Capitolo 26
Doom
Notte strana. Una delle tante, in realtà. Aveva trascorso tutto il tempo a fissare la parete della sua stanza.
Un'immensa ragnatela di documenti era affissa sul muro, puntellata da piccoli chiodini colorati. Ogni piccola foto o disegno rappresentava uno di loro.
E presto sarebbe arrivato a tutti, si sarebbe abbattuto sulle loro teste come un angelo della Morte. Si mise a sedere. Il letto cigolò sotto il suo peso. Non staccò lo sguardo dalla parete di fronte neanche per un solo istante.
C'erano tutti i loro nomi. Li aveva tutti davanti a sé, brillavano come piccole stelle, che presto avrebbe fagocitato nel proprio buco nero. Come un predatore aveva saputo aspettare.
E Thanatos si era rivelato un alleato più che ottimo. Gli aveva risolto tante rogne.
Fece schioccare il capo, massaggiandosi poi il collo.
Il Custode. Forse era più che vicino. Avrebbe potuto approfittarne.
Balzò giù dal letto, veloce e scattante come un gatto. Si piazzò davanti alla bacheca che aveva costruito e accarezzò uno dei fili rossi, fino a seguirne la traiettoria. Batté il polpastrello contro la foto del Custode. Si ricordava il suo faccino goffo, quel parrucchino che non riusciva a nascondere la calvizie e l'odiosa vocina stridula.
Presto sarebbe stato solo carne per vermi.
Doom storse il naso, quando sentì una porta chiudersi sul corridoio. Si tese in avanti e scostò appena la porta, il giusto per affacciarsi e passare comunque inosservato.
Vide Eros infilarsi nella stanza di Aaliyah e, se il suo sesto senso non lo ingannava -cosa che non succedeva da anni-, erano sicuramente in combutta per combinare qualche pasticcio. E di certo c'entrava Thanatos e la sua recente scomparsa.
Se solo avessero saputo quanto era importante la sua pedina in quel momento, forse avrebbero smesso di mettere disordine sulla scacchiera. Doom era pronto da anni a fare scacco matto al Governo e aveva puntato tutto sul proprio cavallo di battaglia. Thanatos non avrebbe dovuto concedersi distrazioni. Lo aveva scelto perché, come lui, aveva perso tutto. Era difficile risvegliare qualcosa in un animo corroso dal dolore e dal desiderio di sangue e vendetta.
E poi era arrivato quell'idiota di Eros. Così terribilmente simile a una versione di persona buona che conosceva fin troppo bene.
Doom aveva imparato sulla propria pelle cosa significasse dedicarsi sempre a tutto. Sapeva cosa volesse dire impegnarsi per essere sempre la migliore versione di sé stessi. Ed era consapevole di cosa volesse dire vedere tutti i propri sogni infranti. Tutte le proprie parole rovesciate e distorte. I propri progetti distrutti e rivoluzionati.
Eros sarebbe caduto. Proprio com'era successo a lui. Perché Sol non aveva spazio per gli animi buoni. Li calpestava, li riduceva a brandelli fino a insegnare a sopravvivere coi propri cocci.
Doom assottigliò lo sguardo e fissò il proprio orologio. Aveva un appuntamento tra un'ora e una voglia matta di sapere cos'avrebbero combinato quei due.
Non poteva permettere che succedesse loro qualcosa, o il suo migliore uomo si sarebbe distratto troppo. Forse era stato un errore accettare Aaliyah in famiglia e affidarla proprio a lui. Ma aveva pensato che, in quel momento, avesse più bisogno Thanatos di qualcuno da amare. Doom era marcito, quando tutto era crollato.
Di sé non era rimasto più nulla. E forse neanche il cuore, quello ormai lo aveva perso per sempre.
Socchiuse gli occhi, prendendo un grosso respiro. Si ficcò una sigaretta tra le labbra. La nicotina era un piacevole vizio a cui si aggrappava nelle serate peggiori e solitarie. La sua, poi, era diversa. Aveva sintetizzato una piccola droga che lo tenesse attivo, così poteva risparmiarsi ore di sonno e incubi.
Rimorsi più che altro.
Aaliyah ed Eros sarebbero stati uno dei suoi prossimi problemi. In quel momento aveva da fare.
Affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e si allontanò dalla propria stanza. Dopo essersi accertato di aver chiuso per bene a chiave, pigiò l'indice su un piccolo dispositivo accanto alla porta. Digitò il codice di chiusura. Ventisei sette venticinque cinque.
Gli si strinse quel poco che restava di quell'odioso e debole organo pompante nel petto e si allontanò, a capo chino.
«Dove vai?» Asclepio si sistemò gli occhiali con il solito tic nervoso.
Doom ciondolò il capo di lato, liberando un sorrisetto sarcastico. «E a te che importa, per l'esattezza?»
