𝘦𝘷𝘦𝘳𝘺 𝘩𝘰𝘶𝘳 𝘺𝘰𝘶 𝘴𝘵𝘢𝘺 / 𝘸𝘪𝘭𝘭 𝘮𝘢𝘬𝘦 𝘢 𝘥𝘳𝘦𝘢𝘮 𝘣𝘰𝘶𝘲𝘶𝘦𝘵

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˗ˏˋ ♡ ˎˊ˗
𝘦𝘷𝘦𝘳𝘺 𝘩𝘰𝘶𝘳 𝘺𝘰𝘶 𝘴𝘵𝘢𝘺
𝘸𝘪𝘭𝘭 𝘮𝘢𝘬𝘦 𝘢 𝘥𝘳𝘦𝘢𝘮 𝘣𝘰𝘶𝘲𝘶𝘦𝘵





Jungkook si sveglia con la luce del sole che filtra dalla finestra, completamente solo, a parte un mal di testa lancinante e un sapore terribile in bocca. Sente delle persone muoversi al piano di sotto, la risata sguaiata di suo padre accompagnata dalla voce ancora più squillante di Jimin. Se Jungkook dovesse scommettere, penserebbe che Yoongi abbia detto qualcosa per far arrabbiare Jimin di proposito e che in questo momento suo padre stia prendendo il posto di Jungkook nel fare da spettatore all'intera vicenda. Jungkook non se la prende: anche suo padre è un Jeon, quindi sarebbe un sostituto più che valido.

Sente l'odore dell'impasto dei pancake e di quelle che pensa siano gocce di cioccolato diffondersi per le scale. Gli viene l'acquolina in bocca e sente lo stomaco brontolare. Ma non è l'odore dei pancake o il rumore al piano di sotto a svegliarlo, bensì il suo telefono, che squilla incessantemente sul comodino. Si rotola sul letto per prenderlo e si accascia contro la testiera per vedere chi lo sta chiamando.

È un numero sconosciuto e questo basta a fargli sprofondare lo stomaco. Prende un respiro profondo e accetta la chiamata, prima di riagganciare immediatamente. Ha disattivato la casella vocale tre mesi fa, ma è meglio non sfidare la sorte. Ringrazia che almeno non si tratti di un messaggio.

Controlla l'ora e vede che ha dormito solo fino alle 10:30, non male per un sabato, e si sposta per scivolare fuori dal letto. Quei pancake lo chiamano a gran voce.

Il telefono squilla di nuovo.

È lo stesso numero sconosciuto e Jungkook sente il battito cardiaco accelerare. Forse dovrebbe bloccarlo subito e farla finita. Tocca di nuovo lo schermo per rispondere alla chiamata e sta per riagganciare, quando qualcuno grida dall'altra parte, così forte che Jungkook riesce a sentirlo anche se ha il telefono appoggiato in grembo.

«Jungkook ragazzo dei profumi! Non riattaccare!»

Il telefono è all'orecchio di Jungkook in un battibaleno. «Taehyung?»

«Ciao», dice Taehyung vivacemente, con la voce tornata a un volume normale. «Scusa se ho urlato, credevo che prima avessi pensato che fossi uno delle televendite o qualcosa del genere.»

Jungkook si alza in piedi, iniziando a camminare avanti e indietro per liberarsi dall'energia nervosa che si è improvvisamente impossessata del suo corpo. Taehyung lo ha chiamato.

«No, scusa, è colpa mia», dice Jungkook. «Come stai?»

«Io sto bene. E tu come stai?»

«Bene.»

Rabbrividisce per la sua risposta insulsa e per i pochi secondi di silenzio che seguono. Deve davvero lavorare sulle sue capacità di conversazione. Taehyung non sembra farci caso e aspetta pazientemente di vedere se ha intenzione di dire altro. Ma Jungkook non sa cos'altro dire, così si limita ad aspettare anche lui, sfregando il piede nudo sul tappeto e desiderando di strangolarsi con le sue stesse mani.

«Hey, che fai oggi?» chiede Taehyung all'improvviso. «Sei libero, vero?»

«Mhmm.»

«Ti va di uscire?»

«Sì.»

Jungkook non ci pensa nemmeno un secondo prima di accettare. Sotto sotto, si rende conto che potrebbe non essere un'idea grandiosa; in realtà non conosce affatto bene Taehyung, ma non riesce a preoccuparsi di questo. È solo felice che Taehyung lo abbia chiamato.

«Ok», ride Taehyung. «Perfetto. Ti chiederei se vuoi che ci incontriamo al centro commerciale, ma probabilmente sei stufo di quel posto». C'è una pausa e quando parla di nuovo è esitante. «Vuoi... forse venire da me? Non sei obbligato, potremmo andare a mangiare o altro, ma pensavo che forse...»

«No, vengo», lo interrompe Jungkook.

Anche in questo caso, probabilmente non è un'idea intelligente, ma lo farà lo stesso. Taehyung lo ha chiamato.

«Oh, ok, fantastico», dice Taehyung, il sollievo è evidente nella sua voce. «Bene, ti mando un messaggio con il mio indirizzo, vieni quando vuoi. Non ho programmi per oggi.»

Jungkook sta per acconsentire, ma Taehyung lo interrompe di nuovo.

«Merda, aspetta, la tua macchina è in officina, giusto? Allora vengo a prenderti. A che ora va bene per te?»

Jungkook sbatte le palpebre, sorpreso che Taehyung se ne sia ricordato. «Uh, tra un'ora?»

Dovrebbe avere abbastanza tempo per mangiare i pancake. E cacciare Jimin e Yoongi da casa sua, in modo che non sospettino di nulla. Ma poi si guarda nello specchio appeso sul retro della porta, vede i capelli unti, gli occhi iniettati di sangue e l'aura tipica di chi ieri sera ha combinato un macello che incombe su di lui, e ci ripensa.

«Due ore, in realtà. Se per te va bene.»

«Per me va bene», risponde Taehyung, con la stessa scioltezza con cui parlerebbe delle previsioni del tempo. «Come ti fa più comodo.»

Jungkook non sa come faccia Taehyung a sembrare così disinvolto, perché personalmente sta impazzendo.

Taehyung lo ha chiamato.

«Ok, ci vediamo dopo allora», riesce a dire Jungkook. «Ti serve il mio indirizzo?»

«No, è la casa con la porta verde, giusto?»

«Sì. Bene, esatto.»

«Okay. Ci vediamo presto, Jungkook!»

Poi Taehyung riattacca, lasciando Jungkook a sbattere le palpebre per il turbine che l'ha appena assalito. Un'intera settimana di nulla cosmico e ora, di punto in bianco, va a casa di Taehyung. O nel suo appartamento, o quello che è. Deglutisce, osservando il suo riflesso nello specchio. Deve assolutamente limitare il danno. È molto nervoso, perché il posto in cui vive Taehyung è probabilmente molto, molto bello, e morirà di imbarazzo se gli suderà sul divano o gli sporcherà il pavimento di terra o farà qualcosa di ugualmente di cafone.

Lo stomaco brontola, reclamando la sua attenzione. Sì, dovrebbe occuparsi prima di questo. La doccia può aspettare. Scende le scale di corsa, togliendosi le caccole dagli occhi, e vede suo padre in piedi in cucina con Yoongi, mentre sorseggiano due identiche tazze di caffè. Jimin è appollaiato sul bancone, dondola le gambe e spiega animatamente qualcosa, ma si ferma quando Jungkook entra nella stanza, annunciando la sua presenza con un forte sbadiglio.

«Guarda chi è vivo», dice Jimin. «Pensavo che avresti dormito tutto il giorno, Kook.»

Jungkook alza gli occhi al cielo. «È ancora mattina.»

«A malapena. Siamo tutti in piedi dalle sette.»

«Non volentieri», brontola Yoongi, bevendo un lungo sorso di caffè. «Questo qui non la smetteva di urlare.»

Non è sorprendente che Jimin si sia alzato così presto; è abituato a farlo per lavoro. Yoongi invece è come Jungkook, preferisce stare sveglio fino a tardi e svegliarsi ancora più tardi.

«E», taglia corto Jimin, ignorando le lamentele di Yoongi, «abbiamo aiutato tuo padre a fare i pancake. Quindi non stupirti se presto diventeremo noi i suoi preferiti.»

Jungkook scuote la testa e si dirige verso la macchinetta del caffè, ma suo padre lo ferma e gli porge una tazza appena fatta. Jungkook borbotta un "grazie" e suo padre gli scompiglia i capelli. Jungkook cerca di nascondere il suo rossore di soddisfazione quando suo padre risponde alla battuta di Jimin con:

«Jungkook è insostituibile.»

Gli cinge le spalle con un braccio e Jungkook si appoggia al suo fianco, lanciando a Jimin uno sguardo da stronzo.

«Sì, Chim. A meno che non voglia essere tu quello che lo aiuta quando dimentica la password del Wi-Fi.»

Jimin alza le mani in segno di resa e sorride. Con la tecnologia è un incapace proprio come il padre di Jungkook, anche se è un fottuto DJ radiofonico. Ma per qualsiasi altra cosa al di fuori di questo è irrimediabilmente negato. Jungkook ricorda ancora la sera in cui Jimin lo fece andare a casa sua per fargli vedere come attivare il Face ID sul suo telefono.

«Hai fame?» chiede suo padre, e Jungkook annuisce.

«Cazzo, muoio di fame. Cioè, si ho fame– merda, uh... scusa.»

Suo padre ride e gli stringe la spalla prima di allontanarsi per preparargli un piatto, anche se Jungkook è perfettamente in grado di farlo da solo. A suo padre piace prendersi cura di lui e a volte, solo a volte, a Jungkook piace lasciarglielo fare.

Dopo aver appagato la sua fame con dei pancake al cioccolato a dir poco fantastici, Jungkook saluta i suoi amici e torna di sopra per fare la doccia. Si sente a suo agio a lasciarli con suo padre: alla fine, troveranno da soli la via d'uscita. Anche se Jungkook spera che sia entro la prossima ora, prima che Taehyung venga a prenderlo.

Ama i suoi amici, ma anche loro amano metterlo in imbarazzo, e non ha davvero bisogno che Yoongi racconti a Taehyung della volta in cui Jungkook ha pianto sulla ruota panoramica quando aveva quattordici anni.

Dopo due tazze di caffè, una buona colazione e una bella doccia, ricomincia a sembrare se stesso. Trascorre circa venti minuti davanti al suo armadio, avvolto in un asciugamano, gocciolando acqua sul tappeto mentre pensa a cosa indossare.

Alla fine, indossa i suoi fidati pantaloni della tuta e una maglietta oversize, preferendo la comodità allo stile. In ogni caso, deve andare a casa di Taehyung e questo è l'abbigliamento che normalmente indosserebbe per una cosa del genere. Decide di preferire che Taehyung si faccia un'idea chiara di lui fin da subito. Jungkook non vuole essere costretto a indossare qualcosa di carino ogni volta che escono insieme, per mantenere le apparenze.

Poi scuote la testa e si dice di non illudersi così in fretta. Potrebbe ancora andare terribilmente male, oppure Taehyung potrebbe semplicemente non essere più interessato a passare del tempo con lui. Prima di psicanalizzarsi troppo, si infila le scarpe da ginnastica e scende al piano di sotto, lasciando che i capelli si asciughino all'aria e inviando una preghiera a qualunque essere dell'universo sia in grado di fargli avere dei capelli decenti una volta asciutti.

Sta prendendo il giubbotto dall'armadio del corridoio quando suo padre esce dalla cucina.

«Vai da qualche parte?»

Jungkook annuisce, infilandosi il giubbotto e chiudendo la zip. «Sì, da un amico.»

Le sopracciglia di suo padre si sollevano. «Da un amico? Quale amico?»

«Il mio amico del lavoro», risponde Jungkook, cercando di sembrare disinvolto.

In effetti, è disinvolto. Lui e Taehyung si stanno solo frequentando. Ma questo non spiega perché il cuore gli stia uscendo dal petto.

«Lo sai che oggi dobbiamo andare a prendere la tua macchina, vero?»

Oh, merda.

Jungkook apre la bocca per rispondere, ma suo padre gli fa cenno di non farlo. «Possiamo farlo domani prima del tuo turno. Vai a divertirti.»

Jungkook pensa ancora una volta che è fortunato ad avere un padre così rilassato, che gli lascia fare tutto quello che vuole senza fare troppe domande. È sempre stato così, e lo è soprattutto adesso, da quando Jungkook ha imparato ad affrontare il mondo da solo e ha già dovuto capire come funziona la vita da adulto.

«Hai bisogno di un passaggio?» chiede suo padre, e Jungkook scuote la testa.

«Viene a prendermi lui.»

Suo padre annuisce, incrociando le braccia. «Un gentiluomo.»

«Un amico, papà», sottolinea Jungkook. «Solo un amico.»

«Posso conoscere questo tuo amico?»

Jungkook si morde il labbro. È troppo strano, pensa, e un po' da sfigati, che suo padre lo accompagni alla macchina di Taehyung come probabilmente vuole fare. Jungkook vuole molto bene a suo padre, ma questo non gli impedisce di essere leggermente in imbarazzo a volte. Suo padre gli rivolge un grande sorriso, scuotendo la testa.

«Sto scherzando, tesoro. Gesù, che faccia che hai fatto.»

Jungkook storce il naso. Di solito è bravo a capire quando suo padre lo sta prendendo in giro, ma in questo momento è troppo nervoso, perché Taehyung sarà qui da un momento all'altro.

Anzi adesso, perché sente un'auto entrare nel vialetto, e lui sta ufficialmente dando di matto.

Senza darlo a vedere, ovviamente. Ha un braccio tatuato; può mostrarsi più che calmo ogni volta che vuole.

«Vado a guardarlo dalla finestra.»

«Papà, no!» grida Jungkook, rincorrendolo e cercando di impedirgli di tirare indietro le tende del soggiorno.

Entrambi intravedono la Mercedes Benz di Taehyung e a Jungkook non sfugge il modo in cui le sopracciglia di suo padre si alzano ancora una volta. Poi la portiera dell'auto si apre e Taehyung scende, chiaramente intenzionato a bussare alla porta. Jungkook si avvia a passo svelto verso il corridoio, lasciando il padre a sbattere le palpebre confuso in salotto.

«Hey, ma quello non è il tuo cliente?»

«Ci vediamo dopo, ciao!» grida Jungkook da sopra la spalla. «Ti voglio bene!»

Apre la porta d'ingresso e la attraversa, chiudendola saldamente dietro di sé prima che suo padre possa dire altro. Jungkook cerca di non arrossire in viso e giura, ora più che mai, che suo padre e Taehyung non si incontreranno mai. Perché sa che suo padre direbbe immediatamente a Taehyung dei ritratti che gli ha fatto Jungkook. Probabilmente glieli mostrerebbe anche, e allora Jungkook dovrebbe davvero seppellirsi dalla vergogna.

Taehyung si ferma a metà delle scale del portico e lo saluta. «Ciao.»

Jungkook ricambia il saluto, incontrandolo sullo stesso gradino. «Ciao. Che piacere vederti.»

Taehyung inarca un sopracciglio e Jungkook si chiede cosa succederebbe se in questo momento corresse dritto nel traffico autostradale e venisse schiacciato da un semirimorchio. Probabilmente sarebbe meno doloroso che dire altre stronzate come quella che gli è appena uscita di bocca.

Braccio. Tatuato.

«Infatti», dice Taehyung, offrendo il braccio a Jungkook. «Posso accompagnarti?»

A quanto pare, sta cercando di stare al gioco. Anche se, in realtà, Jungkook non stava scherzando; è solo molto nervoso e molto strano. Ma evidentemente anche Taehyung è strano, dato che parla come un corteggiatore del 1800, quindi Jungkook cerca di rilassarsi.

Inoltre, ricorda a se stesso, Taehyung è un musicista jazz e tutti quelli come lui devono essere almeno un po' stravaganti, a prescindere da quanto siano belli.

Jungkook mette la mano sul braccio di Taehyung e lo segue lungo i grandini che conducono alla macchina. Jungkook non riesce a capire se anche questo faccia parte della recita o se Taehyung sia davvero così educato, quando apre la portiera di Jungkook e aspetta che si sieda prima di richiuderla.

Mentre Taehyung corre verso il lato del guidatore, Jungkook scorge suo padre alla finestra del soggiorno, con la testa che fa capolino dalle tende. Gli fa il pollice in su, pronunciando quella che Jungkook scommette sia la parola "gentiluomo".

Jungkook alza gli occhi al cielo e si accascia contro il sedile mentre aspetta che Taehyung entri in macchina.

«Allora, Jungkook ragazzo dei profumi», dice Taehyung mettendo in moto e uscendo dal vialetto, «com'è andata la settimana?»

«Bene. Ho lavorato molto. E ho fatto riparare la macchina. O meglio, l'ho quasi riparata.»

«Hai scoperto cosa c'è che non va?»

Jungkook annuisce. «Sì, ma non ci capisco un cazzo di macchine. Hanno detto che c'è qualcosa che non va nel cambio. Per me è arabo.»

«Ah, anch'io sono così», risponde Taehyung. «L'unica cosa che so fare è accendere la radio.»

«Giusto», lo prende in giro Jungkook. «La radio che trasmette tutte le tue canzoni.»

«Se fossi in te, sarei gentile con me, Jungkook ragazzo dei profumi», lo avverte Taehyung. «Stai per venire a casa mia. Potrei ancora essere un serial killer, sai?»

«Perché continui a chiamarmi così?» chiede Jungkook.

«Così come?»

«Jungkook ragazzo dei profumi.»

«Oh», dice Taehyung, mostrando a Jungkook un sorriso sghembo. «Hai salvato così il tuo numero sul mio cellulare, così ho pensato che Ragazzo dei Profumi fosse il tuo cognome. Ovviamente.»

«Non volevo che ti dimenticassi chi fossi», brontola Jungkook.

«Sarebbe impossibile», dice Taehyung con leggerezza, e Jungkook ignora risolutamente il suo stomaco che fa le capriole. «Allora qual è il tuo cognome?»

«Jeon.»

«Errore», dichiara Taehyung, scuotendo la testa. «Jeon Jungkook, ora posso cercarti su Google. Troverò tutto il marcio.»

Il cuore di Jungkook si ferma per un attimo.

Merda, merda, merda.

«Sei tu quello con la pagina di Wikipedia», dice frettolosamente, cercando di nascondere la sua preoccupazione.

Sa che Taehyung sta scherzando, ma non vuole affatto – affatto – che lui cerchi il suo nome su Google. Jungkook sa esattamente cosa verrà fuori ed è qualcosa che non vuole che Taehyung veda, non se vogliono essere amici.

Taehyung lo guarda, sollevando le sopracciglia. «Jungkook, mi hai cercato su Google?»

Jungkook scrolla le spalle, con molta più nonchalance di quella che prova. Ha cercato Taehyung su Google, dopo averlo visto sabato al centro commerciale. Sono venute fuori alcune sue foto, il link Spotify del Trio Kim e una brevissima biografia su Wikipedia che elenca la loro discografia e i nomi dei membri. Jungkook mentirebbe se dicesse di non aver ascoltato quasi tutte le loro canzoni questa settimana.

«Allora io ho superato il test», dice Taehyung. «Visto che hai comunque accettato di venire da me.»

«Beh, sai», dice Jungkook, cercando un modo per cambiare argomento, «non pensavo che ti avrei più sentito. Il tè doveva fare davvero cagare, se mi hai piantato in asso in quel modo.»

Sta solo scherzando, ma è un po' seccato che Taehyung non l'abbia chiamato fino ad ora. Taehyung sorride e scuote la testa.

«Il tè era davvero terribile, ma non è questo il motivo. Ho avuto delle questioni da risolvere a casa della mia famiglia, e poi sono rimasto un paio di giorni in più per passare anche un po' di tempo in studio con i ragazzi. In realtà, sono tornato solo stamattina. Ma sì, è colpa mia, mi dispiace. Di solito non sono così, te lo assicuro.»

