Capitolo 24


Djævel

Era una spedizione quasi folle. Una volta mascheratisi come dei ribelli, guidò i ragazzi attraverso le stradine della città.

Si muovevano in silenzio indisturbati, uno in coda l'altro. l'unico rumore fastidiosamente canzonato era il cigolio metallico delle catene di Ares.

Djævel scavalcò un muro, arrampicandosi e saltando dall'atro lato. Attese per qualche istante che almeno uno degli altri lo raggiungesse.

«E come dovremmo fare?» Ægon fece uno sbuffo sonoro. «Come cazzo hai fatto?»

«Inseguo quelle scimmie arrampicatrici da una vita.» Djævel roteò gli occhi. Risalì sul muro e si sporse, allungando una mano.

I ragazzi si guardarono tra loro. Herica fece alcuni passi indietro. Prese la rincorsa e, poggiando un piede sulla parete, lo raggiunse in alto, afferrando la sua mano. Djævel la aiutò a salire e, pochi secondi dopo, la ragazza scavalcò, atterrando al lato opposto.

Ægon si mordicchiò il labbro, poi si voltò a guardare i suoi amici. Indicò Jacob e Miguel. «Prima voi, poi il prigioniero e infine io.»

Ares fece una risatina. «Che c'è, ragazzino? Non ti fidi abbastanza?»

Djævel gli scoccò un'occhiatacca. «Sta' zitto. Per caso ti mancano le scosse?»

L'uomo mugugnò qualcosa di incomprensibile. Poi i due ragazzi, dopo qualche istante in dubbio, obbedirono agli ordini di Ægon e saltarono, aggrappandosi a Djævel e approfittando del suo aiuto.

Ares arretrò, lanciandogli un'occhiata incuriosita. Si liberò della presa delle guardie e, pur tenendo le mani incrociate in avanti dalle catene, saltò sul muro. Djævel lo afferrò, prima che scivolasse a terra. Si scambiarono uno sguardo, ma poi, in silenzio, il prigioniero atterrò dal lato opposto, fermato e bloccato prontamente da Jacob.

«Tu non vai da nessuna parte.» Bofonchiò il soldato.
«E chi ha intenzione di muoversi...» Ares roteò gli occhi al cielo.

Ægon fece passare prima di lui le due guardie che si occupavano del prigioniero, poi lo raggiunse, afferrando all'ultimo la sua mano. Djævel gli diede un paio di pacche sulla schiena e lo tirò su. Insieme raggiunsero gli altri.

Il Generale si pulì le ginocchia impolverate e osservò tutti loro. «Bene da qui sei la nostra guida.» Sfilò un piccolo bastone dalla cintura e lo agitò. La lama si protese in avanti e l'arma si allungò, come una lancia, emettendo piccole scariche. «Dovremo fare attenzione. Soprattutto ad alcuni animali che girano nelle nostre zone. Più in avanti ci sono i binari del treno che raccoglie gli studenti e i lavoratori che arrivano dalle quelle più periferiche...» Fissò di sbieco Ægon, che rabbrividì appena.

Jacob intrecciò le braccia al petto, guardandosi attorno con uno strano ghigno divertito. «E dovremmo aver paura di qualche animaletto?»

Ares lo guardò divertito, ma se ne restò in silenzio.

«La Mostra ha dei laboratori, sai? Fanno esperimenti su diversi animali e poi li liberano qui. Alcuni di loro sono in fase di studi, quindi potrebbero attaccarci e noi non possiamo ucciderli.» Djævel fece un ghigno. «Tutto chiaro?»

Jacob si ammutolì. Si portò istintivamente a prendere il fucile, tenendolo stretto a sé.

Ægon sospirò piano. «Allora, faremo un po' di chilometri e poi troveremo dove accamparci. Farò il primo turno di guardia. Dopo di me andrà Herica, poi il Generale e Jacob.»

Miguel alzò la mano. «E io? Non devo fare nessuna guardia?»

Il Generale gli si avvicinò, dandogli un buffetto sulla guancia. «Sei un curatore, Miguel. Cosa pensi di poter fare davanti a un eventuale pericolo?»

Il ragazzo storse il naso, stringendosi nelle spalle. «Se doveste ferirvi, sarò il vostro dottore di fiducia!»

