XV. Restare a galla.

Soundtrack – "Medieval Instrumental Music – Medieval Life", Fantasy & World Music by the Fiechters.

In quella fredda serata della Stagione della Luna, Victoria non toccò cibo.

Le dita lunghe e affusolate che premevano sulle forchette d'argento erano diventate lo specchio del suo stato d'animo. E lo sguardo perso nel vuoto altrettanto.

La principessa aveva sempre ricevuto elogi su quella parte del suo aspetto, dalla nobiltà e dalla servitù: gli occhi erano il sentiero più veloce per raggiungere la sua anima.

Non riusciva a mentire. Poteva mostrare sorrisi e risate a chiunque, ma se le tenebre delle sue iridi suggerivano tutt'altro, lei diventava una calamita per esseri sofferenti. Nella sua vita, Dorian Windothynn aveva sofferto le pene degli Inferi. E negli occhi della Legendragon, tutte le volte che la sfiorava, notava una tristezza raggelante e tutti gli spettri che avevano tormentato la sua mente nei secoli.

E con lo sguardo nella direzione di alcune fette di pollo immerse in una salsa di limone e spezie, poste in un vassoio dorato al centro del tavolo, la donna attirò le attenzioni di suo fratello.

Fra il chiasso generale dei presenti, i balli e le danze, Riccardo distolse l'attenzione dalle sue conversazioni e le risate gli si bloccarono in gola.

Victoria era seduta al tavolo della famiglia e dei consiglieri più fidati del re, in attesa che lui la raggiungesse. Ma mentre chiunque la circondasse aveva un interlocutore di riferimento, lei se ne stava in disparte. Anche privata di sua sorella Arya– che quella sera aveva preferito riposare nelle sue stanze private, data la stanchezza del viaggio, anche se la maggiore credeva fortemente che avesse compagnia.

Victoria aveva una mano sotto al mento, gli occhi immobili e l'unico movimento nervoso delle dita a non renderla una statua. Indossava un vestito di tulle verde che si adagiava bene al corsetto stretto, e piccoli smeraldi dello stesso colore decoravano le maniche a sbuffo e la corona di alloro. Tutte le volte che Riccardo osservava le serve nello stringere i lacci dietro la schiena della sorella, gli si mozzava il fiato a pensare a quanto respiro dovessero trattenere le nobili del Continente. Victoria rideva di gusto a sentire le battute sarcastiche del fratello, e a lui ritornava il buon umore. Quella sera, però, un alone cupo aveva iniziato a gravare sulle loro figure.

«Con permesso.» liquidò gli amici e, con falcate giganti, raggiunse il tavolo del banchetto.

Nell'avvicinarsi, il principe notò il pallore più accentuato sul viso della sorella. E né il trucco verde-dorato sulle palpebre né quello marroncino sulle labbra erano serviti a nasconderlo.

«Ehi» con una voce più dolce del solito e una confidenza spiazzante per i protocolli reali, Riccardo si abbassò, appoggiò una mano sullo schienale della sedia di lei e scoccò alla sorella un bacio su una guancia. Se ne fregò della cipria sulle labbra e delle persone che addocchiarono il gesto.

Victoria sobbalzò. Guardò il principe e sorrise. Riccardo deglutì. Quella sera, c'era malinconia anche nel suo sorriso. E succedeva di rado. Il principe si sedette alla sua destra, e iniziò ad accarezzarle il braccio sinistro.

«Ti hanno già rifilato il pollo esibizionista?»

«Il cosa?» ridacchiò lei.

«No, non mi riferisco agli idioti che ti fanno la corte in queste occasioni.» puntualizzò lui, e un peso si sollevò dal cuore nel ricevere una risata mielosa di risposta.

«Andrai mai d'accordo con qualcuno?»

«Oh, ma certo!» lui allungò una mano per afferrare il vassoio. «Non vedi quanti amici e amiche che ho? I miei rapporti sono numerosi. Sono i pavoni che ti girano intorno a cui vorrei spezzare le gambette.»

«Riferimenti casuali?»

«Riferimenti casuali.» le fece un occhiolino, e continuò a scegliere le fette di pollo da appoggiare nel piatto. Victoria annusò l'odore del limone per cui impazziva, e osservò ogni movimento del fratello.

«Mi hanno riferito che, come tuo solito, hai dato spettacolo.»

«Dove? Nella camera da letto della tua dama di compagnia? Non smentisco.» canzonò il principe.

Victoria rise di nuovo al tono gioioso di lui. «Al consiglio politico di nostro padre.»

Riccardo aveva già intuito la considerazione, ma stava facendo di tutto per strapparle più di un sorriso. Non era mai abbastanza ricordarle che lei valeva. Ai suoi occhi, valeva più di qualunque altra donna della sua vita.

