Capitolo 2

Don't talk to me, just show me your talent
Your talent, oh
One look and your're mine
Keep your eyes on me now
'Cause when the stars align
You might bring the beast out
Nowhere to run boy, run come here right now
Right now, right now
'Cause when the sun goes down, the beast comes out
Comes out, comes out
-Mia Martina, Beast

"Go to Hell"
"Oh, sweetheart. I'm Hell."

Thanatos

Li aveva visti. Aveva sentito le urla della ragazza. Così come aveva notato quelle guardie del cazzo abbandonare il Club. Forse quella notte poteva essere più prolifica di quanto preventivato.

Attese che il Generale si fosse allontanato insieme al Comandante. I due si erano congedati poco dopo, all'altezza dell'Akademie.

Si era arrampicato su uno dei tetti, stando ben attento a non cadere. Era da sempre silenzioso, forse per questo tutti lo credevano un fantasma. La cosa lo faceva sorridere e lo esaltava al tempo stesso. Aveva sentito anche i commenti ingiuriosi di quei tre ragazzini viziati, che si lamentavano che quella sgualdrina non aveva saputo starsene ferma.

Nella notte scura aveva aspettato con cura, senza lasciare che la smania di ammazzarli prendesse il sopravvento.

«Abbiamo ancora tutta la fottuta notte libera!» Si lamentò il primo, guardando i due amici.

«E cosa vorresti fare, Kobe? Il Generale e il Comandante ci hanno detto di non tornare di nuovo lì per oggi.»

Kobe si guardò attorno, nelle strade sempre più vuote. Adocchiò una ragazza attraversare la strada, per tornarsene a casa entro il coprifuoco della mezzanotte.

Mancavano solo pochi minuti. Thanatos si allungò da uno dei tetti, per osservare meglio la scena.

«Ehi, bella! Ti sei persa?» Kobe si avvicinò a lei. I suoi due compagni si scambiarono un'occhiata e ghignarono, raggiungendola anche loro.

«No. Sto solo tornando a casa. Sono quasi arrivata. Gr-» Uno degli altri due ragazzi la afferrò per i capelli, trascinandola all'indietro. La giovane andò a scontrarsi contro Kobe, che le accarezzò il collo. «Sai di buono. Jade, vieni ad annusarla anche tu. E Flynn, dai, divertiamoci.»

La ragazza si dimenò tra le sue braccia, agitando le gambe. «Lasciatemi stare!»

Kobe non la accontentò, la trascinò in un piccolo vicolo, portandole una mano alla bocca, per non farla urlare.

Thanatos saltò sul tetto successivo. Si mosse verso il basso, quanto bastava ad aspettare gli altri due che li raggiungessero.

Balzò giù dal tetto, catapultandosi su Flynn. Sfilò il suo manganello dalla cintura, colpendolo sul cranio. Il sangue schizzò contro le pareti.

La ragazza gridò terrorizzata.

Kobe mollò la presa su di lei, spingendola in direzione di Jade. «Ma che cazzo!»

«Kobe! È Thanatos! Andiamocene.» Jade lanciò la ragazza contro la parete sudicia di quel vicolo sporco e corse via.

Lo avrebbe recuperato comunque.

Kobe sogghignò cattivo, osservandolo. «È arrivata la tua ora, stronzo.»

Thanatos si lasciò scappare una risata divertita. Si appoggiò al muro, parandosi davanti alla ragazza. Inclinò il capo di lato e si portò le mani al petto, quasi in modo plateale. «Oh. Così mi ferisci nell'animo. E io che speravo potessimo fare una bellissima chiacchierata al chiaro di luna.» Si abbassò, non appena Kobe provò a sferrargli un pugno in pieno volto. «Oh, andiamo. Per una futura guardia reale mi aspettavo qualcosa in più, tesoro.»

Kobe si innervosì. Fece per aggredirlo ancora una volta, ma Thanatos gli assestò un calcio allo stomaco, spingendolo dall'altro lato del vicolo. Non gli diede il tempo di fare altro, che gli corse incontro. Saltò contro il muro e gli si scagliò addosso, atterrandolo. Si posizionò a cavalcioni su di lui e iniziò a prenderlo a pugni. Sentì le ossa di Kobe scricchiolare sotto le sue mani e ghignò. Trovò un peccato che il sorriso fosse nascosto da quella maschera.

