𝚅

















La prima condizione
dell'immortalità è la morte.
Stanisław Jerzy Lec








𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚅








Taehyung fa un respiro profondo.

Non è mai facile fare ciò che sta per fare, ma almeno è solo. Jeongguk non è tra i piedi. Non segue la procedura standard, ma chi se ne frega.

È in piedi sotto un elegante portico, piuttosto accogliente, a essere onesti. Il muro di mattoni rossi fa contrasto con la porta d'ingresso bianca, e sembra tutto perfetto dall'esterno. Sarà lo stesso una volta entrato?

Un altro respiro profondo, dopo il quale decide di annunciare la sua presenza battendo tre colpi contro la porta. Non deve aspettare a lungo.

«Salve, signore», dice a un uomo alto, estraendo il distintivo. «Detective Kim, dell'Ufficio Investigativo. Josh Doney, giusto?»

«Sì, ma non mi aspettavo una risposta così celere», confessa, facendosi da parte. «Entri, detective.»

Taehyung lo ringrazia ed entra in casa, dopo aver messo a posto il distintivo.

«Purtroppo, temo che non sia la risposta che cercava.» Taehyung non vuole dargli speranza. Sarebbe peggio.

«Davvero?» Josh lo invita a sedersi sul comodo divano. «Vuole un caffè o altro?»

«No, grazie», rifiuta Taehyung, accomodandosi. Il soggiorno è ordinato, forse troppo. Un bel profumo aleggia nell'aria, ma Taehyung sta per rovinare tutto. Il suo lavoro fa proprio schifo a volte.

«Penso di averla già vista in TV», dice a Taehyung, sedendosi accanto a lui. «È possibile?»

«Sì, beh, ho fatto alcune apparizioni.»

«Ero sicuro di conoscere il suo viso. Lei è piuttosto giovane, non è vero? Mi scusi se la disturbo con le mie domande stupide.»

«Non fa niente. Sono uno dei più giovani detective del Paese, sì.» Ed era il più giovane dell'undicesimo distretto prima dell'arrivo di Jeongguk. Ma non è questo il punto adesso, e Taehyung non capisce perché il marito di quella donna gli stia facendo queste domande. Non sembra nervoso, ma forse in fondo lo è.

«Signore», inizia Taehyung, guardando Josh. «Mi duole doverglielo comunicare, ma ieri notte abbiamo trovato sua moglie. È morta.»

Non esiste un "buon modo" per annunciare una cattiva notizia. Non è la prima volta che lo fa, ma in qualche modo colpisce sempre Taehyung, soprattutto perché conosce fin troppo bene quella terribile sensazione. Annunciare una morte è orribile, ma sentirsi dire che una persona cara è morta è molto peggio. Non riesce nemmeno a esprimerlo a parole. Bisogna viverlo, ma non lo augura a nessuno. Nemmeno a Jeongguk, e questo la dice lunga.
Josh non reagisce subito, la sua bocca si spalanca lentamente. Taehyung si aspetta di vedere tristezza o shock nei suoi occhi, ma l'uomo ha uno sguardo assente.
La notizia è brutale, qualsiasi reazione sembra normale, quindi al detective non importa per adesso, ma lo tiene a mente. Il marito è sempre il primo sospettato in casi come questo.

«Morta?» ripete alla fine, prima di deglutire a fatica. «Come?»

«Assassinata.»

«Assassinata?» Gli occhi sporgenti di Josh fissano Taehyung, che annuisce. «Come?» Di nuovo.

«Glielo dico se vuole, ma magari ora ha bisogno di un po' di tempo? Almeno qualche minuto?»

«Detective.» Sta ancora fissando Taehyung. «Non sono triste.» Eppure, c'è un barlume di preoccupazione nella sua voce.

«È sconvolto, è naturale. Non ci sono reazioni buone o cattive in questi casi.»

Josh abbassa lo sguardo e si morde il labbro inferiore.

«Sono lucido. Sorpreso, ma non proprio stupito.»

«Sta dicendo che sua moglie aveva dei nemici?»

«No.»

