I. Fantasia e realtà.
Soundtrack – "Wings", Thomas Bergersen.
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I colli di Legendragon biancheggiavano d'argento. Le punte delle montagne dipingevano un quadro con pennellate tenebrose unite alle costellazioni del cielo.
Il raduno dei sogni magici. Un titolo che avrebbe dato giustizia a un'opera d'arte, e che la principessa del reame aveva ipotizzato molte volte nella sua mente tutte le volte che dipingeva.
Era quasi l'alba, e quello spettacolo di luccichii e oscurità padroneggiava in uno dei cieli più misteriosi dell'intero Continente. Il nevischio donava al paesaggio a tratti spettrale e a tratti fiabesco un'immagine diversa, un soffice velluto sulla natura verdeggiante delle numerose foreste.
Legendragon si differenziava dagli altri reami per le costanti temperature rigide. Anche quando si era nel pieno della Stagione del Sole, la nebbia avvolgeva le catene montuose e il freddo entrava anche nelle ossa. Ma all'alba di Xander Legendragon sul trono del Regno era la Stagione della Luna a delineare le sorti della dinastia più memorabile di tutti i tempi, e il loro castello sembrava chiuso in una bolla di fiocchi di neve e spruzzi magici.
Con le dita esili appoggiate sul cornicione dorato di una delle stanze principali di palazzo c'era Victoria Adelaide Legendragon. La figlia del re del popolo sospirò piano quando il nevischio accarezzò le sue lunghe ciglia nere e inumidì la chioma corvino, e il suo sguardo malinconico ricordò la profondità di un lago e il magnetismo di un incantesimo di magia nera.
Magia. Una parola che, nelle ultime settimane, la nobile si era sentita ripetere con insistenza. La serva Rose e le damigelle non facevano altro che ribadirle di non ritardare i preparativi per l'arrivo della casata Windothynn a corte. L'alleanza tra gli ultimi superstiti dei Regni del Nord e il reame più importante del Continente era un evento di vitale importanza, che avrebbe incrementato la popolarità di Xander come nuovo sovrano. Inoltre, la voce si sarebbe diffusa in tutto il Continente, e anche la smania di potere dei Wealthagon – che da tempo puntavano allo stesso traguardo per avere il controllo del Continente Ovest – si sarebbe affievolita.
Un vantaggio, dunque, non da poco per una supremazia generale, ancor prima che su carta. Una casata nobile ci avrebbe pensato più di una volta a muovere guerra contro i Figli del Drago se ciò avesse comportato mettersi contro i Figli dell'Aria. Nelle loro vene era insita una magia incontrollabile, potente, e a tratti oscura nei clan più rilevanti. E soprattutto a Dorian Windothynn, discendente di sangue dell'ultima Signora dell'Aria al comando di Faedragon, apparteneva questo lato tenebroso e indecifrabile.
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Victoria si distolse dalle sue riflessioni, poiché la voce di Rose Firengon echeggiò nella stanza e superò l'arco di bucanevi e avorio che divideva l'interno dal balcone. I bucanevi erano tra i suoi fiori preferiti in assoluto, e suo padre aveva commissionato interi bauli di brydian, una polvere magica creata dai Windothynn, che li trasformava in piante rampicanti. In quel modo, l'intera arcata e i contorni del bancone erano stati riempiti di petali bianchi sommersi da brina e magia a ogni ora della giornata. E quando Victoria superò l'arcata con le sue scarpe dorate, la pelliccia sulle spalle e il lungo mantello blu che copriva il vestito bianco, sembrò una Ilydia, che nel gergo del Continente Nord significava "Regina delle Nevi".
L'intera stanza era stata addobbata con tende di velluto dorato e altre di raso e seta per abbinarle ai vasi di ceramica bianca che contenevano i fiori da donare alla casata Windothynn per l'arrivo a corte. Anche la pelle dei divanetti era stata sostituta con colori più chiari, e il fuoco scoppiettante nel camino aiutava a far splendere la grandiosità dei preparativi. Un forte odore di cannella, noce moscata e zucchero a velo proveniva dalle cucine reali al piano terra. Così intenso da attraversare i muri, perché per un evento simile c'era bisogno di altrettanta accoglienza e cordialità. Ma quegli odori tipicamente invernali – che a Victoria ricordavano tanto i biscotti che le regalava la servitù nelle sue colazioni giornaliere– si mischiavano all'ambra e alla rosa che avvolgevano costantemente le stanze dove passeggiava o entrava Victoria. L'ambra e la rosa erano usati in quantità elevata per i vestiti di corte, onde per cui era facile sentire quell'odore in ogni angolo del castello. Ma da pochi anni, la principessa aveva richiesto anche aromi alla menta. Adorava follemente quell'odore. Le ricordava i paesaggi del suo Regno, la neve, la freschezza e il gelo.
