Capitolo 23
Eros
«Volevo solo aiutarla.»
Thanatos lo squadrò da capo a piedi. Fece ciondolare la testa di lato, fissandolo curioso. Era strano, Eros non avrebbe saputo spiegarne il motivo, ma riusciva a immaginare l'espressione dell'altro sotto la maschera. Nella sua testa gli stava sorridendo divertito. Era assurdo quanto potesse essere espressivo, pur non rivelando il volto.
«E hai idea di come usare una trivellatrice?» Thanatos intrecciò le braccia al petto.
«Posso sempre imparare.» Eros scrollò le spalle. Si liberò della camicia che teneva indosso, restando con una semplice canotta.
Bastarono pochi istanti a far irrigidire Thanatos, il cui sguardo si posò immediatamente sul tatuaggio che Eros aveva sulla spalla.
O forse era meglio dire marchio.
All'Eden, Poul aveva segnato tutte le sue piccole api operaie. Quel simbolo -un fiore di loto da cui sbocciava un piccolo sole- era all'apparenza così semplice. Eros lo detestava, ma, d'altronde, ormai, non c'era nessuna parte del suo corpo che lo facesse impazzire particolarmente. Era stato usato da troppo tempo e adesso appariva solo come un ex giocattolo di piacere, rotto e irreparabile.
Quello era solo un simbolo che glielo ricordava quasi ogni giorno.
Thanatos fece uno sbuffo sonoro, distogliendo lo sguardo dal marchio, per poi tornare a fissarlo. «E perché, poi? Non sei stato tu a rubare la mia mappa dell'Akademie, evadere, saltare da un tetto all'altro, entrare in una delle fortezze più sorvegliate, farti quasi beccare e rischiare di morire come un deficiente.»
Eros si sentì in colpa, ma gli venne da ridere. In effetti, messa così, era stata proprio una mossa idiota. Si strinse nelle spalle. «Beh, però l'ho aiutata a rubare la mappa dalla tua stanza.»
Thanatos, che stava facendo per andarsene, si voltò a guardarlo di scatto. «Sei entrato in camera mia?»
«Beh, l'ho aiutata a cercare, sì... sei un tipo piuttosto disordinato.»
«Sei entrato in camera mia?» Chiese, ancora una volta, con un tono sorpreso. «E la mia privacy? Non conta a nulla?!»
Eros aggrottò la fronte, non riuscendo a nascondere un sorrisetto divertito. Lo afferrò per la casacca, avvicinandosi di più a lui. «Ironico, detto da chi si è intrufolato nel mio appartamento anche quando non c'ero, perché sentiva la mia mancanza.»
Thanatos arretrò appena un po'. «Non sentivo la tua mancanza.»
«E allora perché eri lì, stalker?» Eros inclinò il capo, giocherellando coi lacci della maglia, lasciandoseli scivolare tra le dita.
Thanatos restò in silenzio per alcuni secondi, il che era quasi una vittoria. Prese un grosso respiro, per tornare a parlare, ma Aaliyah li raggiunse nel corridoio, con un picchetto posato sulla spalla. «Ho interrotto qualcosa, forse?»
Thanatos le scoccò un'occhiataccia. «Forza, piccola scavatrice. Muoversi.» Batté le mani, andandole dietro.
Eros increspò le sopracciglia, guardandolo confuso. Li seguì, prima che lo lasciassero da solo. «Perché vieni anche tu? Ti sei auto messo in punizione?» Ghignò.
Thanatos scrollò le spalle. «Controllo che i miei bambini non si trivellino il cranio, visto quanto sono idioti.»
Aaliyah ridacchiò. «Sei proprio un lagnoso melodrammatico di prima categoria.»
«Non sono melodrammatico!» Thanatos si voltò a guardare Eros, sbracciando e sbraitando. «Diglielo anche tu.»
Eros ridacchiò, passandosi una mano sul volto per provare a nascondere un sorriso. «Beh, in realtà, sai a volte hai reazioni un tantino esagerate.» Avvicinò pollice e indice, per indicare una quantità davvero piccola. Poi ingigantì sempre di più la distanza tra le dita, facendo scoppiare a ridere Aaliyah, al suo fianco.