Beh, ora Jungkook si sente un gigantesco stronzo.

«No, non preoccuparti», dice. «Sono sopravvissuto anche senza i tuoi acquisti questa settimana. È venuto un tizio che doveva comprare dei profumi per tutte e quattro le sue ragazze.»

Il sopracciglio di Taehyung si solleva di nuovo. «Quattro? Contemporaneamente?»

Jungkook annuisce. «Sì. Mi ha chiesto quattro flaconi dello stesso profumo, per non presentarsi a casa di una ragazza con il profumo di un'altra. O qualche stronzata del genere.»

Taehyung sbuffa. «Incredibile. Ho sentito dire che lo fanno con i fiori, ma mai con i profumi, accidenti. Quel tipo deve essere ricco sfondato.»

Jungkook annuisce, decidendo di non sottolineare che anche Taehyung deve essere ricco sfondato. Jungkook pensa che se si rannicchiasse sul sedile posteriore potrebbe farsi il pisolino migliore della sua vita.

Restano in macchina per altri venti minuti, e Jungkook intrattiene Taehyung con altre storie sugli strani clienti che ha incontrato, finché Taehyung non accosta nel parcheggio di un complesso residenziale. Jungkook è un po' sorpreso mentre ispeziona la facciata dell'edificio. È perfettamente normale, ed è per questo che gli sembra strano. Pensava che Taehyung avesse una villa o che vivesse in quegli appartamenti di lusso in centro.

Taehyung evidentemente non lo trova strano, perché spegne l'auto e scende, correndo ad aprire la portiera di Jungkook prima che possa farlo lui stesso.

Gentiluomo.

Già, suo padre adorerebbe Taehyung.

Jungkook segue diligentemente Taehyung su per le scale esterne, ancora una volta confuso dal fatto che Taehyung viva in un posto senza ascensore. Si tratta solo di cinque piani a piedi, quindi non è così grave, ma Taehyung è impegnato ad avvertire Jungkook che il suo vicino mezzo pazzo a volte bussa alla sua porta, chiedendo la sua opinione su qualunque cosa, dal cambiamento climatico ai segni zodiacali. Però, spiega Taehyung, non si lamenta mai quando si esercita con il sassofono, quindi Taehyung lo asseconda sempre.

Quando si fermano davanti alla porta di Taehyung, quest'ultimo ha il respiro un po' affannoso e non ha smesso di parlare da quando sono scesi dall'auto. È chiaramente preoccupato per la questione del vicino, vuole che Jungkook sia preparato. Jungkook si appoggia al muro mentre Taehyung armeggia con le chiavi, fissando il suo profilo e ammirando ancora una volta il bel rossore delle sue guance.

«Accidenti», dice Taehyung, espirando pesantemente. «Devo andare più spesso in palestra. Queste scale mi uccidono ogni volta, giuro su Dio.»

«Puoi venire con me», propone Jungkook, quasi senza pensarci.

Taehyung sbuffa una risata. «Ok. Sei un po' fuori dalla mia portata, credo. Con tutti quei muscoli...»

Gesticola su e giù indicando il corpo di Jungkook, prima di aprire la porta ed entrare. Jungkook resta perplesso dal fatto che uno come Taehyung pensi che uno come Jungkook sia "fuori dalla sua portata". Se non sapesse che Taehyung ha la ragazza, direbbe che si tratti di una specie di flirt.

Segue Taehyung nell'appartamento prima che possa soffermarsi ulteriormente su questo pensiero.

Si toglie le scarpe e le spinge contro il muro, accanto a quelle di Taehyung. Poi esce dall'ingresso per esaminare l'appartamento. Ora sono nella zona giorno e può vedere una cucina al lato, insieme a due porte che probabilmente sono la camera da letto e il bagno, se dovesse tirare a indovinare.

È... quasi deludente.

Sicuramente lo confonde. Taehyung guida una Benz e compra profumi costosissimi, ma vive in un appartamento che sembra più piccolo e più economico di quello di Jimin o di Yoongi. Onestamente, sembra il vecchio appartamento di Jungkook, quello che si pagava con uno stipendio misero.

Quindi sì, è un po' strano che Taehyung viva in un posto così piccolo, considerando che non si fa problemi a ostentare la sua ricchezza in altre situazioni. L'appartamento non è nemmeno particolarmente agghindato: non ci sono quadri alle pareti e non c'è quasi nessun mobile.

Jungkook ricorda che Taehyung si è trasferito da poco, quindi forse si sta ancora ambientando, ma non può ignorare la sensazione istintiva di trovarlo un po' strano.

Non che pensi che Taehyung abbia intenzione di ucciderlo o qualcosa del genere, ma ha una mezza idea che questo non sia il posto in cui Taehyung vive, non a tempo pieno, almeno. Jungkook si chiede, con una stretta allo stomaco, se questo sia l'appartamento segreto di Taehyung, dove porta le persone per tenerle nascoste alla sua ragazza.

Ma è un'idea assurda e del tutto infondata, per cui la accantona e si dirige verso il divano.

Taehyung è in cucina e sta posando le chiavi sul bancone, quando guarda Jungkook che sta per sedersi.

«Oh, attento al mio bimbo.»

«Il tuo cosa?»

Jungkook si guarda intorno, cercando di individuare un bambino o qualcosa del genere, e si chiede se sia per questo che sono dovuti andare da Taehyung, per poter tenere d'occhio suo figlio. E sì, questo è del tutto inaspettato, ma Jungkook immagina di doverlo accettare.

Ha un breve momento di panico in cui pensa di non essere pronto a fare il patrigno, prima di rendersi conto che è un'idea assolutamente folle.

Respiri profondi, Jeon.

Taehyung lo osserva per un attimo, ridendo dolcemente prima di chiarire la questione.

«Il mio sassofono, Jungkook. Non volevo che ti ci sedessi sopra.»

È allora che Jungkook si gira e vede quello che in realtà è il sassofono di Taehyung, appoggiato dietro di lui sul divano. Sospira e lo prende con delicatezza, porgendolo poi a Taehyung, che lo tiene in mano con molta più sicurezza.

«Sì», continua Taehyung, «la mia vera bimba sta dormendo nell'altra stanza. Ha tre anni. È la luce dei miei occhi.»

Jungkook cerca, con scarsi risultati, di evitare che gli occhi gli escano dalle orbite.

Taehyung scoppia a ridere, così forte che la sua risata sembra riecheggiare sulle pareti. Jungkook si passa una mano tra i capelli e scuote la testa in direzione di Taehyung.

«Oh, vaffanculo», dice, ma non c'è alcuna tensione nella sua voce. «Mi hai fatto venire un infarto.»

Taehyung ci mette quasi un minuto a smettere di ridere, ma alla fine guarda Jungkook con quel suo grande sorriso. «Scusa, scusa, ma sei così... sembravi così serio e–».

Si interrompe, ridendo di nuovo. Jungkook incrocia le braccia al petto e si butta sul divano.

«Sì, sì, ok.» Fa un gesto verso il sassofono ancora stretto tra le mani di Taehyung. «Vuoi suonarmi una canzone o cosa?»

Taehyung scrolla le spalle. «Hai intenzione di pagarmi?»

Jungkook trattiene un sorriso. Taehyung si sta dimostrando piuttosto impertinente, tutto sommato, e Jungkook scopre che gli piace davvero, davvero tanto.

«Mi devi un favore, ricordi? Dovevi venire a suonare al negozio.»

Taehyung inclina la testa, schiudendo un po' la bocca mentre guarda Jungkook con gli occhi socchiusi. Poi il suo volto si illumina e schiocca le dita, indicando Jungkook.

«Merda, l'ho proposto io. Ok, beh, comunque è meglio così. Concerto privato. Qualche richiesta?»

«No. Basta che non faccia schifo», concede Jungkook con gentilezza, lasciando cadere entrambe le braccia sullo schienale del divano e divaricando le gambe.

Taehyung annuisce semplicemente, con gli occhi ora concentrati sul suo strumento. Jungkook capisce subito che è uno di quei musicisti che dicono cose del tipo "quando suono, siamo solo io e la musica".

Taehyung si porta il sassofono alle labbra e Jungkook sprofonda di più nel divano, chiedendosi se Taehyung suonerà una sua canzone o una cover di qualcun altro. In tutta onestà, a meno che non si tratti di una canzone che ha già sentito, Jungkook probabilmente non sarà in grado di capirlo.

Il primo suono che fuoriesce è un forte stridio, e Taehyung trasale, allontanando il sax dalla bocca.

«Merda, scusa», dice, e Jungkook vede che il bellissimo rossore sulle sue guance è tornato. «È un po' che non suono davanti a qualcuno. Aspetta.»

Jungkook guarda divertito Taehyung armeggiare con lo strumento, prima di girare alcuni tasti di qua e di là. È più concentrato sulle guance di Taehyung, su quel bel colore rosa che Jungkook vuole ricordare per sempre.

Ma poi Taehyung ricomincia e Jungkook decide di prestare attenzione.

Non è difficile farlo, perché dopo le prime due note, Jungkook è assolutamente ipnotizzato.

Non conosce la canzone, ma man mano che va avanti, ne riconosce la sensazione. Qualcosa di malinconico, come una lettera d'amore rivolta al passato. Le note più basse che Taehyung sta suonando aggiungono gravità alla musica, una tristezza che sembra ben più complessa della semplice nostalgia di tempi migliori. Jungkook conosce questa sensazione. Il desiderio di tornare indietro, di rivivere un momento, o semplicemente di evitare questo futuro, questo presente, del tutto.

Ma non è solo la musica ad attrarlo. È Taehyung stesso, con gli occhi chiusi, che ondeggia leggermente con le mani che svolazzano intorno al sassofono, mostrando quanto siano ancora più belle in movimento. Jungkook si chiede come si possa non essere affascinati dalla visione di Taehyung. È così bello che fa quasi male, e non è nemmeno solo questo il punto.

Il suo viso ha questo calore tenue, questa trasparenza che fa sentire Jungkook compreso e al sicuro, anche quando gli occhi di Taehyung sono chiusi.

Non sono solo lui e la musica. Siamo noi e la musica.

Jungkook si chiede se tutti si sentano così, guardando Taehyung suonare, o se magari non sia lui a spingersi un po' troppo oltre, e troppo in fretta. Taehyung smette di suonare prima che possa capirlo, l'ultima nota si perde tra loro finché Taehyung non riapre gli occhi e guarda Jungkook, esitante.

«Ta-da», dice flebilmente, e Jungkook gli sorride.

«Cazzo, è stato fantastico, Cristo Santo. Dovrebbero trasmetterti alla radio.»

«Sta' zitto», protesta Taehyung, ma non fa nulla per nascondere il timido sorriso sul suo volto.

Jungkook potrebbe sciogliersi qui e ora.

Taehyung va dietro il divano e si china, fuori dalla visuale di Jungkook. Sente un fruscio e poi il rumore di qualcosa che viene chiuso con uno scatto. Taehyung riemerge con una valigetta nera in mano, che appoggia al muro. Poi batte le mani e guarda Jungkook, che solleva le sopracciglia.

«Allora, cosa vuoi– oh, aspetta, togliti la giacca, mettiti comodo, accidenti.»

Jungkook si toglie la giacca con gentilezza, e Taehyung la prende e la appoggia sulla sedia all'angolo, prima di raggiungerlo sul divano. Taehyung si porta le gambe al petto e appoggia il mento sulle mani, fissando Jungkook.

«Ti sei perso un pezzo», dice, e Jungkook sbatte le palpebre, confuso.

All'improvviso ha il terrore di avere ancora dello sciroppo in faccia, ma gli sembra improbabile. Taehyung gli sfiora con un dito il bicipite destro, sul piccolo cerchio di pelle nuda appena sotto la manica della maglietta.

«Oh, sì, è... una storia lunga», risponde Jungkook, che adesso ha capito.

Il suo braccio destro, fino alla spalla, è praticamente una colonna ininterrotta di inchiostro, ad eccezione di quella piccola chiazza. Fa rimbalzare la gamba su e giù, chiedendosi se sia il caso di spiegare a Taehyung il motivo di questa scelta.

Ma poi Taehyung gli rivolge uno sguardo supplichevole, imbronciandosi leggermente, e Jungkook non può tenerlo all'oscuro nemmeno se volesse.

«È... ecco, lo sto conservando. Lo spazio vuoto, intendo.»

«Per cosa?» chiede Taehyung, facendo scorrere di nuovo le dita su quella zona.

Ci sta disegnando sopra dei cerchi, sulla pelle nuda di Jungkook, e la sensazione è molto più piacevole di quanto dovrebbe. Jungkook abbassa lo sguardo, in modo che entrambi stiano guardando la stessa cosa, e la sua gola si secca un po'. Le mani di Taehyung sono bellissime.

«Ho iniziato a farmi i tatuaggi quando ho compiuto diciotto anni», spiega Jungkook. «Quando ero al college. All'inizio è stato tutto un po' un caso: mi sembrava che il modo in cui riempivo il braccio e i disegni che sceglievo non si addicessero abbastanza a quel posto. E poi ho pensato, dopo un paio di tatuaggi, di lasciarlo vuoto.»

Taehyung annuisce e Jungkook deglutisce a fatica. È un po' imbarazzante, come motivo. Personale, in realtà.

«Lo sto conservando per quando mi sposerò», confessa. «E poi pensavo di farmi tatuare le iniziali di quella persona, o qualcosa del genere. Quindi, sì. Ecco perché.»

Taehyung interrompe il suo percorso con le dita e si apre in un ampio sorriso solare, che Jungkook ricambia, un po' titubante.

«Che c'è? Pensi che sia una cosa stupida, vero?»

«No, no, per niente», dice Taehyung, scuotendo la testa. «È solo che non ti facevo un tipo romantico, Jeon Jungkook.» Sorride ancora di più. «O un puritano. Ti mantieni illibato per il matrimonio, sul serio.»

Jungkook ridacchia. «Già, in realtà quella nave è salpata un po' di tempo fa. Quindi, adesso è rimasto solo il tatuaggio.»

«Non so se mi sposerò mai», dice Taehyung con tono colloquiale, appoggiandosi al divano. «Penso che saremo solo io e il mio sassofono, da soli fino alla morte.»

«Lo pensano tutti», dice Jungkook. «Entrambi i miei migliori amici sono così: giurano che non si sposeranno mai o che non piacciono a nessuno, e la cosa più stupida di tutte è che ovviamente si piacciono a vicenda.»

Gli occhi di Taehyung si allargano e afferra la mano di Jungkook. «Raccontami. Tutto.»

Jungkook esita, non sapendo se sia il caso di rivelare i segreti di Jimin e Yoongi a qualcuno che non li conosce.

«Per favore», lo supplica Taehyung. «Non conosco nessuno qui a parte te e tutti i miei amici sono troppo impegnati per parlare con me. Mi mancano i drammi.»

Jungkook prende nota mentalmente di far conoscere a Taehyung quell'orribile reality show, se gli piace così tanto il dramma. Jungkook non si considera un tipo melodrammatico e nemmeno lui riesce a smettere di guardarlo. Ma per il momento si limita a fare un sorriso dolce a Taehyung, stringendogli la mano. Moriva dalla voglia di parlare di tutta la faccenda con qualcuno, e forse Taehyung potrà fornirgli qualche spunto utile.

«Ok, beh, siamo tutti amici dall'infanzia e di recente, probabilmente nell'ultimo anno, hanno iniziato a comportarsi in modo molto strano l'uno con l'altro, ma non in modo esageratamente strano, più che altro è una specie di flirt, ammesso che abbia senso.»

Taehyung annuisce con entusiasmo.

«E uno continua a cercare di far uscire l'altro con tutte le persone che incontra, mentre l'altro continua a dire che non vuole uscire con nessuno, e io devo stare lì a guardarli mentre c'è questa disgustosa tensione sessuale tra loro, e vorrei solo che ammettessero che si piacciono a vicenda. È estenuante. Inoltre, so che sono teneri l'uno con l'altro quando io non ci sono, quindi non capisco perché non possano esserlo sempre.»

Taehyung annuisce, considerando la situazione di Jungkook. Lo sguardo di Jungkook si posa sulle loro mani ancora intrecciate.

«Oh, ci sono», dice Taehyung dopo un attimo. «Doppio appuntamento.»

«Doppio appuntamento?» chiede Jungkook.

«Certo. Li costringi a trovarsi in una situazione romantica in pubblico, così se pensano che tu sia abbastanza occupato con le tue cose, probabilmente saranno molto più propensi a... sai, a comportarsi come se si piacessero.»

Jungkook annuisce. «Sì, forse. Solo che non sono sicuro di poter...»

Si interrompe, ricordando quello che ha accettato di fare ieri sera.

Il dentista.

Jimin ha detto che si sarebbe unito a lui se Jungkook avesse voluto, e se fosse riuscito a convincere Yoongi, avrebbe potuto funzionare. E non sospetterebbero di nulla, cosa che Jungkook ritiene sia probabilmente la cosa migliore, visto il modo in cui Jimin evita anche il minimo accenno di romanticismo quando si tratta di Yoongi, almeno di fronte a Jungkook.

«Taehyung, sei un genio», proclama, stringendogli di nuovo la mano.

«Sì?» risponde Taehyung, sorridendo. «E, hey, se hai bisogno...»

«Merda, sarà meglio dirglielo subito», lo interrompe Jungkook, riflettendo ad alta voce. «Per essere sicuro che non abbiano altri impegni.»

Jungkook è troppo impegnato a tirare fuori il telefono per vedere la reazione di Taehyung, ma è un po' confuso dalla rapidità con cui Taehyung lascia la sua mano. Probabilmente è solo per permettergli di mandare messaggi più facilmente. Ecco perché.

Jimin accetta immediatamente, Jungkook deve solo dire: "Verrai con me all'appuntamento con il dentista."

Yoongi è un po' più difficile da convincere; è sospettoso e chiede persino se anche Jimin ci andrà. Jungkook discute sulla possibilità di mentire, ma è Jimin che sta orchestrando l'intera faccenda, quindi sarebbe un po' assurdo dire di no. Ma poi invia un messaggio di risposta, spiegando che è molto, molto nervoso e che la presenza dei suoi due amici lo farebbe sentire molto meglio. E così Yoongi accetta.

Jungkook si sente un po' in colpa per aver costretto Yoongi a un appuntamento al buio (che, ovviamente, né lui né Jimin sanno essere un appuntamento, almeno per loro due), ma allo stesso tempo non riesce a sopportare di vederli struggersi l'uno per l'altro ancora per molto.

Ha appena finito di organizzare il tutto – Jimin ha detto che il dentista è libero sabato sera – quando sente di nuovo la mano di Taehyung sul braccio, questa volta proprio sul polso. Jungkook alza lo sguardo colpevolmente, mettendo in tasca il telefono. Si rende conto che è stato piuttosto scortese da parte sua, ma Taehyung non sembra preoccuparsene, troppo preso a far scorrere le dita sui dettagli dei tatuaggi di Jungkook.

Taehyung è una persona molto tattile, nota Jungkook, ed è un po' strano che lui non lo detesti. Jungkook non ha mai amato il contatto fisico, nemmeno con i suoi amici più stretti. L'unico motivo per cui gli va bene che Jimin si appiccichi a lui in ogni occasione è che negli ultimi vent'anni è stato torchiato e ridotto alla sottomissione.

«Qual è il significato di questo?» chiede Taehyung, sfiorando il tatuaggio più grande di Jungkook, quello che si trova sull'avambraccio.

«Oh», dice Jungkook, girandosi leggermente per permettere a Taehyung di vederlo meglio. «L'ho fatto per mio padre. Volevo che se ne facesse uno uguale, ma ha detto che era troppo vecchio per i tatuaggi. Ma l'ho fatto lo stesso; è stato il mio primo tatuaggio...»

Trascorrono la mezz'ora successiva sul divano, Jungkook gli spiega i suoi tatuaggi mentre Taehyung li traccia delicatamente con le dita. È un po' cliché, quasi una cosa da primo appuntamento, ma Jungkook è abituato alle domande della gente. E Taehyung è un ascoltatore attento, fa domande qua e là e avanza osservazioni davvero interessanti.