Quello provò a stringerlo con le gambe, per scrollarselo di dosso, ma Thanatos recuperò il manganello utilizzato precedentemente e lo colpì sulla fronte. Più volte.

Doveva eliminarli tutti.

Uno dopo l'altro.

Doveva trovare le sue risposte.

I suoi colpevoli.

E finché non avrebbe ottenuto risposte, avrebbe raso al suolo tutto ciò che avrebbe incontrato.

Ucciso chiunque fosse necessario.

Doveva recuperare quell'altro perdente. Lasciò il corpo a terra, dopo averlo scosso con un calcetto nervoso. 

Thanatos balzò in piedi. Corse fuori dal vicolo. Aveva bisogno di rilevare il ragazzo. Di solito erano tutti abbastanza perdenti e vigliacchi da nascondersi in qualche stradina prima di tornare all'Akademie.

Svoltò in un angolo e tastò l'orologio al proprio polso. Per fortuna che Doom gli aveva permesso di accedere ai rilevatori gps di tutti i soldati dell'Akademie che fossero nelle sue vicinanze. Si collegava in automatico ai loro quadranti.

«Il topolino è in trappola.» Ridacchiò tra sé e sé. «Ma che peccato.» Si arrampicò su uno dei tetti, muovendosi silenzioso tra i balconi, saltando da una tegola all'altra. A volte ringraziava ancora le lezioni di equilibrio a cui suo padre lo costringeva. In fondo, aveva fatto qualcosa di utile per una volta.

Funambolo della notte, messaggero della morte, Thanatos si avvicinò al punto indicatogli dall'orologio. Il puntino rosso luminoso della sua nuova piccola preda.

Osservò dall'alto il ragazzino tremante in un angolo della strada. Si dondolava su se stesso. «Non è colpa mia. Loro erano d'accordo. Che cazzo dirò al Generale Schultz ora?» singhiozzò.

Thanatos si calò verso il basso e ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni. Si avvicinò a lui, lentamente, e si piazzò di fronte. Tossicchiò divertito. «Allora, abbiamo imparato la lezione, cattivello?» Ridacchiò.

Il ragazzino fece un tremolio nervoso. «I-io! Ti prego farò tutto ciò che vuoi! Ma lasciami andare! Ti prego-»

Thanatos lo afferrò per i capelli. Quello provò a dimenarsi, ma lo trascinò lontano dal vicolo. Quando continuava a implorarlo ancora per l'ennesima volta, prese una delle pistole di sorveglianza e sparò alla nuca. Il sangue gli schizzò addosso, ovunque e a terra.

Spostò il cadavere fino a davanti all'Akademie, lasciandolo a terra. Camminò intorno al corpo, girandogli in tondo.

Macchiandosi le dita di sangue, Thanatos iniziò a scrivere sul pavimento.

La Morte non dimentica l'Incidente.

Ghignò davanti alla propria opera, sputò sul corpo del ragazzo e fissò le mura della struttura, così familiari e così odiose.

Indietreggiò fino a scomparire nell'ombra. Si allontanò nel cuore della notte, lasciandosi avvolgere dalle sue tenebre, che inquinavano anche il suo cuore e la sua anima da molto, ormai.

Si guardò intorno per un istante, prima di aprire uno dei tombini e nascondersi nei tunnel sporchi e puzzolenti della città di Sol.

Man mano che si allontanava nei cunicoli della vecchia città, bombardata anni prima, le ombre sembravano inghiottirlo. Le voci della sua Gilda erano sempre più vicine. Piccoli ladri che si muovevano silenziosi nella confusione: i suoi araldi del caos.

Il Governo credeva di averla dimenticata, ricostruendo sulle sue Rovine. Ma Thanatos aveva sempre amato la storia e credeva che il potere delle ceneri fosse molto più forte di quanto chiunque potesse mai immaginare.

Spinse in avanti la porta con un calcio e il silenzio nel salone principale piombò di colpo. Neanche fosse andato lì ad ammazzarli. Nessuno di loro conosceva la sua vera identità, dietro la maschera, ed era meglio così.

Si avvicinò al bancone e sfilò una bottiglia di rhum. Azionò il pulsante laterale della maschera, che si tirò su con un piccolo bip, lasciandogli spazio per poter bere. Mandò giù un generoso sorso e socchiuse gli occhi.

