Capitolo 17

Eros

Era trascorsa una settimana, ma ogni volta che si metteva a letto, non riusciva a smettere di pensare a Djævel e a come appariva in fin troppo ottimi rapporti con la Procreatrice.

Non voleva credere che fosse come tutti, in fondo. Gliel'aveva promesso, gli aveva detto che aveva pianificato tutto con Lysa. Eppure, perché gli bruciava così tanto?

Si rigirò nervoso nel letto, tirandosi le coperte fin sopra la testa. Tremò appena, il freddo gli congelava le ossa. Sudava, sudava così tanto da giorni. Si rannicchiò su se stesso, provando a riprendere un po' di fiato.
Forse solo una piccola dose lo avrebbe aiutato a star bene. Sbuffò scocciato e scalciò le coperte.

Sentiva le labbra umidicce dei suoi clienti baciargli la pelle sensibile del collo. Le loro dita gli tiravano i capelli, gli graffiavano la braccia e la schiena. Di colpo era di nuovo di schiena su quella scrivania e fissava le luci rosse al neon della sua stanza, chiedendosi quanto altro tempo sarebbe durata quella tortura. Gli mancava l'aria e le pareti iniziavano a restringerglisi attorno. Catene invisibili lo tiravano al letto, lo costringevano a inginocchiarsi. Rimbombava nella sua testa il rumore delle zip che si abbassavano e l'odore acre e pungente dei sigari. Sentiva i loro ansimi, più simili a dei grugniti, e la bile acida gli risaliva su per la gola. Lo stomaco gli bruciava e voleva rimettere anche la sua stessa anima.

Eros era stanco. Stanco di continuare ad avere quelle visioni che gli dilaniavano l'anima. Era distrutto. Aveva solo bisogno di una piccola dose per pugnalare e lacerare i ricordi, lasciando che si appannassero ancora una volta nella sua testa.

Si tirò in piedi per avvicinarsi alla piccola scrivania della sua camera e osservò gli oppiacei che Thanatos gli aveva preparato. Sfilò un accendino dalla tasca dei pantaloni e accese una di quelle sottospecie di sigarette fatte da quel pazzo. Si chiese dove avesse trovato tutta quella roba.

Si accasciò di nuovo sul letto, prendendo a fissare il soffitto. Era anche terrorizzato. Mancavano poche ore alla sua prova e stava letteralmente morendo. Forse anche l'ansia iniziava a giocargli brutti scherzi. Iniziò a camminare in avanti e indietro per la stanza, con la sigaretta penzolante tra le labbra.

Rabbrividì in tensione e sussultò, quando sentì bussare alla porta. Si voltò di scatto e aprì.

Thanatos lo stava osservando. Quegli occhi rossi gli risultavano ancora parecchio inquietanti, ma stava imparando a farci l'abitudine.

«Come ti senti?»

Avrebbe voluto urlargli che si sentiva morire senza una dose. Le mani gli tremolavano dalla stanchezza e aveva assolutamente bisogno di sentire qualcosa di diverso dai suoi incubi. Riusciva a rivivere ogni istante all'Eden e sentiva le mani dei clienti esplorargli il corpo, ogni volta che socchiudeva gli occhi.

«Bene.»

Thanatos lo scansò ed entrò nella sua stanza. «Stronzate. Menti malissimo, lo sai?»

Eros roteò gli occhi al cielo. «Grazie.» Bofonchiò, allontanando dalle labbra la sigaretta. «Perché sei qui?»

Thanatos gliela sfilò dalle mani e la stritolò in un pugno. «Hai fumato abbastanza per oggi. Volevo vedere come stessi qualche momento prima della prova.»

«Di merda, ti piace di più come risposta?» Eros si mordicchiò il labbro poco dopo, pentendosi di essere stato così brusco. Per istinto, arretrò, serrando le palpebre. Di solito Poul non prendeva bene le sue mancanze di rispetto e lo colpiva ripetutamente. «Scusa.»

