𝐓𝐢𝐥𝐥 𝐓𝐡𝐞 𝐄𝐧𝐝 𝐨𝐟 𝐓𝐢𝐦𝐞𝐬
𝐓𝐢𝐥𝐥 𝐓𝐡𝐞 𝐄𝐧𝐝 𝐨𝐟 𝐓𝐢𝐦𝐞𝐬
"Ti conosco da sempre. Siamo nati insieme.
Ci siamo tenuti per mano tutte le volte che il mondo finiva.
Ogni volta, uno pilastro dell'altra.
E ora voli alto, fuori dal nido che abbiamo tessuto l'uno per l'altra.
L'abbiamo intrecciato con l'incertezza dei giorni difficili.
Con la presenza forte come sangue.
Ora che voli alto sopra il nostro nido so che sei pronta a combattere la vita.
Lontana e sempre vicina, nel cuore."
Commosso, Nathan termina quasi a stento la dedica che legge a Joe, nel suo giorno più felice.
Tre testoline fanno capolino correndo incontro a capelli di fuoco, due di esse portano un caschettino biondo lucente e liscio, sono due maschietti. L'altra è un batuffolo di tulle sul quale ricade una nuvola di boccoli scuri. "Mamma, papà," prorompe porgendo a Joannie e all'uomo accanto a lei un cuscinetto di raso sul quale sono fermate, tramite nastrini bianchi, due fedi ebraiche a banda bicolore 14 carati. Il modello dell’anello rappresenta la speranza di un matrimonio che duri per sempre ed è simbolo di un’unione ininterrotta.
Il rito, pur rispettando in parte le tradizioni di entrambe le culture di provenienza degli sposi, per loro precisa scelta, è officiato da un rabbino riformato. Uno ortodosso non avrebbe accettato una cerimonia mista, in quanto la legge ebraica invalida i matrimoni tra ebrei e non ebrei. Pertanto il suo valore è civile e simbolico, tralasciando le rigide e arcaiche usanze religiose.
La kippah bianca, bordata di blu sul capo, Mikaél indossa il tallìt su un abito color cobalto di taglio classico che richiama le bande dello scialle.
Sopra di loro la huppah, un baldacchino composto da un telo di lino bianco issato su quattro pali di legno, adorno di rose bianche. Esso è simbolo della dimora dei due sposi. La location prescelta è il Fort Greene Park di Brooklyn, a New York, dove Joe e Mika sono tornati a vivere da cinque anni, subito dopo essersi rivisti in occasione della scomparsa di mamma Nicolle.
Da quella notte che hanno dormito insieme, abbracciati, e al mattino seguente si sono promessi con l'intenzione di non lasciarsi più.
Joannie, dal canto suo, è adorna di un abito in stile impero con una acconciatura raccolta nella quale sono inseriti piccoli fiori e nebbiolina bianca a formare una ghirlanda che le circonda tutto il capo. È entrata accompagnata da papà Moshe mentre lo sposo e Nathan attendevano all'altare.
Secondo il rituale delle candele ne ha portate due, una volta giunta al cospetto dello sposo, lei e Mikaél hanno unito i palmi della mano destra sui quali sono stati posti i due ceri a testimonianza dell'unione delle loro anime: uno dei molti momenti emozionanti dell'evento.
Dopo il rito officiato dal rabbino, le promesse altrettanto toccanti degli sposi e lo scambio delle fedi portate dai figli di Nathan e dalla bambina di Joe e Mika, ai festeggiati viene offerto il calice di vino dal quale bevono entrambi, prima del consueto bacio che sancirà l'inizio del loro cammino ufficiale, insieme.
Infine Mikaél, avvolto il calice in un panno, lo frantuma sotto la suola della scarpa. La rottura del bicchiere è una tradizione nuziale ebraica. Lo sposo rompe il bicchiere con il piede destro, e tutti gridano Mazel Tov, che significa: Congratulazioni e buona fortuna.
Il calice rotto rappresenta i frammenti della gloria passata e la distruzione dell’antico Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel primo secolo. La menzione a Sion ricorda che una grande gioia può essere cancellata, in qualsiasi momento, da un dolore improvviso. Il recipiente utilizzato per questa usanza è lo stesso che, durante la cerimonia nuziale, è stato riempito di vino e impiegato per la prima serie di benedizioni. Lo stesso da cui gli sposi hanno bevuto insieme. La fragilità del vetro rimanda alla delicatezza delle relazioni umane.
Gli anni sono passati, attraverso gioie e dolori. Nathan abbraccia calorosamente la sua migliore amica, mentre balla con lei, subito dopo suo fratello.
"Nat, le tue parole mi hanno emozionato come quelle di Mika. Siete dei poeti."
"Ti giuro che ce le ho pronte da un pezzo. Mi ero ripromesso che sarebbe stato il discorso ai festeggiamenti per il meritato Oscar che hai vinto."
"Che abbiamo vinto. Non avrei mai potuto recitare una parte tanto intima e dolorosa se non accanto a te che sei un fratello, sangue del mio sangue. Per cui è una vittoria anche tua, seppure la statuina sia andata a me, stavolta. Non sarei stata nel progetto, se non fosse stato per te."