Taehyung tira fuori il suo taccuino quasi di riflesso, pronto a sentire il resto.

«Volevo divorziare.»

Ora sì che è interessante. E strano.

«Posso chiederle perché?» dice Taehyung, scarabocchiando sul foglio.

«Vede, detective... Abbiamo un figlio. James.» Un sorriso orgoglioso affiora sul volto di Josh. «È un ragazzo meraviglioso. È a scuola adesso.» Il sorriso scompare all'improvviso e il suo colorito deperisce. «I primi anni sono stati fantastici, ma a un certo punto Janice ha dovuto smettere di lavorare. Era una rappresentante di vendite, proprio come me, ma entrambi non potevamo più viaggiare. L'azienda per cui lavoro si stava espandendo, perciò lei ha deciso di licenziarsi. All'inizio le cose andavano bene, ma dopo alcuni mesi ha incolpato me di tutta questa situazione. Io ero in viaggio d'affari per gran parte del tempo, perciò lei ha iniziato a odiare James, a vederlo come un peso.»

Josh fa una breve pausa, flettendo le dita in continuazione, irrequieto. «Non me ne sono accorto in tempo. Non sembrava esserci niente sbagliato quando ero a casa, indipendentemente dal suo atteggiamento nei miei confronti. Ma invece lo era.» Fa un'altra pausa e rivolge un'occhiata cupa a Taehyung. «Sbagliato.»
Il detective non si sente minacciato dall'oscurità nei suoi occhi. Perché non è rivolta a lui, ma a Janice.

«Picchiava James?» È la prima domanda che gli viene in mente.

Il marito annuisce, e all'improvviso la vittima diventa colpevole— ma è pur sempre una vittima, e questa informazione deve essere interpretata come un elemento cruciale. L'assassino lo sapeva?

«Quando l'ha scoperto?» L'assassino potrebbe essere seduto proprio di fronte a Taehyung.

«Solo qualche giorno fa. Sono tornato da un viaggio prima del previsto e ho visto tutto.» Il ginocchio di Josh non smette di fare su e giù.

«Dovevo accorgermene prima.»

«Quindi James non gliel'ha mai detto?»

«Mai. Non so perché... Aveva troppa paura? Era sotto pressione? Non pensava che fosse sbagliato?»

«Forse una via di mezzo?» Taehyung giocherella con la penna. «Come sta James?»

«Bene, credo. Beh, sembra che stia bene, ma questa situazione lascerà un segno indelebile in lui, senza dubbio.» Un profondo sospiro. Anche l'altro ginocchio inizia a rimbalzare su e giù, come per dare sollievo al suo gemello. «Almeno è felice quando sono a casa.»

Sarebbe preoccupante il contrario, data la situazione.

«Avrà bisogno di lei più che mai, ma scommetto che lo sa già.»

Josh concorda ancora una volta. «Davvero non vuole niente? Caffè? Tè?»

«Sto bene così, grazie, ma ho altre domande.»

Taehyung allontana per un attimo il taccuino e apre la sua piccola valigetta in pelle, tirando fuori alcune fotografie che poggia a faccia in giù sulle cosce.

«Non le chiederò di andare all'obitorio se non vuole, ma ho bisogno di un'identificazione.»

«Capisco. Allora com'è morta?» chiede Josh, come se fosse una domanda facile, ma la sua voce trema un po'.

«Il suo corpo è stato trovato a West Garfield Park.» Taehyung si schiarisce la gola, tenendo d'occhio il colorito di Josh. «Aveva le mani tagliate, ma non c'era sangue, quindi pensiamo che sia stata portata lì in un secondo momento.»

Il marito deglutisce, e Taehyung continua: «Aveva contusioni su tutto il corpo.» Il detective aggrotta la fronte alle sue stesse parole. E se...

Lo tiene a mente. «Lo ioide era rotto.» Taehyung punta un dito contro il proprio osso. «Quella è stata la ferita mortale.»

Il volto di Josh diventa cinereo. Sta immaginando cosa si prova ad avere lo ioide spezzato?

«Contusioni?» chiede il marito, e Taehyung annuisce.