«Suppongo di essermi fatto valere, ma per una volta mi hanno rubato la scena.»

«Allora le voci sulla teatralità del principe dei Wealthagon sono vere.»

Riccardo diede un'occhiata veloce alla donna che stava servendo all'ospite di fronte. «Confermo. Dal vivo lo prenderei a ceffoni più di quanto voglia fare udendo le sole dicerie sul suo conto. Ma tutto sommato, ci sono stati uomini più coraggiosi a farlo rigare dritto.»

«Non certo mio padre.» aggiunse lei.

«Dorian.»

Riccardo sputò veloce quel nome. E Victoria sentì un crampo allo stomaco. Restò impassibile.

«Il ragazzo ha fegato.» stemperò il maggiore. «E palle. Ci vogliono due palle grandi quanto un castello per sfidare la pazienza di nostro padre e il narcisismo e la supponenza di Dario Wealthagon.»

«Cos'è accaduto?» chiese Victoria, e il tono ansimante la tradì. Con una mano, si stava massaggiando il ventre.

«È accaduto che da oggi ha tutto il mio rispetto. Abbiamo visioni simili sul Wealthagon. È spregevole, Victoria. Qualche minuto fa ho parlato con il principe Elian di Wingdragon: per motivazioni dinastiche che non starò qui a raccontarti, la sua famiglia è stata esiliata dal reame di Wingdragon e sono costretti a vivere in un castello lontano da quello degli eredi, ed esattamente come Dorian conoscono ogni diceria e pettegolezzo del Continente. Lui è convinto che il principe Dario non abbia solo fini politici, e sia realmente interessato a conoscerti, ma per quanto veritiere siano queste voci... lui può essere tutto fuorché innamorato. Non ti conosce. Non ti ha mai vista. Con quale finto buonismo e coraggio si presenta a corte?»

«Chiedere la mia mano non è stata una mossa arguta, in effetti.» replicò lei. E masticando la crosta croccante di una fetta di pane, si bloccò nel notare la rigidità della mascella di Riccardo.

«Qualcosa non va?» sospirò lei.

Riccardo scrutò la visuale intorno a lui, ma neanche l'occhiata di una sua amante lo distrasse dalle riflessioni istantanee.

«Non ho mai accennato a un matrimonio.»

Victoria avvertì nelle viscere il gelo di mille Montagne Fatum. Il silenzio le procurò un imbarazzo senza precedenti.

Santi numi. Cosa aveva appena fatto?

«Quindi deduco tu sia stata informata. E nessuno della servitù ha preso parte al consiglio politico. Era privato.»

«È stato un consigliere.» biascicò lei.

«Impossibile.»

«Perché?»

«Perché li odiamo. Entrambi.»

«È stato il capo della guardia reale.»

«Che ha trascorso in mia compagnia tutte le ore precedenti al banchetto? Non credo proprio.» schernì Riccardo.

Zitta. Sarebbe dovuta stare zitta, continuò a ripetersi lei. Era in trappola. Così come il suo stomaco attorcigliato.

«Vic. Tra noi non ci sono segreti. Lo sai.»

Victoria si morse un labbro. Poi ricordò un dettaglio che aveva scoperto da pochi giorni. «E allora perché non so nulla della nobile che stai frequentando nelle tue stanze?»

«Chi te l'ha detto?» replicò lui, sulla difensiva.

«Come vedi, ho le mie spie.»

Riccardo fece un lungo sospiro e guardò il fondo della sala. Il frastuono generale era aumentato. «Te ne avrei parlato al momento opportuno. È più complicato di quel che credi.»

«Comprendo. Ma me l'hai comunque nascosto.»

«Ribadisco, è questione complicata. A suo tempo, capirai il perché.»

«So che ha una chioma rossa meravigliosa, però.» lo stuzzicò lei, sottovoce.

«Stai distogliendo l'attenzione dalla conversazione principale.» ricordò il principe.

E Victoria ritornò di nuovo al suo stato di silenzio. Avvertì delle spine sottopelle e non aggiunse più nulla.

«È stato lui, vero?»

Sapeva bene a chi si riferisse con quel lui. Ma se gliel'avesse confermato? Come avrebbe reagito?

«Lui chi?» finse.

«Tremi nella voce. Vic. Per favore.»

Non mentirmi, le stava parafrasando. Lei incrociò le dita e chiuse gli occhi.

«Non sono nostro padre.» ricordò lui.

Non reagirei come il sovrano, era inteso. Ma la principessa ebbe comunque il timore di esporsi.

