𝘵𝘰𝘯𝘪𝘨𝘩𝘵 𝘮𝘢𝘺 𝘩𝘢𝘷𝘦 𝘵𝘰 𝘭𝘢𝘴𝘵 𝘮𝘦 𝘢𝘭𝘭 𝘮𝘺 𝘭𝘪𝘧𝘦
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˗ˏˋ ♡ ˎˊ˗
𝘵𝘰𝘯𝘪𝘨𝘩𝘵 𝘮𝘢𝘺 𝘩𝘢𝘷𝘦 𝘵𝘰 𝘭𝘢𝘴𝘵 𝘮𝘦 𝘢𝘭𝘭 𝘮𝘺 𝘭𝘪𝘧𝘦
«Ok», dice Taehyung con dolcezza. Non ha lasciato il polso di Jungkook.
«Puoi... puoi aspettare, finché non ho finito di lavorare? Potrei venire da te», mugugna Jungkook, fissando le loro mani. «Non posso spiegarti tutto adesso.»
«Certo.» Il tocco di Taehyung è incredibilmente gentile, il modo in cui le sue dita danzano lungo l'orlo della benda di Jungkook. «Vuoi che resti fino ad allora? Posso farlo.»
Jungkook vorrebbe tanto dire di sì, ma non può. Il suo turno non è ancora finito e non crede che la sua responsabile tollererebbe che un suo amico se ne stia in giro per il negozio per le prossime sei ore, per quanto sia stata gentile domenica. Quindi scuote la testa.
«No, tranquillo.»
Taehyung sembra sospettoso, ma fortunatamente non insiste. «Allora vado. Ma ci vediamo dopo, ok?»
Lascia la mano di Jungkook, ma Jungkook afferra la sua, trasalendo quando quel movimento gli ricorda dolorosamente dell'ustione.
«Scusa, è solo che– puoi– puoi restare finché non finisco di mangiare?»
Taehyung annuisce in silenzio e usa l'altra mano per spezzare la presa di Jungkook sul suo polso, prima di far scivolare la sua sedia più vicino al lato del tavolo dov'è seduto Jungkook. Jungkook cerca di non sentirsi in imbarazzo per quanto debba sembrare bisognoso in questo momento, concentrandosi invece sul resto del pranzo e sulle dita di Taehyung che gli sfiorano il braccio, tracciando sui suoi tatuaggi un disegno ormai familiare.
Non parlano, finché Taehyung non si china e ruba un boccone del pollo di Jungkook dalla sua forchetta.
«Hey!», protesta Jungkook, scacciando fiaccamente Taehyung.
«Rilassati, preparerò la cena», promette Taehyung. «E potrai dare un morso alla mia.»
Lo stomaco di Jungkook sprofonda di fronte alla disinvoltura con cui Taehyung lo dice, come se fossero una coppia che fa sempre questo genere di cose domestiche. Si domanda se chiedere a Taehyung della sua ragazza, se prepari la cena anche per lei, ma non è proprio il momento giusto. Inoltre, non vuole sapere la risposta, non veramente.
Taehyung inizia a parlare, raccontando a Jungkook delle nuove canzoni a cui lui e il suo gruppo hanno lavorato mentre era a casa sua due settimane fa. Jungkook lo ascolta con attenzione, anche se capisce a malapena quello che Taehyung gli sta dicendo. Non sa molto di produzione musicale, quindi si sente perso.
Ma gli piace il suono della voce di Taehyung, il suo baritono profondo e rilassante, così lo assapora fino a quando la pausa pranzo non finisce e deve tornare al lavoro. Taehyung gli stringe leggermente la mano prima che si separino.
«Ci vediamo stasera.»
«Va bene», risponde Jungkook. «Ciao, Taehyung. E grazie.»
Taehyung gli rivolge un sorriso prima di allontanarsi da lui, e Jungkook deve tornare di corsa al negozio per non fare tardi.
È difficile concentrarsi durante il resto del turno, ma per fortuna hanno appena ricevuto un mucchio di nuovi prodotti che deve smistare e organizzare, quindi non ha molto tempo per pensare a quello che sta per dire a Taehyung. Pensa di potersi inventare qualcosa o di dare spiegazioni su quei messaggi solo in termini vaghi, ma il problema è che, se vuole essere sincero, deve condividere tutto.
E c'è una vocina nella sua testa che lo esorta a farlo comunque. Non ha mai raccontato a nessuno tutta la storia, non con così tante parole, e pensa che potrebbe essere utile far uscire tutto allo scoperto, almeno una volta. E pensa anche che Taehyung sia una figura relativamente recente nella sua vita, per cui se decidesse di abbandonare Jungkook, il dolore non durerà per sempre. Ma Taehyung gli ha dimostrato, anche in questo breve lasso di tempo, che può fidarsi di lui, o almeno che sa essere qualcuno a cui Jungkook può appoggiarsi, senza aver paura di essere rifiutato o giudicato.
È di questo che Jungkook ha bisogno, per raccontare questa storia. Una terza parte obiettiva, che ascolti e osservi senza dire nulla, non finché non avrà tirato fuori tutto.
Trenta minuti dopo la chiusura, si ritrova davanti alla porta di Taehyung, con la mano sollevata nel tentativo di bussare.
Forza, Jeon.
Passano altri dieci secondi prima che finalmente bussi alla porta e altri venti prima che questa si apra. A quel punto, Jungkook è così nervoso che praticamente vibra, e ricambia a malapena il "ciao" sbigottito di Taehyung, prima di entrare e sedersi sul divano.
Taehyung lo raggiunge un secondo dopo. «Vuoi mangiare? Ho fatto di nuovo i noodles...»
«Taehyung», lo interrompe Jungkook, «devo dirtelo subito, perché potrei non essere in grado di farlo più tardi.»
Taehyung chiude la bocca, con un'aria in parte preoccupata e in parte confusa. Jungkook deglutisce, si china in avanti e fa scivolare la sua mano ferita sotto quella di Taehyung, chiedendogli in silenzio di toccarlo di nuovo. Taehyung lo fa, di buon grado, e inizia a far scorrere le dita sul suo avambraccio con delicate carezze.
Jungkook tiene gli occhi puntati sulla mano di Taehyung, la sua bellissima mano, e si costringe a parlare.
Dillo e basta.
«Uhm, allora. Hai presente quel gioco da cui sei ossessionato? Quello a cui abbiamo giocato?»
Taehyung annuisce.
«L'ho programmato io. O meglio, la società per cui lavoravo.»
«Jungkook, è fantastico.»
Jungkook ride, ironico. «Sì, grazie. Ci ho lavorato davvero tanto. Quando mi sono laureato, ho iniziato a lavorare lì e sono stato super coinvolto in tutto il design e il resto, e... onestamente, sono davvero felice che sia venuto così bene. E che ti piaccia. È stata la prima volta che l'ho visto, quando sono venuto qui.»
Jungkook alza lo sguardo per vedere Taehyung che lo osserva con aria interrogativa e si affretta a spiegare, prima di perdere il coraggio.
«È solo che... sono stato licenziato prima del lancio.»
«Mi dispiace», mormora Taehyung, e Jungkook gli fa un sorriso stretto.
«È– quello che è successo è... in pratica, mi sono avvicinato molto al mio capo. Era un'azienda piccolissima, quindi era essenzialmente l'amministratore delegato, il CEO o come si chiama. Probabilmente non lo conosci, ma è molto famoso nell'industria dello sviluppo di videogiochi. E questa società era il suo piccolo e appassionato progetto, quindi ottenere un lavoro con lui è stato come...» Jungkook sospira. «È stato come un sogno. Ero così emozionato.»
«E voleva la mia opinione su tutto, praticamente su tutto, e io... è stata la cosa più bella del mondo. C'erano tantissime altre persone in quell'ufficio, molto più qualificate e con più esperienza, ma lui mi ha lasciato fare così tanto. E... credo sia una cosa fantastica che il gioco sia venuto bene. Perché gran parte di esso è stata una mia idea e, a quanto pare, non hanno cambiato molto dopo che me ne sono andato. Forse è un vanto, ma–»
Prende fiato.
«Uhm... Taehyung, il motivo per cui sono stato licenziato è–»
Dillo.
«Il mio capo... mi– mi ha chiesto di andare a letto con lui. E io ho detto di no.»
«Oh, Jungkook», interviene Taehyung a bassa voce, «non c'è bisogno che tu me lo dica, va bene–»
«No, no, voglio farlo», lo interrompe Jungkook. «Scusa, è solo che– è strano parlarne. Ma credo di doverlo fare.»
Taehyung lo fissa con uno sguardo intenso, che a Jungkook fa prosciugare la bocca, ma il suo tocco gentile gli dà la forza di continuare.
«Mi chiedo spesso, adesso, se avrei dovuto aspettarmelo. Ripensando a tutto, lui era davvero... inquietante non è la parola giusta, perché non mi è mai apparso così. Ma lo era, perché flirtava con me, ed era sposato, e aveva tipo quindici anni più di me, e... in ogni caso, la sapeva lunga, capisci? Quindi non pensavo nemmeno che la cosa andasse in quella direzione.»
«Ora ci ho ripensato, ovviamente, e ho capito perché faceva tutti quei commentini su ciò che indossavo o perché mi chiedeva quanto mi allenassi o perché si metteva troppo vicino a me quando gli facevo vedere qualcosa. Ma allora non me ne accorgevo, non ne avevo idea, fino a quando, una sera, eravamo solo noi due a lavorare fino a tardi. Non ho pensato a nulla di male, perché lo facevamo spesso, e poi all'improvviso lui...»
Jungkook reprime a stento un brivido e Taehyung gli stringe più forte il braccio. Non ne ha ancora parlato con nessuno, non ha mai detto ad alta voce quello che è successo in quell'ufficio, quando tutto il suo mondo è crollato in un lasso di tempo durato novanta secondi.
«Lui– mi ha messo una mano sulla gamba. Ero così concentrato sul computer che all'inizio non me ne sono accorto e quando finalmente l'ho guardato, si è chinato e mi ha baciato. E io– Cristo, Taehyung, non sapevo cosa fare, così sono rimasto immobile, e quando si è staccato non riuscivo nemmeno a parlare. E poi lui mi ha guardato con un sorriso stranissimo e mi ha detto– mi ha detto–»
Jungkook si contorce, a disagio. Se lo ricorda perfettamente. Non crede che lo dimenticherà mai. Lo sente ancora, soprattutto negli incubi, ma a volte anche da sveglio.
«Jungkook, sono stato così buono con te; non credi sia ora che anche tu sia buono con me?»
Qualcosa lampeggia negli occhi di Taehyung, qualcosa di incredibilmente triste, e Jungkook deve distogliere lo sguardo.
«Ma io... ero così spaventato, e ricordo di essermi alzato e di essere corso fuori, come un pazzo, e lui non ha cercato di inseguirmi. Credo di essere stato fortunato perché non è andato oltre, ma ero così... non sapevo cosa cazzo fosse successo. Ricordo che più tardi, quella sera, mio padre mi chiamò per qualche motivo, e io ebbi una conversazione del tutto normale con lui. Non gli dissi assolutamente niente.»
«Ma poi ho ricevuto un'e-mail la mattina dopo, prima di uscire per andare al lavoro – voglio dire, è assurdo che stessi anche solo pensando di andare al lavoro – ma io... non avevo idea di cos'altro fare. Mi sono convinto che dovesse essere ubriaco, oppure fatto o qualcosa del genere, e che fosse tutto un gigantesco malinteso. Ma poi ho ricevuto un'e-mail che mi diceva che ero stato licenziato, e io... beh, è stato allora che ho capito tutto, credo.»
Ricorda di aver guardato il telefono, mentre si lavava i denti, e di aver letto quell'e-mail. E l'attimo dopo era sul pavimento del bagno con le ginocchia al petto, e chiamava suo padre, perché non sapeva cosa cazzo fare.
All'epoca viveva a tre ore di macchina, ma suo padre era arrivato in due ore.
«Mio padre mi disse che avrei dovuto denunciarlo alle Risorse Umane, ma era un'azienda così piccola che non c'erano Risorse Umane. E comunque era lui a gestire l'azienda, quindi... Non sapevo cosa fare e come farlo... è stato uno schifo, perché non avevo fatto nulla di male, ma sono stato punito lo stesso. E avrei preferito comunque essere licenziato piuttosto che andare fino in fondo con... qualsiasi cosa pensasse che sarebbe successa tra noi, ma... mi ha fatto arrabbiare da morire, qualche tempo dopo.»
Sospira pesantemente, rilassandosi un po' ora che ha raccontato la parte più dolorosa.
«Ero così arrabbiato... ho sempre avuto un carattere di merda, ma questa è una cosa completamente diversa. Perché mi ha rovinato la vita, Taehyung. Ero così giovane; sono ancora giovane. E tutta la mia carriera, che mi entusiasmava tanto, che mi appassionava, è sparita in un minuto. Così ho cercato di fare causa, ed è stata...» si pizzica il ponte del naso, «una scelta fottutamente stupida, perché io ero un ragazzo di ventidue anni con le mani bucate e lui era un uomo sposato con figli, quindi ovviamente... Voglio dire, non è stato difficile per lui ribaltare la situazione.»
«Avrei dovuto accontentarmi. Anche se non sarebbe stato giusto. Ma avrei ricevuto dei soldi, una bella somma, e non mi sarei ritrovato a vivere con mio padre adesso, né a lavorare per il minimo sindacale. Ma non mi sarei nemmeno sentito soddisfatto, se non fosse stato accusato di molestie. Perciò ho assunto il mio avvocato e tutto il resto, ma alla fine non ha avuto alcuna importanza.»
«Quando siamo andati al processo, ha fatto testimoniare contro di me un sacco di persone dell'ufficio. Quasi tutti. O perché avevano paura di perdere il lavoro, o perché mi odiavano, visto che avevo ricevuto un trattamento speciale. A quel punto, avrei dovuto immaginarlo. Non è stato difficile convincere la corte che fossi solo una puttana che aspirava a una posizione migliore nell'azienda, e quasi tutti hanno creduto che fossi stato io a sedurlo.»
Quel giorno in tribunale fu uno dei peggiori della vita di Jungkook. Non era come in televisione, non c'erano enormi aule giudiziarie con folle di persone a guardare, ma solo una piccola aula con la vernice scrostata e le luci tremolanti sul soffitto.
Ricorda ancora la sensazione di vedere una persona dopo l'altra salire sul banco dei testimoni e mentire sotto giuramento, con il suo capo seduto dall'altra parte della stanza che fingeva di non aver fatto tutte le cose di cui Jungkook l'aveva accusato. Sembrava tutto un gigantesco scherzo, e Jungkook voleva solo urlare a tutti di smetterla.
Erano venuti anche Jimin e Yoongi, e il fatto che i suoi due amici fossero seduti lì a sentire quelle cose orribili sul suo conto non fece che peggiorare le cose. Per non parlare del fatto che anche suo padre avesse sentito tutto.
Che Jungkook era una puttana, che se l'era cercata, che si muoveva per l'ufficio come se gli appartenesse, tutto perché pensava di scoparsi il capo. Hanno persino camuffato il suo vero lavoro, mostrando i registri del computer e sostenendo che non avesse mai fatto nulla di ciò che avrebbe dovuto fare.
E Jungkook dovette trattenersi dal piangere, perché finalmente aveva capito per quale motivo il suo capo continuava a suggerirgli di lavorare al computer nel suo ufficio, con la scusa che era più facile per loro collaborare. Ma in quel momento Jungkook si rese conto di quanto fosse stato stupido e ingenuo a fidarsi così tanto.
Quando tornarono con il verdetto di non colpevolezza, nessuno festeggiò. Il suo capo lo guardò e scrollò le spalle, come se niente fosse. Come se la vita di Jungkook non fosse stata completamente distrutta a causa sua.
E la parte peggiore, quella che ancora tiene Jungkook sveglio la notte, è che lui non sembrava pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato. Jungkook ricorda che una mattina, quando stavano ancora discutendo della possibilità di un accordo, aveva ricevuto un messaggio dal suo capo. Non aveva ancora bloccato il suo numero, cosa stupida da parte sua, perché fu proprio quel messaggio a farlo arrabbiare abbastanza da rifiutare i soldi e andare fino in fondo.
Ti è piaciuto, Jungkook. So che ti è piaciuto.
Nel primo mese di permanenza a casa di suo padre, nei momenti più bui, Jungkook si era chiesto se gli fosse piaciuto davvero. Il suo capo era gentile, attento e di bell'aspetto. In un'altra vita, pensava Jungkook, mi sarebbe piaciuto?
Ancora oggi è troppo terrorizzato per darsi una risposta.
