IV. Testa o cuore.

Soundtrack – "Northwind", Brunuhville.

Due giorni dopo.

L'allenamento mattutino di Victoria e Riccardo era una tradizione portata avanti da anni di protocolli reali. Sin dai tempi di Re Glorium Legendragon, Xander aveva fatto progettare per la sua prole – su approvazione del re – una zona dei giardini reali di palazzo dedita ai duelli. E a sei anni, la Legendragon era una delle migliori spadaccine del Continente, mentre suo fratello bramava l'entrata nell'Esercito Supremo del Comandante Karidian Wingdragon.

Victoria Legendragon era cresciuta a suon di lame, argento e metallo. Solcava i campi di guerra, brandiva armi millenarie e rendeva fiero un Regno risoluto e pretenzioso come Legendragon, che si era visto passare davanti i migliori Re dei Re della storia. Il Regno del Fuoco non si sbalordiva più per alcun traguardo, ma la futura erede sembrava essere la chiave della speranza. Speranza di un popolo che con Xander Legendragon sul trono del Regno era tornato a respirare.

E con l'arrivo della Battaglia delle Serpi Oscure, re Xander avrebbe dovuto scegliere tra i due figli per affrontare la sfida delle sfide, colei che le avrebbe aperto le porte per i Giochi del Regno e l'ascesa al Trono dei Troni.

Ci speravano tutti. Xander come Re dei Re. E sia Victoria che Riccardo sentivano una forte responsabilità sulle spalle. Essere all'altezza delle aspettative del Continente li inorgogliva e spaventava al tempo stesso.

«Alza bene il gomito.» le suggerì il fratello, mentre le mostrava la posizione da avere durante un attacco.

«So ancora come si fa un affondo...» boccheggiò lei, scherzosa e con il fiatone.

A lui venne da ridere, e Victoria chiese il motivo. Riccardo rispose di avere un'allusione poco consona a una gentildonna come lei, e lo scambio di battute cessò lì.

Il principe si allontanò dalla schiena della principessa per afferrare un pezzo di stoffa sul tavolo delle riserve reali. Lucidò la punta della lama, e osservò la sorella mentre era impegnata a fare lo stesso.

Restò in silenzio per qualche frazione di secondo, poi chiese: «Com'è andata con l'uomo delle nevi?»

«Il principe Dorian?» si accertò lei, e Riccardo annuì.

«Conosce parecchi trucchi che mi hanno dato filo da torcere durante il volo. Ha talento. E ha un'empatia con quelle creature che... io non ho mai avuto.»

Ma durante quella risposta, Victoria aveva sentito una fitta allo stomaco. La sua mente aveva vagato nei meandri dei suoi ricordi per rimembrare cos'era successo in quella foresta.

«Posso chiederti una curiosità?» domandò lei.

Il nobile la esaminò di traverso, ma la sua occhiata fu una conferma.

Victoria si torturò le dita delle mani con uno sguardo basso, e proferì: «Cosa accade se un Fae dell'Aria cede il suo potere a un'umana?»

Riccardo non comprese e la sua espressione fu un misto di confusione e perplessità.

«Mi spiego meglio. Ho letto su alcuni manuali della biblioteca reale che se un essere magico cede la sua fiamma a un umano si instaura un rapporto di... fiducia. Se succede tra loro Fae è un sigillo tra compagni. Il maschio Fae sceglie la sua compagna a vita grazie a questa dimostrazione d'affetto. La compagna è libera di rifiutare, e a sua volta può donare la sua fiamma a qualcun altro.»

«Vuoi procreare, sorellina?»

Lei alzò di scatto il capo e fulminò il fratello con un'occhiataccia quando lo vide ridere sornione.

