato così tanto? «È solo che io— io...»
Lo strascico della sua voce già bassa dovrebbe essere sufficiente a impedirgli di dire qualsiasi cosa stia per dire, ma non è così. Probabilmente se ne pentirà tra qualche ora, ma le conversazioni notturne sono le peggiori nemiche dei segreti.
«Mia madre...», dice. «Mia madre era un'alcolizzata. Quindi puoi immaginare perché non mi piacciano queste cose.»
«Oh.» Gli occhi di Jeongguk si allargano nella realizzazione. «Ecco perché— scusa, non volevo metterti a disagio.»
«Non c'è problema», lo rassicura Taehyung, non volendo che la preoccupazione negli occhi di Jeongguk si protragga troppo a lungo. «È solo che non voglio che tu soffra, perché questa è l'unica cosa che otterrai da quella roba.» Dovrebbe fermarsi. «Non ti permetterò di farti questo.»
Non gli sfugge il rapido movimento degli occhi di Jeongguk, dagli occhi alle labbra.
Il suo cuore, dal canto suo, perde uno o due battiti, soprattutto quando l'ombra di un sorriso appare sulla bocca di Jeongguk.
«Dov'è il vero Taehyung?»
«Proprio qui», sussurra. Come sarebbe stare qui per sempre? «È solo la sua versione notturna.»
Come un sogno destinato a svanire.
«Mi stavo chiedendo...» esordisce Jeongguk, le palpebre pesanti ma ancora aperte. «È vero quello che mi ha detto Jimin di te al liceo? Che—»
Taehyung, malgrado il torpore della sua mente, si immobilizza e lo interrompe: «Cosa ti ha detto del liceo?»
Dannato Park, razza di rompiscatole.
«Niente di che.» Jeongguk sembra divertito dalla sua reazione diffidente. «Ha solo parlato della squadra di basket.» Fa una piccola pausa. «E di uno chignon.»
Taehyung tira un sospiro di sollievo. Poteva andare molto ma molto peggio. Questi sono ottimi aneddoti, oltre che bei ricordi.
«Perché avrebbe dovuto mentire al riguardo?» risponde Taehyung. «Certo che è vero.»
Jeongguk fa un altro sorrisetto, e un'altra ondata di Dio solo sa cosa attraversa il corpo e la mente di Taehyung.
«Non riesco a figurarmelo. Lo chignon, sì, forse, ma fare il capitano di una squadra sportiva? Non è proprio da te.»
«Non è da me?» Taehyung inarca un sopracciglio. «Stai insinuando che non sono atletico?»
«Non mi permetterei mai.»
«Cretino», ribatte Taehyung, alzando gli occhi al cielo. «So fare molte più cose di quelle che credi.»
«Davvero? Vorrei proprio vedere.»
«E lo vedrai. Un giorno. Forse.»
«Hai paura di perdere, mmh?»
Taehyung sbuffa una risata. «Devi essere davvero stanco per dire queste fesserie.»
«Non sono fesserie», riesce a rispondere Jeongguk, anche se sta per assopirsi.
«Comunque.» Taehyung dà un colpetto al divano per intimare a Jeongguk di alzarsi. «Dai, è ora di scendere dal mio letto.»
«Il tuo letto?» ripete Jeongguk lanciando un'occhiata al divano in pelle. «Non esiste che tu dorma qui.»
Non esiste nemmeno che dorma accanto a Jeongguk.
«Noi due non possiamo—»
«Noi?» Jeongguk gli impedisce di finire, grazie a Dio. «Chi ha parlato di noi? Tu dormirai nella stanza degli ospiti. Beh, in quella di Yoongi.»
Taehyung trattiene un sospiro. Si era dimenticato di quella stanza.
«A proposito, dov'è?»
Potrebbe essere a casa, naturalmente, ma qualcosa gli dice il contrario.
O forse è davvero a casa, ma non da solo.
Oppure, Yoongi è da solo e Jimin ha dovuto occuparsi di Namjoon.
«Vuoi davvero saperlo?»
Taehyung ci pensa su per un secondo.
«Non ne sono così sicuro.»
«Nemmeno io», dice Jeongguk. «Dai, è ora di dormire.»
Taehyung non vuole nemmeno sapere quanto sia tardi.
Taehyung giura di aver sentito qualcosa.
Mezzo addormentato, cerca di ascoltare con attenzione, ma è tutto troppo ovattato. Sbatte le palpebre un paio di volte, si passa una mano sul viso intorpidito e spinge leggermente la coperta, pronto ad alzarsi se dovesse nuovamente sentire un rumore. Per qualche motivo, non riesce a respirare serenamente, l'attenzione è concentrata su ciò che potrebbe accadere di lì a poco. Ma questa è la realtà o uno strano sogno?
«Basta!»
Non ha più dubbi.
Si alza, la testa gli gira per un paio di secondi, ma poi riesce ad orientarsi nel buio più totale. In un modo o nell'altro, si ritrova proprio dove voleva essere, davanti a una sagoma indistinta.
«Hey, Jeongguk?»
Nessuna risposta.
Fa qualche passo cauto verso il letto, cerca di incontrare lo sguardo di Jeongguk, invano. Ora che è più vicino, Taehyung si rende conto di quanto il minore sembri smarrito.
«Hey, sono io», tenta di nuovo, appoggiando le mani sulla coperta. «Taehyung. Il tuo partner.»
Jeongguk sa chi è. Che cosa stupida da dire, non è vero?
Eppure, non ha guardato Taehyung nemmeno una volta. Sembra che non capisca cosa stia succedendo e, a dire il vero, Taehyung non può dargli torto. Conosce troppo bene quella sensazione, l'ha provata troppe volte.
«Mi senti?» Il materasso affonda un po' sotto il ginocchio sinistro di Taehyung. «Gguk?»
Per qualche motivo funziona, il suo sguardo incontra finalmente quello di Jeongguk.
«Taehyung?», pronuncia, quasi sorpreso, ma soprattutto confuso, finché poi inizia a realizzare. «Scusa, accidenti, ti ho svegliato?»
«Non preoccuparti», risponde Taehyung, che sta per spostare il ginocchio dal letto.
«In realtà...» Jeongguk stringe le labbra, sbatte le palpebre. «Puoi... puoi restare? Solo per un po'?»
È ovvio che non dovrebbe accettare.
Ma in fondo non è ancora del tutto sveglio, no? La mente di Taehyung è intorpidita dal sonno, e ciò spiegherebbe eventuali errori— come quello madornale che sta per commettere.
«Sì, certo.»
Taehyung riesce a salire sul comodo letto e si inginocchia davanti a Jeongguk. Anche nell'oscurità più profonda, il suo sguardo trova quello di Jeongguk, i cui occhi da cerbiatto ora sono più vigili, ma comunque meno del solito. Anche così, con le ciocche scompigliate di capelli appiccicate alla fronte e il volto segnato dalla stanchezza, Jeongguk lo lascia senza fiato. Triste, un po' impaurito, ma comunque mozzafiato. Sempre.
Con tutta la cura del mondo, le dita di Taehyung sfiorano la maglietta di Jeongguk.
«Sei tutto sudato», osserva, sebbene ne avesse già sentito l'odore. «Aspetta un attimo—»
«Vado a cambiarmi, non—»
«Shh», lo interrompe a sua volta Taehyung, con delicatezza. «Ci penso io.»
Non ci mette molto a tornare con un asciugamano, ma i suoi occhi si posano su un Jeongguk già a torso nudo, con una maglietta pulita in mano.
«Avrei potuto occuparmene io.»
«Non saresti sopravvissuto nella mia cabina armadio, tesoro. C'è troppo nero per te.»
Taehyung alza gli occhi al cielo mentre sale di nuovo sul letto. Jeongguk lo ringrazia quando gli porge l'asciugamano.
«Un incubo, vero?»
«Sempre lo stesso», conferma Jeongguk, mettendo via l'asciugamano una volta finito.
Taehyung fatica a non far cadere lo sguardo sul petto di Jeongguk, ma per una volta è più forte della sua mente ostinata.
«Vuoi parlarne?»
Jeongguk ci pensa su, poi si infila la maglietta.
«No, non ti preoccupare.»
Il fatto è che lui si preoccupa eccome.
«Sei sicuro?»
Jeongguk gli mette una mano sulla coscia e Taehyung non può fare a meno di trattenere il respiro. Anche attraverso il tessuto dei pantaloni della tuta, la mano di Jeongguk sembra scottarlo.
«Sì», dice togliendo la mano, probabilmente percependo la tensione nel corpo di Taehyung. «Grazie.»
È meglio evitare ogni contatto fisico con Jeongguk.
Però lui sta meglio quando Jeongguk lo tocca.
Non dovrebbe essere così.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiede Taehyung, cercando di distrarsi da quei pensieri. «Forse un po' d'acqua?»
«Ho bevuto», risponde Jeongguk indicando il comodino con il mento. «Puoi bere anche tu, se vuoi.»
Taehyung si gira un po' per guardare il comodino, poi allunga il braccio per afferrare la borraccia, prima di dare un po' di sollievo alla sua gola secca.
«Grazie», dice rimettendo a posto l'oggetto.
Passano un po' di tempo in silenzio.
