Capitolo 35
Eros
«Posso sedermi?» Thanatos gli indicò il posto lasciato vuoto poco prima da Aaliyah.
Eros storse il naso e si strinse nelle spalle. «Perché? Se ti dicessi di no, mi uccideresti?»
Thanatos fece uno sbuffo sommesso e scivolò al suo fianco, restando barricato dal lato opposto dell'enorme tronco. Entrambi sedevano alle due estremità, come due poli identici di una calamita.
Eros si sforzò in ogni modo di ignorarlo. Eppure, c'era. C'era e la detestava, quella forza magnetica che in un certo senso continuava ad attirarlo a lui.
Evitò accuratamente il suo sguardo, strusciando il piede contro le pietruzze a terra.
«Sei ancora arrabbiato.»
«Sì. Pensavo fosse chiaro.»
«Non era una domanda, più una constatazione, ma capisco.» Thanatos bofonchiò. Alzò lo sguardo verso tutti gli altri.
Eros avrebbe voluto godere davvero di quella festa. Amava quelle persone, dopotutto gli avevano regalato una nuova vita, una famiglia, e di questo non poteva che esserne grato. Aveva accettato, all'inizio, di arrivare a Thanatos e fornire le sue informazioni al governo. In cambio sarebbe stato libero, sul serio. Lo avrebbero pagato bene e avrebbe potuto ricominciare la propria vita lontano da Sol, possibilmente. O almeno dal centro della città, avrebbe potuto fare da eremita nei boschi, gli sarebbe davvero piaciuto. Ma più aveva trascorso tempo con lui, più si era reso conto che, in fondo, quel mondo non gli dispiaceva e che si sentiva a casa.
Gli aveva anche promesso che non avrebbe toccato Djævel, però. E da quel momento tutto era cambiato.
Voleva vederlo soffrire, come meritava. L'unica persona al mondo a cui importasse di lui era morta. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime ancora una volta, al solo pensiero.
Serrò i pugni in due morse dolorose. Erano notti che non riusciva a dormire. Si rigirava più volte nel letto, pensando alla sua immagine. Ripercorreva mentalmente i loro momenti insieme, avrebbe voluto potergli sfiorare la cicatrice ancora una volta e addormentarsi sentendo la sua voce.
La sua voce.
A tratti gli pareva di starla già dimenticando.
Thanatos si stava avvicinando sempre di più. Vedeva la distanza tra loro accorciarsi e il suo profumo era sempre più forte. Eros detestava anche l'effetto che quel bastardo gli faceva. Non era giusto. Lo faceva sentire un ingrato, oltre che un mostro.
Thanatos si sistemò a disagio. «Senti, lo so che ti avevo fatto una promessa, okay? E ti assicuro che ci ho provato a mantenerla, ma non ho potuto. O me o lui.»
Eros si voltò a guardarlo lentamente. Storse il naso, poco convinto. Non gli importava. Se avesse voluto, avrebbe trovato un modo per evitarlo. Poteva anche metterlo fuori gioco e abbandonarlo nei boschi, avrebbe potuto cavarsela, almeno. Adesso gli restava come ricordo la loro ultima conversazione: un litigio.
Aveva sempre pensato che, una volta libero, avrebbe potuto chiarire con lui. L'avrebbe aspettato, ovunque fosse. Adesso non aveva neanche più quella speranza a cui aggrapparsi come un'ancora di salvezza.
Si sentiva esattamente come all'inizio di tutta quella storia. Senza amici, senza nessuno. Tutti i suoi sogni scoppiati come una bolla di sapone.
«Non mi importa. Avresti potuto fare qualsiasi cosa.»
Thanatos scosse il capo. «Se avessi potuto renderti felice, l'avrei fatto.» Gli lanciò una breve occhiata. «Farei qualsiasi cosa per farmi perdonare. Qualsiasi.»
Eros aggrottò la fronte. Aveva ripetuto quelle parole con fermezza. Un fruscio del vento lo fece rabbrividire e una scarica di freddo gli percorse tutta la spina dorsale.