«È partito per te, vero?»

«Cosa intendi?»

«Vorrebbe trovare una soluzione al matrimonio. Ora è più chiaro. Mio padre si è bevuto la storia del "ho bisogno di tornare a palazzo per commissioni politiche", ma io no. C'era dell'altro. E ora ho compreso.»

Nella mente, Victoria collegò tutti i pezzi mancanti. Ma non fiatò.

«Che rapporto avete?»

«Riccardo.»

«Che rapporto avete, Vic?» ribadì, con un tono più alto. Ma non severo.

«Che rapporto dovremmo avere? Lui ha un'alleanza con nostro padre. È lecito che io abbia delle buone conversazioni con lui.»

«Quindi avete conversato anche in quella catapecchia abbandonata?»

«Cosa?»

L'ansimare di Victoria stava aumentando. E l'ansia la stava divorando.

«So.»

So. Quanto? Pensò. Quanto sapeva di quella notte?

No. No, no, no.

Dorian non avrebbe mai potuto sbandierare quanto accaduto ai quattro venti.
Non poteva. Victoria se lo ripeté all'infinito.

«Nostro padre ha creduto all'alibi del ci siamo persi, ma io no. L'ho affrontato a parte e mi ha detto che avete dormito in una catapecchia. Ha giurato su quanto avesse di più caro al mondo di non averti toccata. I Fae non possono mentire, si narra. Ma sarà vero?»

Buon cielo. Sì che era vero, pensò lei. Dorian le aveva raccontato che la sincerità era alla base dei loro poteri. Se mentivano agli esseri umani, il loro corpo reagiva con bruciori interni. Era un patto sigillato con gli Dei millenni e millenni prima della creazione del Continente.

Aveva mentito.

Dorian aveva mentito per proteggerla.

Le venne da vomitare a realizzare cosa gli fosse accaduto il giorno dopo. Nelle sue stanze.

«Dunque, sono qui a chiederti: ci sono state altre occasioni?»

«Sai che non posso uscire dalle stanze di palazzo se non per le lezioni quotidiane di arco, tessitura, musica, arte e letteratura.»

«Non proprio. Ultimamente, sei spesso in sua compagnia. Su un drago o nei giardini reali.»

«Su permesso di mio padre. Ric. Non posso fare nulla che non sia approvato da lui. Se a lui sta bene che io frequenti l'uomo che sancirà la pace nel Continente, perché tu devi impuntarti e opporti?» c'era un velo di irritazione nel suo tono.

«Non sto dicendo questo.»

«E allora perché? Perché stai insinuando che lui abbia potuto...»

«Abbiamo perso il filo del discorso. La domanda iniziale era in che rapporti siete allo stato attuale.»

«Amici.»

«Quanto amici?»

«Abbastanza da riferirmi cosa bramavate tutti voi alle mie spalle. Per quanto mi riguarda, lui è stato l'unico sincero che si è preoccupato di avvisarmi. Per tua stessa ammissione, tu eri occupato con il capo della guardia reale. C'è qualcosa di errato nella volontà di scelta? Vuoi assumere lo stesso atteggiamento autoritario di mio padre?»

«Non ho mai negato che il principe Dorian sia una brava persona. Lo sai. È un po' scorbutico, certo. E parecchio silenzioso. Troppo silenzioso. Proprio per questo, nei consigli non ha mai perso le staffe. Mai. O non in quel modo. Non per argomenti che non lo riguardassero. Orbene, perché?»

Numi del fato. Dorian aveva lottato per lei? Per la sua libertà? E davanti a tutti? Dario e padre compreso? Le viscere non ebbero una tregua.

«Non sei d'accordo con lui che il principe Dario abbia esagerato nel chiedere di sposarmi?»

«Mi sembra di averlo ribadito poco fa. Abbiamo due visioni identiche. Sono intervenuto anch'io in quella conversazione, ma come dicevo... lo spettacolo l'ha fatto lui. Quando è uscito dalla stanza, furioso, schegge di ghiaccio hanno ricoperto il pavimento dove ha camminato.»

Dei.

«E, semplicemente, adesso ho collegato il tutto. La partenza, la tua titubanza nelle risposte, il fatto che già sapessi del matrimonio...»

«Mi vuole bene, Ric. Si è affezionato a me.»

Il principe si girò per guardarla. «Sei una persona meravigliosa, Vic. Chiunque impari a conoscere un briciolo di te sa di aver trovato un tesoro raro e prezioso. Ma ciò che mi tormenta è... quanto è disposto a conoscerti? Perché se c'è una cosa di cui posso vantarmi, cara sorellina, è che sono un grande osservatore. E il modo in cui lui ti osserva è... non lo so spiegare. Mi ha snervato dal primo istante che ti ha messo gli occhi addosso. Ma allo stesso tempo... mi gratifica. Mi gratifica perché penso che mai nessun altro uomo ti guarderebbe così.»

