Capitolo 22

Ægon

Ægon non aveva chiuso occhio nelle notti successive. Non che fosse una novità, in realtà. Aveva continuato a rigirarsi tra le mani il foulard di Aaliyah. E ammetteva di averne inspirato il profumo qualche volta.

Aveva colpito alle spalle l'ennesimo compagno. Si sentiva un verme, ma se a causa sua le fosse successo qualcosa, probabilmente non se lo sarebbe mai perdonato. E avrebbe perso il sonno per sempre.

Si diresse alla mensa con uno strano intontimento, anche quel giorno. Si lasciò cadere su una delle sedie, mentre sentiva gli altri parlottare tra loro.

Strappò un morso alla propria brioche e si limitò a guardare i suoi amici con aria annoiata. «Il Generale mi aveva detto che saremmo partiti tra qualche giorno, eppure non ho sue notizie.»

Herica aggrottò la fronte. «Ma come? Non hai saputo?»

Ægon alzò di scatto la testa. L'improvviso terrore che la missione fosse stata cancellata lo divorò. «No, a cosa ti riferisci, comunque?»

Miguel tracannò un bicchiere intero di caffè, corretto con del latte di mandorla dal sapore così dolce che Ægon ancora si chiedeva come fosse possibile che non avesse il diabete. «Lysa Cullen è morta. È stata ritrovata senza vita in un vicolo. Si pensa che sia stato Thanatos o uno dei ribelli a ucciderla. Hanno fatto un attacco al Generale, colpendo la sua Procreatrice.»

Ægon aggrottò la fronte confuso. Questo avrebbe spiegatole assenze degli ultimi due giorni di Djævel. Si grattò la nuca nervoso.

Jacob fece una smorfia, pulendosi gli angoli della bocca dalle briciole. «Certo che devi essere proprio stupido per lasciare che la tua Procreatrice di punta se ne vada a zonzo per la città.»

Ægon avrebbe voluto mollargli un pugno in pieno volto, ma contò almeno una decina di volte fino a venti. Incrociò spesso lo sguardo di Miguel, che, da sotto la tavolata, gli diede un paio di calcetti per farlo trattenere. «Quindi, adesso cosa faremo?»

All'improvviso, la nuova Comandante Fyona Geller si accostò al loro tavolo, posando le mani sulle sue spalle. «Voi quattro seguitemi. Il Generale vuole vedervi.»

Jacob fece un versetto sarcastico. «La fenice è rinata dalle proprie ceneri?»

Ægon serrò i pugni. Jacob cercava di provocare lui o il Generale fin da quando aveva scoperto che a guidare la missione speciale di caccia a Thanatos non sarebbe stato lui. Ægon sapeva che quello era stato un duro colpo per il suo ego. «La vuoi smettere? Non risolverai un bel nulla comportandoti così.»

Jacob gli si accostò all'orecchio. «Vorrei ricordarti quanto tu sia soltanto baciato dalla fortuna, Ægon. Ti ricordo che ho molte più possibilità di te, di mio padre e dello stesso Generale.» Fece schioccare la lingua contro il palato. «Presto se ne renderà conto anche lui.»

«Andiamo?» Il Comandante si voltò a guardare loro due, rimasti indietro, ancora in piedi vicino al tavolo, dove poco prima stavano mangiando.

Ægon scosse il capo e deglutì, mandando giù le ennesime parole al veleno dell'amico.

Si mossero verso l'ufficio del Generale. Miguel ed Herica gli si accostarono accanto, lanciandogli silenziose occhiate preoccupate.

Fyona aprì la porta, invitandoli ad entrare. Una volta che furono tutti in ufficio, la richiuse, lasciandoli soli con il Generale Storm.

L'uomo se ne stava di spalle, a guardare fuori alla finestra. Teneva le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo puntato verso l'esterno. «Ora che ci siete tutti, vi esporrò il piano.» Si voltò a guardarli. Gli occhi scuri gli apparvero spiritati, provati. Teneva un'espressione seria e indecifrabile. «Sedetevi.» Indicò le poltrone davanti alla scrivania.

Ægon aggrottò la fronte, ma obbedì. Si mise a sedere, imitato dai suoi amici. «Come dobbiamo organizzarci?»

Djævel si grattò dietro la nuca e sbuffò piano. «Partiremo questa notte per Notturn Desert. È molto lontano, al confine. Quindi passeremo prima nel bosco. Ci accamperemo lì, dividendo le notti in turni per riposare e guardare il prigioniero. Lui ci porterà nel covo dei ribelli. Lo useremo come esca.»

Ægon annuì. «E come?»

«Comunicano tra loro tramite un quadrante. Riusciranno a rilevare la sua posizione. Lo rivorranno indietro, visto quello che è successo un paio di notti fa.» L'uomo si massaggiò il mento, con un'espressione infastidita.

