⊰ 𝗖𝗮𝗽𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 𝟭 ⊱
— Yuji! Se non ti muovi farai tardi! — lo rimproverò Akyra.
Il ragazzo afferrò velocemente uno zaino dall'armadio e cominciò a riempirlo: qualche vestito, un libro e ovviamente le cuffiette.
— Perché non lo hai preparato ieri sera? — chiese seria la ragazza, incrociando le braccia e guardandolo mentre, accucciato, cercava di recuperare un paio di calzini.
— Mi sono dimenticato. — si scusò frettolosamente.
— Si può sapere come fai a dimenticarti di una cosa del genere? Rin diglielo anche tu! — esclamò cercando l'appoggio del compagno.
Un ragazzo ancora infilato sotto le coperte aprì lentamente gli occhi, guardando i due discutere.
— Dai, Akyra, smettila di urlare, era così emozionato ieri... sarà per quello che l'ha dimenticato.
— Ma non può dimenticarsi che tra mezz'ora parte il treno per la Yūei, è... è... è come dimenticarsi le scarpe prima di uscire!
— Farò in tempo, lo giuro. Ecco, ho preso tutto! — esclamò sistemandosi lo zaino sulle spalle — Vedrò di tornare per le vacanze estive, promesso.
— Yuji...
— Sì?
— Ecco... fai attenzione, va bene?
— Certo.
— Dico sul serio. Non voglio mica venire al tuo funerale anche quest'anno. Promettimi che se dovesse mettersi male lascerai perdere.
— Te lo prometto, Kyra-san.
— Va bene, va bene, basta sentimentalismi, ti aspettano quattro ore di viaggio, non ridurti con la batteria al 10% ascoltando solo musica, leggilo quel libro che ti sei portato.
— Ma è noiosissimo... — bisbigliò.
— Guarda che ti sento.
— Okay, okay, penso che ora devi davvero andare. — disse Akyra scompigliandogli i capelli già spettinati — Torna presto Yuu-chan.
Lo strinse forte a sé, voleva arrivargli alla spalla per appoggiarvi la sua testa, ma era molto più alto di lei e gli arrivava solo al petto. Anche Rin, finalmente, si alzò dal suo morbido giaciglio, e si aggiunse a quell'abbraccio di gruppo.
Poco dopo Yuji si staccò dai due e scomparì oltre la porta.
Ecco, se ne stava andando di nuovo, ma nel piccolo istituto di Sendai non lasciava solo la sua famiglia, lì avrebbe sempre vissuto una parte di lui. Non poteva in alcun modo rimuovere gli avvenimenti che negli ultimi sei anni lo avevano trattenuto in quel posto. Era la sua casa.
Sorrise appena e chiuse finalmente la porta scorrevole, avviandosi verso il vialetto costeggiato da grandi alberi.
— Yuji! — lo chiamò qualcuno.
Era Gojo-sensei, affacciato alla finestra del tempio, e lo stava salutando.
— Ehi, Yuji, stammi bene! — disse cercando di farsi sentire.
— Grazie, Gojo-sensei, cercherò di tornare per st'estate!
— Pensa a diventare un bravo hero, non badare a noi, li addestrerò io quei fannulloni dei tuoi compagni.
Sentì Akyra gridare qualcosa in risposta, ma non capì bene cosa, ormai era troppo lontano dall'edificio. Continuò ad agitare per un po' la mano, fino a quando non vide più neanche gli occhiali da sole del padre adottivo.
Arrivò alla stazione in tempo - o quasi - per prendere il treno, ora non gli restava che aspettare di arrivare a Musutafu.
Si appoggiò allo schienale e si voltò verso il finestrino. Gli erano sempre piaciuti i posti con la visuale sul panorama, scorreva davanti ai suoi occhi mentre il treno correva veloce, portandolo dove tutti i suoi sogni diventavano realtà.
Solo altre quattro ore, solo quattro e sarebbe stato di nuovo alla Yūei.
—⋆ ⋆ ⋆—
Si svegliò di colpo, quando il capotreno avvertì che erano giunti a destinazione. Doveva essersi addormentato mentre ascoltava un po' di musica, come al solito. Il vagone era stranamente silenzioso, era così abituato al rumore che doveva sorbire ogni giorno alla scuola di Gojo-sensei che tutto quel vuoto faceva una certa differenza. Si ricordò che era arrivato in stazione e doveva scendere se non voleva restare bloccato lì. Afferrò in fretta la valigia e si precipitò fuori dal mezzo di trasporto. Le porte si richiusero dietro di lui subito dopo.