Victoria implorò agli Dei di non farle andare a fuoco le guance. Accadeva sia in presenza del Fae che nel nominarlo.

«E in quanto tuo amico, ancor prima che fratello, devo rendermi conto della piega che si sta creando. Quindi ti supplico di essere sincera nei miei riguardi. Provi qualcosa per lui?»

La principessa non si era mai sentita in difficoltà come quel giorno. Aveva sempre un pensiero o una risposta per tutto, ma... Riccardo la stava riempiendo di dubbi e considerazioni che lei evitava da settimane.

Una serva interruppe la loro conversazione. Si inserì nel mezzo e appoggiò un piatto colmo di cibo davanti a Victoria. Lei, però, lo spostò con le dita verso il tavolo e deglutì. Era già tanto che avesse sgranocchiato un pezzo di pane, e si stava già sentendo in colpa. Doveva rientrare nei vestiti che aveva conservato nel giorno della selezione. Se l'era promesso. A costo di vomitare ogni notte. Non era giusto. Lo sapeva. Era maledettamente dannoso, per il suo corpo e per la sua mente. Ma fin quando non l'avrebbe vista nessuno...

«Va bene, non importa.» mormorò il fratello, affranto. «Non sono neanche sicuro di voler sapere la risposta. Ma devi promettermi una cosa.»

Victoria ritornò con la testa nella realtà, seppur continuando a pensare a quanto fosse invitante il piatto che aveva davanti.

«Di aggiornarmi. Su qualunque cosa. Non ti giudicherò. Sono l'ultimo delle persone che potrebbe farlo, per quanto mi preoccupi il vederti nel letto di qualcun altro. E in tal caso, devo coprire i tuoi incontri segreti, e darti qualche consiglio sulle precauzioni da bere per te e da usare per lui. Sono abbastanza informato sui segreti delle mie amanti. Nostro padre è...» deglutì «... ho paura di come possa reagire a una scoperta del genere. Devi monitorare ogni tuo spostamento, Vic. Non dargli l'opportunità di usare Dorian a tuo svantaggio.»

Fare l'amore con Dorian. Un raggruppamento di farfalle le uccise lo stomaco. Buon cielo. La sola idea le faceva tremare le gambe. Non collegò più nulla. Non stava pensando a nient'altro che quello dopo le considerazioni del fratello.

E sussultò quando Riccardo le strinse una mano tra i suoi palmi. «Rendimi partecipe, sorellina. Non chiuderti in te stessa come a tuo solito. Voglio vederti felice. Null'altro. E se lui ti rende tale... pur preoccupato, devo trovare un modo per proteggerti.»

Eppure, nonostante quelle dolcezze, lei non se la sentì di rivelargli quanto era stata intima con il Fae. Il solo pensiero degli orgasmi che gli aveva donato il principe era abbastanza per sentirsi tremendamente in imbarazzo con l'uomo che aveva davanti. Un fratello che si avventurava in quel mondo sin dall'adolescenza, e non da poche settimane come lei.

«Rispetta il mio silenzio, Ric. È tutto ciò che ho da dirti in questo momento.» vociferò la principessa, con un peso eccessivo nel petto.

Lui cercò di evitare il suo, e si fece forza. «Ti stai nutrendo a dovere?»

Un'altra maledettissima domanda a cui lei non avrebbe voluto rispondere. Annuì.

«E allora perché stai respingendo ogni piatto che arriva?»

«Perché non ho fame. Mi si è chiuso lo stomaco.» sussurrò, pregando che il frastuono superasse il suo stomaco brontolante.

Riccardo sospirò. Guardò il suo piatto colmo di patate e carne, poi si avvicinò all'orecchio della sorella. «Vuoi che stanotte dorma con te?»

«No.»

«Perché?»

«Ho le mie dame.» mentì.

Lui ghignò. «Non è un problema.»

Lei lo guardò contrariata e divertita. «Non starò certo a guardare quante di loro cadranno ai tuoi piedi.»

«Un tempo non volevi imparare i trucchi del mestiere?» la stuzzicò, scherzoso.

«In modi meno espliciti, magari.» arrossì.

«Non c'è nulla di più esplicito del sesso, sorellina. L'unica cosa con cui io e il principe di Wealthagon concordiamo.»

Buon cielo. Le confessioni di Arya... «Quindi è vero?»

«Cosa?»

«Le voci sulle prestazioni del principe Dario... a letto.» balbettò.

