𝚇𝚅𝙸𝙸.𝙸𝙸


















Io indugio ancora con la Natura, poiché il volto
Della Notte è stato per me più familiare
Di quello dell'uomo; e nella sua ombra stellata
Di bellezza profonda e solitaria,
Ho appreso il linguaggio di un altro mondo.
George Gordon Byron









𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇𝚅𝙸𝙸
Parte II







«Abbiamo i primi risultati del laboratorio.»

La situazione inizia a sembrare un déjà vu. Un circolo vizioso.

«Non sappiamo dove Kelsey sia stata rapita, ma sembra che l'assassino l'abbia soffocata da dietro.»

E strangolamento sia. Un classico, ormai.

«Il suo cadavere è stato consegnato alle 2:25 del mattino, ma è morta circa un'ora prima.»

Di nuovo, un classico. Porta la vittima da qualche parte, le fa cose disumane e abbandona il corpo un po' più tardi. Devono scoprire dove le porta ma come? Le telecamere a circuito chiuso possono essere utili, ma non sono ovunque e possono essere comunque manipolate.

«La maggior parte delle ferite sono state inferte ante mortem, soprattutto la firma sulla coscia.» Seokjin fa una breve pausa, inspirando ed espirando lentamente. «È morta per una pugnalata al cuore. Il coltello potrebbe essere un coltello tattico.»

«Potrebbe trattarsi di un soldato?» chiede Jeongguk. «Magari un ex soldato?»

È Hoseok a rispondere: «È una possibilità, sì, ma coltelli del genere si possono comprare facilmente. Prego, vada avanti, sergente.»

Seokjin procede. «Qui troverete il rapporto completo.» Mostra loro il fascicolo, prima di riporlo sulla scrivania, dietro di sé. «Per quanto riguarda la scena del crimine, non c'è nulla di definitivo. Lo stesso vale per i messaggi inviati alla stampa. Niente.»

Fanculo. Che si fotta quello psicopatico, chiunque sia. Che possa bruciare all'inferno.

Seokjin lancia un'occhiata a Hoseok, che si alza e lo raggiunge. «Tocca a me parlare, credo.»

Sono tutti in ascolto.

«Va bene, ho avuto qualche giorno per pensare a tutto questo, e ora condividerò la mia opinione in merito.»

Tutti tacciono. Continuano ad ascoltare in silenzio. Persino Taehyung lo sta facendo, il che è tutto dire. Le capacità di Hoseok sono preziose per la task force, lo sa. Non è il bambino che Seokjin e Jeongguk a volte dicono che sia.

«Ci sono tre domande fondamentali da porsi quando si delinea il profilo di un assassino.» L'agente speciale inizia a camminare su e giù, lentamente, come tende a fare ogni volta che parla di questo argomento. «Chi, cosa e perché.» Hoseok li fissa per un attimo, tendendo un dito verso l'altro, quello che ha toccato quando ha detto "chi". «Naturalmente non posso dirvi chi esattamente, ma ho iniziato a tracciare un profilo. Cominciamo con cosa.»

La sua voce è ferma, ma anche appassionata.
La giacca del suo abito scuro gli cade perfettamente sulle spalle.

«Finora sono stati commessi tre omicidi, due donne e un uomo. L'aggressore rapisce, gioca con la vittima in un luogo sicuro e poi ne abbandona il corpo, mettendolo un po' in bella mostra. La presenza di tre aree distinte è segno di un assassino organizzato. Ogni cosa è pianificata e, dunque, organizzata.» Una pausa. «A questo punto, perché è successo quello che è successo? In questo caso, la firma del nostro soggetto ignoto è il fattore comportamentale più significativo. Trasmette il suo desiderio di sentirsi superiore, perché è indirizzata alla polizia, in particolare a Jeongguk e Taehyung. Il fatto che le vittime siano pressoché nude, e seminude nel caso di Kelsey, esprime il suo desiderio di umiliazione.» Si assicura che tutti lo stiano ancora seguendo. «A livello generale, la violenza mostra la sua personalità sadica, accentuata dal fatto che le ferite sono state inferte prima della morte. Gli piace vedere le sue vittime soffrire.»

Taehyung l'aveva già capito, come tutti gli altri, ma il fatto di doverlo affrontare per l'ennesima volta gli fa digrignare i denti suo malgrado.

«Per ora la faccio breve, è ora di parlare di chi.»

Hoseok si ferma per prendere la bottiglia d'acqua sulla scrivania. La stappa, beve un lungo sorso, rimette il tappo e continua.

«Chi avrebbe commesso questi crimini per tali motivi?» Ricomincia a camminare su e giù. «Data la costituzione massiccia di Francis Goodman, sono tentato di dire che abbiamo a che fare con un uomo, ma alcune cose potrebbero corrispondere anche a un profilo femminile. La percentuale di donne serial killer è esigua, ma comunque concreta.»

«Cose tipo?» chiede Georgie, ed è Jeongguk a rispondere.

«La mancanza di moventi sessuali.»

«Esattamente», conferma Hoseok. «Gli uomini sono spesso spinti dal desiderio sessuale, ma in questi omicidi non ce n'è traccia. Nessuna traccia di stupro, nessuna evidente eccitazione legata al sesso. È davvero raro, e le serial killer donne sono note per essere meno spinte da tali motivazioni. Ma d'altra parte, alcune cose coincidono e altre no.» Un'altra breve pausa. «Statisticamente, le donne tendono a cadere nello schema degli omicidi per comodità e guadagno, ma non c'è nulla da guadagnare da questi omicidi, non direttamente.»

«Cercano un guadagno economico e un tenore di vita migliore?»

Ancora una volta, Hoseok conferma le parole di Jeongguk. «Un assassino spinto dal guadagno e dalla comodità sente un bisogno emotivo legato a queste cose, e poi lo soddisfa uccidendo i bersagli che sceglie. Le loro vittime sono spesso persone che conoscono, ma non sembra essere questo il caso.»

Non è così, infatti.
Taehyung si ritrova quasi ad assorbire tutto ciò che l'agente speciale dice, e questo è molto insolito per lui.

«Ma ci sono delle eccezioni a questo profilo, giusto?» dice Jeongguk. «Come Aileen Wuornos?»

«Sì», conferma l'agente. «Ci sono, e tieni presente che può succedere di tutto. Comunque, non sono ancora sicuro del sesso dell'assassino. Ciò di cui sono sicuro al novantanove per cento, però, è che l'aggressore ha un impiego e un orario di lavoro regolare, che gli permette di colpire di notte.»

Questo ha senso. Sembra ovvio ora che Hoseok lo dice, ma non lo è quando hai un mucchio di altre informazioni da gestire. Solo un agente abile come lui sarebbe stato in grado di tirare fuori elementi così precisi, Taehyung lo riconosce.

«Non si tratta di un disadattato, al contrario. Non lasciatevi accecare dai luoghi comuni sui serial killer, che li dipingono come pazzi solitari incapaci di inserirsi nella società. Alcuni sono così, certo, ma il nostro soggetto ignoto non lo è. Probabilmente si trova a suo agio nelle interazioni sociali, potrebbe persino padroneggiarle.»

Mentre Taehyung prende appunti, Jeongguk gli rivolge un sorriso discreto. Sì, e quindi?

«Un'altra cosa, il colore della pelle delle vittime. Sono tutti bianchi, quindi la probabilità che anche l'assassino sia bianco è molto alta. I confini razziali vengono raramente superati quando si tratta di omicidi seriali. Per dirla in parole povere, ricordate che questi omicidi sono il più delle volte di natura personale, non politica.»

Perché tutto assume un senso quando parla Hoseok?

«Per quanto riguarda l'età del colpevole, scommetterei su qualcuno tra i venti e i trent'anni. Non più giovane, perché crimini del genere richiedono un'esperienza e una sicurezza che un giovane assassino non avrebbe. Forse qualcuno sulla quarantina, ma non più vecchio, perché questi omicidi richiedono una certa forza e Kelsey è più giovane di Janice e Francis.» Hoseok batte due dita sulla lavagna di sughero. «Per quanto riguarda le vittime, hanno profili più a basso rischio che ad alto rischio. Non erano prostitute o senzatetto, non erano persone facili da prendere di mira, soprattutto Janice, che aveva una famiglia e degli amici. Ancora una volta, questo dimostra che il soggetto ignoto è piuttosto sicuro di sé.»

Hoseok rimane immobile per un momento, permettendo loro di elaborare tutte le informazioni che gli ha fornito. C'è molto da capire e da interpretare.

«E i vestiti e i telefoni delle vittime? Potrebbero essere considerati come trofei?»

«Sì, Jeongguk, ma anche come un modo per rallentarci, soprattutto per i documenti d'identità e i telefoni cellulari.»

C'è un altro silenzio, ma viene subito rotto da Hoseok.