Si guardò intorno, il tetto della stazione si stagliava sopra la sua testa e, insieme alla folla di persone che aspettavano in fila per fare il biglietto, lo faceva sentire piccolo, nonostante potesse vantare di superare il metro e settanta. Controllò l'orario sullo schermo del telefono. Erano le dodici e un quarto. Una vocina nella testa gli suggerì che chi stava cercando era arrivato già da molto tempo e lo aspettava fuori dall'edificio.
Ma invece che a correre nel disperato tentativo di arrivare in orario al luogo prefissato per l'incontro, si ritrovò a terra, con una pallina da baseball tra le mani.
— Ehi, ciao Yuji — una ragazza dai capelli neri e appuntiti come le setole di un pennello era improvvisamente comparsa davanti a lui e lo guardava dall'alto al basso.
— Ume, non dovevamo incontrarci fuori dalla stazione? — chiese riconoscendo la compagna di scuola e restituendole la palla.
— Mi ero stufata di aspettarti, sei sempre lentissimo.
— Stavolta è stato il treno a fare ritardo, non posso mica farlo accelerare io... — disse mettendo il broncio — E poi ti stavo cercando tra la folla.
"Sì, come no, te ne stavi dimenticando, del luogo dell'incontro" disse una voce ai due non sconosciuta.
— Ciao anche a te Sukuna. — salutò il quirk del ragazzo — Sarcastico come al solito.
"Meglio sarcastico che inesistente, senza di me non combinerebbe nulla" commentò sbadigliando.
— Non capisco cosa ti ho fatto di male per ricevere da te solo insulti.
"Cambio corpo da tre generazioni e non ho ma incontrato una persona più stupida e noiosa di te, Kimura, dovresti essermi eternamente grato, se io non esistessi saresti morto da un pezzo."
— Lo so, lo so, ma ogni tanto potresti essere più gentile. — disse fissando la faccia sporgente del mostro sulla sua mano.
— Ehm-ehm... grazie per il commovente riassunto della vita di Yuji, ma se non ricordo male la stazione chiude per una pausa intorno all'una, e inoltre mia nonna avrà cucinato da un pezzo, quindi se non vogliamo rimanere chiusi qui dentro o ricevere una bella sgridata dovremmo incamminarci. — suggerì la ragazza, imitando un colpo di tosse.
— Giusto. Be', spero che i nikudango che ho preparato bastino per farmi perdonare.
Non ci misero molto per raggiungere la casa della ragazza. Era situata a pochi chilometri dalla stazione e Ume conosceva anche una scorciatoia per evitare diversi semafori, che allungavano sempre il percorso.
Yuji era davvero felice di averla conosciuta, lo scorso anno. Quando si era iscritto alla Yūei non aveva contato il fatto che era uno dei pochi a vivere così lontano dalla scuola e aveva dovuto alloggiare presso un hotel nei paraggi per tutta la durata delle lezioni. Fortunatamente non era un tipo che passava inosservato e in breve tempo si era fatto molti amici, disposti ad ospitarlo nella loro casa per evitargli la spesa e garantirgli un po' di sana compagnia. Tra le tante proposte non si era tirato indietro proprio davanti a quella di Ume. La ragazza era diventata sua amica fin dal primo giorno di scuola, condividevano molte passioni ed essendo figlia unica era sicuro che la sua presenza non sarebbe stata un peso per famiglia.
Una ventina di minuti dopo erano giunti a destinazione. Non avendo le chiavi, suonarono il campanello e aspettarono che l'anziana signora venisse ad aprire. La porta si spalancò di scatto.
Varcata la soglia lo investì un pungente odore di stufato e tra il vapore che proveniva dalle pentole intravide una figura. Se l'era sempre immaginata come una donna sulla settantina, bassa e dai capelli ormai bianchi, ma non appena si girò dovette ricredersi.
Ichika Yatsu era pur sempre un'anziana signora, spesso impegnata per via delle faccende domestiche e la famiglia, ma aveva conservato tutta la giovinezza degli anni passati. Sembra la copia di Ume, solo più... adulta.
Salutò i ragazzi con un cenno del capo — Devi essere Yuji, il compagno di mia nipote. Devo ricredermi, pensavo fossi un altro di quei maschiacci pieni di tatuaggi e in cui incappa sempre, ma mi sembri un tipo a posto. Appoggia pure la valigia nella stanza accanto, Ume ha insistito perché dormiste insieme, evidentemente non si fida a lasciarti solo. — ridacchiò servendo in tavola il pranzo.
— Posso assicurarle che non è l'unica ad essere sorpresa...
— Chiamami pure Oba-san, gli amici di Ume sono anche amici miei. — gli sorrise — Forza, mangiate prima che si raffreddi.