Jungkook sta per chiedergli la sua opinione sulla possibilità di farne altri, quando il suo stomaco brontola, rumoroso nella quiete dell'appartamento. Jungkook guarda Taehyung con aria imbarazzata, il quale gli risponde con un sorriso.

«Accidenti, se avevi fame potevi dirmelo.»

«Oh, no, non fa niente», protesta Jungkook, «posso mangiare qualcosa quando vado a casa.»

Non occorre che Taehyung sappia che gli viene fame più o meno ogni tre ore. È nel fiore degli anni, cosa può dire? Ma Taehyung scuote la testa, interrompendo le sue scuse.

«Anch'io ho fame. Fammi vedere cosa c'è.»

Si alza dal divano e si dirige verso la cucina, mentre Jungkook lo segue di qualche passo. Taehyung apre gli sportelli e Jungkook si sorprende nel vedere che sono quasi completamente vuoti, giusto qualche ciotola, dei piatti e un paio di bicchieri. Lo stesso vale per il cibo: si tratta per lo più di roba istantanea e già pronta, insieme a una quantità allarmante di pretzel.

«Uh....», dice Taehyung impacciato, «ho dei noodles istantanei? E i maccheroni al formaggio. In sostanza, se non posso infilarlo nel microonde non lo compro.»

Jungkook sorride con fare rassicurante. «I noodles vanno benissimo.»

Taehyung annuisce, estrae due confezioni e richiude il mobile. «Puoi andare a sederti», dice alle sue spalle, mentre si avvicina ai fornelli. «Ci vorranno due minuti.»

Jungkook vorrebbe protestare, ma la cucina è piuttosto piccola, quindi sarebbe solo d'intralcio.

«Giochi ai videogiochi?» chiede Taehyung.

Jungkook è contento che Taehyung gli dia le spalle, così non può vederlo irrigidirsi. Sei mesi fa sarebbe stata una domanda esilarante, perché è ovvio che Jungkook giochi ai videogiochi. E ci gioca anche adesso, solo che non dovrebbe farlo.

«Sì, certo», risponde prima di potersi fermare.

Taehyung annuisce e indica il soggiorno alle sue spalle. «Ho la mia PS4 lì dentro, se vuoi giocare a qualcosa. Ti raggiungo quando ho finito con questi.»

Jungkook non ha altra scelta che voltarsi e tornare in salotto, accendere la TV e prendere un controller, prima di sedersi di nuovo sul divano. Jungkook impiega un minuto per accedere al menu principale, ma scorre in un attimo la libreria dei giochi di Taehyung.

Poi smette di scorrere, perché è lì, nella sezione Aggiunti di recente.

Il gioco, il suo gioco, e improvvisamente gli manca il respiro.

In realtà non dovrebbe essere sorpreso: il lancio era previsto per due mesi fa e, stando alle poche informazioni che è riuscito a carpire da Yoongi, è stato un vero successo. Getta un'occhiata in cucina, a Taehyung, ancora impegnato con i noodles. Poi torna a guardare lo schermo.

È proprio lì. Deve solo cliccare.

Non dovrei. Non dovrei.

Voglio solo vedere. Solo la schermata del menu, tutto qui.

Papà si arrabbierà. È un'idea terribile.

Troppo tardi.

Preme "seleziona" e il televisore diventa nero per un momento. Jungkook vede il suo riflesso nello schermo scuro e sembra immensamente arrabbiato. Arrabbiato con se stesso, per averlo fatto. Perché sa che è stupido, che è un'idea orribile, terribile, orrenda che molto probabilmente gli si ritorcerà contro.

Ma non riesce a trattenersi. Deve sapere, deve vedere.

Poi appare la schermata del menu e Jungkook è troppo impegnato a cagarsi addosso per preoccuparsene. Stringe il controller, cercando di dare un senso ai sentimenti contrastanti che lo attraversano in questo momento. Il primo è il panico, perché guardare il gioco gli fa naturalmente pensare a quello, ed è orribile. È per questo motivo che avrebbe dovuto starne alla larga. Ma il secondo è l'orgoglio, nel vedere la propria opera in bella mostra, pienamente funzionante e accessibile al pubblico, e con un design così dannatamente attraente.

Questo è esattamente ciò che aveva immaginato quando ci ha lavorato, e non avrebbe potuto ottenere risultati migliori.

Ok, Jeon, basta così. L'hai visto. Allontanati dal pericolo.

«Oh mio Dio, questo gioco è la mia ossessione», dice Taehyung.

Jungkook sussulta; non si è nemmeno accorto che Taehyung si è avvicinato. Ma Taehyung non si accorge del suo comportamento strano, oppure non vuole fare commenti, perché si limita a porgere una ciotola a Jungkook e a prendere un altro controller per sé.

«Ci hai già giocato?» chiede Taehyung, mangiando i suoi noodles mentre aspetta che il controller si connetta.

Jungkook scuote la testa mangiando un boccone, e Taehyung sorride.

«Bene. Allora ti farò il culo; ci gioco ininterrottamente da quando è uscito.»

Jungkook si infila altri noodles in bocca e fa un lieve sorriso. Taehyung prende in mano le redini, per fortuna, e naviga nel menu principale prima di cliccare sulla funzione multigiocatore.

«Oh, puoi giocare prima tu?» chiede Jungkook, sperando che la sua voce suoni normale. «Così posso vedere come si fa.»

Pessima idea.

«Sì, certo», dice tranquillamente Taehyung, cambiando la modalità giocatore. «Guarda e impara.»

Jungkook si sistema contro il divano, accavallando le gambe e continuando a mangiare la sua ciotola di noodles, mentre Taehyung gioca una partita, offrendogli piccole spiegazioni sui comandi e sulle impostazioni migliori da usare. Jungkook continua a infilarsi i noodles in bocca, perché riesce a malapena a trattenersi dal dire "Lo so, l'ho programmato io" quando Taehyung gli rivela con entusiasmo un trucco scoperto l'altro giorno.

Ma una volta finiti i noodles, non ha più scuse, soprattutto dopo che Taehyung finisce la partita e passa il controller a Jungkook, prendendo la sua ciotola.

È così che Jungkook si ritrova a giocare all'unico gioco a cui aveva giurato a suo padre di non giocare mai, perché non si sa cosa potrebbe scatenare nel suo cervello. Ma una volta iniziato, non riesce più a smettere. È così coinvolgente, perché è davvero meravigliato di come sia venuto fuori, di quanto sia perfetto. E l'altro motivo è che adora i videogiochi, quindi è facile lasciarsi sopraffare.

Con la coda dell'occhio, Jungkook vede Taehyung alzare un sopracciglio, senza dubbio sorpreso dalla facilità con cui Jungkook sta affrontando il gioco. Jungkook gli rivolge un sorriso e mormora un "imparo in fretta", sperando che sia sufficiente. Taehyung non risponde, si limita a mangiare il suo pranzo.

Una volta che Jungkook ha finito la sua prima partita, Taehyung prende l'altro controller e si unisce al gioco. C'è una vocina nella testa di Jungkook che gli dice che dovrebbe davvero smettere, ma più giocano, più quella voce si affievolisce.

Non parlano molto, se non di ciò che accade nel gioco, ma a Jungkook non dispiace. Non è un gran chiacchierone e Taehyung non è ancora pronto ad approfondire la sua vita privata. Anche Taehyung non sembra troppo ansioso di parlare, quindi non è affatto imbarazzante.

Giocano per circa due ore, Jungkook è scioccato dalla velocità con cui passa il tempo, fino a quando Taehyung guarda il suo telefono e si alza in piedi.

«Ok, uhm... Jungkook, mi sono appena ricordato che devo fare una cosa tra un'ora e–»

«Nessun problema.» Jungkook fa spallucce, mettendo in pausa il gioco e alzandosi dal divano. «Puoi darmi un passaggio a casa, però?»

«Certo», dice Taehyung, prendendo le loro ciotole vuote dal tavolino e andando in cucina per metterle nel lavandino.

Jungkook prende la sua giacca e la indossa, prima di infilarsi le scarpe davanti alla porta. Taehyung fa lo stesso, e pare sollevato dal fatto che Jungkook non sembri infastidito da questa conclusione così brusca. Ed è vero, Jungkook non è infastidito, è solo felice di aver passato del tempo con Taehyung.

La passeggiata fino all'auto di Taehyung e il successivo viaggio di ritorno verso casa di Jungkook sono relativamente tranquilli, a parte loro due che canticchiano con la radio accesa e Jungkook che di tanto in tanto fa qualche osservazione sulle diverse zone della città che attraversano.

Quando Taehyung entra nel suo vialetto, Jungkook gli sfoggia quello che spera sia il suo miglior sorriso.

«Grazie per avermi invitato, Taehyung. Mi sono divertito molto.»

«Anch'io», risponde Taehyung sorridendo. «Magari la prossima volta posso venire da te.»

Il sorriso di Jungkook si allarga, nonostante i suoi sforzi per rimanere calmo, e il suo naso si arriccia. «Sarebbe bello, sì. Ok, allora ci vediamo la prossima volta. Ciao.»

«Ciao», dice Taehyung, mentre scende dall'auto e chiude la portiera. Jungkook è a metà strada lungo i gradini della veranda quando sente Taehyung chiamare il suo nome.

«Hey! Jungkook!»

Si gira e vede Taehyung sporgere la testa dal finestrino, e sembra l'immagine speculare dell'altra sera al centro commerciale. Taehyung gli fa un sorriso smagliante.

«Ora hai il mio numero. Usalo, ok?»

E con questo alza il finestrino e se ne va, lasciando Jungkook in piedi sui gradini del portico a sorridere come un idiota.

La settimana successiva sarebbe inscindibile da tutte le altre che Jungkook ha vissuto di recente, se non fosse che è piena di messaggi di Taehyung. Jungkook ha preso alla lettera la richiesta di quest'ultimo, inviandogli un messaggio l'indomani mattina, con un semplice "hey".

Taehyung gli ha risposto e da allora si sono scambiati messaggi, niente di speciale, solo piccole interazioni che Jungkook nega categoricamente di rileggere la sera prima di andare a dormire. Ha un braccio tatuato; non farebbe mai una cosa così smielata.

La sua seduta di terapia va un po' peggio del solito, perché è così concentrato a non ammettere di aver giocato al videogioco che si dimentica di dire qualunque altra cosa, e lei interpreta il suo silenzio come un'impertinenza. Un po' lo è, ma non lo fa intenzionalmente. Questo non le impedisce di usare gli ultimi venti minuti della seduta per fargli una ramanzina su quanto sia importante per la sua guarigione e che se non è interessato a lavorare con lei forse sarebbe meglio che gli consigliasse qualcun altro.

Sta quasi per dire di sì, solo per dispetto, ma poi l'espressione delusa di suo padre gli si para davanti agli occhi e si rende conto che non può farlo. "I Jeon", ama dire suo padre, "portano sempre a termine quello che hanno iniziato."

E abbandonare la terapia, per quanto la detesti, non sembra proprio una mossa intelligente, per nessuno dei soggetti coinvolti. Così, incassa il colpo e si concede un cheeseburger e un frullato a pranzo per tirarsi su di morale, cosa che spinge Jimin a lamentarsi del fatto che sarebbe meglio che non gli venisse una carie prima dell'appuntamento di sabato.

E quando alla fine arriva il fatidico sabato, Jungkook è in piedi davanti allo specchio del bagno, mentre cerca freneticamente di dare un'occhiata ai suoi molari. Non pensa di avere carie, ma continua a immaginare una situazione da incubo in cui il dentista porta con sé il suo specchietto e pretende di controllare prima che l'appuntamento possa proseguire.

Jungkook ha già usato il filo interdentale tre volte, la sua saliva esce fuori rosa e vortica nello scolo. Assurdamente, quel rosa gli fa pensare a Taehyung, al modo in cui gli tinge graziosamente le guance.

Taehyung non si è fatto sentire oggi, nemmeno dopo che Jungkook gli ha mandato il messaggio: "stasera vado al mio doppio appuntamento, grazie ancora per l'idea."

Ma Jungkook deve continuare a ripetersi di non badarci troppo, perché sta letteralmente per uscire con un altro ragazzo e Taehyung ha una fidanzata, quindi non potrebbero comunque uscire insieme. Inoltre, conosce Taehyung da poco, quindi è un po' presto per pensare a queste cose.

Smette di ispezionarsi i denti e decide invece di controllare il resto del suo aspetto.

Jimin ha minacciato di ucciderlo se si fosse presentato con qualsiasi cosa indossasse di solito, così ha rovistato in fondo all'armadio fino a trovare il suo unico paio di pantaloni carini, quelli che non hanno macchie e non sono jeans. Non li indossa dall'ultimo anno di università – erano i pantaloni per il colloquio di lavoro – e sono un po' più stretti di quanto vorrebbe.

Ma quando ha mandato una foto a Jimin per avere la sua approvazione, lui ha detto che gli stanno benissimo e che Jungkook pensa che siano stretti solo perché negli ultimi due anni ha indossato solo pantaloni della tuta. Cosa che non è vera, per la cronaca, ma non importa. E poi Jimin ha detto qualcosa sul fatto che i pantaloni stretti siano "come la custodia per la pistola, solo che custodiscono un culo da paura", ma Jungkook ha smesso di leggere circa a metà frase e non ha risposto al resto dei messaggi che gli intimavano di sbottonarsi di più la camicia.

È un altro capo d'abbigliamento che non indossa da un po' di tempo, una camicia larga, a maniche corte, fatta di uno strano materiale simile al rayon. Jungkook ha comunque intenzione di metterci sopra il suo giubbotto invernale, indipendentemente da quello che dice Jimin. Preferisce essere fuori moda piuttosto che morire di freddo.

L'unica cosa che lo mantiene sano di mente in questo tentativo malriuscito di vestirsi in modo sexy è il fatto che sia tutto nero. E poi indossa i suoi vecchi anfibi, quindi ha comunque una sorta di consolazione.

Si è spazzolato i capelli, si è passato il filo interdentale (in modo molto aggressivo) e la sua faccia ha il miglior aspetto che possa avere. Controlla il telefono e impreca sottovoce quando si rende conto che sarebbe dovuto uscire cinque minuti fa. Correndo in camera da letto, si infila gli anfibi e prende il portafoglio prima di correre giù per le scale.

«Woah!» esclama suo padre quando sbuca dalla cucina. «Dove stai andando?»

Jungkook si ferma di scatto davanti al guardaroba all'ingresso e inizia a frugare in cerca del suo giubbotto. «Esco con Jimin e Yoongi.»

«Hmm», dice suo padre, avvicinandosi per raggiungerlo. «Sei sicuro? Non con il tuo amico dello scorso fine settimana?»

Jungkook geme e nasconde il viso nel giaccone. «Papà, ti ho detto che è solo un amico.»

«E io che ho detto, scusa?!», protesta suo padre, alzando le mani. «Il tuo amico.»

Jungkook solleva la testa e lancia un'occhiata indifferente al padre. «Sai bene cosa volevi dire.»

Suo padre sorride e passa accanto a Jungkook per scostare alcuni cappotti, rivelando proprio quello che Jungkook stava cercando.

«Beh, è solo che non ti ho mai visto vestito così per uscire con un amico», osserva, facendo le virgolette con le dita.

Jungkook apre la bocca, ma suo padre lo interrompe con un gesto della mano. «Non c'è bisogno di dirmi niente. Cerca solo di essere prudente. Hai detto che vengono anche Jimin e Yoongi?» Jungkook annuisce. «Per me è sufficiente.»

Prende il giubbotto di Jungkook dalla gruccia e glielo porge.

«E sei molto carino, tesoro. Divertiti.»

«Grazie, papà», bofonchia Jungkook, arrossendo mentre indossa il giubbotto e infila il telefono e il portafoglio nelle tasche. «Non so quando tornerò a casa, quindi non aspettarmi sveglio.»

Suo padre annuisce e si sporge ancora una volta verso Jungkook, questa volta per prendere le chiavi dal gancio sulla parete.

«Chi lo sa?», riflette. «Magari non tornerai proprio a casa stasera.»

Fa l'occhiolino a Jungkook, che arrossisce più di prima. «Papà, Cristo Santo.»

Gira le chiavi e permette a suo padre di abbracciarlo brevemente prima di correre verso il garage. Sente il telefono vibrare, probabilmente è un messaggio di Jimin. Lo ignora mentre mette in moto l'auto, che fortunatamente funziona di nuovo senza problemi, e in men che non si dica sfreccia sulla strada statale.

Jimin non abita molto lontano, quindi Jungkook arriva quasi puntuale all'orario previsto, con soli due minuti di ritardo. Non capisce perché Jimin abbia preteso che si incontrassero a casa sua mezz'ora prima di arrivare al ristorante, ma la cosa va comunque a favore di Jungkook. Deve ancora mettere in pratica l'ultimo tassello del piano che ha messo a punto per l'intera operazione Yoongi/Jimin.

Jimin gli apre quasi subito, così entra nell'ascensore e riflette ancora una volta su quanto sia strano che Taehyung non viva in un posto altrettanto bello, se non addirittura più bello. Tira fuori il telefono per controllare di nuovo, ma ancora nessun messaggio da parte di Taehyung. È sabato sera, però, probabilmente ha degli impegni.

Appena Jungkook bussa, Yoongi va ad aprire la porta con un'espressione esausta sul volto.

«Ciao. Sta dando di matto.»

Al momento giusto, arriva Jimin, girando l'angolo tra il corridoio e il soggiorno.

«Vieni vestito così? Jungkook, non puoi indossare il giubbotto invernale dei tempi del liceo, mi rifiuto di farti uscire con quello.»

«È caldo», protesta Jungkook, aggirando Yoongi ed entrando nell'appartamento.

«È giallo.»

«Solo in parte! Il resto è blu.»

«Porca puttana», mormora Jimin, pizzicandosi il ponte del naso. «Che cazzo ci provo a fare...»

«Hey, sono proprio qui, mi vedi?» chiede Jungkook, un po' irritato.

È solo un giubbotto, non è mica un pigiama o che altro. Il volto di Jimin si addolcisce, e si avvicina mentre Yoongi chiude la porta e va a sdraiarsi sul divano.

«Sì. Ok, fammi vedere almeno il resto», dice Jimin, tirando il giaccone di Jungkook finché non gli scivola dalle spalle e finisce sul pavimento. «Oh, Jeon Jungkook. Buonasera.»

Jungkook si passa una mano sul lato del collo. «Sì? Funziona?»

«Funziona», dice Jimin, mentre Yoongi annuisce dalla sua postazione sul divano.

Jungkook recupera il suo giaccone e si siede accanto a Yoongi, stendendoselo con cura sulle ginocchia. Jimin si mette dall'altra parte e fa un bel respiro, chiedendosi da dove iniziare. Yoongi è così gentile da offrirgli uno spiraglio.

«Sei nervoso, Kook?»

Bingo.

«Uhm, un po', sì», dice.

È davvero nervoso, quindi non è del tutto una bugia, ma le mani che si contorcono in grembo potrebbero essere un po' un'esagerazione. Comunque, Jimin è veloce a rassicurarlo, stringendogli leggermente il braccio.

«È per questo che veniamo anche noi, ricordi? Siamo in gruppo, non devi pensare che sia un appuntamento.»

Jungkook annuisce. «Sì, lo so, è solo che... voglio dire, stavo pensando prima, stasera, mentre mi preparavo, che– credo, tipo, che voglio che sia un appuntamento. Credo.»

Jimin sta praticamente vibrando accanto a lui e Jungkook capisce che sta facendo di tutto per trattenersi dal parlare. Lo fa invece Yoongi, con molta più calma.

«Allora non vuoi che veniamo?»

Jungkook scuote la testa. «No, no, voglio. Perché sono nervoso, ma... è solo che– come dire– non voglio che si faccia un'idea sbagliata, ok? Non voglio che pensi che non sono interessato a priori.»

