▀▄▀▄▀𝖁𝖚𝖔𝖙𝖔 𝖊 𝖋𝖎𝖑𝖎 (𝟐/𝟓)▀▄▀▄▀
ATTENZIONE!
QUESTO CAPITOLO CONTIENE ARGOMENTI PESANTI COME ED, SANGUE, VIOLENZA E ABUSI GENITORIALI (qualcuno che ha già letto mi confermi se posso definirlo così)
Una scena in cui viene reso leggermente più esplicito del v0m1t0 ho messo un tw iniziale, skippate alla sequenza successiva dopo lo spazio se non ve la sentite! Take care<3
C'era buio.
C'era silenzio.
Il genere di silenzio surreale, che sai già si spezzerà.
In un modo o nell'altro.
Quel silenzio per cui alcune persone iniziano a canticchiare, giusto per sentire una voce familiare e prendere sicurezza.
Quel silenzio che nei film horror anticipa urla e rumori forti per farti saltare dalla sedia al soffitto.
Beh non c'era da sorprendersi, dopotutto era notte.
Nemmeno i bidelli-robot erano in attività in quel momento.
Eppure non era tutto silenzioso.
Dei passi attenti e decisi riecheggiavano nel primo piano della LITAUE riempiendo quella quiete di un rumore sottile e secco per via dei mocassini rigidi dell'uniforme scolastica.
Faceva comunque una certa impressione muoversi completamente al buio in quel posto, con l'eccezione delle luci di sicurezza arancioni messe di tanto in tanto qua e là, giusto per fare un po' di penombra.
Per quanto quei corridoi fossero diventati familiari e innocui a tutti gli ultimates, ripensare a quello che era successo il primo giorno lì, in quelle stesse ombre, in quegli stessi orari... faceva decisamente scivolare un brivido giù per la schiena.
Una figura si stagliò davanti alla porta della stanza di danza.
Da uno spiraglio sotto la porta si poteva notare la luce calda accesa.
Girò la maniglia.
La luce era più forte di quanto ricordasse e dovette socchiudere gli occhi per non rimanerne accecato.
Richiuse la porta dietro di sé, senza voltare le spalle a colxi che lx guardava dalla fine della stanza.
"Sono per caso in ritardo? O la faccia accigliata è la tua espressione naturale?"
Sospirò, lasciando senza risposte quelle domande stupide.
"Che c'è? Alcune persone ci nascono che sembrano sempre imbronciate con il mondo"
Anche l'altrx aprì bocca, ma cambiando completamente argomento.
"Grazie della fiducia. Pensavo avresti dato per scontato che fosse una trappola per ucciderti."
"Lo è?"
I due si guardarono a braccia conserte, uno sorridente e l'altro con serietà.
Lx secondx fece dei passi avanti e si avvicinò all'ultima figura arrivata in quella stanza.
Arrivò ad allungare la testa verso l'orecchio dell'altrx e bisbigliò con voce calma, di appartenenza impossibile a quelle parole che risuonarono nella testa dell'aiutante.
"Fra di noi, c'è una talpa. Non siamo mai stati diciassette ultimates, ma sedici e un traditore che lavora con i robot."
Ci vollero dei secondi quasi eterni per elaborare quelle informazioni.
Informazioni così crude.
Buttate con brutalità e senza filtri.
Sarebbe normale avere dei dubbi al riguardo.
"Come lo sai?"
Chiese con serietà.
Rimasero in quella posizione in silenzio.
Si poteva quasi sentire il rumore dell'elettricità nella lampada.
O quella del cuore dell'ultimx arrivatx essendo così vicinx al profumo dell'altrx.
"perchè io sono qui per ucciderla e salvarci tutti"
Continuò a bisbigliare con calma tutte le informazioni che servivano per farsi capire dall'altra persona. Anche se sapeva già che si sarebbe fidatx ciecamente di lxi in ogni caso.
"È per questo che deve morire."
Aspettò qualche istante per rispondere.
Poi indietreggiò staccandosi dall'altra figura.
"Ma così non finiremo in un class trial? E dopo? Ti farai uccidere per salvare gli altri?"
Quel piano cominciava a preoccuparlx.
Avrebbero dovuto sacrificarsi per eliminare una spia dei robot e... Basta? Sperare che gli altri riuscissero a trovare un'uscita?
Quello non era un piano. Era un suicidio. Un martirio inutile.
L'altrx pronunciò il suo nome, più di volte, con serenità, cercando di farsi ascoltare.
Ma continuava a parlare e parlare e parlare.
Quando la sua voce si fece più alta e ferma, pronunciando attentamente il suo nome, calò di nuovo il silenzio nel Liceo per i Talenti dell'Unione Europea.
L'ultimx entratx nella stanza tacque e osservò l'altrx tirare fuori dalle tasche un piccolo telecomando nero, con un bottone al centro rosso acceso e un simbolo scolpito sul retro: un rombo quadrato con una linea verticale che lo divideva a metà.
"Che roba è?"
"Questo telecomando permette di mandare in corto circuito i chip dei robot. È solo qualcosa di momentaneo, ma è abbastanza per impedirgli di interferire con una fuga."
Entrambi gli sguardi erano rivolti su l'arnese che venne allungato verso l'altro membro di quella riunione notturna.
"Prendilo tu"
"Perché io?"
"È un atto di fiducia."
E dopo un sorriso rassicurante, il proprietario di quell'oggetto cambiò e venne messo in un altro paio di tasche.
"Come hai intenzione di uccidere la talpa?"
"Non ne sono ancora sicurx, è anche per questo che mi serve il tuo aiuto"
Era vero, il motivo per cui voleva fidarsi dell'altrx era perché ne riconosceva l'intelletto.
Nuovamente silenzio.
Silenzio che rimase come finale di quella conversazione.
L'ultima cosa che quella notte accadde nella luce, fu una stretta di mano, un patto, un accordo sul fidarsi l'unx l'altrx, e completare quella missione insieme.
Insieme.
Insieme, avrebbero ucciso la talpa.
Insieme avrebbero fatto uscire di lì i loro compagni.
Insieme.
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Enid continuava a punzecchiare rimescolare con la forchetta i chicchi di riso che rimanevano nel suo piatto.
Ancora lo lasciava di stucco il fatto che gli italiani mangiassero anche riso (pensava mangiassero solo pasta, non che i pranzi proposti dai bidelli lo convincessero del contrario).
E invece Nicole gli stava proprio spiegando come l'insalata di riso, ciò che avevano appena finito di mangiare, era una ricetta molto tipica in Italia! E anche le altre abitudini culinarie della sua terra.
Per lei era sicuramente qualcosa di così semplice e ovvio, ma per lo stuntman di origini svedesi non era di certo così scontato! E adorava sentire l'amica spiegargli quella che sembrava essere una vera e propria cultura culinaria italiana.
Adorava anche sentire la sua energica parlantina e la sua gioia di condividere quell'argomento.
E quando era il suo turno di aggiungere qualcosa alla conversazione, e di far notare le differenze, anche lei ascoltava con molto interesse.
Gli sembrava di essere a casa, con suo padre, quello adottivo si intende.
Un buon modo per passare il tempo, per distrarsi da tutti i pensieri che aveva in quel periodo.
