Capitolo 29

Thanatos

L'aveva fatto. L'aveva ucciso. Aveva dovuto. Non c'era altra scelta. Quando aveva stretto quella stupida promessa con quel cuore tenero di Eros, sapeva di star mentendo. Sapeva benissimo che sarebbe arrivato all'inevitabile. Era consapevole che il nuovo Generale fosse ormai già un condannato a morte.

Non che gli interessasse di lui, era un sopravvissuto idiota, una parte di sé da cancellare. Era stato costruito sulla repressione, sul dolore. E aveva dovuto farlo fuori.

Eros, però, non gliel'avrebbe mai perdonato.

Era quel continuo pensiero a tartassarlo, come un picchio, batteva contro le pareti della sua testa e gli dava il tormento. Forse Eros avrebbe smesso di vederlo così?

Era l'unico a non aver visto un mostro in lui e, forse, un po' gli era piaciuto crogiolarsi in quell'amara bugia.

Ma, in fin dei conti, era meglio così. Nessuno avrebbe dovuto restare tanto a lungo al suo fianco. Aveva da sempre deluso tutti, anche la sua famiglia. Fin dalla propria nascita.

Thanatos prese un grosso respiro, inspirando l'aria fredda della notte. Camminava avanti a tutti i prigionieri. Le mani e le braccia erano state legate e gli occhi bendati. Seguivano a tentoni tutti loro. Ares e Aaliyah si occupavano di loro alle sue spalle.

Thanatos si mordicchiò il labbro, in tensione. Continuava a ripetersi che Eros non l'avrebbe mai perdonato e che avrebbe dovuto farsene una ragione, che era giusto. Eppure, non voleva rinunciare ai suoi sorrisi, non del tutto.

Ma allo stesso tempo doveva tenerlo al sicuro da sé stesso. Se gli fosse successo qualcosa a causa sua, non sarebbe mai riuscito a perdonarselo.

Sentì i passi di Ares in avvicinamento e si irrigidì, quando l'amico gli posò una mano sulla spalla. «Allora, ti sei divertito molto, prima?»

Thanatos lo osservò con la coda dell'occhio. «Non vedi il sangue che mi sporca? Tantissimo. È stato divertente fare a pezzi quel vigliacco. Era da tempo che l'avevo sfidato.» Strattonò le maniche della sua casacca, fino a coprirne bene i polsi. Si sistemò i guanti di pelle, così da nascondere ogni centimetro della propria. Ares non era un idiota, o almeno non lo era del tutto.

«Strano. Non ci hai mostrato la sua testa. Di solito sei particolarmente plateale.»
«Non c'era abbastanza tempo per esserlo, purtroppo. Ma l'ho carbonizzato abbastanza.» Thanatos sentiva la tensione accrescere lungo la schiena.

«E a Eros non hai pensato? Non gli avevi fatto una promessa? Poteva essere uno dei prigionieri come gli altri. Mi hai detto di non toccarli tutto il tempo. Avrei potuto ucciderli io molto prima.» Ares scrollò le spalle.

Thanatos sapeva benissimo che ne era capace. Il piano era stato quello fin dall'inizio. Doveva farsi catturare, fingere di dare loro una posizione e portarli nella trappola appositamente preparata. Era andato tutto secondo i calcoli di Doom, se non fosse stato che Aaliyah aveva provato a mandare tutto a puttane. Avrebbero potuto avvisarla, certo, ma Doom non si fidava di lei, non da quando aveva notato un certo interesse per il loro piccolo nuovo prigioniero. Ægon era un soldato valido e attento. Thanatos aveva percepito dell'interesse tra i due ragazzi, così aveva dato ordine ad Ares di non toccare nessuno di loro. Ci avrebbe pensato lui con una squadra speciale a intervenire.

«Erano quelli i piani, Ares.» Thanatos lo guardò con la coda dell'occhio. «Avremmo messo fuori gioco il Generale e mandato il Governo nel panico. Doom nei giorni scorsi si è occupato di un paio di membri. Tutto sta andando secondo i piani.»