Uno dei pochi lussi che, insieme ai fiori, si era permessa. Tuttavia, la grandiosità dell'evento ricordò alla nobile che per quel giorno l'intero castello non avrebbe badato a conteggiare le spese eccessive della giornata. E i suoi occhi sgranati alla vista dei gioielli portati dalla servitù lo confermò.
«Perle di Ibryria, altezza.» precisò una donna, con la voce rauca.
E Victoria sorrise. Fra le pagine dei suoi libri preferiti – conservati nell'unica biblioteca di palazzo accessibile alla nobiltà e alla servitù –, Ibryria era una delle città che più l'avevano intrigata dal primo istante che era apparsa tra i paragrafi antichi dei suoi manuali. Il suo cuore faceva un balzo nella cassa toracica tutte le volte che l'inchiostro riportava descrizioni di paesaggi magici simili alla sua terra, e sorrideva a memorizzare le spezie, i gioielli e qualsiasi tipo di oggetto o tradizione del popolo austero oltre il confine del Continente.
Un giorno ci sarebbe stata, si ripeteva sempre. Un giorno avrebbe raggiunto quelle terre su una nave costellata di sogni e avventure, alla ricerca di un destino che potesse renderla appagata e spensierata. Lontana dalla gabbia d'oro e d'argento che la rendeva... umana.
Ma quel giorno non volle rimuginare troppo. I preparativi l'attendevano, e lei si era promessa di assecondare il padre nelle mansioni di corte. Quella mattina, suo fratello Riccardo era di nuovo partito per andare a caccia con il comandante della cavalleria reale, e Victoria storse il naso a ricordarlo.
«A che ora inizierà la festa in onore della casata Windothynn?» domandò alla donna che le circondò il collo nudo con le perle avorio della collana.
«Verso cena, altezza. Vostro padre ci teneva a garantire agli ospiti la puntualità tipica delle tradizioni di palazzo.»
«Oh, perfetto.» sussurrò Victoria, guardando il suo riflesso allo specchio. Fece un lungo sospiro quando analizzò il vestito donatole dal fratello. Le serve l'avevano aiutata a sostituire l'abito precedente con il nuovo.
«Perlomeno si è reso utile.» aggiunse.
«Chi?» chiese la serva.
«Mio fratello. Come al solito ha trovato un modo per sgattaiolare, ma almeno mi ha tolto il peso della scelta dell'abito.»
La serva sorrise mentre aggiustava le pieghe del vestito. Sfoglie di seta con brillanti magici costellavano la lunga gonna verde smeraldo, mentre le maniche erano lunghe e strette e del medesimo colore. Lo scollo era a barca, e tra le pieghe del tessuto c'erano piccole gemme preziose incastonate tra ricami e disegni a forma di drago. Il corpetto era di velluto verde, ed era così stretto da soffocarci. Spesso e volentieri, Victoria faceva profondi respiri per prendere fiato. Erano le regole del protocollo reale, e la donna spesso ci chiudeva più di un occhio constatando la magnificenza dei vestiari della sua corte.
«I capelli, Vostra Altezza?»
«Sciolti.» suggerì. «E lisci.»
«Come d'abitudine?»
«Come d'abitudine.» confermò con un sorriso.
Una volta concluso con l'abito, la serva fece un inchino per ringraziarla e si dileguò, mentre Rose Firengon entrava nella stanza reale con un tono alto della voce.
«Mi duole distruggere i vostri desideri, milady, ma vostro padre mi ha chiesto di farvi indossare questo dono.»
Victoria si girò di scatto, allungò il collo per osservare l'oggetto sul cuscino di velluto rosso tra le mani di Rose e... aggrottò le sopracciglia.