Ora però Nicole si era girata per parlare anche con Kyara, e quindi allx ragazzx non rimaneva che punzecchiare e contare i chicchi di riso che non riusciva a recuperare.
Più li guardava e più sembravano aumentare in numero. Così come i suoi pensieri.
Corrucciò le sopracciglia guardando il vuoto nel piatto come chissà quale misterioso grattacapo, ma il vero grattacapo era nella sua testa, circondato da mille domande:
Quello lì, l'edificio in cui erano prigionieri, era veramente la LITAUE?
Non ne aveva mai visto gli interni prima, ma la forma dei piani era quella, la mappa combaciava, anche se le stanze erano drasticamente diverse.
Ma poteva veramente essere il liceo per Ultimates? Perché dei robot dovrebbero insistere nel mentire? Perché dovrebbero spacciarsi per bidelli?
Però non ha mai sentito parlare di bidelli robot per l'accademia!
Non possono essere dei robot che hanno preso coscienza e vogliono conquistare il mondo!
Che confusione quella nella sua testa.
Non riusciva a capirci più nulla su tutta quella situazione.
Le domande, i dubbi, ogni pensiero si annodava e aggrovigliava senza un senso o una risposta.
Ci stava uscendo di testa.
E più ci pensava meno si fidava del cibo che aveva nello stomaco.
Non potevano avvelenarli così, di punto in bianco... Giusto? Giusto???
Si girò verso il bidello robot dal naso gonfio e blu, che stava facendo da guardia all'uscita della sala mensa.
L'altro se ne accorse e salutò entusiasta muovendo l'intero braccio.
Era quello che incuteva forse meno timore dei tre. Eppure non riusciva a fidarsi. A sopportare l'idea stessa che cercasse di aiutarli, quando tanto li volevano tutti morti in modi assurdi. Uccisi dai loro stessi compagni, o per non aver rispettato appieno le regole. O uccisi dopo aver ucciso, puniti per i loro crimini. Come Stephane...
Scacciò via quel pensiero, era troppo complesso, e già aveva un casino di suo in testa.
"Enid tutto bene?"
"Hm? Cosa?"
Fu proprio la cara amica doppiatrice a risvegliare il buon Enid, che prese un secondo per guardarla e ritornare con i piedi per terra.
"Perché stavi guardando malissimo il pezzo di mais? Che ti ha fatto di male?"
A quella domanda scherzosa ridacchiò imbarazzatx.
"Ha detto delle cose cattive sul mio conto"
"GAAASSP! Come si permette?? Adesso gliela faccio vedere io!"
Nicole prese il chicco di mais e se lo lanciò in bocca. I due iniziarono a ridacchiare. Erano consci di quanto stupida fosse questa scenata, ma era divertente. Era liberatorio. Era un modo per vivere quella situazione con più tranquillità.
Mentre Nicole ingoiava il chicco Enid tornò a frugare fra i suoi pensieri.
Se quelli erano davvero bidelli, che ne era degli insegnanti? Che ne era del preside, e delle sue promesse di guidare un anno scolastico pieno di speranza?
....che ne era di suo padre?
Che ne era dei genitori che erano lì ,all'entrata, a vedere commossi i diciassette figli varcare la soglia della scuola?
Che fine avevano fatto tutti? Erano stati uccisi da quei robot? Erano stati rapiti? Magari messi in un altro killing game?
Se sì dove? Come potevano i mezzi di sicurezza dell'ONU non notare delle attività sospette o la mancanza totale di notizie da parte del preside?
"Nicole, posso farti una richiesta?"
"Ogni volta che vuoi! Cosa ti serve?"
Non si poteva continuare a non fare nulla.
Servivano risposte.
Enid prese un respiro e disse con determinazione.
"Credo ci serva una riunione per discutere del killing game"
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I quattordici Ultimates erano riuniti nella biblioteca della scuola.
Non vi erano molti posti per sedersi, se non per terra, e alcuni tendevano anche a litigarsi perfino le poltrone.
"Ma che ti costa farmi posto, scusa?"
Noa pareva esasperata: aveva le mani sui fianchi e fulminava con lo sguardo Luis che, dal canto suo, sembrava assai divertito.
"Ma sì che c'è posto, princesa, proprio qui!"
Detto ciò Luis diede qualche pacca sulle sue gambe.
Alla fine Luis era finito seduto all'angolo della stanza, rivolto verso il muro, mentre Noa condivideva la poltrona con Aster, il quale era al centro mentre lei sedeva sul bracciale.
"Ok, siamo tutti?"
Enid si mise davanti a tutti i suoi compagni guardandoli uno ad uno per capire se mancasse qualcuno.
C'erano Noa e luis, come aveva visto dalla scenata di prima, e c'era anche Aster che si alternava tra l'ammirare il pavimento e guardare Mohan, che si stringeva nelle proprie spalle assorto nei propri pensieri.
C'erano su una poltroncina un po' più ampia Camille e Csilla, la prima imbronciata batteva il tacco per terra annoiata e la seconda sorrideva tranquilla.
Poi c'era anche Kyara che si teneva appoggiata con le braccia sulla poltroncina e ogni tanto lasciava un pat pat affettuoso alla matchmaker.
C'erano Debora che sistemava i codini a Franco, insistendo sul non stringerli mai troppo o si sarebbe ritrovato calvo, e Monica che osservava Enea provare a disegnare qualcosa sul bordo del blocknotes preso in prestito ad Aster.
Infine c'era ovviamente lxi, e c'era Nicole al suo fianco.
"Tutti eccetto i morti, prof"
E c'era anche Jack, la cui battuta venne, come al solito, ignorata dal resto del gruppo.
"Ottimo! Possiamo cominciare a-
effettivamente di cosa dobbiamo parlare? Mica me l'hai detto alla fine!"
Disse, scherzosamente offesa, la doppiatrice.
"Oh, non ho pensato ad un argomento nel preciso-"
Tutti guardarono con disappunto Enid che ridacchiò imbarazzato
"Ecco, di base pensavo che non possiamo rimanercene con le mani in mano così!
Insomma- ci sono così tante cose che non sappiamo ancora di questo posto! E quanti giorni sono già passati? Cinque? Mi sembra strano che nessuno è ancora venuto a controllare cosa succedesse nella scuola"
"Neanche così tanto Enid"
A intervenire fu Monica, china e con i gomiti appoggiati sulle cosce.
"Insomma, sarebbe strano per i nostri genitori, magari, vero. Il permesso di usare il telefono fuori lezione era nel regolamento, ma sarebbe comunque troppo presto per pensare che siamo stati rapiti."
Monica si spiegò con calma.
O almeno, sperava fosse calma.
Sperava di non essersi spiegata troppo o di essere sembrata una secchiona per essersi letta l'intero regolamento prima ancora di mettere piede nell'edificio.
E invece da fuori si era vista solo una Monica fredda e molto logica. Ma che aveva ragione.
"Non parlo solo dei genitori"
Enid allargò le braccia in basso guardando tutti quanti.
"Non potete dire che che l'Unione Europea, dopo aver iniziato il progetto LITAUE, non avrebbe dei modi per monitorare l'andamento o comunque contatti con il preside! O che gli insegnanti non avessero delle famiglie da contattare!"