Lui ridacchiò e le strinse una guancia. «Sei proprio una malandrina...»

Victoria sgranò gli occhi e si ritrasse. «Aspetta, non intendevo-»

«Un minuto di attenzione.» esclamò il capo della guardia reale, dopo cinque colpi di forchetta su un bicchiere. Fu udito da tutti. La musica cessò, e il chiacchiericcio a seguito.

«Sua Altezza Reale sta per fare un annuncio.»

Victoria non se ne preoccupò. Ma quando nel silenzio generale il re posò lo sguardo su di lei... la mano di Riccardo, stretta nella sua, la percepì tutta.

«Figlia mia.» esclamò il padre, sorridendole e con gli occhi lucidi.

Riccardo si trattenne dal roteare gli occhi. La crudeltà ben celata dell'uomo che li aveva cresciuti stava superando ogni limite.

«È giunta l'ora di adempiere al tuo destino. Ti ho cresciuta con dei valori, e farò in modo che tu possa rispettarli a dovere.»

Bastardo il doppio, pensò Riccardo. Ricordò cos'era successo ed era stato detto dopo l'uscita di Dorian dalla stanza reale.

«E adesso, mi rivolgo ai presenti. Vorrei ringraziare personalmente ognuno di voi per aver accettato l'invito a uno dei banchetti più importanti dell'anno. È con estremo piacere che gradirei annunciarvi una lieta notizia per cui il Continente tornerà ufficialmente in pace. È quello che volevamo tutti noi, e con fatica e determinazione siamo giunti a due accordi di notevole rilevanza. Il primo, è l'alleanza di pace instaurata con l'ultima dinastia dei Fae dell'Aria. A causa di alcune vicende politiche che lo riguardano, purtroppo il principe Dorian non può essere presente tra noi.»

Me, pensò Victoria. È per me che è partito. E non se lo sarebbe mai perdonato se Dorian si fosse trovato nei guai o in complotti più grandi di lui.

Conosceva le potenzialità del Wealthagon. Era impossibile intralciarlo. Persino lei, quelle poche volte che aveva presenziato ai consigli politici del padre, sapeva che immenso potere avesse il giovane e come i nobili del Continente si prostrassero ai suoi piedi. Il principe Dario aveva la metà degli anni dei re seduti sui troni dei reami, ma il triplo dell'astuzia e il quadruplo dell'intelligenza.

Lo ammirava. Lo ammirava da impazzire. Si era ritagliato un posto nel mondo marcio della nobiltà con un'ambizione da far rabbrividire. Eppure, allo stesso tempo lo temeva.

«Ma porge i suoi saluti a tutti voi, e benedice la riuscita di questo avvenimento.»

Bugiardo, pensò Riccardo. Se Dorian sapesse cosa stai facendo a tua figlia, ti taglierebbe le budella e le appenderebbe al soffitto.

«E a questa benedizione, si aggiunge una notizia ancor più lieta. Vieni, figlia mia.»

Re Xander raggiunse il centro della stanza. Il suo mantello di montone bianco e velluto cremisi strisciò sul pavimento di legno scuro. I gioielli sulla collana tintinnarono a ogni passo, e gli anelli scintillarono quando intrecciò le mani sul davanti, in attesa della figlia.

Victoria tentennò. Guardò il fratello per qualche istante, e lui le sussurrò vai con tutto il dolore del mondo nel tono di voce. La principessa si alzò e sistemò le pieghe dell'abito.

E Riccardo non poté non notare come gli occhi avidi dei presenti si posarono su di lei. La sorella era di una bellezza stravolgente. E capiva il Fae. Capiva perché l'amico di infanzia, con molta probabilità, aveva perso la testa per quegli occhi grandi, dolci e profondi, quel viso delicato, raffinato e ovale, quei capelli lunghi, lisci e corvino, quelle ciglia folte e quelle labbra perfette.

Riccardo non aveva mai osato guardare la sorella più del dovuto, ma l'unica volta che per un'incongruenza di tempistiche l'aveva beccata nelle stanze mentre si vestiva, dalla veste sottile e trasparente aveva appurato che il suo corpo avrebbe fatto inginocchiare chiunque. In quel caso, anche il principe dell'Aria. Da un anno, però, non le era più capitato di beccarla. E si augurava che l'evidente magrezza insana non le avesse intaccato le forme del seno e dei fianchi, perché sapeva quanto Victoria avrebbe potuto soffrirci. Curava e profumava il suo corpo sin da quando era una bambina.

Perso nelle sue riflessioni, il principe non si rese conto dell'arrivo a destinazione della sorella. Vide la mano esile di Victoria appoggiarsi sul palmo grande del padre.