«Ne so meno di te.» rispose il principe. «So che hanno dei modi particolari per relazionarsi con noi umani. Purtroppo, con i tempi che corrono, non scorre buon sangue tra i reali del Continente e gli ultimi superstiti dei clan magici. E diciamocelo, Dorian Windothynn è tutto fuorché un batuffolo di cotone. È scontroso, schivo e inflessibile. Eppure, piace alle fanciulle, regine e popolane di tutto il Continente. Questo per me resterà sempre un mistero.»

Victoria fece una smorfia. «Non devono essere tutti altezzosi come te per entrare nei cuori delle persone, lo sai?»

«Oh, ma io non punto ai cuori, mia adorata sangue del mio sangue...» si avvicinò alle sue spalle e le mormorò a un orecchio «io punto alle camere da letto.»

Victoria, appoggiata a un tavolo, si girò a velocità della luce, e roteando tra le braccia del fratello gli puntò un pugnale alla gola. Lui ridacchiò di gusto e alzò il mento. «Ottimi riflessi.»

«Sai cosa succede in momenti come questi? Quando il nemico ha la meglio?»

«Mi riduce a brandelli?»

«Peggio» replicò lei, cacciando un coltello dalla cintura e puntandolo sull'inguine del fratello «salta questo

E lui rise ancora, ma le sussurrò a un respiro di labbra: «E cosa succede se invece... accade questo

Victoria sembrò avere le convulsioni quando il principe iniziò a farle il solletico senza un freno. La principessa si piegò in due, e le sue risate echeggiarono in ogni angolo dei giardini reali. Pregò al maggiore di smetterla, ma lui rise al ridere di lei. E il loro divertimento finì solo allo schiarirsi di una voce.

Giacca di pelle nera con interni di lana, pantaloni lucidi della stessa tonalità delle tenebre, mantello del colore dei fondali marini e stivali di camoscio bruno. Portava dei guanti dello stesso tessuto della giacca, e se li sistemò mentre Victoria osservava il chiarore della cintura argento che risaltava ancor di più le iridi cristalline. La chioma bianca era arruffata, e il suo sguardo celava un velo di malinconia e mistero. Sembrava di buon umore, ma la costante imperturbabilità del suo volto rendeva la sua aura ancora più enigmatica, quasi occulta.

Victoria non blaterò nient'altro. Si staccò dal fratello, simulò un inchino e un cenno del capo. Nessun lembo della gonna da mantenere con le mani, poiché in allenamento la Legendragon indossava pantaloni di pelle e armature luccicanti. E lui non si perse un solo centimetro di quella visione. La studiò dalla testa ai piedi, in un modo innocuo, e la direzione del suo sguardo cambiò quando lei ritornò in posizione eretta.

«Perdonate l'intromissione. Vostro padre-»

«Sono stato io.» replicò Riccardo, freddo. «Vi ho voluto qui, oggi, per addestrarci su delle tecniche di combattimento particolari. So che il re vi ha ordinato di restare da noi per altri giorni, in quanto le missive tra la vostra corte e la nostra sono ancora in fase di stesura. L'accordo è alle porte, ma nostro padre gradisce sempre avere tutto sotto controllo; quindi, non mi meraviglia che vi abbia chiesto di dimostrare che ci teniate davvero all'alleanza.»

Dorian diede un'altra occhiata veloce al viso della principessa, e l'attenzione indagatoria di Riccardo aumentò. Il modo in cui il Fae aveva guardato lei, sebbene avesse tentato in ogni modo di sembrare solo cortese e gentile... il Legendragon non l'avrebbe dimenticato facilmente. Non se la sorella era così ingenua da non rendersene conto.

«Vi va un duello all'ultimo sangue, principino?»

E Dorian capì che in quel tono non c'era stato nulla di cortese. Una sfida. Ad armi pari. Un Fae centenario contro uno dei migliori guerrieri del Continente.

Victoria constatò la sfacciataggine con cui il fratello si era posto al Windothynn, e sgranò gli occhi. Si accovacciò accanto al tavolo, posò le armi e, a braccia conserte, osservò intimidita la scena. Riccardo si piegò e assunse una posizione di contrattacco. Dorian non sorrise quando fece roteare la lama della spada tra le dita, e il Legendragon non poté non considerare la velocità fulminea del gesto. Un secolo di addestramento, probabilmente. E nella calma e compostezza della sua figura alta... si notava tutto.