Effettivamente, c'era da chiedersi che fine avesse fatto il corpo docenti della scuola.
È mai esistito veramente?
Ripensando a quell'unico ricordo dell'apertura della scuola, c'erano gli insegnanti?
O erano solo una macchia dalla forma misteriosa di cui era sempre più vago il ricordo.
Perché quel discorso d'apertura era così vivido, così reale, ma tutto il resto, l'assenza stessa di un seguito, così alienante?
Perché non potevano ricordare di più di quello?
Anche Kyara voleva risposte.
Eppure avevano già appurato che più di quello non potevano ricordare.
"Secondo me dovremmo avere pazienza."
Noa si era messa a gambe incrociate e braccia conserte.
"So che vorresti poter fare qualcosa per questa situazione. Ma dobbiamo mantenere la calma ed evitare di punzecchiare troppo quei tre robot. I soccorsi arriveranno, abbiate fede."
"Beh che arrivino, è chiaro. Ma non credo che di questo passo avranno granché da salvare"
Commentò il comico, mentre cercava di grattarsi via dei pezzi del pranzo incastrati fra i denti.
Non si poteva però dire che non avesse ragione. Purtroppo, per alcuni.
Quanto tempo sarebbe passato, prima che qualcuno li venisse a salvare?
Quanto tempo sarebbe passato, prima che il prossimo omicidio li avrebbe riportati ad accusarsi a vicenda?
"Scusate se mi intrometto, ma anche se provassimo ad uscire di qui, nessuno è ancora riuscito a trovare un'uscita"
Provò a spiegare gentilmente Csilla.
"La ballerina ha ragione! Al piano terra abbiamo setacciato ogni centimetro, qualsiasi ingresso ci fosse stato all'inizio, evidentemente è stato murato, chissà quando."
Luis si era messo comodo, con i gomiti alti, le mani che reggevano la testa dalla nuca, e la schiena su uno dei bracciali di una poltrona.
Iniziò con nonchalance a controllarsi le unghie della mano.
"Poi, il piano inferiore è proibito. Sì, c'è il passaggio segreto, ma finché il coso-robot piromane ci vuole morti, direi che è meglio evitarlo"
"Andiamo Luis! Da quando proprio a te fa paura l'avventura!"
"Non è paura, amigo. Se vuoi risolvere un enigma devi fare attenzione alle trappole. Sai no, che gusto c'è nello scovare tesori se poi muori prima di portarli a casa?"
Enid grugnì infastidito.
Non potevano non fare niente.
Lui non poteva non fare niente.
Ci doveva essere qualcosa da esplorare! Ci doveva essere un modo per sapere di più su cosa era successo a quella scuola.
Ci doveva essere una... una porta!
"Un momento- CHE MI DICI DI QUELLA PORTA??"
Lo sguardo di Enid si illuminò quando ebbe questa realizzazione. C'era ancora qualcosa che potevano fare.
C'era ancora un qualcosa che aveva visto molto spesso in quei giorni e che solo ora gli metteva l'irrefrenabile impulso di andare a vedere cosa ci fosse dietro.
"Quella porta?"
Luis alzò un sopracciglio scettico.
Kyara al nuovo soggetto della conversazione balzò su e guardò lo stuntman
"Oh! Non intenderai mica quella bloccata?"
"Che porta bloccata?"
Chiese Mohan confuso, torturandosi i pollici osservando quella situazione.
"C'è una porta al di sopra del muro dell'arrampicata! È chiusa a chiave, quindi su un primo momento l'abbiamo ignorata. Però, se non erro, aveva al centro lo stesso simbolo che era nel tavolo e nell'ologramma della stanza del processo!"
Enid continuava a indicare verso il soffitto con gesti ampi, cercando di indicare la zona in cui, oltre tutti i libri e i muri, vi era quella fantomatica porta.
Poi si mise a disegnare con le dita suddetto simbolo nell'aria: un rombo quadrato con una linea verticale in centro.
Sentendo parlare con così tanta enfasi l'amicx, anche a Nicole si accese qualcosa dentro.
"OOOH ALLORA È PER FORZA UNA STANZA IMPORTANTE! Magari lì c'è qualcosa legato ai bidelli-robot! Il loro punto debole! Insomma, magari non è l'uscita, dato che non penso si possa uscire dal primo piano della scuola, a meno che non sia un'uscita di emergenza ma è pur sempre qualcos-!"
"Assolutamente no. Scordatevelo."
Noa si alzò in piedi, mettendosi ferma davanti ai due.
"Avete visto cos'è successo l'ultima volta che abbiamo provato a sfondare una porta? Saremmo potuti morire per un dannato bagno! Non voglio assolutamente sapere cosa succederebbe se aprissimo quella, che di sicuro è proibita."
Le parole di Noa erano come la forte luce rossa di un semaforo, che ti taglia la strada nel peggiore dei momenti.
Il biondo si sentiva il corpo tremare, non potevano veramente arrendersi e girarsi i pollici, no?
Non ora che c'era una pista!
Non ora che sapeva cosa poteva fare!
"Ma-"
"Noa, Enid ha ragione!"
Anche Kyara si alzò in piedi.
Però con l'intento opposto di Noa: incitare all'idea di Enid.
"Non possiamo stare fermi e non fare nulla, sperando che arrivino i soccorsi. Siamo Ultimates Europei! Siamo noi la speranza dell'Europa! Possiamo farcela da soli se collaboriamo tutti insieme!"
A ogni parola della Content Creator, mentre in alcuni sembrava portare la stessa motivazione degli organizzatori di quella riunione, sembravano scaturire l'effetto diametralmente opposto a quello sperato nei confronti della triatleta.
Sembrava sempre più infastidita, a ogni affermazione di Kyara.
Sembrava pronta a urlare contro l'altra, in una delle sue alquanto solite litigate.
"Ti rendi conto c-"
"Ehm-ehm"
Ma a prendere parola fu invece un terza parte, dal forte accento francese.
"Che vuoi?"
Chiese freddamente Noa.
"Oh nulla, sembrerebbe solo che quello che tu definisci come mero "stalking" si stia per rivelare molto più utile di quanto pensi"
La matchmaker si alzò e si sgranchì le gambe, poi corse verso uno scaffale della biblioteca e tirò fuori una serie di fogli stropicciati che organizzò subito sul tavolo.
"Voilà! La routine giornaliera dei nostri cari bidelli robot nel dettaglio! Sappiamo che mettono sempre in priorità rispettare e far rispettare quella, non? Allora basterà agire di conseguenza! Inoltre, voilà vari appunti sul loro modo di ragionare, empatizzare, preferenze e quant'altro! Una passeggiata, modestamente, sono creature veramente simplet et enfantin! Ringraziatemi pure!"
La ragazza dalla frangia rosa scuro sorrideva compiaciuta con le mani sui fianchi, mentre i compagni osservavano quei documenti sparsi e disorganizzati.
Molti si arresero subito nel cercare di leggerli, a causa del pessimo corsivo utilizzato ed il principale problema di traduzione dalla lingua in comune fra tutti e quella natia della ragazza.