Herica increspò le sopracciglia. «Cos'è successo?»

Ægon restò in silenzio, mantenendo uno sguardo confuso. Nessuno aveva parlato dell'intrusione di Aaliyah, nonostante uno degli studenti avesse rivelato chiaramente di averla vista.

E si chiese se non avessero usato le benzodiazepine come avevano fatto con lui ed Herica. Doveva ancora capire quando le aveva assunte, ma iniziava sul serio a immaginare fosse dovuto al suo utilizzo dei sonniferi. Sospirò piano, passandosi una mano dietro la nuca.

Il Generale li osservò. «Sono informazioni confidenziali, ma dato che voi ormai fate parte della squadra speciale, potete saperle.»

Tutti i ragazzi, come se fossero tirati da fili invisibili, si tesero in avanti, sporgendosi verso di lui, seduto alla scrivania.

L'uomo li guardò confuso, inarcando un sopracciglio. L'ombra di un sorriso danzò sulle sue labbra. «A quanto pare una delle ribelli si è intrufolata nell'Akademie, per salvare Ares... così, possiamo provare a sfruttare la stessa debolezza.» Si tirò alcuni capelli all'indietro. «Se è davvero entrata qui da sola, rischiando di farsi uccidere, sarà altamente probabile che proverà a intervenire all'aria aperta. A quel punto, avremo un motivo per attirare Thanatos nella trappola.» Incrociò lo sguardo di Ægon, che annuì.

Sapeva che, in fondo, speravano di arrivare a Doom. Se il suo nome era stato cancellato in qualche modo dai ribelli, voleva dire che avessero tra le mani un pesce molto più grande di Thanatos.

Djævel si scostò dalla scrivania e si tirò in piedi. «Bene, adesso andate a preparare la vostra roba. Partiamo sul tardi. Ci vediamo fuori dal mio ufficio per le dieci. Io andrò a prendere il prigioniero.» Fece un cenno vago con la mano, indicando la porta.

Tutti si alzarono. Ægon restò ancora seduto, aspettando che se ne andassero. Prima di uscire, però, Jacob gli lanciò un'occhiata carica di fastidio. Si richiuse la porta alle spalle con un tonfo, lasciandoli soli.

Il Generale fece una risatina roca, per poi bere un sorso di whisky. «Qualcosa non ti è chiaro? Pensavo di essermi spiegato con parole semplici...»

Ægon non era uno sciocco. Djævel aveva delle brutte occhiaie a contornargli il volto e si muoveva nervoso. E puzzava di alcol. «Volevo solo sapere come stessi... mi hanno raccontato di-»

«Bene. Sto bene.» L'uomo strinse i pugni e tornò a fissarlo. «Altro?»
«Cerchiamo davvero solo Thanatos?»
«Credo tu sappia qual è la risposta.»

Ægon sbuffò. Fece strisciare la sedia all'indietro e si tirò in piedi. «So che non ti fidi abbastanza di nessuno di noi. Ma io a te affiderei davvero la mia vita. Se volessi dirmi come ti senti, sai dove trovarmi... anche perché trascorreremo un po' di notti insieme.»

«Ægon, mi fido di te. O non ti avrei messo a capo di questa spedizione. Ma io sono il tuo Generale, non un tuo amico. Non dimenticartelo.» Djævel lo seguì, accompagnandolo alla porta. Gliela aprì, invitandolo a uscire -sebbene con modi meno bruschi rispetto a prima.

Ægon obbedì, riversandosi nei corridoi. Si allontanò, tornandosene nella propria camera. Iniziò a sistemare una serie di ricambi in uno zaino, spingendoli a fondo. Sbuffò frustrato.

«Che c'è? Il tuo protettore non aveva voglia di chiacchierare oggi?» Jacob ghignò.
«Mi spieghi che problemi hai con me? Ho deciso di portarti con me, farti far parte della squadra per permetterti di avere una vendetta per tuo padre.» Ægon lo raggiunse dall'altra parte della stanza. Si piazzò di fronte a lui, affrontandolo a muso duro. «Ma se hai ancora intenzione di darmi così tanto fastidio, ti caccio fuori a calci in culo.» Inclinò il capo, facendo un sorrisetto infastidito. «Ti è chiaro, Jacob? Adesso comando io.»

Il compagno serrò la mandibola, ma non rispose. Si limitò ad arretrare e tornò a preparare la propria borsa.

Ægon lo tenne sotto controllo per alcuni secondi e poi riprese a sistemarsi. Lasciò scivolare nello zaino anche un paio di pugnali. Aveva già scelto le sue armi: un fucile e la lancia elettrica. Era il migliore a brandirla nel suo corso e si fidava ciecamente di quell'oggetto. Era convinto che sarebbe riuscito anche ad andarci in guerra.