«Non è stato condannato, ovviamente», continua. «Così lui ha potuto fingere che fosse tutto normale, mentre io sono stato schiacciato da spese legali che mi hanno lasciato praticamente in bancarotta. E gli sms che hai visto sono di sua moglie. Perché non potevano accusarlo di molestie, ma doveva comunque ammettere che gli avevo fatto delle avances, per dimostrare che non ero stato licenziato senza motivo. Probabilmente lei è l'unica a credere che lui abbia fatto davvero qualcosa, anche se dà la colpa a me. Credo che anche lei sappia che non è un brav'uomo.»
«E io blocco tutti i numeri, ma lei deve avere tipo un milione di telefoni, o può usare telefoni di persone diverse. Sto aspettando che si arrenda, ma a questo punto chi può dirlo? Credo che stiano divorziando, ma non ne sono sicuro.»
«Ora puoi cercarmi su Google», scherza sottovoce. «C'è un intero articolo al riguardo. E la trascrizione del tribunale è di pubblico dominio, se vuoi andare nell'archivio.»
Non ha letto né l'uno né l'altra: Yoongi ha messo un blocco protetto da password al suo computer che gli impedisce di cercare il proprio nome. Se volesse davvero violarlo, potrebbe farlo, oppure potrebbe usare un computer della biblioteca pubblica, ma questa è un'altra delle regole più importanti che ci sono tra lui e suo padre. Non ha intenzione di infrangere anche questa. E sa che lo farebbe sentire solo peggio.
«Comunque», sospira, «è andata così. Sono tornato a vivere con mio padre, ho iniziato a lavorare al centro commerciale e ora sono qui a parlare con te.»
Fa una pausa, chiedendosi se debba aggiungere qualcos'altro.
Per ora basta così. Torna nella tana, campione.
Jungkook si siede, passandosi una mano sul viso. «Merda. Scusa se ti ho scaricato tutto questo peso addosso. Voglio dire, non mi conosci nemmeno così bene.»
Taehyung lo guarda ancora con la stessa espressione intensa.
«Ma voglio farlo», dice infine. «Io– grazie per avermelo detto. E mi dispiace.»
Jungkook gli rivolge un sorriso sbilenco. «Dispiace a tutti. Non cambia nulla.»
Taehyung si acciglia. «Vorrei che potesse cambiare le cose.»
«E io vorrei che non fosse mai successo», risponde Jungkook, «ma eccoci qui.»
Taehyung si morde il labbro e distoglie lo sguardo. Jungkook si maledice per essere così cinico in questo momento: è chiaro che Taehyung voglia solo farlo sentire meglio e lui gli sta rispondendo malissimo. Non può farci niente, è solo che ormai si è sentito dire "mi dispiace" praticamente da chiunque.
«Mi dispiace...» dice Taehyung con tono esitante, fissando il pavimento, «mi dispiace tanto che ti sia successo tutto questo. Ma non– non mi dispiace di averti conosciuto.»
«Peccato che tu non mi abbia conosciuto prima», dice Jungkook in tono drastico. «Ero molto più divertente da frequentare.»
Taehyung alza lo sguardo per incontrare di nuovo quello di Jungkook, con gli occhi ardenti.
«Voglio frequentarti comunque.»
Jungkook solleva le sopracciglia. Questo è un territorio inesplorato per lui. Molti degli amici che aveva, quelli che non erano Yoongi o Jimin, hanno smesso di frequentarlo, dopo quello che è successo. Non può certo biasimarli: era davvero deprimente stare con lui. Ma gli ha comunque fatto male vederli allontanarsi, ed è strano che Taehyung, che ha conosciuto solo questa versione deprimente di lui, sia apparentemente così coinvolto.
«Anche dopo quello che ti ho appena detto?»
Taehyung fa spallucce. «Noi non siamo quello che ci accade, Jungkook. Non se scegliamo di non esserlo.»
«A quanto pare non ti è mai capitato niente, allora.»
Che diamine, Jeon. Sta cercando di essere carino con te. Lasciaglielo fare, cazzo.
Il volto di Taehyung si rannuvola e Jungkook si affanna a rimediare al suo errore.
«Merda, no, mi dispiace. Non è giusto che io dica così.»
«No, non lo è», dice Taehyung, con tono un po' freddo. Ma un attimo dopo si addolcisce. «Hai ragione, però. Non mi è successo nulla. Ma conosco persone... ho visto cosa fa alle persone. E non voglio che succeda anche a te.»
Jungkook lo guarda in silenzio, mentre espira lentamente.
«Voglio prendermi cura di te, Jungkook. Quindi, per favore, lasciamelo fare.»
«Anche se non mi conosci veramente?»
Taehyung inclina la testa, studiando Jungkook con attenzione. «Non ti conosco veramente?»
Jungkook lo guarda per un attimo, senza parole. Il fatto è che ha ragione. Si conoscono da così poco tempo, ma Taehyung è già profondamente radicato nel suo cuore. Tanto che gli ha raccontato tutto, senza pensarci due volte. Non ha detto tutto nemmeno a suo padre, e di certo non ai suoi due migliori amici.
Si chiede se sia perché non conosce abbastanza Taehyung. Se sia più facile mostrarsi deboli di fronte a un estraneo.
«Sai cosa fa davvero schifo?», dice, ridendo senza alcuna ironia. «Lui è l'ultima persona che ho baciato.»
Le sopracciglia di Taehyung si aggrottano. «Lui... il tuo...»
«Sì», afferma Jungkook. «Quanto è triste?»
Taehyung non dice nulla per un lungo momento, si limita a sostenere lo sguardo di Jungkook. Jungkook è improvvisamente più che consapevole della mano di Taehyung ancora sul suo braccio, del modo in cui le loro cosce si sfiorano. Taehyung è vicino, più vicino di quanto sia mai stato prima, ma sembra ancora troppo lontano.
Jungkook non sa cosa sta per fare, sa solo che sta per fare qualcosa, ma poi Taehyung sbatte le palpebre, con forza, e scivola giù dal divano. Jungkook inghiotte la sua delusione, anche se non è sicuro di cosa debba essere deluso. Taehyung non stava mica per baciarlo o che altro.
Tanto per cominciare, ha la ragazza, e poi Jungkook ha appena finito di vuotare il sacco riguardo le sue molestie sessuali. Taehyung entra in cucina e scompare dalla sua vista per un attimo, prima di tornare in salotto con due bicchieri e una bottiglia di gin in mano.
«Ubriachiamoci.»
Jungkook vorrebbe piangere di sollievo. L'ultima tensione che sentiva nel petto, che Taehyung volesse parlare di tutto ciò che aveva appena confessato, ora è sparita. Ecco perché, si rende conto, non poteva dirlo a Jimin o a Yoongi. Loro vorrebbero parlarne. O, più precisamente, Jimin vorrebbe parlarne e Yoongi vorrebbe che Jungkook lo facesse. Ma parlare, in qualsiasi circostanza, è qualcosa che ancora non riesce a fare.
Con Taehyung è stato diverso. Non è stato davvero parlare, perché Taehyung non ha detto niente, non prima che Jungkook decidesse di aver finito. E sembra che non abbia intenzione di dire una parola al riguardo.
Voglio frequentarti comunque.
Voglio prendermi cura di te.
Non mi dispiace di averti conosciuto.
A Taehyung non importa se sembra spento, o silenzioso, o diverso. A Taehyung non importa che sia cambiato, perché è sempre Jungkook, è sempre la persona che vuole farsi degli amici, ubriacarsi di gin e dimenticare tutto per un po'.
E soprattutto, Taehyung... lo accetta. Jungkook gli ha detto tutto (o quasi) e Taehyung è ancora qui. Jungkook non ci pensa due volte a buttare giù il primo bicchiere, facendo cenno a Taehyung di dargliene un altro. E Taehyung lo fa, senza dire una parola.
È la notte più bella che Jungkook abbia passato da molto, molto tempo.
Perché è tranquilla. Taehyung non parla, a meno che non lo faccia Jungkook, e non fa domande. È semplicemente lì, nel suo stesso spazio, e Jungkook sente di poter respirare liberamente per la prima volta dopo tanto tempo. Taehyung non analizza ogni sua mossa, cercando di decifrare se stia per cedere o crollare. Si limita a sedersi accanto a lui sul divano e a riempire il suo bicchiere, ridacchiando di tanto in tanto quando Jungkook fa una battuta.
Guardano il reality show che Jungkook adora, anche se Taehyung sembra non capirlo. Ma non importa, perché continuano a bere gin e a non parlare e finalmente, finalmente, finalmente Jungkook non si sente più così solo.
Non si sente triste.
Taehyung dice solo una cosa che vale la pena citare. È notte fonda, il gin è finito da un pezzo, e lui sussurra a bassa voce all'orecchio di Jungkook, chiedendogli di restare.
Jungkook ha bevuto così tanto che tutto sembra sfocato e luminoso, e gli sussurra che resterà finché lo vorrà.
Jungkook sa che è il gin a parlare, quando Taehyung poggia entrambe le mani (le sue bellissime mani) sulle guance di Jungkook e gli dice di restare per sempre.
Dopodiché, l'unica cosa che Jungkook ricorda è una mano calda sul suo braccio, che sfiora dolcemente quel piccolo lembo di pelle nuda, quello che sta conservando per l'unica persona che dovrebbe diventare il suo tutto.
Si addormenta prima di potersi chiedere, assurdamente, se forse non l'abbia già trovata.
Al mattino, è così preoccupato di andare in bagno che solo dopo aver vomitato tutto il gin e due ciotole di noodles istantanei si rende conto che Taehyung ha avuto il tempo di stendere una coperta su di lui e di posizionare un cuscino sotto la sua testa. Quindi Jungkook dev'essere svenuto per primo.
Una volta finito in bagno, e dopo essere arrivato persino a infilare la testa sotto il lavandino nel tentativo infruttuoso di placare il martellamento che sente nel cranio, ripiega la coperta in salotto e la poggia sopra il cuscino, prima di trovare le scarpe e il giubbotto in un piccolo mucchio davanti alla porta.
Molto probabilmente Taehyung sta dormendo in camera da letto e sono già le undici, quindi Jungkook non si sente troppo in colpa a sgattaiolare fuori. Tanto deve essere al lavoro tra due ore. Così non perde tempo a chiudersi la porta silenziosamente alle spalle e a scendere le scale in fretta e furia fino a raggiungere la macchina. Il viaggio verso casa è terribile: non riesce a trovare gli occhiali da sole e la quantità di luce che gli penetra negli occhi gli dà la nausea.
I muscoli gli fanno male, ha bevuto troppo, e si chiede se anche Taehyung si sentirà così male, una volta sveglio. Jungkook potrebbe mandargli un messaggio più tardi per chiederglielo. Hanno bevuto insieme e Jungkook ha praticamente messo a nudo la sua anima, perciò non gli è rimasto molto da preservare. È arrivato al punto in cui non gli importa più se sembra disperato: vuole passare del tempo con Taehyung, quindi decide di iniziare a fare del suo meglio perché ciò accada.
Nonostante i postumi della sbornia, mentalmente si sente davvero bene. La notte scorsa gli è sembrata la cosa giusta da fare, e non si pente di aver detto a Taehyung quelle cose. E ubriacarsi così tanto, beh, forse non è stata la scelta più sana del mondo, ma è stato comunque piacevole, naturale. Ha la sensazione che Taehyung sia il tipo di persona che non tirerà mai più fuori l'argomento, a meno che non lo faccia Jungkook.
Voglio prendermi cura di te.
Jungkook non riesce a togliersi di dosso il sorriso ebete che ha sulla faccia mentre si avvia verso il suo quartiere, ricordando le parole di Taehyung e quanto fosse deciso a essere amico di Jungkook, indipendentemente da quello che gli è successo in passato.
Noi non siamo quello che ci accade.
Pensa che probabilmente alla sua terapeuta piacerebbe Taehyung, per come ha gestito la situazione... a parte quando l'ha bombardato di gin. Non ha parlato a nessuno di Taehyung, ma potrebbe condividere qualcosa su di lui, solo un po', nella prossima seduta. In ogni caso, lei è obbligata per legge a tenere la bocca chiusa, se qualcuno glielo chiedesse.
È questo il punto. Non vuole davvero dire a nessuno di Taehyung, perché sembra tutto perfetto così com'è adesso. Solo loro due e nessun altro. Jungkook non ha molti segreti, non più, ma Taehyung si sta rivelando il suo segreto preferito.
E sa che, se dicesse a Jimin di Taehyung, ogni discorso diventerebbe una campagna elettorale incessante per farli mettere insieme, ragazza di Taehyung a parte. E poi, pensa Jungkook, con il cuore che si stringe al pensiero, lui e Jimin non si parlano più adesso, quindi non ha importanza.
È così preso dai suoi pensieri che non nota l'auto della polizia parcheggiata davanti a casa sua finché non entra nel vialetto. A quel punto il suo cuore va in tilt, immaginando già il peggio. Che suo padre abbia avuto un incidente, o che ci sia stato un furto con scasso, o che sta per essere arrestato per l'erba che ha nascosto sotto il letto.
È appena sceso dall'auto quando la porta d'ingresso si apre e suo padre esce di corsa di casa, scendendo in fretta i gradini del portico per abbracciare Jungkook.
«Oh, grazie a Dio», esclama. «Stai bene.»
«Cosa?» chiede Jungkook, confuso. «Sì, certo che sto bene. Papà, perché c'è un poliziotto...»
Suo padre si ritrae e Jungkook deglutisce nervosamente per l'espressione furiosa che vede sul suo volto. L'ultima volta che suo padre si è veramente arrabbiato con lui è stato all'università, quando è stato beccato per aver bevuto quando era ancora minorenne.
«Jeon Jungkook, dove diavolo sei stato?! Mi hai fatto preoccupare da morire; non rispondevi al telefono e non avevo idea di dove fossi! Cristo, ero così preoccupato, pensavo che fosse successo qualcosa–»
Il suo linguaggio del corpo è totalmente in contrasto con il suo tono aggressivo, soprattutto il modo in cui tocca le spalle, il viso e le braccia di Jungkook, come se stesse controllando che non sia ferito da qualche parte. Jungkook gli allontana delicatamente le mani.
«Papà, sto bene. Scusa se non ho risposto al telefono; ero a casa di un mio amico e ci siamo ubriacati un po' troppo. Non volevo guidare fino a casa, tutto qui.»
«Jungkook», dice suo padre, esasperato e chiaramente ancora arrabbiato, «devi dirmi dove stai andando. Quando non sei tornato a casa dal lavoro ho pensato...»
Qualcosa lampeggia sul volto di suo padre, ma la porta d'ingresso si apre prima che Jungkook possa identificarlo. Un agente di polizia esce dalla casa e si dirige verso di loro sul vialetto.
«È lui, agente», dice suo padre. «Sta bene. Mi dispiace di averla fatta venire fin qui; ora è tutto a posto.»
Il poliziotto annuisce. «È assolutamente comprensibile. Ho dei figli anch'io, lo capisco. Allora vado. E tu, figliolo», aggiunge, guardando Jungkook, «questo è il tuo amichevole promemoria di rispondere al maledetto telefono. Tuo padre era spaventato a morte. Comunicazione, ok? Regola numero uno.»
Jungkook si limita ad annuire, troppo umiliato per rispondere. Essere richiamato da un poliziotto non era quello che si aspettava quando è uscito da casa di Taehyung venti minuti fa. Jungkook attende che lui e suo padre siano tornati in casa e che l'auto della polizia si immetta nella strada, prima di permettersi di parlare.
È irritato, in primis perché quel tipo ha appena messo bocca sul rapporto che ha con suo padre, ma è anche arrabbiato perché suo padre ha dato di matto. È stata solo la bravata di una notte, e Jungkook sta benissimo. Era così preso dal raccontare a Taehyung tutto l'accaduto – e poi dal gin –, che si è dimenticato di dire a suo padre che sarebbe rimasto a casa di qualcun altro per la notte.
«Hai chiamato la polizia, papà?», chiede, camminando avanti e indietro in cucina. «La polizia? Dio, non sono stato rapito, ok? Sto bene. Sono solo rimasto a dormire da un mio amico, come ti ho detto. Il ragazzo dell'altro fine settimana, l'hai letteralmente visto.»
«Come potevo saperlo, Jungkook?», chiede suo padre. «Come potevo sapere che stavi bene? Non rispondevi al telefono. Ti ho chiamato un sacco di volte, da mezzanotte in poi, e non ho ricevuto risposta, nemmeno una volta. Quindi, ovviamente, ho chiamato la polizia! Cos'altro avrei dovuto fare?»
«Rilassarti, forse?» dice Jungkook.
Non ha intenzione di sbottare, è solo che suo padre si è comportato come Yoongi o Jimin, reagendo in modo eccessivo a tutto.