"Camille potresti approfondire un secondo ciò che c'è scritto? Non credo di star capendo"
Monica si grattava il capo cercando anche solo di capire in che verso andava tenuto in mano quel foglietto stropicciato in cui aveva a malapena capito come distinguere la "c" dalla "o" nella grafia di Camille.
In risposta, la francese sbuffò infastidita.
"Siete proprio dei casi persi! Csilla, occupatene tu, s'il te plaît"
Csilla si alzò in piedi, si sistemò l'estremità inferiore dell'uniforme e con un sorriso cordiale e cortese prese alcuni fogli e iniziò a spiegarlo.
"La Signorina Blanchard è arrivata a scoprire che i bidelli robot, per quanto sono intelligenze artificiali diverse con tratti di personalità diversi, tendono sempre all'essere un unico algoritmo condiviso. Specialmente quando si tratta di informazioni acquisite"
Mostrò al resto degli ultimates una sorta di mini fumetto, il cui stile certamente non poteva appartenere alla Matchmaker.
"Oh giusto, infinite grazie alla signorina Cecchini per il disegno!"
"Di nulla? Ho solo fatto il mio lavoro, non serviva"
Disse appunto la grafica dopo un leggero sussulto non aspettandosi di certo dei complimenti così formali e plateali.
Vedendola lusingata, Debora ne approfittò per metterle la mano sulla spalla e rinvigorire quel complimento.
"Oh sciocchezze, angioletto! Lavoro o non lavoro è comunque un risultato adorabile, delizioso, sublime e magnifico! Non per nulla è il tuo talento! Dovresti andarne fiera!"
Mentre Monica cercava di ritirare dentro il corpo il collo fino a nascondere la testa paonazza fra le spalle, qualcuno molto più interessato al riprendere il discorso tossì per riprendere con il discorso principale.
"Tutto molto interessante, ma cosa dovrebbe rappresentare il disegno? È giusto un po' troppo piccolo, insomma"
Fu il cacciatore di tesori a farlo notare, facendo realizzare la cosa anche alla danzatrice folkloristica, che si rigirò il foglietto tra le mani.
"Oh, perdonatemi! Vedete, questa è una rappresentazione semplificata del risultato di un esperimento della Signorina Blanchard. Quando tu dai un'informazione a uno dei robot, come nella vignetta uno riportare un desiderio di anguria per merenda, il robot terrà per sé questa informazione finché ad un certo orario non si "collega" con gli altri robot. A questo punto tutti sapranno del desiderio di anguria e si comporteranno di conseguenza."
Kyara si avvicinò al disegno osservando la vignetta dei bidelli connessi. Avevano tutti e tre l'occhio sinistro spento e quello destro, costituito solo da una figura nera con una striscia di luce rossa, era bello luminoso.
"Questo collegamento è lo stesso di quando parlano all'unisono"
"Oooooh, ecco come fanno! E io che pensavo si allenassero ogni notte per fare scena! Che imbroglioni!"
Commentò Nicole osservando meglio il disegno appoggiandosi a Kyara.
"Ora, la routine di ognuno si divide così"
Csilla afferrò un nuovo foglio e iniziò a spiegare l'argomento citato.
"Dalla notte fino alla colazione la loro posizione è ignota, probabilmente sono dediti a ricaricarsi o a pulire i piani. Questa però è solo una supposizione, con unica prova la paura di Salvatore durante la prima notte. Potrebbe appunto aver già intercettato uno dei robot in giro per il primo piano e vedendo Camille Stephane ha dato per scontato fosse uno di essi"
Ogni volta che veniva nominatx l'ultimate ventriloquo, si sentiva un velo di tensione nell'aria.
Un velo di mille sentimenti contrastanti su quel ragazzinx che se n'era andatx lasciando in bocca a tutti l'amaro sia di disprezzo, per un traditore, che la pena, per unx bambinx che aveva fatto di tutto per salvarsi temendo la morte.
Sentimenti contrastanti che mettevano in difficoltà soprattutto Enid e Mohan, coloro che avevano legato più di tutti con quellx piccolettx, e che si erano fidati più di tutti.
"Andiamo avanti, per favore"
Fu l'unica richiesta, a denti stretti, del ballerino.
Enid non potè che mettere una mano sulla spalla dell'amico per fargli sentire il suo sostegno.
"Poi ai pasti sono sempre con noi per servire le portate del giorno. Quindi per un massimo estremo di due ore, almeno uno di loro dovrebbe essere in cucina prima dei pasti. Durante la mattina e il pomeriggio li vediamo solitamente stare ognuno in un piano diverso (Jerry in questo, Otto nel piano terra e Berto nel piano interrato)."
"Quindi se vogliamo andare nella stanza del mistero, conviene farlo quando uno dei deficienti cucina. Possibilmente quando è quello col naso grosso blu, Quel est son nom...."
"Intendete Otto, Signorina?"
"OUI! QUELLO! Il ruolo di segretaria ti viene davvero naturale!"
Csilla sorrise pacificamente, contenta di aver aiutato.
"Quindi, quando Otto si mette a cucinare, perché tende ad essere il più ficcanaso di tutti."
Finì di spiegare la sua teoria.
Gli altri se la fecero andare bene, non tanto perché fossero d'accordo, ma più perché non avevano modo di dire concretamente se ci fosse un modo migliore.
"Che guarda caso, ho scoperto essere proprio oggi! Quindi forza, appena Otto prepara la cena Enid se ne andrà in avan scoperta e noi altri terremo occupati gli altri due bidelli-scemi"
Enid annuì convinto per ogni dettaglio della frase, osservando il piano proposto dalla matchmaker, finché non realizzò con qualche secondo di ritardo cosa questo richiedesse da lui.
"ASPE PERCHÉ IO DA SOLO???"
"Perché sei tu il capo di questa riunione"
"Ah ok- Aspe- NO! ASSOLUTAMENTE NO IO SOLO SOLETTO NON CI VADO MICA"
"Non ha tutti i torti, forse è meglio formulare un gruppo di spedizione per l'esplorazione, mentre il resto fa da distrazione, se proprio dobbiamo"
Provò ad aggiungere Aster, che aveva preso ad ascoltare la conversazione per pochi istanti, per poi ritornare col naso nel suo quadernino, in cui abbozzava chissà cosa.
Partì qualche secondo di silenzio, in cui si aspettava solo che qualcuno si proponesse per un ruolo o per un altro.
"andiamo raga! Dov'è finita tutta la vostra grinta! L'argento vivo! Non volete fare qualcosa per uscire da questo incubo??"
Enid proprio non riusciva a capire: era davvero l'unico a sentirsi in gabbia? L'unico che voleva risposte? L'unico che voleva uscire e sentire l'aria fresca e il sole sulla pelle? Era davvero l'unico a desiderare la libertà e che era terrorizzato all'idea di rimanere rinchiuso là dentro per sempre?
Perché tutti lo guardavano riflettendo ancora se quella fosse una buona idea?
"Io ci sto!"
A battere le mani sul tavolo, risvegliando quel barlume di speranza nello stuntman, fu la sua più cara amica là dentro: Nicole.
"Io mi fido di te Enid. Se ti serve qualcuno per coprirti le spalle, allora è ovvio che ti seguirò! Non voglio di certo che tu muoia da martire per noi! Quindi io sono dentro!"