Aveva la pelle d'oca.
Qualsiasi cosa.
Thanatos inclinò il capo. «Non stai parlando.»
Qualsiasi cosa.
Forse avrebbe potuto vedere fino a quanto si sarebbe spinto. Non che gli importassero le sue scuse, ma doveva assicurarsi di tenerlo tra le sue mani, di poter tirare i fili di quella marionetta. Adesso aveva l'occasione di vendicarsi. Aveva smesso di essere buono con tutti. Cosa ci aveva guadagnato in tutto quel tempo? Solo delusioni.
Per anni era solo stato bellissimo.
Voleva avere degli amici e li aveva persi.
Voleva una libertà per non essere schiavo solo della sua apparenza. E alla fine si era ritrovato a essere una delle puttane dell'Eden.
Ora era finita quell'epoca. Non era più quell'Eros. Quello era morto.
Thanatos aggrottò la fronte. «Stai bene?»
Eros si tirò in piedi. «Lasciami stare.» Se Thanatos era abbastanza testardo, l'avrebbe seguito. Si allontanò dal caldo tepore del falò e uscì da quella piccola oasi di paradiso. Calpestò nervoso i ciottoli, fino a rientrare nel bosco.
L'aria fredda lo investì come un gancio in pieno volto. Socchiuse gli occhi e si lasciò sfuggire un piccolo sorrisetto, quando sentì i passi di Thanatos alle sue spalle.
«Eros...» Thanatos provò a posargli una mano sulla spalla, ma lui sviò quel contatto.
«Ti avevo detto che avresti dovuto lasciarmi stare. Non avevi detto che avresti fatto di tutto?»
Thanatos aggrottò la fronte, con un'espressione confusa. «Se me ne andassi, però, non dimostrerei davvero quanto ci tenga a chiarire, no? Funziona così, vero?» Sbuffò. «Senti, sono abituato alla costante sensazione di sbagliare qualsiasi passo faccia, Eros. Ma non mi sono mai pentito di qualcosa, né tantomeno dispiaciuto per qualcuno. O almeno non da tempo...» Diede un calcio all'aria. «Quando dico che farei qualsiasi cosa, sono serio.»
Eros sbuffò. «Togliti la maschera, allora.»
Seguirono istanti di silenzio.
«Okay, qualsiasi cosa che non ti metta in pericolo, allora.» Thanatos si grattò dietro la nuca, ciondolando sul posto e spostando il peso del proprio corpo da un piede all'altro.
Eros sbuffò. «Straccia il mio contratto. Non l'hai mai fatto.»
Thanatos sgranò gli occhi. Annuì. «Subito. Non ho problemi a farlo...» Si incamminò verso i cunicoli sotterranei. Poi si voltò a guardarlo. Aveva la maschera metallica appena aperta sulle labbra ed Eros lo vide mordicchiarsi il labbro. «Se non l'ho fatto finora è perché... perché non avrei voluto che te ne andassi. Anche se, se pure lo avessi fatto, non sarei mai venuto a cercarti o a reclamarti come mio. Non lo sei. Non lo sei di nessuno, avrei disattivato il chip che ti appartiene.»
Eros sentì le lacrime pizzicargli gli angoli degli occhi ancora una volta e le ingoiò, riservandole nel fondo del proprio rancore.
Thanatos tirò su la botola e si fece da parte per farlo entrare per primo. Eros sospirò piano. «Non ho intenzione di andarmene da qui...» Ed era vero. Ma forse avrebbe dovuto farlo. D'altronde, quando avrebbe consegnato Thanatos, dubitava che gli altri lo avrebbero voluto di nuovo dalla loro parte.
Thanatos balzò giù, raggiungendolo. Nella caduta verso il basso, la sua spalla sfiorò quella di Eros, che sentì una scarica colpirlo per tutto il corpo. Lo stomaco sobbalzò, richiudendosi in una morsa dolorosa, ma piacevole.