Ares gli andò incontro coi pugni serrati. Si voltò a guardare gli altri presenti e batté le mani. «Forza! Ognuno torni a fare il cazzo che stava facendo prima.» Bofonchiò.

Si avvicinò a lui, appoggiandosi al legno del bancone, e lo studiò. «Dove sei stato? Non avevamo detto che, dopo i dieci uccisi dell'ultima volta, dovevi stare un po' nell'ombra?»

Thanatos si voltò a guardarlo, irrigidendosi. «Ti farò una domanda: ti sembra che sia riuscito ad uccidere i colpevoli dell'Incidente?» Inclinò il capo. «No. Mi mancano tutti. Conosco i loro stracazzo di nomi in codice e nient'altro, neanche le loro identità.» Si protese verso l'amico a muso duro, dopo aver mandato giù altro rhum. «Arriverò a loro. Nel frattempo, se dimezzo la popolazione di Sol non mi sembra un gran peccato.» Ridacchiò. «Tanto siamo già quasi tutti sterili. Sto facendo un piacere alla natura.»

Ares gli allontanò la bottiglia dalle labbra. Diede un'occhiata alle sue nocche scorticate a sangue. «Dovresti andare da Asclepio.»

Thanatos deglutì. Quel bastardo era uno dei colpevoli dell'Incidente, ma lo aveva risparmiato, non sapendo neanche perché. Forse perché aveva letto davvero pentimento nel suo sguardo. Aveva voluto tentare l'immortalità per tutti loro e poi aveva tarpato le ali a chiunque, condannandoli all'opposto. Gli aveva promesso che l'avrebbe aiutato a trovare gli altri e gli aveva fornito i loro nomi in codice, con qualche piccola informazione, che lo stava aiutando a superare le barriere della sicurezza.

Dall'interno era ancora più impossibile lavorare. Fare domande avrebbe messo chiunque in una posizione scomoda.

«Sei preoccupato per me, cucciolo? Perché non scodinzoli e mi dai di nuovo quel rhum, mh?»

Ares lo allontanò con uno strattone, trattenendo una risatina. I suoi occhi grigi erano divertiti, ma non riuscivano a nascondergli un velo di preoccupazione. «Ci vediamo dopo.»

Thanatos fece schioccare la lingua contro i denti e strisciò verso la porta che lo avrebbe condotto al piccolo laboratorio. Anche se lo usavano come infermeria e deposito, nel peggiore dei casi.

Aaliyah si piazzò davanti a lui, incrociando le braccia sotto il seno. Lo studiò con sguardo ammonitore. «Dove sei stato? Non dovresti tornare alla tua vita normale per non destare sospetti?»

La scansò, aprendo la porta. L'aveva salvata dai test per Procreatori quando era solo una ragazzina di dodici anni. L'aveva portata alla Gilda e cresciuta come una ladra e assassina. Era la sua piccola punta di diamante. «Puoi stare tranquilla, 'Liyah. A nessuno importa granché di me nella vita reale.»

La ragazza gli afferrò il polso, prima che se ne andasse. Incastonò gli occhi castani, simili a quelli di una cerbiatta, ai suoi. Aveva alzato i capelli scuri in una coda alta. «A me importa, sempre. E non voglio ti scoprano.»

Thanatos si strinse nelle spalle. Non si fidava di nessuno, ma di quella ragazzina sì. Ma non l'avrebbe mai messa in pericolo, rivelandole la sua identità. Fece un cenno del capo, augurandole la buona notte, e si richiuse la porta alle spalle.

Si incamminò verso l'infermeria e bussò. Senza attendere risposta, spalancò la porta. «Ehilà, mio stupido infermiere. Come va la vita da topino da laboratorio?»

Si lasciò cadere sulla sedia.

Asclepio alzò lentamente lo sguardo su di lui. Si liberò degli occhialetti tondi, che poggiavano in bilico sul naso aquilino. Aguzzò la vista, strizzando gli occhi piccoli. Mise a fuoco la sua figura. «Cosa ti sei rotto oggi?»

«Niente. Una piccola ferita al polso. E mi servirebbe un antidolorifico.» Si allungò verso la cassetta di pronto soccorso e frugò alla ricerca della medicina. «Bingo!»

Alzò appena la maschera e la ingurgitò. Poi inclinò il capo, curioso, quando incrociò lo sguardo divertito di Asclepio. «Che vuoi?»