«Foglie?»
«D'alloro, altezza. E placcate in oro.»
La principessa analizzò la coroncina con incastri di diamanti, poi guardò l'amica. «Tutto questo lusso...»
«Sì, altezza. È necessario. Vostro padre vuole fare un'ottima figura con gli ospiti. Lavoriamo a questo evento da settimane, dovreste saperlo.»
«Lo so, però...» Victoria si strofinò le mani e sospirò. «...vorrei che si fosse speso un po' di meno. Non credo che il popolo gradisca sul trono del reame un re che, come prima festa del suo Regno, usi una quantità elevata di ricchezza. So che la gente lo ama, però l'impressione esterna conta parecchio. E non vorrei che il duro lavoro di mio padre per garantirsi il rispetto della popola-»
«La popolazione sa quanto questo evento sia speciale. Garantirà sicurezza e secoli di pace. Questa alleanza è necessaria, e una buona parte di loro presenzierà a corte, oltre alle altre famiglie nobili del reame. La voce si deve espandere.»
Victoria sorrise e fece un profondo respiro.
«E poi» aggiunse Rose «dovete indossare questa corona perché non è opera di vostro padre.»
«E di chi?»
«Dei Windothynn, altezza.» la informò.
Il cuore di Victoria fece un balzo. Non aveva mai visto o ricordava un solo componente dell'unico clan sopravvissuto alla guerra di Zaros Adeagon. Il padre le aveva raccontato che, da piccola, la donna aveva trascorso molte ore di gioco in compagnia dell'unico Fae maschio rimasto della dinastia, ma Victoria non ricordava nulla. Né il viso, né la voce, né i modi di quello che ora doveva essere un ragazzo come lei. Con le dovute differenze d'età tra esseri magici ed esseri umani.
«Un regalo... del principe? O di qualcun altro vicino a lui?»
«Non vi so dire, milady, ma arriva dalla loro corte.»
«Oh... capisco.» annuì Victoria, chinando il capo. Rose appoggiò la corona con estrema delicatezza sul capo della principessa, e lei si sentì sollevata. Era più leggera di un petalo di rosa.
«Molto comoda.» affermò. «Potrei quasi abituarmici.»
Era molto simile a un cerchietto dorato, con foglie d'alloro che risaltavano il corvino della chioma e le decorazioni dell'abito. Rose sorrise di risposta, fece un inchino e si sistemò di lato per far passare la principessa.
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«La giornata come procederà?» chiese la nobile. Rose la accompagnò nel lungo corridoio di archi, ed estrasse una pergamena per leggere il contenuto.
«Vi occuperete di controllare le cucine, la zona dei sarti e...oh, quella della cavalleria era compito di vostro fratello, ma deduco che...»
«Lo farò io.» liquidò Victoria, sorridendole, e quando puntò lo sguardo sul fondo del corridoio riconobbe proprio la figura della persona che avrebbe voluto davanti a lei in quel momento.
Un radioso Riccardo Legendragon, nella sua splendente armatura e con le ciocche mosse e brune scompigliate dal vento gelido delle foreste, attraversò il corridoio con un elmo in mano e una voce alta ed entusiasta. Il suo buon umore era contagioso, così vivo da ricordare i raggi di un sole che nel loro Regno mancava da troppo tempo.
Il principe si sgolò per chiamare la sorella, e lei scosse la testa e rise quando lo vide con il fiatone. Azzerate le distanze lo abbracciò, e lui le scoccò un bacio intenso su un angolo della bocca. Poi, entrambi iniziarono a camminare nei corridoi.
«Devi scusarmi per il ritardo, sorellina. Nella giornata di ieri sono stato alla corte di re Castrus Wingdragon per degli accordi tra mio padre e il sovrano, e ho cercato di raggiungere la carrozza reale nel miglior tempo possibile per non arrivare in ritardo qui.»
«Hai viaggiato di notte?»
Riccardo annuì. «Ma non è stato arduo. I due Regni confinano, lo sai. Non ci separano molte ore da loro.»
Alla principessa scappò una risata, e lui lo notò. «E io che credevo...»
«Che fossi a caccia? Nel letto di qualche donzella? A ubriacarmi in una taverna?»
