Capitolo 5
Ricordi? Eri leggera
Una libellula sotto la cera (eh)
Ti ho persa ed era palese
Eri gocce di pioggia dentro una bufera
Siamo la scia di una stella cometa
Come una droga, ma solo la scesa
Una forchetta che infilza la presa
Ti tengo la mano, tu molli la presa
Sogno che mori e t'allungo la vita
Più ti vorrei fuori, più resti decisa
-Spigoli, Mara Sattei
For you,
I'd steal the stars
Aaliyah
Come ogni notte guardava dall'alto la città in cui era nata e dalla quale si nascondeva alla stregua di un ratto nelle fogne.
Continuava a chiedersi se laggiù ci sarebbe mai stato un posto per lei, nel mondo. Se prima o poi sarebbe riuscita a vivere in un posto normale, che non decideva per lei le sue sorti, categorizzandola in utile o meno.
Era stata salvata dalla Mostra tempo prima. E ora l'avrebbe fatto lei con qualcuno. Doveva farlo, era il suo modo di dimostrare che non aveva dimenticato la propria sofferenza solo perché, adesso, era al sicuro tra i cunicoli della vecchia città.
Thanatos l'aveva salvata da sua madre. Vedeva in lei un futuro radioso alla Mostra, avrebbe aiutato la famiglia. Da piccola era terrorizzata dal trasferimento dalla città. Suo padre aveva perso il lavoro e, per sistemare ogni cosa, sarebbe toccato a lei alla Mostra e a suo fratello in Akademie.
Eppure, Aaliyah aveva sempre sognato di poter accedere in Akademie, di poter realizzare tantissime invenzioni, dando vita alle idee che aveva in testa. L'Akademie era il futuro, smistava i ragazzi tra esercito, curatori, meccanici e costruttori, giuristi.
Ricordava poco. Il giorno del trasloco suo padre le presentò Doom. Voleva salvarla. Ma il suo gemello? Dov'era adesso? Le mancava ogni giorno.
Rabbrividì ancora, al solo pensiero.
Ricordava le urla di sua madre in lontananza. Ci fu il panico.
E poi una presa forte si era avvolta al suo braccio. Doom provò a rassicurarla. Qualcosa premette contro il suo naso e perse i sensi, abbandonando una volta per tutte la sua ordinaria vita a Sol. O forse, avrebbe dovuto definirla futura condanna.
«Ancora qui sola soletta? Non fa un po' freddo? Perché a me si stanno congelando le pa-»
Aaliyah si voltò a guardare Thanatos, scoccandogli un'occhiataccia. Lui si limitò a stringersi nelle spalle, alzando le mani in segno di resa.
«Stavo guardando le luci della città.»
Thanatos fece uno sbuffo rumoroso, lasciandosi cadere al suo fianco, lungo il cornicione del tetto. Lasciò penzolare le gambe nel vuoto. «E cosa ti dicono? A me sembrano i culi luminosi delle lucciole.»
«Non ce la fai a stare un po' zitto e poetico?»
«Quello solo per pochi... e poi già sono noiosamente tranquillo tutto il giorno, fammi sfogare almeno quando posso essere me stesso.»
Aaliyah fece un piccolo sorriso. Accennò alla sua maschera, questa volta nera, metallica e ben ingegneristicamente costruita. La osservò con un pizzico di orgoglio. L'aveva progettata lei, in fondo. «Perché non te la togli? Non ti fidi abbastanza di me?»
Lui si voltò a guardarla. Gli occhi erano nascosti da un velo rossastro. Probabilmente per quello si divertivano a chiamarlo demone. Aaliyah aveva anche pensato di progettare un paio di corna piccole sulla testa, come a marcare il concetto.
«Non è questo. Ma so che, se vedessi il vero me in difficoltà, ti metteresti in pericolo. E ti ho già salvata una volta.»
«Perché sei venuto qui? Sai che mi piace la mia solitudine, tanto per citarti.» Roteò gli occhi con fare melodrammatico.
Thanatos ridacchiò. La voce era come sempre quasi metallizzata. «Perché domani c'è la Mostra di quest'anno e non so se ho voglia di portarti con me.»
Aaliyah sgranò gli occhi. «Cosa, scusa?»
«Non possiamo salvare tutti. Lo sai. A parte che diventeremmo sovraffollati.»
«Questo perché ancora non vi decidete a far scappare metà dei nostri a Notturn Desert.»