«Sembri elettrizzato, questa sera. Com'è andata la giornata? Ti va di parlarmene?»

Thanatos si strinse nelle spalle. «Cosa sai di Eros Thorne?»

Il dottore sgranò quegli stupidi occhietti. «So che è la punta di diamante del club e che Poul lo torchia tantissimo. Che cazzo vuoi fare? Poul e il suo locale di merda sono appoggiati dal Governo e non lascerà mai andare il suo tesoro. Non immischiarti in problemi ancora più grandi.»

Thanatos storse il naso. Odiava quando gli dicevano cosa doveva fare.

È pericoloso.
Devi pensare prima di agire.
Ma l'avevano preso per un bambino capriccioso?

Un po' lo era, in effetti. Si tirò in piedi e allontanò quelle parole con un gesto vago della mano. «Era solo per chiedere. Tranquilla, mamma.»

Se ne uscì, ingurgitando l'antidolorifico, e fece per tornarsene a casa, quando, lungo il tunnel, intravide quella figura ad attenderlo.

Thanatos si paralizzò sul posto. Le mani presero a tremargli nervose.

«Ti stai divertendo ultimamente.» Doom avanzò verso di lui con un ghigno a increspargli le labbra. Gli occhi grigi lo scrutavano con attenzione.

«Faccio il mio lavoro.»

«Tu lavori per me, Thanatos. Non dimenticartelo.» Doom lo afferrò per la gola, stringendo appena. Lo spinse contro la parete e sorrise divertito. Un luccichio folle gli balenò nello sguardo. Thanatos sentì lo stomaco aggrovigliarsi. «Se sei ancora vivo, è grazie a me. Ti permetto di cercare risposte perché mi fa comodo. Ma non dimenticarti che sei il mio soldatino. E se ti chiamo, come oggi, tu non mi ignori. Tu porti il culo da me. Chiaro?!»

Thanatos annuì. Batté una mano contro la parete, anelando aria. «Chiaro.» Mormorò in un sussurro soffocato.

Doom lo spinse di lato e fece un ghigno divertito. «Non ho sentito bene.»

Thanatos tossì, riprendendo fiato. I polmoni erano affaticati. Doom riusciva sempre a coglierlo di sorpresa. Agiva in silenzio e manovrava i fili della sua marionetta. Era l'ennesimo fantoccio nelle sue mani, ma all'epoca era disperato e aveva firmato il contratto, vincolandosi a lui. «Chiaro.» Biascicò, tirandosi in piedi.

Doom sogghignò e gli si avvicinò. «Mi devi le vite.»

Thanatos digrignò i denti. Ogni volta che uccideva qualcuno il suo orologio biologico aumentava gli anni accumulati. Avendo ucciso tre diciottenni, aveva guadagnato cinquantaquattro anni di vita in più in totale. Avvicinò il suo polso a quello di Doom. Fece scattare un meccanismo laterale e dopo una serie di tre bip il suo orologio tornò a portare trent'anni: la sua età. Rubava gli anni degli altri per accumularli per sé. Anche se di solito li donava a qualcun altro, abbandonato a se stesso.

«Fatto.» borbottò in un soffio.

Doom sorrise e poi gli lasciò dieci anni in più da accumulare alla fine della propria vita. «Oggi mi fai pena. Ho sentito che ti interessa la puttana di Poul.»

«Non mi interessa nessuno. Ha visto un corpo oggi e gli ho intimato di andarsene a fare in culo.» Thanatos si strinse nelle spalle. Fischiettò verso l'uscita, tirando la porta in avanti e socchiuse gli occhi, quando la voce di Doom lo raggiunse.

«Se volessi salvargli la vita, ricordati che diventeresti il suo proprietario. Ha un contratto. Esattamente come te, soldatino.»

Thanatos digrignò i denti e si richiuse la porta alle spalle. «Lo so.»

Si arrampicò su uno dei tetti e corse in direzione del club, saltando da un balcone all'altro. Una tegola cadde a terra e lui bofonchiò una bestemmia, rendendosi conto che avrebbe potuto svegliare qualcuno.

A volte non sapeva proprio controllarsi.

Voleva rivederlo.

Sbuffò, calandosi verso il basso, all'altezza di una delle finestre dei salottini privati. Lui non c'era. Girò quasi tutte le vetrate, fino a intravedere Eros intento a parlare con Poul. Quest'ultimo lo spinse a terra, dopo essersi tirato su i pantaloni.  