«Speriamo di non dover aver bisogno di te.» Jacob sbuffò. «Senz'offesa.»

Djævel li ignorò e raggiunse il prigioniero. Lo prese per il braccio e lo osservò serio. «Andiamo. Fai pure strada e non ti farò male.» Avvicinò la lama alla sua gamba, un solo passo sbagliato e l'avrebbe sfiorato, colpendolo con una piccola scarica.

L'uomo annuì e sospirò piano. Provò a strattonare le due guardie che lo tallonavano come delle zecche. Poi sbuffò frustrato e indicò un punto in lontananza. «Dobbiamo seguire il nord.»

Djævel fece cenno ai ragazzi di muoversi e iniziarono a camminare nella notte scura. Ægon gli si affiancò, tenendo in mano una bussola, controllando qualsiasi loro spostamento. «Lo troveremo, no?»

Il Generale abbassò lo sguardo su di lui. Ægon sembrava intenzionato a seguire il proprio obiettivo. Teneva i pugni chiusi e lo sguardo concentrato.

«Lo spero. Mi sto giocando anche la carriera.»

Ægon si morse l'interno guancia, tornandosene a stare in silenzio.

Ares camminava davanti a tutti, indicando la strada.

Il bosco quella notte pareva trasformarsi, man mano che avanzavano attraverso la fitta vegetazione, in un luogo misterioso e affascinante, avvolto dall'oscurità. Una serie di rumori e suoni lo animavano, rendendo l'atmosfera quasi spettrale. Un gufo bubolò in lontananza e si sentirono le fronde degli alberi agitarsi sotto il peso di qualche uccello smanioso.

«Attenzione qui.» Ægon fece notare ai compagni un tronco a terra, che sbarrava la strada. Visto come Miguel era intento a chiacchierare di qualsiasi cosa gli passasse per la mente, non si sarebbe stupito se fosse inciampato per non averlo visto.

«Siamo qui non solo per catturare Thanatos.» Djævel sussurrò piano quelle parole ad Ægon, che si bloccò per un istante. «Probabilmente, anche in base a quanto rivelato da Ares, i ribelli proveranno a scappare a Notturn Desert.»

Ægon alzò lo sguardo verso le fronde degli alberi, che si stagliavano contro il cielo notturno, creando un intricato tappeto oscuro, a ricoprire le loro teste. «E come faranno? C'è un'enorme muraglia e lì non troveranno nulla. È stato tutto raso al suolo, dopo la guerra.»

I loro passi scricchiolavano sulla spessa coltre di foglie secche e muschio. Il profumo della terra umida e della vegetazione in decomposizione permeava l'aria e l'odore di bagnato era penetrante. Nei giorni scorsi aveva piovuto.

Djævel si passò una mano in volto. «Se ci riuscissero, da lì avrebbero accesso al mare aperto e spostarsi verso altri continenti.»

«Quindi? Qual è il piano?»
«Fermarli durante la fuga. Metteremo delle vedette sulle mura, che spareranno a vista, non appena individueranno qualche ribelle. Noi studieremo la zona, nel frattempo che alla Mostra producano delle armi con sensori e rivelatori di movimento.»

Ægon tornò a stare in un tombale silenzio, interrotto solo dal suono dei grilli che gracchiavano in coro. Le stelle brillavano sopra di loro come piccoli diamanti incastonati nel cielo, mentre la Luna tesseva piccoli filamenti di luce argentea sulle loro teste.

Djævel socchiuse appena gli occhi, quando, in lontananza, sentì il sussurro del ruscello che scorreva placido tra le rocce, un suono rassicurante che accompagnava quella marcia di morte.

Ægon gli posò una mano sulla spalla. «Hai sentito anche tu?»

«Raga... non perché mi piaccia fare il cagasotto, ma sento un ringhio.»

Djævel strinse l'arma. «Dietro di noi.» i ragazzi si nascosero alle loro spalle. Ægon si affiancò a lui, tenendo il fucile puntato in avanti.

Assottigliò lo sguardo, intravedendo un orso avanzare verso di loro. Gli occhi erano arrossati come piccoli laser e la bava alla bocca non lasciava presagire nulla di buono.