Taehyung si schiarisce la gola. «Ti lascio dormire, allora.»
Jeongguk abbassa lo sguardo per un attimo, e sembra combattuto quando torna a posarlo su Taehyung.
«Non posso chiederti di dormire qui, vero?»
I partner di lavoro non fanno queste cose.
Ma i partner di lavoro non cercano di confortarsi a vicenda nel cuore della notte, ed è esattamente quello che loro stanno facendo.
Un'altra regola infranta non farà alcuna differenza, no?
«Non c'è bisogno che tu me lo chieda», risponde Taehyung, la voce roca più fragile che mai. «Resterò per te.»
Perché, in fondo, è quello che vuole. Non potrà averlo per sempre, ma almeno potrà godersi il momento stanotte.
Un sorriso amaro attraversa le labbra di Jeongguk. «Un'altra cosa di una volta?»
«Sì.»
C'è qualcosa di triste negli occhi di Jeongguk; eppure, sono ancora scintillanti. Taehyung riesce a vedere il loro bagliore malgrado l'oscurità. Vorrebbe poterli ammirare per ore, per imparare e decifrare ogni singola sfumatura del suo sguardo.
È così bello ed espressivo. Autentico e affascinante, proprio come lui.
«Lo accetterò», sussurra Jeongguk. «Non importa quanto poco tu possa darmi, lo accetterò sempre.»
Taehyung gli crede.
Taehyung gli crede, e niente potrebbe spezzargli il cuore più di questo in questo momento.
Ci sono così tante cose che potrebbe dargli, così tante cose che vorrebbe dargli.
Ma non può.
Per quanto eccezionale possa sembrare, Taehyung reprime il bisogno di avvicinarsi a Jeongguk. Non può fare ciò che vorrebbe. Se ci sarà un altro errore da commettere, non sarà lui il colpevole. Sono già tante le colpe che si attribuisce.
Se ne pentirà, lo sa già.
«Forza, allora.» Taehyung copre con la mano il suo sbadiglio, poi solleva la coperta per infilarci le gambe sotto. «Non ci resta molto tempo.»
Un minuto dopo, sono entrambi sdraiati sotto il calore della coperta. In tutta onestà, è una sensazione strana. È passato un po' di tempo dall'ultima volta che Taehyung ha dormito accanto a qualcuno – Jimin escluso, forse, ma è completamente diverso – e il fatto che ora sia accanto a Jeongguk non lo rende meno strano. Al contrario. Non avrebbe mai pensato di trovarsi in questa situazione.
I muscoli di Taehyung sono rigidi come la pietra, se non di più, nonostante sia sdraiato su un letto king size. Sente di non potersi muovere perché, se lo facesse, sfiorerebbe senza dubbio il corpo di Jeongguk, e questa è una cosa che non può proprio permettersi. Quindi resta così, con le braccia tese lungo i fianchi e lo sguardo rivolto al soffitto, respirando il più silenziosamente possibile, anche se in modo irregolare.
Si rilassa dopo un po', quando il ritmo dei respiri di Jeongguk diventa lento e regolare con il sonno e quando il minore si corica su un fianco, dandogli le spalle. Taehyung lascia passare qualche istante e, solo allora, si concede di guardare Jeongguk, appoggiando la testa sul cuscino.
E poi si chiede un sacco di cose.
Come sarebbe passare tutte le notti qui, accanto a lui?
Come sarebbe svegliarsi ogni mattina qui, accanto a lui?
Come sarebbe sentire di appartenere a questo posto, accanto a lui?
Come sarebbe percepire il calore di Jeongguk ogni volta che ne ha bisogno?
Come?
Ci sono così tanti come.
Com'è finito qui, accanto a lui?
Come si è sentito Jeongguk sapendo che stava per addormentarsi accanto a Taehyung?
E poi, un sacco di perché.
Perché essere qui è così rassicurante e allo stesso tempo così spaventoso?
Perché non riesce a distogliere lo sguardo da Jeongguk?
Perché trova così incantevole il modo in cui la schiena di Jeongguk si solleva a ogni respiro?
Perché spera che il sole non sorga mai più?
Perché?
Poi, un paio di quando.
Quando è cambiato tutto, dall'atteggiamento di Jeongguk ai pensieri di Taehyung?
Quando ha iniziato a provare qualcosa di ben più grave dell'odio?
Quando finirà?
Quando?
E poi, un singolo dove.
Dov'è casa?
Taehyung ha sempre avuto il sonno leggero.
Detto questo, non c'è bisogno di chiedersi perché apra subito gli occhi non appena sente Jeongguk farfugliare versi sconclusionati nel sonno, riuscendo a malapena a formare delle parole. Taehyung si sdraia su un fianco per guardare le spalle di Jeongguk, cercando di decifrare quello che gli sta dicendo, ma non ci riesce mai. Non ha alcun senso.
Taehyung non vuole svegliarlo, ma non vuole nemmeno che rimanga dov'è, bloccato in qualche luogo oscuro della sua mente. Dev'essere un altro incubo, anche se meno cruento del precedente. Taehyung sa cosa vuole fare, ma il problema è che è esattamente quello che non dovrebbe fare. Forse Jeongguk stesso non vorrebbe che lo facesse.
Ma al tempo stesso, è lui che ha voluto che rimanesse, no? Quindi forse...
Taehyung deglutisce il nodo che ha in gola, inspira ed espira. I capelli di Jeongguk sembrano così in disordine che gli viene voglia di affondarci la mano per districare quelle ciocche nerissime.
Naturalmente non lo fa. Si accontenta di osservarli da lontano, con qualche sacrosanto centimetro a dividerli.
Cosa sta sognando?
La poca forza di volontà che gli era rimasta va in frantumi quando finalmente riesce a cogliere una delle flebili ma angoscianti parole di Jeongguk.
«Taehyung.»
Il suo nome.
Non è altro che un sussurro sofferto, ed è questo che lo spinge ad agire.
Con cautela, Taehyung infila il braccio tra quello di Jeongguk e la sua vita, appoggiando la mano sul materasso. Che lo voglia o no, il suo cuore si stringe quando la mano di Jeongguk si posa sulla sua, caldissima. Taehyung si avvicina lentamente, premendo leggermente il petto contro la schiena di Jeongguk, percependo ogni suo respiro.
«Sono qui», mormora Taehyung in tono assonnato, sentendosi improvvisamente sul punto di perdere i sensi da un momento all'altro. «Proprio qui.»
E in qualche modo, Jeongguk smette di parlare nel sonno.
Cosa lo ha svegliato?
Taehyung sospetta due cose: i sottili raggi di luce provenienti dall'esterno o il pesante sguardo di Jeongguk.
«Che stai facendo?» borbotta Taehyung, gli occhi si stanno lentamente abituando alla luce del giorno, anche se in modo graduale.
Un sorriso gentile affiora sul volto del minore. Jeongguk è sdraiato sul gomito, con la testa appoggiata sul palmo della mano.
«Ti guardo.»
Voce attutita da tracce di sonno, eppure così soffice.
Non dovrebbe essere legale.
«Non mi starai osservando da ore, spero.»
Jeongguk inclina la testa, lo sguardo fisso su Taehyung e solo su Taehyung, con lo stomaco che si aggroviglia.
«Solo un paio di minuti.»
È già troppo.
Ma forse non abbastanza.
«Questo sì che è inquietante.»
Adorabile sarebbe più adatto, ma se lo tiene per sé.
C'è un breve silenzio, sufficiente perché gli occhi di Taehyung si perdano in quelli di Jeongguk, grandi e luminosi.
«Sei bellissimo.»
A Taehyung fa male il petto.
«Non dire stronzate del genere.» Decide di credere che leggero incrinarsi della sua voce sia dovuto al fatto che si è svegliato da poco.
«Dico solo la verità.»
Non dovresti.
«Comincia a mentire, allora.»
Ti prego, non rendermi vulnerabile.
«Non voglio.»
Taehyung sospira e lascia perdere, tenendo per sé i propri pensieri.
«Allora», aggiunge Jeongguk dopo un po' di silenzio. «Posso chiederti perché ti sei intrufolato nel mio letto?»
Taehyung aggrotta le sopracciglia. «No, non è—»
Una lieve risatina sfugge alle labbra di Jeongguk. «Smettila di balbettare, lupacchiotto. Sto scherzando.»
«Cretino», grugnisce Taehyung, tirandosi su per sedersi contro la testiera del letto. «E non chiamarmi lupacchiotto.»
«Lupacchiotto.»
Quel suo cazzo di sorriso.
«Ti farai ammazzare, un giorno.»
«Ah, sì?» risponde Jeongguk in tono scherzoso. «Mi piacerebbe sapere come.»
Oh, Taehyung ha un bel po' di idee in merito.
«Vedrai.»
Jeongguk sbuffa una risata, prima di mettersi seduto anche lui.
«Mettendo da parte i tuoi desideri sanguinosi, come hai dormito, tesoro?»
Non dovrebbe dire quella parola, soprattutto non ora.
«Meglio di te, credo.»
«Mi dispiace», risponde Jeongguk. «Ho gridato e sei venuto qui, giusto?» Si acciglia un po'. «Almeno così ricordo.»
«Sì.» Ricorda anche cosa è successo dopo? Perché sembra di no. «Ti agitavi nel sonno.»
