Capitolo 19
Thanatos
Era così stanco delle solite noiose persone. Saltò da un tetto all'altro, scivolando ancora una volta nel vuoto. Il pericolo lo faceva sentire così vivo; la vista obnubilata dall'eccitazione del baratro.
In equilibrio, come sul filo del rasoio, su una corda, si ritrovò a fischiettare divertito, libero di essere. Ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni, puntando poi lo sguardo verso l'alto, rivolto alla Luna.
«Cavolo, ma come cazzo fai?» Eros se ne stava in piedi di fronte a lui su un tetto. Teneva le mani sui fianchi, guardandolo con quel solito sguardo da cucciolo confuso.
Thanatos rischiò di perdere l'equilibrio per un istante, per restare a fissarlo. «L'ho sempre fatto fin da bambino.»
Eros sorrise, ciondolando il capo di lato. «Ti immagino da bimbo. Un piccolo psicopatico in erba impegnato a prendere a calci i suoi vicini...» poi tossicchiò in imbarazzo. «Non vorrei immaginare un bambino con un'inquietante maschera demoniaca, puoi darmi alcuni dettagli?»
Probabilmente Eros lo credeva davvero stupido fino a quel punto. Si ritrovò a scrollare le spalle. «Capelli ricci e rossi come le fiamme dell'Inferno e occhi spiritati.» Assunse di proposito un tono di voce profondo e inquietante.
Eros sospirò frustrato. «Certamente, ho capito. Va bene, almeno ci ho provato.»
Thanatos roteò gli occhi, sentì il rumore metallico del meccanismo della maschera seguire i suoi stessi movimenti. «Sei proprio un idiota.» Si mosse in bilico sulla fune, fino a raggiungere Eros sul tetto di fronte.
Lo sentì fischiare sovraeccitato. Era da un po' di giorni che stargli dietro era impossibile. Quella sera lo aveva portato con sé in giro, perché iniziava a comportarsi come un bambino. Gli chiedeva il perché di qualsiasi cosa. E adesso voleva godere un po' della notte e delle sue stelle, così gli aveva detto.
Thanatos dava per scontato che volesse fare anche le cose più semplici e banali, che aveva smesso di fare da quando era diventato uno dei tanti fantasmi dell'Eden.
«Sei davvero forte!» Eros agitò un braccio, mentre atterrava sul tetto ai suoi piedi.
Thanatos si bloccò sul posto.
«Sei davvero forte, ragazzo!» La voce di suo zio rimbombò tra le pareti della sua mente. Un uragano di ricordi sepolti e pugnalati lo confuse, come un pugno allo stomaco assestato con violenza.
All'improvviso era di nuovo un ragazzino minuto con la testa all'ingiù, in equilibrio con le gambe su una corda sospesa nel vuoto, come un funambolo. L'acrobata del circo più famoso in città.
«Volevi parlarmi, zio?»
«Scendi, forza. Ho una proposta per te e tua madre. Potreste essere liberi, no?»
Da ragazzino aveva già imparato di non potersi fidare degli uomini adulti. Tutti mentivano e giocavano una partita pericolosa a nascondino. L'obiettivo era nascondere i propri mostri nell'armadio per poi liberarli col primo malcapitato.
Thanatos sospirò piano e riprese coscienza, quando Eros gli schioccò un paio di dita davanti al volto. «Stai bene?»
«A meraviglia.» Thanatos gli si avvicinò, quanto bastava per poter sentire il suo buon profumo. «Vuoi fare qualcos'altro, questa sera? Sono il tuo baby-sitter a completa disposizione.»
Eros fece una risatina, accostando il volto al suo. «Ammettilo che ti stai divertendo anche tu, però.»
Thanatos trattenne il fiato per qualche istante. Fissò gli occhi chiari di Eros, poi scese a percorrere la forma delle sue labbra. Tornò a guardarlo negli occhi, ma prima ancora che potesse parlare, un piccolo bip attirò la sua attenzione.
Abbassò lo sguardo sul proprio quadrante, individuando un paio di soldati. I loro tre puntini rossi si muovevano indisturbati sullo schermo. Un ghigno gli si formò da sotto la maschera. «Resta qui. Adesso giochiamo al gatto e ai topolini.» Si tese come una corda di violino e, muovendosi nell'ombra come uno spettro, si calò verso il basso. Sentì Eros mormorare qualcosa, ma non vi diede peso.
