99.
Mi risvegliai prendendo coscienza del fatto che fosse ricominciata un'altra settimana. Febbraio aveva fatto la sua trionfale entrata annunciando nuove settimane di pungente gelo.
Mi mossi senza aprire gli occhi cercando la mano di Yoongi sotto le coperte per portarla vicino a me, ma mi accorsi che il materasso aveva cominciato ad abbassarsi e alzarsi sotto il peso del ragazzo che stava pian piano sgattaiolando fuori dal letto.
La mia mente doveva essere ancora in dormiveglia a causa della stanchezza e della serata intensa che avevo trascorso, ma ero abbastanza cosciente per accorgermi che Yoongi se ne stesse andando. A fatica aprii un occhio rivolgendo lo sguardo verso la figura ai piedi del letto, intenta ad infilare i pantaloni e indossare di nuovo quella canottiera che la sera prima era finita rovinosamente sul pavimento.
<Dove stai andando?> mugugnai con voce assonnata.
<Torna a dormire, è molto presto.> pronunciò con tono gelido mentre si allacciava le scarpe.
Corrugai le sopracciglia prima che lui si avvicinasse e mi lasciasse un delicato bacio sulla fronte, sussurrando un triste "ti amo" che mi insospettì non poco.
Ignorai temporaneamente quel brutto presentimento e mi misi seduta con la schiena contro la testiera del letto, cercando di darmi una sistemata e di aprire finalmente entrambe le palpebre.
Mentre Yoongi si avviò verso la porta, buttai uno sguardo alla mia sinistra verso il letto di Kippeum dove il suo piccolo orologio indicava mezzogiorno e mezza. Sbarrai gli occhi e mi girai verso il ragazzo che stava lasciando la stanza.
Non era affatto presto! Avevo perso tutte le ore di lezione ed era quasi ora di pranzo.
Infuriata com'ero feci per alzarmi dal letto per raggiungerlo prima che andasse via, ma nell'esatto momento in cui poggiai entrambi i piedi sul pavimento sentii lo scatto della serratura che veniva chiusa a chiave dall'esterno.
Mi aveva appena chiuso a chiave nella mia stessa stanza.
<Yoongi che stai facendo?! Perché hai chiuso la porta? Apri, ora! Yoongi!> alzai la voce sconvolta, raggiungendo l'entrata a fatica a causa del dolore al ventre che lui stesso aveva predetto la sera prima.
Girai il pomello più volte nonostante fosse bloccato e sbattei le mani sul legno scuro della porta per attirare l'attenzione del ragazzo dall'altra parte, ma non ottenni nessun cenno di vita, segno che fosse andato via lasciandomi chiusa lì dentro.
Non pensai neanche a chiedermi il perché di tale azione, ero troppo presa dal panico di essere rimasta chiusa da sola in una stanza senza un telefono o altro che potesse permettermi di mettermi in contatto con qualcuno. A quell'ora tutti gli studenti uscivano dalle classi per raggiungere la mensa che si trovava nell'ala opposta al dormitorio femminile, e nessuno avrebbe potuto aiutarmi.
Mi passai una mano sul viso, ritornai indietro verso i due letti e mi avvicinai all'armadio cercando qualcosa da mettere che non fosse la divisa scolastica. Mi guardai attorno e quel fastidioso silenzio che regnava in camera, mi agitò ancora di più. Mi sentivo impotente e senza alternative.
Il mio respiro divenne pesante e sofferente, come se avessi avuto un peso sul petto, proprio come quando ci eravamo visti tutti per parlare dietro l'istituto. Un attacco di panico in quel momento sarebbe stato soltanto un inutile grattacapo che non avrei avuto il tempo di risolvere.
Corsi verso il bagno frugando nell'armadietto sotto il lavandino in cerca di una forcina o una pinzetta, per provare a sbloccare quella dannata serratura. Agguantai una piccola forcina e mi avvicinai alla fessura iniziando a smanettare per muovere gli ingranaggi, senza successo. Quelle fottute serrature erano troppo sicure ed elaborate, fatte apposta per le iniziative malsane di certi studenti a cui piaceva giocare con le porte. Ed io ero praticamente segregata nella mia stessa camera.
Dopo quattro tentativi il piccolo oggetto di ferro si piegò diventando inutilizzabile, quindi passai alle maniere forti pensando che se non avessi potuto forzarla, avrei avuto più successo se avessi provato a distruggerla. Afferrai il pomello tirando con forza in tutte le direzioni per far si che si allentasse, arrivando anche a poggiare un piede contro la porta tirando la maniglia verso di me, ma fu tutto inutile.
Chiusi più volte gli occhi per riprendermi ma il mio respiro stava diventando incontrollabile a tal punto da perdere l'equilibrio e cadere a terra priva di forze. Afferrai il colletto della felpa che mi ero messa, come se allargandolo tutta l'ansia e la tachicardia potesse sparire e lasciar stare il mio corpo, ma purtroppo peggiorò soltanto la situazione. Ora che ero ferma, potevo percepire distintamente come il mio cuore battesse colpi contro la gabbia toracica, come un leone in gabbia.