Jeongguk spinge leggermente in fuori il labbro inferiore. «Quindi non hai dormito bene.»
«No, ho dormito bene.»
Ha dormito bene... perlomeno quando è riuscito a farlo, perché era troppo distratto dalla sola presenza di Jeongguk accanto a sé, così vicino, eppure così lontano.
Taehyung inizia ad accettare il fatto che Jeongguk non ricordi niente. Probabilmente è meglio così, e comunque non era niente di troppo profondo. Solo contatto fisico e qualche stupida parola assonnata.
«Che ore sono?» chiede Taehyung dopo un po', strofinandosi la nuca, cercando di dissipare il velo di sonno che gli annebbia la vista.
Jeongguk afferra il telefono sul comodino, stringendo le labbra quando vede l'orario.
«Abbastanza tardi per iniziare a sentirsi in colpa.»
Taehyung si sporge in avanti per vedere lo schermo, ma Jeongguk si affretta ad allontanarlo.
«Ignoriamolo per un attimo.»
Taehyung inarca un sopracciglio. «Non possiamo ignorare il tempo, Jeongguk.»
«Volere è potere, no?»
«Non l'hai detto davvero», mugugna Taehyung.
«Mi sa che l'ho detto», risponde Jeongguk con un leggero sorriso. «Prendiamoci... un po' di tempo per rimetterci in sesto, okay?»
L'idea non gli dispiace, deve ammetterlo. Al momento, la casa di Jeongguk sembra un'oasi nel deserto, uno scorcio di paradiso in mezzo all'inferno.
Perché entrerà all'inferno non appena uscirà di qui, Taehyung lo sa fin troppo bene. Per questo non può rifiutare l'offerta di Jeongguk.
«Va bene», espira Taehyung, mentre si lascia scivolare contro la testiera del letto per sdraiarsi di nuovo sul materasso. «Vorrei poter dormire tutto il giorno.»
Ne avrebbe davvero bisogno, oltretutto.
Il ghigno diabolico che emerge dalle labbra di Jeongguk non può essere il segno di una buona idea.
«Allora diamoci malati.»
Jeongguk e le sue battute poco divertenti, ma con idee allettanti. Taehyung vorrebbe passare un'intera giornata a letto con Jeongguk, per quanto sembri folle.
«Tu che abbandoni il tuo codice morale? Incredibile.»
«Non ho un codice morale.»
Taehyung sbuffa una risata, lanciandogli un'occhiata. «Sì che ce l'hai.»
Jeongguk alza gli occhi al cielo, poi si sdraia accanto a lui, facendo irrigidire Taehyung per qualche motivo, ma poco dopo riesce a rilassarsi. Rimangono così per chissà quanto tempo, fissando il soffitto in silenzio, a volte intervallato da qualche parola o da lievi risatine, a malapena udibili. A un certo punto, però, le risatine si ritrasformano in silenzio, più pesante di prima, minaccioso. È di nuovo la calma prima della tempesta, e Taehyung non può fare a meno di sentirsi in ansia. Persino la calma non è così tranquilla, colma di preoccupazioni e paure.
Non dovrebbe essere qui, e allora perché non vuole andarsene?
Non dovrebbe essere qui, e allora perché sta assimilando ogni dettaglio di questo momento nella speranza di potercisi aggrappare ogni volta che si sentirà giù?
Tante domande e poche risposte.
«Hai avuto un incubo la scorsa notte?» chiede Jeongguk all'improvviso.
Ora che Taehyung ci pensa, non l'ha avuto, il che è piuttosto sorprendente.
«No», risponde, «ma sicuramente avrò la mia buona dose di incubi nei prossimi giorni.»
A quanto pare, la notte scorsa è stata troppo simile a un sogno perché potesse avere degli incubi, ma si è trattato di un caso isolato. Dovrà tenersi forte per le notti a venire.
«Spero che non li avrai.»
Nemmeno Jeongguk sembra convinto delle sue stesse parole. Entrambi sanno come funziona la mente delle persone come loro: non si ferma mai.
«Starai bene?» chiede Taehyung, e sarebbe davvero curioso di sapere perché l'ha fatto.
«Senza di te?» ridacchia Jeongguk. «Penso che starò bene, tesoro.»
Non è stato bello sentirselo dire, ma se lo aspettava.
«Non fare quella faccia», aggiunge Jeongguk, poi dice in modo gentile: «Voglio dire, so che tipo di cosa è stata quella di ieri sera, e non è che non sia abituato a dormire da solo, quindi...»
Sì, Taehyung ne è consapevole. Ma non per questo è meno fastidioso sentirselo dire.
«Quindi starai bene», continua Taehyung. «Ho capito.»
Jeongguk inarca un sopracciglio e si appoggia sul gomito per fissare Taehyung.
«Perché all'improvviso fai lo scontroso?»
«Non sono scontroso», borbotta Taehyung, guadagnandosi un altro sopracciglio alzato da parte di Jeongguk. «Sono solo stanco. Scusa. È una cosa di una volta, hai ragione.»
«Hai creato tu questa regola.»
«Certo che sì», risponde lui, «grazie per avermela ricordata.»
«Sei di nuovo scontroso.»
«Non–» Taehyung si mette nella stessa posizione di Jeongguk, fissandolo a sua volta. «Vaffanculo.»
Un altro sorriso. «Sei davvero una causa persa, Kim.»
Completamente, totalmente persa, in realtà, ma non importa.
«Anche tu, Jeon.»
«Siamo tornati alle origini, non è vero?»
Taehyung resta un attimo in silenzio, fissando Jeongguk con occhi indifferenti.
«Hai cominciato tu.»
«Certo che sì», replica Jeongguk, imitando Taehyung.
«Dio, ti odio così tanto.»
Jeongguk arriccia leggermente il naso e, sul serio, Taehyung non pensava che il suo cuore potesse battere in questo modo.
«Così tanto che sei venuto a confortarmi non appena mi hai sentito.»
«Non ti ho mai confortato.»
Certo che l'ha fatto, lo farebbe di nuovo.
Almeno Jeongguk non ha menzionato la parte delle "coccole", se così si possono definire.
«Bugiardo.»
«Va bene», borbotta Taehyung, «ma me l'hai chiesto tu.»
«E tu non hai rifiutato, quando avresti potuto farlo.»
Giusto.
«Spero che ti sia piaciuto, allora, perché anche la mia gentilezza è una cosa di una volta.»
Gentilezza, certo. Persino Taehyung non crede alle sue stesse stronzate.
Jeongguk sorride in risposta.
Non importa quanto poco tu possa darmi, accetterò tutto.
È questo che ha detto Jeongguk, giusto? O era una qualche illusione contorta?
Illusione o no, è impossibile per Taehyung pensare lucidamente quando Jeongguk lo fissa in quel modo, con quegli occhi dolci e rotondi che lo analizzano.
Ecco perché le stesse stupide parole continuano a tornargli in mente, riecheggiando nella sua testa.
Non importa quanto poco posso darti, ti darò tutto.
È audace da parte sua pensare di essere ancora in grado di dare qualcosa, però.
Non importa.
Assetato, Taehyung si gira per prendere la borraccia d'acqua sul comodino, ma si blocca quando nota una cornice scura.
Un altro perché da aggiungere alla sua lista.
«Cosa...» La voce di Jeongguk si interrompe quando si avvicina, con il petto che sfiora appena la spalla di Taehyung. «Oh.»
Oh, infatti.
Con cautela, Taehyung prende la cornice, fissando la foto nonostante l'abbia già vista. Non sa spiegare perché il petto gli faccia così tanto male, perché il battito sia così accelerato. Raramente riesce a darsi delle spiegazioni, quando si tratta di Jeongguk, e non c'è niente di più preoccupante.
«L'hai davvero incorniciata?» è tutto ciò che riesce a pronunciare.
«Adoro le cornici, va bene?» risponde Jeongguk, un po' sulla difensiva, poi aggiunge a bassa voce: «Ed è una bella foto.»
«Certo che lo è», conferma Taehyung, sfiorando la foto con il pollice. «L'ho scattata io.»
Quel momento sembra così vicino, eppure così distante. Come qualcosa che non vivrà mai più, una notte fuori dal tempo.
«Ti dà fastidio?»
Li rende fragili, lui e la sua ormai debole forza di volontà. Non dovrebbe sentirsi felice alla vista di una foto del genere nella camera da letto di Jeongguk.
«No.»
Breve e conciso.
«Probabilmente la metterò nel mio ufficio più tardi, ma io—»
«Non devi giustificarti», dice Taehyung, con gli occhi ancora puntati sulla foto. È buffo come Yoongi sembri basso accanto a loro.
È preoccupante come Jeongguk e Taehyung stiano bene insieme.
Jeongguk inarca un sopracciglio. «Non stavo cercando di giustificarmi, è solo che—»
«Va bene», lo interrompe di nuovo Taehyung, rimettendo la cornice al suo posto. «Anch'io amo questa foto.»
Proprio così, cazzo.
Ma questa è un'altra cosa che non dovrebbe essere vera.
«Primo, perché sei così in ritardo e, secondo, perché sei arrivato con Jeongguk?»
«Buongiorno anche a te, Roy.»