Il ragazzo percorse in fretta lo stretto corridoio e poggiò la valigia nella stanza della compagna. Frugò per qualche minuto alla ricerca del contenitore con i nikudango che aveva preparato per sdebitarsi dell'ospitalità. La camera di Ume era veramente molto spaziosa, constatò: sulla parete centrale erano appese delle foto che ritraevano la ragazza insieme alla sua famiglia, su quella vicina alla finestra erano fissato un canestro da basket e un bersaglio per il tiro a freccette. Il letto era accostato alla terza parete e proprio lì a fianco un materasso già pronto, solo per lui. Si ricordò che non doveva far aspettare Oba-san e scomparve di nuovo nel corridoio, chiudendosi la porta alle spalle.
"Scommetto che gli piaci" gli disse Sukuna nella sua testa.
"A chi? Ume?" domandò attraverso i suoi pensieri per non farsi sentire "No, siamo solo amici."
"Sarà" ridacchiò l'altro.
Finalmente poté sedersi a tavola. Si servì una bella porzione di stufato e gustò il pasto in silenzio. Ora che Gojo-sensei e i suoi compagni erano da soli chissà chi avrebbe cucinato per loro, di solito era Yuji ad occuparsene e quell'anno neanche Kento, il suo insegnante presso il tempio, non avrebbe potuto pensarci, essendo fuori per lavoro. La sua famiglia, gli mancava già.
— Ti vedo sovrappensiero, ragazzo, qualcosa non va. — lo richiamò alla realtà la voce di Ichika.
— No, nulla... ah, quasi dimenticavo, avevo portato questi per sdebitarmi per l'ospitalità, spero vi piacciano. — disse indicando la ciotola che aveva lasciato incustodita in fondo al tavolo.
— Sembrano invitanti, grazie, li metto subito in frigo, magari li mangiamo domani, ho preparato anche la cena, prima del tuo arrivo. Ume, non ringrazi il tuo amico?
— Umh? Ah, sì sì, l'avevo già ringraziato prima alla stazione.
— Be', diventare più cortese non ti farebbe male, e legati i capelli quando mangi, è già difficile pettinarli così.
Yuji assisté a quella scenetta quasi sorridendo. Era bello vedere i componenti di una famiglia prendersi cura l'uno dell'altro, lui che aveva perso i genitori da piccolo un po' invidiava quella serenità, ma adesso ad occuparsi di lui c'erano Gojo-sensei, Akyra e Rin, non desiderava altra famiglia.
Nel pomeriggio fecero una passeggiata in città. La casa di Ume si trovava in una zona isolata quindi dovettero camminare un po' prima di raggiungere il gelataio. Per una volta il ragazzo si concesse un giro turistico di Musutafu. Rientrarono a casa dopo alcune piccole commissioni.
La sera, Yuji decise di sfidare la ragazza ad una mega partita di Sorcery Fight, il suo videogioco preferito, al momento. Ume ne aveva una copia quindi non aveva dovuto portarselo da casa. Riuscì a vincere diverse volta ma anche l'amica non fu da meno.
— Quella mossa è illegale, hai barato! — esclamò durante l'ultima partita.
— Se ci mettiamo ad elencare tutte le tue mosse illegali non finiamo più. — gli rispose scocciata.
A calmare le acque, più o meno, fu Sukuna, che sentendosi escluso pretese di fare a cambio di posto con Yuji per fare una partita.
"Ehi, anch'io voglio divertirmi" si lamentò come un bambino piccolo.
— Sappiamo tutti cosa succede ogni volta che ci scambiamo di posto: non sai controllarti.
Ma Sukuna non si diede per vinto. Improvvisamente il ragazzo si tenne in equilibrio con una mano mentre con l'altra si reggeva la testa dolorante. Ume preoccupate gli fu subito accanto:
— Oi, oi, tutto bene?
— Sì, tranquilla, era solo un capogiro, succede sempre quando il mio quirk ribelle prova a cambiare di posto contro la mia volontà. — le sorrise per non farla preoccupare.
Ume non sembrava contenta della risposta, e con la scusa che il giorno seguente si sarebbero dovuti svegliare presto per andare a scuola, riuscì a sottrarre il videogioco ai due contendenti.
Steso sul materasso, fissò per un po' soffitto prima di riuscire a chiudere gli occhi. Era stata una giornata rilassante, di quelle che non aveva da anni, ma era come se mancasse qualcosa in quel quadretto perfetto. Istintivamente i suoi pensieri tornarono a sua sorella. Se era diventato un hero era solo merito suo, se non ci fosse stata non gli sarebbe mai venuto in mente di iscriversi alla Yūei.