«Ora che so di James, mi sembra piuttosto strano. Posso mostrarle le foto? Sono state fatte all'obitorio.»

Quando Josh acconsente, Taehyung capovolge le fotografie e gli porge la prima, che mostra i lineamenti pallidi della donna. L'uomo la prende con mano tremante, anche se sta cercando di contenere gli spasmi.

«È lei, senza dubbio», afferma Josh dopo un lungo silenzio. Taehyung lo sapeva già, ma gli serviva una conferma. Ora deve affrontare un altro argomento. Josh gli restituisce la foto, e Taehyung gli porge la seconda.

«James aveva dei lividi simili a questi?»

Josh esamina la fotografia, la fronte corrugata. «Pensa che le due cose possano essere collegate?»

«Non posso dirlo con certezza, ma forse. Le coincidenze sono rare.» E lo pensa davvero. Ecco perché non dimentica che il primo sospettato è seduto proprio di fronte a lui. Josh lo conosceva prima che arrivasse, e sapeva cosa Janice aveva fatto a James. È un movente, e dire alla polizia che sua moglie era scomparsa avrebbe potuto essere un modo per coprire il crimine.

«C'era un'altra cosa.» Taehyung riprende la foto e la mette nella valigetta insieme alla prima. «Una firma, in rosso, sul muro.» Scritta con il sangue, ma questo non lo specifica. «Diceva "remember"? Sa di cosa potrebbe trattarsi?»

«Una firma? Perché? Non ho capito.»

«Ha detto che non aveva nemici, giusto?»

«Non che io sappia.»

Taehyung lo annota questa volta. Nessun nemico, eh? O un solo nemico, il marito?

«E riguardo ieri notte», Taehyung attira l'attenzione di Josh su di sé. «Dov'era lei?»

«A casa con James. Janice doveva incontrare la sua migliore amica.»

«Come si chiama?» La matita fluttua nell'aria, in attesa di una risposta da scrivere.

«Linda Bane. Aspetti un secondo.» Josh si alza e si avvicina a un cassetto, dal quale tira fuori una penna e un post-it. Ci scarabocchia sopra e torna. «Ecco il suo numero.»
Taehyung lo ringrazia mentre Josh si diede di nuovo, e poi attacca il post-it su una pagina.

«Quindi, ha detto che doveva incontrare Linda?»

«Sì, ma non era qui quando mi sono svegliato, verso le sei del mattino, perciò ho chiamato Linda. Janice avrebbe dovuto accompagnare James a scuola oggi, quindi è dovuta tornare a casa.» Josh scuote la testa. «Non l'ha mai incontrata.»

«Linda non si è preoccupata?»

«È questo il punto. Pensava che Janice fosse con me.»

«Il telefono», realizza Taehyung. «Non è uscita senza, giusto?»

«Certo che no, l'ha portato con sé.»

«Quindi ce l'aveva l'assassino. E forse ce l'ha ancora.»
Taehyung tira fuori il suo telefono. «Può darmi il suo numero, per favore?»
Josh annuisce e lo dice direttamente al detective, che lo invia subito a Seokjin per tentare di localizzarlo. È piuttosto improbabile, ma forse l'assassino non l'ha ancora distrutto.

«E che mi dice del messaggio?»

«Diceva: "Non mi sento bene. Non posso venire, scusa." Janice mandava sempre messaggi del genere.»

Taehyung annota tutto ancora una volta. L'assassino la conosceva, non potrebbe essere altrimenti. Ci sono troppi fatti che lo dimostrano.

«Ho accompagnato James a scuola e poi ho provato a cercarla, ma non sono riuscito a trovarla da nessuna parte, così sono andato alla stazione di polizia.»

«Sua moglie aveva una password?»

«Certo, ma non la so ad essere onesto.»

Questo è tutto ciò che Taehyung ha bisogno di sapere per adesso. Infila il taccuino nella tasca interna del cappotto prima di alzarsi, seguito da Josh.

«Non la disturberò oltre. Posso contare su di lei se ho altre domande?»