«Papà, sul serio, era tutto ok. Dopo il lavoro sono andato dal mio amico e poi sono rimasto a dormire lì. Non te lo avrei detto neanche ai tempi dell'università, sai? Non dovresti subito pensare al peggio se non sai esattamente dove sono.»
«Beh, ora non sei all'università, ora vivi qui. Con me. E ho bisogno di sapere dov'è mio figlio, o almeno che stia bene, soprattutto se sparisce per dodici ore lasciandomi la preoccupazione che sia successo qualcosa di terribile.»
«Cosa intendi per qualcosa di terribile?» chiede Jungkook. «Questa è una città abbastanza tranquilla, papà, e io so cavarmela bene. È statisticamente improbabile che mi abbiano aggredito o che altro.»
«Jungkook, tu non capisci. Non puoi scappare via così, non ora, ok? Non posso lasciarti là fuori a fare Dio solo sa cosa, non posso... Ho bisogno di sapere che stai bene. Che non... che non...»
Si interrompe, e quel lampo sul suo viso è tornato, ma questa volta Jungkook lo riconosce: è paura.
«Che non ti stai facendo del male», conclude.
Jungkook si sente come se gli avessero appena rovesciato addosso una secchiata d'acqua fredda, per il modo in cui il suo corpo si intorpidisce tutto in una volta.
«Papà», dice, con la voce rotta dal dolore o dalla rabbia, non lo sa. Forse entrambe le cose. «Io non– non farei mai...»
Pensi che sia depresso?
Suo padre sospira, guardando il pavimento.
«Sei tutto quello che ho, Jungkookie. Non posso perdere anche te.»
«Papà...»
«Mi dispiace. Non volevo dare di matto in quel modo. Solo che– tesoro, lo sai che io...»
Fa un gesto impotente, e Jungkook si avvicina, il senso di colpa lo divora. Non aveva nemmeno pensato al motivo per cui questo avrebbe potuto far preoccupare suo padre, il fatto che non rispondesse al telefono.
«Anche a me dispiace. Non– non ci ho pensato, e la prossima volta controllerò il telefono, te lo prometto. Scusa, papà.»
«Beh, stai bene. Questa è l'unica cosa che conta adesso.»
Jungkook si morde il labbro, chiedendosi se debba dire qualcos'altro. Il problema è che non sa cosa dire. Non parlano mai di queste cose.
«Devo prepararmi per il lavoro», mormora. «Mi dispiace», aggiunge per l'ultima volta, per sicurezza.
«Anche a me», dice suo padre, tirandolo in un altro abbraccio. Quando si separano, Jungkook fa un sorriso sbilenco. «Per tutti e due. Facciamo a gara.»
Jungkook si rende conto con un brivido che è giovedì: suo padre avrebbe dovuto essere al lavoro già da ore, ma è rimasto ad aspettare che Jungkook tornasse a casa. Ha quasi paura di controllare il suo telefono, per vedere quante chiamate perse e messaggi ha ricevuto. Si è comportato da egoista, arrabbiandosi perché suo padre ha chiamato la polizia; ovviamente non sapeva cos'altro fare. E Jungkook non è il tipo di persona che sparisce nel nulla, quindi deve essersi davvero spaventato.
Ma ormai l'hanno superato, e rimuginare sul suo comportamento irresponsabile non serve a nulla. Quindi semplicemente si ripromette di migliorare, di diventare più comprensivo e di far sapere a suo padre i suoi programmi per la serata prima di iniziare a scolare bottiglie di alcol e desiderare che un bellissimo ragazzo sexy lo baci.
Jungkook sbatte le palpebre.
E questa da dove esce?
Ma non ha tempo di pensarci, è troppo impegnato a fare la doccia e a vestirsi per andare al lavoro. Suo padre è più veloce, ma aspetta comunque che Jungkook torni al piano di sotto, porgendogli un panino da mangiare lungo la strada. Jungkook lo abbraccia di nuovo prima che salgano su due auto diverse, perché sembra averne bisogno.
La giornata di lavoro inizia come un incubo, ma l'umore di Jungkook si risolleva subito quando vede Taehyung dirigersi verso il bancone, cinque minuti prima della pausa di Jungkook.
«Ciao», dice Jungkook, cercando di non ridere davanti ai capelli scompigliati e agli occhi rossi di Taehyung.
Ha comunque un aspetto fantastico, ma è evidente che abbia avuto una mattinata difficile. A Jungkook però piace questo look, i pantaloni larghi della tuta e la giacca oversize. Gli appare un flash di Taehyung con una delle sue felpe, prima che possa dire a se stesso di darsi una calmata.
«Tu», esordisce Taehyung, puntando un dito accusatore contro Jungkook, «mi comprerai il cheeseburger più unto e bisunto di questo posto, con pancetta. E patatine fritte.»
Jungkook ride al suono della voce roca di Taehyung e alla tosse grassa che ne segue. A quanto pare non regge bene il gin.
A dire il vero, solo una parte di Jungkook sta ridendo. Qualcosa si agita dalla cintura in giù a causa della voce profonda che ha Taehyung in questo momento, ancora più bassa del solito. Jungkook vuole davvero che continui a parlare. Per sempre, preferibilmente.
«Sei tu che hai detto ubriachiamoci», dice Jungkook, cercando di difendersi.
«Ma sei tu che ne avevi bisogno», si lamenta Taehyung, appoggiandosi al bancone. «Stai per andare in pausa, giusto? Allora offrimi il pranzo. O la colazione, o quello che è. Un brunch.»
Tossisce di nuovo, e Jungkook solleva le sopracciglia.
«Ti sei ammalato?»
Taehyung scrolla le spalle. «Probabilmente. Non me la cavo bene con i superalcolici.»
«Allora andremo a bere cocktail fruttati», riflette Jungkook. «La prossima volta che ci ubriachiamo.»
Voleva essere una battuta, ma Taehyung annuisce.
«Allora abbiamo un appuntamento.»
Il cuore di Jungkook accelera per un attimo, anche se sa che è solo un modo di dire. Vede la sua collega tornare dalla sala relax, dove stava scorrendo ininterrottamente il suo telefono, e vede anche i suoi occhi percorrere tutta la figura di Taehyung, prima che cerchi di nascondere un sorriso impressionato, senza riuscirci.
Jungkook sente qualcosa stringersi nel petto, qualcosa di apertamente possessivo, anche se non ne ha il diritto.
«Hey, Jungkook, ora puoi andare in pausa», dice lei, passando dietro il bancone e mettendosi accanto a lui. «Chi è il tuo amico?»
Taehyung, ancora appoggiato contro il vetro, la saluta. Jungkook si morde l'interno della guancia.
«Calmati, è impegnato.»
Lo dice in modo abbastanza disinvolto da non farle pensare che sia scortese, ma è comunque infastidito dal fatto che anche gli altri guardino Taehyung in quel modo. Però anche la sua collega ha gli occhi, giustamente, quindi non può fargliene una colpa. E poi, Taehyung è già impegnato, è la pura verità.
Una triste verità, ma pur sempre una verità.
Taehyung fa un sorriso smagliante, si rimette dritto e avvicina la mano all'orlo della manica di Jungkook quando questi esce da dietro il bancone.
Anche se ha detto il contrario, è Taehyung a comprare l'hamburger, e Jungkook lo osserva affascinato mentre lo divora in circa due minuti. Quando ha finito, si pulisce la bocca con un tovagliolo, prima di spingere il suo vassoio al centro sul tavolo e fare cenno a Jungkook di condividere le patatine con lui.
Jungkook, che non rifiuta mai il cibo gratis, acconsente.
Non può fare a meno di guardare Taehyung, perché improvvisamente sembra così tenero, avvolto nella sua giacca enorme, senza preoccuparsi di sistemare i capelli che gli ricadono davanti agli occhi. E la sua bocca è una cosa dell'altro mondo. Bella quasi quanto le sue mani.
«Fissi sempre le persone quando hanno i postumi della sbornia?»
Jungkook trasale leggermente, rendendosi conto di essersi incantato. Taehyung alza un sopracciglio e finalmente si scosta la frangia dal viso per guardarlo meglio.
«Tu– tu mangi in modo strano», sbotta Jungkook, e subito dopo vorrebbe non averlo fatto, quando il sopracciglio di Taehyung si solleva ancora di più.
«Mangio in modo strano?»
«Sì, come un bambino. Diventi tutto imbronciato.»
Taehyung lo guarda ancora con un sopracciglio alzato, ma Jungkook nota il modo in cui la sua bocca si solleva agli angoli, quindi continua.
«Così, guarda.»
Jungkook non ha più tante occasioni per essere divertente, non più di tanto, ma quando era più piccolo amava fare le imitazioni. Ed era anche bravo: era sempre divertente intrattenere i suoi amici impersonando i loro insegnanti o genitori.
Inoltre, se ricorda bene la serata di ieri, gli piace molto la risata di Taehyung e al momento è interessato a sentirla di nuovo.
Prende una manciata di patatine e se le infila in bocca, prima di masticare lentamente, sporgendo un po' troppo le labbra e gonfiando le guance più del normale. Non riesce a vedersi, ma l'espressione stupita di Taehyung gli dice che lo sta imitando bene.
Dopo aver deglutito, Taehyung sbatte le palpebre per un altro secondo, prima di scoppiare in una grossa risata che, dopo circa un minuto, lo fa tossire nel gomito. Jungkook sorride esitante e aspetta che riprenda fiato.
«Quindi è così che mangio, eh?» dice Taehyung, con un sorriso ampio sul viso. «È fottutamente imbarazzante.»
«È carino», ribatte Jungkook. «Non smettere.»
Il sorriso di Taehyung si allarga un po', raggiungendo quella forma squadrata che, come Jungkook ormai ha imparato, significa che è davvero felice.
Mangiano in silenzio per qualche minuto, con Taehyung che cerca di non arrossire mentre mastica il cibo, comprendendo improvvisamente cosa intendesse Jungkook quando ha detto che sembra "imbronciato". Jungkook, invece, si limita a sorridergli, e ancora una volta lo fissa più a lungo che può, per osservare quel rosa adorabile sulle sue guance.
«Hey, posso chiederti una cosa?» chiede Taehyung, dopo aver finito le patatine.
Jungkook annuisce, sistemandosi sulla sedia e incrociando le braccia.
«È solo che... scusa, giuro che ti chiedo solo questo, ma riguardo a quello che hai detto ieri sera...»
Jungkook preme le dita nel bicipite e cerca di mantenere un'espressione neutra. Taehyung lo osserva con attenzione, probabilmente nel tentativo di capire se la cosa lo metta troppo a disagio.
«I messaggi», continua Taehyung. «Se continua a mandarli, perché non cambi numero? È gratis; l'ho cercato su google stamattina.»
Jungkook sente un'esplosione di calore alla bocca dello stomaco, perché Taehyung è stato così dolce e premuroso da fare questo per lui. Ma insieme al calore arriva anche una fitta più dolorosa nel petto, che Jungkook respinge mentre rivolge un sorriso a Taehyung.
«Sì, ci ho pensato un paio di volte, in realtà. Ma non posso cambiare numero, altrimenti alcune persone non saprebbero come contattarmi.»
Le sopracciglia di Taehyung si aggrottano per la confusione, ma dopo un attimo annuisce, con l'intento evidente di non voler mettere ulteriormente in difficoltà Jungkook, e lui gli è grato per questo. La sua risposta non ha molto senso, ma ha le sue ragioni per aver risposto così. È solo che sono ragioni estremamente personali che non è pronto a condividere con Taehyung, o almeno non ancora.
Taehyung sospira, passandosi una mano sugli occhi leziosamente. «Beh, allora avrò il mio bel da fare.»
Fa un sorriso sghembo a Jungkook.
«Preparati a subire i miei messaggi di spam sul tuo telefono, Jeon. Giorno e notte, ci saranno sempre emoji a forma di cuore.»
Jungkook sente il naso arricciarsi, perché sta sorridendo tantissimo, ma non riesce a sentirsi in imbarazzo per questo. Denti da coniglio o meno, a quanto pare a Taehyung piace ancora. Abbastanza da fare ricerche per lui sulla possibilità di cambiare numero di telefono. Abbastanza da pranzare con lui durante la pausa. Abbastanza da allungare la mano dall'altra parte del tavolo e prendere la sua fasciata, con la stessa delicatezza di ieri.
Da quel momento, il pranzo con Taehyung diventa un'abitudine quotidiana. Jungkook rimane sorpreso nei giorni successivi, quando Taehyung arriva all'una e cinquantacinque in punto per aspettarlo al bancone, ma diventa di routine abbastanza in fretta. Jungkook smette di mangiare prima di andare al lavoro, in modo da poter mangiare con Taehyung durante la pausa.
Probabilmente non è la cosa più salutare da fare, ma Jungkook si impegna di più in palestra per rimediare. Non può ancora fare boxe o sollevare pesi, per non aggravare la sua ustione, ma può fare tutta la cardio e gli esercizi per le gambe che vuole. Non gli dispiace affatto: è abbastanza sicuro di aver sorpreso Taehyung a fissare le sue cosce più di una volta.
Trascorrere ogni giorno con Taehyung fa sì che questa sia praticamente la settimana più bella della sua vita. E nel mentre, il sabato, va di nuovo a casa di Taehyung, solo per passare del tempo con lui. Taehyung gli suona altre canzoni con il sassofono e giocano insieme con la sua PS4.
Il gioco di Jungkook è visibilmente assente dalla sezione "Aggiunti di recente", ma Taehyung non dice una parola al riguardo, quindi nemmeno Jungkook lo fa. Preferisce comunque i giochi old school a cui decidono di giocare. Taehyung è un po' un'anima antica: gli piace tutto ciò che è stato prodotto nei decenni precedenti alla loro nascita.
Alcuni potrebbero trovarlo prematuro, ma Taehyung lo rende accattivante. Jungkook scopre che ha un giradischi in camera da letto, e trascorrono buona parte del loro tempo insieme ad ascoltare musica, sdraiati sul letto di Taehyung. A Jungkook serve tutta la sua forza di volontà per non avvicinarsi e stringere Taehyung tra le sue braccia.
Succede comunque, malgrado i suoi tentativi di mantenere una parvenza di distanza tra loro. Finiscono di nuovo per bere troppo, così Jungkook passa la notte lì (dopo aver fatto sapere a suo padre che ha imparato la lezione) e Taehyung sembra così speranzoso quando si offre di condividere il suo letto con lui che Jungkook non può rifiutare.
Così la mattina si sveglia con Taehyung che lo abbraccia, la testa appoggiata sulla sua spalla e il respiro che soffia dolcemente sul suo collo. Jungkook si sente come il cuscino personale di Taehyung, dato che le braccia e le gambe di Taehyung lo avvolgono e gli rendono impossibile muoversi.
Non che abbia voglia di muoversi. Taehyung è morbido e caldo in tutti i punti giusti, e Jungkook si sente così bene, sdraiato lì in quel modo. E pensa che non ci sia niente di male. Perché sono solo amici e gli amici condividono sempre il letto, no? Lui e Jimin lo fanno spesso. E si sono accoccolati l'uno contro l'altro in più di un'occasione. Sono solo due corpi che si scaldano. È del tutto naturale.
Quindi si risistema sui cuscini e chiude di nuovo gli occhi. In quel momento, si rende conto che il suo braccio è stretto intorno alla schiena di Taehyung e la sua mano è appoggiata sulla pelle nuda della vita, dove la maglietta si è sollevata durante il sonno.
È così morbida, dannazione, perfetta sotto le dita di Jungkook, che quest'ultimo non può fare a meno di strofinare il pollice avanti e indietro un paio di volte, prima di tornare in sé.
Ha la ragazza.
Jungkook sta per spostare la mano, quando Taehyung si muove accanto a lui, mormorando qualcosa con voce assonnata. Preso alla sprovvista, Jungkook si pietrifica, ma Taehyung si accoccola più vicino a lui.
«È bello», borbotta, spingendo leggermente il fianco verso l'alto, un chiaro invito a Jungkook a continuare.
E così fa, facendo scorrere delicatamente le dita lungo il fianco di Taehyung con movimenti lenti e regolari, godendosi i piccoli sospiri di Taehyung e il modo adorabile in cui scalcia sotto le coperte quando Jungkook sfiora un punto particolarmente sensibile.
Due corpi che si scaldano. Tutto qui.
Jungkook non è sicuro di quanto tempo rimangano così, forse qualche minuto, prima che Taehyung allunghi le braccia sopra la testa, rotolando via dal petto di Jungkook per sdraiarsi sulla schiena. La sua maglietta si solleva ancora un po' e Jungkook si trova di fronte a una pelle troppo liscia e dorata perché il suo cervello possa comprenderne l'esistenza.