Un trofeo.

Il re la stava trattando come un trofeo.

E il figlio pregò che, in qualunque posto si trovasse Dario Wealthagon in quel momento, potesse esserci una voragine pronta a inghiottirlo sottoterra.

«La principessa del popolo, oggi, sarà la protagonista assoluta di un evento memorabile, da tramandare ai posteri.»

A Victoria si rizzarono tutti i peli sulla schiena.

Ma quel silenzio successivo, colmo di attesa e trepidazione, non fece altro che peggiorare le sue ipotesi. E al sospiro del padre, tremò con le gambe.

«Il principe Dario, erede al trono del suo Regno, e la principessa Victoria, erede al trono del nostro, sono lieti di annunciarvi l'unione che avverrà nelle prossime settimane. Il Continente, dopo anni di conflitti e guerre, è giunto a una promessa: le diatribe fra i due reami più blasonati del secolo si concludono qui. Sarà mia premura informare il principe Dario dell'ufficializzazione del fidanzamento. Nel mentre, possiamo accogliere la nostra futura regina con un fragoroso applauso, farle le nostre più sentite congratulazioni e beneficiare di questo banchetto al massimo dell'entusiasmo. Che il futuro prospero di questo Regno possa garantirvi pace e tranquillità.»

Pace e tranquillità.
Le emozioni che abbandonarono il corpo di Victoria alla conclusione del discorso paterno.

La gola si era seccata. Il respiro si era mozzato in gola. Non udiva più nulla. Non vedeva più nulla. Non ricordò il momento esatto in cui aveva mollato, riluttante, la mano del padre ed era corsa verso... verso un punto non indentificato con esattezza.

La porta.

Stava cercando la porta d'uscita.

Ma le esultanze e le urla dei presenti erano riuscite a sopprimere le emozioni contrastanti del re. Era sconvolto dalla reazione della figlia. Non tanto per il gesto in sé – capiva perfettamente cosa pensasse di quella notizia improvvisa – quanto per l'avergli procurato disonore davanti a una folla che gridava il suo nome. Una folla che vedeva in quell'unione un "matrimonio da fiaba".

Nulla di più falso, pensò Riccardo, che scattò per raggiungere la sorella.

Non c'era nulla di fiabesco e sognante nell'unione tra Dario Wealthagon e Victoria Legendragon.

E il terrore che aveva visto sul volto della sorella lo avrebbe tormentato per notti intere. L'ultima volta che la principessa era stata così spaventata da un avvenimento... le sue ginocchia erano a terra, le mani tremanti e le guance pulsanti e rosse.

E da quel giorno, per entrambi, riprendersi era stato faticoso come scalare una vetta a mani nude.

Soundtrack – "Elastic Heart", Sia.

«Vic, ascolta-»

«Mi viene da vomitare.» tremò. Pianse.

«Vic-»

«Non sto scherzando.»

«È solo apparenza. Sarà un matrimonio solo su carta. Vivrete separati, resterai qui, e lui-»

«Ric.»

La rabbia, la frustrazione, la paura, l'angoscia. Le risposte boccheggianti e vibranti della principessa frantumarono il cuore di Riccardo in mille pezzi.

La schiena di lei era appoggiata sulla porta d'entrata delle sue stanze private. Le mani di lui erano strette sulle braccia della donna. La stava obbligando a guardarlo per recuperare fiato – data la corsa che aveva coinvolto i due – ma le lacrime di Victoria sgorgarono senza pietà. Tra un singhiozzo e l'altro, lui cercò di tranquillizzarla... ma invano.

Poi lei si girò brusca, aprì la porta e si fiondò verso il bagno.

Più veloce di un Eternom in volo. Il principe non aveva avuto il tempo di controbattere.
Nella stanza, notò la presenza delle dame. Erano sconvolte. Con premura, spiegò alle donne che la principessa aveva bisogno di restare sola. La più importante delle sei si assicurò che le altre la seguissero verso l'uscita, e Riccardo la ringraziò con un sorriso e uno sguardo che trasudava molto altro. Quando le passò davanti, le bisbigliò che il loro incontro notturno era posticipato al giorno dopo. La principessa aveva bisogno di lui, e la dama non fece altre domande.

La porta si chiuse alle loro spalle, e Riccardo andò anche a chiudere a chiave. Poi, appoggiò l'oggetto su un mobile di legno e sussultò a sentire i primi coniati di vomito della sorella.

Si lanciò nella direzione del bagno, spalancò la porta con un calcio e si gettò verso il corpo chino della sorella.

«Non mi toccare!» gridò la principessa.