«Ma non è vero! Cos'avrei fatto? Sentiamo.» Thanatos si liberò del mantello, man mano che raggiungevano la fine del tunnel. A Eros ricordava la bocca oscura di un inferno che si apriva nel ventre della terra. Si sentivano i rumori delle macchine e dei picconi contro la pietra, che scricchiolava, frantumandosi.
Si appoggiò a uno dei muri, sfiorandolo coi polpastrelli, sempre più incuriosito. A volte stentava a credere che quella fosse la sua nuova realtà. Le pareti erano di roccia solida, ruvide al tatto e segnate dagli affondi delle macchine durante gli scavi. Il soffitto era più basso e angusto, rispetto a tutti i loro sotterranei, amplificando quella sensazione di soffocamento, come tra le fauci di un mostro.
Aaliyah finse di pensarci un po' su. Poi scrollò semplicemente le spalle. «Quando non trovi il rhum, ti lamenti così tanto che il salone si svuota quasi sempre, nessuno sopporta le tue lagne.»
Eros ridacchiò. «Oppure sei particolarmente irascibile, quando in un giro notturno non riesci a uccidere più di una guardia.»
Thanatos sbuffò scocciato. «Non è vero. Siete voi due idioti.» Si allontanò in avanti, avvicinandosi ad alcuni ragazzi intenti a scavare.
«Voi tre a riposo. Vi diamo noi il cambio.»
Afferrò una delle torce e la sistemò contro la parete rugosa. La fiamma creava una luce fioca e tremolante, proiettando ombre spettrali sulle pareti scure.
Eros sorrise, tendendosi verso Aaliyah. «Si è offeso?» Mormorò.
La ragazza gli ammiccò. «Tanto poi gli passa. Nell'arco di cinque minuti.» Gli lanciò una breve occhiata. «O forse meno.»
Eros strusciò il piede contro il terreno, disseminato di detriti e macerie, con sacchi di terra e rocce disperse lungo il percorso. Le tracce di umidità scivolavano lungo le pareti, quasi come sangue grondante dalle ferite.
Il tunnel sembrava senza fine, una galleria labirintica che si snodava nel cuore della terra. Sol, la loro città, era solo qualche metro sopra le loro teste. Era strano immaginare una vita completamente diversa e nascosta nell'ombra della luce del sole.
«Bene, allora iniziamo.» Thanatos gli affidò un piccone, mentre smanettava col macchinario della trivella. Un lungo filo percorreva il tunnel già scavato, con una serie di prolunghe, fino ad arrivare all'interno del salone. Eros aggrottò la fronte. «Da dove prendiamo l'elettricità?»
Aaliyah sogghignò. «La rubiamo. Come qualsiasi oggetto che possediamo ora.»
Eros fece un fischietto e si guardò intorno. Ovunque c'erano persone a scavare. Il rumore dei trapani era quasi assordante e tanti di loro erano lì da diverse ore, se ne stavano inginocchiati a terra, con i vestiti sporchi di polvere e terreno, a scavare quella via di fuga.
Via di fuga.
Eros non riusciva a metabolizzare quelle parole. Fino a qualche mese prima, non aveva neanche idea di che sapore avesse la libertà e doveva ammettere che fosse anche così fottutamente inebriante. Adesso stava aiutando degli improbabili ribelli a trovare un modo per scappare via, lontano da tutta quell'atmosfera cupa e complicata.
Presto sarebbero andati a Notturn Desert. Avrebbero ricominciato da lì a scappare verso mondi esterni, superando l'enorme barricata che separava Sol da quel posto.
Guardò ognuno di loro. Forse avrebbe dovuto essere anche più riconoscente nei confronti di Thanatos, alla fine gli aveva dato la possibilità di essere di nuovo felice.
«Ehi, principessa. Ci vogliamo muovere?» Thanatos distrusse quel momento di pura utopia. Perché, in fondo, Eros sentiva quella vocina. Gli ricordava che ogni volta che era stato felice, qualcosa era andato storto. Aveva già perso tutti i suoi amici una volta.