«An-»
«Non chiamarmi col mio nome, idiota. Quella persona non esiste più. Ho da fare. Ho scoperto la posizione del Custode, grazie ai movimenti di Thanatos e alla mia informatrice. Adesso vado a trovare proprio lei.» Sfilò un piccolo bottino dalla tasca della giacca e fece tintinnare le monete al suo interno. «Ho un pagamento da effettuarle.»
Asclepio sbuffò piano l'aria a fiotti. «Non metterti nei guai. Già basta quel deficiente... a proposito, dov'è finito?»
«In missione. Alla ricerca di sé stesso. L'ha definita così. Sai quanto è melodrammatico.» Doom fece saltare una moneta tra le mani e la riacciuffò al volo poco dopo.
Con un cenno del capo si congedò, abbandonando definitivamente i cubicoli sotterranei.
Sol era una città strana. Così luminosa e carica di speranze di giorno e altrettanto oscura e sanguinolenta di notte. Era fumo negli occhi. Lasciava credere ai suoi abitanti che presto avrebbero avuto un futuro, che c'era speranza. E poi li massacrava.
Doom svoltò una serie di angoli, prima di raggiungere il Dice. Quel locale era pieno di piccole spie che sfruttava per informarsi. Erano i suoi aiutanti in quella battaglia. Non si sarebbe fermato davanti a nulla, non finché non avrebbe visto le loro teste cadute.
Ormai non aveva più nulla da perdere.
Bussò alla porta. Il solito guardiano lanciò un'occhiata dallo sportello e Doom roteò gli occhi al cielo. «Andiamo, Jack, apri.»
«Ho un indovinello.»
Doom strattonò la porta, infastidito. «Apri questa cazzo di porta.»
«Parola d'ordine, prego.»
«Predoni predanti a pedali.» Avrebbe voluto tanto sapere chi fosse l'idiota ad aver pensato a una cosa del genere. Era sicuro che a Thanatos sarebbe piaciuto parecchio e avrebbe trovato qualsiasi occasione per scherzarci su.
Jack sbatté gli occhietti, facendo un sorrisetto divertito.
«Cosa è sempre dietro e non è mai stato?» L'omuncolo tornò a parlare.
Doom fece l'ennesimo sbuffo rumoroso. «Il futuro.»
Non appena la porta del Dice si aprì davanti a lui, la spinse con poca delicatezza e, ignorando tutti i frequentatori del locale, raggiunse ad ampie falcate una porta dietro il bancone. La spalancò, entrando poi così nell'ufficio di Leia.
«Devo pagarti.» Le lanciò un sacchetto sulla scrivania. Dopodiché si lasciò cadere sulla sedia di fronte a lei. «Quindi, la mia posizione?»
Leia sospirò piano, sistemandosi i capelli biondi sulle spalle. Gli passò un piccolo schermo e pigiò con le dita su di esso, ingrandendo la mappa, zoomando sulla zona a lui interessata. «Si nasconde in un vecchio casolare in disparte. Lì c'è anche il Colosso, a guardia della sua casa.»
Doom accese un'altra sigaretta, socchiudendo gli occhi. Osservò la nuvola di fumo davanti ai propri occhi, osservandola mentre si sfumava nell'aria, così com'era successo alla sua stessa vita. «Ottimo, allora. Due piccioni con una fava... si dice così, no?»
Leia si tese sulla scrivania e sospirò piano. «Ti stai immischiando in troppi problemi. Tu-»
«Senti. So cosa sto facendo. Meritiamo la nostra giustizia.» Doom si tirò in piedi. «Hanno preso le mie idee e hanno distrutto tutto. Sono il mostro di questa storia. E sai cosa? Adesso voglio esserlo davvero.» Prese un grosso respiro, dopo aver visto il proprio riflesso davanti al vetro della vetrinetta degli alcolici di quell'ufficio. «Vedranno cosa significa essere davvero dei mostri.» strinse forte i pugni.
Abbassò lo sguardo. I suoi palmi erano ricoperto di sangue. Sangue. Sangue rosso grondante. No. Non era vero. Indietreggiò appena, nascondendo le mani pallide e pulite nelle tasche dei pantaloni.
Leia socchiuse gli occhi. Gli si avvicinò e gli sfilò dalle mani la sigaretta. La portò alle sue labbra, tenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi. «Sono sempre stata dalla tua parte e lo sarò ancora.»
Sentirono bussare alla porta ed entrambi si voltarono. Jack tossicchiò, scacciando via il fumo con una mano. «Ci sono due uomini di Thanatos che chiedono di te.»
Doom aggrottò la fronte. «Che cazzo significa?»
Leia ridacchiò e gli diede una pacca sul petto. «Ci penso io. Negli ultimi tempi una ragazza del vostro gruppo si è informata su di noi, sai?»