Thanatos ciondolò il capo di lato. «Per cosa?» Poi sospirò piano, tirandosi in piedi verso di lui. Eros si spalmò contro la parete, sentendosi di nuovo all'interno di quell'insopportabile salottino rosso. Thanatos si bloccò di colpo. «Non ti colpirò come faceva lui. Non sono il tuo padrone, Eros. Ho intenzione di distruggere quel contratto.»

Eros sgranò gli occhi, confuso. Perché mai qualcuno non lo avrebbe usato? Gli andava bene, ci era abituato. Era da sempre un oggettino eccitante per chiunque e non riusciva a credere che qualcuno potesse vederlo diversamente. «Sul serio?»

Thanatos annuì. «Non sono libero neanche io, immagino tu l'abbia saputo.» Storse il naso. «Ma ci riuscirò, vedrai. Sarai libero e se vorrai andartene da qui, lo capirei, anche se-»

Eros sorrise. «Non ho intenzione di andarmene, comunque. Non avrei dove stare, né mezzo soldo. Probabilmente finirei di nuovo per strada in meno di qualche secondo. Forse è meglio che tu tenga ancora per un po' il mio contratto.»

Thanatos storse il naso, ma non fece commenti. Si limitò a scrollare le spalle e a seguirlo fuori dalla stanza. Eros si bloccò nel corridoio e gli prese il polso. «Andrà tutto bene, vero?»

«Sì. Lo abbiamo fatto tutti e non hai nulla in meno agli altri per non riuscirci.» Thanatos lo fissò negli occhi. Eros inclinò il capo con curiosità.

«Perché non togli mai quella maschera?»
«Perché meno persone conoscono il mio volto, più siamo al sicuro. Tutti.» Si liberò della sua presa, quando sentì dei passi in avvicinamento.

Aaliyah sorrise ad entrambi, sistemandosi il cappuccio sul capo, nel mentre che litigava col solito foulard. «Allora, Eros, come ti senti? Carico?» gli posò una mano sulla spalla, lasciando sul braccio, poi, una leggera carezza.

Era strano ci fossero persone che si preoccupavano per lui. Non era abituato a quell'affetto e, nel profondo, c'era una voce che non mancava di ricordarglielo: non lo meritava. Tutto quell'affetto non credeva di poterlo ricevere e non pensava di esserne all'altezza, ma era una sensazione che gli piaceva. Probabilmente, adesso, non sarebbe stato capace di tornare indietro. Non era pronto a perdere tutto. Non di nuovo.

«Sì, abbastanza...» le si avvicinò, per poterle sussurrare all'orecchio: «Credo di starmi cagando sotto, ma tutto alla grande.»

Aaliyah soffocò una risatina e gli accarezzò il dorso della mano. «Ti sei allenato bene questa settimana. È solo un salto e andrà tutto alla grande.»

Quando raggiunsero il salone comune, i due bambini gli andarono incontro, circondandogli le gambe. Eros aveva dimenticato cosa significasse avere una famiglia. Quei ladri pazzi erano diventati casa sua in così poco tempo. E ogni volta che aveva qualcosa, una vocina si insinuava nella sua testa, ricordandogli che avrebbe potuto perdere tutto. E non l'avrebbe permesso.

«Allora, andremo io, Aaliyah e Thanatos.» Ares si pulì il mento dalla birra, facendo un sorrisetto incoraggiante a Doom. «Sarò io il giudice imparziale e andrà tutto a gonfie vele.»

Eros trovava strano Ares, non perché fosse una cattiva persona, anzi, tutt'altro. Appariva come un uomo dalle stesse proporzioni di un orso. La barba gli copriva parte del volto, ma, sotto quella scorza di gigante energumeno, si nascondeva un uomo buono, paziente e anche fin troppo. Soprattutto perché Thanatos sembrava testare la sua pazienza ogni giorno.