«Un'ultima cosa.» Si schiarisce la gola, e anche questo sembra un gesto aggraziato. «Il soggetto ignoto aveva già ucciso prima di Janice Doney. Un omicidio del genere non avrebbe potuto essere compiuto senza un'esperienza precedente. Probabilmente si era già allenato su vittime ad alto rischio.»

Taehyung ha difficoltà a deglutire. Quanti crimini ha commesso in precedenza, senza nemmeno attirare la loro attenzione?

«Per ora non posso dirvi di più, ma lo farò quando avrò maggiori certezze.» Guarda tutti i presenti nella stanza, Seokjin compreso. «Ci sono domande?»

Non ce ne sono.

«Va bene.» Seokjin batte le mani. «Pausa pranzo.»









Il cortile della stazione è rimasto lo stesso piccolo spazio negli ultimi anni. Taehyung ci andava raramente con Amber: la loro pausa pranzo consisteva nel mangiare ogni volta che potevano, in macchina. Ha iniziato a venire qui con Leroy dopo la sua morte e da allora l'abitudine è rimasta.

«Quindi adesso sei un fan di Jeongguk?» dice Taehyung all'improvviso, dopo che anche Leroy ha tirato fuori il suo panino.

L'ufficiale alza un sopracciglio e sgranocchia il pane. «Non so di cosa stai parlando.»

«Non parlare con— Oh, Dio», dice Taehyung mentre vede Leroy strozzarsi con il cibo e fare un violento colpo di tosse. «Ben fatto, teppista.»

Taehyung sbuffa una risata, ma recupera la sua bottiglia per lanciarla a Leroy, che la prende al volo nonostante stia ancora tossendo. Ne beve un po' e la rilancia a Taehyung.

«Sono un fan di Taehyung», gli dice Leroy mentre si pulisce la bocca.

Il maggiore alza gli occhi al cielo. «Leccaculo che non sei altro.»

«No, sono serio», risponde Leroy, e il detective sa che quello che verrà dopo sarà un commento stupido. «Sono impantanato in questa merda chiamata Taehyung per tutta la vita.»

Visto?
Taehyung fa un sospiro un po' eccessivo, poi inizia a mangiare. La relativa pace di quel silenzio dura meno di un minuto. Leroy non ha mai saputo e non saprà mai stare zitto e Taehyung lo ama per questo. È come il fratello minore che non ha mai avuto— per fortuna, perché sopportare Leroy tutto il tempo sarebbe stato un compito impossibile.

«È un tipo tranquillo.»

Molti aggettivi potrebbero essere adatti a descrivere Jeongguk, ma tranquillo? Taehyung non l'avrebbe mai scelto.

«Spiega.»

Leroy alza le spalle. «Sai com'è fatto, sei il suo partner.»

Taehyung si prende qualche secondo per rispondere, masticando. «Ecco perché non capisco la tua scelta di parole.»

«Lo sai che è tranquillo.»

«Non è affatto tranquillo.»

Leroy arrotola la sua carta stagnola in una palla e la lancia a Taehyung, che riesce a prenderla prima che gli arrivi in testa. Ragazzino sfacciato.

«Sei geloso perché lui è più calmo di te.»

«Non l'hai detto davvero.»

Leroy si blocca quando i suoi occhi incontrano quelli di Taehyung.

«No, non l'ho detto.»

Taehyung fa una smorfia e riprende a mangiare. Ha una fame fottuta, visto che lui e Jeongguk non hanno fatto colazione oggi— non si lamenterà di questo, però, parola di scout.

«Non è così altezzoso come pensavo.»

Jeongguk può essere arrogante, ma altezzoso, beh... Taehyung ha imparato un paio cose su quel ragazzo di recente e, sì, non è così altezzoso. È solo fastidioso. E insopportabile. E insolente. E—
Comunque.

«Voi due sembrate più vicini adesso», aggiunge Leroy. Taehyung aggrotta le sopracciglia.

«Che cosa sei? Cieco o idiota?»

Leroy sogghigna. «Sei tu il cieco.»

«Sei diventato fastidioso come lui.»

Leroy gli mostra il dito medio, con le labbra tese in un sorriso sfacciato. Taehyung fa lo stesso e poi finisce il suo panino. Appallottola l'alluminio insieme a quello di Leroy e lo getta nel cestino più vicino.

«Dico davvero, come sta andando?»

Gli sta sfuggendo tutto di mano.

«Potrei chiederti la stessa cosa», è la vera risposta di Taehyung.

Un lampo di imbarazzo attraversa il volto di Leroy. «Non hai risposto.»

«Neanche tu.» Taehyung sbuffa una risata e si china in avanti, appoggiando i gomiti sulle cosce. «Come va con Georgie, ragazzino?»

Leroy arrossisce leggermente, e non per il freddo pungente.

«Pensavi davvero che fossi così cieco?» lo prende in giro Taehyung. «Cazzo, anche un cieco avrebbe capito che ti piace.»

«Forse sì», brontola Leroy, improvvisamente timido. Leroy non è mai timido. «Solo un po'.»

«Solo un po', giusto.»

È audace da parte di Taehyung stuzzicare Leroy su qualcosa che lui stesso non sa gestire. Lo sa bene.
Però no, non gli piace Jeongguk. Non come a Leroy piace Georgie, questo è certo. Il cazzo di Taehyung è l'unica parte di lui attratta da Jeongguk. Non c'è altro.
Quindi può prendere in giro Leroy per la sua situazione.

«E tu?» Leroy cambia argomento. «Ti piace ancora Seokjin? O sei passato a Jeongguk?»

Taehyung si pietrifica. Non è possibile che la sua attrazione sia così evidente. Nemmeno lui l'accetta del tutto, per l'amor di Dio.
Dovrebbe dire a Leroy quello che è successo? Non aveva intenzione di farlo così presto, ma... perché no, dopotutto? L'ufficiale sa come mantenere un segreto, lo ha sempre saputo. Sapeva di Seokjin e Taehyung e non ha mai detto nulla a nessuno.

«Difficile rispondere, eh?»

Taehyung stringe la mascella, le immagini di quella notte gli tormentano il cervello. Grazie mille, memoria, ma dacci un taglio, porca puttana.

«Ti dirò una cosa», esordisce Taehyung. «E tu manterrai il segreto, va bene?»

Leroy si acciglia e si avvicina. «Questo sì che fa paura, amico.»

Dovrebbe dirlo così, senza mezzi termini?
Taehyung si assicura che siano soli.

«Seokjin e Jeongguk andavano a letto insieme da due mesi a questa parte.» Ecco fatto.

Dirlo ad alta voce per l'ennesima volta fa più male di quanto dovrebbe, a essere onesti. E comunque più di quanto Taehyung voglia ammettere.
Gli occhi increduli di Leroy fissano Taehyung, la bocca semiaperta.

«Stai dicendo che...»

«Ho detto quello che ho detto, 'Roy»

Il più giovane annuisce lentamente e si passa una mano sulla testa, coperta da capelli quasi inesistenti.

«Come hai fatto a scoprirlo? Ed è finita, vero?»

«Lo è da qualche giorno.» O forse non lo è e lui non lo sa. »Perché l'ho scoperto io, appunto.»

«Li hai visti scopare?»

Leroy e il tatto: estranei l'uno all'altro.
Eppure, Taehyung potrebbe averli visti scopare, sì. Questa idea non lo eccita, nemmeno un po', anzi lo ripugna. Per Dio, queste immagini orribili potrebbero scomparire dalla sua mente?

«Quasi.»

«Ahi.»

«Grazie per l'interessamento, 'Roy.»

L'ufficiale lascia la sua sedia e si siede accanto a Taehyung, sul tavolo da picnic. «Mi sorprende che tu non abbia ucciso Jeongguk sul posto.»

Un suono amaro sfugge dalla bocca di Taehyung. «Gli ho dato solo un pugno.»

«Il lupo cattivo colpisce ancora.»

Taehyung gli dà le spalle. «Continua così e sarai il prossimo.»

«Va bene», ridacchia Leroy mentre alza le mani sopra le spalle. «Come ti sei sentito?»

La domanda del ragazzo è sincera, Taehyung lo percepisce subito. Inoltre, conosce Leroy, per questo risponde con la stessa serietà con cui gli è stata posta la domanda.

«Incazzato.» Taehyung gli stringe la coscia, ma allenta subito la pressione. «Fottutamente incazzato con entrambi. E anche deluso.»

«Da Seokjin?»

Strano che tutti sembrino pensare la stessa cosa.

«Da Jeongguk, per lo più.»

Ora che ha iniziato questa conversazione, tanto vale dire la verità. La sua. Jimin sa già tutto, quindi anche Leroy merita di saperlo. Vorrebbe saperlo. Taehyung può fidarsi di poche persone, ma Leroy fa parte di queste.

«Leroy, credo di essere attratto da lui», confessa Taehyung e aggiunge: «Un po'.»