Erano tutti piccoli mostriciattoli da calpestare, insetti fastidiosi lungo il tragitto. Thanatos si divertiva a spaventarli prima, altrimenti non c'era gusto. Li seguì fino a un vicolo buio, acquattandosi contro una delle pareti, si sporse di poco, il giusto per ascoltare la conversazione.
Confabulavano tra loro; gli occhi arrossati dall'alcol. Strascicavano lontano dall'Eden. Thanatos strinse i pugni. Detestava quel posto del cazzo.
Afferrò un sassolino da terra e lo lanciò contro la schiena di uno dei ragazzi.
«Chi va là?!»
Thanatos risalì su uno dei tetti, arrampicandosi sulle mura e reggendosi alle balaustre dei balconi. Aveva raccolto diverse pietruzze da terra. Si fermò a osservare i due ragazzi nel vicolo.
«Dai, Malcolm. Andiamocene, e se fosse quel bastardo?»
«Potremmo ucciderlo così... hai idea della gloria che porteremmo a casa? In Akademie ci adorerebbero tutti.»
Thanatos pensò che fossero degli idioti. Fece saltellare una delle pietre tra le mani e colpì poi il primo dei due dietro la nuca. Non che gli importasse particolarmente il nome. Lo avrebbe ricordato come quello basso.
Quello imbracciò il fucile, puntandolo verso l'alto. «Chi cazzo è stato?»
«Andiamocene, Eli, dai.»
«No! Qualcuno vuole colpirc-»
Thanatos scagliò altri sassolini nella loro direzione. Come previsto, erano troppo presi dalla paura per poter razionalizzare gli eventi. I due soldatini idioti presero a sparare nel vuoto, nella sua direzione, ma Thanatos si era già spostato. Lanciò una bombetta fumogena di produzione di Aaliyah e una coltre di fumo si alzò dall'alto dei tetti. Avvicinò la mano ai lati della propria maschera, attivando la possibilità di vedere al buio pesto e attraverso quelle ombre.
Si lasciò cadere verso il basso, atterrando alle spalle dei due ragazzi, silenzioso. Restò in attesa, osservandoli mentre si agitavano come bamboline, i cui fili erano mossi da un burattinaio pazzo.
«Ti avevo detto che dovevamo andarcene!» Tossì Malcolm, o quello basso. Non faceva differenza.
«Cazzo-»
Thanatos si mise al centro tra i due, ma restando dietro di loro. «Bu.»
I due ragazzi sussultarono. Non appena provarono a scappare, Thanatos li afferrò per i capelli. Fece scontrare le loro teste. Eli si voltò di scatto verso di lui, puntò il fucile, ma Thanatos saltò alle sue spalle, sfilò uno dei propri pugnali e gli tranciò la carotide. Fiotti di sangue si sparsero ovunque, schizzando contro le pareti.
Si voltò poi verso Malcolm, accucciato contro il muro. Lo pregava di lasciarlo stare. Non aveva fatto nulla. Così diceva. Però era andato all'Eden. Però non si sarebbe fatto scrupoli a violentare una madre, solo perché faceva parte dei ribelli. Era un ragazzo. Ma era già cresciuto come un mostro. O lo sarebbe diventato. Thanatos si soffermò a osservarlo per un istante di troppo, quando una fitta al fianco lo fece trasalire.
Un fastidioso bruciore gli si propagò per tutto il corpo.
Erano in tre. I puntini sullo schermo erano tre. Tenendosi il punto dolente, Thanatos scivolò a terra, scansando un calcio. Si lanciò contro il terzo, ancora in perfetta salute, e gli bloccò il polso che teneva in mano il fucile.
Almeno Malcolm era troppo terrorizzato per reagire.
Assestò un calcio al ginocchio del ragazzo che lo aveva ferito, facendolo ruzzolare a terra. Gli sfilò l'arma e sparò dritto allo stomaco. Più volte. Il liquido cremisi gli schizzò sulla maschera.