Jungkook nota che il viso di Taehyung diventa gonfio al mattino, gli occhi ancora semichiusi anche quando se li strofina con i pugni. Le sue labbra sono particolarmente imbronciate e, se Jungkook fosse abbastanza audace – e se Taehyung fosse abbastanza single –, si chinerebbe a baciarle proprio qui e ora.
«Scusa se ti ho abbracciato per tutto il tempo», dice Taehyung, con voce roca. «Mi dicono che lo faccio spesso.»
«Non fa niente», risponde Jungkook, sedendosi e stiracchiandosi. «Non mi è dispiaciuto.»
«È bello dormire con qualcun altro, vero?» riflette ad alta voce Taehyung, ancora sdraiato sul materasso. «Dormo sempre meglio così.»
«Hai problemi a dormire da solo?» chiede Jungkook, curioso.
«Sì», sospira Taehyung. «Da sempre.»
Jungkook pensa che abbia senso. Taehyung è una persona molto fisica, come ha scoperto col tempo, quindi è ovvio che dorma meglio con qualcuno da tenere stretto. La sua ragazza probabilmente riceve molto affetto fisico, e Jungkook si costringe a ignorare il brivido di gelosia che prova. Ha trascorso un giorno con Taehyung, ed è comunque più di quanto abbia il diritto di fare.
Così si alza dal letto prima di rimuginarci troppo, cercando i calzini che si è tolto prima di andare a dormire.
«Vieni a pranzo oggi?», chiede, mentre se li rimette.
Taehyung scuote la testa. «Non posso, mi dispiace. Ma verrò domani, se per te va bene.»
Jungkook annuisce, nascondendo la sua delusione. Hanno trascorso tutta la giornata di ieri insieme e si vedranno domani. Può stare un giorno senza Taehyung. Solo che non vuole, tutto qui.
Non si trattiene a lungo: Taehyung non ha una macchinetta per il caffè, quindi non può usarla come scusa. Dopo essersi infilato le scarpe da ginnastica e il giubbotto, Taehyung lo saluta con un grande sorriso e gli promette di incontrarlo domani.
Alla fine, però, Jungkook lo rivede circa un minuto dopo, quando scende di corsa le scale per seguirlo.
«Hey, Jungkook, aspetta!»
Jungkook si ferma sul pianerottolo del terzo piano e si volta, chiedendosi se forse abbia dimenticato qualcosa. Taehyung scende gli ultimi gradini e gli si para davanti, ancora in boxer e con una maglietta sottile che non lo protegge dal freddo. Jungkook può vedere la neve che cade dolcemente dietro di loro, coprendo lentamente il parcheggio. Vede anche Taehyung rabbrividire e saltare da un piede all'altro nel tentativo di non toccare il pavimento gelido.
«Che succede?»
Taehyung abbassa lo sguardo, ancora tremante e saltellante, ma non dice nulla. Jungkook gli concede ancora qualche secondo prima di alzare gli occhi al cielo e avvicinarsi. Tira Taehyung in avanti per un braccio, lo stringe a sé e gli mette il suo giaccone sulle spalle. Taehyung poggia i piedi sulle punte delle sue scarpe, sospirando con gratitudine nel suo orecchio.
Jungkook cerca di non concentrarsi sul fatto che il corpo di Taehyung sia completamente premuto contro il suo.
«Grazie», dice Taehyung. «Qui fuori si gela.»
«Cosa devi dirmi di così importante?» risponde Jungkook, con le labbra nascoste tra i capelli di Taehyung. «Potevi mandarmi un messaggio.»
Non che si stia lamentando della posizione in cui si trovano. Certo, è solo per una questione di praticità, ma a caval donato non si guarda in bocca. Riesce a sentire, e a percepire, Taehyung che deglutisce nervosamente.
«Puoi dormire con me anche stanotte?»
«Cosa?»
Non era affatto quello che Jungkook si aspettava. Semmai pensava che Taehyung gli chiedesse di pagare la sua parte per il vino che hanno bevuto ieri sera. È una cosa del tutto inaspettata, e Jungkook non riesce a dissimulare la rapidità con cui il suo cuore inizia a battere. Ma riesce a sentire anche il cuore di Taehyung, che batte altrettanto forte.
Non può vedere la faccia di Taehyung perché è sepolta nel suo collo, ma sembra dolorosamente timido mentre si spiega meglio.
«È solo che... è stato il sonno migliore che mi sono fatto da quando mi sono trasferito qui. E se, tipo, se i tuoi impegni– magari qualche sera dopo il lavoro potresti venire da me e– potrei prepararti la cena e tutto il resto– e hai detto che non ti dispiaceva che ti stessi addosso e– so che è un po' strano ma–»
«Certo.»
Non c'era alcuna possibilità che Jungkook dicesse di no, ma alla pura vulnerabilità che irradia Taehyung, mentre sta in piedi sulle scarpe di Jungkook e si stringe nella sua giacca, come un bambino un po' troppo cresciuto, è letteralmente impossibile dire di no.
Taehyung si irrigidisce contro di lui. «Davvero?»
Jungkook scrolla le spalle. «Sì, verrò da te. Se prepari la cena.»
Taehyung allunga le braccia che prima erano intrappolate contro il petto di Jungkook per abbracciarlo.
«Oh mio Dio, grazie, grazie, grazie. Cazzo, ero così stanco ultimamente», ride sottovoce, e Jungkook sente il cuore stringersi nell'avvertire il sollievo nella sua voce. «Ok, allora ci vediamo stasera. Preparerò qualcosa di diverso dai noodles, promesso. Grazie, Jungkook.»
Jungkook non ha il tempo di reagire a quello che succede dopo, grazie a Dio, perché probabilmente il suo cervello si sarebbe fuso all'istante.
Taehyung solleva la testa e dà un bacio sulla guancia di Jungkook, prima di togliersi la sua giacca e scendere dalle sue scarpe. Poi torna di corsa su per le scale, gridando un rapido "ciao!" alle sue spalle, dopodiché sparisce del tutto dalla sua vista.
Ma Jungkook ha comunque il tempo di cogliere il rosa tenue che colora le guance di Taehyung, il rossore che senza dubbio corrisponde al suo. Nonostante l'aria fredda, Jungkook si sente come se avesse la faccia bruciata dal sole. E il punto della guancia in cui Taehyung lo ha baciato è in fiamme.
Quando arriva a casa, sorride ancora come un idiota, tanto che suo padre gli chiede spiegazioni. Quando Jungkook gli dice che passerà di nuovo la notte dal suo amico, le sopracciglia di suo padre si sollevano, e Jungkook sa che sta facendo un pessimo lavoro nel cercare di mantenere un'espressione neutrale.
«Allora, questo amico», dice suo padre, appoggiandosi al bancone dopo aver versato a Jungkook una tazza di caffè. «Quando viene a cena da noi?»
Jungkook storce il naso. «Mai.»
«Cos'è, ti vergogni del tuo vecchio?», scherza suo padre. «Ormai sono addomesticato, Jungkookie, puoi farmi conoscere i tuoi amici. Soprattutto quello nuovo. Che tra l'altro non so ancora come si chiama.»
Jungkook si guarda i piedi, cercando di frenare il sorriso che minaccia di spuntare sul suo volto.
«Taehyung.»
«Come?» chiede suo padre, avvicinandosi.
«Taehyung», ripete Jungkook, alzando di nuovo lo sguardo e arrossendo furiosamente per il sorrisetto provocatorio di suo padre. «Papà, smettila, non è come pensi.»
«A me sembra proprio di sì.»
«Papà!» si lamenta Jungkook, coprendosi il viso con le mani. «Non lo invito a casa nostra, se continui a dire cose del genere. E comunque ha la ragazza.»
Suo padre aggrotta le sopracciglia, ignorando chiaramente tutto ciò che Jungkook ha appena detto. «Invitiamolo sabato. Preparerò tutto quello che vuoi tu. O tutto quello che vuole Taehyung.»
Jungkook sospira, sapendo di non poterne uscire. «Glielo chiederò, ok? Ma se dice di no, non cercherò di convincerlo.»
Purtroppo, però, Taehyung dice di sì, un sì molto entusiasta, quando Jungkook glielo chiede più tardi quella sera.
«È più di un mese che non mangio un pasto decente», aggiunge Taehyung, toccando con disgusto i suoi maccheroni al formaggio cotti al microonde. «Sto ingrassando troppo a causa di tutta questa roba iper processata.»
Sorride a Jungkook, prima di gonfiare le guance con fare drammatico.
«La mia famiglia mi chiama "guance di pane" quando ingrasso.»
«Almeno hai un bel culo», gli fa notare Jungkook.
Il suo cervello ci mette un secondo a mettersi in pari con la sua bocca, e ringrazia che i suoi capelli siano abbastanza lunghi da coprirgli la punta delle orecchie mentre si infiammano, e mentre lotta per non infilzarsi gli occhi con la forchetta di plastica. Non sa nemmeno perché l'abbia detto.
Ma poi il motivo gli viene in mente un secondo dopo, quando Taehyung gli rivolge quel sorriso timido ma soddisfatto, quello che spunta ogni volta che Jungkook gli fa un complimento. Jungkook sta per prendere fuoco, perché è troppo carino, e si ritiene fortunato che Taehyung abbia pensato che il suo commento fosse gentile e non strano da morire.
«Guance di pane?», dice, cercando di tornare in un territorio più appropriato. «Non credo di averlo mai sentito prima d'ora.»
«Mia sorella se l'è inventato quando eravamo piccoli», spiega Taehyung. «Sono stato con i miei nonni al mare per un'estate intera e, quando sono tornato, mia sorella ha detto che sembravo un panino da quanto ero diventato paffuto e abbronzato. Così mi ha affibbiato il nomignolo Guance di Pane. Lei era Stelline sui Denti e mio fratello Mutande di Merda.»
Jungkook quasi si strozza con la saliva, tossisce un paio di volte prima di scoppiare a ridere. «Mutande di Merda?»
Taehyung fa spallucce. «Se la faceva addosso spesso, da bambino. Io e mia sorella abbiamo avuto un sacco di rogne per questo; lui è il più piccolo e i nostri genitori ovviamente lo viziano di più. Ma lo prendiamo ancora in giro quando non ci sono, siamo fatti così. A me è andata bene con Guance di Pane, sinceramente.»
«Quindi lui è il più piccolo», dice Jungkook, cercando ancora di riprendersi da quei soprannomi esilaranti, «e tu sei il... più grande? Il fratello di mezzo?»
«Il più grande. Pensavo che avrei comandato io, ma in realtà facciamo tutti la nostra parte. Il divario tra noi non è piccolo, in termini di età, quindi le dinamiche sono un po' strane. Ma mi piace pensare che siamo molto uniti», aggiunge, sorridendo con affetto.
Prende un boccone dei suoi maccheroni al formaggio, prima di fare una smorfia e allontanarli. Jungkook fa lo stesso, sollevato del fatto che non piacciano neanche a Taehyung. Fanno davvero schifo, e pensa che potrebbero essere addirittura scaduti. Immagina che debbano sopravvivere di nuovo con i pretzel.
«E tu?» chiede Taehyung. «Hai fratelli o sorelle? O soprannomi d'infanzia imbarazzanti?»
«Sono il più piccolo», risponde Jungkook, «ma non sono stato preso così tanto di mira. I miei unici due amici litigavano tra loro, di solito. Il che è ironico, ripensandoci adesso.»
«Oh, sono gli amici innamorati l'uno dell'altro?»
Jungkook annuisce.
«Carini», mormora Taehyung, alzandosi dal divano e andando in cucina per buttare la loro cena orribile. «Ok, allora abbiamo i pretzel, oppure i pretzel. Cosa vuoi?», chiede, con la testa infilata nell'armadietto.
«Pretzel.»
«Ottima scelta.»
Taehyung torna con un sacchetto di pretzel e si siede di nuovo, molto più vicino di prima. Senza dire una parola, stende le gambe sulle ginocchia di Jungkook, fissandolo con uno sguardo serio e dandogli un colpetto sulla coscia con il piede.
«Non hai ancora risposto alla mia domanda, sai?»
«Quale?»
Jungkook lotta per mantenere un volto inespressivo. Pensava di aver aggirato la domanda sui fratelli abbastanza facilmente.
«Qualche soprannome? Io ti ho detto che mi chiamavano Guance di Pane, devi dirmi anche tu qualcosa.»
«Oh– oh! Sì, mio padre mi chiama Jungkookie», dice in fretta, rilassandosi di nuovo.
Gli occhi di Taehyung si arricciano agli angoli per quanto sta sorridendo. «Jungkookie?»
Jungkook annuisce, arrossendo un po'. «Uh– huh. Adesso non più, ma quando ero piccolo sì.»
Non è del tutto vero. Suo padre lo chiama spesso Jungkookie ultimamente, da quando si è bruciato la mano sul fornello. A Jungkook non dispiace del tutto; trova stranamente confortante il fatto che suo padre sia tornato a chiamarlo così.
«Jungkookie», ripete Taehyung. «Mi piace. Ti fa sembrare più dolce.»
«Io sono dolce», si lamenta Jungkook, e Taehyung ride.
«Lo so. Sei venuto a casa mia per aiutarmi a dormire– credimi, lo so.»
Jungkook annuisce, quietandosi, e si infila in bocca una manciata di pretzel.
Passano il resto della notte nella stanza di Taehyung, parlando di cose random che non significano granché: il lavoro di Jungkook, le opinioni di Taehyung sui ristoranti suggeriti da Jungkook e i loro gusti di gelato preferiti. Argomenti facili e sicuri, che non costringono Jungkook a rivelare troppo (anche se ormai lo ha già fatto) e che non costringono Taehyung a rivelare un bel niente.
È strano che Jungkook si senta così legato a lui, ma che sappia ancora così poco sul suo conto. La camera da letto di Taehyung è solo un altro pezzo del puzzle, il letto con un materasso a due piazze, sormontato da due cuscini normalissimi e un semplice piumino blu. Niente di personale, niente di intimo. C'è un armadio, ma Jungkook immagina che probabilmente non ci siano molti vestiti, vista l'incompletezza del resto della casa.
L'unico altro oggetto nella camera di Taehyung è una scatola di cartone, girata su un lato per mostrare la sua collezione di vinili, con il giradischi in equilibrio sopra. Jungkook non riesce a immaginare di vivere in questo modo, anche se non è mai stato un tipo pretenzioso. È tutto troppo desolato, e non è sorpreso che Taehyung sia così bramoso di condividere il suo letto con qualcun altro.
Jungkook si chiede cosa ne pensi la ragazza di Taehyung di questo posto, se ci sia mai stata. Ancora una volta, torna all'idea che questo sia l'appartamento segreto di Taehyung, se così si può dire, ma per lui è una cosa troppo assurda (e schifosa) perché possa crederci. Così si sistema su quel letto noioso e anonimo e ascolta le spiegazioni entusiaste di Taehyung sulla musica che stanno ascoltando.
Quando sono pronti per andare a dormire, hanno ascoltato una buona parte dei dischi di Taehyung, un sacco di Dizzy Gillespie e altre leggende del jazz, oltre a una quantità impressionante di Ella Fitzgerald. L'ultimo album di Ella Fitzgerald sta girando sul giradischi quando si infilano sotto le coperte, con i denti lavati e Jungkook che ha indossato i pantaloni della tuta e la vecchia t-shirt che aveva messo in valigia oggi.
All'inizio è un po' strano, perché a differenza di ieri sera non sono completamente sbronzi. In verità, Jungkook è sobrio come un sasso, e riesce sentire ogni piccolo spostamento o fruscio delle lenzuola mentre Taehyung si muove accanto a lui, chiaramente faticando a trovare una posizione comoda.
«Dovremmo spegnere la musica?» chiede Jungkook, e un secondo dopo sente i capelli di Taehyung strusciare sul cuscino.
«No, si fermerà da sola. A meno che non ti dia fastidio.»
«No, va bene», dice Jungkook frettolosamente, non volendo che Taehyung si faccia un'idea sbagliata. «Mi piace.»
Gli piace davvero. La voce di lei è rilassante, lo sono anche gli strumenti, e riesce facilmente a immaginare di addormentarsi così ogni notte. E se ci fosse anche Taehyung a letto con lui, beh, non si lamenterebbe.
Taehyung si agita ancora accanto a lui. «Jungkook?»
«Sì?»
«Posso abbracciarti?»
Jungkook tende una mano per tirare Taehyung più vicino a sé, in un invito silenzioso a fare quello che vuole. Taehyung si avvinghia a lui rapidamente, riprendendo la posizione di questa mattina. È strano, Jungkook sente di abbracciare Taehyung, ma sente anche di essere abbracciato da Taehyung. Non gli dispiace, comunque, e non può fare a meno di appoggiare la testa contro quella di Taehyung per un momento.