Aaliyah. Era una piccola spia bugiarda e senza un minimo di autocontrollo né istinto di sopravvivenza. Sbuffò scocciato e si sedette alla scrivania, attendendo che l'amica si allontanasse, lasciandolo solo coi propri pensieri.
Thanatos aveva aggiornato Aaliyah su alcuni membri del governo. E probabilmente cercava risposte su di loro e sull'assenza di Thanatos. Visto il caos che aveva scatenato per salvare Ares, non si sarebbe sorpreso se avesse fatto altre follie per arrivare a Thanatos.
Doveva tenerla distratta.
Quando iniziò ad annoiarsi, lì, da solo nell'ufficio, spinse la sedia girevole, facendola strisciare rumorosamente all'indietro. Ricomparve all'interno del locale. I suoi occhi di ghiaccio scintillarono per tutto il salone.
C'era una coppietta di cui poteva quasi vedere le tonsille, se continuavano a baciarsi in quel modo. Qualche grugnito in lontananza lo distrasse e si soffermò a osservare cinque uomini radunati attorno a un tavolo da gioco. I sigari avevano creato una cortina di fumo, nuvolette danzanti che affumicavano l'aria di un odore, per lui, fin troppo piacevole.
Dopo che Leia ebbe abbandonato il tavolo, a cui erano seduti Aaliyah ed Eros, Doom fece un passo avanti, ma si bloccò quando un ragazzo si infilò al suo posto.
«Scusate?» Il ragazzo si accomodò, lasciandosi cadere come un masso arreso alla gravità. «Ho sentito che conoscete Thanatos e io-io vorrei chiedere un favore.»
Aaliyah aggrottò la fronte. «Di che tipo?»
Doom si tese in avanti, incuriosito.
«Sono, o meglio, ero il fidanzato di Lysa Cullen-» La voce gli si spezzò in gola. Le lacrime presero a inondargli gli occhi, arrossandoglieli. Ah, l'amore. Che tragica illusione. Li rendeva deboli. Come un parassita, risucchiava tutto quello di buono e di vivo che c'era in loro e poi li abbandonava a sé stessi. Fantasmi vaganti nel buio. «Voglio che sia fatta giustizia. Ho soldi, tanti soldi-»
«Noi non-»
«Io so che è stato il Generale. Thanatos ne ha ucciso già uno, perché non dovrebbe farlo anche con questo?» Posò un sacchetto sul tavolo, le monete al suo interno tintinnarono. Doom trattenne un sorrisetto, sistemandosi i capelli approfittando del vetro della cristalliera di fronte per osservare il proprio riflesso. Sangue. Sangue sulle sue mani. Deglutì. Strusciò i palmi contro il petto.
«Lei era la sua Procreatrice ed è morta. Avevano un incontro insieme quel giorno, io lo so. È stato lui. C'è il demonio anche nel suo nome. Vi prego, aiutatemi ad avere giustizia.» Singhiozzò il ragazzo.
Aaliyah lo guardò confusa, mentre Eros muoveva meccanicamente il capo, nervoso.
Doom decise di intervenire. Quel teatrino stava prendendo troppo tempo per i suoi gusti. Posò la mano sulla spalla del ragazzo e lo tirò via. «Togliti dalle palle, dai.» Lo spinse lontano.
Quello sussultò. Aaliyah ed Eros, al tempo stesso, impallidirono. Doom prese il sacco di monete e lo lanciò al ragazzo. «Spendile per qualcosa di davvero utile. Tanto quel Generale ha già le ore contate.»
Eros si drizzò di scatto, come colpito da una scarica elettrica. «In che senso? Cosa vuoi dire?»
Doom fece un sorrisetto sardonico. Il piccolo taglio sulle labbra si contorse. «Credi davvero che non si caccerà nei guai? Io, fossi in te, inizierei ad abituarmi alla sua assenza.»
Il ragazzo sbatté le palpebre confuso, ma quando Doom gli riservò l'ennesima occhiataccia, si allontanò, indietreggiando.
«Allora», Doom prese a sorseggiare un bicchiere di birra, «cosa ci fate qui dall'Eretica?»
Aaliyah increspò le sopracciglia. «Potrei farti la stessa domanda, non credi?»
«Rinfrescami la memoria, 'Liyah, comandi tu?»
La ragazza si mordicchiò l'interno guancia e tornò ad affossarsi contro lo schienale di legno della sua seduta. L'atmosfera del Dice era cupa. Le luci giallognole si riflettevano sulla mobilia di legno scuro, appesantendo l'aria di strane sfumature aranciate.
Eros continuava a muoversi a disagio sulla propria sedia. «E come mai ti sei unito a noi?»
«Perché sento puzza di guai.»
«Volevo delle informazioni che Thanatos mi aveva chiesto, tutto qua.»