Doom, seduto al bancone, teneva un bicchiere di rhum tra le mani. Ne tracannò il contenuto e riservò un'occhiata carica di fastidio nella loro direzione. Eros non capiva cos'avesse contro di lui, di base non gli aveva mai fatto nulla, ma sembrava sempre impaziente di ucciderlo.

«Bene, voglio un buon resoconto.» Poi lanciò a Thanatos un'occhiata. «Comunque, va bene. Ti concedo questa stronzata. Poi non dire che non sono un bravo padrone.» Si liberò della maschera di metallo, che gli copriva metà volto, e fece un ghigno cattivo.

Thanatos roteò gli occhi al cielo. «E chi l'aveva mai pensato.» Si sistemò il cappuccio sulla testa e fece segno agli altri di seguirlo. Eros si voltò a guardare alle proprie spalle, notando come alcuni altri della gilda avessero deciso di seguirli. «Perché vengono anche loro?»

Aaliyah gli avvolse le spalle con un braccio. Thanatos si voltò a osservarli per un istante, per poi restarsene in silenzio, accanto ad Ares.

«Perché di solito c'è sempre un po' di curiosità e pubblico per il Salto. E se tutto va bene, andiamo nella foresta a fare un bagno in uno dei laghi nascosti. Sono i nostri piccoli rituali. Sarà divertente.» Gli assestò una piccola gomitata ed Eros non riuscì a far a meno di sorridere.

Sarebbe andato tutto bene, in fondo.

Una volta fuori dai tunnel, Eros sospirò piano, osservando quella triste notte senza stelle. Accelerò il passo, raggiungendo Thanatos poco più avanti. «Quindi dove andiamo? E se ci vedono?»

Thanatos fece un piccolo sbuffo rumoroso. «C'è il coprifuoco e abbiamo i quadranti che ci aiutano a individuare i soldati. Seguimi e andrà tutto bene. Gli altri sanno qual è il punto. Tu vieni con me.»

Eros annuì con un cenno deciso del capo e si avvicinò a lui, quasi a rannicchiarsi. «Andrà bene...» mormorò, cercando di convincere più se stesso. L'ansia lo stava logorando dentro.

Thanatos lo adocchiò. Sentì la mano guantata sfiorare la sua per un istante. «Certo che andrà tutto bene.»

Si avvicinò al vecchio campanile. Eros da bambino si divertiva a raggiungerne la sommità, per nascondersi sotto la campana ormai incrostata dal tempo. Gli piaceva pensare che almeno lì sotto fosse invisibile, lontano dalle aspettative della sua famiglia. Non gli concedevano molto, non poteva rischiare di farsi male e rovinare la propria bellezza. «Cosa ci facciamo qui?»

Thanatos diede un calcio al portone in legno, facendolo sgretolare. «Saliamo in cima. Da lì uno dei tetti di una casa è poco distante. Devi solo saltare da un tetto all'altro.»

Eros se ne restò in silenzio per tutto il tempo, mentre percorrevano le vecchie scalinate che portavano in cima. Non riusciva a smettere di pensare ad altro. Non riuscì neanche a concentrarsi sull'interno della chiesa, troppo impegnato a credere che forse sarebbe morto spiaccicandosi al suolo come un brutto insetto.

Una volta sulla sommità della torre più alta, Eros si sporse per guardare giù. Da lì i suoi amici lo salutavano agitando le mani. Erano così piccoli da fargli paura. Sarebbe morto. Si voltò di scatto verso Thanatos. «Sai, ripensandoci, non mi va di morire proprio oggi...»

Thanatos si strinse nelle spalle e sfilò una catena. «Posso?» Quando Eros annuì più confuso di prima, l'altro gli girò intorno e richiuse la catena con un lucchetto. Poi la avvolse anche attorno alla propria vita.

«Normalmente non si potrebbe fare, ma Ares è uno di noi.» Gli ammiccò e il meccanismo all'occhio destro della maschera si richiuse per un secondo. «Tu salti, se rischi di cadere nel vuoto, ti tengo io.»