«Non devi chiedermelo, lo sai», dice. «Te l'ho detto che ti avrei aiutato.»
«Lo so», sospira Taehyung. «È solo che... sai, dopo quello che mi hai detto, non volevo farti– non volevo che ti sentissi a disagio. Non so come ti senti quando le persone ti toccano.»
Jungkook non risponde subito, lascia che la musica li avvolga per un minuto, mentre pensa a quello che ha detto Taehyung.
«Non mi dispiace se sei tu», sussurra sinceramente, contento che Taehyung non possa vedere la sua faccia avvampare.
L'unica risposta di Taehyung è quella di stringersi di più a lui, mentre canticchia dolcemente la canzone che sta suonando. Jungkook vorrebbe chiedergli che canzone è, perché pensa che sia appena diventata la sua preferita. Ma si addormenta prima di riuscire a formulare le parole, perché è al caldo, è felice ed è incredibilmente in pace.
Il giorno dopo, durante la pausa pranzo, Jungkook si offre di nuovo di dormire da lui e Taehyung accetta prontamente. Per Jungkook è come se fosse tutto un sogno febbrile, perché ha ricevuto così tanto da Taehyung e in così poco tempo... ma non ha intenzione di farsi domande.
Per quanto Taehyung dica che Jungkook lo aiuta a dormire, è vero anche il contrario. Jungkook non ha tempo di pensare al suo capo, al suo futuro incerto o alla sua discussione ancora irrisolta con Yoongi e Jimin, non quando i suoi pensieri sono completamente assorbiti da Taehyung, dalla sensazione del suo corpo contro quello di Jungkook, dal profumo dei suoi capelli e dal modo in cui borbotta nel sonno.
È un'esperienza che ripete quella notte, quando Taehyung si addormenta prima di lui, così Jungkook ha più tempo per comportarsi in modo leggermente inquietante e osservare il suo viso addolcirsi nel sonno. Jungkook sente la stessa canzone di ieri sera risuonare dal giradischi e si sforza di ascoltarne il testo, ma è talmente concentrato sui leggeri sospiri che fuoriescono dalle labbra socchiuse di Taehyung che la canzone finisce prima che possa farsene un'idea precisa.
Può sempre chiederlo a Taehyung domattina.
Dio, Taehyung al mattino.
Taehyung al mattino è... quasi troppo da gestire per Jungkook. È appiccicoso, coccoloso e maledettamente morbido, con quel viso gonfio e i capelli disordinati, e Jungkook vorrebbe urlare contro i cuscini che non può farci un cazzo.
Adora essere amico di Taehyung, non fraintendetelo, ma è immensamente frustrante essere amico di qualcuno di così attraente, e così impegnato. Jungkook passerebbe volentieri tutte le mattine a svegliarsi accanto a Taehyung, per tutto il tempo che Taehyung glielo permetterà, ma nel profondo sa che questo porterà solo guai, almeno per lui. Così, quando Taehyung gli chiede se rimarrà ancora, durante la pausa pranzo di martedì, si costringe a rifiutare, anche se vedere il lampo di panico e delusione negli occhi di Taehyung lo uccide.
«Devo andare a fare terapia domani mattina», si affretta a dire, disposto a tutto pur di cancellare quella tristezza. Anche se questo significa rivelare uno dei suoi segreti più grandi, a quanto pare.
Il volto di Taehyung cambia, si trasforma in un'espressione comprensiva, ma non dice una parola al riguardo. Jungkook pensa che potrebbe amarlo per questo.
«Uh, vuoi– ti andrebbe di venire un po' prima domani?» chiede. «Di solito vengo direttamente qui prima del mio turno. Così avremo più tempo per stare insieme, se sei libero.»
Taehyung annuisce con entusiasmo e Jungkook prova un moto di orgoglio per il fatto che Taehyung sembri così entusiasta di passare del tempo con lui. Allora sono sulla stessa lunghezza d'onda.
La terapia va di nuovo bene, sorprendentemente. Non parla di Taehyung come aveva previsto, ma le chiede consigli su come incanalare meglio la sua rabbia. Non riesce ancora a fare boxe in palestra e teme che prima o poi inizi a sfogarsi in modo malsano. Tuttavia, da quando trascorre più tempo con Taehyung e si è scrollato di dosso il suo enorme segreto, negli ultimi giorni non si è più sentito così agitato emotivamente.
Lo spaventa un po' il fatto che sia Taehyung a farlo sentire meglio, a farlo sentire più stabile. Sa che non è la risposta giusta, che non deve riporre tutte le sue speranze in una sola persona, ma è così difficile non farlo. Deve chiedere il parere della sua terapista, chiederle come assicurarsi di essere il responsabile della propria guarigione, ma questa settimana si sente troppo egoista per affrontare davvero questo potenziale problema. Taehyung è semplicemente meraviglioso, e ha paura che lei gli dica che sta andando troppo veloce e troppo in fretta.
Anche se Jungkook non è del tutto sicuro della direzione verso cui si sta muovendo. Taehyung è suo amico, certo, ma non può andare oltre questo. Non può andare oltre.
Tuttavia, non riesce a trattenere un enorme sorriso stupito quando vede Taehyung che lo aspetta nell'area ristoro, con il loro tè mediocre già in mano.
Taehyung non gli chiede della terapia, ma si lancia in uno sproloquio su quanto sia stupida la disposizione dei parcheggi. Jungkook è così impegnato a fissare i movimenti espressivi della bocca di Taehyung che non si accorge che c'è qualcuno in piedi dietro di lui, finché Taehyung non si ferma, spalancando gli occhi.
«Non è possibile», dice, alzandosi lentamente dalla sedia.
Jungkook si gira sulla propria sedia e vede Jimin, con un'identica espressione di sorpresa sul volto.
«Taehyung?»
«Park fottuto Jimin.»
Taehyung erompe in quel sorriso brillante che Jungkook, fino a questo momento, ha sempre visto rivolto solo a lui. Non esita a girare intorno al tavolo e ad abbracciare Jimin, che ricambia con altrettanto entusiasmo.
«Che diavolo ci fai qui? Che cosa hai fatto? Metto sempre le tue canzoni alla radio, il tuo gruppo è decollato sul serio, Taehyungie, insomma– wow, ma– brutto stronzo, perché non hai risposto a nessuno dei miei messaggi? Sono passati mesi!»
«Lo so, mi dispiace, mi dispiace! Faccio schifo con i telefoni, lo sai. Ma mi sono appena trasferito qui, continuo a sentirti alla radio e giuro che volevo chiamarti per uscire, ma sono stato troppo preso da–»
«Voi due vi conoscete?» irrompe Jungkook, incapace di tacere un minuto di più.
I suoi occhi scorrono lungo i loro corpi, non apprezzando affatto che siano ancora così vicini, con le braccia strette l'una all'altra. Jimin non ha mai avuto problemi con lo spazio personale, e chiaramente sono abbastanza amici da mostrarsi così intimi in un centro commerciale pubblico.
«Siamo andati al college insieme», dice Jimin. «Non vedo questo psicopatico da quanto, quasi un anno? Continua a eludere i miei tentativi di uscire.»
Taehyung scrolla le spalle bonariamente. «Sono volubile, lo sai.»
«Sì, lo odio. Scherzi a parte, come stai? È passata una vita, come sta la tua famiglia? Dobbiamo proprio andare a bere qualcosa insieme, Dio, mi è mancato il tuo bel faccino.»
Dev'essere davvero piccolo il mondo, se il nuovo amico di Jungkook è un vecchio amico di Jimin. Jimin che è andato al college molto lontano da qui, quindi Jungkook non ha mai incontrato nessuno dei suoi compagni di università, tranne una volta quando è andato a trovarlo per un weekend. Ma di sicuro non ha conosciuto Taehyung: si sarebbe ricordato di qualcuno come Taehyung.
Jimin alza una mano per scompigliare i capelli di Taehyung, che storce il naso in risposta, e all'improvviso, in quell'unico secondo, Jungkook capisce cosa intendesse dire Jimin parecchie settimane fa.
Perché Jimin fosse così preoccupato che qualsiasi cosa ci fosse tra lui e Yoongi potesse avere ripercussioni su Jungkook. Non ha paura che Jungkook lo trovi strano o si senta a disagio, ha paura che Jungkook inizi a sentirsi escluso.
Perché sa, ovviamente, che questa è una delle più grandi paure di Jungkook. Essere allontanato e ignorato, sentirsi dire che non è abbastanza. Quindi è ovvio che Jimin abbia paura che inizi a sentirsi così, qualora Jimin e Yoongi si mettessero insieme. Si tratterebbe di un nuovo livello di intimità che Jungkook non potrebbe condividere con loro.
Jungkook non pensa che si sentirà mai in questo modo, non se quei due si metteranno insieme, ma comincia a capire la preoccupazione di Jimin. Perché Jungkook si sente escluso proprio adesso, nel vedere Jimin tenere Taehyung così vicino a sé e farlo sorridere di cuore, rubandogli con così tanta facilità ciò che Jungkook ha lavorato duramente per costruire nelle ultime settimane.
Inoltre, lui e Jimin tecnicamente non si parlano ancora, quindi c'è anche questo fatto. Anche se Jungkook pensa che Jimin sia venuto per fare pace, almeno a modo suo, visto che si è presentato qui nel giorno del loro appuntamento settimanale.
Non ha, però, il tempo di chiederglielo, perché Taehyung e Jimin sono troppo impegnati a farsi domande a raffica e a spiegare a Jungkook come ai tempi dell'università tutti li chiamassero anime gemelle, perché erano in gran sintonia tra loro. Jungkook sorride, nascondendo il fatto che quell'informazione lo abbia colpito come un pugno nello stomaco.
C'è un guizzo di panico, nel profondo del suo petto, che lo spinge a pensare che stia perdendo Taehyung, e la sensazione non fa che peggiorare ogni minuto che passa di questa riconciliazione improvvisata. Jimin si siede con loro e Jungkook dice a malapena una parola nell'ora e mezza successiva, prima di dover iniziare il suo turno. Racconta brevemente a Jimin che lui e Taehyung si sono incontrati al banco dei profumi, prima di accasciarsi sul suo posto e mangiare con aria imbronciata.
Taehyung è troppo preso da Park fottuto Jimin per intuire che c'è qualcosa che non va, e Jimin probabilmente pensa che Jungkook stia solo sfoggiando il suo tipico atteggiamento timido e silenzioso. Inoltre, tra loro c'è ancora un filo di tensione, di cui Taehyung non è a conoscenza e su cui entrambi non vogliono attirare l'attenzione.
L'unica cosa che fa sentire meglio Jungkook è che Taehyung tende una mano delicata verso di lui e la fa scorrere lungo il suo fianco, quando si alzano per salutarsi.
«Ci vediamo sabato, ok? Ciao, Jungkook.»
«Ciao.»
Vorrebbe abbracciare Taehyung, per rivendicare i suoi diritti dopo che è arrivato Jimin e ha rovinato tutto, ma è una cosa un po' troppo palese perché possa farla per davvero. Taehyung gli sfiora invece il braccio con il pollice, su quel lembo di pelle che Jungkook sta iniziando a considerare come il loro posto.
Poi si allontana, lasciando che Jimin si rivolga a Jungkook con aria interrogativa.
«Cosa c'è sabato?»
«Viene a casa mia», dice Jungkook, con voce tagliente. Ora che ci sono soltanto loro due, gli tornano in mente tutte le stronzate che Jimin gli ha detto l'ultima volta che si sono visti. «Ora devo andare a fare il mio ridicolo lavoro di merda, se vuoi scusarmi.»
Gira i tacchi e si dirige verso il negozio, ma Jimin gli corre dietro un secondo dopo.
«Kook, aspetta, no, sono venuto a scusarmi, ma poi mi sono fatto prendere dall'entusiasmo di aver rivisto Taehyung– sinceramente è pazzesco che vi conosciate, in realtà avevo pensato anche di farvi incontrare qualche volta–»
«Devo andare al lavoro, Jimin», lo interrompe Jungkook. «Se volevi scusarti, avresti dovuto farlo prima.»
Si sta comportando da perfetto idiota, lo sa, ma le cose che Jimin ha detto lo hanno davvero ferito, più di quanto abbia lasciato intendere all'inizio. Tanto da friggersi la mano sul fornello, in ogni caso.
«Cosa ti è successo alla mano?» chiede Jimin prontamente. «Ti sei fatto male? Jungkook, cosa–»
«Cristo santo», sbotta Jungkook, non riuscendo più a sopportare la voce assillante di Jimin. «Cazzo, fammi timbrare il cartellino e poi potrai dirmi quello che vuoi, ok? Dammi un minuto, porca puttana.»
Jimin si morde il labbro per la risposta dura di Jungkook, ma annuisce, rallentando il passo per non stargli troppo addosso. Ma aspetta al bancone dopo che Jungkook ha iniziato il suo turno, agitandosi ansiosamente e giocherellando con lo scaffale d'esposizione rotante.
«Smettila», borbotta Jungkook. «Dovrò risistemarlo.»
Jimin si infila le mani in tasca e fissa Jungkook, che si affretta a scrutare il negozio, pregando che qualche potenziale cliente passi di qui. Ma è sfortunato, perché non c'è nessuno in vista, solo una donna al bancone dei trucchi che prova i mascara.
«Mi dispiace, Kook», sbotta Jimin. «Mi dispiace tantissimo, non avrei mai dovuto dire quello che ho detto, ero ubriaco e arrabbiato con Yoongi e me la sono presa con te e non volevo. Sono serio, non penso nulla di tutto quello che ho detto; sono stato malissimo, ma ho pensato... non so, ho pensato che tu volessi un po' di spazio, per un paio di giorni. Ma mi dispiace tanto, Jungkook.»
Jungkook giocherella con il bordo del bancone, facendo scorrere il dito sul vetro.
«Hai davvero ferito i miei sentimenti, Chim.»
«Lo so», dice Jimin. «Mi dispiace. E continuerò a scusarmi, finché sarà necessario. Solo che, dopo che te ne sei andato, io e Yoongi abbiamo litigato di brutto e non voglio vederlo. Per questo ho rinunciato al pranzo della settimana scorsa, non posso nemmeno avvicinarmi a lui, altrimenti perdo la testa. Ma io– quello che ti ho detto– mi sono sentito così in colpa. Non è la verità, lo sai, vero? Ero solo ubriaco, arrabbiato e frustrato.»
Jungkook annuisce, ma non deve sembrare molto convincente, perché Jimin gli afferra il gomito.
«Jeon Jungkook, non passerai il resto della tua vita bloccato qui. Sconfiggerai qualunque cosa ti trattenga e farai le cose più incredibili. È solo che non vedo l'ora di vederle e sono diventato un po' impaziente, tutto qui. Perché so che sei straordinario, Kook, e voglio solo il meglio per te. Ma... mi dispiace di essermi comportato come se sapessi tutto di te. Finché stai bene, per me è sufficiente. Non importa cosa fai.»
Sospira, lasciando andare il braccio di Jungkook. «Io... tu mi conosci, Kook. Ho un problema con l'autocontrollo. E odio il fatto di non poterti aiutare come vorrei, quindi continuo a insistere e insistere e– beh, abbiamo visto come è andata a finire.»
«Mi dispiace tanto per la questione di Jin», inizia, ma Jungkook scuote la testa.
«No, volevo farlo. Ed è andata bene, davvero. Ho solo avuto un piccolo scivolone, ma ora sto bene. Onestamente, mi ha aiutato. Tipo come una terapia d'urto, o quasi.»
Jimin sembra scettico, ma Jungkook si sporge in avanti.
«Sul serio. Sto bene, Chim. Però mi manchi da morire.»
Jimin sorride, ma i suoi occhi appaiono sospettosamente appannati. «Anche tu mi manchi.»
«E anche a me dispiace», aggiunge Jungkook. «Avete ragione; ho bisogno di parlarne con qualcuno. E... lo sto facendo, almeno più di prima. Ho parlato un po' con mio padre e la mia terapista non mi odia più, quindi va tutto bene. È solo che... è difficile. Parlare a te e a Yoongs di certe cose. Perché siete i miei amici, siete tipo... la mia unica via di fuga, il mio rifugio, capisci? Dove non devo pensare a tutte queste cose. Quindi quando mi hai detto che non sai come aiutarmi, credo che in un certo senso tu lo stia già facendo. Continua ad essere il mio migliore amico, Chim. È così che puoi aiutarmi.»
Jungkook è un po' irritato per la facilità con cui si è arreso alle scuse di Jimin, ma allo stesso tempo è felicissimo che il suo amico gli parli di nuovo. E comunque, i responsabili di quella litigata erano due; nemmeno lui era del tutto innocente.
«Amici?» propone, tendendo la mano buona.