«Quel posto si chiama così per un motivo. Credi che potrebbero sopravvivere questi idioti in un posto semi abbandonato? Sono tutte rovine.» Thanatos fece un sonoro sbuffo e tornò a guardare la città ai loro piedi. Diede un calcetto all'aria, come un bambino capriccioso. A volte Aaliyah si stupiva che tra loro due fosse lui l'adulto. Poi prese un grosso respiro, rilasciando l'ennesimo fiotto d'aria. «E comunque ci sto pensando. Ma non decido io.»
Aaliyah fece un mugolio d'assenso. «Doom vuole che alcuni uomini restino qui per un eventuale scontro armato?»
Thanatos non rispose. Si limitò a cambiare come al solito argomento, perché le questioni spinose gli davano fastidio. A volte Aaliyah si stupiva di quanto fosse bravo a cacciarsi nei guai, ma al tempo stesso a scappare da loro, senza mai cercare di risolverli. «Ho un compito per te, per domani.»
«E di cosa si tratta?»
«Hanno giustiziato i genitori di due bambini nei giorni scorsi... e ora quei due stanno crescendo nella casa degli zii, ma li stanno già testando nel caso andassero bene per essere Procreatori tra qualche anno. Prendili e portali qui. Approfitta della confusione di domani. Si aspetteranno un mio attacco.» Thanatos si tirò in piedi. Sfilò dalla tasca dei pantaloni una moneta, bucata dal foro di un proiettile, e se la lasciò scivolare tra le dita. La lanciò in aria, riacciuffandola subito dopo. Poi la porse tra le sue mani. «Questa moneta era di mia sorella. Un vecchio cimelio di famiglia.» Storse il naso. «Prenditene cura. È un ottimo porta fortuna.»
Aaliyah fece un sorrisetto divertito. Thanatos era quanto più vicino a un padre, a una famiglia. Decisamente migliore di quella che sua madre le aveva offerto, pronta a venderla come Procreatrice pur di guadagnare qualcosa. Fin da piccola le diceva che fosse soltanto bellissima, che non importava la sua passione per i calcoli e le costruzioni. «Grazie... vedi che hai un cuore anche tu? Che succede? Davvero quell'Eros ti ha preso la testa?»
Thanatos si voltò di scatto verso di lei. «Che cazzo dici? Quello è solo un idiota sfigato almeno quanto te.» Le puntò un dito contro. «Non farmene pentire.»
«Stavo scherzando, dai.» Aaliyah si tirò in piedi. Camminò sul cornicione in bilico. Il rischio di schiantarsi la faceva sentire sempre così libera. Thanatos le aveva insegnato a stare in equilibrio sulle altezze. La osservava con attenzione. Aveva i muscoli del corpo irrigiditi. Gli occhi rossi fissi su di lei. Il cappuccio alzato sul capo come sempre, a nascondersi come un fantasma di una vecchia casa.
Aaliyah gli sorrise. «Se sentissi le storie su di te, in città, ti divertiresti un mondo.»
Lui si strinse nelle spalle. «Credere nei mostri è importante. Mi temono. Non negherò mai di essere davvero un demone. La loro paura li lascia sempre in allerta. E io mi muovo in quel piccolo antro della loro mente: tra la paura e la voglia di vivere.»
Aaliyah scese giù dal cornicione del vecchio palazzo abbandonato, raggiungendo Thanatos. «Eppure hai salvato molti di noi e non hai richiesto la nostra anima in cambio. Non mi sembri tanto un-»
«Ma i mostri si nutrono delle paure delle persone. E io faccio esattamente lo stesso.» Thanatos alzò lo sguardo verso quei puntini luminosi. «Adesso andiamo, peste.»
𖣔𖣔𖣔𖣔
Il mattino seguente, Aaliyah era già sveglia dall'alba. Si rigirò nelle lenzuola della sua piccola stanza.
«Sveglia?» Le domandò Joanna. La sua compagna di stanza sembrava non dormire mai. Era sempre stanca, ma le era vicino in ogni istante. Avevano scelto di dormire nella stessa camera, quando tra i cunicoli avevano creato una vera e propria città dormiente, dalle ceneri di quella precedente.
