Capitolo 38


Ægon

Ægon si rese conto che qualcosa non andava. C'era troppo subbuglio nel salone e sembrava che una coltre d'ombra si fosse abbattuta sulle loro teste.

Aveva visto Ares uscire come un treno impazzito dai sotterranei. Ægon aveva seguito con la coda dell'occhio Aaliyah. Si agitava nervosa. Pareva sperasse che Ares tornasse indietro e le dicesse di andare con lui.

Aaliyah si mosse a disagio sul divano, infilando un piede sotto il proprio peso. Cambiò posizione ancora una volta.

Miguel abbassò il proprio romanzo sulle gambe e inarcò un sopracciglio, osservando la sorella. «Che ti prende?»

Ægon rabbrividì. Doveva ancora abituarsi all'idea che Aaliyah fosse la sorella dispersa del suo migliore amico. Era strano. Si mordicchiò il labbro, fingendo disinteresse tra le pagine del romanzo che provava a leggere da almeno un'ora. Le parole avevano perso senso e consistenza, mentre fissava di nascosto Aaliyah. Non riusciva a concentrarsi e la cosa lo faceva letteralmente impazzire.

Aaliyah si mordicchiò l'interno guancia. Prese ad agitare in tensione la gamba su e giù. «C'è qualcosa che non va. Eros non torna da ieri sera. E nemmeno Thanatos. Ares è uscito e sembrava preoccupato.»

Lo sguardo di Miguel si addolcì. «Andrà tutto bene. Magari hanno avuto un appuntamento...»

Ægon si fece scappare una risatina. Senza neanche accorgersene, lasciò scivolare la mano sul ginocchio di Aaliyah. Il suo tremolio si placò per qualche istante.

La ragazza increspò le sopracciglia. «Ma non stanno insieme. Cioè Eros è ancora arrabbiato con lui.» Si grattò la punta del naso.

Herica le accarezzò i capelli. «Andrà tutto bene.»
Aaliyah non sembrava particolarmente convinta. Si tirò in piedi ed Ægon sentì la mancanza della sua pelle sotto le proprie dita. D'istinto abbassò lo sguardo a osservarle.

«Dove vuoi andare?» le domandò, girandosi a fissarla, alle spalle del divano su cui stava seduto.

Aaliyah fece vagare il suo sguardo per tutta la sala. «Vado a parlare con Joanna.» Si allontanò impettita. Ægon fissò i suoi capelli svolazzare nell'aria, ondeggiando col suo ancheggiare.

Posò il libro sul tavolo e si tirò in piedi per andarle dietro. La raggiunse lungo il corridoio e le afferrò il polso. «A qualunque cosa tu stia pensando, non farlo.»

Aaliyah puntò i suoi occhi su di lui. Inclinò il capo di lato e arricciò le labbra. Ægon si perse a soffermarsi sul suo profumo agrumato. Gli annebbiava i pensieri e lo confondeva, fin dall'inizio. Strusciò il pollice sulla sua pelle, cercando di attirarla più a sé.

«Voglio sapere cos'è successo.» Aaliyah provò a liberarsi dalla sua presa, senza fare troppa resistenza. Ægon non stringeva così tanto da farle male. Se avesse voluto, Aaliyah avrebbe potuto lasciarsi andare senza problemi.

Ægon fece un piccolo ghigno. Si tastò l'orecchino, in un gesto nervoso. «Non puoi aspettare con tutti noi?»
«Magari Joanna già sa qualcosa.»

«Allora vengo con te.»
Aaliyah non nascose l'ombra di un sorrisetto soddisfatto su quelle labbra sottili. «E perché mai?»

«Perché l'ultima volta ho evitato che ti beccassero in Akademie.» Ægon scrollò le spalle, precedendola nel corridoio. A volte ricordava con piacere quel giorno. Aveva ancora il foulard di Aaliyah. Non sapeva se fosse successo in quel momento, ma aveva iniziato a pensare che almeno tra i ribelli ci fossero legami veri. In Akademie era difficile cercare di capire davvero dove finisse l'amicizia per dare spazio alla competizione o al risentimento. Poi pensava che quel giorno aveva mentito al suo Generale. Lo stesso Generale di cui sentiva terribilmente la mancanza ogni giorno.

Aaliyah sbuffò alle sue spalle e accelerò il passo, raggiungendolo. «Non ho bisogno che tu mi faccia da balia, sai, soldatino?»

Ægon le ammiccò. «Questo è quello che credi tu.»

La ragazza roteò gli occhi al cielo e batté un pugno contro la porta di Joanna. Pochi istanti dopo, la donna aprì. Li osservò confusa, con le sopracciglia aggrottate. «Cosa volete voi due?»