Enid sorrise, e la doppiatrice ricambiò battendo un cinque deciso con l'altro che ebbe una realizzazione, vedendo un suo certo rivale che non poteva di certo ritirarsi indietro ora.
"Luis!"
"Huh?"
Enid puntò il dito verso il rosso con sguardo deciso.
"Voglio ritirare il mio premio. Vieni con me all'avventura, in nome delle arrampicate"
Il cacciatore di tesori sghignazzò a quelle affermazioni decise
"Alla buon'ora! Aspettavo solo che me lo chiedessi"
"Cosa?? MI STAVI REMANDO CONTRO SOLO PER FARMI SPRECARE IL PREMIO DELLA SCOMMESSA??"
"Ooopsie daisy?"
"MA-"
Mentre Enid elaborava offeso lo "scacco matto" subìto, Luis si alzò in piedi, si stiracchiò e si mise affianco al biondo battendogli una forte pacca sulla spalla.
Noa a questo punto sospirò.
"Se proprio non vi posso fermare, almeno vorrei evitare che facciate cazzate. Vengo con voi. Ma se dico di battere in ritirata, si batte in ritirata. Intesi?"
"SIGNORSÌ CAPITANA"
Enid si mise sull'attenti più convinto che mai.
Solo che questa affermazione scatenò una risposta istintiva nella doppiatrice, che subito aggiunse un iconico:
"NON HO SENTITO BENE"
Che venne risposto con un altrettanto iconico
"SIGNORSÌ CAPITANO"
"OOOOOOHHH"
E i due iniziarono a cantare la sigla di un cartone animato demenziale, lasciando perplessi gli altri due membri della squadra.
"Allora quando Debora e Franco daranno il segnale, correrò al piano di sopra e partiremo con l'esplorazione. Intesi?"
"Oki Doki!"
Noa, come molti altri, stava finalmente uscendo dalla biblioteca e cercando un qualcosa da fare per passare il tempo aspettando l'ora dell'azione.
Gli unici rimasti ormai in quella stanza ormai erano Mohan ed Enid.
"tutto bene?"
Lo disse con molta più calma rispetto al solito.
Mohan aveva passato quei giorni visibilmente più spento del solito.
Spesso non toccava cibo finché non glielo facevano notare.
Anche se dal fatidico "sclero della macedonia" dell'amicx tendeva a far finta di nulla, a sorridere di più, a far capire che stava benissimo, e non c'era nulla di cui preoccuparsi.
E infatti la sua risposta fu un pulito, cordiale e sorridente:
"Sisi! Non preoccuparti"
Enid si sedette a fianco a lui.
"anche a me dispiace per lxi."
Mohan strinse i pugni un silenzio, i gomiti si irrigidirono, i denti digrignarono e si serrarono.
"Non ne voglio parlare."
Non ne voleva più parlare.
Non ne voleva più sentire parlare.
Enid invece era il completo opposto in quel momento, aveva bisogno di dare onore alla sua morte.
Aveva il bisogno di parlarne.
Aveva il bisogno di urlare contro quei robot che avevano causato tutto questo e di odiarli per ciò che era successo e che non deve più succedere.
Aveva bisogno di non perdere nel tempo il ricordo di un amicx che non avrebbe più trovatx, neanche se avesse cercato in capo al mondo.
"Lo so. Voglio solo che tu sappia che non sei da solo! Che se hai bisogno di buttare fuori qualcosa (lacrime, parole, anche solo energie), non sei da solo! Puoi contare su di me. Puoi contare su Aster! Puoi contare su chiunque tu voglia qui dentro!! Possono toglierci la libertà, la scuola, la nostra vita e metterci qui dentro. Ma siamo comunque una classe di ultimates, come ha detto Kyara, no? Dovremo pur rimanere uniti! No?"
Continuava a muovere le braccia in piccoli gesti. Aveva sempre bisogno di fare qualcosa. Il bisogno di muoversi. Il bisogno di sentire la sua libertà nei movimenti. Forse è anche per questo che non poteva più permettersi quella situazione di stallo in cui tutti i suoi compagni erano finiti.
"Hm"
Chiunque può essere un assassino.
Poteva e lo era stato unx quattordicenne spaventato.
Il prossimo poteva essere chiunque.
Mohan aveva quel pensiero in testa ogni volta che gli parlavano di fidarsi degli altri. Qual era la cosa giusta da fare? Fidarsi dei suoi compagni? Anche quando tutte le prove gli puntano contro? Anche quando ti chiede espressamente di non votare per lui quando tutti gli altri lo faranno?
Oppure non fidarsi di nessuno? Non avere legami con nessuno? Emarginarsi completamente dagli altri e rimanere da solo?
La prima opzione? L'opzione troppo buona?
O la seconda? Quella troppo poco da Mohan.
Meglio non pensarci troppo.
Istintivamente la gamba di Enid iniziò a tremare riempiendo quel silenzio riflessivo con il rumore del tacco della scarpa.
"Cosa pensi troverete dietro quella porta?"
Enid non rispose subito, messo in difficoltà per il cambio di argomento improvviso.
Le sue mani percuotevano velocemente le ginocchia, non sopportando già più quello stato di immobilità.
"Sarò onestx, non lo so. Ma... ma qualcosa di sicuro ci sarà! Almeno qualche risposta."
Era questo che contava.
Avrebbero preso questo rischio, sì, ma consci che avrebbe portato a un cambiamento, al sapere qualcosa in più, al compiere il primo passo verso l'uscita di quella prigione.
"Ma qualsiasi cosa ci sia, ne sarà valsa la pena scoprirlo! sarà meglio di nulla! Credimi!"
Mohan sospirò. Con un'espressione più alleggerita in volto e un accenno di sorriso.
"Va bene. Mi sento già più tranquillo. Grazie Enid, sei veramente un ottimo amicx"
Mohan si girò e circondò Enid con le sue esili braccia, in un abbraccio fraterno fra un Mohan più tranquillo e un Enid messx in soggezione per essere stato chiamato un ottimo amico.
"Ah, di nulla! Te però non tenerti tutto dentro, ok?"
Scompigliò gentilmente i capelli in testa a Mohan, un buffetto affettuoso che di norma fanno i fratelli maggiori ai più piccoli.
"Ok."
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C'era una certa tensione nell'aria.
Luis ed Enid aspettavano solo il segnale per aprire la porta (questa porta che si apriva dall'interno e quindi si poteva sfondare tranquillamente con un calcio da film poliziesco, per la gioia dello stuntman)
Mentre Nicole era di vedetta aspettando l'arrivo di Noa per cominciare la loro parte del piano.
"Hmmm.... ECCOLA ECCOLA ECCOLA! UOMINI! SCATENATE L'INFERNO"
SBAM!
La serratura cedette e la porta si spalancò mostrando il buio più totale.
Poco dopo Noa li raggiunse, fermandosi per riprendere velocemente fiato.
"Qualcuno qui è fuori allenamento"
Sghignazzò il cacciatore di tesori che venne solo fulminato dall'altra.
"Prova tu a fare... tutta la scuola di corsa... poi ne riparliamo."
"Sei proprio carina quando hai quello sguardo omicida, princesa"
"Piccioncini forza! Prima il dovere e poi la tensione sessuale!"