Ares ridacchiò sommessamente. «Va bene. Allora ti faccio un'altra domanda. Perché non dici a Eros la verità?»
Thanatos si irrigidì come un tronco di legno. Si voltò cauto nella direzione dell'amico. «Quale verità? Che sono bellissimo senza maschera? Potrebbe restare accecato da tutta questa meraviglia.» Scherzare. Era la sua unica via di fuga. Quando il mondo andava a pezzi, lui si limitava a intrattenere momenti da clown per le sue sorelle. Quando suo padre urlava come un forsennato contro qualcuna di loro, Thanatos si chiudeva in stanza con le altre e improvvisava numeri di magia e spettacoli divertenti con i burattini, per tenere le grida lontano da loro.

Ares fece un mezzo sorriso. «Secondo me eviteresti che tutto quello che hai provato a costruire vada in mille pezzi.»

Thanatos si arrese all'evidenza. Forse era stato bravo a mentire per anni a tutti, ma non a lui. In pochi giorni aveva smascherato la farsa. «Perché, se sapesse, sarebbe troppo esposto e in pericolo.» Era più bravo a farsi odiare. In quello era un campione. Fin da bambino si era abituato all'odio di suo padre. D'altronde, con la sua nascita, sua madre era morta. Quale mostro causerebbe la morte della propria mamma? Era un demone, suo padre non aveva fatto altro che ricordarglielo, relegandogli quel pensiero anche come nome. Era cresciuto nel suo odio e in quello della famiglia. Era il maledetto. Tutti si allontanavano da lui, quando lo vedevano in giro. Ci aveva semplicemente fatto l'abitudine.

E se Eros l'avesse odiato, sarebbe andato bene. Aveva già ricevuto troppo affetto da lui, non l'avrebbe di certo recriminato. Quei piccoli gesti buoni erano stati anche tanti. Ne avrebbe conservato il piacevole ricordo.

Ares emise un sospiro frustrato. Thanatos si voltò a guardare indietro i prigionieri.

E poi c'era Miguel, tra loro. Continuava a parlare ai suoi amici, cercando di rassicurarli. Aaliyah gli lanciava occhiate incuriosite. Non si vedevano da anni, ma era chiaro che entrambi stessero iniziando a porsi delle domande.

Non a caso, la ragazza gli si affiancò, non appena Ares arretrò per controllare i prigionieri.

«C'è qualcosa che devi dirmi, tenerone?» Gli diede una gomitata scherzosa al fianco, che lo fece sussultare.

Thanatos roteò gli occhi. Non era tenero. Era un mostro spaventoso, pensava fosse abbastanza chiaro.

Scosse il capo nervoso. «Certo che ci hai messo tanto tempo a unire i puntini. Pensavo fossi più intelligente, tesoro, vista la tua passione per calcoli-»

Aaliyah gli pestò il piede con cattiveria, strappandogli un mugugno. «Grazie... anche se non avrei voluto incontrarlo come un prigioniero. Cosa dovrei dirgli ora?»

Thanatos si strinse nelle spalle. Lo stava davvero chiedendo a lui? Disastro ambulante delle relazioni sociali che aveva appena mandato a puttane qualsiasi cosa potesse star nascendo con Eros? E poi era lui famoso per essere una frana. «E io che ne so. Te l'ho trovato. Ora sono cazzi tuoi. Cosa volevi che facessi? Che te lo impacchettassi con tanto di fiocchetto?»

La ragazza increspò le sopracciglia. Arricciò il naso, in un'espressione teneramente infastidita. «Mi dici che problemi hai? Cos'è successo? Perché sei così acido?»

Thanatos sbuffò. «Ti assicuro che ho un buon sapore. Puoi chiedere alle mie o ai miei amanti-»

«La smetti?!» Aaliyah strinse i pugni. Poi un sorrisetto affiorò sulle sue labbra e ghignò. «Oh, adesso mi è tutto chiaro.»
«Sul serio? Non per essere offensivo, ma dubito seriamente tu possa aver compreso qualcosa.»

«Sei in tensione perché Eros vorrà ammazzarti, quando saprà che hai ucciso il Generale. D'altronde, gliel'avevi promesso.»