Osservò il foulard di Aaliyah sul comodino. Tentennò sul posto e lo afferrò, per nasconderlo poi nel proprio zaino. Si diede mentalmente dell'idiota.

Avrebbe saputo scegliere qualora fosse stato necessario? Avrebbe salvato lei o tenuto fede alla propria missione? Se fosse andata bene, avrebbe potuto mirare ad alti gradi, come vicecomandante. Socchiuse gli occhi, provando ad assaporare la sensazione del potere. Eppure non era appagante neanche la metà del profumo di quella ladruncola arrampicatrice, con strane manie suicide.

«E quello?» Jacob domandò con un sorrisetto malizioso. «Non sapevo avessi trovato una fidanzatina qui dentro.»

Ægon lo ignorò. «Non ti interessa.»

«Oh, ma dai!»

Ægon prese un asciugamano pulito e aprì la porta del bagno. «Mi dispiace, ma tengo alla privacy delle mie conquiste.» Bofonchiò, prima di nascondersi nel bagno, accasciandosi con la schiena contro la parete fredda.

***

Quella notte la tensione teneva tutti i suoi sensi in allerta. Dopo aver sistemato per l'ennesima volta lo zaino in spalla, Ægon diede un'occhiata in giro, assicurandosi di non aver dimenticato nulla.

«Andiamo! Riusciremo a scovare quei bastardi. Questa volta abbiamo anche uno dei loro uomini.» Jacob ghignò, uscendo dalla stanza per primo.

Ægon non avrebbe saputo spiegare bene quella sensazione. Ripensò ad Aaliyah, che si era infiltrata nel castello per salvare Ares, rischiando di farsi uccidere da uno studente qualsiasi.
Aveva la sensazione che si sarebbero incontrati di nuovo, e non sapeva se era pronto ad affrontarne le conseguenze.

Si guardò allo specchio un'ultima volta e accarezzò l'orecchino. Poi raggiunse Jacob e, insieme, si mossero verso il punto di ritrovo.

L'Akademie era silenziosamente cupa di notte. Sul pavimento ticchettavano solo i loro passi. Ægon si voltò a guardare i suoi amici. Contò almeno una decina di volte che fossero tutti e quattro.
Aveva scelto il migliore dei combattenti: Jacob.
Con Miguel si era assicurato non solo un ottimo curatore, ma anche un'allegra compagnia con cui trascorrere quell'avventura.
Herica era una delle persone di cui più si fidava al mondo, se non una delle più valide studentesse.

Assottigliò lo sguardo, quando sentì i passi del Generale in vicinanza. Con lui c'era un cadenzato ritmo di clangore metallico. Individuò presto Ares ammanettato, che camminava scortato da Djævel e un altro paio di soldati.

«Loro verranno con noi.» Indicò i due uomini al suo fianco. «Si occuperanno del prigioniero.»

Ægon aggrottò la fronte. Forse sarebbe stato meglio che fossero di più. Anche se una parte della sua mente non smetteva di suggerirgli che in quel modo si sarebbero mossi più lentamente.

Djævel si pulì gli anfibi della divisa con dei gesti scocciati e irritati. Poi alzò lo sguardo su di loro. «Bene. Prenderemo alcuni vecchi cunicoli dell'Akademie, per ritrovarci direttamente nel centro della città.»

«Che? E da quando esistono?» Herica gli rubò i pensieri.
Ægon non aveva idea che ci fossero scorciatoie o piccole strade segrete dove muoversi indisturbati per l'Akademie e uscire dalla città. Forse le avrebbero potute sfruttare in altre occasioni, o avrebbe potuto aiutare Aaliyah a scappare.

Si pietrificò sul posto, quando quel pensiero gli sfiorò la mente.

Si voltò a guardare Jacob, che scrollò le spalle. Aveva un'espressione confusa. Ægon fu sollevato quasi dal fatto che neanche lui avesse idea dell'esistenza di quelle strade nascoste. Era come se fossero di nuovo sulla linea di partenza insieme. Si era abituato negli anni a quell'odioso vantaggio che suo padre Schultz gli aveva dato.

Il Generale scrollò le spalle, esibendo un sorrisetto. «Neanche io, fino a quando non ho avuto accesso agli archivi. Adesso col nuovo ruolo, conosco molte più cose.» si diresse verso un corridoio buio.

Ægon lo affiancò, mentre gli altri li seguivano alle loro spalle. «E noi non dovremmo saperlo, immagino.»

L'uomo annuì. «Stanotte drogherò i soldati mentre voi riposate. E drogherò voi mentre riposano loro. Così ve ne dimenticherete.» Lo sbirciò con la coda dell'occhio. «Sono costretto a farlo, lo sai.»

Ægon sospirò. Il giuramento. Non ne aveva mai parlato con lui, ma quella cerimonia gli era sembrata terribilmente inquietante. «Lo capisco. Ma dove stiamo andando? È un vicolo cieco.»