«Gli altri sono pronti?» Aaliyah si tirò in piedi. Indossò una casacca scura da sopra dei pantaloni di pelle. Barcollò cercando di far entrare gli anfibi. Andò a sbattere contro un comodino e rilasciò uno sbuffo pesante. «Fanculo. Chi lo ha messo qui questo coso?» Gli diede un calcetto.
Joanna scoppiò a ridere e scosse il capo. «Pronta. Io e Ares andremo con Thanatos alla Mostra.»
«Thanatos ti ha chiesto di andare con lui?!» Adesso voleva spaccargli la faccia. Era sempre stata lei la sua preferita, si aspettava la portasse con sé, sapeva benissimo quanto tenesse ad andare alla Mostra. Invece la trattava sempre come una bambina da proteggere, affidandole missioni secondarie.
«Arriverà il tuo momento, lo sai.»
Aaliyah strinse i pugni. Voleva andare alla Mostra, nella speranza di potersi avvicinare a suo fratello gemello. Erano anni che non lo vedeva, a stento ricordava il suo volto. Lui era riuscito ad entrare all'Akademie? Voleva sapere perché non l'avesse mai cercata. Si ricordava ancora di lei? Aveva bisogno di lui. Più di quanto credesse. Gli mancava. E se fosse diventato un Procreatore? Non poteva perdonarsi di averlo abbandonato. Forse la detestava. Thanatos le aveva promesso che lo avrebbe cercando. Eppure, non aveva mai sue notizie.
Joanna schioccò le dita davanti al suo volto. «Qualcosa non va?»
«No. Tutto alla grande.» Aaliyah indossò la solita giacca con cappuccio e lo tirò sui capelli. Avvolse una sciarpa attorno al collo, andando a coprirsi metà volto.
«Arriverà anche il tuo momento.»
«Già. Chissà quando.» Aaliyah borbottò, uscendo dalla stanza. Raggiunse il salotto comune e sfilò la tazza di caffè dalle mani di Ares, che aggrottò la fronte.
«Questa mattina siamo scontrosette.»
«Fanculo. Dove sta quel coglione?»
«Non lo so. È uscito presto. Ci vedremo lì. Così ha detto.»
Aaliyah roteò gli occhi, chiedendosi dove diavolo fosse ogni dannata mattina.
Le nuvole premevano ai margini dell'orizzonte, quel giorno a Sol. Aaliyah si guardò intorno, stringendosi nella propria casacca. Girovagava nelle strade, scansandosi tra la folla alta di persone.
Avrebbe disobbedito. Sarebbe passata prima alla stazione, poi avrebbe cercato i due ragazzini, approfittando della confusione. Doveva vedere se tra i ragazzi soldato dell'Akademie ci fosse suo fratello.
C'era una gran confusione. Come ogni giorno alla Mostra. Il sole batteva incessante sulle loro teste e si ritrovò ad asciugarsi una goccia di sudore.
Aaliyah strizzò gli occhi verso l'enorme stazione. Una grande cupola copriva l'ingresso alle banchine. Sentì il treno fischiare da lontano e iniziò a correre verso l'interno. Una volta dentro, si allontanò dal centro, per riuscire poi ad arrampicarsi verso le travi alte, così da osservare il tutto come un ragno silenzioso. Tessendo la propria tela, si sarebbe calata dall'alto.
Dalla periferia di Sol, distanti dal centro, ogni anno arrivavano nuovi ragazzi di età compresa tra i sedici e i diciott'anni. Dopo aver completato gli studi di base, speravano in un futuro luminoso. I più belli, però, non riuscivano quasi mai a superare i test. Aaliyah era convinta non potesse essere una mera coincidenza.
Un bimbo perse il proprio palloncino, che volò verso l'alto. Lui puntò lo sguardo all'insù, incrociando il suo sguardo. Prima ancora che potesse parlare, strattonando la mano della mamma, Aaliyah si portò un dito davanti alle labbra, supplicandolo di stare in silenzio. Lui sorrise e obbedì.
Il fischio del treno le risvegliò i sensi. Aaliyah fece vagare lo sguardo tra i soldati sulla banchina. Rabbrividì, riconoscendo il volto del ragazzo con l'orecchino che l'aveva inseguita qualche giorno prima. Camminava impettito insieme ai suoi amici. Uno di loro aveva il capo fasciato e teneva stretto a sé il fucile, con uno sguardo incattivito.