Li interruppe Nicole battendo le mani convinta.
Il resto del gruppo la guardò un po' sconvolti dalla frase con cui se n'era uscita.
"Embè? Siamo tutti adulti qui, i bambini sono giù a giocare con i robot, possiamo dirle ste cose! Oh non ditemi che sono l'unica a notare il "il coppia sposata vibe" dai! Non mentite a voi stessi"
"Meglio se ci muoviamo"
Nicole mise su un broncio per scherzo per essere stata ignorata dalla triatleta, ma si riprese subito vedendo tutti attraversare quel passaggio completamente buio.
Era letteralmente un tuffo nel vuoto, ma nessuno di loro ne aveva paura.
Non erano solo i più vecchi del gruppo, come aveva notato Nicole, ma, ad esclusione per l'appunto di questa, erano anche un gruppo di persone molto atletiche e agili.
Sapevano che se la sarebbero cavata facilmente.
Specialmente Luis.
Lui, assieme ad Enid, non aveva alcun timore di quella situazione.
Per lui quella era una passeggiata di salute insomma!
Aveva esplorato piramidi, grotte, templi e case abbandonate.
Un corridoio buio? Che sarà mai!
Roba da bambini!
Tirò fuori dalle tasche il suo magico coltellino svizzero e aprì la sezione torcia con cui poté illuminare la strada con un piccolo raggio.
"Ah ma guarda un po'"
"Guardare cosa? Io non vedo nulla"
Nicole allungò il collo cercando di vedere oltre il rosso.
"Esatto"
Luis si rigirò la torcia fra le dita, puntando il raggio di luce in ogni angolo.
"Il passaggio non riflette la luce"
"Cosa? Come diamine è possibile?!"
Noa strappò dalle mani di luis la torcia e la puntò in giro.
Niente.
Non si vedevano nemmeno le loro ombre. Non si vedeva nemmeno se mettevi la torcia attaccata al muro.
Lx stuntman svedese ebbe l'illuminazione al riguardo.
"Oh! Questo corridoio deve essere stato ripitturato con il nero più nero del mondo!"
Noa alzò un sopracciglio, con la sensazione di non aver capito bene la frase.
"Il cosa?"
Grave errore.
Questa cosa portò Enid a iniziare uno spiegone infinito su come esistesse questo pigmento che permette di colorare le cose con un nero talmente forte da non esser nemmeno soggetto ai riflessi della luce.
Questo in un certo senso alleggerì il viaggio in quel corridoio d'ombra.
"Occhio! Qui c'è una curva netta"
Luis era in capo alla fila, e si muoveva attento a percepire i muri e il pavimento.
Sicuramente ci sarebbe stata una qualche trappola che approfittava di questo pigmento particolare. Era scontato.
Enid lo seguiva a ruota, troppo preso dal discorso per rendersi conto dell'avviso dell'altro, e infatti sbatté contro il muro.
"Ahia!"
"Fra te l'ho pure detto!"
"Scusa!"
"È solo una mia impressione o il corridoio si è appena allargato?"
Nicole invece era in mezzo a Enid e Noa, che invece cercava di fare luce sugli altri per far sì che potessero vedersi in quel buio totale.
E che quindi potessero vedere Nicole fare delle "piroette perlustrative" in giro per quella che sembrava essere una stanza infinita.
L'italo-spagnolo si portò una mano al mento pensieroso.
"Se il mio senso dell'orientamento è corretto, dovremmo essere sopra tutte le altre stanza del secondo piano"
"davvero? Perché fare un intero terzo piano se non c'è assolutamente null-AH"
"Nicole!"
Enid si buttò a prendere per il braccio Nicole ed evitare che cadesse presumibilmente su se stessa.
"Stai bene??"
"tutto apposto! Ancora viva!"
"Cerca di non morire la prossima volta: ci manca solo che succeda un casino perché vi mettete a giocare"
"Dai Noa, so' ragazzi! Piuttosto, come hai fatto a cadere?"
"Boh mi sembra di essere inciampata su qualcosa..."
"Sì, su te stessa, forza muoviamoci"
Noa iniziò a camminare lasciando il resto gli altri due che subito la seguirono.
"Ehi! Aspettate!"
Seguirono il muro che contornava il piano con attenzione.
Cominciavano a temere che il piano fosse completamente vuoto. Inutilmente spoglio.
Uno spreco totale di tempo ed energie.
Era davvero possibile?
Era stato veramente tutto inutile?
Era veramente solo un piano vuoto?
La speranza cominciava a vacillare quando arrivarono allo stipite del piano e quindi iniziarono ad attraversare il muro parallelo al corridoio di partenza.
Almeno finché non notarono qualcosa.
Il luccichio di un pomello.
"Raga. Raga! RAGA RAGA RAGA!"
Enid e Nicole iniziarono a saltellare di gioia. Avevano trovato qualcosa!
"Sì abbiamo visto! Una porta! Urraaaa!"
"Guarda che puoi anche evitare di essere sarcastico! Mica ci offendiamo!"
Luis fece spallucce e si inchinò sulla maniglia.
"A ognuno il suo modo di divertirsi, no?"
Girò il pomello e la porta si aprì tranquillamente. Senza bisogno di scassinarla.
La stanza davanti a loro era una stanza quadrata di dimensioni modeste. Era un totale disastro di utensili e prodotti per la pulizia, ammucchiati in giro per la stanza senza un ordine preciso. Al centro vi era una sorta di colonna che emetteva una fioca luce gialla che lasciava nella penombra la stanza, e al suo interno vi era un robottino dalle braccia a stecchino che i quattro riconobbero subito.
"Jerry?"
"Shhh!"
Nicole si tappò la bocca appena subito il monito dagli altri.
Si girarono tutti e quattro verso il robot.
Sembrava essere completamente spento. Forse si stava ricaricando?
"Meglio evitare di fare troppo rumore"
Raccomandò con sguardo serio la triatleta tedesca.
"Ok" rispose Nicole ancora con le mani sulla bocca.
A passi lenti e attenti circumnavigarono la colonna di luce fioca arrivando al capo opposto della stanza, dove un'altra luce, più bianca, illuminava i loro volti.
Una luce forte proiettata da un rettangolo.
La luce di un computer!
Enid per primo si buttò sul computer, spingendo via la sedia per mettersi in ginocchio sulla tastiera.
"Enid! Che stai facendo?"
Noa bisbigliò con una certa potenza che probabilmente proveniva da delle urla di rabbia trattenute.
"è un computer con il WiFi! Possiamo provare a contattare il mondo esterno!"
Il resto del gruppo si avvicinò per guardare meglio.
La luce faceva male alle loro retini, ma almeno quello che aveva detto Enid era vero!
In basso a destra, c'era il simbolo della connessione funzionante, il che significava che potevano chiedere aiuto in qualche modo.
C'era anche scritta la data del giorno, cosa che nel computer di Kyara e Monica stranamente mancava:
19 settembre 2025.
Aspetta, era passato un anno dall'apertura della scuola??
Qualcosa non quadrava.
Non potevano aver perso un intero anno di vita! Anche se questo spiegava i cambiamenti drastici della struttura, ma non aveva senso!
"Aspettate, cosa sono quelle cartelle?"