Girai il viso di lato e fissai ogni oggetto presente nella stanza, analizzando quali vantaggi potesse darmi, e l'unica che mi risultò utile ed efficace fu una delle sedie delle nostre scrivanie. Annaspai verso queste ultime e mi arpionai alla scrivania facendo forza sulle braccia. Una volta ritrovata la stabilità che mi permetteva di non cadere al suolo come pochi momenti prima, trascinai la sedia verso la porta e la sollevai caricando il colpo verso la serratura. Avrei fatto un baccano infernale ma sarebbe rimbombato in stanze e corridoi completamente vuoti. La collisione fu violenta, ma non tanto da smontare quel pezzo di ferro che mi teneva bloccata. Riprovai una seconda volta mettendoci tutta la forza che potevo, lanciando direttamente la sedia contro la porta, ma non ci furono progressi. A quel punto non seppi davvero cosa inventarmi per uscire e non potei fare altro che avvilirmi. Ormai non potevo più controllare quell'attacco di panico che stavo rimandando, rimpiazzandolo con la vaga speranza di uscire dalla mia camera.
Lasciai fare all'ansia quello che doveva e cominciai a piangere lacrime salate che mi fecero venire il mal di testa. Ma che cazzo aveva intenzione di fare Yoongi? Che gli era saltato per la testa?!
Coprii il viso con entrambe le mani e mi misi a urlare per la frustrazione e per la rabbia.
Una qualunque altra persona avrebbe aspettato il ritorno di qualcuno, ma quando un ragazzo ti chiude dentro una stanza la principale preoccupazione non è più quel qualcuno, ma capire che diamine avesse in mente quello stupido.
Rimasi accovacciata in un angolo a consumare tutte le lacrime che mi erano rimaste e a pregare che qualcuno tornasse a liberarmi da quella prigione così familiare.
TAEHYUNG'S POV
Presi con attenzione il vassoio pieno di cibo che la signora Lim aveva preparato per Jungkook, e mi avviai verso il dormitorio. Mi feci spazio tra gli studenti e mi sbrigai a raggiungere la nostra stanza dato che il mio migliore amico era affamato, e sarebbe diventato irascibile se non avesse avuto la sua porzione di pollo fritto del lunedì.
Superai la scalinata del dormitorio femminile e automaticamente mi ritornò in mente Asami che non si era fatta viva nemmeno a cena la sera prima. Namjoon-hyung ci aveva detto che Yoongi-hyung era tornato e che si era diretto da lei senza nemmeno passare da Jungkook, ed era stato un comportamento davvero sgarbato. Jungkook non avrebbe mai ammesso di essersi offeso per la mancata visita, ma se l'avessi visto lo avrei costretto, con le buone o con le cattive. Ormai Yoongi-hyung lo vedevamo raramente, e quelle poche volte che lo incrociavamo in dormitorio, ci ignorava come fossimo sconosciuti. Erano due settimane che non si presentava agli allenamenti e il coach avrebbe voluto preparare un richiamo da consegnare al preside, ma per fortuna eravamo riusciti a fargli cambiare idea promettendogli che all'allenamento successivo sarebbe tornato pronto per giocare. Ma questo non era mai successo.
Mi risvegliai dai miei pensieri e mi accorsi di essere quasi arrivato davanti alla porta della nostra stanza alla quale bussai, venendo accolto da un Jungkook impegnatissimo a finire una partita alla console, l'unica compagnia che poteva preservarlo dalla pazzia.
<Si mangia!> annunciai poggiando sulle sue gambe il vassoio, fumante e profumato.
<Oh sì, finalmente! Stavo morendo di fame.> esultò scollandosi il joystick dalle mani.
<Sei apposto? Ti serve altro?> domandai guardando l'orologio che tra pochi minuti avrebbe segnato la fine della pausa pranzo.
<Vai pure, io devo combattere la fame con questo pollo delizioso.> disse lui prendendo le bacchette. <In ogni caso, grazie di tutto. Ti prometto che quando starò meglio ti offrirò un gelato a Hongdae. Ci stai?> mi propose con le guance piene di cibo.
<Va bene Jungkook, ora devo andare, buon appetito.> risposi salutando e uscendo per ritornare nella mia classe.
Infilai le mani nelle tasche e mi incamminai tranquillamente verso la direzione da cui ero venuto.
Chissà per quale motivo Asami non si era fatta vedere, non era da lei saltare le lezioni senza avvisare neanche Kippeum. C'era solo da sperare che Yoongi-hyung non avesse combinato qualche casino dopo essere stato in città, facendola stare male.
Ero ancora convinto dei miei sentimenti per lei, anche dopo tutti quei mesi. Non era passato giorno in cui non avessi pensato a lei o a come stesse.
Anche se forse non saremmo mai stati più che amici, io ero ancora innamorato perso. Ma se lei era felice con Yoongi-hyung, allora la sua felicità sarebbe stata la mia.
Sorrisi ripensando al suo visino, quando all'improvviso una voce che non sentivo da tempo pronunciò il mio nome.