Riccardo non aveva mai udito un tono così straziante. Neanche nel giorno in cui il padre aveva alzato le mani su di lei. Era stata solo una bambina. Ma tutto quel dolore, tutte quelle ingiustizie, tutte quelle ferite... ci era riuscita. Victoria era riuscita a metterci una pietra sopra, e a camminare a testa alta in quei corridoi di palazzo.

Era la sua donna. Il suo punto di riferimento quando agli amici rispondeva "mia sorella" alla domanda "per quale delle donzelle che conosci ti uccideresti?".

Lei non era come le altre. Non riscaldava il suo letto, bensì il suo cuore. Nutriva un profondo rispetto per chi gli donava attimi di piacere, ma nessun'altra avrebbe potuto sostituire l'amore che provava per la sorella. Un legame fraterno che gli riempiva le giornate di gratitudine tutte le volte che vedeva la donna ridere, scherzare e trascorrere del tempo con lui.

E il modo in cui tutti quegli ricordi sembrarono remoti e sfumati davanti al corpicino esile e sottile chino sul lavandino... fu peggio di una pugnalata al cuore.

«Scusami... scu-» un'altra vibrazione di voce prima di vomitare ancora.

«No. Tranquilla. Resterò.» mormorò Riccardo, con la schiena appoggiata alla porta.

Victoria avrebbe voluto urlargli che si era pentita di allontanarlo così bruscamente, ma si vergognava troppo del modo in cui si stava mostrando.

Vulnerabile. Debole. Affranta. Viziata. Ancor peggio, ingrata. Una delusione per tutti loro.

Qualunque donna sarebbe saltata di gioia all'idea di condividere una vita intera tra le braccia del principe più bello e galantuomo del Continente. Ma lei, invece, si sentiva ancor più ingabbiata del solito. Le sbarre di legno erano diventate di ferro. E tutta la libertà interiore acquisita negli anni si stava sbriciolando come granelli di sabbia.

Quei pensieri le affollarono la mente per tutta la durata dell'atto. Riccardo strinse gli occhi e pregò che il cuore non gli uscisse dal corpo per tutti i singhiozzi e i versi che udì. Strinse i pugni e fu sul punto di avvicinarsi e aiutarla una miriade di volte, ma sapeva che le avrebbe procurato soltanto disagio, e rispettava il suo desiderio di isolarsi.

Ma non riuscì a guardarla. Non per come era rannicchiata. In quelle condizioni, da sola contro il mondo, le sembrava ancora più piccola.

E quando la vide accasciarsi a terra, dopo un silenzio nella stanza rotto solo dal boccheggiare della sorella, si fiondò e ruppe la promessa.

Le stette accanto. Le appoggiò una mano sul petto, mentre la schiena di Victoria toccava la parete fredda. Lei era così svuotata, così priva di emozioni che non rabbrividì né sobbalzò a quel contatto contrastante con la pelle calda e arrossata.

Il principe appoggiò la fronte su quella di lei, chiuse gli occhi e capì di aver raggiunto il limite.

In vita sua, non aveva mai pianto. Ma quella sera, pregò di poter scacciare tutte le lacrime che gli stavano offuscando la vista. Era una debolezza che non poteva permettersi. Non voleva crollare. Perché se fosse crollato lui... cosa ne sarebbe stato di lei?

Doveva proteggerla. Doveva farle capire che lui c'era, e ci sarebbe sempre stato. Su quel pavimento. Nelle sue stanze. Nei giardini. A palazzo. In biblioteca. In qualunque momento la sorella ne avesse avuto bisogno.

Restarono così.

Fronte a fronte. Con le mani di lui sulle guance di lei. I respiri uniti e i silenzi condivisi. Per un'intera mezz'ora, entrambi non desiderarono altro posto al di fuori di quello.

«Non prendertela con lui.»

La principessa ruppe il silenzio con un filo di voce a malapena udibile. Riccardo alzò il viso di scatto e si ritrovò gli occhi colmi di lacrime e il viso arrossato della principessa. L'alito era il ricordo che non avrebbe mai più cancellato dalla sua mente, poiché simbolo di quanto era accaduto.

«Se ti riferisci a nostro padre, ho intenzione di spezzargli le ossa a una a una.»

Victoria tossì e tremò. «Ric-»

«E usarle come banchetto degli avvoltoi. O peggio ancora, come concime per il terreno dei-»

«Ric. No.» biascicò a fatica, catturando l'attenzione del fratello. «Dario.»

Riccardo restò senza parole. Ma optò per il silenzio.

«D-Dario...» ansimò. «N-non ha colpe...»