Sylvie.
Avrebbe dovuto aiutare anche lei. D'altronde sapeva quanta disperazione abitasse nel suo animo. Chi meglio di lui poteva capirla?
«Arrivo, stalker.» Eros imbracciò il piccone e colpì la pietra, osservando il metallo incastrarsi tra le crepe della parete. Dei detriti sdrucciolarono a terra e abbassò lo sguardo a fissarli, quando un rumore metallico e assordante li fece voltare tutti in direzione di Aaliyah e Thanatos.
La ragazza si asciugò il sudore imperlato sulla fronte e, con un sorrisetto sfrontato, disse: «Non c'è macchina che non sappia far partire. Andiamo, sfondiamo queste mura.»
***
Era stata una giornata sfiancante. Si allontanò lungo il corridoio, seguendo anche tutti gli altri, i vestiti sporchi e sfatti.
Thanatos si affiancò a lui, pulendosi la casacca -una volta bianca- sporca di terriccio. «Qualcosa non va?»
Eros sospirò piano. «So che non sarai d'accordo, ma vorrei parlare con Doom.»
«Ecco, lo sai. Quindi puoi immaginare anche la mia risposta.» Con uno strattone, Thanatos tirò la sedia di fronte al bancone degli alcolici, e si gettò a sedere, appoggiandosi coi gomiti puntellati al tavolone di legno.
Eros sbuffò piano. Trascinò una seduta accanto a lui. Prese dal cesto in vimini un muffin e lo piluccò piano, tenendo lo sguardo fisso su di lui. «Oh, ma dai. Voglio solo chiedergli una cosa. Non farò stronzate, promesso.»
Thanatos seguiva ogni suo movimento. Gli occhi abbassati sulle sue labbra. Gli sfilò il dolce dalle mani e, dopo aver fatto scattare appena la maschera, ne strappò un morso anche lui. Ogni movimento era lento e misurato. Manteneva gli occhi rossi fissi su di lui. Il chiacchiericcio generale del salone sembrava sempre più lontano e ovattato.
Eros si perse a fissare la maschera e quelle labbra sottili, appena esposte. Thanatos gli porse l'ultima metà intatta del muffin ed Eros la prese, con una mano tremante. Non riusciva a staccare i suoi occhi da quelli dell'altro. Deglutì e riprese a mangiare lentamente. «Allora?»
Thanatos si tese verso di lui. Gli strusciò il pollice sulla guancia, pulendola dallo zucchero. Si soffermò a fissarne l'alone rimasto sul guanto.
«Voglio chiedergli di Sylvie.»
Thanatos tornò a fissarlo. «Cosa? E perché?»
«Voglio vedere se può aiutarmi... allora, mi accompagni da lui?» Eros si pulì gli angoli della bocca con un tovagliolo, quando aveva finito di mangiare. Anche se c'era una parte di lui, molto profonda, che avrebbe voluto risentire il profumo di Thanatos così addosso, così come la sua pelle...
Tornò a respirare di colpo, quando Thanatos gli schioccò un paio di dita davanti agli occhi. «E va bene. Aspetta qua.» Si allontanò, lasciandolo da solo per pochi minuti.
Eros si accarezzò la guancia senza neanche rendersene conto, poi attese per qualche istante. Dopo un po', Thanatos fece ritorno, accompagnato da Doom. Quest'ultimo fece schioccare la lingua contro il palato, prima di lasciarsi cadere sulla sedia, dove fino a poco prima era seduto Thanatos.
Sospirò piano. Doom gli incuteva sempre un po' di timore, «Io-io avevo una richiesta da fare.»
L'uomo si allungò a prendere un succo di frutta. Eros lo trovò strano, considerando quanto fosse inquietante di suo. Quella scelta lo aiutò a trovarlo meno terrificante.
«E sarebbe?» Doom si grattò dietro la nuca.