Aaliyah le riservò un sorriso. «Chiacchierare.»

Ægon camuffò una risatina in un colpetto di tosse. Era così chiaro che fossero lì per spillare un po' di informazioni. Così come gli era stato chiaro fin dall'inizio che Aaliyah gli aveva mentito all'epoca quando aveva detto di non essersi intrufolata in Accademia da sola.

Joanna si appoggiò allo stipite della porta, guardando la ragazza con gentilezza. I suoi occhi sembravano stanchi. «Cosa vuoi sapere?»
«Cos'è successo?»
«Non lo so neanch'io, 'Liyah.»

Ægon le posò una mano sulla spalla, quando sentirono il vociare nel salone aumentare.

Aaliyah si drizzò come un'antenna. Assottigliò lo sguardo. «Ma che?» Corse di nuovo nel soggiorno.

Ægon si scambiò un'occhiata veloce con Joanna e insieme la seguirono, raggiungendo la folla di ribelli, accalcatasi attorno a un punto. Ægon non riusciva a vedere, ma la voce di Doom tuonò nella confusione generale, facendo sprofondare la sala nel silenzio.

«Toglietevi da torno. Ha bisogno d'aria.» Doom strattonò alcuni di loro e fece stendere il corpo semi svenuto di Eros su un divano, aiutato da Ares.

Aaliyah indietreggiò, andando a scontrarsi contro il suo petto. Ægon le posò le mani sulle spalle. Lei tremava e avrebbe voluto stringerla a sé, per farle passare tutti i timori. Le accarezzò i capelli.

Aaliyah sussultò appena. «Cosa gli è successo?» Si guardò intorno, nervosa. «Thanatos? Thanatos dov'è?»

Ares guardò Doom, che teneva lo sguardo fisso su Eros, restandosene abbassato sulle ginocchia. «Lo abbiamo salvato da un'overdose, peste. Ma starà bene. Doom è arrivato in tempo.» L'uomo le sorrise incoraggiante.

Aaliyah si lasciò sfuggire un singhiozzo. «Thanatos? Dov'è? Perché non hai risposto?»

Doom si tirò in piedi e li osservò entrambi. Poi schioccò le dita. «Tutti fuori. Restiamo solo noi tre.»

Aaliyah afferrò la mano di Ægon. «Anche lui e mio fratello.»
Doom fece per ribattere, ma Ares mormorò appena: «Dai...»

L'uomo serrò la mandibola. Puntò i suoi occhi color ghiaccio su Ægon e annuì.

In poco tempo la sala si svuotò. Joanna posò una coperta sul corpo tremante di Eros e una pezza fredda sulla sua fronte. Gli accarezzò dolcemente i capelli, prima di lasciarli soli.

Doom sospirò piano. «Hanno catturato Thanatos. Lo tengono prigioniero alla Mostra.»

Ægon sarebbe stato un bugiardo se avesse negato di non sentire nulla. Era stranamente sollevato. Quel bastardo era nel posto che meritava. Aveva ucciso così tanti di loro e neanche gli importava, forse. Djævel Storm aveva avuto la giustizia che meritava.

Ma vedere Aaliyah distrutta, però, fece scattare qualcosa in lui. Il suo cuore si fermò per un istante e un alone di tristezza calò su di lui come un mantello pesante.

«Com'è possibile?» Aaliyah singhiozzò, trovando riparo tra le braccia di suo fratello. Ægon le tenne la mano, intrecciando le dita alle sue.

«Ci siamo concentrati troppo sui nostri nuovi arrivi per renderci conto che la spia era sotto il nostro naso.» Doom accennò a Eros con un cenno del capo.

Aaliyah indietreggiò, ferita. Scuoteva la testa in modo meccanico. Le lacrime presero a rigarle le guance. «No. Non avrebbe mai tradito tutti noi.»

Ares le si avvicinò cauto. «Era stato pagato per infiltrarsi tra noi. Ma ha venduto solo Thanatos. Ha intascato i soldi e li ha spesi in droghe.»

Ægon aggrottò la fronte. «Ma non era pulito adesso?» Qualcosa non gli tornava. Eros sembrava provato, stanco. Forse era il senso di colpa? Eppure, quella storia adesso gli sembrava un mosaico così vasto e difficile da comprendere, ma con un tassello mancante. E qual era questo pezzo?

Doom lo osservò. «Già. Ma si sa. Si può ricadere subito in certi vizi.» Pronunciò quelle parole con freddezza.

Aaliyah fissò Eros. Strinse forte i pugni. «Non dovrebbe essere più qui.»

Ares scosse la testa. «Eros è la chiave per poter arrivare a loro e salvare Thanatos.»