«Non sono cose che faresti?» lo sfotté.
«Decisamente.» le diede un bacio sulla nuca e le avvolse un braccio intorno alla vita per stringerla. «Devo pur mantenere una reputazione, no?»
Victoria ridacchiò, abbassò il capo e ne approfittò per chiederglielo. «Quindi deduco che le voci siano vere...»
«Quali?»
«Che la donna segreta che frequenta le tue stanze di palazzo... appartiene alla loro dinastia?»
Riccardo cercò di sembrare impassibile, ma non seppe se sorridere o stringere la mascella. «La servitù sta procedendo bene con-»
«Non sfuggirai alla mia domanda. Sappilo.» gongolò lei, sapendo di averlo in pugno. Era arrossito e la voce era meno spavalda del solito.
Ma Riccardo insisté per cambiare argomento. La luce nei suoi occhi si era spenta. «I Windothynn? Li hai già conosciuti?»
«Arriveranno questa sera. Nostro padre ha tutto sotto controllo. Ma nel mentre... ho ricevuto un dono da parte loro.»
«Un dono?»
«Questa corona, se si può definire tale. È davvero magnifica.» e la principessa indicò le foglie d'alloro con le dita. Riccardo le esaminò e fece una smorfia divertita.
«Tipico di Dorian.»
«Cosa?»
«Tipico dei Fae. Ti sta corteggiando. A quanto pare qualcuno vuole rubarmi il titolo di mangiatore di donne, e provandoci con mia sorella. Astuto e audace. Glielo riconosco.»
Anche Victoria arrossì in un modo disumano e gli diede uno schiaffo lieve su un braccio.
«Non sto scherzando.» insisté lui.
«Invece faresti bene a considerare l'idea. Nostro padre...»
«Sì, lo so. Ha chiesto di trattare quelle fate come statue dorate e intoccabili, non è vero? E invece sai cosa farò quando alla festa beccherò uno di loro? Lo trascinerò con un entusiasmo da far trasformare la loro pelle pallidiccia in lava incandescente.»
Victoria rise ancora, ma non aggiunse altro. Si accovacciò al braccio del fratello, appoggiò la testa su una spalla e lui le sussurrò "sei magnifica" mentre si dirigevano verso le cucine reali.
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L'odore di cannella riempì l'aria. Victoria vide sfornare una quantità esagerata di biscotti glassati, mentre una moltitudine di aiutanti culinari li appoggiava sulle teglie e sui vassoi d'argento che avrebbero raggiunto i banchetti della sala principale. La servitù brulicava da una stanza all'altra generando un chiacchiericcio fragoroso che si univa al rumore delle pentole, dei mattarelli, degli accessori da cucina e dei coltelli con cui i cuochi affettavano la carne e il pesce. Nella zona dove si erano fermati lei e il fratello c'erano dei servitori che stavano aggiungendo una glassa di limone su dei biscotti di pan di zenzero. Riccardo ne afferrò uno senza troppe spiegazioni, lo addentò e quando una serva si girò per rimproverarlo lui le scoccò un bacio sulla guancia. Victoria riconobbe la fanciulla dalla chioma bionda che si vociferava frequentasse il fratello, e si sentì di troppo quando il principe le scoccò anche un bacio veloce sulle labbra.
E una volta raggiunto un altro tavolo da ispezionare, Riccardo mormorò alla sorella: «Dici che presenzieranno tutti?»
Victoria non capì e lo guardò di traverso. Lui aggiunse: «Voglio conoscerla.»
«Chi?»
«Sua sorella.»
Victoria lo esaminò ancora più confusa, e Riccardo cantilenò: «Andiamo, non puoi non conoscerla... anche solo di nome.»
«Sulla loro dinastia so molto poco, purtroppo. Nelle biblioteche di palazzo non si trova granché. O almeno, non quelle accessibili al pubblico. Sono convinta che in quelle proibite...»
«Non ci provare o pensare neanche.» ordinò il principe, pur con un timbro vellutato.
«Tranquillo, ci ha già pensato nostro padre a farmi la ramanzina. Quelle stanze sono costantemente sorvegliate dalla cavalleria reale. Credo sia impossibile entrarci.»