«C'è una mia amica, che sta vivendo il mio stesso inferno...e-e-» tossicchiò. Alzò lo sguardo, incrociando quello di Thanatos, che gli fece un cenno d'assenso, incoraggiandolo a parlare. «E vorrei poterla aiutare. Potresti provare ad acquistare il suo contratto? So che chiedo tanto, ma farei qualsiasi cosa in cambio. Qualsiasi.» Ed era vero. Era abituato al peggio nella sua vita e non si sarebbe sorpreso se anche loro avessero voluto usarlo. Ma se questo avrebbe aiutato a tirare Sylvie fuori da quello stesso inferno, l'avrebbe fatto. Avrebbe alleviato anche il suo senso di colpa, per averla abbandonata.
Doom lo osservò con attenzione. Fissò di sbieco Thanatos, che gli lanciò un'occhiata strana. «Non credo si possa fare, Eros. Poul è un uomo già abbastanza fastidioso e supportato dal governo. Sai bene quante guardie frequentano il suo locale.»
Eros deglutì. Di colpo l'immagine di Djævel attraversò la sua mente. Strinse i pugni. «Lo so, ma provarci, almeno? Per favore, ha già rischiato di morire e non possiamo uccidere tutti i soldati che escono da quel posto ogni giorno.»
Doom sospirò piano, tirando su ancora un po' di succo con la cannuccia, rumorosamente. Se non fosse stato così concentrato sulla questione Sylvie, Eros sarebbe scoppiato a ridere. «Eros...» sbuffò piano. Si tirò alcuni ciuffi chiari all'indietro. «Va bene, ci proverò. Non posso darti garanzie. Dopo di te, Poul non si lascerà convincere facilmente.»
Eros fece un piccolo sospiro affranto, poi si tirò in piedi. Quella soluzione era decisamente meglio di nulla. «Okay, grazie.» Si allontanò, dirigendosi verso la propria camera.
Sentì dei passi familiari avvicinarsi e un sorriso gli increspò le labbra.
Thanatos lo afferrò per un braccio e gli ammiccò. «Andiamo a farci un giro fuori, okay?»
Eros aggrottò la fronte, dove voleva portarlo? Si strinse nelle spalle e decise di seguirlo. Si passò una mano tra i capelli, mordicchiandosi il labbro. «E dove vuoi andare?»
«Fai troppe domande e parli troppo. Te l'hanno mai detto?»
Eros gli punzecchiò il fianco. «Che idiota.»
«Tredicesima volta.»
«Allora vedi che le conti davvero, stalker?»
Thanatos si voltò a guardarlo. Aveva ancora quella minuscola porzione di maschera alzata sulla bocca. Lo vide sorridere divertito. Poi portò la mano a un tastino laterale e quella si richiuse. «Andiamo, rompipalle.»
La notte era strana, li abbracciava sempre come sue creature. Eros si chiese se l'avesse mai fatto prima con lui, quando ancora doveva essere uno dei ribelli come loro. «Dove andiamo?»
«Forse non ti è chiaro che potrai ripetermelo almeno un'altra ventina di volte, senza ricevere mai risposta.»
Thanatos lo trascinò lungo il tragitto, afferrandolo per il polso. Camminavano nel silenzio della notte, con le stelle immobili a guardarli con distanza e freddezza. Thanatos salì su per un tetto, aggrappandosi a un muro, posando i piedi tra le insenature dei mattoni. Eros si pinzò il labbro coi denti, in un'espressione concentrata, e lo imitò. Salì con lui e raggiunse uno dei tetti. Da lì la città sembrava così piccola e tranquilla.
Thanatos saltò sul balcone opposto e scrollò le spalle. «Vieni o no?»
Eros annuì e lo raggiunse. Insieme si diressero verso il campanile. «Non vorrai farmi rifare il Salto, vero?»
Thanatos si voltò a guardarlo di scatto. «Te l'ho detto, Eros. Non permetterei mai che ti succeda nulla. Non più, almeno.» Salì le scale. Fino a raggiungere la sommità.
Andò a sedersi sul punto più alto, con le gambe rivolte nel vuoto. Eros deglutì e si accomodò al suo fianco, quasi terrorizzato. Lo imitò e inspirò forte. Quella sensazione di inconsapevolezza, di pericoloso oblio, era inebriante, lo faceva sentire finalmente vivo.