"Kami" pensò "Ti prometto che nessuno soffrirà più come noi, io ti vendicherò".
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Il giorno seguente riuscì a svegliarsi prima del solito. Oba-san aveva già preparato tutto perché potessero arrivare in tempo, avrebbero preso l'autobus più vicino.
Prese l'uniforme dalla valigia, fortunatamente non era cresciuto troppo rispetto all'anno precedente e poteva benissimo usare quella vecchia. Lasciò che Ume si cambiasse per prima e aspettò che uscisse dalla stanza, non voleva mica che succedesse come con Akyra, lui in disastri, a quanto aveva capito, era imbattibile.
Finalmente poterono lasciare casa Yatsu, per raggiungere la fermata del pullman.
— Ume — gli chiese improvvisamente — Pensi che quest'anno filerà tutto liscio? Intendo con i villain.
— Ancora con questa storia? Ci penseranno gli insegnanti se ce ne sarà bisogno, non siamo mica in grado di combatterli tutti da soli. Non è che con qualche tirocinio possiamo imparare tutto — cercò di tranquillizzarlo — E poi... se c'è qualcuno in grado di diventare un vero hero, nella nostra classe, be', direi che quello sei tu.
Si sentì le guance calde e sperò di non essere arrossito, non gli facevano spesso complimenti, neanche Gojo-sensei.
"Uh, Yuu-chan è innamorato" disse Sukuna sghignazzando.
— Sta zitto, stupido quirk! — disse l'altro senza pensarci troppo per metterlo a tacere.
— Sembrate una coppia sposata, voi due. — rise la ragazza.
Anche Yuji rise. Lui e Sukuna non erano mai andati molto d'accordo. Aveva quella specie di gemello cattivo da quando era nato, ma si era manifestato solo a cinque anni. Prima di quel giorno pensava addirittura di non averlo un quirk, ma solo un carattere orribile. In presenza degli altri bambini diventava violento e cambiava umore in continuazione, in più stava spesso male e ciò gli impediva di passare il tempo con le sue sorelle. Ora che Sukuna era parte di lui, non sapeva se preferiva tornare alla vecchia e noiosa vita, ma insieme alla sua famiglia, o continuare quella nuova, dall'esito incerto. Amava passare il tempo con il suo padre adottivo e i suoi fratellastri, ma il ricordo di Kami ed Emiko era sempre vivo nella sua mente, e tornava a tormentarlo, nei momenti di tristezza come in quelli di gioia.
Ume si accorse che era sovrappensiero come al solito. Gli mise un braccio intorno al collo e con aria noncurante disse:
— Sai, Yuji, dovresti pensare di meno, sei sempre perso nel tuo mondo quando siamo insieme, non parliamo quasi spesso come dovrebbero fare dei migliori amici.
— Hai ragione, ti prometto che starò più attento ai miei amici. — le sorrise come solo lui sapeva fare.
Finalmente l'autobus arrivò a prenderli. Saliti cercarono subito posto e passarono il viaggio a commentare i nuovi professori che avrebbero potuto avere e i due nuovi studenti che sarebbero arrivati. Nessuno sapeva che tipi erano, solo che si erano trasferiti da un'altra scuola per hero. La ragazza gli aveva chiesto se li aveva mai incontrati nella scuola del suo sensei, ma lui aveva risposto che non poteva saperlo, Gojo e Kento non gli avevano mai parlato, durante le poche vacanze, del trasferimento di altri studenti oltre a lui.
In classe, tuttavia, non notarono dei nuovi compagni, erano sempre i soliti. Kaneki parlava in disparte con Hanako, Nashimiya e Asano tentavano di scardinare la porta con i loro rispettivi quirk. Gli altri con i quali aveva meno confidenza chiacchieravano del programma o si scambiavano le ultime novità. Prese posto vicino alla finestra, Ume alla sua destra. Improvvisamente calò il silenzio, probabilmente era arrivato il loro coordinatore di classe, ma con loro stupore, non si trattava di Aizawa, l'insegnante dell'anno precedente, bensì qualcuno che Yuji conosceva meglio dei gusti di Sukuna in fatto di moda.
— Gojo-sensei! — esclamò alzandosi di scatto e fissando il padre adottivo che con tutta calma si era seduto dietro la scrivania, le gambe incrociate e appoggiate sulla cattedra.
— Kimura — lo richiamò subito, guardandolo negli occhi e comunicandogli, come telepaticamente, che non era buona cosa far sapere del loro rapporto — Siediti.