Thanatos si portò le mani sulla maschera. «Insomma, a quanta gente ha detto di questa fottuta promessa? Era necessario sbandierarla a tutti?!»

Aaliyah ridacchiò. «Sei in ansia, ammettilo.»
«Io non sono mai in ansia.» Thanatos si definiva anche il re dei bugiardi, oltre che meraviglioso. Forse iniziava a capire perché lo definivano una diva, in effetti.

«E comunque lo ha detto a me. Io l'ho raccontato ad Ares. E lui lo ha detto a Doom-»

Thanatos le portò un dito davanti alla bocca. «Bene. Non credo di voler sapere a chi altro abbia parlato quell'uccellaccio del malaugurio di Doom.»

Aaliyah ridacchiò. «Non ti indorerò la pillola. Sì, si arrabbierà parecchio.»

Thanatos si fece sfuggire un mugugno. L'aria della notte era fredda e una folata di vento sferzò la sua schiena, facendolo sussultare. All'inizio, in quei boschi si sarebbe perso. Adesso li conosceva come fossero parte di lui. Riconobbe uno degli alberi e tastò il terreno. Spostò le foglie, rivelando una botola.

Ægon, alle sue spalle, provò a strattonare Ares e a liberarsi delle catene. Ma Ares lo bloccò in tempo e schioccò la lingua contro il palato. «Mi dispiace, ragazzino. Non funziona con me.»

Thanatos, dopo aver aperto la botola, si avvicinò ad Aaliyah, che fissava Ægon con apprensione. «Neanche tu mi sembri in un'ottima posizione. Magari ti perdonerà.»

Aaliyah gli assestò un pugno allo stomaco, facendolo contorcere su sé stesso. «Quanto sei deficiente, cazzo.»

Thanatos tossicchiò. «Che c'è? Ho percepito una certa elettricità tra voi. E poi ha il tuo foulard nello zaino.»

Ægon aggrottò la fronte. «Scusa e tu che cazzo ne sai?»
Thanatos scrollò le spalle. «Io so sempre tutto, ragazzino. Fossi in te, me ne starei buono e zitto, vista la tua posizione.»

Aaliyah roteò gli occhi al cielo. Fu la prima a calarsi giù per i sotterranei. Thanatos attese che tutti la imitassero, anche i prigionieri.

Si guardò intorno, osservando la foresta con un sospiro pesante. Un grosso peso gli premeva sul petto. Abbassò lo sguardo a fissare le proprie mani: tremavano per l'agitazione.

Poi si arrese all'evidenza. Era un mostro destinato alle fiamme e all'odio. Non c'era spazio per l'amore nella sua vita. Raggiunse gli altri e richiuse la botola dietro di sé, pronto ad affrontare l'inevitabile.

Più avanzava attraverso i cunicoli bui dei sotterranei, più sentiva la tensione accrescere. Teneva così stretta tra le mani la torcia, che si rese conto di avere dolore alle dita; le nocche pallide e bianche.

Il sudore gli imperlava la fronte, così fastidioso sotto la maschera. Mai si era sentito così, neanche prima di uno scontro importante. Aveva affrontato il Generale Schultz senza problemi, senza un minimo di tensione e rimorso.

Credeva che quel tipo di sensazioni fossero sparite in lui, che non fosse più capace di provarle. Ormai aveva perso già tutto, cos'altro avrebbe potuto renderlo di nuovo così vulnerabile? Poi era piombato Eros, che, nonostante fosse convinto di essere un buco nero, illuminava ogni cosa con un semplice sorriso. E diamine, adesso la consapevolezza di perderlo gli stava bruciando corpo e anima come se fosse circondato dalle fiamme dell'inferno.

Sbuffò piano, quando le luci del salone principale lo accolsero. Erano tutti lì, anche i due gemellini.

La gola gli si seccò di colpo. Gli mancava l'aria.

«Eccovi!» Joanna andò loro incontro e travolse Ares in un abbraccio. Gli accarezzò le guance, asciugandogli la sporcizia delle torture dal volto. «Stai bene?»

Lui annuì, sorridendo piano. «Ora sì.»