Poi sentì un tonfo alle sue spalle. Si voltò a guardare indietro e vide Eros con in mano un bastone e il corpo di Malcolm tramortito. «Non è morto. Ma stava prendendo la mira per spararti.» Eros tremava nervoso. «Non l'ho ucciso.»
Thanatos gli andò incontro. Gli sfilò dalle mani il bastone, tenendo lo sguardo fisso su di lui. «Va tutto bene. È solo svenuto.»
«È un ragazzino...» Eros prese fiato. Socchiuse appena gli occhi.
«Appena uscito dall'Eden, divertitosi con chissà chi...»
Eros sgranò gli occhi. Serrò la mascella e si voltò di scatto verso il corpo semi svenuto. Thanatos lo tirò all'indietro, prima che potesse fare qualcosa. Non gli avrebbe permesso di sporcarsi com'era successo a lui. Eros non era un mostro. E non lo sarebbe mai diventato.
Era troppo buono per quel mondo. Troppo buono soprattutto per lui. Non lo meritava e forse faceva bene a tenerlo a distanza. Se avesse visto sempre di più quanto era marcio, sarebbe scappato. E avrebbe fatto anche bene. Ma Thanatos era un egoista: era pur sempre un bastardo egocentrico e non sarebbe riuscito a sopportare la sua assenza.
«Adesso ce ne andiamo.»
Eros si liberò dalla sua presa. «Lasciami. E se fossero stati con Sylvie?» La voce gli tremò.
Thanatos si guardò attorno. «Posso accompagnarti da lei, per vedere come sta. A lui penseremo dopo.» si abbassò verso quel corpo e gli legò mani e piedi con delle catene. «Dubito potrà scappare per un po'...»
Eros aggrottò la fronte. «Stai sanguinando.»
«Gli dei non sanguinano.»
«La smetti con questa farsa?» Eros sbuffò scocciato. Gli indicò il fianco ferito e aggrottò la fronte. «Perché il tuo sangue è di colore oro?»
Thanatos allargò le braccia. «Ti avevo detto-»
«La finisci?»
«È una sostanza naturale che io e Asclepio abbiamo sviluppato. Se si diffondesse la voce, le persone inizierebbero davvero a credere che io sia immortale o stronzate simili. E il Governo avrebbe davvero paura di me. È un piano di Doom.»
Eros increspò le sopracciglia. «Sei sicuro che non ti faccia nulla?»
Thanatos annuì. Si fidava, nonostante tutto, di quei due idioti. Era un vecchio progetto di Doom per degli spettacoli. Lo aveva testato su se stesso per primo; solo così Thanatos aveva deciso di fidarsi.
Eros sbuffò. «Sì, sangue oro o meno, sei comunque ferito.»
Thanatos ciondolò il capo di lato. «Non ti starai per caso preoccupando per me?» Poi strappò un pezzo del mantello e se lo avvolse sul fianco. «Ci penseremo dopo.» Sbuffò.
Fare il gradasso e il buffone arrogante gli riusciva sempre piuttosto bene. Anche se doveva ammettere di sentire una serie di fitte dolorose.
Eros lo guardò preoccupato. Si morse l'interno guancia. «Andiamo da lei, allora? E di lui? Cosa ne faremo?»
«Lo lascerò vivo, così potrà raccontare del mio fantastico sangue d'oro. E poi lo ucciderò in un secondo momento.» Thanatos si calò e avvicinò il proprio quadrante a quello dei due corpi, rubando i loro anni vissuti fino a quel momento. Eros sembrava incuriosito, ma si limitò a restarsene in silenzio.
Lo seguì lungo i vicoli di Sol. Eros camminava nervoso in avanti, tenendo i pugni chiusi lungo i fianchi. Avrebbe voluto consolarlo, tranquillizzarlo che magari la sua amica stesse bene, ma non era bravo con le parole. E forse neanche coi fatti. Cristo, era un tale disastro.
Eros si infilò nell'ennesima stradina isolata. Thanatos si appoggiò a una parete, intrecciando le braccia al petto. «Se volevi portarmi in un posto isolato per limonare, potevi essere sincero-»
Eros si voltò di scatto verso di lui, assestandogli una gomitata violenta al fianco. «Ma quanto puoi essere idiota?»