Jimin annuisce accanto a lui. «Sì, certo. Se vuoi, Kook, vi lasciamo un po' di spazio. Possiamo sederci in tavoli separati, a me e a Yoongi non dispiace».

«E ci assicureremo che non succeda nulla», aggiunge Yoongi, incrociando le braccia. «Nel caso in cui sia un maniaco.»

«Oh mio Dio.» Jimin alza gli occhi al cielo; evidentemente questo è un argomento di discussione tra loro. «Non è un maniaco, ok? È un dentista. È il lavoro più rispettabile del pianeta.»

«Il più noioso, forse», borbotta Yoongi.

Prima che Jimin possa replicare, interviene Jungkook.

«Yoongs, è esattamente quello che non voglio che accada. Voglio che sia un appuntamento e che ci siate anche voi. Ma non voglio che siate inquietanti per tutta la sera e che mettiate lui a disagio. O me. Mi sentirei a disagio se mi osservaste mentre cerco di flirtare con qualcuno.»

La presa di Jimin sul suo braccio si stringe per un attimo quando dice la parola "flirtare" e Jungkook deve mordersi il labbro per non sorridere. È quasi troppo facile. Yoongi gli dà un colpetto sull'altro braccio.

«Cosa vuoi dirci in realtà, Kook? Sputa il rospo.»

Ah. Questa è la parte più difficile, la più importante. Deve fare centro, il mix perfetto di nervosismo, speranza e un po' di stupidità, come se un loro rifiuto (perché è davvero un'idea stupida e senza senso) potesse renderlo profondamente triste e disorientato.

«Beh... ecco... mi chiedevo se... non so, penso solo che sarebbe meglio se... se tu e Jimin diceste che vi frequentate?»

Yoongi gli lancia una lunga occhiata. Jungkook non può vedere l'espressione di Jimin in questo momento, ma dal modo in cui sta strizzando il bicipite di Jungkook ha un'idea piuttosto precisa di come appaia.

«Vuoi che facciamo finta di uscire insieme.»

«Sì?»

«Come se fossimo in un cazzo di film.»

«Uhm, immagino di sì. Solo che...»

«Ok, ci sto.»

Jungkook sbatte le palpebre. «Cosa?»

Yoongi annuisce. «Ho detto che ci sto. Se ti fa sentire più a tuo agio. E se va bene anche a te, Chim.»

Entrambi si voltano a guardare Jimin, che non è abbastanza veloce da nascondere il rossore che gli affiora sulle guance.

«Uh... certo. Se pensi che possa essere utile, Kook. Anche se devo dire che è un modo un po' tortuoso per arrivarci. Perché non–»

Si interrompe, e Jungkook scommette che in questo momento sta ricevendo un'occhiataccia da Yoongi. È una cosa che normalmente Jungkook troverebbe irritante: i suoi due migliori amici che coordinano sempre il modo migliore per assicurarsi che lui sia perfettamente a suo agio, ma al momento la cosa sta andando a suo favore.

«Ok», sospira Jimin. «Possiamo farcela, credo. Vieni qui, fidanzato.»

Si allunga oltre Jungkook per tendere la mano a Yoongi, che la respinge.

«Risparmialo per le telecamere.»

Jungkook sente che ora può sorridere, visto che hanno già un accordo. Non vede l'ora di raccontarlo a Taehyung, e incrocia le dita perché le cose vadano bene stasera. Al loro appuntamento.

Il citofono suona e Jimin salta giù dal divano eccitato.

«È lui!»

Jungkook ricorda con un sussulto che anche lui ha un appuntamento stasera. Deglutisce a fatica e inizia a contorcersi le mani per davvero, mentre le sue dita passano dai capelli alla camicia ai pantaloni, lisciando tutto ciò che gli capita a tiro. Aspetta che Jimin non stia guardando e poi si slaccia un altro bottone della camicia. Jimin lo becca comunque dopo essere tornato da lui, rivolgendo a Jungkook un sorrisetto soddisfatto.

«Allora, salirà per un minuto e poi si è offerto di accompagnarci tutti. Tra l'altro, la sua macchina è molto bella», spiega Jimin.

Yoongi si limita a scrollare le spalle e a borbottare "dentista" sottovoce, mentre i pensieri di Jungkook sono diretti verso un'altra persona che ha una macchina molto bella. Controlla di nuovo il telefono, per sicurezza, ma ancora niente. Alza di nuovo lo sguardo e vede Jimin che lo sta studiando.

«Che c'è?»

«Sei pronto?» chiede Jimin, e Jungkook annuisce.

«Più di quanto lo sia mai stato.»

«Bene. Lo adorerai, te lo prometto. E...»

Jimin fa una pausa, inclinando la testa. Poi allunga la mano per sistemare i capelli di Jungkook, spostandone alcune ciocche così che non gli ricadano più sulla faccia.

«Meglio.»

Jungkook gli lancia un'occhiata acida prima di scuotere la testa e farsi cadere di nuovo i capelli sulla faccia. Jimin gli fa il dito medio, e Jungkook si rinvia i capelli dietro le orecchie con aria impacciata. Per quanto non si preoccupi del suo aspetto, vuole davvero fare una buona impressione.

Bussano alla porta e il cuore di Jungkook inizia a battere al doppio della velocità. Yoongi si alza dal divano dopo avergli dato una pacca confortante sulla coscia.

«Ce la puoi fare, Kook.»

«Fidanzato, vieni ad aprire la porta con me», lo chiama Jimin, tendendogli ancora una volta la mano.

Questa volta Yoongi la prende e si lascia trascinare da Jimin verso l'ingresso. Mette un braccio intorno alla vita di Jimin, tirandolo un po' più vicino a sé, e Jungkook sorride così forte che gli si arriccia il naso. Stanno così bene insieme, sono così naturali. Non capisce come facciano a non vederlo. O scelgano di non vederlo.

Poi si alza di scatto dal divano e si precipita dietro di loro, perché Jimin sta per aprire la porta, per far entrare il suo accompagnatore, e ha dimenticato di chiedere una cosa estremamente importante.

«Chim, come si chiama?», sussurra, ma è troppo tardi, Jimin sta già aprendo la porta e il dentista è dall'altra parte.

Jungkook sente il sangue defluire dal viso.

È uno scherzo?

«Ciao, Jin!» dice Jimin, ma a Jungkook la sua voce arriva come se fosse sott'acqua. «Entra un attimo, abbiamo tempo.»

È uno scherzo.

«Questo è Yoongi, il mio ragazzo.»

«Hey, piacere di conoscerti.»

«Anche per me.»

«E questo...» dice Jimin, divincolandosi dalla presa di Yoongi per spingere Jungkook in avanti, «è Jungkook.»

Jungkook guarda per terra, ma quando il dentista (Jin, si chiama Jin) allunga la mano, Jungkook non può far altro che alzare lo sguardo.

«Ciao, Jungkook.»

«Ciao.»

Deve essere uno scherzo.

Gli stringe meccanicamente la mano, studiando il volto di Jin. I capelli sono diversi, più lunghi e disordinati, e il naso non è così affilato. Ma gli occhi, Cristo Santo, sono identici.

È uno scherzo.

Solo che non è divertente.

«Stai bene?»

Jungkook si rende conto che sta ancora stringendo la mano di Jin e la lascia con un rapido "scusa". Sbatte le palpebre, cercando di non fissarlo. Perché ora che lo sta guardando, non riesce a smettere. Si assomigliano così tanto.

«Sì, sì, scusa. È solo che... mi sembri molto familiare.»

Con la coda dell'occhio vede Yoongi aggrottare le sopracciglia, ma Jin si limita a sorridere e a fare spallucce.

«Forse sei uno dei miei pazienti. O forse siamo andati al liceo insieme. Jimin mi ha detto che siete cresciuti qui.»

Jungkook annuisce, mette la mano ormai libera in tasca e con l'altra fa cenno a Jin di entrare, prima di chiudere la porta. Jimin e Yoongi si dirigono verso il divano, sedendosi l'uno accanto all'altro. Yoongi afferra le gambe di Jimin e se le fa scivolare sulle ginocchia.

Jungkook si volta verso Jin, ancora in piedi all'ingresso. «Sì, sono andato alla East.»

Jin annuisce pensieroso. «Allora no. Io sono andato alla West.»

Quella per ricchi, pensa Jungkook.

«Voi due non vi sareste comunque conosciuti», dice Jimin dal divano. «Jin, Kook era ancora alle medie quando ti sei diplomato.»

Le ginocchia di Jungkook cedono un po'. Jimin gli ha fatto incontrare un ragazzo più grande. Probabilmente avrebbe dovuto capirlo, quando Jimin ha detto che era un dentista. E non può essere molto più vecchio, sembra avere al massimo l'età di Yoongi, ma questo non impedisce allo stomaco di Jungkook di annodarsi.

Questo è... è uno scherzo. Non è possibile.

Jimin emette uno squittio indignato e Jungkook volge lo sguardo appena in tempo per vedere Yoongi che sposta la mano dal fianco di Jimin, con aria infastidita. Jungkook riporta lo sguardo su Jin, che sorride a disagio.

«E ora sembro un pervertito, scusate.»

Jungkook si costringe a ricambiare il sorriso. È uno shock guardare Jin, perché sembra troppo simile al volto che sta cercando di dimenticare. Ma questo è Jin, una persona completamente diversa. Jin il dentista, che ha frequentato il liceo dall'altra parte della città, che a quanto pare ha una bella macchina e che, come ha detto Jimin, è molto sexy.

Jin non l'ha mai incontrato prima, non ha mai fatto nulla a Jungkook, quindi Jungkook non pensa che sia giusto andarsene e tornare a casa come vorrebbe.

Probabilmente è nervoso quanto te. Fingi finché non ce la fai più, Jeon.

«L'età è solo un numero, no?», dice con disinvoltura. «Vuoi sederti?»

Jin si rilassa visibilmente, segue Jungkook in salotto e prende la sedia in più. Jungkook si accomoda sul divano accanto a Yoongi, che gli lancia un'occhiata preoccupata ogni due secondi e si mostra un po' troppo evidente per i gusti di Jungkook.

«Sto bene», mormora Jungkook sottovoce. «Smettila.»

«Allora, Jimin, non sapevo che avessi un fidanzato», dice Jin con tono di conversazione. «Non lo nomini mai durante il corso di spinning.»

Jungkook e Yoongi devono trattenere le loro risate, ma si scambiano lo stesso sguardo.

Corso di spinning.

Tuttavia, Jungkook non può giudicare, non se fare lezioni di spinning ti fa apparire bello come Jin. Ha un breve flash mentale di Jin con un camice bianco da medico e mentirebbe se dicesse di non essere interessato.

«Oh, è una novità, ci stiamo provando», risponde Jimin con disinvoltura, dando un colpetto a Yoongi con una gamba. «Vedremo se funziona.»

«L'uomo del mese», dice Yoongi. «Il nostro Jimin.»

Stanno entrambi scherzando, ma Jungkook vede lontano un miglio che il commento di Yoongi è più duro del dovuto. Jungkook si chiede se questo finto appuntamento non sia stato una cattiva idea. Ma ormai è troppo tardi, quindi si limita a rivolgere l'attenzione al ragazzo con cui in teoria ha un appuntamento e cerca di pensare a qualcosa da dire.

Si salva da questo compito quando Jimin interviene di nuovo, chiedendo a Jin qualcosa sul ristorante in cui andranno. Jungkook si distrae in fretta, malgrado i suoi migliori tentativi di prestare attenzione. Prima che se ne renda conto, si alzano ed escono dall'appartamento, entrano nell'ascensore e poi nella macchina di Jin.

Macchina che, come ha detto Jimin, è davvero bella. Esageratamente bella.

È una fottuta Jaguar.

«Che razza di dentista», borbotta Yoongi, mentre lui e Jungkook scivolano sul sedile posteriore e allacciano le cinture di sicurezza. Jimin continua a conversare con Jin e sale sul sedile del passeggero senza pensarci due volte.

Da quando sono arrivati al ristorante e si sono seduti, Jungkook non ha ancora mai parlato direttamente con Jin, e sono passati quaranta minuti.

La cena è confusa e Jungkook dimentica quasi tutto. L'unica cosa che ricorda è Yoongi che aggancia la sua caviglia a quella di Jungkook sotto il tavolo e gli dice: «Vuoi andare via?» Jungkook scuote la testa, perché Jimin è completamente ignaro della cosa, chiacchiera allegramente con Jin e tiene banco come sempre. Jimin è sempre stato bravo nelle interazioni sociali; può parlare con chiunque e sa far sentire tutti inclusi.

Il problema è che Jungkook non vuole sentirsi incluso, non se c'è di mezzo Jin. Così si chiude a riccio e si infila il pane in bocca finché non arriva la bistecca, e poi divora anche quella. Il ristorante è di lusso, troppo per i gusti di Jungkook, per non parlare del suo portafoglio.

Ma ha visto Jin che, con discrezione, ha dato la sua carta di credito alla cameriera ancora prima che si sedessero, quindi pensa di poter dedurre che offrirà lui. Il che è incredibilmente premuroso, e di norma Jungkook apprezzerebbe il fatto che l'abbia fatto di nascosto, invece di farne una questione di principio.

Yoongi prende le redini, rispondendo alle domande di Jin e cercando di coinvolgere Jungkook nella conversazione. I due passano venti esilaranti minuti a parlare della "relazione" tra Yoongi e Jimin, in cui cercano di descrivere la cosa che preferiscono l'uno dell'altro.

Jungkook li conosce abbastanza bene da capire che sono a un passo dallo strangolarsi a vicenda, ma Jin sembra crederci.

Jungkook è troppo spaventato per godersela, tantomeno per cercare di capire se il suo piano stia funzionando. Non sembra, a giudicare dal modo in cui Yoongi continua a lanciare occhiate furtive a Jimin. Come se non bastasse, Jimin sembra scambiare il disagio di Jungkook per timidezza e, dato che sono seduti l'uno accanto all'altro, continua a cercare di tenergli la mano sotto il tavolo. L'ultima cosa che Jungkook vuole in questo momento è che qualcuno lo tocchi.

Dopo aver finito di mangiare, ordinano il dessert. Yoongi sembra voler protestare e, onestamente, anche Jungkook, ma Jimin a questo punto ha bevuto più di qualche bicchiere e li scavalca quasi subito. Jungkook vorrebbe essere sbronzo, perché forse questo renderebbe tutto un po' più sopportabile, ma deve guidare fino a casa dopo che sono tornati da Jimin.

Sempre se torneremo da Jimin.

Questa cena sembra durare da un migliaio di anni, anche se lui ha detto solo una decina di parole in totale.

Un attimo dopo qualcuno si avvicina al loro tavolo, interrompendo la spiegazione di Yoongi sul perché i marchi di lusso siano solo una grande truffa, e Jungkook nota che Jin lo sta ascoltando con molto divertimento. Probabilmente in questo momento indossa solo abiti di marca. Ma si limita ad annuire educatamente, commentando qua e là finché il nuovo arrivato non si schiarisce la voce.

Non è il loro cameriere, ma indossa qualcosa di simile, quindi Jungkook presume che lavori per il ristorante. Probabilmente è il direttore. Si china e sussurra qualcosa all'orecchio di Jin, che annuisce.

«Hey, ragazzi, scusate, devo andare a salutare un amico. Ci metto un minuto», dice loro, sfoggiando un sorriso smagliante prima di alzarsi e seguire il probabile gestore verso il retro del ristorante.

Lo guardano tutti scomparire in cucina, prima di voltarsi a guardarsi l'un l'altro.

«Ovviamente conosce lo chef», dice Yoongi, ma Jungkook nota che il livello di ironia nella sua voce è diminuito considerevolmente, dopo che Jin ha assecondato la sua filippica su "abbasso il capitalismo" e quant'altro.

«Non è fantastico?» dice Jimin con entusiasmo, bevendo un altro sorso (ormai ha perso il conto) dal suo bicchiere di chardonnay. «Super simpatico, Kook, vero?»

Jungkook annuisce. «Già. Devo andare in bagno.»

Si alza e si allontana dal tavolo prima che Yoongi o Jimin possano rispondere. In realtà non deve andarci davvero, quindi passa un sacco tempo in piedi davanti al lavandino e si getta dell'acqua fredda sul viso. È quasi finita, deve solo arrivare al dessert.

E Jin non è... beh. Jin è una persona completamente diversa, e per tutto questo tempo non ha fatto altro che essere educato, accomodante e un vero gentiluomo, in tutto e per tutto. Jungkook vorrebbe più di ogni altra cosa che la serata fosse andata diversamente, vorrebbe essere riuscito a parlare sul serio con Jin, perché, come Jimin continua a ripetergli, Jin è davvero un ragazzo fantastico.

Ricco, simpatico, divertente, alla mano e simpatico da morire.

L'esatto contrario di Jungkook, ovviamente, ma lui ha sempre creduto che gli opposti si attraggano.

Nel bene e nel male, pensa amaramente.

Si dà un'ultima occhiata allo specchio, preparandosi a tornare al tavolo. Se la caverà, è già arrivato fino a questo punto.

Ma quando esce dal bagno, il loro tavolo è vuoto. Scruta il ristorante, confuso, finché non vede Yoongi e Jimin seduti a un altro tavolo, a pochi metri di distanza. Jimin lo nota e gli fa l'occhiolino, dando un morso al sorbetto che lui e Yoongi hanno ordinato per condividerlo, come la finta coppia che sono.

Jungkook vorrebbe semplicemente avvicinarsi e raggiungerli, ma il loro tavolo ha solo due posti a sedere, quindi non ha altra scelta che tornare al suo posto originale, dove il suo dessert lo sta aspettando. Si siede sulla sedia proprio quando Jin esce di nuovo dalla cucina e deglutisce a fatica.

Ce la puoi fare, Jeon.

Jin torna verso Jungkook, scrutando la stanza con espressione confusa. Dopo aver notato la nuova sistemazione di Yoongi e Jimin, le sue labbra si stringono in una linea decisa e sembra un po' frustrato quando si siede di fronte a Jungkook.

«Beh, per nulla velati, direi», dice a denti stretti, e Jungkook gli rivolge un debole sorriso.

Poi abbassa lo sguardo sul suo dessert, decidendo di non alzare più lo sguardo finché non sarà tutto finito.

L'unico problema è che non sa nemmeno cosa abbia preso. Ha ordinato in preda al panico la prima cosa che ha visto sul menu. È troppo sofisticato e ha un po' paura di intingere il cucchiaio. Non vuole rovinare tutto. Passano quasi un minuto intero in silenzio mentre Jungkook fissa il suo dolce, incerto su come procedere. Non è nemmeno sicuro di voler procedere. Potrebbe avere un sapore orribile.

«Dev'essere una crème brûlé davvero affascinante.»

Jungkook sussulta sulla sedia e il cucchiaio sbatte rumorosamente contro il bordo del piatto. Jin ride dolcemente.

«Sto scherzando. Sono nervoso quanto te, sai?»

Questa ammissione fa sentire Jungkook marginalmente meglio, tanto da permettergli di lanciare una rapida occhiata al volto di Jin e cercare di formulare una risposta accettabile.

«Merda, mi dispiace, è solo che... è da un po' che non esco con qualcuno.» O da sempre, in realtà.

Jin inarca un sopracciglio, divertito. «Detta così, sembra che sia tu quello più vecchio.»

Jungkook si limita a giocherellare con la tovaglia, incerto su come rispondere.

«Jimin mi ha detto che lavori al banco dei profumi. Come mai questa scelta?»

Jungkook incontra lo sguardo di Jin finché ha il coraggio, cercando di capire se Jin lo stia giudicando per questo. Ma tutto ciò che vede è pura sincerità e tanta pazienza nell'aspettare che Jungkook risponda alla domanda.

«Oh, beh», inizia Jungkook, abbassando di nuovo lo sguardo, «è il primo lavoro che ho trovato.»

«Ti piace?»