Aaliyah fece una risatina e indicò Doom. «Davvero? Allora vuoi fare sul serio qualcosa o è la tua ennesima macchinazione per arrivare chissà dove? Thanatos magari adesso è sacrificabile. Chi sarà di noi il prossimo?»

Doom sbuffò infastidito. Le puntò un dito contro e scosse il capo. «Non ci provare, ragazzina. Hai ragione. Per arrivare dove voglio venderei chiunque. Ma ho fatto una promessa. E Thanatos è uno di noi. Mi serve.»

«Ti serve ancora, vorrai dire.»
«'Liyah.» La ammonì Ares. «Andate a riposare. Ci penseremo noi. Ci prenderemo cura di Eros.»

Aaliyah girò sui tacchi e li lasciò soli. Ægon incrociò lo sguardo di Doom, che, passandosi una mano tra i capelli, si rivolse a lui. «Puoi pensare tu a lei, adesso? Ho un po' di problemi di cui occuparmi, come vedi.»

Ægon seguì Aaliyah, si infilò nella sua camera, prima che lei chiudesse la porta. «Che cazzo vuoi? Non sei felice? Sei venuto a dirmi che se lo meritava, no?»

Ægon le prese le mani, cercando di calmarle i tremolii. «Andrà tutto bene. A me importa di te, lo sai.»

Aaliyah si lasciò sfuggire un singhiozzo. «Se gli succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai. Mai.» iniziò a camminare avanti e indietro per tutta la stanza. Le lacrime le gonfiavano gli occhi. Si lasciò cadere sul letto e Ægon si sedette al suo fianco.

Si sentiva un mostro. Era così che si percepiva Djævel, quando gli diceva che prima o poi si sarebbe abituato a essere così? La sua testa era in piena confusione. Non sapeva a cosa credere. Qualcosa non andava in lui, nel suo mondo. Avrebbe voluto poter far sorridere ancora Aaliyah, ma sarebbe stato un bugiardo se non avesse ammesso che adorava l'idea che finalmente Thanatos fosse nel posto che meritava, dopo tutto ciò che aveva fatto.

Eppure, qualcosa in lui bruciava.

Accarezzò i capelli di Aaliyah, attorcigliandone delle ciocche attorno al dito, e sospirò piano. «Forse hai ragione. Sì, lo detesto. Però poi ci sei tu. Queste persone che vogliono avere un futuro.» Si sentiva impazzire.

Aaliyah non rispose. Fissò davanti a sé un punto indefinito. «Non è giusto. Perché? Perché Eros avrebbe dovuto tradirci tutti? Io-io non capisco.»

Lei non lo ascoltava in quel momento. C'era un muro invisibile, ma invalicabile tra loro. Ægon lo sapeva. Come avrebbe potuto starle accanto se erano quelle le premesse? Non poteva comprendere il suo dolore. In parte ne era anche motivo. Detestava Thanatos, con ogni fibra del proprio corpo.

Si era sempre sentito smarrito nella propria vita, senza una casa vera. Adesso, invece, non sapeva a chi apparteneva. C'era l'Akademie, che l'aveva cresciuto e reso la persona che era. Ma stava iniziando a mettere in discussione i suoi precetti, i suoi insegnamenti. Era davvero giusto quel mondo? Era la soluzione?

E poi c'erano i ribelli. Odiava le loro soluzioni, i loro modi. Li aveva odiati per gran parte della sua vita, per poi rendersi conto che, in fondo, avevano le loro ragioni. Quelle idee di libertà, di voler scegliere chi essere e commettere i propri errori non erano altro che pensieri che aveva sempre tenuto per sé, per timore. Perché in Akademie non lo avrebbero compreso, anzi. Lo avrebbero ritenuto un traditore.

Doom, Thanatos, i ribelli, non erano che l'altro volto della medaglia di Sol. Eppure, entrambi erano accomunati dalla violenza.

Ægon si distese accanto ad Aaliyah. La vide fissare intensamente il soffitto. Le prese la mano, intrecciando le dita alle sue. «Si risolverà tutto. E andrai a Notturn Desert con tuo fratello. Sarai libera di essere te stessa.»

Aaliyah lo spiò con la coda dell'occhio e sbuffò. «Io rivoglio la mia famiglia, Ægon. E Thanatos lo è.» Si liberò del contatto con lui e gli diede le spalle, voltandosi su un fianco.

Ægon si morse l'interno guancia e annuì. Si puntellò su un gomito e le posò un lieve bacio sulla tempia. Il suo profumo gli invase i sensi e si ritrovò a socchiudere gli occhi. «Buona notte.» Si tirò in piedi e si incamminò verso la porta. «Se hai bisogno di me sai dove trovarmi.»