«Anzi, avrei anche una terza domanda. Perché stavi guidando la sua macchina?»
Taehyung inarca un sopracciglio, per nulla impressionato. «Io ti chiedo perché arrivi con Georgie quasi tutte le mattine?»
A Taehyung non sfugge il rossore sulle guance di Leroy, e non solo per il freddo. È così facile provocarlo, proprio come Yoongi.
«In realtà, sì, lo fai», ribatte l'agente, con il fiato che forma nuvolette bianche. «Quindi?»
«Quindi sei un poliziotto», risponde Taehyung. «Fai il tuo lavoro.»
Sta per entrare, ma ovviamente Leroy ha deciso di infastidirlo oggi.
«Voglio una confessione.»
«Sono il tuo fottuto sospettato, huh?» Taehyung sbuffa una risata. «Non ho niente da confessare, agente.»
«Sei grande e grosso e ti comporti come un bambino.»
Alquanto ironico, detto dal bambinone per antonomasia.
«Fai questa maledetta domanda, Leroy.»
«Cosa sta succedendo tra voi due? Voglio dire, fino a qualche giorno fa sembravate i peggiori nemici e ora vi presentate di nuovo insieme.»
«Non so se l'hai notato, ma qualche giorno fa ero arrabbiato con tutti, non solo con Jeongguk.»
Leroy non se la beve, la sua faccia lo dice chiaramente.
«Dai, puoi dirmi la verità», insiste. «So che c'è qualcosa. Sei tu che mi hai detto che—»
«Va bene, va bene», sospira Taehyung, esasperato. «Forse siamo andati a letto insieme, forse me ne sono andato, forse dopo era un po' arrabbiato con me, forse—»
«Cosa?» lo interrompe Leroy, spalancando gli occhi. «Cazzo, rallenta, amico.»
Taehyung inarca un sopracciglio per il termine ma non dice nulla, cercando invece di rallentare il flusso dei suoi pensieri. Dire le parole più velocemente non le renderà meno vere, in ogni caso.
«Vedi questo orologio?» esordisce Taehyung, tendendo il braccio per mostrarglielo.
«È il regalo di Jeongguk per il tuo compleanno, lo so», interviene Leroy, con aria compiaciuta.
«Indovina il resto della storia se sei così intelligente, teppista.»
«No», dice lui, prima che Taehyung lo interrompa.
«E a proposito, come fai a saperlo? Glielo hai chiesto?»
Silenzio.
Questo sì che ha senso.
Leroy, maledetto traditore.
«Perché non gli hai chiesto tutta la storia, allora?»
«Ci ho provato, ma tu ci hai interrotto.»
Quindi era questo che stavano facendo.
«Oh, davvero?» Taehyung fa l'innocente e si porta una mano al cuore. «Mi dispiace tanto di aver disturbato la potentissima coppietta di Harrison.»
«Lo stai facendo di nuovo.»
«Facendo cosa?» chiede Taehyung, lanciandogli un'occhiata seccata.
«Eviti di affrontare il vero argomento.»
«E cioè?»
«Voi due siete la vera coppia potente di Harrison.»
Taehyung quasi si strozza con la sua stessa saliva.
«Impara la differenza tra essere colleghi di lavoro ed essere una coppia, Roy.»
È il turno dell'agente di polizia di alzare un sopracciglio.
«Due colleghi che vanno a letto insieme sono generalmente una coppia.»
Aveva dimenticato di avergliene parlato. Merda.
Beh, ora è troppo tardi, no? Tanto vale dire la verità e in fretta, prima che Seokjin venga ad ammazzarli. Lui e Jeongguk erano già abbastanza in ritardo.
«Primo, generalmente non significa sempre e, secondo, va bene, siamo andati a letto insieme, ma è stata una cosa di una volta. Capito, Roy? Una volta sola.»
«Certo», dice il minore, con un'espressione fintamente innocente sul viso. «Ma allora perché vi siete presentati qui insieme?»
Potrebbe mentire, dirgli che si sono incontrati per fare colazione o qualcosa del genere, ma...
Cazzo, la sua macchina. Leroy deve averla vista quando è arrivato e, beh, ha visto comunque Taehyung guidare la Range Rover. Sembra che sia costretto a dire la verità, non è vero?
«Prima di rispondere, devi sapere che abbiamo parlato la sera di Capodanno e abbiamo stabilito dei limiti.»
«Vuoi dire che tu hai posto dei limiti.»
Questo stronzo lo conosce troppo bene, cazzo.
«Va bene», ammette Taehyung, leggermente irritato, «l'ho fatto. Il punto è che siamo partner di lavoro, niente di più.»
Leroy gli lancia un'occhiata strana. «Questo non è un limite, Taehyung, è una bugia bella e buona.»
Il detective schiocca la lingua e aggrotta le sopracciglia. «Vuoi stare zitto e lasciarmi finire? Abbiamo ancora del lavoro da fare, ragazzino.»
A Leroy deve costare molto dire «Vai avanti», ma è quello che fa.
«Allora, essendo partner di lavoro, ieri sera avevamo entrambi bisogno di qualcuno, così ho dormito a casa sua.» Taehyung nota una scintilla negli occhi di Leroy, così chiarisce: «Nella stanza degli ospiti, da solo.»
Questa è una mezza bugia, ammessa dal codice morale di Taehyung.
«Tutto qui, sei sicuro?»
«Sì, Roy, sono sicuro», risponde Taehyung un po' frettolosamente. «Abbiamo solo parlato e dormito, fine della storia.»
«Lo sai che non me la bevo, vero?»
Certo che lo sa.
«E spero che tu sappia quanto ti disprezzo, moccioso.»
«Ahia, questa fa male.»
«Ne sono certo», continua Taehyung, che comincia a sentire freddo. «Forza, andiamo dentro, subito.»
«Social media, giornali, TV... È ovunque», sospira Seokjin, con lo sguardo stanco puntato su tutti loro.
«Che cosa intendi con è ovunque?» chiede Taehyung. «Sono successe un'infinità di cose.»
Tradotto: un sacco di merda che avrebbero potuto evitare.
«Tutto», dice il sergente, con gli occhi puntati su Taehyung. «Quello che hai fatto a Namjoon, che i migliori detective di Chicago hanno fallito, che la task force ha fallito, che una delle più grandi personalità della città è stata uccisa, che—»
«Va bene», lo interrompe Taehyung, «credo di aver capito.»
Seokjin non si ferma di certo dopo queste parole.
«Che gli assassini hanno inviato un nuovo versetto e, ultimo ma non meno importante, tutti stanno dando di matto.»
«La gente dava di matto anche prima.»
«Sì, Taehyung, ma alcuni meno di altri. L'élite di Chicago non se ne fregava proprio di quegli omicidi, o almeno non temeva per la propria vita.»
«Ora invece sì», dice Taehyung, ottenendo un altro sguardo irritato da Seokjin. «Ottimo. Mangia i ricchi**.»
«Come puoi scherzarci sopra?»
Non c'è niente di carino nel suo tono, ma dove sarebbe la novità? Taehyung si è abituato all'astio di Seokjin, anzi ne ha creato lui stesso una parte.
«Non sto scherzando, Seokjin, è solo che non mi interessa un cazzo di quello che pensano quei ricchi bastardi. Se hanno così tanta paura, che si nascondano nei loro maledetti castelli.»
«Siamo a Chicago, non—»
«Lo so che non ci sono castelli, cazzo!» sbotta Taehyung, forse un po' troppo forte. Ma non gliene importa un bel niente. Devono concentrarsi sugli omicidi e catturare quegli assassini. Non sono qui per compiacere o sorvegliare l'élite di merda.
Che si fottano.
«Il punto è che», riprende Taehyung, più calmo, «l'élite che ha paura non è la mia prima preoccupazione al momento.»
«Questo è un modo più civile di dirlo», sibila Seokjin a denti stretti. «Qualcun altro vuole fare commenti odiosi sui ricchi, così dopo possiamo andare avanti?»
Taehyung tiene per sé un vaffanculo e lancia un'occhiata a Jeongguk, stranamente silenzioso.
Ah... giusto, lui è uno dei ricchi.
Seokjin scambia qualche parola con Kristin e Zak – non sui ricchi, però – e Taehyung ne approfitta per sussurrare: «Sei l'unico ricco bastardo che sopporto.»
In qualche modo, questo basta a costringere Jeongguk a sorridere.
In qualche modo, questo basta anche a turbare Taehyung.
«Per quanto riguarda il versetto», Seokjin questa volta si rivolge a tutta la squadra, «lo stesso metodo di prima, inviato direttamente agli stessi due giornali.» Una pausa. «L'avete visto tutti, credo, ma facciamo un rapido promemoria. Hoseok?»
Quest'ultimo si aggiusta la cravatta, come al solito. «"Nessuno può servire due padroni. Perché odierete l'uno e amerete l'altro; sarete devoti a uno e disprezzerete l'altro. Non potete servire Dio ed essere schiavi del denaro." Sempre dalla New Living Translation.»
Almeno questi stronzi sono coerenti.
«Avevi ragione», si lascia sfuggire Jeongguk avvicinandosi a Taehyung. «È l'avidità.»