La risposta di Leroy è un sussurro divertito. «Lui, cioè... Jeongguk?» I suoi occhi sono fissi sul profilo di Taehyung, ma il maggiore sta fissando il suolo.

«Sì.» Taehyung si scrocchia le nocche. «Cazzo.»

«Cazzo davvero.»

«Non è niente di che, però.»

Taehyung, sei un fottuto bugiardo.

«Se mi confessi una cosa, allora significa che è seria, capo.»

Taehyung afferra la nuca di Leroy per dargli una strizzata. «Smettila di chiamarmi così, teppista.»

«Va bene, omaccione.»

«Un giorno ti ucciderò, cazzo, lo sai, vero?»

Leroy si lascia andare a una risata mentre assesta una gomitata alla cassa toracica di Taehyung. «Occupiamoci prima della tua nuova cotta, ok?»

«Leroy fottuto Jenkins», dice Taehyung. «E se ci occupassimo prima della tua?»

«Mi sembra giusto», ammette Leroy con una risatina. «Occupiamoci di entrambe.»









«Mi sta facendo impazzire, Chim.»

«Lo so, Taehyung.» Jimin scivola dietro di lui ed esercita una leggera pressione su entrambe le spalle. «Lo so.»

Taehyung si porta raramente il lavoro a casa, ma deve mostrarlo a Jimin. Le copie delle fotografie dei corpi sono sparse sul tavolino di Taehyung. Jimin scavalca il piccolo divano per sedersi accanto a Taehyung.

«Contorto, non è vero?»

L'agente prende con cura un documento alla volta, lo ispeziona e poi lo rimette sul mobile. Ogni singola foto fa storcere il naso a Jimin.

«Non ho mai visto una cosa del genere», dice soffermandosi sulla foto di Kelsey. «Povera ragazza.» La mano di Jimin si stringe sull'immagine, quasi sgualcendola. «E quella firma è disgustosa. Come fanno a sapere del tuo legame con Amber?»

Taehyung scrolla le spalle. «Non era proprio un segreto. I media amano fotografare il duo perfetto, e sono anche veloci a criticarlo.»

Jimin annuisce, ma non è chiaramente soddisfatto, le sopracciglia sono ancora aggrottate quando fissa Taehyung. «Ma perché prendere di mira te? E Jeongguk? Era previsto, ma all'epoca non eravate nemmeno partner.»

È... vero?

«No, ma tutti ci conoscono.» Taehyung si rende conto di come suoni male la sua frase, e si schiarisce la gola. «Voglio dire, siamo giovani detective, che hanno già parlato qualche volta in televisione e i cui nomi compaiono spesso sulla stampa. Qualcuno attento alla cronaca nera ci riconoscerebbe facilmente. Viviamo con un bersaglio sulla schiena, quello psicopatico ci ha scelto per questo motivo.»

«D'accordo, ammettiamo che ti abbia preso di mira, ma al punto tale da diventare un serial killer ossessivo? È una follia.»

«Lo so che lo è.»

«Se è davvero una cosa personale, perché non ha colpito subito te? Voglio dire, sono contento che non l'abbia fatto, ma—»

«Violenza psicologica.»

Jimin mette via la fotografia e i suoi occhi si restringono mentre si sposta sul divano, con il corpo girato verso Taehyung. «Cosa?»

«Le vittime sopportano il dolore fisico, ma il nostro è psicologico. L'assassino vuole che sia così.»

«Ma perché?»

Quella piccolissima parola, a ripetizione, che continua a intromettersi nella mente di Taehyung così come in quella di Jimin.

«Perché uno psicopatico fa cose da psicopatico, no?»

Jimin fa un profondo sospiro. «Eppure, c'è qualcos'altro.» La sua mano stringe la coscia di Taehyung. «Devi scoprire cosa.»

Ne hanno un fottuto bisogno, lo sa bene. Lo sa, dannazione— ma come dovrebbe fare?
Come può capire le motivazioni di quell'assassino quando si tratta di capire perché ha scelto di prenderli di mira?
Il profiling consiste nel mettersi nei panni dell'assassino.
Deve pensare come Hoseok, ma come? Dirlo a parole è facile, ma metterlo in pratica? Taehyung non è perfetto, ma è compos mentis. Come può una mente sana capire una mente così contorta?
Tuttavia, deve fare un tentativo. Jeongguk è più avanti di lui in questo campo, il che è del tutto inaccettabile.

«Vuole attirare l'attenzione, ne sono certo.»

Jimin è d'accordo e lo spinge a continuare. «Attenzione su cosa?»

«Sui suoi omicidi. Sul suo messaggio.» Taehyung batte le dita sul tavolo. «Ha inviato un versetto biblico, forse è un fanatico religioso.» Il suo desiderio di sentirsi superiore. «Potrebbe anche essere un leader.» Probabilmente si trova a suo agio nelle interazioni sociali, potrebbe persino dominarle. «Se fa parte di una comunità religiosa, sarebbe sicuramente un leader.»

«Ha senso», conferma Jimin. «Ma se si trattasse solo di una convinzione personale? Si può essere profondamente religiosi e non darlo a vedere.»

«Sì», dice Taehyung, «ma comunque. Il colpevole è un leader, o almeno aspira a diventarlo. Ha delle ambizioni.»

Ora la sente. L'inquietudine di pensare come un pazzo, eppure...

«Fanno cose da pazzi, ma non sembrano pazzi.»

Le conoscenze di Taehyung sui serial killer non sono ampie come quelle di Hoseok, e nemmeno come quelle di Jeongguk, ma è consapevole che questo gruppo comprende un ampio spettro di comportamenti e di persone. Ted Bundy non aveva l'aspetto di un pazzo, e nemmeno John Wayne Gacy, per citarne uno legato a Chicago.

«Potrebbe essere chiunque», aggiunge Taehyung. «Ed è questo che mi fa impazzire.»

È minaccioso.

«Attira l'attenzione», dice Jimin, «quindi deve seguire da vicino le indagini.»

«E tutto ciò che vi è collegato.»

«Ci sta osservando.» L'ufficiale stringe di nuovo la gamba di Taehyung. «Fallo assistere alla sua stessa rovina.»

Taehyung si alza e annuisce quando il suo sguardo incontra quello di Jimin, feroce e vivido. «È sempre stato il nostro intento.»

Jimin continua a fissarlo come se volesse decifrare qualcosa, gli occhi marroni annegano in quelli di Taehyung.

«Molto bene.»

L'agente fissa Taehyung ancora per qualche secondo, poi interrompe il contatto visivo per estrarre il telefono. Le labbra di Taehyung si distendono da sole quando vede lo sfondo di Jimin: una foto di loro due, come è sempre stato.

«Ma ora è tempo di riposare», dice Jimin mentre gli mostra l'ora tarda segnata sullo schermo, accarezzando la gamba del minore con la mano libera.

Taehyung guarda lo schermo e sospira, la stanchezza si diffonde improvvisamente nelle sue membra.
Appare una notifica e lui si drizza, aggrottando le sopracciglia. Jimin non lo sta guardando.

«Chi è Yoongi?»

Conosce quel nome, sa di conoscerlo e— Seriamente? No, non è possibile.

«Un amico», è la misera risposta di Jimin. Taehyung sa che non lo è.

Ora ricorda da chi ha sentito quel nome.

«Come cazzo fai a conoscere il migliore amico di Jeongguk?»

Jimin è così lento a rispondere che Taehyung sente il bisogno di alzarsi, e lo fa.

«Che cosa hai fatto, Jimin?»

Quest'ultimo alza gli occhi al cielo quando finalmente alza lo sguardo. «Sei così drammatico.»

Taehyung è troppo stanco per litigare con il suo migliore amico, ma è anche troppo stanco per aspettare di sapere la verità.

«Cazzo, o me lo dici subito o—»

Jimin si alza a sua volta. «Sono andato a casa sua.»

Taehyung non può accigliarsi più di quanto non faccia già. «A casa di Jeongguk?»

«Sì.»

Il detective si passa una mano tra i capelli e afferra alcune ciocche, tirandole un po'. «Che cazzo ti è venuto in mente?» Si strofina il viso con un movimento rapido. «Dio, perché l'hai fatto? Cazzo, Jimin, davvero?»

Taehyung gli racconta tutto su Seokjin e Jeongguk e un minuto dopo lui va casa di Jeongguk? Incredibile.

«Cosa stavi cercando di fare, eh? Risolvere i miei problemi?»

Jimin sospira e inclina la testa di lato. «Sono preoccupato per te, ok?»

Lo è sempre stato, proprio come Taehyung, ma comunque non avrebbe dovuto farlo.

«Sei tu che fai il drammatico, adesso.»

L'ufficiale sgrana gli occhi, ma recupera subito un'espressione seria. «L'intera task force è già abbastanza stressante, non voglio che altre cose ti feriscano. E non voglio nemmeno che sia Jeongguk a soffrire.»