«Seguimi.»
Eros annuì, stringendosi nelle spalle. «Non credo che basterà a perdonarti.»
«Lo so. Però è un inizio. Almeno adesso mi parli, quindi, personalmente, la reputo una vittoria.»
Eros trattenne in ogni modo un sorriso. Fu difficile costringere le proprie labbra a non piegarsi ai lati. «Che deficiente.»
«So anche questo» Thanatos si voltò a guardarlo, ammiccando, mentre camminava tra i corridoi. «Cacchio, quanto sono onnisciente, eh?»
Eros fece uno sbuffo rumoroso, costringendolo a stare zitto. Lo seguì fino alla sua camera. Thanatos gli lanciò una breve occhiata.
Continuava a fissarlo in modo strano. Eros non poteva di certo vedergli il volto. Ma il suo corpo era teso, in allerta. Aprì lentamente il proprio armadio ed Eros intravide una divisa.
Una divisa insanguinata.
La rabbia riprese a montare.
Aveva conservato quella cazzo di divisa per farne cosa? Il proprio bottino di guerra? Aveva spogliato Djævel? Lui e Doom avevano pensato di togliergli qualsiasi dignità, consegnandolo in stato pietoso? Voleva colpirlo. Forte. Strinse i pugni, affondando le unghie nei palmi. Doveva restare calmo. Doveva continuare a condurre Thanatos nella direzione che voleva.
Eppure, quanto avrebbe voluto spaccargli quella maschera e prenderlo a pugni a volto scoperto.
Non fece in tempo a fare altre domande, che Thanatos prese la pergamena del suo contratto.
Quello che aveva firmato col proprio sangue davanti a Poul e che Thanatos gli aveva strappato dalle mani. Il demone notturno sfilò un accendino dalla tasca dei pantaloni e, tenendo lo sguardo fisso su di lui, bruciò quel pezzo di carta. Poi prese un paio di grossi respiri, prima di parlare. «Eros Thorne, da questo momento io ti rendo un uomo libero.» Avvicinò una pistola al suo polso. Il bip risuonò nel silenzio ed Eros vide il chip illuminarsi di rosso, da sotto la sua pelle.
Eros si soffermò a fissare il proprio contratto bruciare. Le fiamme lambivano gli angoli della pergamena, li fagocitavano, mentre i resti si piegavano su loro stessi. Thanatos lanciò quel poco rimasto a terra e lo calpestò, continuando a lanciargli delle occhiate. «Posso fare qualcos'altro?»
Eros era stordito. Era davvero libero. Ormai il Governo non avrebbe dovuto fare più nulla per lui. In realtà neanche gli interessavano tutti quei soldi. La voglia di vendicarsi era ancora lì: all'altezza dello stomaco a bruciare come quelle fiamme di prima.
Scrollò le spalle. «Domani ho intenzione di andare in giro.»
«Sai che non puoi-»
«Avevi detto qualsiasi cosa.»
Thanatos fece uno sbuffo rumoroso. «Di notte, però»
Eros fece un sorrisetto trionfante e annuì. «Bene. 'Notte.» Si allontanò, facendo per uscire, ma Thanatos gli afferrò il polso. La sua presa era calda sulla pelle, nonostante i guanti a separarli, Eros percepì una sensazione familiare scaldargli il corpo.
«Verrò a chiamarti io. Hai idea di dove andare?»
«Voglio dipingere sul campanile.»
Thanatos annuì, facendo un piccolo sorriso. «Bene, va bene.»
Eros aprì la porta della camera e, dopo un breve cenno col capo, se la richiuse alle spalle. Si appoggiò alla parete e prese dei grossi respiri. Andava tutto bene. Poteva farcela.
Scivolò a terra, strusciando con le ginocchia sul pavimento. Si acquattò ai piedi del letto e riuscì a tirare fuori, dopo essersi leggermente abbassato, il proprio zaino. Si rigirò tra le mani un orologio che gli avevano affidato. Lo aveva utilizzato solo poche volte, per avvisare che stava cercando di mettersi in contatto con Thanatos.