«Ti ho mai detto che la violenza mi eccita?»
«Smettila.» Eros roteò gli occhi al cielo, non riuscendo a trattenere un sorrisetto divertito. Si avvicinò a una vecchia porticina di legno e batté i pugni un paio di volte.
Thanatos si allontanò, saltando sul tetto della casa -anche se l'avrebbe definita una catapecchia.
Scivolò lateralmente, su una serie di scatoloni impilati uno sull'altro ai lati della casa. Si avvicinò a una delle finestre e la aprì quanto bastava per spiare nel soggiorno e ascoltare la conversazione, passando inosservato come un fantasma. Trattenne un gemito, all'ennesimo salto, e si tastò il fianco. Infastidito. Cazzo, se faceva male.
Eros entrò nel salotto, guardandosi attorno. Si accomodò su uno dei divanetti. «Volevo sapere come stessi.»
Sylvie si voltò a guardarlo. Thanatos rabbrividì e vide Eros irrigidirsi allo stesso tempo. Sylvie aveva un enorme livido sul volto e il collo violaceo. Si potevano ancora intravedere i segni di alcune dita. «E che ti importa? Te ne sei andato.»
Eros si mordicchiò il labbro, stringendosi nelle spalle. Ricurvo su se stesso, prese a torturarsi le mani. «Dovevo farlo. Non ne potevo più.»
«Anche io non ne potevo più. Mi hai abbandonata. Hai solo pensato a te stesso. Tanto che importa, no?» Sylvie aveva le mani tremanti e gli occhi rossi di pianto.
Eros si tirò in piedi. «No, non è così. Io-io-»
Sylvie gli aprì nuovamente la porta di casa, scostandosi di lato. «Non ti biasimo per essere scappato, Eros. L'avrei fatto anche io. Solo che ti sei dimenticato di me.» Sbuffò stanca, singhiozzando. «Non tutti abbiamo la fortuna di avere un demone protettore.»
Eros sospirò piano. «Sylvie, io... mi dispiace.»
«Anche a me. Ora se non ti dispiace vorrei riposare. È stata una giornata pesante.» Sylvie attese che Eros fosse uscito dalla stanza, prima di richiudere la porta.
Thanatos sbuffò. Si tirò in piedi e raggiunse Eros dall'altro lato della strada. «Immagino non sia andata come desideravi, eh?»
Eros tirò su col naso. Scosse nevroticamente il capo. «Forse è vero. Sono stato uno stronzo a non pensare anche a lei-»
«Non è colpa tua. Non possiamo salvare tutti.»
«Ma potrei fare qualcosa-»
«E come?» Thanatos lo afferrò per il polso. «Se ti avvicinassi di nuovo all'Eden, ti arresterebbero perché tutti ti hanno visto abbandonare il locale con me.»
«La salverò. Troverò un modo per farlo.»
Thanatos storse il naso, deglutendo per ingoiare l'ennesima fitta di dolore al fianco. «Okay, sì. Ma adesso dobbiamo andarcene.»
Eros annuì, incamminandosi al suo fianco. Se ne stava in silenzio, con lo sguardo basso e gli occhi lucidi. Di tanto in tanto tirava su col naso. «Dovrei uccidere quel bastardo.» Si voltò di scatto per tornare indietro, ma Thanatos gli prese il braccio e lo costrinse a seguirlo.
«Lasciami!» Eros si dibatteva come un'anguilla scivolosa. Thanatos sbuffò e tirò in alto uno dei tombini, che portava ai loro cunicoli sotterranei.
Poi gli prese entrambe le mani e inchiodò lo sguardo al suo. «Eros, guardami.»
L'altro smise di dimenarsi. Aveva il fiato corto e gli occhi lucidi. Thanatos detestava vederlo così. Avrebbe ucciso chiunque pur di vederlo sorridere. «Non è colpa tua. E non ti permetterò di uccidere qualcuno. Tu non sei come me e non vuoi esserlo, te l'assicuro.» Gli accarezzo le nocche col pollice, strusciando il dito coperto dal guanto, contro la sua pelle. E nessuno poteva immaginare quanto desiderasse poterla sentire senza maschere.
Eros lo fissò intensamente, cercando di regolarizzare man mano il respiro.