«Spero tu stia scherzando.» le rispose in un sussurro dolce. «Questo è accaduto per ciò che lui ha progettato alle tue spalle. Non ho intenzione di perdonarlo, Vic. Né ora, né mai. Resterà per sempre mio nemico, qualunque cosa accadrà nella vita. Non riuscirò mai a perdonargli questo affronto. Mai.»

E Victoria percepì il peso delle sue parole come un macigno al centro di una bilancia. Avrebbe dovuto optare per il silenzio. Il segreto che aveva custodito nel cuore fino a quel momento. Ma lì, accanto al fratello, era giunta alla conclusione che non sarebbe servito più a nulla pendere verso il piatto più leggero. Doveva osare, e cedere a quello pesante.

«Non è iniziato oggi.» sospirò la principessa, con una fatica immensa.

Riccardo percepì il gelo nel sangue. Ascoltò.

«Anni fa.» boccheggiò. «Ma...»

«Vado a prenderti dell'acqua.»

Riccardo non riuscì ad alzarsi. La stretta di lei sul braccio fu forte.

«Ma è peggiorato quest'anno.» concluse la donna. Un tono severo quanto debole.

«Buon cielo, Vic...»

Riccardo ritornò ad afferrargli il volto. E quando lei constatò sia la forza nella presa che il tremore nelle braccia... capì.

«Stai piangendo?»

Riccardo non rispose. Il tremore aumentò.

«Ric...» la principessa gli accarezzò le mani appoggiate sul suo viso. «Stai piangendo?»

E lui disintegrò la sua maschera di apparenze. Crollò nel collo della principessa, e lei lo abbracciò.

«È tutta colpa mia...» le mugugnò nel collo.

Sì. Stava piangendo.

«Ric...»

«Avrei dovuto evitarlo. Avrei dovuto-»

«Ric...»

«Ucciderlo. Avrei dovuto ucciderlo il giorno in cui ti ha messo le mani addosso, Victoria.»

«Ric, ascolta...»

«Avrei dovuto schiantarlo contro un muro nell'esatto momento in cui sono stato aggiornato di cosa ti avesse fatto. Ho sbagliato. Ho sbagliato e ora-»

«Va tutto bene.» lo strinse forte, e singhiozzò con lui. «Va tutto bene. Tranquillo. Calmati. Ci sono io.»

Victoria udì il suono della sua voce distrutta dal pianto. Per la prima volta in assoluto.

Non era abituata. Non aveva mai visto il fratello così debole, dilaniato, affranto. Privo di quella corazza di spontaneità, battutacce, sorrisi e carinerie di cui la ricopriva ogni giorno. Non c'era nulla del sole che le scaldava il cuore. I raggi del principe erano penetrati negli abissi della sua anima, in lotta con un'oscurità che non avrebbe mai voluto far risorgere.

E Victoria fece il possibile per fargli capire che non era colpa sua. Gli accarezzò la nuca con grazia, accolse tutte le sue lacrime sul vestito, e sorrise. Sorrise per ciò che aveva da dirgli.

«Ogni notte, una parte delle mie preghiere per gli Dei sono rivolte al mio fratellino. All'uomo che mi ha insegnato a non crollare e a sorridere nonostante le avversità della vita. A volte sembra che a legarci sia solo un affetto reciproco, perché siamo così diversi nei modi e nell'aspetto da risultare estranei. Ma io so che sei mio fratello. Lo sei e basta. La famiglia è ovunque tu senta il profumo di casa, Riccardo. Prescinde da ogni legame di sangue. Sei mio fratello in quanto essere umano, ancor prima che per legge universale. E se non fosse stato per te, quel giorno che ricordiamo entrambi, non sarei riuscita a raccontarlo qui. Adesso. Quindi promettimi di non sottovalutarti mai. Promettimi di pensare a quante volte non mi hai fatta annegare. E a quante volte mi hai teso una mano affinché io non perdessi l'equilibrio che mi sono costruita con tanta fatica. Oggi eri qui. Con me. Tu. Tu e nessun altro. Come tutto è iniziato. E per me vale più di ogni altra parola.»

E quel come tutto è iniziato si prolungò nella notte.

Riccardo mantenne la promessa fatta a sé stesso.

Restò lì. Sul letto. Con i capelli corvino di lei fra le dita, il respiro sul braccio intorno al suo busto esile e la schiena premuta contro il suo petto. Le coperte intorno ai loro corpi e la luna a illuminare la stanza lo portarono indietro nel tempo.

A quando quelle carezze erano una consuetudine.

A quando quella tristezza era abitudinaria e distruttiva.

E Riccardo se lo giurò.

Ancora e ancora.

Mai e poi mai avrebbe ritratto quella mano che aveva aiutato la sorella a restare a galla.

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