Ma il cuor di leone di Riccardo non temé il preludio dell'affronto. Lui attese il rivale con la massima attenzione, pur non riuscendo a prevedere il primo attacco. Il Fae graffiò un pezzo dell'armatura lucida, e l'altro fece una smorfia divertita per poi sgranchirsi le spalle.

Dorian ritrasse la spada, indietreggiò e attese la risposta di Riccardo con una quiete sul volto che irritò l'amico. La replica non tardò ad arrivare. Il nobile provò un affondo sul fianco destro del Fae, ma Dorian fu lesto e lo schivò con una velocità così impressionante che Riccardo cadde con le ginocchia a terra. Ma il Legendragon era pur sempre un guerriero dall'esperienza di un capo branco, e bloccò la spada del rivale incrociando la sua anche con una sola mano a reggerlo sul terreno.

Dorian sorrise, dalla prima volta che era giunto lì, e mormorò: «Non male.»

«Ho la fiducia e il rispetto del Comandante dell'Esercito Supremo, caro Dorian Windothynn.» ringhiò piano Riccardo, alzandosi da terra e premendo la spada su quella dell'uomo. «Voi?»

E Riccardo non seppe né come né quando. Dorian riuscì ad attorcigliargli il braccio e a posizionargli la lama della spada sotto al mento. Fece azzerare il suo busto con la schiena del Legendragon, e gli bisbigliò a un orecchio: «Dite al vostro Comandante che potrei piegare la sua spada di ferro con la sola forza del pensiero.»

L'orgoglio di Riccardo ebbe la meglio, perché riuscì a sfilarsi dalla presa del rivale. Roteò ringhiando, Dorian indietreggiò e si preparò a tutti gli attacchi che avrebbe dovuto bloccare e sferrare. Il guscio delle armi sbrilluccicò a contatto con la neve, e Victoria si sentì di troppo a constatare che i due stavano facendo sul serio. Lottavano come due leoni in preda alle emozioni, e lei... sembrava la preda.

Lo capì. Lo capì da un'occhiata intensa di Dorian mentre prendeva fiato. Si sentì divorare fin dentro le ossa quando le iridi ghiaccio dell'uomo si incastrarono nelle sue per qualche secondo. Tenebre e luce. Un quadro che la tormentava da quando l'aveva incontrato.

E la distrazione di Dorian permise a Riccardo di osare. Provò a colpire la coscia del nemico, ma Dorian si abbassò abbastanza da fare uno sgambetto al principe, farlo crollare a terra, inchiodarlo con i piedi e... disarmarlo.

Veloce. Letale. Un fulmine a squarciare il cielo. Ricordò quello. E i due nobili non poterono credere ai loro occhi.

Il Fae era troppo per chiunque. Un guerriero plasmato dalle viscere incandescenti della Terra e dalla distruzione glaciale di una bufera di neve. A Victoria sembrò un Dio inarrivabile. E Riccardo non fu lontano dallo stesso pensiero.

«Insegnatemi.»

La proposta dolce, insicura ma determinata di Victoria riempì il silenzio. Riccardo alzò il capo da terra e la guardò stranito, mentre Dorian irrigidiva la mascella ed evitava con tutte le sue forze il suo sguardo.

«Ve ne prego.» aggiunse, con una tenerezza da sciogliere anche il più inflessibile degli uomini.

Dorian non si scompose, ma tradì sé stesso e i suoi principi girandosi verso di lei e bramando il suo rispetto con i suoi occhi di diamanti. Victoria abbassò lo sguardo. Non riuscì a reggere le sue attenzioni. E il cuore fece un balzo quando udì dei passi soffici nella neve... avvicinarsi a lei. Sempre di più.