Scusa, cosa?
Gli occhi di Taehyung si allargano così tanto che potrebbero schizzare fuori da un momento all'altro.

«Sono io quello ferito, qui!», ringhia, molto più forte di quanto si aspettasse.

Jimin non indietreggia e poggia le mani ai lati della base del collo di Taehyung. «È per questo che sono preoccupato, Koda.»

Taehyung stringe la mascella, ma poi si rilassa un po' dopo aver sentito il soprannome.

«Jeongguk non è ferito», gli assicura il detective, con voce roca.

Jimin si umetta le labbra, cercando le parole, e mormora: «Posso dirti che lo è.»

Per quale motivo? Perché non gli ha stretto la mano sette mesi fa? Stronzate.

«Non come lo sono io», sibila Taehyung, evitando lo sguardo di Jimin.

«Guardami», dice il maggiore, e Taehyung ubbidisce. «So che sei ferito, ma lui ci tiene a te. Sono andato lì per vedere se gli importava, tutto qui.»

Le mani di Jimin sono calde, lo sono sempre state.
Taehyung non riesce a immaginare che Jeongguk si preoccupi di lui, ma Jimin sa leggere le persone. Diavolo, legge Taehyung tutto il tempo. A cosa dovrebbe credere?

«Fidati di me», aggiunge Jimin. «A lui importa.»

Tu sei la ragione per cui ho scelto Chicago. Cosa voleva dire?
Vuoi parlarmi della vostra relazione? Era interesse o curiosità?

«Non riesco a vederlo», sussurra Taehyung, con la gola troppo secca per gridare ancora. «Non riesco a vedere l'uomo che stai immaginando.»

«Ci riesci, invece», gli assicura Jimin stringendo con fare incoraggiante il collo di Taehyung. «La tua vista è offuscata, ma puoi sempre guardare attraverso.»

Può farlo davvero?












La luce continua a sfarfallare nel supermercato 24ore, producendo un rumore fastidioso.
Taehyung deve avere un'aria sospetta, perché è in piedi da almeno cinque minuti davanti allo scaffale. È un'idea terribile, vero?

Ci sono molti motivi per bere, ma nessuno di questi vale la pena. Questa è una delle cose che Taehyung si ripeteva ogni volta che aveva voglia di bere. È quello che gli ha detto Jimin dopo la morte di Amber.

Eppure, una birra non ha mai ucciso nessuno, giusto? Non ha ucciso Taehyung quando era più giovane, quindi perché dovrebbe farlo ora? Non è l'idea del secolo, ma sapete una cosa? Fanculo. Solo per stanotte, fanculo a tutto. Jimin non ne sarebbe felice, ma Jimin non è qui.

Taehyung si accovaccia e prende a caso due birre economiche. Non ne sa un cazzo di birre, quindi andranno bene comunque. Attraversa il negozio deserto, mette le lattine sulla cassa e consegna una banconota al giovane impiegato.

«Giretto notturno con un amico?», chiede con un sorriso leggero.

«Vedi un amico, qui?» Taehyung risponde più duramente di quanto volesse, facendo abbassare lo sguardo al cassiere. «Cazzo, scusa—»

«Non è niente», gli assicura l'uomo mentre sta per dargli il resto. Taehyung rifiuta.

«No, tienilo come mancia.»

Non è al pari della mancia di Jeongguk, ma è meglio di niente.

«Grazie», dice l'uomo intascando la somma, prima di porgere le birre a Taehyung. «Ecco a te. Stammi bene, amico.»

Taehyung annuisce e le prende. «Anche tu.»

Per stare bene sarebbe bastato non comprare alcolici, ma eccolo qui, a guidare con l'alcol come passeggero. Patetico, ma cosa non lo è ultimamente?
Raggiunge in fretta il suo capolinea. Esce dall'auto, portando con sé le lattine, e si dirige verso l'ampio e inutile cancello di metallo. Non è mai chiuso. Con una mano lo apre, lo richiude dietro di sé ed entra nel luogo che più odia, e che tuttavia frequenta sempre quando la vita gli pesa troppo sulle spalle.

Tanto i morti non devono preoccuparsi di questo.

La tomba di suo padre non è lontana da quella di Amber, ma lui non le visita mai nello stesso giorno. Sarebbe troppo, cazzo.

«Hey», dice Taehyung mentre si siede accanto alla tomba, sull'erba. È un po' bagnata, ma non gli dispiace. «Guarda cosa ho portato.»

Anche Amber non sarebbe contenta.

«È solo per questa volta, te lo prometto.»

Non sa nemmeno se riuscirà a bere più di un sorso.

«Sono state due settimane strane», esordisce aprendo la prima lattina. «Beh, anche più strane del solito.» Porta la birra alla bocca e storce il naso quando il liquido incontra la sua lingua. È fottutamente amara, ma non ha niente di meglio a portata di mano, quindi si abbraccia la croce e va avanti, deglutendo senza assaporarla troppo. «Non avrei mai pensato che Jimin potesse avere ragione sul fatto che quei coglioni vanno a letto insieme.»

Taehyung sospira e lancia un'occhiata alla tomba. Amber Chloe Ellis. 22 luglio 1988 - 22 ottobre 2018. Trent'anni. Anche lei era una giovane detective. Un'eccezionale detective. Un'umana straordinaria. Troppo bella per questo mondo, a quanto pare. Taehyung beve un altro sorso. È ancora aspro e amaro sulla lingua, aspro in gola, ma non gli importa.

«Sì, è stupido, lo so. Occuparmi del caso più importante della mia carriera, eppure dare di matto per due ragazzi che si scopano a vicenda.» La mezza risata di Taehyung è ancora più amara del sapore della sua birra. «Ne ho passate di peggio, ma comunque tutta questa merda fa male.»

Taehyung fa un altro sorso, ma non arriva alle labbra. Si acciglia e mette via la lattina. Si sposta un po' per prendere la seconda, ma si muove lentamente perché comincia a sentirsi stordito. Dovrebbe fermarsi, giusto?
Giusto.

Apre la lattina e ne beve un altro sorso. Ma la sua gola rimane secca come prima.

«Non posso credere di aver detto a Leroy della mia... attrazione.» Un'espressione di scherno, a metà tra la derisione e l'orgoglio. «Il ragazzo è cresciuto, sai? Testa quasi rasata, spalle più larghe, bocca ancora troppo larga.» Taehyung ridacchia e beve. «Ah, quel maledetto ragazzino. È una costante nella mia vita.»

Taehyung fa girare la lattina con movimenti lenti.

«Sono ancora arrabbiato con Jimin», sbotta dopo qualche minuto di silenzio. «Non so nemmeno cosa abbia detto a Jeongguk», brontola. «Non so se voglio saperlo, in realtà.»

Articolare le parole non è facile come quando è arrivato.

«Cosa avresti fatto tu, mh?» Taehyung ha qualche idea in proposito. «Saresti andata a casa sua e l'avresti preso a pugni.» Fa una mezza risata. «E poi avresti preso a pugni me per essere stato così melodrammatico.»

L'ennesimo sorso. La lattina ora è più leggera.
I suoi pensieri si stanno ingarbugliando.

«Un fottuto gioco di parole, Amb'. È guerra, dicevo sul serio quando l'ho detto. Ucciderò quello psicopatico, cazzo. Morirei pur di trascinarlo nel baratro con me.»

Morirebbe, andrebbe in galera, diventerebbe un fuggiasco, qualsiasi cosa. Non lascerà che quello stronzo la faccia franca. Non succederà mai.

«Non farei mai del male a nessuno, non sono quel tipo di poliziotto. Ma quello psicopatico non è un essere umano.»

Le sue dita indugiano sulla tomba, la mente concentrata su tutto e niente in particolare. La testa inizia a fargli male per le vertigini, le tempie gli pulsano. È questo che si prova quando si è ubriachi? No, non è possibile. Sta bene. Ha bevuto solo due maledette birre.

Il telefono vibra nella sua tasca. Taehyung riesce a tirarlo fuori e si acciglia quando vede chi l'ha chiamato, facendosi venire ancora di più il mal di testa. Geme e risponde al telefono.

«Uh?» è l'unico suono che gli esce dalla bocca.

«Taehyung? Sono Jeongguk

Fanculo, lo sa chi è.

«Che succede?»

C'è un breve silenzio, scandito dal respiro di Jeongguk.

«Possiamo vederci a casa mia? Ti mando l'indirizzo.»

La risata di Taehyung è un misto di sorpresa, incomprensione, derisione e— niente, no. Lasciamo perdere.
È ubriaco? O è Jeongguk?

«Cazzo, no.»

Cazzo, sì?

Jeongguk sospira. «Taehyung, non è niente del genere, è...» Una porta sbatte. «È molto importante. Per favore, io— vieni e basta, va bene?»