Finalmente ha ragione su qualcosa, ma nemmeno questo può salvare il suo ego, ormai a pezzi.
«Sono tutte stronzate», dice Taehyung, a voce alta per farsi sentire da tutti. «Ci beviamo ancora la loro divina follia? Cazzo, l'omicidio non è un peccato?»
«Lo è.»
«Voglio dire», continua Taehyung, ignorando per un attimo Hoseok, «sono i peggiori peccatori di Chicago, porca puttana. Non possono giocare a fare Dio quando l'unica cosa che sanno fare bene è uccidere.»
Un lungo e gelido silenzio.
«Fanno quello che gli sembra giusto», dice Hoseok dopo un po'. «Non è affatto giusto, naturalmente, ma per loro lo è. Sono loro i buoni.»
«Quindi li vedi come dei religiosi? Dei fanatici? Non me la bevo proprio, cazzo.»
Scusatelo per il francesismo, ma, per la seconda volta, non se la beve proprio. Per lui, potrebbe benissimo essere una copertura per qualcosa di ancora più contorto, perché è questo che sono quegli assassini: dei peccatori col cervello disturbato.
«Quello in cui credo non ha importanza, Taehyung. Il fatto è che vogliono che li vediamo come degli dei, o qualcosa del genere. I Predicatori, ricordi? Non hanno mai rifiutato questo nome, lo hanno adottato. Forse fa parte del loro gioco, sì, ma comunque... Giochiamo secondo le loro regole per fargli credere che stiamo cadendo in questa trappola. Dannazione, vogliono giocare come se fossimo in Seven? Bene, facciamolo. Taehyung, tu sarai Pitt e Jeongguk Freeman.»
A dire il vero, Taehyung non ha mai visto il film, ma sa che ci sono complimenti peggiori dell'essere paragonato a Brad Pitt, quindi accetta il parallelismo.
«Ma almeno finisce bene?» chiede Georgie, con la voce un po' fiacca, stanca, come tutti. «In realtà no, non voglio saperlo.»
«Comunque non sono uno che fa spoiler», risponde Hoseok. «Su una nota più seria, penso che dovremmo cercare di convincerli che stiamo seguendo la pista della setta religiosa, che ci stiamo concentrando sui versetti e così via. Questo è ciò che faremo davvero, in ogni caso. È una pista come un'altra, e sai che non ne abbiamo molte.»
«Dovremmo tenere una conferenza stampa?» chiede Seokjin.
Hoseok sembra immerso nei suoi pensieri per un istante. «Non ora, aspettiamo che arrivino altre informazioni, ma dovremmo parlare con alcuni giornalisti, come uno dei capi del Tribune, la donna che guida la squadra di Namjoon.»
«Erin White?» dice Taehyung, ricordando ora il suo volto oltre che il suo nome. Quella maledetta...
«Erin White, esatto. Contattiamo anche il Sun-Times e altri giornali. Faremo una lista di cose da dire. Alcune parti saranno vere, mentre altre... saranno alterate per servire i nostri interessi. Niente di che, solo quanto basta per convincere gli assassini.»
«E se non funziona?» chiede Leroy.
«Troveremo un altro modo», risponde l'agente speciale. «Colpiremo più forte, diremo bugie più grandi.»
Qualunque cosa sia necessaria, giusto?
«Ci sto», assicura Taehyung. «Siamo comunque nella merda, tanto vale fare tutto il possibile.»
Sembra che tutti siano d'accordo su questo.
«Pensi che ci sarà?»
Jeongguk scrolla le spalle. «Lo scopriremo presto.»
E infatti Jeongguk parcheggia subito il SUV lungo il marciapiede, davanti alla casa di Linda.
«Sapevo di aver già visto quella maledetta macchina», dice Jeongguk quando la vede. «Solo che non riuscivo a ricordare dove.»
Taehyung si slaccia la cintura in silenzio, perché non ha nulla da rispondere, poi parla una volta che sono entrambi fuori, al freddo.
«Farà la stronza, me lo sento.»
«Quando non lo è? Mi guarda sempre in modo strano.»
«È perché sei troppo sexy, la metti in difficoltà.»
«Lo stesso vale per te», ribatte Jeongguk, stuzzicandolo – per questa volta, Taehyung lascerà correre –, poi sbuffa una risata. «Ma secondo me è perché ci odia.»
«Sì, forse hai ragione.»
L'ipotesi di Jeongguk trova conferma non appena la porta si apre su Linda, i cui lineamenti si contorcono in una smorfia quando i suoi occhi si posano su di loro. Buon pomeriggio anche a te, stronza.
«Cosa posso fare per voi, detective?»
Tono gelido? C'è. Aria altezzosa? C'è. Profumo orrendo? C'è. Mento in su? Indovinate? C'è.
«Penso che lei conosca la risposta», risponde Taehyung, attirando l'attenzione di Linda con uno sguardo irritato.
«Ha intenzione di spararmi?»
Oh, quindi adesso è così, giusto? Dovrà abituarsi. Questi idioti del cazzo, sempre convinti di sapere tutto meglio di chiunque altro.
Taehyung stringe la mascella per non darle un motivo in più per comportarsi così. Più che mai, avrà bisogno di molto autocontrollo per rimanere educato il più possibile.
«Non lo farò», dice con voce piatta. «Possiamo entrare, adesso?»
Lei li scruta entrambi per un po', poi si fa da parte per farli entrare. Finalmente una mossa decente.
La casa ha lo stesso aspetto della prima volta che è venuto qui, come se lei ci avesse vissuto a malapena nelle ultime settimane.
«Sarò diretto», dice Jeongguk una volta che li ha raggiunti, senza nemmeno aspettare che lei chieda loro se vogliono sedersi, cosa che probabilmente non avrebbe fatto comunque. «Perché ha incontrato Namjoon e Stacy la scorsa sera?»
«Chi—»
«Namjoon Kim e Stacy Grant», aggiunge Taehyung. «I giornalisti che ha incontrato ieri sera alla vecchia stazione di servizio.» Una pausa, Taehyung aggrotta eccessivamente le sopracciglia di proposito. «Aspetti, credo che lei sia scappata quando ho sparato a Namjoon, non è vero, signorina Bane?»
La contrazione delle sue perfette sopracciglia la tradisce, anche se non avevano bisogno di nulla per capire che questa donna nasconde qualcosa. Sapevano già che era lì, ovviamente; la vera domanda rimane il perché.
«Allora perché?» dice Jeongguk, con la testa inclinata. «Sta pensando di cambiare carriera, forse?»
La palese ironia nel tono di Jeongguk compiace Taehyung, contrariamente a Linda, che si sta infuriando dietro la sua inutile faccia da poker.
«Come lo sa?», chiede, il suono della sua voce è pronto a fare a gara con il più duro degli iceberg.
«Siamo detective», dice Taehyung, come se fosse la cosa più evidente del mondo. «Il nostro lavoro è scovare piccoli sporchi segreti.»
Ancora una volta i suoi lineamenti la tradiscono, il labbro superiore si contrae per un secondo. «Non è—»
«È chiaro che sia un segreto», aggiunge Jeongguk, seguendo il ritmo di Taehyung. «Quale segreto, signorina Bane?»
«Non sono obbligata a rispondere alle sue domande, giusto?»
Oh, ovviamente doveva giocarsi questa carta.
«Non sarebbe un po' sospetto, signorina?»
Taehyung reprime una risata quando lei gli lancia un'occhiataccia. Oggi sembra davvero nervosa, il che è piuttosto positivo per loro. È a tanto così dal perdere la testa.
«Non ho motivo di sentirmi colpevole di qualcosa», cerca di dire, con voce meno ferma di quanto pensi. Le orecchie dei detective sono allenate a riconoscere la minima incrinatura nella voce o nell'atteggiamento di una persona.
È fuori dalla lista dei sospettati, ma questo non la rende meno sospetta. È il momento di infilare il dito nella piaga.
«Potrebbe aiutarci ad arrestare quegli assassini», dice Taehyung. «Non si sentirebbe un po' in colpa se una sesta persona dovesse morire come Janice?»
Forse è stato troppo duro, e troppo in fretta.
«Non faccia ricadere su di me i suoi fallimenti, detective Kim», sputa lei. «Cinque persone sono morte perché lei non è abbastanza capace nel suo lavoro.»
Avrebbe potuto fargli male, se Taehyung non lo pensasse già. È quello che si ripete da settimane, niente di nuovo per lui.
«Forse potrei fare un lavoro migliore se gli idioti egoisti come lei non facessero di tutto per mandare tutto a puttane», risponde sibilando, mentre Linda schiude la bocca, incredula.
«Come mi ha appena chiamato?»
«Idiota egoista», ripete Taehyung avvicinandosi, anche se coglie lo sguardo di disapprovazione di Jeongguk. «Perché? Cos'ha intenzione di fare, mh?»
«Andatevene da casa mia», dice lei con freddezza mortale.
Altrimenti cosa? Chiamerai la polizia?
Ovviamente Taehyung se lo tiene per sé, non volendo rincarare la dose.
«Volentieri», risponde Jeongguk con lo stesso tono di lei, sorprendendo un po' Taehyung, ma in senso positivo. «Non si preoccupi, lo scopriremo anche senza il suo aiuto.»