Il principe afferrò, con una presa delicata, la spada che lei aveva appoggiato sul tavolo qualche istante prima. La appoggiò nei suoi grossi palmi e la mostrò alla donna. Lei sollevò il mento, deglutì e si ritrovò gli occhi vitrei dell'uomo a pochi centimetri dal suo volto.

«Seguitemi.»

Fu più flebile di un sospiro di vento, ma Victoria lo sentì scorrere nelle vene come una tempesta. Dorian raggiunse il centro del giardino, e lei fece un sospiro profondo prima di avvicinarsi. Il Fae le indicò, con pacatezza, di posizionarsi davanti a lui. E quando lei lo fece, lui appoggiò una mano su quella della principessa... e non credette alle sue orecchie quando chiese il permesso per toccarla.

Lei annuì e l'uomo, con una grazia indescrivibile, appoggiò il palmo di una mano sul ventre di Victoria. Tutti i vulcani della Terra si concentrarono nello stomaco della nobile per farle provare un'eruzione di emozioni che non aveva mai avuto in tutta la sua misera esistenza. E anche le gabbie in cui l'aveva rinchiusa il padre per anni sembrarono incenerirsi come lapilli.

«Perdonatemi.» sospirò lui, a fatica, ma fu lei quella più in difficoltà. Non ebbe neanche la forza di replicare che no, sarebbe potuto restare lì per minuti e oltre. Perché quelle mani, quel tocco più soffice della seta, quel fiato sul collo nudo...

«Credo fermamente che debba duellare con me per testare i vostri insegnamenti, altezza.» ad alta voce, Riccardo interruppe di proposito la situazione tra i due.

Il Fae, per i suoi gusti, era troppo vicino alla sorella. E non gli importava né dei modi rispettosi con cui l'aveva toccata né della gentilezza di chiederle perdono. L'espressione della sorella era stato il vero campanellino d'allarme.

«Sono a vostra disposizione.» sospirò Victoria, guardandolo leggermente di traverso, e il suo viso avvampò alla stessa velocità con cui il fiato di Dorian si spezzò in gola.

La donna non seppe con quale coraggio l'aveva esternato. Era stato più un pensiero che una richiesta. Eppure, si ritrovò a pregare di non sembrare fiamme di drago.

Il Fae provò a non deconcentrarsi e avvolse le dita intorno al polso destro di lei. «State molto attenta al polso quando maneggiate un'arma. Può essere un vostro alleato se sapete sfruttarlo con tutti i vantaggi annessi. Se lo fate roteare troppo, il muscolo del braccio non può garantirvi la forza necessaria per un affondo. Se invece dosate la rigidità, i nervi si concentreranno su dei fasci precisi e potrete colpire con un'intensità maggiore.»

«Quindi è per gli affondi?»

«Esatto.» sussurrò, la voce roca e quiete. «E mentre fate questo, dovrete prestare attenzione ai vostri fianchi. L'armatura vi copre, certo. Ma qui...»

E Victoria sentì di nuovo quella lava profonda e incandescente dentro di lei quando il principe indicò il ventre con un polpastrello. Delicato, più leggero di una piuma. Ma lei lo percepì come un macigno di emozioni contrastanti.

«È il posto a cui punteranno i tre quarti dei vostri rivali, altezza.»

«Per quale motivo?»

«La vulnerabilità. Nella vita, così come in battaglia, nessuno presta attenzione all'importanza di uno stomaco di ferro. Ci si concentra sulla fragilità del cuore, sulla forza d'animo e sulla resistenza della mente. Mai nessuno che si chieda da dove parta tutto questo. Ciò che accade dentro di noi si genera dal ventre. Emozioni come felicità, tristezza, imbarazzo, angoscia... è tutto lì. In battaglia ci sono due teste, altezza. Quella che conosciamo tutti... e quella che dirige dall'interno. Più oscura, invisibile all'occhio umano... ma ha la stessa incisività dei pensieri che fate quando lacerate il grembo di un nemico.»