Taehyung aggrotta le sopracciglia di fronte alla frase incompiuta, ma la sua mente annebbiata non riesce a soffermarsi a lungo su di essa.

«Taehyung?» La voce di Jeongguk raramente è stata così seria. Si sente il rumore di un motore.«Posso venire a prenderti se hai bisogno.»

Che cazzo sta succedendo? È svenuto? Sta sognando?

Taehyung si riprende. «No, no. Sto arrivando.»

Un breve silenzio.

«Va bene. Guida con prudenza.»

Riattacca, lasciando Taehyung da solo con due birre e un silenzio tombale. Taehyung fissa il vuoto per un po', sconcertato.
Una folata di vento lo distrae un po' dalla sonnolenza e gli permette di finire la birra. Prende le lattine e si alza troppo velocemente per il proprio corpo, che gli suggerisce subito di darsi una calmata, annebbiandogli la vista. Taehyung si dà due colpetti sulla guancia e fa un respiro profondo, prima di espirare.

Ha bevuto due birre, perché si sente così strano?
Ah, sicuramente a causa dello stomaco vuoto. E della mancanza di consumo di alcol negli ultimi anni. Concesso.

La sua macchina. Deve raggiungere la sua macchina.
Taehyung riesce a tornare sui suoi passi, anche se incespicando un po'. Getta le lattine nella spazzatura e apre il cancello, che si divarica con uno scricchiolio metallico. Qualcuno gli lancia un'occhiata, ma lui non ci fa caso ed entra nella Ford. Lo sbattere della portiera gli risuona nel cranio per fin troppo tempo. Deve provare più volte per riuscire a inserire la chiave di accensione nel quadro.

Guarda l'indirizzo che Jeongguk gli ha inviato e mette via il cellulare. In realtà, conosce quell'edificio. Quando parte, la strada sembra più caotica del dovuto. È simile a quella che conosce, ma allo stesso tempo strana. Ogni colore gli fa pizzicare la retina, tutto sembra confuso. A un certo punto, qualcuno suona il clacson dietro di lui perché il semaforo è diventato verde, e Taehyung gli mostra il dito medio prima di partire di corsa, guadagnandosi un altro colpo di clacson.

Rallenta quando entra nel Loop. In tutta onestà, non sa neanche come abbia fatto a parcheggiare lungo il marciapiede vicino alla sua destinazione. Grazie a Dio, pensa.
Un'ondata di vertigini lo investe mentre spegne il motore, causandogli una smorfia di dolore. Fruga nell'auto con movimenti confusi e tira un sospiro di sollievo quando trova una bottiglia d'acqua mezza vuota. Beve e poi poggia la bottiglia da qualche parte sui sedili dell'auto. Non è ubriaco, vero? Due birre. Ha bevuto solo due birre.

Oh, dovresti saperlo bene.

Grazie al cazzo, coscienza.

Esce dall'auto e il vento freddo lo colpisce. La sua andatura sembra piena di sicurezza, ma si rende conto che questa non è esattamente la realtà dei fatti quando inciampa su Dio solo sa cosa. Comunque, prosegue lungo il suo percorso, per un pelo non va a sbattere contro un ragazzo e si aggrappa al portone dell'edificio quando ci arriva davanti. Quel posto grida "qui vivono dei ricconi bastardi" a squarciagola. Cosa diavolo ci fa lì?
Ah, sì. Giusto.

L'edificio non ha un sistema di sicurezza, il che lo sorprende, ma ha una legione di telecamere di sorveglianza. Che ora è?

L'idea di prendere l'ascensore gli fa girare lo stomaco, quindi sceglie le scale. Per l'amor del cielo, perché quell'idiota vive all'ultimo piano? È proprio una cosa da Jeongguk. Guardatemi, sono un idiota presuntuoso che vive al di sopra di tutto e tutti!
La salita è lunga e complicata, Taehyung per poco non inciampa su ogni fottuto gradino. Sono più grandi di quanto dovrebbero. Chi ha progettato queste scale di merda?
Per miracolo, Taehyung si ritrova all'ultimo piano e poi davanti a una massiccia porta nera. Proprio tipico di Jeongguk, cazzo. All'inizio il suo dito non colpisce nulla, poi becca il campanello e lo preme troppo a lungo. Accidenti. Quando Jeongguk appare sulla soglia, Taehyung teme per la sua sanità mentale, ma è veloce a riprendere il controllo di sé, ricordandosi qualcosa.

«C'è quel tipo... Yoongi qui?» farfuglia Taehyung.

«No.» Jeongguk aggrotta le sopracciglia mentre spalanca la porta. «Santo cielo, sei ubriaco? Credevo che non bevessi.»

Taehyung si lascia sfuggire uno stupido ghigno. «Non bevo.»

Jeongguk si acciglia ancora di più e gli afferra il braccio per farlo entrare. Li conduce attraverso un'altra porta e poi ta-daan: La tana di Jeongguk. Non ha nulla a che vedere con quella di Taehyung, ma se lo aspettava. L'odore di menta è ovunque, fluttua nell'aria, ma c'è anche un leggero... profumo legnoso? Sì, esatto. Non è sgradevole.
A parte questo, l'intera stanza puzza di Jeongguk. Mobili in legno scuro, grandi finestre con vista su Chicago, immenso divano in pelle, gigantesco schermo piatto, pavimento in marmo scuro. In breve, tutto ciò che Taehyung non ha.

«Che cosa hai bevuto?» Jeongguk si avvicina a lui con le sopracciglia aggrottate, inspirando brevemente. «Okay, direi birra. Quante?»

Taehyung ride senza sapere perché. Ma la faccia di Jeongguk è così buffa, tutta preoccupata— No, non preoccupata. Taehyung deve avere le allucinazioni.

«Zero.»

«Taehyung.»

«Sono sobrio, non vedi?»

Detto questo, Taehyung perde l'equilibrio, ed è Jeongguk a prenderlo, lanciandogli un'occhiata severa. Accidenti.

«Sì», mormora mentre rimette in piedi il maggiore. «Lo vedo.»

Taehyung sbuffa una risata e inizia a camminare in giro per la stanza, raggruppando le sue ultime cellule cerebrali per analizzare ciò che sta guardando. Non può negare che anche Jeongguk abbia buongusto.

«Perché mi hai chiamato?» chiede Taehyung con voce roca entrando in cucina, mentre Jeongguk tira fuori una bottiglia e versa dell'acqua in un bicchiere. «Vuoi farti scopare?»

Jeongguk afferra il bicchiere, rovesciando un po' d'acqua.

«Sei decisamente ubriaco», risponde con una voce che Taehyung non riesce a descrivere, dopodiché pulisce il tavolo con uno straccio.

«Dai, dimmi perché.»

«Ho bisogno della tua completa attenzione per quello.» Jeongguk lo fa sedere e gli mette davanti il bicchiere. «Bevi. Probabilmente sei disidratato da morire.»

Jeongguk è vestito come durante il giorno, a parte la camicia che non è più coperta da un abito. Cazzo, è proprio bello.

Taehyung riesce a distinguere l'ora sul forno, mezzanotte passata.

«Aspetta», borbotta Taehyung dopo aver deglutito. «Dov'eri?»

«Ancora alla stazione.» Jeongguk appoggia le mani sul tavolo, battendovi sopra le dita. «E tu?»

«Al cimitero.»

Gli occhi di Jeongguk perdono per un attimo la loro luce. «Perché mi hai detto che non bevi, se lo fai?»

Taehyung alza gli occhi al cielo e se ne pente subito. Mal di testa. «Non bevo.»

«Perché sei ubriaco, allora?» La sua voce non è altezzosa. È premurosa?

«È una cosa occasionale», borbotta il detective, e Jeongguk sghignazza lievemente.

«Stai facendo un sacco di cose occasionali

Sì, forse è così.

«Vuoi qualcosa da mangiare?» aggiunge Jeongguk, ma Taehyung rifiuta. Di sicuro vomiterebbe tutto.

La cucina è ordinata come il resto della casa. Sarebbe curioso di vedere la camera da letto di Jeongguk. Scommette che ci sia un maledetto letto king size.

«Jimin è venuto qui», sbotta Taehyung dopo un po', senza nemmeno porla come domanda. «Non mentirmi, so che l'ha fatto.»

Ha la bocca impastata e beve un altro sorso.

«L'ha fatto», ammette Jeongguk. «Te l'ha detto?»

Taehyung fa una risata di scherno. «Il tuo Yoongi gli ha mandato un messaggio, l'ho visto. Un classico.»

Jeongguk stringe le labbra in una linea sottile. «Era preoccupato per te.»

Taehyung sbuffa una risata ancora una volta, non riuscendo a fare altro. «Sì, sì, lo so.» Un breve silenzio. «Che cosa ti ha detto?»