Eros deglutì. Non si sentiva comunque sicuro, ma, sebbene fosse da folli, qualcosa in lui gli aveva suggerito di fidarsi di Thanatos fin dal primo istante. Si passò le mani sul volto. «Okay... e sul serio, se cadessi?»

Thanatos gli si avvicinò, puntando i laser rossi nei suoi occhi chiari. «Sarò lì a prenderti. Solo un folle permetterebbe che tu ti faccia male.» Ciondolò il capo. «Abbraccia il caos.»

Eros lo osservò e prese un grosso respiro. Si voltò a fissare il vuoto. E forse ancora una volta il terrore di non sapere cosa l'avrebbe aspettato lo stava logorando. Quel Salto era un tuffo nel nulla. Non sapeva cosa sarebbe successo dopo, la sua vita avrebbe smesso di avere un solito percorso, una routine che odiava ma a cui, al tempo stesso, era abituato.
Quel volo lo avrebbe cambiato. Via dall'Eden, finalmente libero. Fece alcuni passi indietro per prendere la rincorsa, lanciando un'occhiata di sbieco a Thanatos, che teneva stretta la catena tra le mani.

Socchiuse gli occhi per un istante. Quando li riaprì, si fece coraggio. Il vento gli sferzava il volto. Il tetto opposto, distante solo pochi metri, brillava al chiaro di luna come un invito tentatore, la tentazione del sapore della libertà. Con il cuore che batteva velocemente nel petto, Eros si preparò per il salto.

Concentrandosi su ogni movimento, Eros prese una rincorsa silenziosa lungo il bordo del tetto, le scarpe che si aggrappavano con fermezza alle lastre di ardesia. Ogni muscolo era teso come la corda di un violino, mentre l'orlo del tetto si avvicinava rapidamente.

Al momento giusto, con un balzo potente, Eros spiccò il volo nell'aria notturna. Il vuoto sibilante avvolse il suo corpo mentre si lanciava nell'abisso tra i due tetti, un istante eterno in cui il mondo sembrava sospeso nel tempo.

Per un attimo che gli sembrò durare una vita, Eros si sentì finalmente libero, libero di volare, libero di sfuggire a Poul, libero di essere se stesso. Il vento gli carezzava il viso.

E poi, con un tonfo sordo, Eros scivolò sul tetto opposto, le ginocchia piegate per attutire l'impatto. Un breve momento di esitazione, e poi si rialzò. Si affacciò a guardare verso il basso. Gli altri lanciarono un grido e si ritrovò a ridere.

Ce l'aveva fatta.

Con il cuore ancora in gola, si lasciò cadere a terra, portandosi le mani ai capelli. Si rese conto di tremare, ma non aveva paura. Sentiva l'adrenalina scorrere ancora per tutto il suo corpo.

Alzò lo sguardo, quando un piccolo schianto attirò la sua attenzione. Thanatos lo aveva raggiunto. Si stava slacciando la catena attorno al busto. «Visto? È andata bene.» Gli tese la mano per aiutarlo ad alzarsi.

Eros la afferrò energicamente e si tirò su. Lo travolse in un abbraccio, cogliendolo alla sprovvista. Poi prese a saltellare sul posto, lasciandosi sfuggire un gridolino eccitato. «Hai visto? Che salto! Mi sono sentito una cazzo di gazzella! Anzi, no. Volavo! Letteralmente stavo volando!»

Thanatos si irrigidì appena a quel contatto. Eros sentì i suoi muscoli rilassarsi poco dopo. Si liberò e prese a sistemarsi smaniosamente le maniche della casacca. «Sì. Sei stato molto bravo.» Si dondolò a disagio sui talloni, spostando il peso da un piede all'altro.

«Andiamo con gli altri a fare il bagno? Oddio, potrei rifare quel salto almeno altre dieci volte! Sono carico a molla!»