Poi aveva smesso di aggiornarli. Ed erano iniziate le ritorsioni. Non appena Sylvie aveva spifferato il suo nome ai soldati, Eros era diventato immediatamente un ricercato, nonostante gli fosse stata garantita la protezione.
Volevano intimidirlo. Speravano che così facendo si muovesse a portare al termine il proprio compito.
Premette l'indice sul touch screen e fece partire un breve messaggio, digitando velocemente sullo schermo. Nel silenzio della stanza rimbombava solo il ticchettio dei polpastrelli sul quadrante.
Mandò loro orario indicativo e posizione. Tentennò per alcuni istanti a fissare il proprio messaggio. Poi alzò lo sguardo sulla parete della sua stanza e fissò il ritratto di Djævel che aveva affisso.
L'immagine del suo corpo senza vita lo tormentava da infinite notti.
Poi c'era quella divisa. Quella divisa insanguinata.
Strinse le labbra in una linea ferrea e inviò il messaggio. Era fatta. La vendetta doveva avere un buon sapore, eppure era così amara. Sentì la bocca riempirsi di uno strano sapore metallico e solo allora realizzò di aver mordicchiato tanto forte le labbra da provocarsi dei piccoli tagli.
La vendetta non era poi così succulenta. Lo stomaco gli si attorcigliò e la gola era in fiamme. Che cazzo aveva appena fatto?
Si tirò le gambe al petto, appoggiandosi al letto e lasciandosi andare a un pianto esasperato. Stava diventando un mostro.
***
Thanatos batté una serie di colpi contro la sua porta, facendolo sussultare. Aveva trascorso la giornata intera a rimuginare sulle sue scelte del cazzo. Forse doveva portare Thanatos da qualche altra parte. Forse aveva sbagliato. Ma poi risentiva la voce di Djævel risuonare nella sua mente e tutto cambiava di colpo.
«Arrivo!» Eros aprì la porta. Thanatos lo osservava coi pugni chiusi sui fianchi e inclinò il capo.
«Pensavo fossi volato via, uccellino.»
«Non ti ho perdonato a tal punto da permetterti di utilizzare di nuovo quel soprannome stupido.» Eros trattenne a stento un sorriso. Ma che diavolo gli prendeva?
Thanatos alzò le mani in segno di resa, brontolando delle scuse. Col capo chino, lo seguì fin fuori dal loro nascondiglio.
Le stelle alte nel cielo sembravano fissare con fredda e distaccata disapprovazione le sue scelte. Erano silenziose testimoni di quello che avrebbe fatto. La Luna non avrebbe più nascosto i suoi segreti. Alla luce del sole aveva imparato a difendersi, ma la notte... la notte conosceva tutto il suo lato peggiore, da sempre.
Thanatos lo affiancò, mentre si muovevano di soppiatto per le strade fin troppo silenziose della città. Saltò da un tetto a quello successivo e attese che Eros lo raggiungesse.
«Hai portato tutto, vero?»
Eros sforzò un sorriso. Batté la mano sulla borsa di pelle e annuì. «Certo. Fogli e matite. Non vedo l'ora di approfittare di quella bellissima vista dall'alto.»
Thanatos fece per parlare. Vide il suo petto alzarsi, ma poi si lasciò andare a uno sbuffo e restò in silenzio.
Raggiunsero la sommità dell'edificio. Una folata di vento gelido lo fece rabbrividire, sembrava volergli impedire di salire quelle scale e arrivare lì in alto, dove si sarebbe conclusa la sua opera di tradimento.
Eros strinse forte a sé la propria borsa, lasciando che le unghie strusciassero sulla pelle. Thanatos andò a sedersi sul cornicione del campanile. Lasciò penzolare le gambe nel vuoto e socchiuse gli occhi. «Mi chiedo cosa cazzo tu voglia dipingere. Capisco la vista ma non è nulla che faccia impazzire. Potresti fare un ritratto a me, tanto per iniziare.»