Jungkook fa spallucce. «La paga è buona.»

«Dio, io odiavo fare il commesso», dice Jin. «Lavoravo in quella boutique di abbigliamento, quella al quarto piano, hai presente? Quando frequentavo la scuola di odontoiatria. Era un incubo. Spero che i tuoi clienti non siano terribili come i miei; credo di aver pianto tipo sei volte in un turno.»

Jungkook annuisce. Conosce il negozio di cui parla Jin, è ancora lì. Di gran classe e costoso; Jungkook non potrebbe permettersi nulla da lì neanche tra un milione di anni. Jin invece ci si adatterebbe alla grande. Tutto di lui grida eleganza.

A differenza di Jungkook, che al momento sta sudando sotto la camicia e forse anche sotto i pantaloni.

«Già. È vero, la gente è pazza a volte.»

Il suo cervello gli sta urlando di parlare, di partecipare alla conversazione, ma lui non ci riesce. Non sa perché (invece lo sa), ma è troppo difficile. La storia che ha raccontato a Taehyung, quella del ragazzo con quattro fidanzate, gli torna in mente, ma non riesce a raccontarla a Jin.

Perché poi dovrebbe guardarlo.

Porca miseria, Jeon.

«Non sta funzionando, vero?»

Lo sguardo di Jungkook si alza di scatto dal piatto per posarsi su Jin. «Cosa? No, io–»

«Jungkook», dice Jin, «va benissimo. A volte le persone non sono sulla stessa lunghezza d'onda. E noi non lo siamo, quindi non c'è bisogno di forzare qualcosa che non c'è.» Sorride calorosamente. «Jimin si rassegnerà.»

Jungkook sente qualcosa di troppo simile al sollievo attraversarlo. Jin deve accorgersene, perché il suo sorriso diventa incerto.

«È così grave, eh?»

Jungkook scuote rapidamente la testa, il cucchiaio tintinna inutilmente contro il piatto. «No, no, scusa. Non sei tu, sono io e cazzate del genere. No, è colpa mia.»

«Ti ricordo qualcuno?» chiede Jin, appoggiando i gomiti sul tavolo e il mento sulle mani.

Jungkook beve un sorso d'acqua prima di rispondere. «Uhm, sì. Un po'.»

Jin annuisce. «La gente me lo dice sempre. È perché ho dei lineamenti troppo belli», ammicca, e Jungkook sorride suo malgrado. «Sembro finto.»

«Beh, io non arriverei a tanto», risponde Jungkook con leggerezza, e il fatto che Jin sembri così compiaciuto della sua partecipazione è una prova di quanto sia stato pessimo durante tutta la serata.

«Quindi ti ricordo qualcuno», pensa Jin. «Qualcuno che non ti piace, ovviamente, altrimenti ci staremmo già sbaciucchiando sui sedili posteriori della mia auto.»

Jungkook storce il naso quando Jin dice sbaciucchiando. «Quanti anni hai, novanta? E magari ce ne andiamo pure in un parcheggio poi?»

«Perché in un parcheggio?»

Jungkook sussulta per un attimo, cercando di spiegarsi. «Uhm, cioè– tipo quando vai... vai a–».

«Scopare?» propone Jin cordialmente, e Jungkook diventa tutto rosso. «Lo so, Jungkook, ti stavo solo prendendo in giro.»

Jungkook arrossisce ancora di più. Deve assolutamente darsi una regolata. È stato un disastro praticamente da quando Jimin ha aperto la porta dell'appartamento.

«Sul serio, però», dice Jin, studiandolo con attenzione, con gli occhi che si spostano verso il basso fino alle dita che stringono il cucchiaio, «posso andarmene. Se non ti senti a tuo agio.»

Jungkook si trattiene dallo sbattere la testa sul tavolo. Magari potrebbe farlo ragionare.

«È tutto ok, giuro». Fa un respiro profondo e abbassa di nuovo gli occhi sul piatto. «Solo che, come ti ho detto, è da un po' che non esco con qualcuno, e sono già silenzioso di mio, quindi– cosa stai facendo?»

Ha appena alzato lo sguardo e ha visto Jin appoggiarsi il tovagliolo della cena sulla testa.

«Mi copro la faccia», dice Jin, e anche se la sua bocca è nascosta, Jungkook capisce che sta sorridendo. «Visto che ti fa agitare.»

Jungkook è scioccato dalla risata che gli viene fuori, così forte che gli sconosciuti intorno a loro si voltano a guardarlo. Con la coda dell'occhio, vede Jimin pestare il piede di Yoongi sotto il tavolo, che prontamente gli dà un calcio sullo stinco.

«Ah, quindi ti piace l'umorismo stupido», osserva Jin, ancora sotto il tovagliolo. «Allora dovrò tirare fuori le mie battute da nonno.»

«Oddio», geme Jungkook. «Ti prego, non farlo.»

Non sa se sia il tovagliolo o il fatto che Jin abbia già dichiarato che questo appuntamento sia un buco nell'acqua, ma per la prima volta stasera sente di poter respirare. Jin è divertente e simpatico, proprio come aveva promesso Jimin, e Jungkook pensa che non sarebbe male aggiungere un nuovo amico alla sua ristrettissima cerchia, se possibile.

«Allora, sei silenzioso», dice Jin. «Come mai?»

Jungkook scrolla le spalle, anche se Jin non può vederlo. «Sono solo timido, credo. E mi piace fare le cose da solo.»

Jin annuisce sotto il tovagliolo. «Tipo le seghe.»

Jungkook tossisce, ma si riprende un secondo dopo. «No, non in quel senso... beh, sì, ma allo stesso tempo no. Intendevo cose tipo disegnare.»

«Mmm. Lo capisco, anche a me piace fare alcune cose da solo. Mi piace pescare.»

Jungkook non riesce a trattenere la risata che gli sorge spontanea e Jin annuisce di nuovo. «Lo so, sono super vecchio. Un dentista che pesca nei fine settimana; sono praticamente in casa di riposo.»

«A mio padre piace pescare», gli fa notare Jungkook, «e ha solo cinquant'anni. Quindi non sei ancora così vecchio, non preoccuparti.»

«E a te?»

«Cosa?»

«A te piace pescare?»

Jungkook scuote la testa. «Oh, no, non proprio. Non ho la pazienza per farlo. Però a mio padre piace molto, forse voi due dovreste andarci insieme qualche volta.»

Si sorprende di se stesso per averglielo offerto, ma forse vuole che anche la cerchia di amici di suo padre si allarghi un po'. E Jungkook si sente sempre in colpa quando suo padre torna a casa il sabato dopo una mattinata di pesca da solo. Jungkook vorrebbe che gli piacesse pescare, ma suo padre gli ha detto qualche anno fa che portarsi dietro Jungkook in realtà rende il tutto ancora più stressante. Quindi Jungkook non è ansioso di partecipare, ma è più che disposto a cercare un sostituto.

Jin ci riflette su. «Dipende. Tuo padre è bello come te?»

«Di più», risponde con tranquillità Jungkook. «Ma se tu sei troppo vecchio per me, allora lui è sicuramente troppo vecchio per te.»

«Sono troppo vecchio per te?» esclama Jin. «Faresti meglio a stare attento a come parli, l'anno prossimo potrei essere il tuo nuovo patrigno.»

Jungkook sbuffa una risata. «Almeno avrei il dentista gratis.»

«Assolutamente no», dice Jin scuotendo la testa. «Faccio pagare gli appuntamenti anche a mia madre.»

«Come sei severo.»

«Come pensi che abbia comprato quella macchina?»

La faccia di Jungkook comincia a far male per quanto sta sorridendo. Era da molto, molto tempo che non rideva così.

«Quindi odi la pesca, ma ti piace disegnare», continua Jin, tornando serio. «Sei bravo?»

«È possibile rispondere a questa domanda senza sembrare uno stronzo arrogante?»

«Probabilmente no.»

«Beh, onestamente, credo di essere abbastanza bravo», dice Jungkook, arrossendo timidamente.

Jin scuote la testa. «Stronzo.»

«Hey, me l'hai chiesto tu!» protesta Jungkook, e Jin ridacchia.

«Giusto. Te l'ho chiesto perché una mia vecchia amica del liceo ha una galleria e cerca sempre nuovi artisti.»

Jungkook giocherella con il bordo del suo piatto. «Non credo di essere così bravo.»

Jin scrolla le spalle. «Chi può dirlo? Tutta l'arte è interpretativa, no?»

«Qualcosa del genere, sì.»

«Hey, se mi fai dare un'occhiata», si offre Jin, «ti darò la mia opinione sincera e, se sei davvero bravo, ti metterò in contatto con lei. Se vuoi.»

Jungkook fa una pausa, torcendo la bocca mentre riflette sulla proposta di Jin. Gli piace disegnare e dipingere, e potrebbe essere un buon lavoro part-time, anche solo per una volta. E si sente in colpa per il fatto che l'appuntamento non sia andato a buon fine, malgrado la gentilezza di Jin, quindi forse dovrebbe accettare. La cosa peggiore che può succedere è che Jin non chiami la sua amica. Jungkook può sopportarlo. E non è che la sua arte sia così privata o personale – ad eccezione dei ritratti di Taehyung – quindi non ha problemi a mostrarla agli altri.

«Sì, mi piacerebbe», decide.

Jin gli fa il pollice in su. «Fantastico». Fa una pausa. «Anche se questo significa che dovrai rivedermi.»

«Che cosa terribile», dice Jungkook, sorridendo.

«Porterò il mio miglior tovagliolo per l'occasione», risponde Jin. «O forse indosserò un passamontagna.»

«Quello è decisamente peggio.»

Jungkook si morde l'interno della guancia, lanciando un'occhiata a Yoongi e Jimin che, ora che Jin non può vederli, hanno deciso di far finta che l'altro non esista. Forse il suo piano gli si sta ritorcendo contro, ma si ripromette di chiederlo a Jimin più tardi. Per il momento, fa un bel respiro e si allunga dall'altra parte del tavolo, tirando il tovagliolo di Jin finché non gli scivola dalla testa e gli cade in grembo.

Jungkook deve trattenersi dall'inspirare bruscamente, perché rivedere il volto di Jin è ancora allarmante. Ma non è più così grave come prima, ora che conosce un po' meglio l'uomo che c'è dietro.

Jin, il simpatico dentista che frequenta corsi di spinning, ama la pesca e potrebbe essere il suo nuovo amico.

«Vuoi aiutarmi a mangiare questo?», chiede, indicando il suo dessert. «Non ho idea di cosa sia.»

Jin gli fa un sorriso e Jungkook si sforza di ricambiarlo. Quando Jin sorride, Jungkook nota che non si assomigliano affatto.

«Questa è la crème brûlé. In pratica è un budino di lusso.»

Jungkook storce il naso e si sporge in avanti per ispezionare il dessert. «Non sembra un budino. Sembra solo fottutamente bruciato.»

«È perché lo è», spiega Jin. «Lo cospargono di zucchero e poi gli danno fuoco.»

Jungkook solleva le sopracciglia. «Hanno dato fuoco al mio dessert?»

Jin ride, affascinato dall'ingenuità di Jungkook. «Sì, è una pratica standard. Provalo; è impossibile che non ti piaccia.»

«Non voglio rovinarlo», confessa Jungkook, guardando la crosta intatta di zucchero bruciato.

Gli viene un po' di acquolina in bocca, ora che Jin glielo ha descritto in termini più semplici, ma è ancora vagamente preoccupato di fare qualcosa di pacchiano o cafone.

«Allora lo farò io», dice Jin allegramente, strappando rapidamente il cucchiaio dalle mani di Jungkook e prendendone una bella cucchiaiata direttamente dal centro.

Si infila il cucchiaio in bocca e fa una faccia oscena mentre Jungkook lo fissa indignato.

«Hey! È mio.»

«Mi hai chiesto tu di condividerlo», gli ricorda Jin, dopo aver deglutito. «E guarda, ora l'ho rovinato, quindi puoi mangiarlo. Provalo, Jungkook, sul serio. E se ti fa schifo possiamo ordinare qualcos'altro.»

Jungkook scuote la testa, imbarazzato. Anche se dovesse fargli schifo, a questo punto fingerà che gli piaccia. Non ama fare tragedie, attirare l'attenzione su di sé. Prende invece un altro cucchiaio e lo intinge accanto al grande buco che ha già fatto Jin.

Quando lo assaggia, non deve fingere assolutamente nulla. È fantastico.

La roba che c'è sotto non è proprio come un budino – la consistenza è più densa e il sapore non è così dolce – ma è fenomenale. Non può fare a meno di gemere di soddisfazione, sfoggiando quella che suo padre chiama la sua faccia da è così buono che sono oltraggiato. Jin alza un sopracciglio, sorridendo con esitazione.

«Com'è?»

Jungkook deglutisce prima di rispondere. «Questa è la cosa più lussuosa che abbia mai mangiato.»

Jin ride alla battuta. «Cavolo, devi uscire più spesso. Sono contento che finalmente ti stia divertendo almeno un po'.»

Jungkook arrossisce e abbassa la testa. «Sì, ti ripeto, mi dispiace. È difficile da spiegare, è solo che...»

Jin agita una mano. «Non ce n'è bisogno. Hai diritto alla tua privacy.»

Jungkook fa una pausa, con il cucchiaio a mezz'aria. Jin è il primo a dirgli una cosa così, dopotutto. Jimin e Yoongi hanno buone intenzioni, ma sembrano non capire mai che il fatto che lui sia in difficoltà non significa che voglia fargli sapere sempre tutto.

Sono i suoi migliori amici, ma ha comunque bisogno di una parvenza di indipendenza. Anche se si tratta di affrontare da solo nella sua stanza una dolorosa solitudine che non riesce a scrollarsi di dosso.

Per la prima volta stasera, il silenzio che si stabilisce tra lui e Jin è confortevole anziché soffocante, e finiscono il dessert di Jungkook in pace.

Quando Jungkook lancia un'altra occhiata a Yoongi e Jimin, Yoongi non si vede da nessuna parte, ma Jimin li sta fissando con un enorme sorriso sul volto. Solleva il suo bicchiere semivuoto verso Jungkook in un silenzioso brindisi, prima di mandarne giù gli ultimi sorsi in un colpo solo. Jungkook si acciglia.

Jimin di solito non beve in questo modo, e Jungkook è più che mai sicuro che costringerlo in una situazione con Yoongi per la quale non è evidentemente pronto non sia stata un'idea intelligente. O almeno un'idea carina.

Jin segue lo sguardo di Jungkook, accigliandosi anche lui.

«Sta bene?»

Jungkook si volta verso Jin, scrollando le spalle. «Penso che sia solo un po' ubriaco. Forse dovremmo andar via, però, prima che possa ordinare qualcos'altro.»

Con la coda dell'occhio vede Jimin che si dirige verso i bagni. È un po' instabile, ma niente di grave. Jin annuisce e si alza anche lui.

«Ok, devo prendere una cosa, torno subito.»

«Devi prendere la tua carta di credito?» chiede Jungkook, sorridendo all'espressione stupita di Jin. «Ti ho visto prima.»

«Oh, fantastico», borbotta Jin, passandosi una mano tra i capelli. «Pensavo di essere stato furtivo.»

«Penso che sia un gesto molto carino», chiarisce Jungkook. «E grazie, davvero. Mi dispiace che non sia scattata la scintilla, ma mi sono divertito lo stesso.»

Jin sorride. «Anch'io mi sono divertito. Con o senza scintilla. Ok, torno subito.»

Poi si dirige verso il bancone all'ingresso, mentre Jungkook recupera il giubbotto dallo schienale della sedia e fa scivolare le braccia nelle maniche. Spinge la sedia indietro e si alza in piedi, cercando il telefono nelle tasche. Non lo controlla da quasi due ore, quindi spera ardentemente di trovare un messaggio non letto di Taehyung.

Ancora niente.

Jungkook sospira e mette via il telefono.

«Hey, vado a prendere la macchina, potete aspettarmi... Jungkook? Cosa c'è che non va?»

Cinque secondi fa, Jungkook era in piedi e stava osservando distrattamente il ristorante, lamentando la mancanza di comunicazione con Taehyung. Ora è tornato a sedersi, con la testa ben stretta tra le mani mentre si sforza di respirare.

Jungkook non si spaventa facilmente, quindi non è stato l'arrivo improvviso di Jin a farlo crollare.

È il fatto che Jin sia in piedi dietro di lui e che, prima di iniziare a parlare, abbia messo una mano sulla schiena di Jungkook. E quando ha parlato, ha parlato a bassa voce all'orecchio di Jungkook, in modo troppo gentile e troppo familiare. Così, all'improvviso, tutto ciò che Jungkook riesce a vedere, tutto ciò che riesce a pensare è...

«Jungkook?» chiede di nuovo Jin, ora inginocchiato accanto alla sua sedia. «Ho fatto qualcosa? Stai bene?»

Jungkook fa due respiri profondi, inspira ed espira, premendosi gli indici sulle tempie con tutta la forza che ha.

È solo Jin. Il simpatico dentista Jin.

Fa un altro respiro, poi alza la testa. Non riesce a guardare Jin, non ora, non dopo quello, quel modo disinvolto di toccarlo e la sua vicinanza e il fatto che il cervello di Jungkook abbia iniziato a gridare in trappola sei in trappola sei in trappola.

«Non è colpa tua», dice, odiando il tremolio della sua voce. «Sto bene, scusa.»

Jin alza una mano per appoggiarla sulla spalla di Jungkook, ma Jungkook si allontana. Jin lascia cadere la mano, confuso. Anche Jungkook lo sarebbe, a parti invertite. Si sente in colpa e cerca di trovare una spiegazione, ma poi si ricorda quello che Jin ha detto sulla privacy. Quindi si limita a scuotere leggermente la testa verso Jin, sussurrando in modo che solo lui possa sentire.

«Vorrei andare a casa adesso, per favore.»

Qualcosa nella sua espressione dev'essere davvero preoccupante, perché Jin mormora un rapido "certo" e Jungkook si ritrova un minuto dopo sul sedile posteriore dell'auto di Jin. Jimin, ancora alticcio, è l'unico a parlare durante il viaggio di ritorno al suo appartamento, conversando della cena e di quanto fossero belli gli orinatoi del bagno.

Yoongi si siede di nuovo accanto a Jungkook, stringendo la maniglia di plastica così forte che Jungkook teme si spezzi.

Dopo che Jin li ha riaccompagnati, Jungkook si costringe a fermarsi davanti al finestrino, battendo leggermente le nocche sul vetro. Jin lo abbassa e Jungkook fissa un punto appena sotto la sua spalla. Non può guardare il volto di Jin in questo momento.

«Mi dispiace», ripete. «Mi dispiace di essere strano, ma io...»

Si interrompe, giocherellando con la cerniera della giacca.

«Jin, possiamo essere amici? Ti giuro che non sono sempre così.»

C'è una certa disperazione nella sua voce che non riconosce, qualcosa che appartiene a una versione diversa e più giovane di lui. Quella che voleva essere apprezzata, notata, quella che voleva farsi voler bene dalle persone.

Jungkook non riesce a vedere l'espressione sul volto di Jin, ma si prende un momento per rispondere.

«Certo che possiamo essere amici», dice, e Jungkook si rilassa. «Voglio essere tuo amico, Jungkook. Ma... ecco, dovresti pensarci bene. Io ci sarò, ok? Decidi tu. Buona serata, Jungkook.»

«Anche a te», mugugna Jungkook, allontanandosi dalla porta e salendo sul marciapiede.

Le sue guance bruciano mentre guarda Jin uscire dal parcheggio, e si volta per vedere Jimin e Yoongi rannicchiati sotto il portico vicino all'ingresso, che tremano l'uno accanto l'altro. Jungkook deglutisce. Yoongi sembra ancora arrabbiato, mentre Jimin sembra completamente al settimo cielo.

Jungkook non sa come dire loro che probabilmente dovrebbero cercare di trovare un punto d'incontro. Jungkook stesso sta ancora cercando di trovarlo, ma riesce a identificare con certezza un solo sentimento: un'irritazione bruciante e pungente per il fatto che i suoi amici continuino a intromettersi in ogni aspetto della sua vita.