Nicole prese il controllo del mouse e mosse il puntatore verso una cartella chiamata "Giornali OPSU".
Una cartella piena di pdf apparve sullo schermo, ne aprì uno e si rivelò un articolo di giornale che mostrava una foto con un gruppo di ragazzi dai tratti asiatici e della loro stessa età, forse anche più giovani, che si stringevano l'uno con l'altro con uno sguardo terrorizzato.
Il titolo, a caratteri cubitali, diceva "Otto sopravvissuti al killing game a Hiroshima: la OPSU vince ancora contro la Kaiketsu"
La scritta era in italiano, e se non fosse stato per la doppiatrice, che mise decisamente troppa enfasi in quelle parole, per colpa di un'evidente deformazione professionale.
"Ah, e io che iniziavo a pensare che fossimo speciali."
Commentò sarcasticamente Luis.
"Quindi non è la prima volta che viene attuato un killing game?!"
La Triatleta caricò subito le pagine successive, trovando un susseguirsi di frasi a lei incomprensibili, ma che vennero analizzate velocemente dagli altri due italiani, o meglio, dall'altra italiana e il mezzo italiano, anche grazie alle parti principali evidenziate in arancione.
L'unica cosa che lei e lx stuntman riuscirono a capire senza traduzioni di quelle parole sullo schermo fu "OPSU: Oriented Program for the Salvation of Ultimates".
Alla fine l'articolo parlava solo di quel preciso killing game, e di come fossero riusciti a rintracciarli grazie ai loro hacker e che sono intervenuti armati di tutto punto per liberarli dalla prigionia di robot giganti a forma di clown.
Anche gli altri pdf continuavano a citare questa OPSU e killing games in Giappone.
Alcuni senza sopravvissuti, altri con molteplici.
In molti di questi veniva raccontato di come la OPSU era riuscita abilmente a localizzare la posizione dei rapiti e il loro intervento eroico nel recuperare gli ultimates e assicurarsi una guarigione dal trauma subito. A quanto pare era un organo dell'ONU nato appositamente per eseguire l'incarico di recuperare gli ultimates dai killing game.
Alcuni ultimates testimoniarono di essere stati costretti a mangiare carne umana, altri che la maggior parte dei loro compagni si fosse suicidata.
Foto di ragazzini senza più la lingua, o a digiuno da settimane, tutti con uno sguardo morto e distrutto in volto. Eppure si raccontava di tutto come una grande vittoria, come se quello che avevano passato sarebbe stato solo un lontano ricordo.
Tutto grazie alla OPSU.
La "speranza della speranza stessa".
Che in altri articoli parlava dei grandi successi nell'aiutare gli ultimates a riprendere la vita di ogni giorno, guariti dal trauma e con avanguardie scientifiche per curare le perdite e i danni fisici gravi.
Ne aprirono un ultimo, nella speranza di trovare qualche altra notizia. Stavolta era in inglese e parlava di un'intervista al capo di questa OPSU.
"Sentite qua:"
"come ben sapete, la piaga dei Killing Game sembra peggiorare di giorno in giorno. Ma non sorge mai la notizia della sparizione degli ultimates, com'è possibile? La risposta del presidente dell'organizzazione fu l'ipotesi "i rapitori puntino a rapire le classi il cui percorso scolastico sembra essere terminato. In questo modo si possono prelevare i concorrenti nel momento in cui non sono sotto i riflettori." Lo scopo di questi giochi quindi non sembrerebbe essere tentare dei riscatti o simili, ma qualsiasi supposizione al riguardo è assolutamente riservata...."
"Percorso finito? Non ha senso! Abbiamo appena iniziato l'a- l'anno. L'anno è cambiato."
Enid indicò l'orologio in basso nello schermo:
20/09/2025 19:03
"Non è possibile! Insomma, a meno che non stiamo confondendo gli anni, ma non credo si possa arrivare a questo punto! Giusto Enid? Enid?"
Un anno. Era passato un intero anno da quando avevano iniziato la scuola. Avevano perso un intero anno della loro vita. Non poteva essere vero. Doveva per forza essere il computer a essere sbagliato, no?
"Pensiamoci dopo, amigos, dobbiamo ancora chiamare i soccorsi."
"Oh giusto!"
Enid prese il mouse e chiuse tutte le finestre in fretta per liberare lo schermo.
"Ok, però... come chiamiamo i soccorsi da un computer fisso?"
"...Ma sei scemo?"
Noa lo chiese con totale onestà, mentre Enid disegnava rettangoli e quadrati mutevoli sullo schermo muovendo il mouse freneticamente e tenendo premuto il tasto sinistro.
"No però ha ragione! Non è che il numero d'emergenza funzioni da computer, e anche se fosse non siamo muniti di microfono! Non abbiamo nemmeno la mail della polizia e una videochiamata con la polizia non è esattamente il modo più tipico di chiamare aiuto. Poi- hey!"
"Lascia fare a me, vah"
Luis prese il controllo del computer e digitò su Google il nome intero della OPSU, trovando come primo risultato un sito in cui si poteva anche mandare una richiesta di aiuto.
Enid e Nicole si guardarono ed esclamarono in coro.
"Aaaaaahhhh"
Noa si dovette massaggiare l'estremità delle sopracciglia per trovare la pazienza verso i due.
Erano così vicini alla libertà.
Così vicini al chiamare aiuto, al chiamare qualcuno che era addetto e preparato per queste esatte evenienze.
Troppo bello per essere vero.
Luis cliccò sul sito, e lo schermo si spense nel nero più totale.
Poi arancione
Poi di nuovo nero.
A intermittenza.
Illuminando di un colore così acceso da far male ogni volta che si schiantava sui volti dei ragazzi
Volti distorti nel terrore e nella realizzazione del pericolo che gli stava venendo incontro.
L'unica a trovare la forza per girarsi fu Noa, che subito scosse i compagni per mostrare loro cosa aveva colto la sua attenzione.
La colonna, non più luminosa.
Al suo centro il bidello-robot Jerry.
Fermo.
Inespressivo.
A fissarli con il suo occhio rosso luminoso.
Oh cazzo.
Le uniche due parole nella testa degli Ultimate. Assieme a quelle perspicaci e assai convincenti di Nicole.
"Correte."
Nicole si sentiva le mani tremare, ma le gambe erano ferme, immobili sul posto come quelle degli altri, per qualche innaturale motivo.
"CorretecorretecorreteCORRETECORRETERAGA DOBBIAMO CORRERE"
Continuò a ripetere quella magica parola con tanto di spinte al resto del gruppo.
"Ultimate Stuntman, Voice Actress, Treasure Hunter e Thriatlet. Siete entrati in una zona della scuola a voi vietata siete permesso."
La voce robotica di Jerry era piatta, senza emozioni, eppure così umana da far venire la pelle d'oca.
I quattro scattarono ai lati per raggiungere l'uscita della stanza.
D'istinto Noa lo calciò via passandogli affianco, rimanendo però indietro rispetto al gruppo.
Un rumore pesante e metallico risuonò in quel luogo ora di tenebre e ora arancione.
Ma non sembrò fare alcun effetto verso il robot, alto poco più di un metro.
Che iniziò a camminare.
Lentamente.
Verso di loro.