Yuji ubbidì sentendosi in imbarazzo per la scenetta comica che aveva regalato ai suoi compagni, adesso avrebbero sicuramente riso della confidenza con cui trattava il loro nuovo insegnante. E nuovo lo era di sicuro, perché Gojo-sensei era il preside, e ovviamente anche insegnante, solamente della piccola accademia per coloro che volevano diventare degli hero nella quale viveva, non di grande fama, ma che comunque per chi voleva aiutare gli altri con i propri quirk potendosi definire un vero e proprio eroe. O almeno questo era certo di sapere, prima che il sensei entrasse nella sua classe quel giorno.
Le sorprese sembravano finite, invece, dalla porta, entrarono gli studenti che tutti aspettavano da quella mattina con ansia. Rimasero in piedi accanto all'insegnante.
— Salve, miei giovani eroi — cominciò Hatsume — Io sono il pro hero Hatsume Gojo, conosciuto meglio con Void.
A sentir pronunciare quel nome, pochi di loro sussurrarono stupiti.
— Sicuramente molti di voi non avranno mai sentito parlare di me, e lo capisco, non mi piace molto mettermi in mostra o prendere parte alle missioni e gli scontri con i villain. Ma quanto pare è proprio a me che hanno offerto questo stupendo posto di lavoro con tanti piccoli hero da addestrare e direi che rifiutare sarebbe stato davvero scortese, quindi eccomi qui. Come avrete già capito, sarò anche il vostro coordinatore di classe. Be', spero che passeremo un anno tranquillo insieme. Eh... mi manca qualcosa... ah, sì! Dovreste saperlo già da una recente comunicazione della scuola, questi due sono i vostri nuovi compagni di classe, vorrei che li faceste sentire a loro agio, almeno i primi giorni, quindi siate sempre gentili, se volete potete presentarvi oppure prendere posto, non so, lì o là, li vedo vuoti al momento.
Finito quello che doveva essere un discorso di inizio anno scolastico, Gojo estrasse dalla tasca dei pantaloni una fascia completamente nera, e la indossò al posto degli occhiali da sole. Fu un movimento veloce, ma Yuji poté intravedere i suoi occhi, splendenti come cristalli appena lucidati, mandargli un segnale. Come "ne parliamo dopo".
Non ci fu tempo per pensarci più di tanto, perché la ragazza aveva subito cominciato la sua presentazione.
I lunghi capelli rosa chiaro le ricadevano sulle spalle raccolti in due trecce, gli occhi azzurri guizzavano da una parte all'altra della stanza, attenti ad ogni minimo movimento. Sorrideva come poche ragazze sapevano fare, non che Ume o Akyra non fossero mai felici, ma nello sguardo della nuova compagna intravedeva una certa serenità e voglia di vivere che Yuji non aveva mai scorto in nessun'altra ragazza prima d'ora.
— Salve, mi chiamo Fujiwara Mitsuri e vengo da Kyoto. Ho frequentato una piccola accademia per hero, ma volevo imparare di più e quindi ho pensato di approfittare del trasferimento del miei genitori per lavoro per iscrivermi alla Yūei. Spero di passare uno splendido anno con voi. Se vi fa piacere saperlo, il mio quirk si chiama Cursed Words, ogni cosa che dico si avvera, ma solo se lo voglio, ovviamente. — rise piano, prendendo posto proprio davanti a Yuji.
L'altro ragazzo, invece, preferì sedersi semplicemente al banco vuoto in fondo all'aula. Aveva dei capelli candidi come neve, occhi turchesi e uno sguardo alquanto annoiato. Yuji notò, con suo stupore, che indossava un paio di guanti, anch'essi bianchi, e non poté fare a meno di chiedersi il motivo del suo silenzio.
— Tsukino Kyojiro. — disse semplicemente guardando l'insegnante, be', non propriamente negli occhi, nonostante quella fosse l'intenzione.
— Direi di finire qui le presentazioni e dirigerci subito in palestra. Sapete tutti i vostri quirk, tranne quelli dei nuovi arrivati, ma nuovo lo sono anche io, quindi vorrei vedere cosa siete capaci di fare, prima cominciare a lavorare sulla tecnica in generale. — spiegò Gojo-sensei.
Gli studenti si alzarono subito per prendere i loro costumi dall'armadio.
— No, facciamo senza oggi, con l'hero numero uno All Might potrete presto fare pratica. — annunciò, mentre tra sguardi sbalorditi e voci di corridoio, i ragazzi della 2A si avviavano verso la Palestra Gamma.
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spazio autrice
i'm back u.u
cercherò di pubblicare un capitolo a settimana ma non prometto nulla
mi scuso in anticipo per gli errori grammaticali <33
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