«Ma certo, detective Kim.»

Taehyung lo ringrazia con un lieve cenno del capo. «Ha bisogno che porti qualcuno?»

«Sto bene», lo rassicura Josh, quando i suoi occhi incontrano quelli di Taehyung. «Chiamerò mia sorella. James sarà felice di vederla.»

Taehyung gli porge la mano, e l'uomo la stringe con fermezza. «Chiami la mia stazione se ha bisogno di qualcosa.»
Taehyung gli dà il foglietto che ha preparato. «Si faccia forza, Josh.»








«Ciao, papà.»

Taehyung si siede mentre pronuncia quelle parole, avvolgendo le braccia intorno alle ginocchia, premute contro il suo petto.

«È stata una giornata strana.» Sospira, sentendo quella pressione gravare su tutto il corpo. «Sono esausto.» Il figlio si alza il colletto per coprirsi le orecchie arrossate dal vento freddo. «Non mi ci abituerò mai, lo sai. A dire che qualcuno è morto.» Rabbrividisce un po'. Quel maledetto vento soffia forte stasera. «Suo marito ha reagito a malapena, ma non posso biasimarlo. La morte ci sconcerta.» Un altro sospiro. «Ho fatto lo stesso quando hanno annunciato la tua.»

L'unica fonte di luminosità è una lontana luce giallastra che sfarfalla di tanto in tanto.

«Quindi sì, mi sto occupando di un nuovo caso, e in un certo senso sembra collegato a me. Dovrei preoccuparmi, papà?» Taehyung lancia un'occhiata all'umile tomba accanto a lui. «Sembra tremendamente sbagliato, ma ormai ci sono dentro. Come sempre, giusto?» Gli alberi spogli e tremanti sono gli unici a rispondergli, ma tanto basta. Non chiede molto.

«Penso che Jimin si preoccuperà quando glielo dirò.» Una risatina soffocata risuona nell'aria. «Se non mi uccide perché non l'ho avvertito prima.» Un silenzio. «Glielo dirò domani. Forse. Ma deve essere impegnato. Il primo distretto non è di certo il più facile. I ricchi sono fastidiosi.»
Soprattutto uno di loro.

«Ti ho già parlato di Jeon, giusto? Che stronzo. Scusa la parola, papà, ma è vero. E indovina un po'? Seokjin vuole che lavori con lui! Mai, neanche tra un milione di anni, te lo giuro. Non succederà.» Taehyung fa una piccola pausa, guardando il cielo infinito. «Non so chi mi fa arrabbiare di più, se l'uomo che amavo o questo cazzo di idiota.» Lascia ciondolare il mento sulle ginocchia. «Ti sarebbe piaciuto Seokjin. È un brav'uomo, anche se sa essere fastidioso come un dito in culo quando vuole. E non sto parlando di sesso.» Taehyung ride delle sue stesse scempiaggini, ma è una risata fragile e addolorata. «Te l'ho detto che ero stanco, ok? Ho preso da te il mio pessimo umorismo.»

Poi il detective rimane in silenzio per un po', ed è solo una sagoma sfocata in un oceano di tombe, alberi e foglie. Sono passati anni, ormai. Il tempo passa così in fretta, eppure tutto sembra essersi congelato in un istante. Cosa sono un paio di minuti in un giorno? Cosa sono poche ore in una vita? Cos'è una vita in un'immensa eternità? Taehyung non conosce la risposta.
Ma cosa rappresenta una persona cara, defunta, nel suo cuore? Una voragine, più grande di qualsiasi altra cosa, più dolorosa della peggiore ferita. Un vuoto che devi sopportare ogni giorno. Un vuoto che potrebbe divorarti in un minuto, se non sei abbastanza attento. Se non sei abbastanza forte.

Taehyung non si sente forte in questo momento, le sue gambe tremano mentre si alza in piedi. Ma è vivo. Non è molto, ma è tutto ciò che la vita ha da offrigli. Un calice avvelenato.

«Mi manchi, papà.» Le sue dita indugiano sulla pietra, sfiorandola. «E ti voglio bene.»

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