Eros tremava come un ragazzino spaventato. Una foglia al gelo.

Thanatos si avvicinò quanto bastava per poter sentire le loro voci, essendo la finestra appena un po' aperta.

«Non toccherò Sylvie.»

Eros socchiuse gli occhi. «Promesso?»

Poul ridacchiò e gli tirò i capelli, avvicinandosi a lui. «Sei stato bravo, questa sera. Quindi promesso.»

Eros annuì e uscì dal salottino.

Thanatos si nascose nell'ombra, aspettando che quel drogato abbandonasse il locale per andarsene a casa. Lo vide, mentre si nascondeva nella pelliccia scura. Aveva gli occhi arrossati di pianto. O forse di droga. Non ne era sicuro.

Quando Eros fu abbastanza lontano dal club, Thanatos decise di intavolare una chiacchierata. Era stato scortese con lui quella sera, in fondo. «Sei ancora vivo, visto?» si appoggiò a una parete, a braccia conserte.

Eros sussultò, portandosi le mani al petto. «Cazzo! Senti, amico non voglio problemi. Giuro che non dirò a nessuno di averti visto-»

«Lo so. Sei troppo vigliacco per fare una prova di coraggio, no?»

«Già.» Eros inspirò forte e sbuffò. «Vuoi qualcosa? Perché l'orario delle visite è finito.»

Thanatos inclinò il capo. Il volto ancora nascosto dalla maschera, ormai ossidata sulla sua pelle. Eppure, riusciva a essere più se stesso in quella divisa, rispetto al solito, quando non era costretto a nascondersi. Era un bugiardo alla luce del sole e un uomo sincero da ombra della notte.

«Ti accompagno a casa.»

«Perché?»

«Perché così posso dirti di averli uccisi. Quelli che hanno violentato la tua amica.» Thanatos si strinse nelle spalle. «Non c'è di che, a proposito. Certo, un'opera epica in mio onore non mi dispiacerebbe affatto, ma non posso lamentarmi. Alla fine sono già una super star per voi. Mi conoscete già tutti. Mi accontenterò.»

Eros fece un sorriso divertito. Un sorriso sincero. Forse uno dei primi di quella serata. «E tu come facevi a sapere quello che è successo?»

«Io sento tutto. Le urla di questa città non mi sfuggono. Mai.» Svoltò l'angolo fino ad arrivare a un palazzo fatiscente, nel ghetto più abbandonato dell'intera nazione di Sol. 

«Vivi qui?»

Eros si stringe nelle spalle. «Che cazzo ti aspettavi? Un castello?»

«Beh, magari il tuo bel visino lo meriterebbe, un castello.»

«Lo sai che sono fuori dall'orario di lavoro, vero? Te l'ho ripetuto anche prima.» Eros si mise sulla difensiva, spalmandosi quasi contro la porta. Le mani presero a tremargli.

Thanatos scosse il capo e gli sfilò le chiavi di mano, aiutandolo ad aprire la porta. «Non sono sordo. Ho un udito perfetto. Ti ricordi la storia delle urla, vero?»

Eros sorrise, rilassando i muscoli. Thanatos lo comprese da come abbassò le spalle, mentre il cipiglio spaventato abbandonava il suo volto, per lasciar spazio a un'espressione serenamente sollevata. «Posso offrirti qualcos-»

«No, ma ho una proposta.» Thanatos ciondolò sul posto, spostando il peso del corpo da un piede all'altro. «Potresti essere uno di noi, se volessi.»

«Non sono libero.»

«A questo ci penserei io. Se vuoi essere di nuovo umano, fammi sapere.» Si allontanò, indietreggiando nell'ombra.

Eros aggrottò la fronte, confuso. «E come farò a contattarti, nel caso?»

«Ti troverò sempre, Eros.» Thanatos corse via, disperdendosi tra la nebbia e le luci giallognole che illuminavano a stento le strade.





☀️☀️☀️

Angolino
Ho aggiornato prima perché avevo tempo.
Gli aggiornamenti saranno sempre nel weekend, perché riesco a liberarmi e a trovare due minuti più facilmente.
Proseguiamo sempre a cazzo, ma con una costante: Thanatos è una diva capricciosa.

Alla prossima🫡

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