"Abbiamo tirato fuori solo vent'anni di amicizia e li abbiamo offerti in pasto a tutti. Che vuoi che sia? Non fare la modesta, Joe, nessuno poteva interpretare quel ruolo se non tu."
Joe abbraccia forte il suo Nat e gli posa il capo su una spalla facendosi trasportare dalla musica. Non c'è mai stato bisogno di troppe parole tra loro.
"E comunque sono stati dei mascalzoni a non premiare anche te" aggiunge lei mentre seguita a lasciarsi condurre nelle danze da Nat. Alle sue ulteriori rimostranze seguono solo le carezze lievi che l'ormai affermato attore, vincitore di numerosissimi e prestigiosi premi del cinema indipendente, della critica e di un Golden Globe, rilascia sulla schiena della sua più cara amica.
Poco dopo, Shelley, la piccola Moshe nata attraverso gestazione surrogata, reclama un ballo con mamma e papà, il quale prontamente la solleva in braccio per stringere a sé le donne della sua vita.
Non è rimasto niente del giovane uomo perennemente insicuro a causa del proprio peso. L'amore va oltre la perfezione. L'amore è quello che resiste alle tempeste. L'amore vince sempre. Qualsiasi barriera, qualsiasi sciocco pregiudizio.
Mikaél Moshe, Joannie Mavridis e la loro bambina sono la vittoria vera, nella vita, quella che supera ogni malelingua e ogni successo lavorativo, seppure prestigioso.
Nathan ha sposato la sua El nel 2017 e ha una casa piena di giocattoli in legno e strumenti musicali, pure in miniatura: avvia i suoi cuccioli sulla buona strada precorsa dal dottor Moshe.
Il recente premio di cui Joannie è stata insignita, prima delle nozze programmate da oltre un anno, è il frutto di un progetto intimista ideato da Nathan e un famoso regista, documentarista di origine ebraica. Un vero successo che affronta il trauma del divorzio e le crisi coniugali, tema più attuale che mai e che proprio per questo ha riscosso grandi consensi di pubblico. Una pellicola che fotografa le problematiche con lente macroscopica e a tratti cruda, che ha messo in difficoltà Joannie, durante le riprese, varie volte.
È stato solo grazie all'aiuto del suo migliore amico se è riuscita a superare il disagio di certi dialoghi e alcune scene. Ne parlano, riuniti a tavola, qualche sera dopo proprio a casa di Mika e Joe.
"Sono stata sul punto di mollare tutto, più di una volta. Insomma, abbiamo già recitato insieme ma non mi era mai stato chiesto da un copione di vomitare tutto il mio odio addosso al mio amico del cuore, fino a doverlo picchiare addirittura. Ho interpretato una persona estremamente egoista e superficiale."
"Sei stata eccezionale, Joe, hai interpretato le emozioni di una persona vera, fatta di pregi e difetti, e sei risultata credibile, per questo ti hanno apprezzata. Si è visto tutto il tuo impegno. Tu che sei mite di indole, ti sei trasformata. Il pubblico ti ha riconosciuto un giusto tributo" commenta El.
"Sì? Tu trovi? Certe scene erano così imbarazzanti, quando ho pensato che voi, i nostri consorti, le avreste viste mi sono vergognata tantissimo."
"È per questo che Nathan ti faceva bere" ridacchia Mika.
"Altrimenti non la smetteva più di piangere. Che altro potevo fare?" calca la mano Nat.
"Sì, sì, ridete pure, intanto io ero disperata" puntualizza Joe.
"Beh, una disperazione trasformatasi nel premio più ambito. A Nathan e Joe" El propone un brindisi con fare esultante. "Quale che sia stato il sacrificio abbiamo solo di che essere felici" conclude la moglie di Nathan facendo tintinnare il suo flute pieno di moscato dalle mille bollicine con quelli dei presenti.
Se si guarda indietro ce n'è di strada percorsa, di lacrime versate non per i ruoli da interpretare ma per quelli che la vita ti sfida ad affrontare.
Mano nella mano, da quel venerdì 7 settembre del 2001, Nathan e Joannie hanno aggiunto molte gioie alla loro vita. Qualche dolore. In tanti sono passati nelle loro esistenze ma, stasera, attorno a un momento conviviale, ci sono le più importanti: la famiglia che si sono costruiti.
È bello ricordare che anche se tutto è transitorio, ciò che resta sono i legami che trascendono spazio e tempo. Seppure qualcuno ci precede, come mamma Nicolle, oltre quello che l'occhio vede c'è l'eterno ad attendere, dove ritroveremo chi ci è stato a fianco fino alla fine.
𝐅𝐢𝐧𝐞
Note Autrice:
Il rituale delle candele è usanza delle spose greche. Ricordo l'origine ellenica di Joannie Mavridis, israeliana dei Moshe. I nomi dei protagonisti sono stati studiati tenendo conto della loro etnia di provenienza.
Siamo infine giunti all'epilogo e mi scuso d'averci messo tanto per questa storia breve.
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