Thanatos ridacchiò. Strattonò la catena, tirandolo a sé. Eros deglutì, fissando quella demoniaca maschera metallica, mentre l'altro lo liberava dal lucchetto serrato prima. Una volta libero, avvolse la catena attorno al busto e scrollò le spalle. «Se vuoi andare con loro, a me va bene. Io ho un piccolo lavoro da portare a termine.»

Eros aggrottò la fronte. Posò le mani sui fianchi. «E cioè?»

«Voglio parlare ai cittadini. Qui c'è una vecchia stazione radio che si collega ai megafoni della città, mi piacerebbe lasciare un bel messaggino della buona notte.»

Eros ridacchiò. Thanatos era decisamente un pazzo. Probabilmente era fuori di testa.

«Va bene, ti accompagno. Non mi va che ti muovi solo soletto.»

«Non ho bisogno della balia, dolcezza.» Thanatos lo superò, avvicinandosi al cornicione. «E poi riusciresti a starmi dietro, uccellino?»

Eros roteò gli occhi al cielo. Gonfiò il petto. «Certo che posso.»

Thanatos saltò sul tetto successivo, con la stessa agilità di un felino. Si incamminò su alcune corde nel vuoto, restando in equilibrio. Si voltò a guardarlo, allargando le braccia. «Tu puoi seguirmi dai tetti, non voglio che ti spiaccichi al suolo. Non vorrei mai rovinare quel bel visino.»

«Idiota» Eros sbuffò, raggiungendolo e seguendo un percorso alternativo. Balzò da un tetto all'altro, saltando silenzioso su alcuni balconi. L'adrenalina gli bruciava ancora le vene.

Raggiunsero in poco tempo un vecchio edificio alto. Sulla sommità c'erano alcune antenne arrugginite. Eros trovò quelle punte, che si accartocciavano l'una sull'altra, simili alle corna di cervi che si scontravano tra loro. Seguì Thanatos lungo le polverose scale di legno; rischiò di inciampare, quando una si crepò sotto il suo peso. Thanatos lo afferrò per il braccio, tirandolo a sé. «Attento a dove metti i piedi, uccellino.»

Eros gli assestò una gomitata al fianco. «La finisci?»
«Sei stato tu a dire di star volando, che vuoi.»

«Ti hanno mai detto che sei un idiota?»

«Tu almeno nove volte.» Thanatos sbuffò, riprendendo a salire le scale.

Eros lo guardò curioso, esibendo un piccolo ghigno. «Perché? Le hai davvero contate?»

Thanatos mugugnò un'imprecazione. Spinse in avanti la porta d'ingresso nella sala registrazione, premendo una serie di pulsanti completamente a caso. Eros ridacchiò e alzò lo sguardo sul neon in alto. La scritta on air si illuminò di rosso. «Credo tu sia in onda...» sussurrò.

Thanatos annuì e prese un microfono. Batté un paio di volte le mani su di esso, per fare delle prove. Tossicchiò poi. «Buonasera, cittadini di Sol. È il vostro bastardo preferito che vi parla...»

Eros si voltò di scatto per soffocare una risata. Era davvero un completo idiota.

«Volevo solo dirvi di uscire a vivere. Questa città è un mortorio. Non dovete preoccuparvi delle guardie, né del coprifuoco.» Ridacchiò divertito, la sua risatina metallica era inquietante. «A loro, ci penserò io.» Fece partire una canzoncina strana, avvicinando una chiavetta usb nel portale. Risuonava per tutte le strade la melodia di un carillon vecchio, che nel silenzio generale, sembrava preambolo di morte. Thanatos riavvicinò il microfono alle labbra. «Abbracciate il caos.»




☀️☀️☀️
Angolino
Ricordate sempre la stellina❤️
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, soprattutto a chi pazientemente ha aspettato le scene di Thanatos ed Eros.
Ora posso chiedere: chi preferite tra Thanatos e Djævel?🌝
Alla prossima

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