«Non vedo l'ora», ribatte lei per avere l'ultima parola, facendo sorridere Taehyung quando quasi li butta fuori.
Lei sbatte la porta ed entrambi si guardano.
E ridono.
Ridono più del previsto, più del necessario, ma ridono comunque fino alla macchina.
«Non mi rimproveri?» chiede Taehyung mentre allaccia la cintura, con gli occhi ancora umidi di una sorta di ilarità nervosa.
«Ho un po' rinunciato a questa idea. Sei inarrestabile quando inizi a comportarti come un selvaggio.»
Taehyung ridacchia. «Allora fermami solo se sto davvero per sparare a qualcuno.»
«Lo farò», gli assicura Jeongguk mentre accende il motore, poi aspetta un momento prima di chiedere: «Non sarà troppo difficile per te? Prenderti tutta la colpa per qualcosa che non hai fatto?»
Gli importa davvero, eh?
Dovrebbe trovarlo dolce?
Forse no.
Comunque.
«Nessuno mi ha obbligato a prendermi la colpa. Me la caverò.»
Non ne è così sicuro. Non starebbe bene nemmeno se non si fosse preso la colpa, in ogni caso.
Restano un attimo in silenzio.
«Spero di sì», dice Jeongguk. «Ma se così non fosse, io ci sarò sempre per te.»
Nel profondo, Taehyung sa che è la verità.
Nel profondo, questo risveglia in lui un vecchio sentimento.
«Arrivo!» ringhia Taehyung attraverso la stanza, con la pistola agganciata alla cintura per sicurezza.
Chi diavolo è? Non possono essere i giornalisti che lo pedinano quotidianamente, perché quegli stronzi ora hanno troppa paura di avvicinarsi fino a questo punto, quindi chi è?
Jeongguk non si presenterebbe in questo modo— purtroppo? No, lui non lo vorrebbe comunque qui. E Jimin sta lavorando. Yoongi non sa nemmeno dove abita. Seokjin non è più venuto qui da quando si è presentato alle sei del mattino (fanculo a lui). Leroy deve essere con Georgie o qualcosa del genere e, beh, nessuno verrebbe qui comunque. È come un luogo proibito, a cui ha accesso solo Jimin.
Quindi chi diavolo è, perdio?
«Non posso crederci», borbotta Taehyung. Dei capelli rosa sono la prima cosa che nota dallo spioncino, prima di aprire la porta. «Vuoi che farti sparare di nuovo?»
È impressionante il modo in cui Namjoon faccia finta di niente.
«Come hai fatto ad arrivare qui?» chiede Taehyung, lanciando un'occhiata al braccio di Namjoon, tutto fasciato.
«Sono un adulto, Kim, so guidare.»
«Non dovresti guidare così, Kim.»
Namjoon gli fa un altro sorriso, forse meno tagliente del solito, però.
«È gentile da parte sua interessarsi, detective.» Una breve pausa. «Ora mi faccia entrare, per favore.»
Nessuna voce minacciosa, nessuna scintilla particolare nel suo sguardo ma, in qualche modo, l'intera aura di Namjoon basta perché Taehyung faccia quello che gli viene detto— ma lo fa anche per pura curiosità, non fraintendetelo.
«Grazie», dice Namjoon quando Taehyung si chiude la porta alle spalle.
«Non ti chiedo se vuoi bere qualcosa, perché non mi aspetto che tu rimanga abbastanza a lungo da finire il tuo bicchiere.»
«Sei accogliente come sempre.»
«Sei fastidioso come sempre.» Camminano verso la piccola sala da pranzo. «Accidenti, avrei dovuto mirare alla tua testa.»
«Dai, smettila di fare lo scemo.» Namjoon si siede sul divano senza un briciolo di imbarazzo. «Sappiamo entrambi che non mi hai sparato tu.»
Sì, beh, aveva ancora un po' di speranza che Namjoon non se lo ricordasse con precisione.
«Davvero? E allora perché il mio nome sarebbe spiattellato ovunque mentre noi siamo qui a conversare?»
Namjoon inarca un sopracciglio e appoggia il braccio buono sulla spalliera del divano. «Perché ti sei preso la colpa al posto del tuo amico. Leroy Jenkins, giusto?»
«Che figlio di puttana.»
Un sorrisetto. «Grazie, Kim.»
Leroy avrebbe dovuto mirare a entrambe le ginocchia. Sarebbe stato più doloroso.
«E qual è il punto, Sherlock?»
«Oh, quindi ora ammetti che sono Sherlock?»
Se ne era dimenticato. Namjoon e quella sua maledetta memoria.
«Non sei né Sherlock né Watson, colpa mia. Allora?»
Namjoon fa una risata sarcastica e si mette comodo. È fortunato ad essere ferito, altrimenti Taehyung avrebbe rovesciato il divano.
«Quindi sono qui per contrattare, ovviamente.»
Ora sì che è un po' sorpreso.
«Su cosa, precisamente?»
E un po' in ansia per la risposta.
«Mi ha sorpreso, sai? Il fatto che tu ti prenda la colpa per un tuo amico.»
«Finalmente hai capito che non sai un cazzo di me, complimenti.»
«Comunque—» Namjoon lo ignora e gli rivolge un sorriso. «Sarebbe un peccato se qualcuno dicesse ai media chi mi ha sparato davvero, no?»
Oh, ora ha capito. Namjoon può andarsene all'inferno.
«Non ho intenzione di fare nessun accordo con te.»
«Quindi sei pronto a rischiare la carriera di Leroy? Interessante.»
«Vaffanculo», sibila Taehyung, guardandolo dall'alto in basso. «Tanto preferiscono dare la colpa a me. Nessuno ti crederebbe.»
«Credo che tu stia sottovalutando la mia rete di conoscenze, Taehyung.»
«Credo che tu ti stia sopravvalutando, Namjoon.»
Un sorriso, di nuovo. «Jimin ha ragione, sai essere un tipo divertente quando vuoi.»
«Pronuncia ancora una volta il suo nome e saprai cosa si prova a ingoiare una pallottola per mano mia.»
Forse non aveva bisogno di tirar fuori la sua Smith & Wesson, va bene. Non che abbia avuto un qualche effetto su Namjoon, comunque. Almeno la sicura è attiva.
«Una bella arma, lo ammetto.»
Questa sua calma non potrebbe dare più sui nervi a Taehyung, non porrebbe fargli ribollire il sangue più di così.
«La troveresti ancora bella se te la infilassi su per il culo, mh?»
Forse è un'affermazione inutilmente gay, ma non la intendeva in quel senso.
«Non credo», dice Namjoon, scuotendo la testa. «Ma dovresti provare con Jeongguk, ho sentito che lui—»
Un attimo dopo, Namjoon è di nuovo in piedi, perché Taehyung lo tiene su per il colletto della camicia, deformandoglielo con le mani, e la pistola è di nuovo al suo posto.
«Lui cosa? Dai, finisci quella cazzo di frase, adesso.»
Non voleva nemmeno saltare addosso a Namjoon, ma... no, non importa, non sa nemmeno perché l'abbia fatto.
Namjoon lo fissa, imperterrito. «Ho sentito che gli piaci, amico. Dovresti provarci tu con lui, non io.»
Improvvisamente, l'idea di rompere il naso a Namjoon diventa più che attraente. Taehyung stringe la mascella e lo spinge indietro sul divano.
«Non pronunciare mai più il suo nome», lo avverte, facendo un passo indietro.
«Se vuoi la mia opinione—»
«Non la voglio, cazzo.»
«Qualcuno qui si è innamorato.»
Innamorato, certo.
Taehyung fa una risata sarcastica, ma Namjoon la prende come un incentivo a continuare: «Sei troppo protettivo per essere un semplice collega. Fidati, conosco la sensazione.»
Cosa vuol dire? Sta parlando di lei?
«Stacy?» Taehyung non può fare a meno di dirlo ad alta voce. Dannazione.
Namjoon se la ride, ovviamente. «Ho avuto una vita prima che tu mi incontrassi, sai. Ho avuto—»
«Non mi interessa il tuo maledetto passato, va bene? Voglio solo che tu te ne vada da casa mia.»
«Non ho ancora finito con quella storia dell'accordo», gli ricorda Namjoon, alzando un sopracciglio con fare provocatorio.
È un miracolo che Taehyung non lo abbia ancora ucciso, per davvero. Potrebbe, tipo, dargli fuoco seduta stante.
«Sputa il rospo e levati dalle palle», si arrende Taehyung, ascoltandolo anche se non è pronto ad accettare un bel niente.
«Non dirò a nessuno che hai mentito se mi darai quello che voglio.»
Inizia male, ma non è che Taehyung volesse comunque accettare. Fanculo a questo coglione.
«E cioè?»
Tanto per la cronaca, Taehyung non gli darà il culo di Jeongguk, ma, primo, non ne ha alcun diritto e, secondo, probabilmente è l'ultima cosa che Namjoon gli chiederebbe.
Tuttavia, meglio essere chiari fin dall'inizio.
«Informazioni esclusive sull'indagine, naturalmente.»
Taehyung deve ridere. Ridere per davvero.
«Sapevo che l'avresti trovato divertente», aggiunge Namjoon, con la testa inclinata da un lato. «Ma comunque, considera la mia offerta.»