Dietro di loro, c'erano il Generale e il Comandante. Ricordava bene anche quest'ultimo, con quella vistosa cicatrice argentea a spaccargli parte del volto. Si guardava nervoso intorno, forse aspettandosi qualche attacco. D'altronde ogni anno era quasi un'abitudine che Thanatos interferisse durante la Mostra.
Non a caso, il Comandante cercava di far evacuare i visitatori.
Non appena i primi passeggeri posarono piede sulla banchina, delle serrande scattarono di colpo con un tonfo. L'intero perimetro era stato chiuso, per evitare che qualcuno provasse a scappare.
«Forza, muoversi.» Il soldato col capo fasciato spinse un paio di ragazzini in avanti, premendo la canna del fucile contro le loro schiene. «Verso l'uscita. Ci sarà una vettura per portarvi all'Akademie a fare il test.»
Aaliyah serrò la mandibola. Osservò tutti i nuovi arrivati. Poi iniziò a muoversi lungo le assi di ferro dall'alto, facendo attenzione a non perdere l'equilibrio. Guardò ogni singolo soldato. Nessuno le era familiare, ma era consapevole dei cambiamenti che in sei anni un sedicenne poteva subire. Sperava di attaccarsi al loro legame speciale da gemelli. Magari semplicemente guardandolo negli occhi avrebbe saputo che era lui.
«Ehi! Scendi da lì tu!» Il ragazzo con l'orecchino le puntò il fucile contro.
Cazzo.
Aaliyah corse via in direzione dell'uscita, saltando da una trave all'altra. Scansò un proiettile di poco.
«Non sparare davanti agli studenti, Ægon!» Il Comandante gli ruggì contro.
Poi ci fu un boato, una specie di esplosione. Il fumo iniziò a espandersi per tutta la stazione. Aaliyah tirò su la propria sciarpa e indossò un visore, sfilandolo dalla propria borsa. L'aveva progettato allo stesso modo della maschera di Thanatos. Le avrebbe permesso di vedere al buio e di non respirare gas tossici.
Corse verso l'uscita. Era certa che, nascosto in qualche modo nell'ombra, Thanatos avesse notato la sua presenza e avviato prima l'operazione d'attacco.
Avrebbero discusso tutta la notte. Per ora doveva raggiungere i due ragazzini e provare comunque a completare l'ordine assegnatole.
Scappò via dalla confusione, lasciandosi alle spalle le urla e gli spari dei soldati. Scivolò verso il basso, scansando i tornelli e diede un calcio alla porta per rivoltarsi all'esterno.
La luce del sole la accecò quasi. Si liberò del visore e pigiò sul quadrante al polso, selezionando il percorso più veloce per raggiungere la posizione -inviatele la sera prima da Thanatos- dei due bambini.
Si guardò alle proprie spalle e tossì per riprendere fiato. Alcune urla provenivano dalla stazione e dovette combattere in ogni modo l'impulso di tornare dentro a controllare come stesse Thanatos. Se gli fosse successo qualcosa a causa sua, non sarebbe mai riuscita a perdonarselo.
Scosse il capo e corse tra i vicoli stretti e sudici della città, verso l'abitazione dei due ragazzini. Attraversò il ponte, che si stagliava su uno dei tanti canali, e raggiunse l'altro lato della strada. Quegli stessi canali che la notte riflettevano le luci tremolanti dei locali. Le barche si cullavano lentamente sull'acqua stagnante, e il richiamo dei brulichii di vita notturna si diffondeva attraverso i canali fatiscenti, quasi come un'eco sussurrata.
Osservò il quartiere rosso eclissato, dove la notte quasi tutti andavano a spassarsela con quelle povere anime costrette a lavorare per Poul Vincents, tra cui proprio Eros. Si chiese se un giorno si sarebbe davvero unito a loro. Rabbrividì alla sola vista delle finestre illuminate di rosso nei vicoli laterali, svelando scene oscure e silhouettes indistinte. L'odore di sesso, di violenza si intrecciava con l'aura di mistero, e le risate diventavano un sussurro nell'aria la notte.
Aaliyah camminò per un'altra decina di minuti, fino ad arrivare alla casa indicatale. Si arrampicò sul balcone, entrando da una delle finestre, dopo aver forzato la serratura.
«Chi sei tu?» Un bambino dagli occhi chiari le puntò un mestolo contro. Dietro di lui, la sorellina fece lo stesso, portandosi sul capo una pentola come fosse un elmo.