«E ti prometto che quel bastardo morirà. Lo troverò e lo farò soffrire. Per ora ci serve come esca.» Thanatos ciondolò il capo di lato. «Va bene? Devi fidarti di me, ancora.»
«Okay. Va bene.»
Era strano che esistesse qualche essere su quella terra che si fidasse di lui. Non ci era abituato. E se l'avesse deluso? Forse doveva mandarlo via, tanto prima o poi sarebbe di sicuro successo.
Era normale che il mondo iniziasse a essere sfocato?
Eros lo strattonò.
«Stai perdendo di nuovo sangue. La ferita dev'essere più profonda di quanto il tuo micro cervello da divinità ha preventivato.»
Thanatos non ebbe il tempo per lamentarsi, perché Eros lo trascinò per i cunicoli sotterranei. Una volta nel salone principale, non si preoccupò neanche di salutare gli altri e marciò dritto verso la sua stanza. «Sei una tale testa di cazzo.»
Spalancò in avanti la porta della sua stanza.
Thanatos si appoggiò alla parete, tenendosi il fianco.
Eros lo spinse contro il materasso, facendolo ruzzolare sul letto.
«Per essere un infermiere, sei un po' violento, lo sai?»
Eros ghignò. «Non avevi detto che ti piaceva, tesoro?»
Thanatos si liberò del pezzo di mantello legato al fianco e tirò su la casacca. «In effetti sì.»
Eros mugugnò qualcosa e si avvicinò a lui con un kit di pronto soccorso. Thanatos percepì le sue dita sfiorargli la pelle e una scarica di brividi di freddo prese il sopravvento del corpo. Osservò minuziosamente ogni suo movimento, perdendosi tra i batuffoli di ovatta che gli tamponavano la ferita e la sua espressione concentrata.
«Dove hai imparato a cucire?»
Eros gli lanciò una breve occhiata, riprendendo il proprio lavoro pochi istanti dopo. «Da nessuna parte. Da solo. È capitato che mi sia ferito con qualche pezzo di bottiglia.»
Thanatos storse il naso. «Ferito, eh?»
Eros non gli rispose, tornando a prestare attenzione alla ferita. «Assurdo. Mentre ti sto cucendo senza alcuna specie di anestesia non ti lamenti. Di solito lagnarti è il tuo passatempo preferito. Mi aspettavo anche qualche melodrammatico commento.»
«Non sono così insopportabile come vi piace raccontarla.» bofonchiò di tutta risposta.
Dopo averla disinfettata, Eros applicò una garza e gli accarezzò un ultimo istante la pelle. Thanatos si sentì rabbrividire ancora una volta all'ennesimo contatto.
Eros si soffermò a fissarlo per qualche secondo. Gonfiò il petto come a voler dire qualcosa, ma poi se ne restò in silenzio.
Thanatos abbassò la casacca e sospirò piano. «Grazie. Posso chiederti un favore?»
«Okay, spara.» Eros lo guardò confuso, tenendo le sopracciglia increspate e le labbra sottili arricciate.
«Non farlo più. Non ferirti più. Se vuoi sfogarti, fallo su di me. Prendimi a pugni, a calci, insultami. Ma non farti del male.» Intrecciò le dita alle sue. «Perché ti ho liberato per una ragione. E non riuscirei a sopportarlo. Non riuscirei a vederti stare ancora male.»
Eros fece un piccolo sorriso. Uno di quelli buoni che gli piacevano tanto. Uno di quelli che gli ricordava che non li meritava. Non era all'altezza di tutto quello. Prese fiato per dire qualcosa, ma la porta della camera si spalancò.
Aaliyah si appoggiò allo stipite. Respirava in maniera irregolare e i suoi occhi erano arrossati di pianto.
Thanatos scattò in piedi. Eros le si avvicinò, facendole alcune carezze alla schiena. «Cos'è successo?»
«Ares. Ares è stato catturato.»
☀️☀️☀️
Angolino
Come va? Spero non vi stiate annoiando con sac. Non so cosa pubblicherò dopo (se mai lo farò). Ho tre progetti ma non so, non so scegliere e alcuni mi bloccano. Vedremo più avanti cosa ci riserverà il futuro.
Alla prossima
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