Victoria restò incantata. Incantata dalla saggezza dell'uomo che, con un'eleganza composta, le stava sfiorando le fibre del suo cuore di fuoco. E a quella vicinanza, per un attimo pensò di...

«E sulla velocità? Come posso anticipare un rivale ancor prima di duellare?»

Dorian rifletté su come formulare la risposta a quella curiosità. «C'è più di un modo, altezza, ma mi serviranno più giorni per impartirveli.»

«Almeno uno. Uno che possa togliere il sorriso dal viso di mio fratello.» sussurrò.

«Guarda che ti sento.» cantilenò Riccardo, mentre si alzava da terra e faceva ridacchiare gli avversari.

Dorian chiese al principe di indietreggiare, perché i trucchi che avrebbe insegnato a Victoria sarebbero dovuti rimanere una confidenza tra lei e lui. Riccardo accettò riluttante, e Dorian non perse altro tempo.

«Vostro fratello è mancino. La parte del corpo con più forza nei muscoli è la sinistra. Quando duella, parte sempre con la punta del piede sinistro davanti e il gomito del braccio destro piegato più dell'altro. A volte alterna, ma è raro. Voi umani non date peso a queste cose, mentre noi Fae carpiamo anche la più piccola informazione che possa avvantaggiarci.»

«Quindi dovrei puntare a colpire la parte sinistra del suo corpo?»

«Al contrario.» la corresse. «La destra è più vulnerabile. Devo ammettere che vostro fratello è comunque un osso duro, perché il suo essere mancino non crea troppe differenze. Duella bene con entrambe le mani e i piedi si muovono con la stessa velocità. Ma ha sempre il fianco destro scoperto... e correggetemi se sbaglio, ma credo che spesso si sia procurato ferite in quella zona del corpo, giusto?»

Victoria annuì. Stupefatta. Incredula. Non riuscì a trovare altre parole adatte per racchiudere l'esperienza e l'intelligenza di quella creatura inumana.

«Come avete imparato tutto questo, milord?»

A quel milord sospirato, Dorian sorrise. Osservò le labbra della donna da dietro prima di dirle: «Sui campi. Corpo a corpo. Sangue contro sangue. Mentre studiavo, scrutavo e svisceravo un numero indefinibile di guerrieri. E credetemi... non c'è una sola volta che non mi penta delle mie azioni. Necessarie. Alla sopravvivenza e alla protezione della mia famiglia. Ma sono peccati che, una volta che si insidieranno dentro di voi, non vi daranno tregua. Il giorno in cui sarete colpevole di una morte in una guerra che non derivi da una vostra richiesta personale, credetemi... vi accascerete a terra, vomiterete anche l'anima e vi peserà sulla coscienza in eterno.»

Victoria assimilò quegli insegnamenti come pillole di sapienza. Provò a memorizzare ogni suono alterato della voce del Fae, e quando lui le chiese di procedere perché Riccardo si era avvicinato a loro... lei udì giusto in tempo.

Si schiarì la voce, prese posizione... e iniziò a duellare.

L'addestramento andò avanti per minuti. Nessuno dei due la diede vinta all'avversario, e Victoria si destreggiò nelle sue prodezze. Era sempre stata una guerriera molto agile, e il suo fisico slanciato dava una mano ai suoi movimenti. Dorian si appoggiò con il fondoschiena a un tavolo del giardino, incrociò le braccia sotto al petto e osservò il duello. Studiò ogni mossa e fiutò ogni odore. Nelle sue narici si alternò la freschezza della neve e il sudore dei due umani. E quando l'odore di Victoria, che ricordava una miscela di menta e miele, gli inondò i sensi... no, non seppe neanche lui come descriverlo.

Tentò di scacciare quei pensieri dalla mente e tornò a concentrarsi sul duello. E quando vide la principessa abbassare le ginocchia, guardare il fianco destro di Riccardo e puntare la lama proprio lì... comprese che quella mattinata era stata produttiva.