Il Generale fece una risatina roca. Spostò una delle vecchie armature ornamentali di lato. Tastò una delle pietre del muro e la spinse all'indietro, come fosse una porta ben mimetizzata. Poi si voltò a guardarlo con un ghigno, non appena davanti a loro si aprì un corridoio e una lunga serie di scale. «Dicevi?»

Ægon roteò gli occhi al cielo e lo seguì. Si voltò a guardare i suoi compagni e sorrise loro, incoraggiante.
Miguel fu il primo a lanciarsi alle loro spalle. E per fortuna, perché altrimenti l'unico suono in quelle mura strette sarebbe stato quello metallico delle catene di Ares.

«Chissà quanto altro è stato scoperto, non è vero?» Saltellava, guardandosi intorno. «Però adesso che sa dell'esistenza di questi cunicoli, Com-, ehm cioè, Generale, dovrebbe pensare a farli pulire un po'. Sono un tantino incrostati dal tempo.»

Herica fece una risatina divertita. Ægon non riuscì a trattenere un sorriso. Il Generale si voltò a guardarlo. «Quale parte di segreti non ti è tanto chiara?»

Scesero lungo delle scale. Ægon si affidava incondizionatamente a Djævel in quel tratto di viaggio. Non aveva idea del perché si stessero muovendo come dei ratti nelle fogne.
«Perché ci nascondiamo?»

«Perché i ribelli sono entrati nella scuola. Non escluderei la presenza di talpe e non voglio occhi indiscreti. Spunteremo in un punto meno frequentato della città e ci dirigeremo a nord verso i boschi. Tanto distano una ventina di minuti a piedi. Ci accamperemo e penseremo poi alle prossime mosse.» Fece cenno ai soldati di passare davanti con Ares.
Ægon comprese che volesse tenerlo più sotto controllo in quel modo.

Talpa.
Era davvero una talpa? Si asciugò il sudore sulla fronte. I palmi delle mani erano appiccicaticci. Detestava quei posti così stretti. A quanto pare i costruttori dell'Akademie ne erano degli estimatori.
Non era una talpa, non avrebbe mai tradito la propria divisa e Sol.
O forse sì? Era confuso.
Non avrebbe mai voluto vedere Aaliyah alla Mostra. Così come immaginava quanto potesse essere doloroso per uno di loro diventare un semplice mezzo. O un'incubatrice. Osservò di sbieco Herica, concentrata sul tragitto.
Anche lei era terrorizzata dalla Mostra. Aveva sperato in ogni modo di accedere all'Akademie, garantendosi un qualsiasi posto per sopravvivere.

«Fa caldo qui sotto.» Bofonchiò Jacob.

Ægon annuì. «Immagino manchi poco.» Mormorò, quando una folata di vento gli fece drizzare i capelli.

In fondo al corridoio c'erano alcune piccole crepe. Il Generale si fermò e aprì un tombino sopra di loro. Si arrampicò e si affacciò dalla strada, tendendo loro la mano.

Ægon la afferrò e uscì per primo. L'aria fresca della notte gli rigenerò i muscoli. Si guardò intorno, fissando il cielo e le sue stelle. «E ora?»

Gli occhi del Generale ebbero uno scintillio. «E ora ci confondiamo come loro. Da questo momento, in Akademie gli studenti avranno dimenticato della missione, tranne ai piani alti. Potremmo essere scambiati per traditori o ribelli. Ci vestiremo come loro, per non essere attaccati all'improvviso.»

Ægon sentì un formicolio risalire su per la spina dorsale. Non sentiva un grande entusiasmo a quella notizia. Adesso avrebbero dovuto nascondersi anche dai loro stessi alleati.

C'era qualcosa che non gli piaceva. Che non gli dava affatto una buona sensazione. Possibile che volessero cercare di incastrare tutti loro?
Quando furono tutti fuori, Djævel passò ad ognuno di loro dei vestiti, quasi tutti presentanti mantelli con cappuccio. Indicò una stradina nascosta per potersi cambiare indisturbati.

Poi posò con poca delicatezza i panni contro il petto di Ægon, che lo studiava con un'espressione confusa e corrucciata. Djævel gli diede un buffetto sulla guancia. «Devi fidarti di me.»



☀️☀️☀️
Angolino
Come sapete (chi tra tiktok, chi perché legge in anteprima) ho due storie in scrittura. Non so se mi piacciono davvero. Boh. Nom capisco nulla. A volte a stento mi ricordo di pubblicare sac. Penso che la stessa sac non sia proprio da wattpad, mi rendo conto non ci sia grandissimo romance e che ci siano tante storie dietro.
Vi ringrazio comunque per leggermi ancora❤️
Per il futuro vedremo.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e alla prossima ✨🕺

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top