Thanatos fece uno sbadiglio rumoroso. Quante dolci smancerie insopportabili.

Doom se ne stava seduto al bancone. Teneva lo sguardo fisso su di loro e, ovviamente, accanto a lui era sistemato Eros. Non riusciva a sostenere il suo sguardo. Non poteva farlo, così Thanatos si limitò a presentare i nuovi arrivati.

«Ecco i nuovi sfigati arrivati. Siamo sicuri che, vedendo il mondo coi nostri occhi, riusciremo a farli unire a noi.» La verità era che attraverso quei tre ragazzi della squadra speciale volevano dare un segnale al Governo: non si sarebbero fermati davanti a nessuno, lo avrebbero abbattuto, partendo dalle sue radici e facendo saltare in aria anche l'ultimo mattone.

Jacob Schultz avrebbe dovuto raccontare di ciò che era successo, avevano sacrificato il più codardo, che si nascondeva dietro una costruita facciata da eroe.

E poi, aveva promesso ad Aaliyah di portarle suo fratello.

Doom batté una mano sul tavolo. Indicò i tre ragazzi. «Ho fatto preparare delle comode celle per iniziare. La conversione dovrà essere un processo graduale.»

Ægon storse il naso. Aveva gli occhi arrossati. Era davvero così affezionato a quel perdente? «Immagino che questo sia proprio il modo migliore per convincerci.»

Doom fece un sorrisetto. «Io vi avrei uccisi tutti platealmente, ragazzino. Ma qualcuno ha insistito per tenervi vivi.»

Thanatos evitò il suo sguardo. Fece segno ad Ares di seguire Doom, che mostrò loro le celle adibite. In realtà le trovava molto simili alle loro stanze, se non fosse che c'erano effettivamente delle sbarre, per tenerli sotto controllo.

Ægon si voltò a guardare Aaliyah che abbassò gli occhi sulla punta delle scarpe.

Effettivamente, Thanatos non aveva idea di chi fosse nella peggiore delle situazioni. Vide Eros tirarsi in piedi, pronto ad avanzare nella sua direzione.

Doveva evitare qualsiasi conversazione. Era un codardo, nel profondo. Così prese il megafono e attirò l'attenzione di tutti, dopo averlo acceso. «Perché non facciamo un bell'applauso al nostro Ares? Non merita una bella festa?»

Schioccò le dita in direzione di Elios, una delle loro giovani leve. Il ragazzo annuì felice e accese uno stereo, facendo partire una musica assordante. Aaliyah sbuffò, alle sue spalle. «Non potrai nasconderti per sempre, lo sai?»

Thanatos iniziò a servire da bere. Prese un lungo sorso di rhum e strizzò gli occhi, per mandare giù il bruciore dell'alcol, che aveva preso a dar fuoco alla sua gola. Sperava incendiasse anche il suo senso di colpa, in realtà.

Ridicolo. Ecco cos'era. I sentimenti lo stavano rendendo così follemente ridicolo. Avrebbe voluto poterli congelare.

Eros riuscì a scansare tutti i suoi compagni, intenti a ballare e saltellare ovunque, inebriati dai fiumi di birra. Gli si avvicinò a tentoni e si appoggiò al bancone, al suo fianco.

Thanatos se ne restava con la schiena posata contro il bancone e i gomiti puntellati sul bordo, mentre in una mano conservava ancora il bicchiere vuoto del rhum di poco prima.

«Allora, com'è andata?»
«Bene, non vedi? Sono tutti qui.»

Eros storse il naso, ingollando della birra. Socchiuse gli occhi. Si voltò poi verso di lui, a fissarlo intensamente. «Non proprio tutti.»

Thanatos sentì il cuore schizzargli in gola. «Beh, non so tu cosa sperassi, ma sai com'è, non credo che il Generale avrebbe abbracciato la nostra causa. So che lo cercava anche il fidanzato della sua procreatrice morta.» Gli tremò la voce per un istante e tossicchiò, cercando di darle più vigore. Era sempre colpa sua.