Jeongguk prende un altro bicchiere dallo scaffale, lo riempie e beve. «Niente di che.» Gioca un po' con il bicchiere, con gli occhi persi in esso. «Ha detto che ti ho ferito, in realtà.»

Un'ondata di irritazione si diffonde in tutta la sua gabbia toracica. Jimin, brutto stronzetto.

«Ha esagerato.»

«Però mi hai detto che eri deluso.»

Taehyung fissa Jeongguk con uno sguardo perplesso. «Non facevo i salti di gioia, sì.»

«Mi sembra giusto.»

Taehyung sa che la preoccupazione di Jimin era sincera, ma ricorda anche che Jimin gli aveva detto che scopare non gli avrebbe fatto male.
Jimin, ficcanaso, cosa hai fatto? Cosa hai detto a Jeongguk?

«Quindi non hai visto Seokjin per due settimane?»

Buono a sapersi: l'alcol scioglie troppo la sua fottuta lingua.

Jeongguk inarca un sopracciglio. «Certo che non l'ho visto. Ti ho dato la mia—»

«La tua parola, sì, ho capito.»

Per qualche motivo, Taehyung gli crede.
In un certo senso ora capisce cosa ha cercato di fare Jimin. O almeno lo intuisce. Fare sesso non ti farebbe male. Taehyung non era del tutto contrario a questa idea, quando è uscita dalla bocca di Jimin. Vale la pena lottare contro questa idea? Dovrebbe reprimere quello che prova solo perché è l'uomo che odia a scatenarlo?
Lo odia?
Fare sesso non è comunque una questione d'amore, giusto? Diavolo, sono passati quasi cinque mesi dall'ultima volta che ha sentito qualcuno intorno al suo cazzo. Forse Jimin ha ragione, dopotutto. Scopare non gli farebbe male. Scopare sarebbe piacevole.

«Sei sicuro di non volere niente da mangiare?» chiede Jeongguk un po' all'improvviso, alzandosi in piedi.

Taehyung borbotta per negare, e Jeongguk gli dà le spalle, iniziando a fare chissà cosa sul piano di granito. L'alcol lo rende spericolato, le gambe si muovono da sole e lo portano alle spalle di Jeongguk. Il minore si gira e sussulta quando vede Taehyung, rovesciando l'acqua sul suo cappotto. Taehyung abbassa lo sguardo, analizza per un attimo la macchia e si toglie l'indumento, gettandolo con noncuranza sul tavolo. Si rimbocca le maniche della camicia e appoggia le mani sul bancone, ai lati del bacino di Jeongguk. Il sangue gli rimbomba nel cranio, alcune perle di sudore gli scivolano lungo la nuca. Jeongguk stringe le labbra e mette via il bicchiere.

«Perché mi hai chiamato?»

Fissa Taehyung per un po', come se non fosse impressionato dalla vicinanza dei loro corpi. «Te lo dirò quando sarai sobrio.»

«Lo sono.»

Non lo è di certo.

Jeongguk inclina la testa di lato. «Puzzi di birra, tesoro.»

Taehyung nota come gli occhi del minore si soffermino sulla sua mascella, vaghino sulle labbra e sul collo. Si accorge di tutto questo, così come Jeongguk non può ignorare lo sguardo profondo di Taehyung.

Taehyung non pensa nemmeno a quello che sta per dire, semplicemente si infrange nell'aria, diretto e senza filtri. «Anche tu mi trovi sexy?»

Oddio, perché ha bevuto di nuovo? Non riesce più a frenare la lingua. Jeongguk inarca un sopracciglio.

«Sai di esserlo.» Sorride. «Questo non ti rende meno stronzo, però.»

«Un bellissimo stronzo, però.»

Qualcosa negli occhi di Jeongguk vacilla per un istante. «Bellissimo», sussurra come se fosse solo, contemplando i lineamenti di Taehyung.

Lo sguardo del minore poi si sposta sulle clavicole di Taehyung, coperte dalla camicia di seta. Sarebbe così facile scoprirle per lasciargliele vedere. Jeongguk si preme la lingua sulla guancia e, quando il suo sguardo incontra di nuovo quello di Taehyung, l'ultima briciola di lucidità che gli è rimasta va in fumo. L'aria diventa più densa, la presa delle sue mani si fa più dura. Quella relativa vicinanza tra loro non è più sufficiente. Vuole toccare, sentire, afferrare la vita di Jeongguk invece dell'orlo del bancone.

«Un bellissimo stronzo che mi odia», aggiunge Jeongguk mentre le sue dita iniziano a seguire le vene di Taehyung, sul suo avambraccio.

Taehyung freme al tocco, stringe la mascella nella speranza di controllarsi, ma invano. Come potrebbe? Come potrebbe controllare la sua mente già annebbiata, quando Jeongguk sta facendo quello che Taehyung vuole che faccia da giorni e giorni? L'intera essenza di Jeongguk è come una canzone che crea dipendenza, di quelle che Taehyung riproduce in continuazione, sapendo che non si stancherà mai di ascoltarla, non importa quante volte la ascolterà. Il tipo di canzone che non riesci a toglierti dalla testa, che spunta di tanto in tanto, anche quando non vorresti. Il tipo di canzone che non puoi dimenticare, per quanto ti sforzi.

«Non ti odio», dice Taehyung avvicinandosi e facendo aderire la schiena di Jeongguk contro il bordo del bancone.

Ti voglio.

Quella risposta innervosisce Jeongguk, che si morde leggermente il labbro superiore.

Anche tu mi vuoi?

«Non stai pensando in modo razionale», dice Jeongguk dopo un attimo di riflessione.

«Sì», si lascia sfuggire Taehyung con un breve respiro. «Sto pensando in modo molto gay, in questo momento.»

Il respiro di Taehyung si interrompe quando Jeongguk gli afferra debolmente l'avambraccio, stringendovi intorno le sue dita calde.

«Hai detto che è un gioco pericoloso», sussurra Jeongguk, portando la mano libera verso la cintura di Taehyung. «A me non dispiace giocarci.»

Taehyung è proprio fregato.
Lo capisce quando gli occhi di Jeongguk diventano più luminosi, accesi da qualcosa che lui chiamerebbe desiderio. Lo capisce quando Jeongguk tira la sua cintura di pelle, attirandolo più vicino. Lo capisce quando finalmente gli viene permesso di slacciare la camicia nera di Jeongguk. Lo capisce quando i suoi polpastrelli sfiorano la vita del minore, quando entrambi sospirano per questo.

Lo capisce quando l'idea di allontanarsi gli fa male.
Lo capisce quando decide di non allontanarsi, quando decide di stringere più forte la vita di Jeongguk.

La mano di Jeongguk si sposta sulla sua nuca, facendo rabbrividire Taehyung nonostante il calore che continua ad accumularsi dentro di lui. L'odore di menta non è mai stato così vicino, così piacevole e inebriante, tanto che vuole sentirlo sulla lingua, lasciare che gli riempia i polmoni. Non gli dispiace affatto lasciarsi intossicare da quel profumo, purché sia quello di Jeongguk— ed è lì che sta il problema. Non dovrebbe pensare in questo modo.
Darà la colpa all'alcol. Solo per stasera. Può fare uno strappo alla regola.

La sua attrazione per Jeongguk diventa cristallina nel momento in cui Taehyung inizia a desiderare ogni suo minimo tocco. Una parte di Taehyung vorrebbe ancora fare un passo indietro, scappare prima di fare qualcosa di stupido, ma poi sente Jeongguk duro contro la sua gamba, e in qualche modo basta a spazzar via quell'idea. Taehyung geme, la bocca si allontana di qualche centimetro da quella del minore, mentre Jeongguk gli afferra alcune ciocche di capelli, esponendo la gola di Taehyung. Lo lascia fare come vuole, troppo impegnato a sfiorargli la vita e la schiena. Ogni lembo di pelle è liscio sotto le sue dita, eppure così caldo da farlo impazzire.
Qualcosa nelle parti basse di Taehyung risponde prontamente alle labbra di Jeongguk contro la sua gola, ai denti che la sfiorano di tanto in tanto. Gira la testa, scoprendo ancora di più il collo, e Jeongguk sghignazza mentre la sua lingua si dirige verso l'orecchio di Taehyung.

«Lo vuoi davvero, tesoro?», sussurra, e Taehyung gli stringe la carne dei fianchi.

Certo che lo vuole.
Ma non significa che sia l'idea migliore che abbia mai avuto.

«E tu?» riesce a rispondere Taehyung, e Jeongguk ridacchia contro il suo orecchio.

«Non lo senti?» Il mormorio di Jeongguk è abbastanza profondo da far tremare i polsi di Taehyung, il cuore sta per uscirgli dal petto.

«Lo sento.» Taehyung è sorpreso di riuscire ancora a parlare, la mente è troppo annebbiata e la gola troppo secca. «Cazzo, se lo sento.»