E Riccardo sorrise e intrecciò le dita di una mano in quelle di lei mentre si intrufolavano nella lunga cucina reale. Victoria esaminò ogni piccolezza e dettaglio, così come chiesto dal re, mentre Riccardo si distrasse alla minima novità.
«Aeghena Windothynn. La sorella centenaria del principe. Sogno da una vita intera di incontrarla.»
E Victoria rise furbesca. «Oh, quindi ci siamo presi una bella cotta...»
«Ne sono ossessionato.» replicò Riccardo, reggendo l'allusione della sorella e facendole spalancare gli occhi. «Leggo di lei e sento delle sue gesta sin da quando sono un bambino. Mi sono sempre ripetuto che un giorno l'avrei incontrata e non sarebbe più stata solo un mito. Mi piacerebbe conoscerla, ma si dice che dopo l'esilio dal loro Regno e la sparizione dei Regni Magici sia...»
«Scomparsa?»
Riccardo annuì con lo sguardo nel vuoto. «Ma non credo a una sola parola delle dicerie popolane. Per me è nascosta in qualche posto angusto e introvabile del Continente. È una donna troppo leggendaria, potente e scaltra per poter-»
«Santi numi, fratellino...» ridacchiò lei. «Sei innamorato perso.»
E dopo essere arrossito in un modo inspiegabile, il principe fischiò a un servo della stanza e quest'ultimo lo venne a salutare. I due parlarono per un paio di minuti, mentre Victoria proseguiva ed esaminava il resto delle tavolate. E quando Riccardo la raggiunse di nuovo, la cinse dai fianchi, appoggiò il mento su una sua spalla e le schioccò un bacio prima di sussurrarle: «Ci vediamo al banchetto.»
Victoria si girò di scatto tra le sue braccia e si ritrovò il naso a un soffio di respiro. «Davvero hai intenzione di abbandonarmi?»
«Osservare uomini e donne in camici bianchi ricoperti di farine e schifezze non fa per me, cuore di fuoco.» ironizzò. «Ma tu sei una sorellina meravigliosa che eviterà al suo caro fratello questa tortura e... lo coprirà dicendo "è a caccia" quando il padre chiederà in merito.»
Victoria roteò gli occhi. «Provo a indovinare dove sarai realmente?»
Riccardo fece un sorriso smagliante e le diede un bacio sulla fronte. «Non ti conviene.»
E la principessa non ebbe possibilità di replica. Riccardo sfuggì dalle sue braccia più veloce del vento, e lei scosse la testa quando si ritrovò sola con la componente di corte dedita alle cucine reali.
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La sera arrivò. Con l'aiuto delle sue dame, Victoria riuscì a occuparsi di tutti i preparativi precedenti all'evento. Da qualche ora era già iniziato il chiasso nella sala principale, e i grandi lampadari dorati stavano iniziando a illuminare gli abiti sfolgoranti degli invitati che entravano dall'immenso portone principale.
Ma la principessa di Legendragon si prese qualche minuto per sé. Si avvicinò a una delle vetrate di palazzo, si isolò dalla confusione generale e appoggiò una spalla sul muro per osservare l'esterno. Il suo sguardo non puntò ai giardini, bensì alle costellazioni visibili nel cielo.
Desiderò essere una di loro. Desiderò volare nel firmamento creato dagli Dei e di intingere il suo nome nella storia come l'inchiostro nero dei suoi libri preferiti.
Bramò la libertà. La libertà di poter uscire da quelle mura in cui il padre l'aveva rinchiusa per anni, e di scoprire regni, imperi, parti di mondo che non aveva mai visto. Sognò il mare, gli oceani, le spiagge dorate e la neve dei Regni d'Inverno oltre il Continente. Contemplò la magnificenza degli astri e provò a immaginare l'odore della salsedine e a sentire schegge di legno in abiti leggeri su una nave di pirati.
E sommersa in quei pensieri malinconici e onirici, Victoria udì dopo molti tentativi la voce di una dama che la invitava a raggiungerla.
La festa era iniziata. E per il padre, lei avrebbe dovuto esserci a tutti i costi perché era Victoria Adelaide Legendragon.
Il punto di congiunzione tra la pace e la guerra.
La gloria e il potere.
La fantasia e la realtà.
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