Entrano in ascensore in silenzio, Jungkook si appoggia stancamente alla parete in fondo e guarda i numeri che scorrono. Sbadiglia quando escono, desiderando di essere già a casa e a letto.

Jimin apre la porta ed entra, togliendosi le scarpe. Yoongi e Jungkook lo seguono, anche se stanno per uscire tra pochi minuti. Ma è loro abitudine rilassarsi insieme per un po' prima di salutarsi, ripercorrendo i momenti salienti della serata.

Ma a quanto pare la serata è appena cominciata, perché quando la porta si chiude dolcemente alle sue spalle, Yoongi si avventa su Jimin in un secondo.

«A che cazzo stavi pensando?», sibila.

Lo stomaco di Jungkook sprofonda. Per tutta la cena non hanno fatto altro che provocarsi a vicenda, aggiungendo benzina al fuoco, e ora stanno per esplodere. Normalmente incrocerebbe le dita affinché Jimin risolva la situazione, ma lui è completamente brillo e vede tutto come una sfida. Una litigata con Yoongi... beh, probabilmente non aspetta altro. Jungkook capisce di aver ragione un secondo dopo, quando arriva la risposta accesa di Jimin.

«Ma che dici? Jin è un bravo ragazzo!»

«No», dice Yoongi, con voce beffarda e paziente, come se stesse parlando a un bambino. «Era identico a– insomma– sul serio, Jimin? Sei fuori di testa?»

Il volto di Jimin diventa rosso, per l'imbarazzo o per la rabbia, Jungkook non riesce a dirlo con certezza. Probabilmente entrambe le cose.

«No, non lo sono. Jin è stato gentilissimo– ed è la persona più tranquilla del mondo! E Jungkook stava bene, non è vero, Kook?»

«Io–»

«No, non stava bene, Chim, era terrorizzato», lo interrompe Yoongi, prima che Jungkook possa finire di parlare, sottolineando la parola con il gesto delle virgolette. «Jungkook, non stavi bene, vero? Puoi essere sincero, va tutto bene.»

«Beh...»

«Oh, per favore», dice Jimin, alzando le mani, e Jungkook chiude di nuovo la bocca. «Sei proprio un ipocrita del cazzo, Yoongi. Solo poche settimane fa dicevi Dai, Jungkook, gioca a questo videogioco che probabilmente sarà super traumatizzante e Zitto, Jimin, lasciagli fare quello che vuole. Ma ora è: Come hai potuto, Jimin, hai appena fatto venire a Jungkook una crisi di panico!» Deciditi, Yoongs, mi gira la testa a vedere quanto velocemente cambi idea.»

«Chim, io non...»

«Oh, io sarei l'ipocrita?» contrattacca Yoongi, e Jungkook si morde il labbro mentre viene ignorato per l'ennesima volta.

Non riesce a togliersi di dosso la sensazione che questa sia una discussione che Jimin e Yoongi si tengono dentro da molto, molto tempo e che all'improvviso sta saltando fuori. Non vuole – non dovrebbe – essere qui. Dopo tutto quello che è successo con Jin, non riesce proprio a sopportare che i suoi due unici amici litighino davanti a lui.

«Non sono io quello che cerca di accoppiare alla cazzo tutti quelli che conosce e poi è troppo cagasotto per dare davvero una possibilità a qualcuno. Qualcosa che duri più di una botta e via, almeno.»

Jimin passa dal rosso al bianco, il viso perde tutto il suo colore mentre stringe le labbra, furioso. Jungkook deglutisce nervosamente e lancia occhiate tra lui e Yoongi, che ha un'aria altrettanto assassina.

«Cosa... sei geloso?» dice Jimin, con un tono velenoso come la sua espressione.

«Ragazzi...»

«È questo che vuoi?» chiede Yoongi. «Che io ti supplichi? Credo che tu abbia un'idea piuttosto distorta della tua importanza, Park Jimin. Il sole non splende dal tuo culo, non importa quante persone ci siano entrate.»

«Yoongi...» sussurra Jungkook.

Questa storia è davvero andata troppo oltre e Jungkook non riesce più a sopportarlo. Le sue mani hanno iniziato a tremare. Le stringe a pugno, sentendo le unghie scavare nei palmi.

«Fottiti», sputa Jimin, facendo trasalire Jungkook.

«No, ragazzi, non...»

«Fottiti? Fottiti tu, Jimin. Sono stufo delle tue stronzate.»

Jimin apre la bocca per rispondere, e Jungkook non ce la fa più.

«Per favore, fermatevi, ragazzi, non dovreste– non litigate...»

Yoongi e Jimin si girano verso di lui, sbattendo le palpebre come se si fossero appena accorti della sua presenza. Jungkook cerca di infilarsi le mani in tasca, per nascondere il modo in cui tremano, ma è troppo tardi.

«Merda», sussurra Jimin. «Jungkook, ci dispiace, non volevamo...»

«Sì, Kook, cazzo, è tutta colpa nostra. Non siamo–»

Entrambi lo raggiungono, con le stesse espressioni di rammarico sui loro volti. Ma c'è anche qualcos'altro, più nel profondo, quasi nascosto, anche se Jungkook riesce a vederlo lo stesso.

È pietà, e gli fa rivoltare lo stomaco.

Ha davvero, davvero bisogno di non essere qui, e le mani che lo stanno cercando in questo momento sembrano più sinistre che comprensive. Sa che non è la verità, che questi sono i suoi amici, ma non riesce a liberarsi di questa sensazione.

«Dovrei andarmene», riesce a dire, facendo un passo indietro, allontanandosi dalle mani che avanzano. «Devo– scusate, devo...»

«Jungkook, aspetta», lo supplica Jimin, con gli occhi spalancati. «Prenditi un secondo, respira...»

«No, no, io– Chim, non fa niente, ora vado», borbotta, abbassando lo sguardo.

Cerca alla cieca la maniglia della porta, anche se Jimin e Yoongi continuano ad avvicinarsi. Sente il petto chiudersi, ma se riesce a uscire e a prendere un po' d'aria fresca, allora starà bene.

«Jungkook, fermati. Non sei nelle condizioni di guidare.»

La voce di Yoongi è più decisa di quella di Jimin, è più autoritaria, e fa agitare ancora di più Jungkook. Qualcosa nel suo viso deve aver registrato la cosa, tanto da indurre Yoongi a smettere di avvicinarsi e a tirare indietro anche il braccio di Jimin.

«Lasciamogli un po' di spazio», mormora Yoongi.

«Non ha bisogno di spazio, ha bisogno di aiuto– Yoongi, lasciami andare!»

«Jungkook non vuole–»

Jungkook inspira bruscamente, dimenticando per un attimo la maniglia della porta, mentre la rabbia si irradia nel suo petto ed esplode sotto le sue palpebre.

«Smettetela di parlare di me come se non fossi qui, cazzo!», urla.

Jimin e Yoongi smettono di discutere quel tanto che basta per voltarsi a guardarlo scioccati. Per la seconda volta in meno di un minuto, sembrano sorprendersi della sua presenza. Per quanto l'intera faccenda di Jin abbia spaventato Jungkook, ha lasciato che questa buffonata andasse avanti per troppo tempo.

«Volete aiutarmi?», continua. «Volete davvero aiutarmi? Allora smettetela di comportarvi come se fossi un fottuto caso umano, come se fossi un maledetto bambino che ha bisogno di essere accudito ogni secondo. Non sono un malato di mente, ok? Non mi butto sotto un autobus o che altro se non ci siete voi a tenermi la mano.»

«Jungkook...» iniziano entrambi, ma Jungkook alza una mano, interrompendoli.

«E sono così stufo, cazzo, che voi due mi usiate come scusa per tutto. So che sono più piccolo di voi e forse a volte sono un po' ingenuo, ma non sono il fragile uccellino di cui dovete prendervi cura. Non so cosa cazzo stia succedendo tra di voi, ma è chiaro che dovete capirlo quanto prima, e io vado fuori di testa se continuate a dire che vi trattenete per colpa mia.»

Punta un dito accusatorio contro Jimin e poi contro Yoongi. «Siete troppo egocentrici e troppo orgogliosi, ed entrambi siete dei fottuti codardi perché non ammettete a voi stessi che il vero motivo per cui continuate a litigare e a insultarvi – e a fare i coglioni – non ha affatto a che fare con me, ma piuttosto con il fatto che siete fottutamente innamorati l'uno dell'altro.»

«Cosa?» dice Yoongi, con gli occhi così sgranati che Jungkook teme gli possano uscire dalle orbite.

«Jungkook», aggiunge Jimin, di nuovo con quella voce esasperatamente dolce, «non sei una scusa. Sei nostro amico e vogliamo solo aiutarti–»

«Aiutarmi?» La risata di Jungkook è un po' isterica. «Non avete la minima idea di come aiutarmi, Jimin, ok? Nessuno ce l'ha. E ti dico, come ho fatto in passato, che questo piccolo negazionismo che state facendo, dicendo che è per il mio bene, sta solo peggiorando le cose.»

«In passato?» chiede Yoongi, ma Jimin interviene frettolosamente prima che Jungkook possa spiegare.

«Kook, ci dispiace di aver iniziato a litigare. Non volevamo, te lo giuro, e... Senti, perché non vieni a sederti e ci calmiamo tutti per un minuto. So che ti senti ansioso e mi dispiace, ok? Pensavo davvero che saresti stato bene, ma mi sbagliavo ed è colpa mia.»

Lo sguardo si sposta su Yoongi, che non riesce a nascondere il suo sorriso quando Jimin si prende la colpa.

Jungkook geme e si porta le mani alla nuca, afferrando una manciata di capelli. «Non mi state ascoltando. Io non– io– Dio, voi non avete idea di come mi sento, e io– smettetela di litigare, se davvero ve ne frega qualcosa di me.»

Spera che questo serva a farli uscire da questa strana energia soffocante che si sta creando tra tutti loro, ma quando Yoongi parla, sembra ancora più arrabbiato.

«Certo che non abbiamo idea di come ti senti, Kook. Non vuoi parlare con noi, cazzo.»

Il respiro di Jungkook si blocca in gola. I sentimenti ansiosi che provava sono stati momentaneamente spazzati via dalla rabbia, ma ora stanno tornando ad abbattersi su di lui. Si stringe più forte i capelli e prega che nessuno dei suoi amici se ne accorga. Jimin è comunque troppo impegnato a fargli la ramanzina.

«E ovviamente non sappiamo come aiutarti. Non ci dici nulla; dobbiamo mettere noi insieme i pezzi. Tutto ciò che sappiamo è quello che ci ha detto tuo padre, e poi quell'ora in cui siamo venuti a vederti in quel cazzo di tribunale–»

«Non parlare di questo», dice Jungkook, distogliendo lo sguardo. Si sta tirando i capelli così forte che giura di strapparseli dalle radici.

«No, ha ragione», aggiunge Yoongi. «Ne ho sentito parlare più dalle persone del mio ufficio che da te. E sì, non vuoi parlarne, è ovvio. Ma devi farlo, o rischi di impazzire. Dici che litighiamo sempre; ci scanniamo perché non possiamo fare altro. A meno che tu non ci parli. Dovremmo essere tuoi amici, trattaci come tali.»

«Vuoi davvero continuare a vivere così?» dice Jimin, riprendendo chiaramente il discorso lasciato da Yoongi. «Jungkook, se non parli con noi, se non affronti i tuoi problemi, non cambierà nulla. Tra vent'anni lavorerai ancora in quel cazzo di negozio di profumi, vecchio, triste e senza futuro, e sarai completamente solo, perché hai allontanato tutti, perché avevi troppa paura, cazzo. E questo mi uccide, ogni giorno, lo sai? E uccide anche Yoongi. È orribile vederti essere uno zombie, evitare tutto, lavorare in quel posticino, che sappiamo tutti essere solo una ridicola farsa per fingere di stare bene quando non è così. Sinceramente, Jungkook? Non so nemmeno perché hai accettato quel lavoro, perché quello che dovrebbe tenerti impegnato adesso è una cazzo di guarigione interiore o quello che è, o passare del tempo con tuo padre, magari. Sai, quello che ti ha cresciuto e che l'altra mattina ha letteralmente pianto con noi perché pensa che tu sia clinicamente depresso.»

Gli occhi di Jungkook si alzano di scatto per incontrare quelli di Jimin, che si morde il labbro, come se avesse detto qualcosa che non avrebbe dovuto. Ma sembra ancora arrabbiato, anche se Yoongi scuote la testa e impreca sottovoce.

«Cosa?» chiede Jungkook, mortificandosi quando la sua voce si incrina. «Ha detto questo?»

Si sente come se stesse per vomitare. Non ha idea di come tutto questo si sia ritorto contro di lui. Jimin e Yoongi erano arrabbiati l'uno con l'altro, ma ora sono entrambi arrabbiati con lui, e anche lui è arrabbiato, e la tensione è troppa per riuscire a gestirla. Non quando ha ancora in mente la questione di Jin, e Jimin ha appena parlato del tribunale, e a quanto pare suo padre pensa che sia depresso, e—

«Jungkook, smettila... Kook, lascia–»

«Hey, dai, smettila, ti strapperai i capelli–»

Jungkook sente delle mani su entrambi i polsi, che lo tirano leggermente. Scuote la testa, ma loro continuano a farlo, quella di Jimin si sposta sui suoi capelli e cerca di allargargli le dita. È solo quando Yoongi si unisce a lui che Jungkook riesce a controllarsi, lascia ricadere le mani lungo i fianchi e fa un passo indietro, liberandosi dalla loro presa. Entrambi lo guardano con la stessa segreta pietà, e lui si ricorda di ciò che voleva fare fin dall'inizio.

«Me ne vado», dice, trovando questa volta con successo la maniglia e aprendo la porta.

«Non dovresti guidare», dice Yoongi incrociando le braccia.

Jungkook prende per un attimo in considerazione le sue parole, prima di armeggiare con la giacca e tirare fuori le chiavi. Le lancia oltre Yoongi e le fa cadere sul bancone della cucina.

«Vado a piedi.»

«Jungkook, non andartene così, dai», si lamenta Jimin, raggiungendolo.

Ma Jungkook si limita a scacciare il suo braccio e a varcare la porta, con le mani ancora tremanti ora sepolte nelle tasche. Sente Yoongi e Jimin che lo seguono, e allora inizia a correre, scegliendo di fare le scale invece di aspettare l'ascensore.

Mentre corre verso casa, si aspetta che una delle loro auto si fermi sul marciapiede e gli chieda di farsi accompagnare per il resto della strada. Ma dopo tre chilometri arriva nel suo quartiere e non vede né Yoongi né Jimin.

Mette le mani sui fianchi e cammina lungo la strada verso casa, riprendendo fiato. Ha sudato parecchio, nonostante l'aria fredda, e i piedi gli fanno male da morire. Si rimprovera di aver indossato gli anfibi invece di un buon paio di scarpe da ginnastica, ma quando è uscito questa sera non si aspettava di dover correre a casa.

Si sente però più tranquillo, quasi come se avesse superato il potenziale attacco di panico che stava per avere a casa di Jimin. Per un attimo si chiede se questo possa diventare il suo meccanismo di difesa, ma poi si ricorda che da quando si è trasferito a casa di suo padre va in palestra quasi tutti i giorni e da allora ne ha comunque avuti alcuni, quelli che lui si ostina a chiamare "incidenti".

La gola gli si stringe un po' quando vede casa sua, con le luci del portico e la lampada del soggiorno ancora accese. Suo padre lo sta aspettando sulla poltrona come al solito quando Jungkook entra, con un libro aperto sul petto e la testa appoggiata sulla spalla.

Jungkook pensa di lasciarlo dormire, ma è troppo vecchio per passare la notte in una posizione così scomoda. E comunque sa che suo padre lo stava aspettando, quindi tanto vale assicurargli che è tornato a casa sano e salvo.

Si avvicina e gli scuote delicatamente la spalla, e un istante dopo suo padre si sveglia di scatto, sbattendo le palpebre per orientarsi.

«Hey», dice, concentrandosi su Jungkook dopo aver chiuso il libro ed essersi sgranchito un po' la schiena. «Com'è andata la serata?»

«Bene», dice Jungkook, facendo spallucce.

Non vuole parlare dell'appuntamento, vuole solo cadere a faccia in giù sul letto. E non vuole assolutamente parlare della lite che lui e i suoi due migliori amici hanno appena avuto, perché ha la sensazione che suo padre si schiererà dalla loro parte.

Suo padre si alza dalla sedia con uno sbadiglio, prima di fermarsi a studiare il viso di Jungkook. Solleva la mano per posare un palmo freddo sulla fronte di Jungkook, accigliandosi.

«Stai sudando, tesoro. Ti senti bene?»

Pensi che sia depresso?

«Sì, sto bene. Ho solo caldo, credo.»

Non vuole menzionare la faccenda del ritorno a casa a piedi, perché poi dovrebbe parlare del litigio. Incrocia le dita e spera che suo padre non si accorga fino a domattina che la macchina non è nel garage.

Suo padre stringe le labbra, come se non gli credesse, ma è più un'espressione di preoccupazione che di sospetto.

«Uhm, se sei sicuro di non sentirti male o altro? È la stagione delle influenze, sai.»

Jungkook sbuffa una mezza risata. «Papà, non ho mai preso l'influenza e non ho intenzione di iniziare adesso.»

«Ah, i giovani sono così sicuri di sé», commenta suo padre, spegnendo la lampada e facendo piombare la casa nell'oscurità, a parte il bagliore delle luci del portico.

Jungkook segue silenziosamente suo padre su per le scale, gli dà la buonanotte prima di entrare nel bagno della sua stanza e chiudere la porta. Si ferma per un attimo, premendo la fronte contro il muro.

Ha fatto una cazzata con Jimin e Yoongi, lo sa, ma a dire il vero anche loro hanno sbagliato nei suoi confronti. Ed è uno schifo, perché per quanto possano litigare tra loro, sono sempre litigi superficiali e scherzosi. Questa è una cosa seria, qualcosa che ribolle sotto la superficie da un po' di tempo, ed è venuto fuori in questa discussione esplosiva, da ferita mortale, che Jungkook non era e non è ancora preparato ad affrontare.

Non si concede di pensarci per il momento, perché sa che si trasformerà in una spirale di negatività. Si dice che andrà tutto bene, perché deve andare così. Che risolveranno tutto nei prossimi giorni, perché devono farlo. Tutto deve tornare alla normalità, altrimenti Jungkook non avrà più i suoi amici.

Forse avrà Taehyung. Taehyung potrebbe essere suo amico.

Prima di andare a dormire, controlla ancora una volta il telefono e vede che Taehyung ha finalmente risposto.

"Spero che tu ti sia divertito 😊"

Non è niente di che, e non dovrebbe sorridere così tanto, soprattutto dopo la notte che ha appena passato, ma lo fa comunque.

Taehyung è mio amico.

È questo pensiero che lo fa alzare dal letto la mattina dopo, preparandosi mentalmente a tornare da Jimin per recuperare la macchina. Si rende conto che le sue chiavi sono ancora sul suo bancone, e adesso vorrebbe averle date a Yoongi. Tra i due, Jimin è quello più spaventoso quando è arrabbiato.

In un impeto di coraggio, tira fuori il telefono e sta per mandare un messaggio a Taehyung per chiedergli se vuole uscire dopo il turno di lavoro di Jungkook. Questo compito viene però interrotto quando esce e vede la sua auto nel vialetto. Jimin o Yoongi devono averla riportata qui: se l'avesse presa suo padre, sarebbe stata parcheggiata in garage.

Lo stomaco di Jungkook si contorce sia per il timore che i suoi amici siano davvero arrabbiati con lui, sia per la vergogna di essersi comportato così male e che loro abbiano comunque fatto tutto questo per lui. Dopo qualche minuto di ricerca, trova le chiavi nella cassetta della posta e si avvia verso il garage.