Eros sospirò piano. «E che fine ha fatto? Hai del sangue sulla maschera, lo sai?» il suo tono era spaventato. Thanatos si girò a guardarlo per un istante e se ne pentì immediatamente, perché quegli occhi chiari sembravano naufragare in un mare di paura e dolore. In fondo lo sapeva anche lui.

Thanatos non riuscì a sostenere quello sguardo, così deviò il contatto visivo bruscamente. Fissò un punto indefinito della festa. Tutti ballavano e cantavano, semi ubriachi. La loro felicità era un paradossale contorno. Si sentì rinchiuso in una bolla e le pareti della stanza sembravano restringersi attorno a lui e ad Eros. Un lento supplizio che lo avrebbe portato a vomitare la verità.

«L'ho ucciso.»

Silenzio. O meglio, Eros non gli parlò per qualche istante. Thanatos si concesse il lusso di sbirciarlo. I suoi occhi si gonfiarono di lacrime. Eros serrò poi la mandibola e strinse la mano attorno alla bottiglia di birra. «Avevi promesso.»

Era il momento. Era stato sempre così semplice farsi odiare, perché con Eros doveva essere sempre complicato?

«Mi ha attaccato. Dovevo difendermi. Cos'altro avrei dovuto fare? Preferivi la sua vita alla mia?»

Eros si fece scappare una risata amareggiata. «Vaffanculo. Avevi fatto una promessa.»
«Perdonami se non mi importa della vita di un codardo bastardo.»

Eros batté un pugno sul bancone. Le lacrime presero a rigargli le guance. Lo afferrò per il colletto della casacca e Thanatos glielo lasciò fare. Lo meritava, in fondo. Quel dolore era parte di sé. Era giusto così.

«E ovviamente a te non importa un cazzo di ciò che penso io, no?» Eros lo strattonò. «Era importante per me-»

«Smettila di credere al vissero felici e contenti, idiota.» Thanatos se lo scrollò da dosso. «Lo rifarei. E vaffanculo, cos'ha fatto lui per te? Ti ha forse reso libero?»

Eros gli assestò un pugno allo stomaco. Thanatos si piegò su sé stesso.

«Mi ha trattato come un essere umano. E non mi importa cosa pensi, non sarai mai alla sua altezza. Fanculo. Sei un cazzo di mostro. Pensavo ti importasse di me.»

Thanatos tossì e strinse i pugni.

Mi importa così tanto di te, che preferisco che mi odi pur di tenerti al sicuro dai miei guai.

Si tirò in piedi, sbattendo le palpebre. Gli occhi della maschera metallica seguirono il suo stesso movimento. «Hai finito con le sceneggiate?» Indicò con un cenno del capo tutti gli altri, che avevano smesso di divertirsi, attirati dal loro teatrino. Eros lo avrebbe odiato. Avrebbe smesso di fidarsi di lui. E forse in fondo aveva ragione. Lo meritava quell'odio, fin dalla nascita.

Eros tremò nervoso. Strinse così forte la bottiglia di birra che si spaccò nelle sue mani. Gocce vermiglio caddero a terra e la mano restò insanguinata.

Thanatos si avvicinò. Voleva prendergli la mano, ma Eros si scansò, riservandogli un'occhiata rabbiosa. «Stammi lontano, mostro.» Si asciugò la mano dal sangue con un tovagliolo e gli svuotò addosso un bicchiere di rhum. Thanatos chiuse gli occhi, serrando i pugni in due morse dolorose. Eros, con gli occhi annebbiati dalle lacrime, si allontanò, dandogli una spallata per passare.

Thanatos restò bloccato sul posto e sospirò piano. Si passò una mano sulla maschera. Vide Aaliyah scattare sul posto, per tallonare Eros.

Doom gli si avvicinò a passo leggero, tenendo le mani nascoste dietro la schiena. «Capisco le tue motivazioni. Sicuro di non avere ripensamenti, Storm?»

Djævel serrò la mandibola. «Sicuro.»



☀️☀️☀️
Angolino
L'avevate capito?
È stata dura confondervi tutto il tempo, ma vi ho lasciato taaaanti indizi. Una di voi lo aveva capito al terzo capitolo e ho dovuto mentire palesemente, scusami😂❤️.
Alla prossima

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