Le strapparono un sorriso. Aaliyah abbassò la propria sciarpa, abbassandosi sulle gambe per osservarli meglio. «Sono qui per portarvi in salvo.» Accarezzò i capelli del più grande. Anche se continuava a essere sull'attenti.
«Ci porti da mamma e papà?»
«No, ma da qualcuno che teneva a loro e si occuperà di voi con lo stesso amore.»
La bambina rizzò il capo. «Davvero? Non dovremo imparare ad allenarci per essere muscolosi e belli, allora?»
Aaliyah trattenne un mugolio rabbioso e annuì. «Dovete solo venire con me-»
Un tonfo fece sussultare tutti. I due bambini corsero a nascondersi alle sue spalle.
Il suo soldato stalker, il cui nome le pareva fosse Ægon, le puntò il fucile contro. «Questa volta non ti lascerò scappare.» Posò lo sguardo verde smeraldo sui due bambini, vacillando.
Aaliyah avanzò verso di lui, facendo aderire la canna dell'arma contro il proprio petto. «Andiamo, soldatino, sparami. Ma sappi che sto soltanto riparando ai danni che la gente come te lascia in giro. Se sono soli, è colpa vostra.»
Lui serrò la mandibola. Il suo sguardo tremolò appena. Abbassò il fucile e arretrò. Si guardò alle spalle, accertandosi non ci fosse nessuno. Tornò poi a osservarla, chiaramente infastidito. Prese a toccarsi l'orecchino smanioso. «Va bene» Poi sospirò piano. «Via libera. Portali lontano. Ma questa è l'ultima volta.»
Aaliyah prese per mano i due bambini e li scortò fuori dalla loro abitazione. Corsero tutti e tre lontano, fino a raggiungere un tombino nascosto in uno dei vicoli. Lo tirò su e sospirò piano. Li lasciò scivolare giù, nelle fogne con lei.
𖣔𖣔𖣔𖣔
«Mi pare di averti detto espressamente di non dover venire!» Thanatos le urlò contro, nel salone comune.
I due bambini erano accucciati attorno a un tavolo, bevendo cioccolata calda. Joanna accarezzava i loro capelli con dolcezza. «Dai, alla fine è andata comunque bene. Abbiamo fatto un po' di macello, portato via alcuni ragazzi che già stavano classificando per diventare Procreatori. È andata, alla fine.»
Thanatos, però, non sembrava voler festeggiare. Le mani gli tremavano lungo i fianchi. «Fanculo! Le hanno sparato e per poco non moriva! Ti avevo dato un ordine-»
«E l'ho comunque portato a termine» Indicò i due bambini, che sorrisero incoraggianti.
«Non dovevi essere lì!»
«Se aspettassi te per trovare mio fratello, forse morirei di vecchiaia!»
«Sempre se ci arrivi alla fottuta vecchiaia per come ti comporti di merda!» Thanatos alzò ancor di più la voce. Poi incrociò lo sguardo di Ares, che, sospirando piano, decise di andare loro incontro.
«'Liyah, è stato rischioso quello che hai fatto. Devi seguire i nostri ordini. Sempre.» Ares le prese una mano. «E comunque, amico, alla fine stiamo tutti bene. Puoi anche smettere di arrabbiarti e preoccuparti.»
«Non sono mai stato preoccupato. Non sono mica un tenero orsetto del cazzo come te.» Thanatos fece un sonoro sbuffo, lamentandosi ancora in sottofondo. Si calmò solo quando incrociò lo sguardo dei due bimbi. Abbassò le spalle, respirando regolarmente. «Andate a dormire, tutti. Per oggi ho già abbastanza le palle girate.»
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Angolino
Ed eccoci qui. Allora ho dei dubbi (ovviamente direte voi, che novità). Da quando ho finito "sins of the Father" mi sembra che niente di mio sia all'altezza e di conseguenza detesto questa storia. Ma comunque ormai ho anche deciso il finale e credo di dover scrivere al massimo un'altra decina/quindicina di capitoli, per cui la odierò fino alla fine💀
Spero che almeno a voi stia piacendo.
Ricordatevi di lasciare una stellina, sembra nulla ma a noi aiuta.
E non fatevi problemi a lasciare commenti, amo interagire con voi.
Potete scrivere anche al mio Instagram per sclerare (e anche minacciare, sì, anche se ora penso sia un po' prestino per questo.)
Alla prossima ☀️
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