Quando rientra in casa, la cucina è vuota: sul frigorifero c'è un biglietto di suo padre che gli dice che è fuori a correre!. Jungkook sorride brevemente nel vedere la faccina felice che suo padre ha disegnato in basso, prima che le parole che Jimin gli ha detto ieri sera gli tornino in mente e il sorriso gli muoia sulle labbra.

Pensa davvero che io sia depresso?

Jungkook non crede di essere depresso, ma pensa che in realtà non ci sia un modo per dirlo. A meno che non parli con la sua psicoterapeuta, ma questo non succederà. Tira fuori le uova dal frigorifero, intenzionato a preparare la colazione per sé e per suo padre. Non è un grande cuoco, ma ha imparato un paio di cose mentre era all'università.

È molto bravo a preparare i cereali, questo è certo. E i toast.

Ma Jungkook ha scoperto, giorno dopo giorno, che gli piace cucinare. A suo padre piace chiamare cose come cucinare, passare l'aspirapolvere e fare il bucato faccende domestiche per spegnere il cervello, ed è per questo che Jungkook ci si è buttato a capofitto. Spegnere il cervello è sicuramente qualcosa che gli interessa fare in questo momento, mentre estrae una padella da uno degli armadietti sotto il lavandino e accende il fornello.

Decide di provare a fare le uova a occhio di bue, qualcosa di più impegnativo e molto più interessante delle uova strapazzate. Ne rompe due dopo che la padella si è riscaldata a sufficienza, osservandole con soddisfazione cuocersi.

Non vuoi parlare con noi, cazzo.

Jungkook aggrotta le sopracciglia e prende una spatola di gomma nel cassetto alla sua destra. Spinge una delle uova di lato, ne rompe una terza e la fa cadere nella padella. Fin qui tutto bene.

Vuoi davvero continuare a vivere così?

Scuote la testa, nel tentativo di liberarsi fisicamente dei suoi pensieri intrusivi. Non che abbia mai funzionato prima d'ora, ma vale la pena provare. Con la spatola, sposta le uova, facendo attenzione che gli albumi non si agglomerino.

Può farcene entrare un quarto, pensa. Prende un altro uovo dal cartone e lo rompe sul lato della padella, sperando nel meglio. È una goccia perfetta, proprio nell'angolo in fondo a sinistra della padella, e se Jungkook non fosse così concentrato a non rovinare tutto, probabilmente si fermerebbe per fare una foto.

Tra vent'anni lavorerai ancora in quel cazzo di negozio di profumi, vecchio, triste e senza futuro, e sarai completamente solo.

Jungkook si morde l'interno della guancia, con forza. Jimin è il suo migliore amico e non diceva sul serio. È stata solo la foga del momento. Non ci crede davvero. Se ne faranno tutti una ragione; Jimin tornerà a essere esageratamente gentile e a lanciargli quegli sguardi tristi e sconsolati.

Jungkook pensava che la loro pietà fosse il male peggiore, ma ora crede che sentire la verità nuda e cruda potrebbe essere persino peggio. Ed è questo che lo spaventa adesso, che quello che ha detto Jimin sia la verità. Che si sia trasformato in un fallito col cuore a brandelli che vivrà per sempre con suo padre e non riuscirà mai a superare tutto questo. Che sia già passato troppo tempo. Che annegherà in questa storia e non potrà far nulla per evitarlo, non più.

Ha un breve flash sotto le palpebre, qualcosa che sembra quasi una visione. Una bella mano che si protende verso di lui e una voce dolce che gli dice di afferrarla. Jungkook riporta l'attenzione sulle uova prima di riuscire a immaginare a chi appartenga la mano, ma ne ha un'idea piuttosto precisa.

Crollerai.

Jungkook spinge un po' troppo forte una delle uova e impreca sottovoce quando il tuorlo esplode. Si morde di nuovo l'interno della guancia mentre guarda il giallo trasformarsi in bianco, sfrigolando rumorosamente nella padella.

È questo, per qualche motivo, il rumore che lo fa scattare. Una scintilla per la polveriera che sta accumulando nel petto da quando ha premuto il tasto "seleziona" lo scorso fine settimana a casa di Taehyung.

Hai rovinato le uova, Jeon. Hai mandato tutto a puttane.

Sente il panico risalirgli su per gola. Stringe più forte la spatola e si sforza di respirare. Ma mentre una parte del suo cervello gli dice di essere razionale, l'altra parte gli mostra un cortometraggio dei suoi recenti errori: il gioco con Taehyung, l'uscita con Jin e, soprattutto, il litigio con Jimin e Yoongi.

Tutto a puttane tutto a puttane tu– Cristo, riprenditi!

Vuole tornare indietro nel tempo e far ragionare il suo io del passato, per essersi esposto in quel modo. È stato così fottutamente stupido per aver pensato anche solo per un secondo di poter gestire tutto questo. Perché in questo momento è ovvio, in modo allarmante, che non ci riesce.

Ho mandato tutto a puttane, merda merda merda

Non quando la sua mano trema intorno alla spatola, tanto che gli cade di mano e poi va a finire a terra. La sente solo in modo impercettibile, e invece preme la mano contro il bancone, implorando silenziosamente che si fermi. Succede sempre così, con le mani che tremano e questa sensazione di costrizione nel petto.

Ora le lacrime gli pizzicano gli occhi, ma si costringe a trattenerle. L'ha superato ieri sera e dovrebbe essere in grado di superarlo di nuovo. Non ha avuto incidenti negli ultimi quasi quattro mesi, dovrebbe averli superati a questo punto. Ma non riesce a smettere di pensare, ed è questo il problema. Non riesce a spegnere il cervello, per quanto lo desideri. Per quanto ne abbia bisogno.

Ho fatto una cazzata, ho mandato tutto a puttane, Cristo, cosa hai fatto Jeon Jungkook, cosa hai fatto

«Hey, tesoro, che succede? Sono sorpreso che tu— Jungkook!»

Jungkook sbatte rapidamente le palpebre, cercando di girarsi per affrontare suo padre, ma i suoi muscoli sono come congelati. Si rende conto che qualcosa sta bruciando e, stranamente, prova una fitta di fastidio per aver rovinato le uova.

Suo padre è accanto a lui e Jungkook vede con la coda dell'occhio che ha un'espressione inorridita. Jungkook vorrebbe dirgli di rilassarsi – sono solo uova – ma lui afferra il polso di Jungkook e lo tira verso l'alto, spegnendo il fuoco una frazione di secondo dopo.

E allora il cervello di Jungkook capisce finalmente che la superficie piatta su cui aveva messo la mano dieci secondi prima era il piano cottura, non il bancone. E quell'odore di bruciato era–

«La tua mano», dice suo padre. «Oh Gesù, la tua mano.»

Jungkook si studia il palmo della mano, rosso vivo e già pieno di vesciche, quasi impassibile.

Jeon brûlé.

Suo padre apre il rubinetto dell'acqua fredda del lavandino e gli infila subito la mano sotto. Jungkook cerca di tirarsi indietro con un sibilo, ma la presa del padre è salda e lo tiene fermo.

In quel momento Jungkook si rende conto di quanto faccia male e le lacrime che teneva a bada iniziano a scorrergli sul viso, con tutta la loro forza.

«Mi dispiace», singhiozza. «Mi dispiace, mi dispiace– non volevo, mi dispiace!»

Suo padre lo tira accanto a sé, con il braccio libero che cinge la schiena di Jungkook e gli accarezza i capelli. «Lo so, amore. Lo so.»

«Mi dispiace», ripete Jungkook scuotendo la testa. Sta ancora cercando di respirare normalmente, ma è sempre più difficile, e il dolore che gli percorre il braccio non aiuta. «Oh dio, mi dispiace.»

«Shh», sussurra suo padre. «Va tutto bene. Papà è qui, ci penso io.»

Passano così i dieci minuti successivi, Jungkook piange sulla spalla del padre che gli mormora parole per farlo calmare all'orecchio, facendogli scorrere delicatamente una mano tra i capelli. Jungkook si sente di nuovo un bambino, nel modo peggiore che possa esistere, e si maledice ancora una volta per essersi messo in trappola in questo modo. Avrebbe dovuto sapere che sarebbe stato troppo.

Ma ancora una volta il suo ostinato orgoglio si è messo di traverso, e ora si ritrova con una mano bruciata e un nuovo esaurimento nervoso.

Le dita di Jungkook iniziano a intorpidirsi a causa dell'acqua fredda e alla fine si ritrae, asciugandosi gli occhi con la mano libera. È di nuovo padrone di se stesso, o almeno non è fuori controllo, quindi si avvicina e chiude il rubinetto in modo da esaminare il danno.

Suo padre lo osserva, lanciando solo un'occhiata alla sua mano. «Vuoi andare al pronto soccorso?»

Jungkook scuote la testa. In questo momento apprezza molto suo padre. Anche dopo questo disastro, gli lascia ancora la libertà di scegliere. Suo padre è sempre stato così, gli lascia i suoi spazi, non lo costringe a parlare o a fare cose per le quali non è pronto. E lui non vuole proprio andare in ospedale; il suo turno inizia tra quattro ore. Per non parlare del fatto che le visite in ospedale sono costose, con o senza assicurazione.

«Ok, allora dobbiamo andare al negozio.» Suo padre continua a guardarlo, finché Jungkook non incontra il suo sguardo. «Devi venire al negozio con me.»

Jungkook scuote di nuovo la testa, con il viso rosso per l'umiliazione. «Papà, posso stare da solo, non ho intenzione di...»

«Jungkook», lo interrompe suo padre, con voce dolce ma decisa, «ho bisogno che tu venga al negozio insieme a me.»

Questo fa tacere Jungkook, che annuisce impotente. Immagina che se avesse un figlio che si è appena fritto la mano sul fornello bollente, nemmeno lui vorrebbe perderlo di vista. Ed è il minimo che possa fare, per tranquillizzare suo padre. Anche se la sua testa è un vorticoso casino in questo momento, e il pulsare della sua mano non fa che aggravare la situazione. Si rende conto, con un'orrenda fitta allo stomaco, che non potrà fare boxe finché le ustioni non saranno guarite, e questo gli fa venire voglia di piangere di nuovo.

Correre sul tapis roulant non è più la stessa cosa ed è preoccupato per ciò che gli riserveranno le prossime settimane, per come riuscirà ad attenuare le sue emozioni.

Suo padre lo aiuta a infilarsi il giubbotto, guidando delicatamente la sua mano ustionata attraverso la manica, e Jungkook deglutisce il nodo che ha in gola. Si sente in colpa per aver fatto preoccupare suo padre in questo modo, come aveva giurato di non fare mai più, dopo quello che è successo l'ultima volta. Non sa se stavolta sia stato peggio.

L'ultima volta era così spaventato che non riusciva a ragionare, e l'unica cosa che gli era venuta in mente era stata quella di infilarsi nel letto di suo padre e raggomitolarsi lì. Suo padre si era svegliato e lo aveva trovato in preda ai singhiozzi, con la faccia premuta contro il materasso, incapace di parlare per quasi un'ora.

Suo padre ora lo guarda nello stesso modo in cui lo guardava allora, come se gli facesse male il cuore. E Jungkook lo capisce: anche a lui fa male il cuore. Vorrebbe più di ogni altra cosa poter smettere, semplicemente non stare più così, ma l'unica cosa utile che ha imparato in terapia è che il "trauma" (come dice lei) non ha una data di scadenza.

Eppure, pensava che almeno non sarebbe stato così violento a questo punto, e si detesta per esserci ricascato.

«Mi dispiace», ripete Jungkook, quando sono già in macchina e si stanno dirigendo verso il negozio.

Suo padre scuote la testa. «Non è colpa tua. Sono solo grato di essere arrivato in tempo.»

Jungkook si culla la mano al petto e annuisce in silenzio. Non vuole pensare a cosa sarebbe successo se suo padre non fosse tornato a casa in quel momento.

«Non dobbiamo parlarne», dice suo padre, «ma ho bisogno di sapere se... è successo qualcosa a casa? Ho fatto qualcosa?»

Jungkook scuote immediatamente la testa. «No. No, sono state altre cose.»

Sente la voce di Jimin nella sua testa, quando tante settimane fa gliene aveva parlato. Fattori scatenanti, o trigger, o come diavolo si chiamano.

Suo padre aggrotta le sopracciglia, con gli occhi fissi sulla strada. «Puoi sempre venire da me, sai. Qualunque cosa accada, sono qui per aiutarti. È compito mio», aggiunge con leggerezza. «Come padre.»

Jungkook annuisce di nuovo, mordendosi l'interno della guancia. È compito di suo padre, ma non è giusto che si sia ritrovato con un figlio con tutti questi problemi. È quasi sicuro che suo padre non abbia accettato tutto questo fin dal principio. Jungkook gli vuole bene perché lo accetta comunque, ma non può fare a meno di provare una sensazione di pesantezza e vergogna nel petto ogni volta che suo padre è costretto a fare più di quanto dovrebbe.

Solo quando tornano dal negozio e suo padre gli fascia la mano ustionata con tanta tenerezza da far venir voglia a Jungkook di piangere, suo padre gli rivolge quello sguardo, quello che gli dice che devono parlare. Jungkook odia parlare, ma dopo quello che è successo oggi, pensa che dovrebbe provarci.

«Jungkookie», esordisce suo padre, e Jungkook sente lo stomaco rivoltarsi.

Suo padre non lo chiama quasi più con il suo vecchio soprannome, quasi nessuno lo fa.

«La terapia... non sta funzionando? Non voglio affrettare le cose, ma sono preoccupato per te, tesoro. Questo», accarezza delicatamente la mano fasciata di Jungkook, «non può succedere. Non più, non se vuoi continuare a vivere qui.»

Jungkook lo guarda sbattendo le palpebre, cercando di nascondere il dolore sul suo volto. Sa di essere difficile a volte, ma non immaginava che suo padre gli avrebbe dato un ultimatum per trasferirsi. Suo padre deve leggere la confusione nella sua espressione, perché scuote la testa e si corregge.

«No, non voglio dire che devi andartene. Ti ho detto fin dall'inizio che puoi restare quanto vuoi. Volevo solo dire che se... se la terapia, gli esercizi e tutto il resto non funzionano, forse dovremmo provare qualcos'altro.» Esita, studiando attentamente Jungkook. «Qualcosa di più a lungo termine.»

Jungkook scuote freneticamente la testa, allontanando la mano.

«Papà, no. Hai promesso.»

Odia il modo in cui gli si incrina la voce, ma non può evitare che il terrore lo attraversi. Non vuole andare in un centro di salute mentale, non vuole sedersi in cerchio indossando un pigiama logoro e sfogare tutti i suoi sentimenti davanti a un gruppo di estranei. E non riesce a liberarsi dello stigma che lo circonda. Pensa che se andasse lì, in uno di quei posti, significherebbe che è veramente pazzo.

E lui non è pazzo. È solo a pezzi. Ma sta cercando di rimettersi in sesto, ce la sta mettendo tutta, e questa storia della mano bruciata è solo un ostacolo lungo la strada. Deve esserlo, altrimenti Jungkook non sa cosa fare.

«Lo so», dice suo padre a bassa voce. «Ma Jungkook, tesoro, io... non so cos'altro fare. Non so come aiutarti, ma ci sono altre persone, professionisti specializzati e qualificati, che possono riuscirci. E io voglio solo il meglio per te, anche se non è... qui con me.»

«Ti prego, non farmi andare via», sussurra Jungkook. «Non voglio andare, papà.»

«Nemmeno io voglio che tu te ne vada. Ma brancolo nel buio ormai. Ho bisogno che tu mi lasci entrare, almeno un po'.»

Jungkook espira profondamente, giocherellando con l'estremità della sua benda. «Io... la settimana scorsa ci ho giocato.»

«Giocato?», chiede suo padre, confuso.

«A quel gioco.»

La pelle di Jungkook pizzica per la vergogna di aver infranto una delle regole fondamentali tra lui e suo padre. Sarebbe stato così facile non farlo, chiedere a Taehyung di fare qualcos'altro, ma non è riuscito a trattenersi. E ora si trova in questo guaio, retrocedendo a un punto in cui non pensava sarebbe più tornato.

«Oh, Jungkookie», sospira suo padre, «non l'hai fatto.»

«Mi dispiace», bofonchia lui. «So che non avrei dovuto. E poi ero troppo imbarazzato per dirtelo.»

«Beh, ormai è passato. Non possiamo farci niente adesso», dice suo padre, e Jungkook si sente ancora peggio. Suo padre gli prende la mano buona e la stringe. «Tesoro, non puoi fare queste cose. Non ti fanno bene.»

«Lo so.»

Il viso di Jungkook brucia quasi quanto la sua mano, perché lo sa e lo ha fatto lo stesso. E ora ha spaventato suo padre, gli ha fatto riconsiderare l'intero accordo che avevano preso.

«So che lo sai», risponde suo padre. «E te lo ripeto, dovresti parlare con me quando ne hai bisogno. E non sentirti in imbarazzo. Sono tuo padre, ti ho visto fartela addosso più volte di quante tu riesca a contarne.»

Jungkook storce il naso e suo padre ride.

«Esattamente. Quindi, se ti capita di sbagliare, dimmelo. Sono qui solo per aiutarti. Non per giudicare.»

Un'altra cosa che Jungkook sa. Le persone a cui è ancora legato, quelle che gli sono rimaste accanto, non lo giudicherebbero mai. Yoongi e Jimin non lo fanno mai, né quando si assenta per troppo tempo, né quando dimentica qualcosa, né quando chiede se possono andare a casa sua invece di fare quello che avevano programmato all'inizio.

Suo padre è lo stesso, anzi è ancora più comprensivo. Jungkook non capisce perché sia così difficile per lui ammettere che non sta bene, anche perché lo sanno già tutti. Probabilmente dovrebbe parlarne con la sua terapeuta, ma odia parlare con lei di qualsiasi cosa. Forse anche questo è qualcosa che dovrebbe confessare, anche se va avanti da quasi sei mesi. Ed è un'altra cosa di cui si vergogna, il fatto che abbia lasciato che andasse avanti per così tanto tempo e non abbia mai fatto un vero tentativo. Perché non sa come fare. Ha paura di farlo.

Ma il dolore pungente al palmo della mano gli ricorda che deve fidarsi, deve parlare con qualcuno, o la situazione continuerà a peggiorare, non a migliorare.

«Papà», inizia, con la voce che è poco più di un sussurro, «odio la terapia.»

Suo padre apre la bocca e poi la richiude, facendo una pausa mentre si interroga su come rispondere.

«Intendi la tua terapista? O il concetto in generale?»

Jungkook si rifiuta di incontrare gli occhi di suo padre, sapendo già che sarebbe troppo difficile vedere la preoccupazione che vi si cela. Lo farebbe solo vergognare ancora di più.

«Non lo so», dice sinceramente. «So solo che non ci riesco.»

«Non riesci a fare cosa?» domanda dolcemente suo padre, stringendogli di nuovo la mano.

«Non riesco a parlare con lei», confessa Jungkook. «Semplicemente... non riesco a parlarne. Non veramente, non abbastanza da permetterle di aiutarmi. E credo che anche lei lo sappia, per questo si sente così frustrata con me, ma non riesco a farlo. Non riesco a parlare.»

«Jungkook, la terapia non consiste nel parlare. Si tratta di guarire.» Suo padre espira leggermente. «E io dovrei saperlo.»

La testa di Jungkook si alza di scatto. Suo padre lo guarda con tranquillità, ma offre a Jungkook un piccolo sorriso.

«Tu... sei stato in terapia?» chiede Jungkook, più che sorpreso. Suo padre sembrava sempre al top, impeccabile, anche dopo...

«Dopo tua madre. Sì.»

«Uh– ha funzionato... immagino?»

Jungkook rabbrividisce per le parole che ha usato, ma suo padre si limita a riderci su.