Aaliyah arricciò il naso. «Notte.»

Ægon si richiuse la porta alle spalle, appoggiandosi contro la superficie ruvida.

***

Ormai si era abituato all'idea che in quel covo di pazzi non ci fosse un attimo per la tranquillità. Ma c'era davvero tanta confusione.

Uscì dalla stanza che condivideva con Miguel e si guardò intorno. Il suo migliore amico doveva essersi svegliato presto quel mattino.

«Che diavolo succede?» Mormorò con la voce ancora impastata di sonno, rivolgendosi a Herica. La sua amica scrollò le spalle. Aveva lo sguardo preoccupato e fisso su Miguel, che camminava in tensione avanti e indietro.

«Qualcuno mi spiega che sta succedendo qui?» Ægon tremò nervoso, tenendo i pugni stretti in una morsa. Una sensazione d'ansia gli attanagliò le viscere.

Dov'era Aaliyah? Perché non era anche lei lì a discutere con tutti?

Doom gli lanciò un'occhiata. «'Liyah è scappata questa notte. Ha lasciato qui il suo quadrante per non farsi trovare da noi.» Bofonchiò.

Ægon sentì il mondo crollargli sotto i piedi. Nel pavimento si aprì una voragine che prese a trascinarlo a fondo. Una mano invisibile gli afferrò le caviglie. «C-cosa?»

Doom gli andò incontro a grandi falcate e lo afferrò per la casacca. Ægon provò a liberarsi della sua presa, ma fu impossibile. L'uomo lo spinse contro il muro e lo guardò dritto negli occhi. «L'hai convinta tu ad andare? Che cazzo le hai detto ieri sera?!»

«Non ho detto nulla! E toglimi le mani da dosso, prima che ti spacchi la faccia.» Ægon provò ad assestargli un calcio, ma Doom gli portò una mano alla gola.

«Ehi! Basta! Doom smettila, cazzo!» Ares lo afferrò per i fianchi e lo spinse lontano. «Lo sai anche tu che non le farebbe mai nulla. Aaliyah ha svegliato Eros questa mattina.» indicò l'altro disteso sul divano.

Ægon si sistemò nervoso il colletto della casacca. Riservò a Doom un'occhiataccia. «Fanculo.»

Doom si voltò di scatto verso di lui, ma Miguel gli si parò davanti. «Dovete trovare mia sorella. Non ammazzarvi tra voi. Non condivideremo molte delle vostre scelte ma posso assicurare che io e i miei amici teniamo a lei almeno quanto voi. Non le faremmo mai accadere nulla di male. Giusto?» si voltò a guardare Ægon ed Herica, che annuirono insieme.

Ægon spostò l'attenzione su Eros. Si era messo seduto da poco. Era ancora terribilmente pallido e le labbra bluastre stavano iniziando a riprendere colore. Il sudore gli aveva appiccicato tutti i capelli sulla fronte e delle occhiaie violacee gli contornavano gli occhi chiari. Ægon deglutì. Sembrava appena tornato dal mondo dei morti.

Doom si posizionò di fronte a lui, dopo avergli passato un bicchiere d'acqua. Eros tremava come un bambino spaventato, ma accettò di buon grado e prese grandi sorsi rumorosi, nel silenzio generale del salotto.

«Cosa ti ha chiesto questa mattina?» Ares lo guardò serio.

Eros si mordicchiò il labbro. «Io-io ricordo poco. Mi ha svegliato di colpo. Sembrava arrabbiata. So che lo siete. Io-io mi-mi dispiace. Se mi aveste detto prima che-»

«Non abbiamo tempo per le tue scuse, Eros. Non dovevi saperlo. Ora so che vuoi aiutarci, quindi dimmi che cazzo ti ha chiesto Aaliyah questa mattina.» Doom sbuffò spazientito.

Eros strabuzzò gli occhi. «Credo- credo che mi abbia chiesto se ricordavo ci fossero ingressi particolari alla Mostra. O dove erano venuti a prenderlo.» Si portò le mani alle tempie. Le lacrime gli solcarono le guance, come piccole gocce di rugiada al mattino. «Non lo so. Io- mi dispiace-» Il fiato gli si mozzò in gola. Non riusciva a respirare.

Ægon restò congelato sul posto. Solo la Mostra poteva averla catturata. Tutti i suoi incubi sembravano prendere vita. Eros fu percorso dalle convulsioni. Doom, Ares e Joanna lo circondarono. Miguel si inginocchiò ai suoi piedi, aiutandolo a rimettere, tenendogli la fronte.

Non poteva perdere ancora qualcuno. No. Non poteva.

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