Victoria Legendragon, con la sua spada luccicante, era in piedi. E sovrastava Riccardo Legendragon.

«Può bastare! Finiamola qui!»

Riccardo urlò quelle parole con un velo di divertimento e frustrazione. Victoria aveva le gambe divaricate per immobilizzare le cosce di lui, e la punta della spada puntava all'ugola dell'uomo. Rise. Rise soddisfatta. I capelli erano scompigliati e le finivano in bocca e sulla fronte imperlata di sudore. E Dorian notò anche quello.

La principessa si girò per cercare il suo sguardo di approvazione. Lui chiuse gli occhi, annuì e li riaprì. E Victoria decise di sollevarsi per aiutare il fratello a fare lo stesso.

Riccardo scosse la testa e blaterò frasi sconnesse e impastate su alcune ingiustizie del duello mentre cercava di scrollarsi la neve dai pantaloni, e Victoria posizionò la spada nel fodero con una velocità incredibile.

Lo notò anche Dorian. Gli parve strano. E il suo sesto senso gli suggerì di lasciare i due fratelli lì. Al loro duello. Ai loro scontri. Perché se Victoria avesse osato davvero...

Non fece in tempo. La donna si era avviata verso di lui per abbracciarlo e ringraziarlo dell'addestramento. Ma a un soffio di respiro... Dorian indietreggiò. Indietreggiò più lesto di un ghepardo, e sgranò gli occhi mettendo leggermente le mani avanti.

Il sorriso smagliante, dolce e grato scomparve dalle labbra di Victoria per lasciare il posto a una rigidità senza precedenti. Anche la principessa sgranò gli occhi... e restò pietrificata.

Non seppe cosa dire. Non riconosceva più quelle iridi vitree che tanto l'avevano incuriosita nei giorni precedenti. Si sentì una lastra di ghiaccio. E il vulcano che aveva eruttato dentro di lei nei minuti precedenti al duello... spento. Dormiente.

Lui sembrò scusarsi. La guardò con una malinconia e una tristezza da destabilizzarla ancora di più, e il silenzio che ci fu tra loro peggiorò le cose. I due gareggiarono con gli occhi. La lucidità coprì le sclere di entrambi, e Dorian non disse più una parola.

Le voltò le spalle alla velocità della luce. Se ne andò. Come un codardo, rifletté Riccardo. Ma Victoria non riuscì a darsi alcuna spiegazione di senso compiuto. Non una.

Le era crollato il mondo addosso. Aveva visto in quell'oceano chiaro dei suoi occhi una luce diversa. Spaventata. Le venne da piangere. Da urlare. Da singhiozzare. Ma non lo fece. Lo stomaco le si chiuse, ma restò forte.

Non voleva crederci. Non capiva il motivo di un tale abbandono, di una tale freddezza, di una tale... paura. Dorian aveva avuto paura di una sciocca ragazzina piena di insicurezze, pensò. Paura di un contatto. E le sembrò ancora più surreale data la vicinanza che avevano avuto durante gli insegnamenti.

«Vic, se vuoi posso...»

«No.»

Victoria anticipò la dolcezza nel tono di Riccardo. Se vuoi posso parlargli, le avrebbe detto con sicurezza. Ma lei non volle sentirselo dire. Perché qualsiasi cosa che riguardasse l'uomo l'avrebbe annientata.

«Ho... ho bisogno di riposare.» mormorò, con la bocca tremante. «Ci vediamo più tardi.»

E quel più tardi fu appena udibile. Ci fu una sofferenza così smisurata da lacerare anche gli organi di Riccardo. E quando la sorella abbandonò quei giardini innevati con il capo chino, una mano a pulirsi gli occhi e un'andatura debole e pesante, lui concentrò tutta la sua attenzione sul bianco del nevischio.

Simile al cuore gelato che, ancora una volta, aveva mostrato il Principe Ghiaccio.

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