«Funziona se vuoi che funzioni», spiega suo padre. «Sei molto simile a me, tesoro. Sono rimasto in silenzio per tanto, tanto tempo. Solo quando ho iniziato ad aprirmi ho avvertito che mi stava aiutando. E chissà, forse funzionerà anche per te, o forse no. Ma Jungkook, non lo saprai mai se non ci provi.»

Jungkook sospira. «Non posso parlarne, papà. Non posso.»

«Allora parla di qualcos'altro. Parla di quello che vuoi.»

«Posso farlo?» chiede Jungkook.

Suo padre alza le spalle. «Perché no? Sei tu che la paghi. È fiscalmente obbligata ad ascoltarti. E se non riesci a parlare di quello che dovresti, allora parla di quello che vuoi. Sarà un buon allenamento.»

Jungkook inclina la testa da una parte all'altra, contemplando ciò che suo padre ha appena detto. Di certo non tiene abbastanza al rapporto con la sua terapeuta da preoccuparsi di farla arrabbiare. E se suo padre, l'uomo che tiene a lui più di chiunque altro sul pianeta, gli dà il via libera, tanto vale che ci provi.

Per ora si accontenta di stringere la mano di suo padre e di sorridere il più possibile, date le circostanze.

«Grazie, papà.»

Suo padre sorride a sua volta. «Faccio solo il mio lavoro.»

Qualcosa balena nella mente di Jungkook, quando suo padre dice queste parole. Qualcosa che Taehyung gli ha detto in passato.

«Sì», ricorda, «ma sei davvero gentile nel farlo.»

Per il resto della giornata, sono tutti carini con lui. Quando si presenta al lavoro con la mano fasciata, la sua responsabile lo guarda e dice che lo farà sostituire durante il suo turno, dopo che la sua collega sarà tornata dalla pausa pranzo.

È un po' complicato lavorare con una mano sola, ma almeno è la sinistra, quella non dominante. Comunque, è solo per un'ora, e poi può andare a casa. A suo padre viene quasi un infarto quando Jungkook torna prima del previsto, ma gli rivolge un ampio sorriso dopo avergli spiegato che i colleghi al lavoro si sono mostrati disposti ad aiutarlo.

Alla fine, vanno al pronto soccorso, visto che ha il resto del pomeriggio libero, dove scopre di avere una lieve ustione di secondo grado. Niente di grave, ma gli prescrivono una pomata e gli dicono di farsi vedere dal medico tra una settimana circa per vedere come sta guarendo.

Tutto sommato, quando va a dormire quella sera, si sente molto meglio di quando si è svegliato al mattino.

Jimin e Yoongi non lo contattano nei giorni successivi, ma lui cerca di non pensarci. È troppo impegnato a mandare messaggi a Taehyung, che continua a inviargli consigli musicali a tarda notte per poi chiedergli cosa ne pensa. Jungkook ricambia il favore condividendo alcuni dei suoi posti preferiti in cui mangiare nella zona, visto che Taehyung è nuovo qui e a quanto pare ha solo ramen nella sua dispensa.

E se Jungkook spera segretamente che Taehyung gli chieda di uscire con lui, beh, di certo non lo dirà a Taehyung.

Quando arriva il mercoledì, si assicura di svegliarsi ben due ore prima dell'appuntamento e arriva allo studio cinque minuti prima dell'inizio della seduta. È estremamente nervoso, ma la sensazione di terrore che prova di solito è completamente scomparsa.

La tensione non è più insormontabile, per così dire, e si sente più tranquillo nel sostenere una conversazione. O magari finirà a blaterare da solo per un'ora, a seconda di come reagirà lei. Ha già deciso che parlerà del reality show trash; ci sono molte dinamiche che lo appassionano.

Sta per entrare quando riceve una notifica sul telefono che gli dice che ha ricevuto un messaggio da Jimin. Ha inviato un messaggio alla loro chat di gruppo con Yoongi, dicendo che non può venire a pranzo oggi perché ha un impegno pubblicitario con l'emittente.

Yoongi risponde un secondo dopo, dicendo che anche lui non può venire; è sommerso dal lavoro.

Jungkook mette in tasca il telefono con la mano che trema, perché ha appena ricevuto due palesi bugie dai suoi migliori amici. È chiaro che lo stanno evitando, e probabilmente si stanno anche evitando l'un l'altro. Ma, dice a se stesso mentre entra nello studio della sua terapeuta, almeno si sono presi la briga di mandargli un messaggio, invece di dargli buca senza spiegazioni. Questo gli dà almeno un barlume di speranza.

«Come ti senti oggi?»

Classico inizio.

«Bene.»

Risposta standard.

Lei annuisce e apre la bocca per fargli la domanda successiva, ma Jungkook la batte sul tempo.

«In realtà... uhm, ti dispiace se oggi parlo io e basta? Possiamo saltare le domande?»

Lei alza leggermente un sopracciglio, ma annuisce e gli fa cenno di continuare. Jungkook sfoggia un sorriso teso, pronto a lanciarsi nella sua tiritera sul reality show. Ma i messaggi di Jimin e Yoongi gli si palesano davanti agli occhi e si ritrova a dire tutt'altro.

«In realtà oggi non mi sento bene. Mi sento molto in colpa.»

Jungkook si aspetta che lei inizi a scarabocchiare sul quaderno, ma con sua grande sorpresa, lei chiude la penna e la mette giù.

«Ho litigato con i miei unici due amici», spiega. «È successo per delle stupidaggini, ma mi hanno urlato contro che non dico loro le cose. Ed è vero che non lo faccio, credo. E lo sai anche tu, in realtà, perché non le dico neanche a te. A proposito, mi dispiace, mi dispiace di averti ostacolato per così tanto tempo. Onestamente, questo è probabilmente il massimo che ti ho raccontato negli ultimi sei mesi.»

Fa una pausa, ma lei continua a tacere, così lui continua.

«Mi sento davvero in colpa, perché abbiamo litigato e non abbiamo ancora fatto pace. E non so come spiegarlo, ma mi dispiace perché in realtà non mi dispiace davvero. Per il fatto di non aver detto loro quelle cose. È che... le cose che mi sono successe sono difficili da raccontare. Ma tu ovviamente lo sai già.»

Lei sorride, e Jungkook sorride a sua volta, sentendo la stretta al petto allentarsi un po'.

«Ma io... non lo so. Cosa dovrei fare? Dovrei scusarmi?»

«Vuoi farlo?»

Lui trattiene un sospiro. Avrebbe dovuto sapere che non gli avrebbe dato una risposta diretta.

«Non lo so. Per questo te l'ho chiesto.»

«Jungkook, non sono qui per dirti cosa fare. Sono qui solo per ascoltare.»

Lui giocherella con la benda sulla mano. Lei non gli ha chiesto nulla e lui spera che non lo faccia. Anche se si è ripromesso di parlarle, non è ancora pronto a spingersi così lontano.

«Io... voglio scusarmi per come li ho fatti sentire. Ma voglio che anche loro si scusino con me, per come mi hanno fatto sentire.»

«Sono loro che ti hanno fatto sentire in colpa?»

Jungkook scuote la testa, poi si ferma, prima di annuire lentamente. «È complicato. Ci sono tante cose, ma al momento voglio solo riavere i miei amici. Solo che ora ci evitiamo tutti, quindi è strano.»

Si china un po' in avanti, apparentemente leggendo tra le righe di qualcosa che ha detto.

«Lo fai spesso, Jungkook?»

«Evitare le cose?»

«Evitare le cose per cui ti senti in colpa», chiarisce lei.

Jungkook si morde il labbro. La questione sta diventando personale, ma d'altronde è lui che l'ha sollevata. Però, pensa per un attimo a suo padre, che stamattina gli ha preparato le uova e gli ha lasciato un altro biglietto con una faccina felice. Può parlare. Può farlo, per suo padre.

«Sì, probabilmente. La maggior parte delle volte credo di non rendermi nemmeno conto di farlo. Perché lo sto già evitando. Se ha senso.»

Gli viene in mente Taehyung e il modo in cui Jungkook sceglie bellamente di dimenticare il fatto che abbia una ragazza ogni volta che legge i loro messaggi con un gran sorriso ebete sulla faccia.

«Vorrei farti una domanda», dice lei, intrecciando le mani sul suo quaderno. «E poi possiamo parlare di tutto quello che vuoi. Non sei obbligato a rispondere, ovviamente, ma chiamala curiosità professionale.»

Jungkook si sistema sulla sedia, interessato a questo nuovo lato di lei, così diretto. Gli piace. Meglio della maschera d'indifferenza passivo-aggressiva, comunque. Annuisce, mentre lei lo studia per un attimo.

«Ti senti in colpa per quello che ti è successo?»

Jungkook si blocca per mezzo secondo, ma si costringe a rilassarsi. Lei ha detto che non deve rispondere per forza, però lui si ritrova a farlo lo stesso.

«No. No, non devo; so che non è colpa mia, ma...»

Lei aspetta, mentre lui cerca di trovare le parole giuste.

«Credo di sentirmi, a volte, come se non– come se non dovessi...» abbassa gli occhi, giocherellando di nuovo con la benda. «Come se non dovessi essere così sconvolto. O così incasinato per questo, o quello che è. Perché, nel grande schema delle cose, avrebbe potuto...» deglutisce, «avrebbe potuto finire molto peggio di come è andata.»

Lei non risponde con un'altra domanda, come lui si aspettava. Invece, si limita ad annuire.

«Grazie per avermi assecondata. Ora, di cosa vorresti parlare?»

Il resto della seduta scorre più rapidamente di quanto non abbiano fatto le altre. Finisce per parlarle anche della sua arte, tra le altre cose. Lei è una buona ascoltatrice (è il suo lavoro, riflette lui), gli fa domande su cosa gli piace disegnare e cosa lo ispira. Stanno per concludere e lui sta per alzarsi dalla sedia, quando lei si ferma e lo fissa.

«Jungkook, prima di andare, una piccola cosa da terapista.»

«Curiosità professionale?», risponde lui, sorridendo anche se il battito cardiaco accelera.

«Dovuta diligenza.»

Lui annuisce, scivolando di nuovo al suo posto e aspettando che lei parli.

«Sono sicura che l'hai già sentito, ma vale la pena ripeterlo. Non possiamo controllare ciò che ci succede, ma solo come reagiamo alle cose. Il senso di colpa è un sentimento complesso. Ma personalmente posso dirti che non deve mai essere usato come un'arma, non su noi stessi. E una volta che lo lasci andare, una volta che ti rendi vulnerabile alle emozioni, senza quel peso aggiunto, ti assicuro che la terapia diventerà molto più semplice. E anche parlare con i tuoi amici sarà più facile.»

Si aggiusta gli occhiali e si alza, segnalando la fine della seduta.

«È solo una cosa su cui riflettere. Alla prossima settimana, allora.»

Jungkook esce dall'ufficio sentendosi, per la prima volta, meglio di quando è entrato. È vero che il fatto di tornare a casa in macchina, invece di andare direttamente al centro commerciale per incontrare i suoi amici, gli smorza un po' il morale, ma si prende il tempo per pensare a quello che ha detto la terapeuta.

Sa che non è la risposta a tutti i suoi problemi, che se smettesse di sentirsi in colpa sarebbe magicamente guarito, ma pensa che lei abbia ragione sul fatto che sia una sorta di varco. Ha avuto tanta paura per troppo tempo di aprirsi completamente e affrontare le sue paure, e il suo senso di colpa per quelle paure, per il fatto di essere così incasinato, lo ha trattenuto ancora più a lungo.

Forse non oggi e forse non domani, ma un giorno, si dice, ci arriverò.

E questa è la cosa più confortante che si sia mai detto da un po' di tempo a questa parte.

Si fa prendere dall'euforia per tutto il tragitto verso il lavoro e fino alla pausa pranzo. Normalmente avrebbe già mangiato, ma date le circostanze si dirige verso l'area ristoro e si siede a un tavolo vuoto.

Da solo con il suo cibo. È una situazione familiare, purtroppo, ma si costringe a non pensarci. Tira fuori il telefono, cercando di trovare qualcosa da mandare a Taehyung.

«Stai pensando a me?»

Jungkook sobbalza sulla sedia e vede Taehyung in persona, che scivola sulla sedia di fronte a lui, con quel grande sorriso familiare sul volto.

«Cazzo!» quasi grida Jungkook, con il cuore che batte all'impazzata. «Che hai fatto, ti sei teletrasportato qui?»

Taehyung ride. «No, scemo. Sono venuto per cercare te. La ragazza al bancone ha detto che eri in pausa pranzo.»

Il cuore di Jungkook batte ancora più forte. «Tu– tu mi stavi cercando?»

«Beh, certo», Taehyung fa spallucce, come se fosse la cosa più normale del mondo. «Sono venuto a comprare un profumo domenica, e tu non c'eri. Ma oggi pomeriggio avevo un po' di tempo, quindi ho pensato: perché no?»

Lo stomaco di Jungkook fa le capriole e il suo cuore sembra davvero sul punto di esplodere, ma cerca di mantenere la calma, prendendo con disinvoltura un boccone del suo pranzo.

«Sì, ho avuto un piccolo incidente domenica», confessa, agitando la mano fasciata. «Mi sono bruciato la mano sui fornelli.»

«Oh mio Dio!» esclama Taehyung, spalancando gli occhi. «Porca miseria, stai bene?»

Jungkook annuisce, ma Taehyung sembra ancora angosciato. Lo stomaco di Jungkook fa un'altra capriola.

Taehyung allunga la mano oltre il tavolo e prende delicatamente la sua malandata, tirandola verso di sé e passando leggermente le dita sulle bende.

Che belle mani.

«Rimarrà la cicatrice?», chiede, ora più curioso che preoccupato.

Jungkook scrolla le spalle. «Non ne sono sicuro. Forse.»

«Le cicatrici sono sexy», afferma Taehyung, liberando la sua mano. «Starebbe bene con i tuoi tatuaggi.»

Jungkook cerca di non soffocare con il riso che ha appena messo in bocca.

«Com'è andato l'appuntamento di sabato?» chiede Taehyung, cambiando argomento.

Jungkook scrolla di nuovo le spalle. «È andato bene. Non è scattata la scintilla, ma è stato molto gentile. Mi sono divertito, ma non è stato romantico o roba simile. E la faccenda dei miei amici è stata un vero fallimento, purtroppo.»

«Mi dispiace», dice Taehyung. «Per entrambe le cose.»

Jungkook abbassa lo sguardo sul suo pranzo, ma vede comunque il timido sorriso che Taehyung cerca di nascondere. Jungkook si chiede per quale motivo Taehyung sia felice. Prima che possa chiederglielo, Taehyung passa a un altro argomento. Jungkook dovrebbe essere abituato al volubile modo di conversare di Taehyung, visti i messaggi che gli scrive, ma è comunque un po' sconcertante.

«Sarai felice di sapere che ho cambiato il tuo nome nella mia rubrica telefonica. Ora il tuo cognome è Jeon.»

«Ah, davvero?» risponde Jungkook, accigliandosi. «Ma io ti ho salvato come Taehyung il Jazzista

Taehyung sbuffa una risata e Jungkook sorride con un pezzo di pollo in bocca. «Vaffanculo. E comunque non ti credo, fammi vedere.»

Jungkook solleva le sopracciglia e sblocca il suo telefono prima di passarlo a Taehyung, mostrandogli i loro messaggi. Taehyung inarca un sopracciglio di rimando e poi abbassa lo sguardo. Jungkook annuisce, appoggiandosi alla sedia e incrociando le braccia.

«Te l'avevo detto.»

Taehyung scuote la testa e sorride guardando lo schermo di Jungkook. Poi clicca qualcosa, tenendo il telefono con la fotocamera posteriore rivolta verso Jungkook.

«Sorridi!»

Jungkook sorride, facendo il segno della pace.

«Mi sto mandando una tua foto», spiega Taehyung. «Per il tuo contatto.»

«Serve anche a me una tua foto, allora», protesta Jungkook. «Dai, falla scattare a me.»

«Ci penso io», dice Taehyung, e procede a scattare un selfie, con la sicurezza che solo una persona splendida come Taehyung può avere.

Non si mette nemmeno in posa, si limita ad alzare il telefono verso il viso e a sorridere per un secondo prima di abbassarlo di nuovo. Continua a giocherellare con il telefono di Jungkook, che lo guarda con curiosità.

«Che stai facendo adesso? Cerchi di hackerare il mio conto corrente?»

Non che ci sia molto da rubare.

Taehyung scuote la testa, facendo scivolare il telefono tra loro due. Jungkook ride quando vede la faccia sorridente di Taehyung che lo fissa, nel suo nuovo lockscreen.

«Sarà meglio che non la cambi», lo avverte Taehyung, tirando il telefono verso di sé prima che Jungkook possa prenderlo. «Devi giurare, Jungkook.»

«Lo giuro», dice Jungkook, ancora ridendo. «Te lo giuro, Taehyung.»

Anche se Taehyung non gliel'avesse detto, non l'avrebbe cambiata comunque. Magari uno potrebbe pensare che sia solo troppo pigro, ma la verità è che è una foto molto bella. E anche vedere la faccia di Taehyung ogni volta che tira fuori il telefono sarebbe molto bello.

«Bene. Ti prendo in parola», risponde Taehyung, annuendo con decisione. «La prossima volta che ti vedo–»

Taehyung si interrompe e guarda il telefono di Jungkook. Lo schermo che si era spento un attimo prima ora è di nuovo illuminato, mostrando che Jeongguk ha un nuovo messaggio. Jungkook si china sul tavolo per leggerlo e il suo cuore va in fibrillazione quando vede il numero sconosciuto.

Non può essere vero.

«Oh mio Dio», dice Taehyung a bassa voce.

Jungkook sa che è troppo tardi, che Taehyung l'ha già visto. Lo legge per se stesso, anche se ha già un'idea precisa di quello che c'è scritto.

Jeon Jungkook, dovresti marcire all'inferno.

Taehyung passa il telefono a Jungkook, accigliato. «Dovresti bloccarlo.»

Jungkook si morde l'interno della guancia e stringe le dita della mano buona intorno al bordo del tavolo, cercando di comportarsi in modo normale. Forse Taehyung penserà che sia solo qualcuno che ha sbagliato numero, un caso fortuito. Ma non è possibile, perché ha scritto il suo nome, come fa sempre.

Non prova a riprendersi il telefono, anche se dovrebbe. Rimane impietrito, perché oggi stava andando tutto così bene e nel giro di un secondo è andato tutto a rotoli. E sono settimane che non ne riceve uno.

«Jungkook?» chiede Taehyung. «Stai bene? Che cos'è questo?»

La sua voce ha un suono metallico e distante, come se Jungkook la sentisse al telefono. Jungkook respira affannosamente dal naso. Il suo schermo si illumina di nuovo e sia i suoi occhi che quelli di Taehyung vengono immediatamente attratti da esso.

Troia sfasciafamiglie.

Taehyung inspira bruscamente e Jungkook chiude gli occhi. Avrebbe dovuto ricordarsi che ce n'è sempre un secondo dopo il primo.

«Ok, lo blocco», dice Taehyung.

Jungkook sente la rabbia nella voce di Taehyung e prega, ora più che mai, che non sia diretta verso di lui. Poi sente la mano di Taehyung sfiorare il polso della sua mano fasciata e apre gli occhi.

L'espressione di Taehyung non è arrabbiata o giudicante. È addolorata. Afferra il polso di Jungkook, con occhi scuri e imploranti.

«Jungkook», sussurra, «chi ti ha mandato questi messaggi?»

Jungkook si limita a guardarlo miseramente, scuotendo la testa. La presa di Taehyung sul suo polso si stringe e Jungkook si aggrappa a questa sensazione come a un'ancora. Fa un respiro profondo.

«Taehyung, devo dirti una cosa.»












notes

second chapter here we are! ora immagino che il passato di jungkook sia molto più chiaro... he's my beloved one in questa storia, lo amo moltissimo❤️‍🩹

please, non dimenticate di lasciare una stellina e un commento 🫶🏻

buon weekend e a sabato prossimo!

Manami

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