«Amici», concorda Jimin, battendogli il palmo.
Jimin si appoggia più comodamente al bancone, evidentemente intenzionato a rimanere finché Jungkook non avrà un altro cliente. Ci sono ancora alcune questioni irrisolte, soprattutto quella di Yoongi, ma sono tornati alla normalità, o quasi. Tanto da spingere Jungkook a raccontare della sua enorme cotta per Taehyung, per vedere se Jimin abbia qualche consiglio da dargli sul suo ex compagno di università.
La sua anima gemella, a quanto pare.
Per fortuna, Jungkook sa riconoscere da un miglio lontano quando Jimin sta flirtando con qualcuno, e non l'ha fatto con Taehyung, nemmeno una volta. Quindi è a posto sotto questo punto di vista, ma Jungkook sta ancora lottando contro quelle piccole fitte di gelosia, dovute al fatto che Taehyung non sia più soltanto suo. Non che all'inizio lo fosse, ma almeno Jungkook poteva fingere.
«Ieri Jin mi ha chiesto di te al corso di spinning», dice Jimin. «Voleva sapere come stavi. Ha parlato di... una mostra d'arte?»
«Oh– sì.»
In tutta onestà, Jungkook se ne era completamente dimenticato. E se Jimin glielo avesse chiesto una settimana fa, avrebbe detto di no. Ma questo Jeon Jungkook è come un uomo nuovo, che parla dei propri sentimenti con la sua terapista e cerca di trascorrere più tempo con suo padre, e soprattutto sta imparando a essere di nuovo una persona in tutto e per tutto.
Non passerai il resto della tua vita bloccato qui. Farai le cose più incredibili.
E perché non dovrebbe iniziare adesso?
Così racconta a Jimin dell'amica di Jin che gestisce la galleria d'arte e del suo suggerimento di mandarle alcune opere di Jungkook, se lui avesse voluto. Jimin gli dice di accettare, naturalmente, e si offre di accompagnarlo, qualora avesse intenzione di incontrare Jin a breve. Ma Jungkook rifiuta, dicendo che non è niente che non possa gestire da solo.
E può davvero farcela da solo; Jin è una brava persona, deve solo tenerlo bene a mente. Inoltre, se si sente troppo a disagio, può sempre chiedere a Jin di indossare il passamontagna di cui gli ha parlato.
Jimin sembra voler contestare, ma poi deve ricordarsi della discussione che hanno appena avuto, sul fatto che lui non debba più essere così dispotico e Jungkook stia lavorando su se stesso per migliorare.
Così Jungkook è solo quel venerdì mattina, quando si reca allo studio dentistico situato nella parte più bella della città, sentendosi fuori posto con la sua macchina di merda e i capelli arruffati. Ma stringe forte al petto il suo album da disegno e varca la porta d'ingresso, andando dritto verso la segretaria.
Non sembra nemmeno una sala d'attesa; sembra la hall di un albergo di lusso, con vetri smerigliati, bellissime poltrone in pelle e una vera e propria fontana che gorgoglia silenziosamente in un angolo. Anche tutti quelli che aspettano hanno l'aria di appartenere a questo posto, adulti impeccabilmente curati e bambini altrettanto a modo, seduti pazientemente con le teste chine sui loro telefoni e con indosso vestiti che probabilmente costano più degli ultimi tre stipendi di Jungkook messi insieme.
Tuttavia, ha detto che l'avrebbe fatto, ed è lui l'idiota che non ha chiesto il numero di Jin, perché ha pensato che sarebbe stato divertente incontrarlo di persona, per qualche motivo. Non capisce proprio perché l'abbia pensato, non adesso almeno, mentre la segretaria smette di scrivere sul suo computer con le sue unghie perfettamente curate, inarcando un sopracciglio impeccabilmente truccato.
«C'è il dottor Kim?» chiede Jungkook, dondolandosi avanti e indietro sui piedi e rendendosi conto che la sua giacca invernale sia davvero troppo vistosa, con il suo giallo e blu sgargiante e le sfilacciature sui gomiti.
«Ha un appuntamento?»
«Uhm... no, però sono un suo amico e avrei bisogno di vederlo... è qui?»
«Mi dispiace, ma se non ha un appuntamento, temo di non poterle dare questa informazione. Vuole fissarne uno?»
Jungkook si morde il labbro. La donna parla in modo abbastanza cordiale, ma Jungkook ha comunque la pelle d'oca e ha la sensazione che tutti in questa sala d'attesa lo stiano fissando, oltre che giudicando.
È stata una pessima idea.
«Uh, no, no, io... può dirgli che sono qui? Mi chiamo Jeon Jungkook. Le assicuro che ci conosciamo.»
La segretaria lo fissa per un lungo momento, prima di alzarsi dalla sedia. «Al momento è con un paziente, ma vedrò cosa posso fare. Si accomodi lì, se non le dispiace.»
«Grazie», dice Jungkook frettolosamente, prima che lei si allontani dal suo campo uditivo, scomparendo dietro la porta dove Jungkook presume ci siano gli studi dentistici veri e propri.
Rimane seduto per una decina di minuti, mortificato dal fatto che le sue scarpe sembrino così sporche in confronto a quelle del ragazzo seduto accanto a lui, quando lei torna fuori e chiama il suo nome.
«Puoi aspettare nel suo ufficio.»
Jungkook tira un sospiro di sollievo: ha avuto un attimo di panico irrazionale, pensando che magari Jin avrebbe fatto finta di non conoscerlo o si sarebbe rifiutato di vederlo. Non hanno avuto esattamente il miglior appuntamento di sempre e la serata non è finita bene.
Ma viene condotto in un lungo corridoio costellato da bellissime opere d'arte incorniciate, finché non gli viene detto di entrare nella porta con la targa dorata che recita: Dr. Kim Seokjin.
Lo fa, e gli si blocca il respiro in gola per la pura eleganza di quella stanza. Non dovrebbe esserne sorpreso, tutto ciò che riguarda Jin è di classe, tranne forse la sua naturale inclinazione per le battute stupide, ma è comunque intimidatorio vedere tutti quei pannelli di legno scuro e la vetrata che si apre su un'incredibile vista del lungomare. Ecco perché questa è una zona così costosa in cui vivere.
È qui che dovrebbe stare Taehyung, con i suoi profumi costosi e la sua auto di lusso. Non in quel piccolo e noioso appartamento in cui vive, dove l'unica vista è quella del condominio accanto e del ciglio dell'autostrada.
Le pareti sono dipinte di un verde tenue e rilassante e sono ricoperte di fotografie. Jungkook riesce a distinguere le lauree in medicina di Jin, appese sopra la sua scrivania, e un paio di istantanee che lo ritraggono sorridente con pesci di dimensioni più o meno importanti. Jungkook si appunta mentalmente di presentare Jin a suo padre, per vedere se siano davvero disposti ad andare a pescare insieme.
Le altre due pareti sono tutte foto di Jin con quelli che Jungkook presume debbano essere i suoi pazienti, tutti sorridenti e che gli stringono la mano. Ce n'è qualcuna che lo ritrae con dei bambini e Jungkook mentirebbe se dicesse che quella vista non l'abbia intenerito.
Si chiede se Jimin si senta sempre così, perché all'improvviso prova un intenso bisogno di trovare a Jin la persona perfetta con cui sistemarsi, qualcuno che lo renda felice e contento come lui sembra fare con tutti gli altri.
Jungkook non è quella persona, ma sarebbe disposto ad aiutarlo nella ricerca.
La porta dell'ufficio si apre alle sue spalle e si volta per vedere entrare Jin, vestito con il camice bianco da medico che Jungkook sperava segretamente di vedergli addosso.
Sì, Jin deve trovare qualcuno il prima possibile.
«Jungkook! Finalmente sei venuto a farti sistemare i denti?»
«Cosa?»
«Cosa?»
Jungkook alza gli occhi al cielo. «Vaffanculo.»
«È il mio lavoro», dice Jin, sorridendogli scherzosamente. «Sono stato addestrato a pensare ai denti delle persone prima di ogni altra cosa. Ma seriamente, cosa c'è? Come hai fatto a trovare il mio ufficio?»
«Magia di Internet», dice Jungkook con tono drastico, agitando i palmi sollevati. «Probabilmente sei troppo vecchio per sapere cosa sia.»
«Non troppo vecchio per prenderti a calci in culo», brontola Jin.
Fa cenno a Jungkook di sedersi sulla sedia di fronte alla sua, dall'altra parte della scrivania. Jungkook aspetta pazientemente che anche Jin si sieda, prenda il fascicolo che aveva in mano e lo infili in uno dei cassetti alla sua destra. Poi si raddrizza, piegando le mani e guardando Jungkook, in attesa.
«Voglio essere tuo amico», sbotta Jungkook.
Jin solleva un sopracciglio. «Beh, è una buona cosa. Lo immaginavo, visto che ti sei presentato qui.»
Jungkook cerca di non arrossire. Ormai sa che a Jin piace stuzzicarlo. Invece, fa scorrere il suo album da disegno sulla scrivania, con mani tremanti, ma al tempo stesso determinate.
«E ho portato i miei disegni per farteli vedere.»
«Oh, fantastico! Fammi vedere cosa c'è qui...»
Jungkook aspetta nervosamente mentre Jin sfoglia il suo album di schizzi, la sua espressione non lascia trapelare nulla su quanto siano belli o brutti a parer suo. Dopo qualche minuto di tensione, chiude l'album e lo fa scivolare di nuovo verso Jungkook, prima di sorridere con gioia.
«Sono fantastici, Jungkook. Ti darò il numero della mia amica; la prossima settimana andrò a pranzo con lei e le dirò di mettersi in contatto con te.»
«Davvero?» chiede Jungkook. «Ti piacciono?»
Jin annuisce con forza. «Se ti inserisce nella galleria, ne comprerò sicuramente uno.»
Jungkook sorride, ma abbassa la testa, improvvisamente timido. «Grazie, Jin. È davvero gentile da parte tua, voglio dire– non ero esattamente– l'altra settimana...»
Jin scrolla le spalle. «Niente di cui preoccuparsi, come ti ho detto. E siamo amici, giusto? Quindi mi sto solo comportando in modo amichevole. Mi stai facendo un favore, onestamente. È da una vita che mi tormenta con questa storia della galleria.»
Passano altri venti minuti a parlare, si scambiano i numeri di telefono e Jin invita Jungkook a prendere un caffè qualche volta, e Jungkook accetta prontamente. Diceva sul serio quando ha detto di voler essere amico di Jin.
Poi torna la segretaria, che ricorda a Jin che ha un altro paziente tra cinque minuti, così si salutano e Jungkook torna verso la sua auto, sentendosi decisamente più leggero e felice di quando è entrato.
Solo a metà del suo turno di lavoro si rende conto di essere riuscito a guardare il volto di Jin per tutto il tempo.
Così, quando arriva il sabato sera, mezz'ora prima che Taehyung si presenti per cena, Jungkook fluttua a un metro da terra e praticamente vibra di felicità. Questa settimana è stata un susseguirsi di vittorie, dal tempo trascorso con Taehyung alla riconciliazione con Jimin, e ora Jin gli ha offerto una potenziale opportunità di lavoro. Forse non sarà un lavoro a tempo pieno, ma potrebbe essere divertente, anche se solo per una volta.
Yoongi è l'unico lato ombroso, ma Jungkook giura a se stesso che gli parlerà la prossima settimana, dopo questa.
Sono così emozionato, porca miseria.
Suo padre se ne accorge – è impossibile non accorgersene, visto il modo in cui Jungkook canticchia allegramente la musica jazz che ha messo su apposta per l'arrivo di Taehyung – e ha fatto più di qualche commento scherzoso sul fatto che questo sia il primo appuntamento tra lui e Taehyung.
Ha appena finito di sistemare i piatti quando suo padre fa un'altra battuta, e arrossisce per l'ennesima volta.
«Papà», si lamenta, «ti prego, non dire queste cose quando arriva Taehyung. Altrimenti morirò, sul serio.»
«Devo mettere mio figlio in imbarazzo almeno un po'», protesta suo padre. «L'ultimo ragazzo che hai portato a casa era il tuo accompagnatore del ballo di fine anno.»
Jungkook decide di ignorare la cosa e si concentra invece sul preparare la tavola, mentre suo padre lo raggiunge un attimo dopo. Sistemano tutto in silenzio, e Jungkook si scervella per trovare altri argomenti off-limits da comunicare a suo padre, in modo che non vi faccia riferimento. Ha già detto niente foto imbarazzanti di quando era bambino e assolutamente niente storia dell'intossicazione alimentare che ha avuto in terza elementare. E se accenna anche solo un minimo alla fase dei trucchi di magia di Jungkook, quando era alle scuole medie, Jungkook farà le valigie e se ne andrà domani mattina.
Ma gli viene in mente qualcos'altro, qualcosa di cui potrebbero davvero parlare, se dovesse capitare. O almeno qualcosa che non devono nascondere.
«Oh, papà, a proposito, gliel'ho detto.»
Suo padre si interrompe mentre piega i tovaglioli per rivolgere a Jungkook tutta la sua attenzione.
«Della mia... situazione», chiarisce Jungkook. «Del lavoro, del tribunale e tutto il resto.»
«Davvero?» chiede suo padre. Jungkook annuisce. «Wow, tesoro. Questo Taehyung è importante per te, eh?»
Jungkook annuisce di nuovo, arrossendo. Questo è ciò che avrebbe dovuto dire fin dall'inizio, per far capire a suo padre che tipo di rapporto abbiano.
Così, quando Taehyung bussa alla loro porta venti minuti dopo, il padre di Jungkook è decisamente più tranquillo e non ha intenzione di fare nessuna delle battute scherzose per le quali Jungkook era tanto preoccupato, non ora che sa che Jungkook è così fottutamente coinvolto in questa amicizia.
Jungkook apre la porta, sorridendo di fronte al soffice maglione e ai pantaloni sartoriali di Taehyung.
«Non c'era bisogno che ti mettessi in ghingheri», dice, spalancando la porta e facendo cenno a Taehyung di entrare.
Taehyung entra e si toglie le scarpe, fissando Jungkook con una finta occhiataccia.
«Non mi è stato dato un dress code, quindi... Avrei indossato i pantaloni della tuta come te, se avessi saputo che sarebbe stata una serata tranquilla.»
Jungkook sorride e scuote la testa, prima di tirare la parte posteriore del cappotto di Taehyung, sollecitandolo a toglierselo per appenderlo nel guardaroba dell'ingresso. Sarà anche in tuta, ma ricorda ancora le buone maniere.
«Ho portato del vino», dice Taehyung, muovendosi nervosamente e armeggiando con la bottiglia che ha in mano. «Non sapevo cosa bevesse tuo padre, ma a mio padre piace questo, quindi ho pensato...»
Jungkook fa spallucce. «Se è vino, lo berrà. E il nostro vino di solito è in cartone, quindi... Hai fatto bene. Ok, vieni a conoscere mio padre.»
È una strana inversione di ruoli, ora è Taehyung quello nervoso, mentre Jungkook si sente totalmente rilassato. La posta in gioco non è così alta per lui, anche perché gioca in casa, letteralmente. Taehyung, d'altra parte, sembra desideroso di fare una buona impressione su suo padre, anche se Jungkook gli ha assicurato in diversi messaggi delle scorse notti che suo padre è super accomodante e che Taehyung gli piace già da quella volta che è venuto a prendere Jungkook e gli ha aperto la portiera della macchina.
Nonostante ciò, Taehyung si aggrappa all'orlo della manica di Jungkook mentre entrano in cucina, dove suo padre sta apportando gli ultimi ritocchi alla cena.
«Papà, è arrivato Taehyung», annuncia Jungkook. Suo padre distoglie lo sguardo dai fornelli e gli rivolge un ampio sorriso.
Si pulisce le mani con uno strofinaccio prima di avvicinarsi a loro, e Jungkook non ha il tempo di interrogarsi sul perché la mano di Taehyung si stringa momentaneamente intorno al suo braccio prima di lasciarlo andare.
«Taehyung, benvenuto!» dice suo padre. «Jungkook mi ha parlato molto di te.»
«Davvero?» chiede Taehyung, mentre si stringono la mano.
Il padre di Jungkook scuote la testa. «No. Niente, solo il tuo nome. Sei il suo piccolo segreto, sai. Ho dovuto ricattarlo per organizzare questa cena.»
«Oh, a proposito di cena, ho portato questo», dice Taehyung, porgendogli il vino. «Non ero sicuro di cosa bevesse, ma...»
«È perfetto. È stato un pensiero molto gentile; grazie, Taehyung. Vado a prendere dei bicchieri. Jungkookie, vuoi fare gli onori di casa?»