<Kim Taehyung.> ringhiò Yoongi-hyung mentre sia avvicinava con uno zaino in spalla.
<Hyung! Che fine avevi fatto? Quello zaino a che diavolo ti serve?> risi indicandolo. Era la prima volta che lo vedevo usare uno zaino a scuola, e fu strano, poiché li aveva sempre definiti come sacche piene di libri che equivalevano a sacche piene di merda.
<Stammi a sentire Taehyung, non ho molto tempo...> mi fermò sembrando particolarmente agitato.
<E' successo qualcosa con Asami o cosa? Parla hyung.> chiesi guardandolo negli occhi.
<No lei sta bene.> si rabbuiò guardandosi le punte dei piedi.
<E allora cosa?> domandai per l'ennesima volta cominciando a innervosirmi.
In tutta risposta dopo essersi guardato intorno con fare furtivo, mi trascinò in uno degli sgabuzzini dei custodi, chiudendoci entrambi all'interno.
Corrugai lo sguardo stordito mentre lo vedevo abbassarsi in ginocchio, afferrando lo zaino per poi rivolgermi uno sguardo strano, carico di determinazione ma allo stesso tempo anche di paura.
<Vuoi ancora fare fuori quei bastardi?> mi domandò aprendo lentamente la zip dello zaino, svelando finalmente il suo contenuto.
Spalancai gli occhi guardandolo con incredulità, mi abbassai verso lo zaino e allungai la mano verso l'interno. Tentennai come ad aver paura che quello che c'era lì dentro potesse uccidermi, e in effetti non avevo tutti i torti. Arrivai a toccare quel freddo e scuro metallo che mi provocò i brividi. Tastai entrambi gli oggetti come per studiarli, fino a quando le mie dita non scivolarono naturalmente su quella meravigliosa ma terribile arma.
<Dove le hai prese...> soffiai sconvolto guardando quello che avevo appena agguantato.
<Da un tizio a Itaewon. Sono due glock nuove di zecca, di quelle che usa la polizia. Una per me e una per te.>
<Come hai potuto girare in una scuola con due fottute pistole in uno zaino?! No ma dico, sei completamente impazzito?!> lo guardai mentre anche lui afferrava con una certa sicurezza la seconda glock.
<Rispondi alla mia domanda.> disse senza staccare gli occhi dall'arma.
In quel momento dire che fossi spaventato era altamente riduttivo, ma avendo quella pistola luccicante tra le mani, sentendo il suo peso, plasmando la mia mano alla forma dell'impugnatura e avendo il suo disgustoso odore metallico sotto il naso, avvertii una scossa che partì dall'impugnatura fino a finire al mio petto. Mi sentii invincibile e glorioso, le facce di quei brutti ceffi non mi spaventavano più come prima. In più mi ritornò a mente il giuramento che avevo fatto a me stesso mesi prima.
Li ucciderò con le mie stesse mani, fosse l'ultima cosa che faccio.
<Sai almeno come funziona una di queste?> dissi aumentando possessivamente la presa sulla glock.
<Me lo ha insegnato quel pezzo di merda una delle sere in cui Haewon mi aveva invitato a cena, non è difficile.>
<Capisco. Ma... tu non hai paura?> mormorai mordendomi un labbro.
<Ovvio, ma la vendetta mi ha fritto il cervello.>
<Cosa diremo agli altri?>
<Niente di niente, non avrei voluto nemmeno coinvolgerti. Al tuo posto ci sarebbe dovuto essere Jimin, così avrebbe finalmente visto cadere le sue paure con una pallottola in corpo, ma come sai in questo momento non è esattamente una delle persone che vorrei intorno.>
<E se dovesse succederci qualcosa? Nessuno saprebbe dove cercarci.>
<Se dovesse succederci qualcosa, nel giro di dieci minuti saremo dentro dei sacchi pronti per essere lasciati su qualche montagna lontano di qui. Il problema non sussiste.> rispose con una tranquillità spaventosa.
<Dobbiamo per forza dirgli qualcosa! Non ci troveranno e inizieranno a chiedersi dove potremmo essere.>
<Fai quello che ti pare. Saremmo al capannone nel bosco, nessuno sentirà nulla. Se vuoi che si mettano in mezzo e che quel bastardo uccida anche loro fai pure.> gridò incenerendomi con lo sguardo.
A quel punto ingoiai la saliva e rimasi in silenzio.
Avevamo detto niente segreti e io non avrei mentito più a nessuno.
Mentre Yoongi-hyung rimise a posto le due pistole, lentamente avvicinai la mano alla tasca posteriore del pantalone per prendere il telefono. Mi girai dandogli le spalle, mi abbassai facendo finta di allacciare le scarpe e inviai un rapido messaggio a Jimin
-Rimanete tutti insieme. Cercate Asami e subito dopo raggiungete Jungkook. Ti voglio bene. digitai tutto e misi via il cellulare.
Uscimmo e ci dirigemmo verso l'atrio per intrufolarci nel corridoio che portava al capannone.
Dopotutto tenere una glock in mano sembrava divertente.
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