Jeongguk ridacchia e morde il lobo dell'orecchio di Taehyung.
Sta davvero, davvero, davvero per esplodere, sente troppo caldo e desidera fin troppo ciò che Jeongguk potrebbe dargli— e quello che lui potrebbe restituirgli in cambio.
Dio, potrebbe dargli così tanto.

Ma non lo farà. Solo per stavolta, giusto? Una cazzata fatta da ubriaco, ecco cos'è.

Eppure. Potrebbe dargli tanto e ricevere altrettanto, provare ciò che non provava da tanto tempo.

Gli occhi di Jeongguk tornano a guardare quelli di Taehyung, entrambi si scambiano uno sguardo intenso, e poi slaccia la cravatta di Jeongguk con gesti bruschi, le loro labbra si avvicinano come prima, l'alito di menta si schianta su Taehyung. L'odore che prima disprezzava ora lo sommerge, facendo a pezzi l'ultima parte di lui che lottava contro quell'attrazione. Si libera della cravatta e attacca i bottoni della camicia. Jeongguk approfitta dell'attenzione di Taehyung per mordersi il labbro inferiore, trattenendolo tra i denti con chiara intenzione e facendo gemere Taehyung ancora una volta.

«Cazzo», è la sua parola d'ordine a questo punto, ed è tentato di usarla di nuovo una volta che ha gettato via la camicia di Jeongguk, scoprendo il suo torace nudo.

«È un'altra cosa occasionale, questa?»

Potrebbe invece diventare un rituale?

Taehyung non risponde e rallenta per un attimo i suoi gesti, lasciando che la sua mano vaghi sul petto ansante di Jeongguk. Traccia la linea che va dal collo fino allo sterno. Per capriccio, tira a sé Jeongguk e lo fa girare verso il tavolo della cucina, prima di farlo sedere su di esso. Il minore sorride mentre Taehyung si posiziona tra le sue gambe.

«L'alcol ti rende avventato», afferma Jeongguk facendo scorrere una mano tra i capelli di Taehyung, che lo trova più piacevole di quanto dovrebbe.

È vero.

«Lo sono sempre.»

Taehyung afferra di nuovo la vita di Jeongguk, fissandolo a lungo negli occhi. Jeongguk sfiora le labbra di Taehyung con le sue e gli tira la camicia.

«Toglitela.»

Taehyung fa una breve risata beffarda. «Perché non lo fai tu, mh?»

Jeongguk fa un sorriso eccitato, e Taehyung giura di non averlo mai visto prima sul volto di Jeongguk. Cazzo, lo adora, lo adora profondamente e non riesce a capire perché. Non riesce nemmeno a capire cosa stia facendo in questo momento. È consapevole delle sue azioni, eppure... perché lo sta facendo? Se continua così, alla fine lo attenderanno solo guai.

Non ha funzionato con Seokjin.
Perché dovrebbe funzionare con Jeongguk?

Scopare non è una questione d'amore.
Sì, ma scopare è pur sempre scopare, significa comunque qualcosa, anche se non è la stessa cosa dell'amore.
E se—

Oh, cazzo, no, non può permettere che accada.

Jeongguk cerca di sbottonare la camicia di Taehyung, ma il maggiore gli afferra il polso. Quando alza lo sguardo, Jeongguk è leggermente accigliato.

«Cosa c'è che non va?»

Se Seokjin e Jeongguk non possono andare a letto insieme, perché lui dovrebbe essere autorizzato a scopare con lui in questo preciso istante?
Che diavolo gli è venuto in mente?

«Non posso», risponde Taehyung con voce roca. «Non posso farlo.»

Gli occhi di Jeongguk sono così preoccupati che Taehyung si sente morire. Il ragazzo accarezza dolcemente la mascella di Taehyung.

«Non farlo», mormora il maggiore mentre fa un passo indietro, con le gambe pesanti come macigni. «Non posso.»

Non ora?
No, mai.
Non riuscirà mai a scoparsi un bastardo così ricco e superbo. Quella è stata la prima impressione che ha avuto di lui e non se ne andrà mai. Fermarlo subito è la cosa migliore che possa fare. La task force non durerà comunque per sempre, le loro strade si separeranno presto.

Taehyung fa un altro passo indietro, ma Jeongguk si spinge via dal tavolo e gli afferra il braccio.

«Resta.» Il tono non è supplichevole, ma nemmeno del tutto neutrale.

Cazzo, perché sembra che gli interessi?

«Non posso», ripete Taehyung.

«Resta per stanotte», mormora Jeongguk avvicinandosi a lui con cautela. «Non puoi guidare in questo stato.»

Taehyung sta per rifiutare, ma la stanza inizia a vorticare intorno a lui. Brontola e si porta una mano alle tempie. Gli gira la testa da morire e la sua pelle è bollente.
Un attimo dopo, deve aggrapparsi ai bordi del bancone per non cadere.











Taehyung si sveglia in una stanza che non conosce. L'atmosfera generale oscilla tra classe e calore, tra nero e marrone.
Fa tanto Jeongguk e—

Oh, cazzo.

Taehyung si spinge all'indietro sul letto e geme mentre ricorda quello che è successo, con gli occhi puntati sul soffitto. Non ricorda però perché stia indossando una maglietta che non è sua.
Taehyung afferra le lenzuola scure e fa una smorfia di scherno. Ovviamente sono fatte di maledetta seta, e ovviamente è un letto king size. Non si aspettava niente di meno, da Jeongguk. Getta un'occhiata all'orologio e distingue i numeri nonostante l'oscurità. Non ha dormito molto, ma niente di nuovo, no?

Espira lentamente e si rimette a sedere, prima di spostare le gambe fuori dal letto. Il pavimento non è freddo come si aspettava. Gira la testa e alza gli occhi al cielo quando nota un post-it con su scritto "bevi" su una bottiglia, sul comodino. La prende, la stappa e beve, mentre la sua gola lo ringrazia. Il suo alito non puzza più di alcol— oddio, ha usato lo stesso dentifricio di Jeongguk? Ah, chi se ne frega.

Il detective si passa una mano sul viso, si alza e inciampa, non completamente sveglio. Il suo sguardo vaga un po' per la stanza, dopodiché esce dalla camera da letto. Jeongguk non si vede da nessuna parte, ma c'è una luce fioca che proviene da lontano. Si dirige verso la sua fonte e finisce in una stanza che sembra essere un ufficio. Il giovane è lì, seduto dietro una scrivania, di fronte a una grande finestra. Si gira sulla sedia quando si accorge della presenza di Taehyung.

«Già sveglio?»

«Sembra di sì.»

Jeongguk serra le labbra e si alza in piedi.

«Già vestito?»

«Sembra di sì», risponde Jeongguk con un lieve sorriso.

«Immagino di essere stato nella tua camera da letto, quindi tu dove hai dormito?»

«Nella stanza degli ospiti.»

Avrebbe dovuto essere Taehyung a dormire lì, no?
Oh, non importa. Si sente troppo indolenzito per pensarci.

Dopo un breve silenzio, Taehyung chiede: «Cazzo, sto indossando una delle tue magliette?»

Jeongguk inarca un sopracciglio. «Non ti ricordi?»

Cosa dovrebbe ricordare? Ha fatto qualcosa di così stupido?

«Ricordare cosa?», chiede lui, con le sopracciglia aggrottate.

«Il modo in cui ti ho scopato», risponde Jeongguk avvicinandosi. «Il modo in cui mi hai pregato di dormire nel mio letto, di indossare i miei vestiti.»

Ma che cazzo?
No, non è possibile, non lo farebbe mai, mai—

«Sto scherzando, idiota», aggiunge Jeongguk, notando la sua espressione tormentata. «Ti sei vomitato sulla camicia.»

Dio, questo è ancora peggio.
Ha vomitato, sul serio? Per due fottute birre?

«Sei davvero astemio.»

«Te l'ho detto», brontola Taehyung. «Io non bevo.»

«Continua così, allora.» Inclina la testa di lato, scrutando Taehyung. «Ho messo i tuoi vestiti in lavatrice, ma i miei ti stanno bene. Anche se stanno meglio a me.»

Sta sognando. O sta avendo un incubo.
Taehyung sospira e si sposta un po', dando un'occhiata alla scrivania di Jeongguk, coperta da quelli che devono essere fascicoli. Si acciglia quando nota una strana busta nera.

«Che cos'è?»

Jeongguk segue lo sguardo di Taehyung, dopodiché lo fissa di nuovo.

«Il motivo per cui ti ho chiamato.»

I lineamenti di Taehyung si induriscono. Si avvicina alla scrivania e, senza chiedere il permesso, estrae un foglio dalla busta. Lo sfoglia e quasi lo fa cadere quando vede delle lettere simili ai versi biblici inviati in precedenza. Legge le parole più volte e alza lo sguardo, incontrando gli occhi preoccupati di Jeongguk.