«Tu—» Taehyung scoppia in un'altra risata e si riprende dopo un po', «pensi davvero che accetterò? Io, tra tutti? Io che mai una volta in vita mia ho accettato di parlare con te del mio lavoro? Incredibile, anche tu sai essere divertente, Namjoon.»
Lui sorride. Ovviamente, sorride.
«Valeva la pena provare, non credi?»
«Non credo proprio, nah. È un tentativo patetico, cazzo.»
«Patetico? Patetica sarà la carriera di Leroy tra qualche giorno, se vuoi la mia opinione.»
Non lo farà davvero. Sta bluffando. Vedere il nome di Taehyung infangato in questo modo gli piace troppo per rovinare tutto adesso. Non rinuncerà a questa gioia.
«Continuo a non volere la tua opinione del cazzo. Sarà meglio che provi a portarmi in tribunale.»
«Almeno ci ho provato», dice Namjoon alzandosi. «E no, non ti porterò in tribunale. Non te ne fregherebbe niente. Ho pensato di minacciarti con una denuncia, ma tu ti preoccupi più dei tuoi amici che di te stesso.» Fa una pausa, lanciandogli uno sguardo irritato. «Beh, almeno così pensavo, ma forse non ti importa così tanto, visto che a quanto pare un paio di informazioni riservate sono più importanti della reputazione di Leroy.»
Namjoon non aspetta la sua risposta e si avvia da solo verso la porta d'ingresso.
«Chiamami se cambi idea, detective.» Apre la porta. «Ti darò un giorno per pensarci.»
E poi se ne va.
Qualunque cosa sia, sono solo partner di lavoro. Capito?
Hanno esaminato tutte le copie dei documenti per un paio d'ore. Insieme. Nell'ufficio di Jeongguk. Niente di particolare, davvero.
«Grazie», dice Taehyung quando Jeongguk gli porge la terza tazza di tè, mentre lui tiene in mano un caffè.
«Non c'è di che», dice Jeongguk, seduto per metà sul bordo della sua enorme scrivania. Una scrivania splendida. Una scrivania incandescente. Una scrivania imponente. «Ma sai che prima o poi dovremo mangiare, vero? Ti ricordi com'è fatto il cibo vero, spero?»
Taehyung alza gli occhi al cielo invece di fargli il dito medio – questo è quello che lui chiama un segno di miglioramento – e incrocia di nuovo le gambe, seduto sul morbido tappeto.
«Sono qui da quanto, due ore? Non morirò di fame per così poco.»
«Due ore?» Jeongguk si lascia sfuggire una lieve risata. «Taehyung, sono passate quattro ore, se non di più.»
«Sì, è— aspetta, cosa?»
Ma che cazzo?
È impossibile. Non è— ah, forse sì. Deve ammettere che l'ufficio sarebbe quasi immerso nell'oscurità se non fosse per la luce soffusa.
È un effetto speciale di Jeongguk o qualcosa del genere? È in grado di far passare il tempo più velocemente? Taehyung non ne sarebbe nemmeno sorpreso, a questo punto.
E ora che Jeongguk lo ha detto, gli è venuta un po' di fame, visto che ha lo stomaco evidentemente vuoto a causa delle ultime ore di duro lavoro.
«Vuoi che ordini delle pizze?» propone Jeongguk, poi sorseggia il suo caffè nero— è un demone per riuscire a bere quella merda.
«Cosa siamo, due ragazzi del college?»
Jeongguk inarca un sopracciglio, con metà del viso nascosta dietro la tazza. «Ti va di fare i ragazzi del college per un po'?»
Taehyung sbuffa una risata e beve a sua volta. «Sei un idiota.»
«Allora?»
Non vuole mollare la presa, eh?
I partner di lavoro possono mangiare insieme, giusto? Non c'è niente di male— no, ma diciamo che non c'è niente di male se è solo per un'oretta.
«Allora okay, facciamo i fottuti ragazzini del college.»
Jeongguk gli fa il tipo di sorriso che Taehyung ama vedergli addosso. Non è forzato, è semplicemente il risultato di una scintilla di felicità o di soddisfazione. Le sue labbra sono ancora più seducenti quando si tendono in un vero sorriso e— partner di lavoro. E ragazzi del college per il momento. Niente di più.
«Prendo quello che prendi tu», dice Taehyung quando Jeongguk glielo chiede.
Il minore riattacca pochi secondi dopo e prende di nuovo la sua tazza di caffè.
«Non sei troppo ricco per ordinare le pizze?» lo prende in giro Taehyung.
Jeongguk potrebbe replicare con un'osservazione tagliente – Taehyung è sicuro di averne almeno tre o quattro a portata di mano –, ma non lo fa affatto.
«Voglio solo mangiare con te», dice. «Non ho pensato ad altro, ad essere sincero.»
Jeon, che dolce figlio di puttana.
«Cosa ci siamo detti? Partner di lavoro, Jeongguk.»
Taehyung si sta facendo venire il mal di testa a forza di ripetere quella maledetta regola in continuazione. Ma non gli è permesso fare altrimenti.
«I partner di lavoro possono mangiare insieme, no? Voglio dire, abbiamo ancora il nostro rito della colazione.»
Taehyung sospira. «E va bene, va bene.»
Jeongguk gli rivolge un sorriso compiaciuto, mentre Taehyung finisce il suo tè e mette via la tazza.
C'è un silenzio. Jeongguk segue l'esempio di Taehyung, poi si avvicina e alla fine si accovaccia accanto a lui.
«Abbiamo fatto un bel casino», dice mentre inizia a raccogliere alcuni fascicoli. «Mettiamoli almeno sulla scrivania.»
Non ci mettono molto a spostarli. Una volta liberato il pavimento, Taehyung si strofina la nuca, incerto su ciò che sta per uscire dalla sua bocca.
«Jeongguk?» Quest'ultimo si gira, con la testa inclinata. «Io... uhm, Namjoon è venuto a trovarmi ieri, a casa mia.»
Un cipiglio si fa strada sulla fronte di Jeongguk. «Davvero?»
«Sì, ma non è rimasto a lungo.» Deglutisce. È meglio se non gli dice tutto, no? Per esempio, quello che Namjoon ha detto su Jeongguk e così via. «Mi ha minacciato di raccontare tutto su Leroy, se non avessi accettato il suo accordo.»
«Che sarebbe?»
«Che avrebbe tenuto la boccaccia chiusa se gli avessi dato, testuali parole, informazioni esclusive sull'indagine.»
«Avrei dovuto aspettarmelo», ammette Jeongguk.
Sì, anche lui.
«E tu non hai accettato, presumo?»
«Oh, mi conosci troppo bene, Jeongguk.»
Ha la sensazione di non essere lontano dalla verità, comunque. Beh, Jeongguk non lo conosce così bene, perché tende a tenere molte cose per sé, ma si vede che ci sta provando.
«Pensi che abbia davvero in mente di fare qualcosa?»
«Mh, non ne sono sicuro. Credo che lo scopriremo presto, la scadenza che mi ha dato è ormai vicina.»
«Ti ha dato una scadenza? Wow, quel ragazzo non è venuto per giocare.»
Namjoon non viene mai per giocare, almeno non in modo leale. Ma va bene così, Taehyung sa giocare sporco altrettanto bene, se necessario.
«Comunque—» Taehyung sospira, passandosi una mano sul viso. «Ho una cazzo di fame.»
«Te l'avevo detto.»
Ama davvero quel sorriso sul volto di Jeongguk.
«Ti stai addormentando, Taehyung.»
«Non mi sto addormentando», mormora, con gli occhi chiusi, suscitando una risatina da parte di Jeongguk— santo cielo, non ne ha mai abbastanza, anche se è mezzo addormentato. Ogni risatina è come la variazione della melodia più dolce che esista. «E poi da quando in qua non vuoi che dorma qui?»
Non dovrebbe dirlo, ma lo attribuirà al suo stato letargico. Vedete? Ha sempre una scusa.
«Da mai, ma so che tu non vuoi. Solo che ora sei troppo pigro per alzarti.»
In qualche modo, il fatto che Jeongguk creda che Taehyung non voglia, gli provoca un po' di dolore al petto... solo un po', sia chiaro.
Un po' è comunque qualcosa, però.
È troppo stanco per guidare, vero? Non significherebbe nulla se passasse la notte qui. Sarebbe solo una precauzione.
«Però mi rassicurerebbe averti qui», dice Jeongguk, così a bassa voce che Taehyung potrebbe addormentarsi solo per questo. «Voglio dire, sei stanco, e non voglio che tu corra qualche rischio e... dannazione, rimani e basta, ok? Se ti va. Non ti costringerò a venire nel mio letto. Io—» Sospira. «Hai capito cosa intendo.»
Ha capito, e non vuole pensarci troppo. Solo per stanotte. La cosa di una volta si trasformerebbe in una cosa di due volte. Non è così grave, giusto?
Giusto.
Beh, non è proprio vero, piuttosto il contrario, ma... fanculo a ciò che è giusto o sbagliato. In tutti i sensi.
«Resto», borbotta Taehyung, con la testa che ciondola da un lato.
«Bene.»
Capisce che Jeongguk sta sorridendo dal modo in cui l'ha detto.