Sbuffava pesantemente dalle narici, mentre del sangue grondava dalle sue fauci.

Ægon deglutì al suo fianco. «Quello è-»
«Sì» Djævel prese un grosso respiro. «Correre e scappare lo allarmerà. Indietreggiamo man mano.»

Jacob scalpitò per passare avanti. «Uccidiamolo. Che cazzo ci importa della Mostra e dei loro dannati esperimenti?!»

Djævel non poteva dargli poi così torto. Se solo pensava che dietro tutto quello ci fosse sua moglie, il sangue prendeva a ribollirgli nelle vene. «Non sappiamo con cosa lo abbiano modificato.» Aggrottò la fronte, studiando l'animale.

La pelle dell'orso non era normale... C'era qualcosa di strano. Era squamata. Arretrò. «Dubito che i fucili gli facciano qualcosa. Abbassate le armi.»

I ragazzi obbedirono.

Ægon sospirò piano. «Teniamolo lontano con le lance elettriche. Dovrei avere anche una frusta, così non si avvicinerà.»

Djævel annuì, puntando la punta dell'arma in avanti. Fece scattare un tasto laterale sul manico e delle scintille iniziarono a riverberare nell'aria, verso l'animale, che ringhiò infastidito.

Ægon fece lo stesso, roteando la frusta e colpendo il terreno. Un luccichio frizzante ed elettrico illuminò la notte.

L'animale sbuffò e corse nella loro direzione. Ægon si voltò a guardare gli amici. «Via!»

Djævel spinse anche lui in avanti.

«Non me ne vado. Scordatelo.»
«Devi fidarti di me.» Djævel si lanciò in direzione dell'animale. Le orecchie gli fischiavano.

Sentiva le urla dei ragazzi. L'animale saltò per atterrarlo e lui strisciò di lato, sfiorandolo con la lancia alle zampe. L'orso guaì e ringhiò ancora una volta, incamminandosi verso di lui. Djævel lo studiò per bene. Sebbene il mantello e la schiena fossero ricoperti di squame dure, come un'armatura da coccodrillo, la pancia era scoperta, debole.

Quando la bestia si alzò su di lui, pronto a divorarselo, Djævel alzò la lancia infilzandola nella pancia dell'animale. L'orso lanciò un ringhio di dolore, prima di accasciarsi con tutto il peso su di lui, mentre il sangue gli sporcava tutti i vestiti.

Il Generale tossì, provando a scrollarselo da dosso. Sentì i passi di Ægon in vicinanza. Il ragazzo gli spostò l'animale da dosso. Quando li vide aprire gli occhi, tirò un sospiro di sollievo. «Cazzo. Sei vivo.»

«Era presto per morire, a quanto pare.» Djævel sbuffò, tirandosi a sedere. Nella sua mente, però, risuonavano i singhiozzi e le urla di Lysa. Abbassò lo sguardo sulla propria casacca insanguinata e un moto di terrore prese il controllo del suo corpo.

Un nodo gli si formò in gola. Poteva sentire ancora le mani di Lysa perdere la presa sulle sue. Le grida di sua moglie rimbombavano nella memoria.
«Cos'hai fatto?!»

Avevano risolto tutto, certo. Ma a che prezzo? Djævel non riusciva neanche a sopportare il peso del proprio riflesso allo specchio, ormai.
Voleva solo liberarla ed essere se stesso. E invece ogni cosa che toccava moriva lentamente.

Ægon si inginocchiò di fronte a lui, spingendo il corpo dell'animale lontano, dopo qualche sforzo. «Stai bene? Stiamo tutti bene. Tu?»

Djævel annuì e provò a tirarsi in piedi, ma il bosco sembrava girare attorno a lui. Si posò sulle ginocchia, facendole strusciare contro il manto di foglie e rami secchi. Ai suoi piedi c'era una pozza di sangue, -o , per meglio dire- un intruglio nauseabondo col fango.

Ægon gli tese la mano e lui la afferrò alzandosi. Si liberò i pantaloni dal fango, cercando di nascondere le mani tremanti.

Insieme raggiunsero gli altri, acquattati dietro un enorme masso. Il prigioniero intercettò subito il suo sguardo e rilassò le spalle.
Djævel fece un sorrisetto. «Pensavi che senza di me ti avrebbero ammazzato?»
«Una cosa del genere, sì.»