Jungkook ruba la bottiglia a Taehyung e fruga in un cassetto lì vicino fino a quando non trova il cavatappi. Mentre armeggia per aprire il vino, suo padre inizia a portare i piatti al tavolo della cucina e Taehyung si precipita ad aiutare senza dire una parola. Jungkook alza lo sguardo e vede suo padre che lo fissa, mimando gentiluomo con le labbra e facendo cenno con la testa verso Taehyung. Jungkook alza gli occhi al cielo e torna a concentrarsi sul vino.
Pochi minuti dopo, sono seduti a tavola e pronti per la cena, il vino viene versato, assaggiato e decisamente gradito. Jungkook è pronto a scommettere che sia costosissimo, ma persino lui sa che è di cattivo gusto chiederlo.
Comunque, i Jeon non sono noti per i loro palati raffinati, quindi qualsiasi cosa superi una bottiglia da otto dollari è sufficiente a far sentire Jungkook all'apice del lusso.
All'inizio Taehyung è un po' rigido, probabilmente perché è nervoso, ma il padre di Jungkook è veloce a rompere il ghiaccio con una sfilza di domande, incuriosito dopo che Taehyung gli ha rivelato di suonare il sax in un gruppo jazz. Jungkook resta in silenzio e li lascia fare, felice che vadano così d'accordo, finché non finisce la cena e si accorge che Taehyung ha mangiato solo tre bocconi, troppo impegnato a rispondere alle continue domande del padre.
«Papà, Gesù, lascialo mangiare», interviene incrociando le braccia. «È una cena, non un interrogatorio.»
«Oh, non mi dispiace...» cerca di protestare Taehyung, ma il padre di Jungkook si limita a sorridere.
«A volte mi lascio un po' trasportare. È colpa tua, però, Jungkookie», aggiunge il padre, che gli lancia un'occhiataccia prima di riportare lo sguardo su Taehyung e protendersi verso di lui con fare cospiratorio. «È così silenzioso che devo fargli un milione di domande per ricevere mezza risposta. Anche se ha preso da me in questo, lo ammetto.»
Taehyung annuisce, anche se Jungkook borbotta indignato accanto a lui. «Anche il mio fratellino è così. Forse è una cosa tipica dei figli più piccoli.»
Jungkook nota il modo in cui le sopracciglia di suo padre si aggrottano, prima che il suo sguardo si sposti su Jungkook, il quale scuote leggermente la testa, sapendo già cosa suo padre voglia chiedergli.
Non gliel'ho detto.
Ma Jungkook si chiede all'improvviso cosa succederebbe se Taehyung pensasse davvero che sia il più piccolo della famiglia, invece che del suo gruppo di amici, come intendeva lui. Non può far altro che guardare Taehyung incappare proprio nell'unico segreto che non gli ha ancora rivelato, perché non è del tutto suo. Ma probabilmente avrebbe dovuto condividerlo comunque con lui, perché il povero Taehyung non ha idea di star camminando in un campo minato.
«E suo figlio maggiore?» dice Taehyung in tono colloquiale, guardando il padre di Jungkook. «È un chiacchierone? Io sì, so di esserlo.»
«Non ne sono molto sicuro», risponde il padre, mantenendo una voce sorprendentemente neutrale. «Il fratello maggiore di Jungkook vive con sua madre.»
«Oh, Jungkook, e tua madre, allora?» chiede Taehyung, fraintendendo. «Non saresti così silenzioso, se qualcuno in famiglia non avesse retto tutte le conversazioni.»
Rivolge a Jungkook un sorrisetto divertito, che Jungkook ricambia a malincuore. Sente gli occhi di suo padre su di lui e si costringe a dire qualcosa.
«In realtà... Taehyung, no, io e mio fratello abbiamo la stessa mamma.»
Taehyung inclina la testa, confuso, finché non interviene il padre di Jungkook.
«Io e mia moglie ci siamo separati quando Jungkook era molto piccolo. Lui è rimasto con me, mentre nostro figlio maggiore è andato a vivere con lei. Jungkook è silenzioso e lo sono anch'io, quindi presumo che siano loro due i chiacchieroni. Ma per fortuna stasera ci sei tu con noi per reggere la conversazione, come hai appena detto», aggiunge dolcemente, rivolgendo un sorriso a Taehyung.
Jungkook vede che quel sorriso non coinvolge anche i suoi occhi, e si maledice per non aver avvisato Taehyung, neanche un minimo. Anche soltanto dicendogli che l'argomento famiglia è un po' un tabù a casa loro. Perché improvvisamente Taehyung arrossisce, mortificato per la sua gaffe. Non che avesse modo di evitarla, ed è per questo che Jungkook sta cercando di pensare a come rassicurarlo.
«Oh...» dice Taehyung a bassa voce, fissando il suo piatto. «Oh, mi dispiace, non ho...»
«Non fa niente», lo interrompe Jungkook. «Papà, forse dovremmo–»
«Mi dispiace», ripete Taehyung, ancora di quel rosso terribilmente imbarazzato. «Signor Jeon, mi dispiace, non sapevo–»
«Va tutto bene, Taehyung», dice suo padre con gentilezza.
Jungkook prende fiato. Non gli piace il modo in cui le mani di Taehyung si contorcono in grembo e stringono il tovagliolo.
«Quindi forse–»
«Scusatemi», mugugna Taehyung, alzandosi dalla sedia. «Devo andare in bagno.»
«Tae–»
«In fondo al corridoio, seconda porta a sinistra», dice il padre di Jungkook, alzandosi un po' dalla sedia per indicargli la strada.
Il tempo di un piccolo sorriso e un flebile "grazie", e Taehyung è già fuori dalla sua vista, lasciandosi alle spalle Jungkook, che è sprofondato di nuovo sulla sua sedia con aria abbattuta.
Lui e suo padre mangiano in silenzio per i minuti successivi, Jungkook si scola il vino un po' troppo in fretta e suo padre solleva le sopracciglia. Ma non fa commenti, così come non dice una parola su tutto quello che è appena successo, almeno fino a quando non sono trascorsi dieci minuti e Taehyung non è ancora tornato.
«Forse dovresti andare a vedere come sta», dice suo padre. «Digli che non sono arrabbiato. E che tu non sei arrabbiato. A meno che... non sei arrabbiato, vero?»
Jungkook scuote la testa. «No, no, non lo sapeva; non è colpa sua. È solo che...» Jungkook sospira. «La nostra famiglia è un casino, papà.»
«Come se non lo sapessi. Puoi dirglielo, oppure no, è una tua scelta.»
«Pensi che dovrei farlo?» chiede Jungkook, alzandosi dalla sedia.
Suo padre scrolla le spalle. «È un tuo amico, Jungkookie. Io dico che devi trattarlo come tale.»
Dovremmo essere tuoi amici, trattaci come tali.
Le parole di Yoongi gli tornano in mente mentre attraversa il corridoio, e decide di raccontare la verità a Taehyung... tutta la verità, stavolta.
Bussa leggermente alla porta del bagno, addolcendo il più possibile la voce mentre lo chiama.
«Taehyung? Sono io. Posso entrare?»
Passano alcuni secondi prima che la porta si apra, rivelando un Taehyung ancora con le guance rosse e gli occhi lucidi. Jungkook entra e chiude la porta dietro di sé, proprio mentre Taehyung soffoca qualcosa che sembra pericolosamente vicino a un singhiozzo.
«Cosa c'è che non va?» chiede Jungkook, ma Taehyung si limita a scuotere la testa, indietreggiando fino a sbattere contro il muro. «Taehyung?»
«Faccio sempre così», dice Taehyung, con la voce che vacilla a ogni parola. «Parlo sempre a sproposito, non riesco a– non so quando chiudere questa maledetta bocca, e mi rendo sempre ridicolo, e–»
«Hey, no», lo tranquillizza Jungkook, raggiungendolo. «Taehyung, va tutto bene, non lo sapevi. Non te l'ho detto; è colpa mia. Avrei dovuto dirtelo.»
Taehyung scuote di nuovo la testa, ma permette a Jungkook di tirarlo in un abbraccio.
«È tutto a posto. Stiamo bene; mio padre sta bene, io sto bene, l'unico che non sta bene sei tu.»
Questa si rivela la cosa sbagliata da dire, perché le ginocchia di Taehyung cedono un po' e si appoggia per un attimo a Jungkook, seppellendo il viso nella sua spalla.
«Mi dispiace», sussurra. «Non volevo scappare via, è colpa mia comunque–»
«No, no, piccolo, non è colpa di nessuno. È solo che non lo sapevi, tutto qui.»
Quel nomignolo gli scivola facilmente di bocca, tanto che quasi non si accorge di averlo pronunciato. Taehyung non ha alcuna reazione, lascia andare Jungkook e inizia ad asciugarsi gli occhi con l'asciugamano. Jungkook aspetta che abbia finito prima di iniziare a spiegare.
«Quando avevo sette anni, i miei genitori divorziarono e io e mio fratello dovemmo scegliere con quale dei due volevamo stare. Mia madre continuava a comprarci cose e a portarci fuori a fare cose divertenti, mentre succedeva tutto questo, e mio padre invece doveva andare a lavorare, quindi naturalmente entrambi volevamo scegliere mia madre. E mio fratello l'ha fatto, ma io... non so, ero così piccolo all'epoca che è difficile ricordare esattamente cosa stessi pensando. Ricordo che non volevo lasciare i miei due amici, che vivevano dall'altra parte della strada.»
«E poi c'è stata una cosa... sono uscito prima da scuola, non ricordo perché, ma sono sceso dall'autobus e sono corso a casa, e mio padre stava... stava piangendo in cucina, tutto solo. Non si è nemmeno accorto che ero lì, finché non ho iniziato a piangere anch'io, perché ero davvero spaventato. Ma ricordo di aver pensato: "È così che sarà per lui, se ce ne andiamo tutti. Sarà tutto solo".»
«Così decisi di restare con lui e non me ne sono mai pentito. Ho scoperto più tardi, da un'altra persona, che mia madre tradiva mio padre, e lo faceva già da un po', ma lui continuava a sopportare per il bene mio e di mio fratello. Sono andati avanti con il divorzio solo perché lei lo voleva.»
Jungkook ricorda ancora quel pigiama party a casa di Yoongi, lui e Jimin rannicchiati su un materasso gonfiabile nel seminterrato ad ascoltare le voci dal piano di sopra, ubriache di vino e colme di tristezza, mentre i genitori di Yoongi discutevano del povero signor Jeon dall'altra parte della strada e di quanto fosse incasinato e terribile quel divorzio.
Ricorda di aver pianto in silenzio sulla spalla di Jimin, di essersi sentito arrabbiato, triste e incredibilmente deluso da sua madre, ma ricorda anche di aver provato un sollievo travolgente, avendo la prova di aver fatto la scelta giusta, scegliendo suo padre.
All'epoca aveva undici anni, e in quei quattro anni non aveva mai smesso di chiedersi se forse non sarebbe stato meglio restare con suo fratello. Non erano mai stati molto uniti, non come dei fratelli normali, ma dopo aver scelto genitori diversi non sarebbe successo comunque.
«Per un po' siamo rimasti in contatto – io e mio fratello passavamo i fine settimana da mia madre o qui – ma poi lei ha trovato un nuovo lavoro e si sono trasferiti dall'altra parte del Paese, quindi li abbiamo visti molto meno. E a me non dispiaceva affatto, perché ero così arrabbiato con mia madre, sapendo quello che aveva fatto.»
«Una volta ho chiesto a mio padre di parlarne, ma lui mi ha detto solo di non incolparla e che era sempre mia madre, a prescindere da tutto. Ma io... non lo so. È difficile superare una cosa del genere. Così, quando si sono trasferiti, non è stato proprio– non ho cercato di– scusa, non so proprio cosa sto cercando di dire.»
Si passa una mano tra i capelli e sospira, notando che Taehyung lo sta guardando nello stesso modo in cui lo guardava l'altra sera, quando Jungkook gli parlava del suo capo. È confortante, perché sa già che Taehyung non dirà nulla che Jungkook non voglia. Jungkook si schiarisce la gola e continua.
«C'era questo grande divario tra noi, capisci? E man mano che crescevamo, era sempre più difficile superarlo. Non parlo con mia madre da anni, sinceramente non so nemmeno dove sia. L'ultima volta che ho visto mio fratello è stato quando è venuto a casa nostra dopo la sua laurea; mi ha detto che stava facendo un viaggio in macchina e ha pensato di passare da noi.»
«Mio padre era felicissimo, ma era una situazione davvero imbarazzante e sapevo che io e mio fratello andavamo d'accordo solo per il suo bene. Siamo sempre stati diversi, ma vivere separati ci ha reso praticamente estranei. Ricordo che l'ultima sera che era a casa portò di nascosto una fiaschetta di whisky in veranda e me la fece bere... non so dove fosse mio padre. Ma poi mi sono ubriacato e ricordo di avergli raccontato tutto quello che avevo sentito su mamma, che aveva tradito nostro padre.»
«Lui non l'ha mai saputo, perché ovviamente mia madre non gliel'ha mai detto, e la mattina dopo ho capito che forse non avrei dovuto dire nulla. Ma prima di andarsene mi chiese il numero di telefono. Mi promise che si sarebbe messo in contatto con me, che sarebbe venuto a trovarmi più spesso e che gli dispiaceva che ci fossimo allontanati.»
Jungkook si guarda i piedi, l'imbarazzo, il dolore e i ricordi dolorosi gli arrossano il viso.
«È stato... cinque anni fa? Ma io... Taehyung, è per questo che non posso cambiare numero di telefono. Perché se lui– se lui mi chiamasse? E se volesse parlarmi, e io– so che è stupido, che così continuo a farmi mandare anche gli altri messaggi, quelli davvero brutti, ma io– non posso– perché se chiamasse...»
La voce di Jungkook si riduce a un sussurro, lasciando un silenzio teso tra loro. Fa quasi più male parlare a Taehyung della sua famiglia che parlargli del suo capo. È un dolore che si porta dietro da molto più tempo, una ferita situata molto più in profondità.
Taehyung prende la mano di Jungkook, quella ustionata, e ci passa sopra le dita con delicatezza. Jungkook ha ancora la mano fasciata, ma è più che altro una precauzione: non fa quasi più male. Ha fissato un appuntamento con il medico per togliere tutto domani e assicurarsi che sia a posto, ed è felice di poter riavere il pieno uso della mano.
Ma gli mancherà il modo in cui Taehyung lo tocca, in questo modo così tenero. Forse continuerà a farlo comunque, anche dopo che le bende saranno sparite. Jungkook è abbastanza sicuro che la cicatrice rimarrà, e qualcosa gli dice che Taehyung sarà altrettanto dolce nel ricordarla.
«Non è stupido, Jungkook», dice Taehyung a bassa voce. «La speranza è tutto ciò che ci resta, a volte. Ne hai bisogno, per andare avanti. Credo che la speranza renda le cose difficili un po' più facili da sopportare.»
Jungkook si chiede, non per la prima volta, cosa abbia affrontato Taehyung nella sua vita. Se non sia sempre stato felice, luminoso e bello come adesso, come lo è con Jungkook.
Jungkook rivolge un sorriso a Taehyung, tirandogli la manica del maglione.
«Vuoi tornare di là adesso? Ti prometto che nessuno è arrabbiato.»
Taehyung fa un respiro profondo, espirando lentamente prima di annuire. «Sì. Sì, scusa, è solo che... è davvero bello. È da tanto che non frequento persone, una famiglia, e io– grazie per avermi invitato. Anche se ho appena tirato fuori tutti i tuoi traumi infantili.»
Ed è per questo che a Jungkook piace così tanto Taehyung, è per questo che potrebbe innamorarsi di lui da un momento all'altro. Perché chiama Jungkook e suo padre una famiglia, proprio così. Perché considera due persone sole e tristi, che cercano di sentirsi meno sole insieme, una famiglia vera e coesa, anche se non è come quella di Taehyung, la grande famiglia felice con tre fratelli uniti e due genitori innamorati.
Ma Taehyung non vede Jungkook e suo padre in alcun modo, non c'è pietà o senso di colpa nella sua espressione, ma solo una genuina felicità di poter far parte di... qualunque sia la dinamica familiare dei Jeon. Jungkook non l'ha ancora capito bene, ma sa che gli piace il modo in cui Taehyung riesce a inserirsi tra loro. Tutto in casa sembra più luminoso, più accogliente, con una persona in più a riempire i vuoti.
«Andiamo», lo esorta dolcemente, tirando di nuovo la manica di Taehyung. «Dobbiamo ancora finire il vino che hai portato.»
Jungkook torna in cucina, Taehyung è ancora un po' imbarazzato e improvvisamente molto timido.