«Quando ero bambino, salivo quassù a vedere le stelle.» Alzò lo sguardo. «Anche se non ne conosco mezza e non ci capisco assolutamente nulla.»
Eros ridacchiò. «Mi piace disegnare. Qualche volta potrei venire qui a farlo.»
Thanatos si voltò di scatto verso di lui. «Vuoi dipingermi? Sono commosso di essere la tua musa ispiratrice.»
Eros roteò gli occhi al cielo. «Sul serio, sei un idiota...» incrociò lo sguardo dell'altro e sorrise. «Quattordici.»
Thanatos si strinse nelle spalle e fece ondeggiare le gambe nel vuoto. «Sul serio, però. Posso accompagnarti quando vuoi venirci.» Restò in silenzio per qualche istante. «Anche perché saresti capace di farti male da solo.»
Eros sorrise divertito e scosse il capo. Alzò lo sguardo verso il cielo e puntò un dito verso una delle stelle. «Quella è Sirio. È la stella più splendente di tutte. E quella che sembra arancione è Arturo, è la quarta stella più luminosa.»
Thanatos se ne stava in silenzio ad ascoltarlo. Quando Eros abbassò appena lo sguardo, incrociò il suo e gli sorrise.
Eros aprì bocca per parlare, ma Thanatos gli portò un dito alle labbra. Gli fece cenno di stare in silenzio. Poi scattò in piedi. «Guardie.»
Eros lo imitò. Sentì il terrore percorrergli la schiena come un brivido nevrotico. Si passò le mani in volto e lo seguì giù per le scale. Thanatos lo spinse dietro una vecchia parete, al buio. Videro un paio di guardie passare.
«Sei sicuro di averlo visto qui?»
«Sì. Capisci? Se prendiamo quell'Eros Thorne, arriveremo anche a Thanatos.»
Eros sgranò gli occhi, voltandosi a guardare Thanatos al suo fianco. Lui scattò in avanti, trascinandolo con sé e uscirono dal campanile.
Eros continuava a ripetersi quella conversazione nella mente. Possibile che Poul avesse parlato di lui al governo? E Djævel? Lo aveva mandato a cercare?
Salirono su una scaletta esterna, raggiungendo un balcone. Thanatos saltò su un tetto e gli tese la mano per aiutarlo a tirarsi su. «Mi dispiace. Non volevo dirtelo.»
Eros lo guardò confuso. Iniziò a stargli alle calcagna, mentre saltavano da un tetto all'altro. Strusciò col ginocchio per terra, lasciandosi andare a un'imprecazione. «Che vuoi dire?»
Thanatos si fermò. Sfilò un pugnale dall'interno della giacca e lo lanciò contro una delle guardie, colpendolo in pieno petto. «Sylvie. Ha spifferato il tuo nome alle guardie, dicendo di averti visto con me. Adesso ti hanno bollato come ribelle e mezza Sol ti darà la caccia.»
Eros arretrò, spaventato. No. Era sua amica. Non l'avrebbe mai fatto. «Ma che diavolo stai dicendo?»
«Sperava che così qualcuno ai piani alti la premiasse con la libertà...e invece le hanno solo dato tantissimi soldi.» Thanatos scivolò giù verso il basso, attendendo che Eros lo raggiungesse. In lontananza sentivano le urla dei soldati.
Non poteva averlo fatto sul serio. Erano amici.
«Eros! Andiamo!»
Eros scosse il capo e si lanciò giù, fino a tirare il tombino e nascondersi nei sotterranei insieme a Thanatos. Sentì l'altro toccargli la spalla, con dolcezza. «Mi dispiace.»
☀️☀️☀️☀️
Angolino
In realtà non so se ha salvato la versione corretta, lo spero.
E niente, capitolo tranquillo dai. Spero che vi sia piaciuto e alla prossima (ps. Potrei aggiornare un po' prima perché sì. Volevo pubblicare due capitoli la prossima settimana)
Buon weekend ❤️
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