Una settimana.

È davvero un gioco per quel figlio di puttana.

«L'ho trovato ieri in uno dei cerchioni della mia auto, tra due raggi.» Jeongguk si schiarisce la gola. «Ho controllato le telecamere a circuito chiuso, ma quello stronzo deve essersi nascosto dietro la mia auto, perché non ho trovato alcuna prova.»

Un'altra linea è stata valicata.
Anche se Taehyung non è stato preso di mira direttamente, adesso la questione sembra più personale che mai.









«Ripetiamo un'ultima volta.» Seokjin è in piedi, come al solito, contro la sua scrivania. «Zak e Kristin, qual è la vostra missione?»

L'atmosfera è tesissima. Taehyung non può fare a meno di far rimbalzare il ginocchio destro. Jeongguk non gli mette una mano sulla coscia per farlo smettere.

«Dobbiamo sorvegliare la casa di Namjoon. Cercare qualsiasi attività sospetta.»

Taehyung non ha mai amato l'idea che Jimin vivesse con il giornalista, ma la situazione è peggiorata con gli ultimi eventi.

«Bene. Leroy e Georgie?»

«Pattugliare il Near South Side.»

Dato che Kelsey è stata trovata nel Near North Side, possono aspettarsi un omicidio nel centro di Chicago.

«Jeongguk e Taehyung?»

«Pattugliare il Loop», risponde Jeongguk.

Seokjin annuisce. «Bene, io e Hoseok pattuglieremo queste tre zone. Tutti i poliziotti della città sanno del nostro assassino, quindi anche loro staranno all'erta. Fate attenzione a tutti i furgoncini neri.»

Lo sanno. È ora di andare.

«Buona fortuna.»









Vagano per il Loop da ore.
Taehyung non è mai stato un grande fan di quella zona, ma ormai probabilmente la conosce a memoria.

«Non porta da nessuna parte, cazzo», grugnisce il maggiore, mentre il suo ginocchio ricomincia a rimbalzare su e giù.

«Smettila di brontolare», risponde Jeongguk, con gli occhi sulla strada. «Sono frustrato quanto te.»

La tensione tra loro è vivida.
Taehyung si comporta in modo freddo da una settimana.
Jeongguk, dal canto suo, lo ignora da una settimana. Ha evitato di provocarlo come suo solito e questo, Taehyung deve ammetterlo, lo infastidisce molto più di quanto pensasse. Proprio quando cominciava ad abituarsi al comportamento di Jeongguk, ha smesso.
Non può però dare la colpa al minore. È lui che si è presentato ubriaco a casa sua, che lo ha fatto eccitare per poi allontanarsi come un codardo. Sì, è stato sicuramente un atto di codardia. Odiarlo è più facile, Taehyung dovrebbe attenersi a questo. Se ha bisogno di scopare, può sempre trovare uno scopamico che non sia Jeongguk. Non gli piacciono le scappatelle, ma non ci ha mai nemmeno provato, quindi forse si sta perdendo qualcosa. Sarebbe un peccato morire da ignorante in materia.

«Sei molto silenzioso, stasera», dice Taehyung per un motivo che lui stesso ignora.

Jeongguk gli lancia un'occhiata strana, poi si concentra nuovamente sulla strada. Taehyung guarda attraverso il finestrino, anche se è stanco di vedere sempre gli stessi enormi edifici.

«Parla quello che è stato in silenzio per una settimana.»

Taehyung avrebbe dovuto prevederlo. Non avrebbe dovuto parlare.

«Non c'è niente di cui parlare.»

Dio, non crede nemmeno a un quarto della sua stessa bugia.

«Sei proprio un bambino», replica Jeongguk.
«Dovrebbe essere Leroy a chiamarti ragazzino.»

Taehyung ha voglia di scendere il SUV, ma ovviamente non può.

«Cosa vuoi che ti dica?»

«Qualsiasi cosa», mormora Jeongguk mentre svolta a sinistra. Girano in tondo, in tutti i sensi. «Solo dimmi qualcosa.»

Voleva che ne parlassero. Lo voleva davvero. Ma poi è arrivato alla conclusione che dare tutta la colpa all'alcol sarebbe stato più facile, e così ha fatto. Ero ubriaco, sapete, e giusto un po' eccitato, fine del discorso.
Il fatto è che: Taehyung era ubriaco e arrapato, ma arrapato per chi? Esatto, bingo.
Arrapato per quel figlio di puttana di Jeongguk.

Avrebbe preferito morire piuttosto che chiamarlo partner, ma a un certo punto l'ha fatto.
Avrebbe preferito morire piuttosto che ammettere la sua attrazione per Jeongguk, ma a un certo punto l'ha fatto.
Ora... beh, preferirebbe morire piuttosto che andare a letto con Jeongguk, e stavolta si atterrà a questa affermazione.

«Quindi non hai davvero nulla da dire?» La voce di Jeongguk è ferma.

Ha delle cose da dire. Cazzo, così tante cose.
Le tiene per sé. È meglio per entrambi— anche se a lui non importa di Jeongguk.

«Concentriamoci.»

Jeongguk ridacchia debolmente. «Continui a scappare.»

Taehyung vorrebbe dargli una gomitata, ma non lo fa.

Passano alcuni minuti in silenzio. La neve che cade è fragile, più simile alla pioggia. Ai lati della strada c'è un po' di fango. Il tempo sembra uggioso come l'atmosfera all'interno dell'auto. Fuori c'è ancora molta gente, a dimostrazione che Chicago non dorme mai. Taehyung si chiede se uno di loro potrebbe essere il prossimo obiettivo del serial killer.

Cazzo. Si sta facendo tardi e nessuno ha ancora chiamato. La radio è rimasta in silenzio, ma Taehyung sa che quello psicopatico è da qualche parte a Chicago, pronto a far cadere un altro corpo. Non è ingenuo, hanno fallito un'altra volta, stanotte. Ora aspettano solo una chiamata.
Jeongguk gira a destra, passano davanti a un negozio di tatuaggi, che fa girare di scatto la testa a Jeongguk.

«Non sapevo che avessi un tatuaggio.»

Taehyung stringe la mascella, continuando a guardare fuori. Se l'ha visto quella sera, perché non gliel'ha detto prima?

«Ora lo sai.»

Jeongguk sospira. Taehyung si chiede se anche lui abbia un tatuaggio. Gli starebbe benissimo, deve ammetterlo. Ultimamente deve ammettere troppe cose, è estenuante.

La radio gracchia, ma non arriva nulla di chiaro.

«Hai sentito?»

Taehyung annuisce e allunga la mano per afferrare il microfono, ma si blocca a mezz'aria quando sente delle grida lontane. Jeongguk lo guarda preoccupato e accelera, superando tre auto. Le urla diventano sempre più forti quando Jeongguk gira il volante a destra, entrando in una zona dominata dalla Trump Tower, facendo reprimere a Taehyung un rantolo.
Le persone si accalcano davanti ai Virgin Hotels. Taehyung si slaccia la cintura di sicurezza e Jeongguk parcheggia frettolosamente il SUV. Nel momento in cui apre la portiera, Taehyung ha già capito.

«Annuncia un fottuto omicidio», dice mentre scende, sbattendo la portiera.

Lancia una rapida occhiata ai dintorni, ma ovviamente non c'è nessun furgoncino. Impreca sottovoce e si fa strada a gomitate tra la folla, gridando di tanto in tanto «Polizia!», ma sono tutti così fottutamente lenti.
Li disperde il più possibile, le sirene della polizia risuonano già in lontananza e ben presto l'area si tinge di rosso e blu.
Taehyung inspira bruscamente quando vede il cadavere.

D'istinto, si riprende e grida: «Per favore, state indietro!»

Deve fare i conti con due uomini piuttosto reticenti, desiderosi di sangue, ma alla fine arrivano alcuni colleghi e gli viene concesso di respirare per un secondo.

«Indietro!» ripete per aiutare gli altri poliziotti, che stanno già cercando di delimitare la scena del crimine con del nastro adesivo.

Seokjin e Hoseok arrivano subito, entrambi si precipitano da Taehyung. Jeongguk è un po' più in là, sta cercando di capire chi ha visto cosa. È un caos totale, scandito da forti clamori e sirene stridenti.

Quando finalmente Jeongguk si avvicina al corpo, diventa improvvisamente pallido, con gli occhi spenti che fissano quello che una volta era un uomo. Dio, Taehyung non riesce nemmeno a distinguere le sue labbra, nel il disgustoso e sanguinolento disordine che è diventata la sua faccia. Non è nemmeno più un volto, è solo la morte che fissa dritto verso la sua anima.

«Taehyung», borbotta Jeongguk, con voce tremante.

Taehyung si avvicina, gli occhi di Jeongguk incontrano i suoi. Il loro scintillio è svanito.

«Conosco la vittima.»

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