Il padre di Jungkook è in piedi davanti al microonde e tira fuori il piatto di Taehyung mentre rientrano. Quasi tutto è già stato pulito, anche se Jungkook è pronto a scommettere che ci sia un contenitore di plastica pieno di avanzi che Taehyung porterà con sé quando se ne andrà. Anche i loro bicchieri di vino sono pieni e Jungkook ne beve qualche sorso, sperando di togliersi di bocca il sapore amaro che ha sempre quando parla della sua strana e incasinata famiglia.
«Tieni, Taehyung», dice suo padre, poggiando il piatto di Taehyung davanti a lui. «Non sei riuscito a mangiare quasi niente.»
Taehyung arrossisce furiosamente, ma ora è il bel rosa che Jungkook ama, non il rosso umiliato di prima.
«Signor Jeon, mi dispiace tanto; non avrei dovuto dare per scontato–»
«Non una parola», lo interrompe suo padre. «Sarebbe potuto succedere a chiunque. Nessun rancore, giuro. Anche se mi offenderò per davvero, se stasera te ne andrai senza aver mangiato la cena.»
Taehyung annuisce con serietà, prima di rimettersi a mangiare. Il padre di Jungkook gli lancia un'occhiata dopo che Taehyung ha mangiato qualche boccone, evidentemente affascinato quanto Jungkook dalle adorabili abitudini alimentari di Taehyung.
La conversazione torna a scorrere senza intoppi. L'imbarazzo di Taehyung svanisce quando il padre di Jungkook continua a intrattenerlo con aneddoti dei suoi vecchi tempi all'università, con grande gioia di Jungkook. Suo padre gli è sempre sembrato un tipo molto razionale, quindi sentire che andava a fare gli esami di contabilità dopo aver fumato erba è una grande sorpresa. È bello vedere suo padre così rilassato e a suo agio, e non è difficile per Jungkook intervenire ogni tanto, aggiungendo i suoi pensieri al racconto.
Dopo un po', Jungkook si alza per andare in bagno e si prende qualche minuto per urlare silenziosamente a se stesso davanti allo specchio, incapace di credere che la serata stia andando così bene. Si dà un contegno prima di entrare di nuovo in cucina (braccio tatuato, Jeon), solo per trovare Taehyung in piedi davanti al lavello con suo padre, che lo aiuta a lavare i piatti rimasti, malgrado le proteste di quest'ultimo.
Jungkook prende il sopravvento, allontanando delicatamente ma con decisione Taehyung dal suo posto. Così Taehyung va in bagno, e il padre di Jungkook gli dà un colpetto sulla spalla non appena si allontana dalla sua vista.
«Sei sicuro che quel ragazzo abbia una fidanzata?»
Jungkook annuisce, fissando l'acqua insaponata.
«Te l'ha mai detto?»
Jungkook sta per annuire di nuovo, ma poi si ferma, scuotendo la testa. L'ha solo dato per scontato. Ma l'ha fatto per una ragione; praticamente tutto fino ad ora l'ha portato a pensarlo.
«Penso che ti sbagli, Jungkookie.»
Jungkook sospira, mette il piatto che tiene in mano nella lavastoviglie e lancia un'occhiata frustrata a suo padre. «Papà, solo perché tu–»
«Sono serio, tesoro. Abbiamo appena avuto una conversazione molto rispettosa su come mi sentirei se ti chiedesse di uscire.»
La risposta di Jungkook gli muore sulle labbra, e spalanca la bocca.
«Cosa?»
Suo padre annuisce, con un sorriso agli angoli della bocca. «Mhmm. Te lo dico io, Jungkook. Taehyung è un gentiluomo. E non ha una ragazza, di certo non se ha avuto il coraggio di parlarmi di tutto questo. Credo che tu gli piaccia davvero.»
«Ma io– pensavo–»
Jungkook si interrompe, cercando freneticamente di ripensare all'ultima volta che è successo qualcosa di lontanamente legato alla presunta ragazza di Taehyung. L'ultima volta che ha comprato un profumo è stato... più di tre settimane fa. Non ne ha più comprato uno da quando ha accompagnato Jungkook a casa, la sera in cui la macchina di Jungkook si è rotta. Non ha più ricevuto telefonate strane o frettolose, nessuno l'ha chiamato mentre stavano facendo qualcosa e non l'ha piantato in asso in nessuno dei loro incontri.
Quindi Taehyung ha la ragazza o no?
Se l'ha avuta, Jungkook è quasi certo, esaminando tutte le prove, che si siano lasciati. Taehyung gli ha detto di aver dormito da solo. Questo dovrebbe essere sufficiente per far venire a Jungkook dei dubbi.
L'hai chiamato piccolo, per l'amor del cielo, e lui non ha battuto ciglio.
È una notizia così sconvolgente che Taehyung sia improvvisamente disponibile – dopo che Jungkook aveva ripetuto a se stesso che Taehyung fosse rigorosamente off-limits –, che sapere che anche Taehyung lo voglia allo stesso modo è un bel colpo da digerire. Non in senso negativo, ma è come se le viscere di Jungkook si siano ribaltate, ed è così felice in questo preciso istante che pensa di poter esplodere.
Ma cerca di restare lucido, sbatte forte le palpebre e prende un altro piatto sporco.
«Cosa– uh, cosa gli hai detto? Quando te l'ha chiesto?»
Suo padre sorride. «Che finché sei felice tu, sono felice anch'io.»
Jungkook sente Taehyung tornare in corridoio, quindi non ha il tempo di rispondere. Cerca di comportarsi come se niente fosse, mentre finiscono di lavare i piatti, e Taehyung rifiuta gentilmente il caffè che suo padre gli ha offerto, dicendo che deve andare. Suo padre stringe di nuovo la mano a Taehyung, prima di tirarlo in un vero e proprio abbraccio, strizzando l'occhio a Jungkook alle sue spalle.
Jungkook riesce a dire: "Ti accompagno fuori", e segue Taehyung mentre tornano verso la porta d'ingresso e quest'ultimo si infila le scarpe e il cappotto.
Jungkook si chiude la porta alle spalle, rabbrividendo nell'aria fredda di quella notte d'inverno, ma non accenna a scendere le scale. Taehyung rimane in piedi accanto a lui, senza muovere un muscolo. Jungkook si chiede se questo sia il momento in cui Taehyung gli chiede di uscire, ma non vuole affrettare le cose. Non vuole nemmeno che Taehyung se ne vada, quindi aspetta, fissando la strada e scorgendo appena il canestro nel vialetto dei genitori di Jimin, tre case più in là.
Sente la mano di Taehyung sul braccio, calda nonostante l'aria gelida, che sfiora ancora una volta quell'unico punto ancora intatto. Jungkook si gira per guardare Taehyung in volto, e viene colto alla sprovvista per la sua vicinanza. Da così vicino riesce a vedere le sfumature di verde che danzano in quei grandi occhi marroni, e Jungkook pensa che dovrà fare delle correzioni ai suoi disegni.
Taehyung lo fissa, senza battere ciglio, e Jungkook ricambia lo sguardo. Si accorge, improvvisamente, che Taehyung è solo un po' più alto di lui.
«Jungkook», dice Taehyung, «posso baciarti?»
«Io...»
Jungkook ripensa al suo ultimo bacio. A quell'ufficio freddo, completamente buio eccetto il bagliore dello schermo del computer, e a una mano ancora più fredda sulla sua coscia. Deglutisce a fatica. Ha una gran voglia di dimenticarlo, di andare avanti. Baciare Taehyung sarebbe diverso, lo sa. Ha bisogno che sia diverso. Ha bisogno di dimenticare, e di ricordare Taehyung. E Taehyung sembra leggergli nel pensiero, sussurrando dolcemente mentre le sue mani si stringono sul tessuto della maglietta di Jungkook.
«Ti prego. Voglio che sia un bel ricordo...»
È Jungkook a farsi avanti, a colmare la distanza tra loro, ma Taehyung lo bacia per primo.
Jungkook ha baciato una discreta quantità di persone nella sua vita, ma capisce in un istante che Taehyung è di gran lunga il suo preferito. Non è niente di straordinario, niente fuochi d'artificio sotto le palpebre o pterodattili nello stomaco o qualsiasi cosa dicano i romanzi, ma è così Taehyung che Jungkook si perde completamente in quella sensazione.
È quasi come quando ha sentito Taehyung suonare il sassofono per la prima volta, come è riuscito ad attrarre Jungkook con il più semplice dei movimenti. È questo il punto con Taehyung: è semplicemente bellissimo, dentro e fuori, e Jungkook non può fare a meno di pensare che anche il più piccolo momento, il più breve secondo o qualsiasi attimo trascorso con Taehyung, sia bello quanto lui.
«Jungkookie, puoi venire ad aiutarmi con– oh!»
Il padre di Jungkook ha appena aperto la porta d'ingresso, sbattendola contro la coscia di quest'ultimo, e si ritrae quando vede suo figlio scambiarsi saliva con il simpatico ragazzo che appena ricevuto a cena.
Jungkook pensa che sia colpa sua, per aver pomiciato con Taehyung proprio sul portico di casa, ma quando Taehyung gli rivolge di nuovo quel sorriso timido, subito dopo essersi separati, non gli importa più di nulla.
«Scusate, scusate, non fate caso a me», dice il padre di Jungkook, ma entrambi riescono a percepire il sorriso nella sua voce.
«Ciao, Jungkook», dice Taehyung, riprendendosi più in fretta di Jungkook, la cui gola sembra aver smesso funzionare. «Buona serata, signor Jeon.»
«Anche a te, Taehyung. Torna presto.»
Taehyung si gira e scende i gradini, infilando le mani nelle tasche del cappotto, ma non prima di aver intrecciato un dito a quello di Jungkook e aver sussurrato un sommesso "ci vediamo domani".
Solo quando l'auto di Taehyung è uscita dal vialetto e sta scomparendo lungo la strada, Jungkook sente di poter respirare di nuovo. Supera suo padre per rientrare in casa, che lo segue con un grande sorriso sul volto.
«Non una parola», lo avverte Jungkook, che però ha un sorriso altrettanto enorme sulla faccia.
Quella sera ci mette un'eternità ad addormentarsi, mentre nella sua testa si ripete in loop la scena di quel bacio, e il giorno dopo il lavoro sembra trascinarsi per ore. Si chiede quando Taehyung verrà a trovarlo, se Taehyung verrà affatto o se intenda invitare di nuovo Jungkook a casa sua, per dormire insieme a lui.
A Jungkook va bene tutto. È solo ansioso, perché Taehyung sembra aver parlato con suo padre di un appuntamento, e lui è sulle spine in attesa che ciò accada. Ovviamente dirà di sì, ma prima Taehyung deve chiederglielo.
Non che non possa semplicemente chiederlo lui a Taehyung, riflette, ma se Taehyung ha già accennato qualcosa a suo padre, probabilmente vuole essere lui a farlo. E Jungkook è più che disposto a lasciarglielo fare.
Ma la pausa pranzo arriva e se ne va, senza che Taehyung si faccia vivo, e poi i minuti passano, lentamente ma inesorabilmente, fino a quando manca solo un'ora alla chiusura. Jungkook non vede l'ora di controllare il telefono per vedere se Taehyung gli abbia mandato un messaggio, ma quella maledetta telecamera di sicurezza continua a lampeggiare minacciosamente sopra di lui, come sempre, perciò alla fine si infila le mani in tasca e aspetta.
Venti minuti dopo inizia ad agitare la mano come un pazzo, perché Taehyung (porca miseria, Taehyung) sta camminando verso di lui, bellissimo e radioso come sempre. Quando arriva al bancone, rivolge un sorriso a Jungkook, e lui ricambia, probabilmente in modo un po' troppo aggressivo, ma non gli importa.
«Ciao», dice Taehyung.
«Ciao.»
«Scusa se non sono venuto a pranzo, ho avuto un imprevisto all'ultimo minuto», sospira. «Oggi è stata una giornata tremenda.»
«Non c'è problema», risponde Jungkook.
Il suo cuore batte così forte, cazzo, perché è così fottutamente felice. L'ultima volta che ha visto Taehyung si sono baciati. Questo basta a mandargli il cervello in panne.
«È da un po' che non vengo», dice Taehyung con leggerezza, appoggiandosi al bancone. «Ti ricordi quello alle rose che ho comprato? È stato un paio di settimane fa, lo so, ma se hai qualcosa di simile– l'ultima volta le è piaciuto molto.»
Il cuore di Jungkook, che stava battendo all'impazzata, perde un battito.
«Cosa?»
«Non arrabbiarti», scherza Taehyung. «Vengo spesso di mattina; tra l'altro la tua collega è molto gentile. Ma come ti ho detto, oggi è stata una giornata tremenda, quindi sono dovuto venire a comprarlo adesso. A meno che non sia un problema?»
Jungkook si limita a sbattere le palpebre, estremamente confuso.
Taehyung vuole comprare un profumo? Taehyung ha comprato profumi di recente?
«Jungkook? Stai bene?»
«Hmm? Oh, sì, sono solo stanco. No, uh– cosa volevi? Quello alle rose?»
Taehyung annuisce. «Qualcosa del genere, sì.»
Jungkook trascorre i minuti successivi come se avesse attivato il pilota automatico, anche se si sente morire dentro. Non capisce perché Taehyung, che lo ha baciato neanche ventiquattr'ore fa, stia improvvisamente comprando un profumo per la sua ragazza, proprio davanti ai suoi occhi.
Che abbia comprato profumi per tutto questo tempo e che Jungkook sia stato troppo stupido per rendersene conto.
Ha chiesto a mio padre...
Non capisco.
Taehyung non sembra pensare che ci sia qualcosa di sbagliato, dal modo in cui chiacchiera liberamente con lui, e non sembra rendersi conto che sta portando avanti da solo la conversazione. Perché Jungkook è troppo sconvolto per parlare, troppo sconvolto per fare qualsiasi cosa, tranne il lavoro per il quale è stato istruito, cioè stampare lo scontrino di Taehyung e infilarlo nella sua busta.
«Domani?»
«Cosa?»
Taehyung lancia un'occhiata strana a Jungkook, dopo essersi ripreso la sua carta di credito. «Ti ho chiesto se potevo venirti a prendere domani. Tuo padre mi ha detto che hai il giorno libero.»
Jungkook se n'è completamente dimenticato: la prossima settimana farà un doppio turno per coprire la sua collega, così lei si è offerta di farne uno anche per lui. Non ha in programma nulla di speciale, molto probabilmente se ne starà a casa a rilassarsi, quindi il suo cervello traditore e a malapena funzionante risponde prima che possa pensarci come si deve.
«Sì. Sì, certo.»
«Ok. Passo a prenderti alle dieci, potremmo andare a fare colazione? E poi volevo chiederti una cosa.»
Taehyung sembra così felice e Jungkook non capisce perché. Jungkook non è felice, è fottutamente devastato, perché Taehyung lo ha baciato e ora sta comprando un profumo per la sua ragazza. I conti non tornano, per quanto Jungkook cerchi di dare un senso a tutto questo.
Non ha senso.
Quindi annuisce, porgendo a Taehyung la sua busta e facendogli credere in qualche modo che non ci sia nulla di sbagliato. Che è del tutto normale che lui baci altre persone quando è impegnato in una relazione, che faccia credere agli altri di essere libero di baciare chi vuole, mentre in realtà non lo è.
Non ha alcun senso, cazzo.
«Questo le piacerà, me lo sento», dice Taehyung, e se questo non basta a conficcare un coltello nel cuore di Jungkook non sa cosa altro possa farlo. «Grazie, Jungkook. Ci vediamo dopo.»
Jungkook accenna un saluto, ormai incapace di formulare altre parole. Taehyung si china per un attimo sul bancone e sussurra all'orecchio di Jungkook, e a lui viene voglia di piangere, perché desidera ancora Taehyung da morire, anche se in questo momento è sconcertato e sconvolto.
«Ti darei un bacio, ma ci sono le telecamere. Quindi lo conserverò per domani.»
Poi si ritrae di nuovo, sfiorando la mano di Jungkook con un dito. Non sembra accorgersi che Jungkook non ha più la mano fasciata. Il suo palmo è sfregiato, proprio come Jungkook pensava che fosse, ma non vuole mostrarlo a Taehyung, non ora. Farebbe troppo male se lui toccasse la sua pelle con così tanta delicatezza, ancora di più di quanto non stia facendo ora.
Ma poi Taehyung si allontana, sfoggiando quel suo sorriso smagliante, e Jungkook rimane solo. È solo, e l'unica cosa che può fare è stringere il bancone, mentre viene colpito da un'ondata di delusione, e poi di confusione, e infine di dolore.
Ma la cosa peggiore è la sensazione opprimente che forse, solo forse, Taehyung non sia affatto la persona che Jungkook pensava che fosse.
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