È davvero un bene.
Lui sta bene in questo momento. Loro due stanno bene, per quanto possano star bene insieme due partner di lavoro.
Taehyung è stanco morto, questo è un dato di fatto, ma per qualche motivo non riesce a prendere sonno, da solo nell'ampio letto della stanza degli ospiti.
Sa dove vorrebbe essere, ma sa anche dove non può essere.
Che situazione di merda.
Taehyung emette un sospiro e si raggomitola intorno al cuscino, mentre l'odore della biancheria da letto di Jeongguk gli riempie le narici. Non sa di menta come lui, è un odore più dolce, ma altrettanto gradevole. Il profumo di Jeongguk è sui vestiti che Taehyung indossa e, anche se la stanza profuma più di Yoongi che di Jeongguk, è la fragranza di quest'ultimo a turbare tutti i suoi sensi, a calmarlo e al contempo a incasinargli cervello.
Sa in quale altro posto può trovare il profumo di Jeongguk, e il suo calore.
Ma, per l'ennesima volta, sa dove non può essere.
Arriva persino a desiderare che Jeongguk abbia un incubo, che gli dia un pretesto per intrufolarsi nel suo letto, per toccarlo, anche solo un po'.
Il fatto è che il sonno di Jeongguk sembra tranquillo stanotte.
Per quanto ne sa Taehyung, il suo partner potrebbe benissimo essere sveglio, proprio come lui, in attesa di un momento che non arriverà mai.
Taehyung reprime il desiderio di scendere dal letto, il bisogno di farlo. Lo reprime a tal punto che dopo un po' gli sembra che quel momento sia ormai passato, che sia svanito a causa delle sue incertezze e delle sue paure.
Ironia della sorte, una delle peggiori paure di Taehyung sta prendendo vita proprio adesso.
Perché quel momento è davvero passato.
Taehyung porta raramente il lavoro a casa – cosa che spiega perché sia raramente a casa – ma stavolta non si tratta di lavoro, giusto? Sono... ricordi, pensa. O almeno tutti quei documenti e articoli si trasformeranno in ricordi più avanti, quando sarà vecchio e nostalgico dei tempi in cui ha coperto il culo a Leroy— ammesso che diventerà abbastanza vecchio per farlo, cosa che non è esattamente assicurata nel suo campo.
Comunque, è un cazzo di casino.
Da qualche giorno il suo nome è ovunque, sia negli articoli che in prima pagina. È sui social media, soprattutto su Twitter, è in TV— è ovunque, va bene? È l'unica parola in grado di descrivere la situazione.
Quasi tutti infangano il suo nome, ormai, ma lo fanno soprattutto i giornalisti, probabilmente gli amichetti di Namjoon. Quello stronzo ha una vasta rete di conoscenze, Taehyung lo sa per certo, ma finora non l'ha usata come gli aveva promesso di fare, confermando che non era altro che un bluff.
Se osasse aprire le tende, vedrebbe qualche sagoma lì fuori, accanto a dei furgoncini neri, che gli ricordano ogni giorno quanto sia stato un fallimento nelle ultime settimane.
Ma ci è abituato, no? Non dovrebbe avere alcun effetto su di lui. Non ha nemmeno fatto quello per cui lo incolpano, quindi che cosa ne sanno loro? Ha messo a tacere tutti i testimoni, a parte Namjoon, ma non è che Namjoon abbia intenzione di difenderlo, in ogni caso. Dev'essere una specie di dolce vendetta per lui, anche se, in realtà, Taehyung non gli ha mai fatto nulla, a parte declinare ogni intervista che gli ha chiesto— e stuzzicarlo un po' di tanto in tanto.
Non importa. Dovrebbe scrollarsi di dosso tutto e andare avanti, come fa sempre.
Il fatto è che a volte diventa più difficile del previsto. Questa sera potrebbe essere una di quelle volte. Potrebbe chiamare Jimin, ma stasera ha un appuntamento con Yoongi, se Taehyung ricorda bene.
Potrebbe far visita a Jeongguk, ma non può far diventare quella cosa di due volte una cosa di tre volte, anche se, è vero, la seconda volta è stata meno... intima della prima, se Taehyung può metterla in questi termini.
Potrebbe andare a dormire, ma non ne ha voglia.
Anzi, ha voglia di ubriacarsi.
«Sapevi che sarei venuto qui, vero?» dice Taehyung a bassa voce, sedendosi accanto alla tomba e aprendo la lattina di birra dopo aver poggiato a terra gli altri liquori. Non sa nemmeno cosa siano, ma ha voluto provare. «Lo so, lo so, mi dispiace, ma alla salute lo stesso.»
Alza la mano e deglutisce.
Lo trova ancora disgustoso, ma in qualche modo ha un sapore migliore rispetto a prima.
Non beve per gusto, però. Beve per gli effetti collaterali, per la sensazione di intorpidimento che gli scorre nelle vene dopo un po'.
E comunque, chi diavolo beve alcolici per il loro sapore?
La gente beve per dimenticare quello che deve dimenticare, per sopprimere quello che deve sopprimere. Taehyung pensava di essere diverso, ma notizia dell'ultima ora: è come tutti gli altri. Un uomo debole. E, in fin dei conti, potrebbe aver bisogno di qualche sostanza di merda per essere farsi mettere al tappeto.
È un uomo debole e patetico, davvero. Amber lo prenderebbe a calci nel sedere se fosse fisicamente qui, gli farebbe ingoiare questa cazzo di lattina di birra— ma senza etanolo, va da sé.
«Ci sono così tante cose in ballo in questo momento, Amber, che andresti fuori di testa.» Lui sbuffa e beve. «Aspetta, no, quello sono io. Sto impazzendo e sto facendo un sacco di cose stupide. Vorrei che tu fossi qui a fermarmi, a volte.» Questa birra è così facile da bere, adesso. «Voglio dire, Jeongguk ci ha provato ma... sì, non è lo stesso senza di te.»
Non è e non sarà mai la stessa cosa. Taehyung non vuole comunque che sia la stessa cosa, sarebbe solo una schifosa illusione. Nessuno potrebbe sostituirla, anche se ci provasse per tutta la vita. Era unica nel suo genere e lo è ancora, nonostante sia morta. Questo la dice lunga, no?
«Parlando di Jeongguk, non so nemmeno cosa dire», dice. «Non so cosa sto facendo, Amber. Per niente. È come— ah, non lo so, davvero. Mi sa che sono fottuto, porca puttana.»
Allontana la lattina e prende la fiaschetta.
«Cazzo», sibila tra due colpi di tosse. «Questa roba brucia.» Si acciglia, lanciando un'occhiata alla bottiglia. «Capisco.»
Sta bevendo vodka di merda accanto alla tomba di Amber.
È caduto così in basso.
Gli brucia la gola, gli brucia lo stomaco.
Ma non riesce a smettere, perché in qualche modo gli fa dimenticare il dolore che sente al petto.
«So che lo dico ogni volta che ci vediamo, ma mi manchi tanto, Amb.» Sbatte le palpebre e alcune lacrime gli scendono sulle guance infuocate. «È come se avessi un cazzo di buco nel cuore, capisci? Non posso... non posso riempirlo di nuovo.»
C'è un buco nel suo cuore, e non scomparirà mai.
«Voglio che tu sia qui con me», riesce a dire tra due singhiozzi. «Con noi. Voglio che tu... cazzo!»
Un altro sorso di vodka, che stavolta non attenua affatto il dolore al petto.
Un altro sorso di vodka, che non fa che peggiorare il suo disgustoso bruciore di stomaco.
Li butta giù tutti comunque.
«Mi aiuteresti a guardare oltre tutta questa merda.» Deglutisce, facendo una smorfia. «Le indagini, i media, persino Jeongguk. Mi aiuteresti in tutto, e io—»
Si strofina il viso, cercando di asciugarsi le lacrime, ma si arrende subito. Sono troppe.
«Lo sai che ti voglio bene, vero?» Stringe le labbra, le lacrime salate incontrano la vodka sulla sua lingua. «Mi dispiace di non avertelo detto abbastanza quando potevi sentirlo. Mi dispiace tanto, cazzo.»
La sua voce si incrina sull'ultima parola e questo basta a raddoppiare il flusso delle sue lacrime.
Piange a dirotto per un po', rannicchiato nel freddo della sera, con le braccia strette intorno alle gambe piegate e la mano stretta sulla fiaschetta di vodka.
«Mi dispiace tanto», sussurra ogni volta che riesce a riprendere fiato. «Ti voglio bene.»
Dopo un po', Taehyung tira su col naso e mette via la fiaschetta vuota. Resta immobile per qualche altro minuto, con la testa che gira sepolta tra le braccia e un sapore nauseante in bocca.
Quando trova la forza di alzare lo sguardo, l'ultima cosa che vede è una sagoma indistinta.
** Mangia i ricchi è l'abbreviazione di una frase attribuita a Jean-Jacques Rousseau. Spesso utilizzato come motto da persone appartenenti a gruppi anticapitalisti e antagonisti, diviene celebre all'inizio del XXI secolo, con l'aumento di manifestazioni e dimostrazioni atte a sensibilizzare l'opinione pubblica circa la crescente disuguaglianza di reddito.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top