Doom ghignò. Spostò il suo sguardo da uno all'altra. «Benissimo.» Sbatté il bicchiere sul tavolo. «Allora diamo una mano al mio sottoposto e facilitiamogli il lavoro. Venite con me.» Si alzò e uscì dal locale, senza neanche guardarsi indietro.
Ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni e socchiuse gli occhi, quando il vento freddo gli carezzò le guance e soffiò sui suoi zigomi pronunciati.
«Dove andiamo?» Eros lo guardava confuso.
«Andiamo a prendere il Custode.»
***
Sol era da sempre divisa in diversi quartieri. Non era mai stato particolarmente ufficiale, ma a governarli, nel silenzio e nelle ombre, erano proprio i vari rappresentanti del Governo. In ogni zona, ce n'erano almeno due al comando, così da potersi sostituire in mancanza di uno.
Doom stesso, all'epoca, si occupava di uno di quelli. Proprio il centrale, dove adesso c'erano tutte le esecuzioni in pubblica piazza. Leia, invece, proveniva da quelli periferici, raggiungibili tramite il treno che collegava ogni zona al centro della città.
Il Custode era poco distante dal Dice. Sarebbe stata una camminata lunga, però. Appesantita dalle domande di Aaliyah ed Eros. Decisamente aveva bisogno di un mezzo di trasporto a quattro ruote, altrimenti avrebbe rischiato di non sopportare nessuno. In realtà già non tollerava metà universo, ma quello era un altro discorso.
«Tu come diavolo sai certe strade?» La ragazza lo guardava smarrita.
«La sapienza del mestiere.» Si limitò a risponderle di proposito in modo vago. Meno informazioni avrebbero avuto di lui, meglio sarebbe stato. Non voleva pietà, né comprensione. Per arrivare al proprio obiettivo sarebbe stato disposto a sacrificare chiunque di loro.
La vita di uno non era comparabile a quella di mille, d'altronde.
Si avvicinò a un vecchio camioncino, dopo aver raggiunto la periferia del centro. Armeggiò con la serratura e saltò sul furgone. Fece cenno agli altri due di salire.
Aaliyah sorrise divertita, quando Eros fece uno sguardo confuso e sconvolto. «E ora come la mettiamo in moto?»
Aaliyah si sistemò al volante e iniziò a giocherellare con alcuni cavi, finché la scintilla brillò nel buio e l'abitacolo si accese, insieme a tutte le spie sul cruscotto. «Così.»
«Sei magica, lo sai?» Eros si tese in avanti, al centro tra i due sedili anteriori, su cui Doom e la ragazza si erano sistemati.
Doom sbuffò. Il ciuffo argenteo volteggiò in aria, come meduse galleggianti. «Forza. Ti indico la strada. Ha un palazzo sorvegliato. Parcheggeremo poco lontano e ci occuperemo di lui, muovendoci come sempre nell'ombra.»
Eros corrugò la fronte. «Non è un tantino pericoloso?»
Doom si voltò a guardarlo con un ghigno divertito. «Appunto. E poi devi imparare a colpire nemici veri, non solo sacchi da boxe inanimati.»
Eros deglutì, impallidendo come un fantasma. «Ehm, okay. Posso anche metterli k.o.»
«Se ci riesci.» Doom indossò la propria maschera di metallo su metà volto, dopo aver accarezzato la piccola cicatrice sulle labbra. Involontariamente sorrise, quando al tatto sfregò quella pelle raschiata. L'unica cosa che gli era rimasta della sua piccola perla.
Indicò un sentiero sterrato ad Aaliyah e lei sterzò di scatto, riservandogli un'occhiataccia. «La prossima volta, dillo più tardi, se vuoi farci schiantare contro un albero.»
Doom roteò gli occhi e, mentre erano nascosti tra le fronde degli alberi, che sembravano accartocciarsi su di loro, tirò il freno a mano.
Eros fu sballonzolato in avanti dai sedili posteriori, non appena Aaliyah frenò.
«Ma sei idiota?»
«Ahi», mugolò Eros, massaggiandosi il capo, «ma che cazzo ti prende?»
Doom fece loro cenno di stare in silenzio e spense i fari del furgone. Aaliyah borbottò una serie di insulti, silenziando di nuovo l'auto.
«Perché ci siamo fermati?»
Doom indicò un tetto che spuntava, poco lontano da loro, dagli alberi. «Si nasconde in questa Villa, nel quartiere agricolo. Non dobbiamo farci vedere da nessuno. Entriamo, lo ammazziamo e diamo fuoco a tutto.» I suoi occhi scintillarono quasi come le stelle in quella notte scura.
La sete di sangue gli stava ridando la forza per vivere ancora.
☀️☀️☀️
Angolino
Ed eccoci qui. Finalmente il Pov del mio preferito 😭
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e alla prossima 🧘♀️
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