Herica saltellò sul posto. La vide mordicchiarsi il labbro, tenendo stretto per mano Miguel.

Jacob, impassibile come sempre, prese un grosso respiro, sbuffando poi annoiato. «Proseguiamo?»

Ægon scosse il capo. Evitò accuratamente di incrociare le occhiate che Djævel gli lanciava. «No. Direi che è ora di fermarsi. Camminiamo un altro po' e ci accampiamo, magari vicino qualche grotta... ne conosci una?» Si rivolse poi al prigioniero.

Ares si strinse nelle spalle. «Sì, ma toccherà accendere un po' di fuoco. La notte è fredda.»
«Così ci facciamo individuare dai tuoi amici o da qualche altro animale?» Jacob lo osservò infastidito.

Ægon serrò i pugni. «Jacob! Fa' silenzio.» Tutti si voltarono a guardarlo. Djævel doveva ammettere che stesse migliorando, di solito lasciava che l'amico provasse sempre a calpestarlo. Da quando gli aveva affidato quella missione, Ægon sembrava sentirne tutto il peso della responsabilità.

«Accenderemo un po' di fuoco perché altrimenti moriremo congelati. E poi saremo di guardia. Almeno in due.»

Ripresero a camminare per quasi un'ora, prima di accamparsi.
Djævel si lasciò cadere a terra, all'ingresso della grotta.
Miguel li raggiunse poco dopo, accompagnato da Herica. Tenevano in braccio una serie di pezzi di legno.

Ægon si inginocchiò vicino alla matassa. Poi sfilò dal proprio zaino un piccolo contenitore di latta e fece scivolare sulla legna una strana resina, dal colore ambrato.
«Cos'è quella roba?» Domandò il prigioniero, seduto anche lui a terra e scortato dalle sue due guardie personali. Djævel trovava divertente che gli avesse affibbiato due nomignoli, simili a quelli di un cane: Toby e Fido.
Non riusciva a nascondere un sorriso, quando sentiva che li chiamava così.

Ægon fece un mezzo sorriso. «Pasta combustibile.» Prese poi un pacchetto di fiammiferi e, dopo averne accesi un paio, li lanciò contro la catasta di legna.
In un attimo si alzò una fiamma arancione e rossastra verso l'alto.

Djævel sentì il volto investito da un'improvvisa ondata di calore e fece un mezzo sorriso. E mentre tutti si accampavano davanti le fiamme, lo stomaco gli si contorse in una morsa dolorosa. La malinconia si abbatté dolorosa su di lui, come un mantello. Ripensò a Lysa, al male che le aveva fatto. Non aveva più visto vie d'uscita. Si era ritrovato improvvisamente solo e non aveva pensato. Aveva solo attaccato.
Forse suo padre aveva ragione, quando l'aveva definito un mostro. Sua madre era morta per darlo alla luce. Fin da quel piccolo istante avrebbe dovuto comprendere la maledizione che si era abbattuta su di lui come un tornado.
Non importava quanto fosse bravo a nascondersi. La Morte lo avrebbe sempre scovato, in ogni angolo. Un'amica troppo affezionata, troppo ossessionata da lui. Gli avrebbe portato via tutto.

Per questo aveva allontanato Eros. Non poteva perdonarsi se gli fosse successo qualcosa. E adesso che tutte le guardie sapevano del suo nome, a causa di Sylvie, si sentiva inerme. Ma presto avrebbe risolto anche quella questione.
E mentre fissava quelle fiamme crepitare, al chiaro di Luna, pensò che l'unico aspetto positivo di esser stato baciato dalla Morte era soprattutto quello: aver imparato ad aspettare pazientemente, prima di abbattersi sul proprio avversario.








***
Angolino

Spero che la storia vi stia piacendo. So che è un capitolo breve, ma conto di pubblicarne un altro nei prossimi giorni. Inizia a pesarmi tutto.Ah, spoiler: forse ho un'idea per tornare nel mondo di SoF, una sorta di midquel tra tob e sof. Autonomo, sempre. Già, perché in questo periodo solo Kronos e Adonis mi fanno sorridere.Comunque sia, alla prossima!Grazie per leggermi ancora.

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