Eros si guardò intorno, nervoso. Sfilò dalla borsa una serie di fogli e iniziò a grattare la punta della matita. Storse il naso. Poi un fruscio scattò nel silenzio.
Una freccetta si conficcò nel collo di Thanatos. Lui si portò la mano al punto colpito e sbatté gli occhi. I meccanismi della maschera emisero un sibilo. «Ma che cazzo succede-»
Eros sussultò, quando sentì dei passi avvicinarsi. Si voltò a guardare alle proprie spalle e intravide un uomo con indosso la maschera di un imperatore dei tempi antichi avvicinarsi. Incrociò le mani dietro la schiena e sorrise. «Forse, Thanatos, hai scelto gli alleati sbagliati.»
Thanatos provò a sferrare un pugno, ma rischiò di perdere l'equilibrio. Le sue gambe tremolarono, facendolo crollare sulle proprie ginocchia a terra. Alzò lo sguardo verso Eros. «Fanculo.» bofonchiò, provando a tirarsi in piedi senza grandi risultati. «Perché? Avevo detto che avrei fatto qualsiasi cosa per te.»
Eros serrò la mandibola. «Hai ucciso la persona che amavo.» Sentì le lacrime pizzicargli gli angoli degli occhi.
Thanatos si lasciò sfuggire un rantolo doloroso.
L'Imperatore ciondolò il capo, lasciandosi andare a un risolino divertito, a tratti inquietante. La sua risata lo avrebbe potuto tormentare davvero per tutte le notti. Sembrava squarciare quella tela del cielo stellato. Poi diede una pacca sulla spalla di Eros. «Sai, ti avevo chiesto di diventare loro amico, infiltrarti e dirmi dove si nascondevano. Non mi aspettavo me lo consegnassi così, come un pacchetto regalo.» Rise ancora. «Devi essere proprio una brava puttana, in fondo. Peccato che adesso sei libero.» Gli posò una serie di banconote in mano. Un'altra gliela lanciò addosso come facevano tanti ospiti all'Eden, prima di costringerlo a inginocchiarsi tra le loro gambe.
Eros sentì la bile acida risalire su per la sua gola, spezzandogli il corpo in due parti. Strizzò gli occhi, cercando di mandare giù le lacrime. «Io-»
Thanatos gli lanciò un'occhiata crudele. «Chiamalo ancora così e ti prenderò a pugni sul muso-»
«Certo, sembri un gattino indifeso, ora.» L'Imperatore rise, quando vide Thanatos svenire ai suoi piedi. Poi si rivolse a Eros, facendo un sorriso, le labbra erano l'unica parte non nascosta dalla sua maschera. «Adesso lo portiamo alla Mostra. Vuoi venire con noi? Poi sarai libero.»
Eros sentì il cuore schizzargli in gola, chiedendosi perché stesse seguendo l'Imperatore giù dal campanile, mentre alle loro spalle c'erano alcune guardie che portavano il corpo svenuto di Thanatos.
Forse quell'uomo aveva ragione.
Era nato per essere una puttana, per essere toccato e sfiorato.
Alla fine, per quanto si fosse ostinato a essere diverso, a rinascere, era tornato al punto di partenza: vendendosi pur di sentire qualcosa. E aveva deluso tutti, ancora una volta.
Aveva bisogno di bere. O di prendere qualcosa di così forte da dimenticare tutto.
Era esausto.
Ancora una volta.
☀️☀️☀️
Angolino
Ed eccoci qui a un punto cruciale della storia🧘♀️
All'inizio di SAC era accennata questa cosa, ci eravate arrivati?
Eros è una sorta di narratore inaffidabile.
Alla prossima, chissà che succederà 👀
Ps. Questa storia avrà diverse stragi, abituatevi all'idea💃
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