"Quelli come voi non sono degni del titolo che portate. Verrete puniti per questa violenza e insubordinazione."
"NOA!"
Nicole era l'unica che riusciva a trovare le parole anche in un momento del genere.
Ma Noa era ferma, era disposta a combattere per mettere in salvo gli altri.
O forse la paura verso quel coso indemoniato aveva colpito anche lei.
Si mosse solo quando sentì il suo nome urlato nuovamente, dando le spalle alla macchina.
Corsero tutti senza idea di dove si stessero muovendo nello spazio.
Luis e Noa in testa.
Enid in mezzo.
Nicole per ultima, essendo la meno sportiva del gruppo.
L'unica cosa che riuscivano a sentire era il cuore esplodere in petto ogni volta che batteva e risuonava nelle orecchie.
Era il battere dei mocassini sul pavimento.
Erano i loro respiri che non sembravano portate mai abbastanza ossigeno a tutto il corpo.
Tutto sembrava passare con così tanta velocità, e con così tanta lentezza.
Il tempo e lo spazio sembravano sparire e distorcersi in quelle tenebre.
Enid doveva correre.
Doveva correre.
Doveva correre.
Correva a vuoto come non aveva mai corso.
E non si sarebbe fermato.
Non avrebbe voluto fermarsi.
Se non fosse stato per un nuovo rumore.
Un tonfo inaspettato, un nuovo timore in quella situazione di panico.
"AIUTO!"
l'urlo di Nicole.
La sua amica Nicole.
La voce della doppiatrice in quell'unica parola aveva tutta la paura che stavano provando in quel momento.
Era così spezzata che sembrava essersi distrutta la gola solo per chiamare aiuto.
Lx stuntman non potè che fermarsi, e girarsi, e vedere, nella penombra rossa, lo sguardo di terrore della doppiatrice.
Era bloccata a terra.
Paralizzata, se non per la mano che teneva in avanti come cercando aiuto.
E sopra di lei, l'occhio rosso e luminoso di Jerry osservava ogni cosa.
Enid si rese conto solo adesso di essere rimastx nuovamente con le gambe paralizzare.
Muoviti.
Non stava correndo.
Muoviti.
Non stava salvando la sua amica.
MUOVITI.
Stava solo... lì. Fermx. A guardare incapace di tutto. Spaventat-
Un urlo distrutto.
Disperate.
Straziante.
Doloroso.
Non si vedeva cosa stesse succedendo, ma l'occhio rosso era basso su Nicole che urlava di dolore.
Una macchia scura era sotto la ragazza, che si guardava la mano.
"S-sangue...."
Disgustata.
Spaventata.
In iperventilazione.
Con le lacrime agli occhi per il sangue che sgorgava dalla sua mano fino al pavimento.
No.
No.
NO.
NON AVEVA PAURA.
ENID NON AVEVA PAURA.
NON POTEVA.
Doveva agire.
DOVEVA AGIRE PRIMA CHE FOSSE TROPPO TARDI.
PRIMA CHE JERRY LE FACESSE DI PEGGIO.
PRIMA CHE NICOLE POTESSE MORI-
Non si azzardò nemmeno a concludere quel pensiero.
Saltò addosso a Jerry. Di scatto.
"STALLE LONTANA!"
la luce rossa venne spinta indietro con più forza di quanta Enid ne avesse mai sentita in corpo.
Le mani lx tremavano.
Doveva fare qualcosa.
Doveva aiutare Nicole.
Doveva distruggere il robot.
DOVEVA MUOVERSI E FARE TUTTO IL POSSIBILE.
Prese Nicole da per terra, con molta difficoltà.
"LUIS! NOA!"
Non poteva vederli. Poteva solo confidare che fossero ancora lì.
Poteva solo urlare i loro nomi.
Sentiva il cuore pulsare perfino in testa dalla fatica.
"Enid?!"
Iniziò a correre verso la voce.
Ma dopo un paio di passi iniziò a sentirsi tirare alla caviglia. La sentì stringere. Con violenza.
Il piede scivolò indietro facendogli perdere l'equilibrio.
Stava per cadere.
Stava per cadere su Nicole.
Senza pensarci due volte lanciò la ragazza dai capelli rosa il più lontano possibile.
La luce rossa si fece fortissima per un istante.
Mostrandogli Nicole volare in aria e rimettersi in piedi anche grazie alla presa di Noa e Luis.
Poi si spense.
Si fece tutto più nero mentre cadeva per terra, sbattendo il mento contro il pavimento duro.
Non riuscì a mettere le mani avanti in tempo.
"Signorino Söderberg."
Non-
Non riusciva a muoversi.
NON RIUSCIVA A MUOVERSI.
MUOVITI. MUOVITI. MUOVITI.
"Dovrebbe fare più attenzione. Non vogliamo che sia troppo spericolato"
Cercò di allargare le braccia, ma si sentì solo stringere ancora di più.
MUOVITI. MUOVITI TI PREGO MUOVITI.
"non vorrà ferire se stesso e i suoi compagni"
Non poteva essere-
"Se non si da una calmata, dovremo prendere certe precauzioni"
Si guardò i polsi.
NO.
NO NO NO NO NO NO NO NO NO
era il suo pensiero vedendosi legato, dalle spalle ai piedi da fili sottili e illuminati di arancione.
Era completamente legato.
"No..no..no..no..no..no..no..no..no"
La voce gli usciva fragile, bisbigliata.
Iniziò a iperventilare.
SMETTILA DI NON FARE NULLA. MUOVITI. MUOVITI.
Continuava a strabuzzare gli occhi su quelle corde che lo tenevano fermo.
"Lo facciamo per il tuo bene"
La voce mutò.
Riprodusse quelle di un uomo e una donna.
Enid strabuzzò gli occhi, riconoscendole.
Stesse parole di quella volta
Stessa cadenza di quella volta
Stessa-
BASTA!
NON DOVEVA RICORDARE.
NON VOLEVA.
NON POTEVA.
Iniziò a urlare, a sclerare e a dimenarsi come unx pazzx. sempre più forte. Con sempre più energia
Sentiva le punte delle dita gelide.
La circolazione stava venendo completamente da quelle stupide corde.
Erano sempre più strette
Sempre più rigide.
Continuava a urlare, a dimenarsi.
"Così dimostra solo che avevano ragione"
"SMETTILA!"
Sentì un rumore elettrico.
Sentì dei passi.
Qualcosa si stava avvicinando.
I fili continuavano a stringere.
Le voci dal tono gentile di un passato innominabili erano lì.
Nelle sue orecchie.
Forti e dolorose.
Voleva solo avere le mani libere per scacciarle a pugni.
Non riusciva più a respirare.
Continuavano a chiamare il suo nome.
"Enid!"
"Enid!"
"Enid!"
Si sentì prende un braccio.
Cercò di dimenarsi ancora di più, di dare testate, di mordere.
"ENID, PORCO CAZZO CALMATI! SONO IO!"
La luce arancione illuminava il volto di Luis e la sua espressione accigliata mentre era concentrato a fare qualcosa.
"Wagliò, se preferivi rimanere un salame gigante potevi dirlo e basta"
Non rispose.
Annaspava alla ricerca di ossigeno.
Luis sospirò.
"Va tutto bene, amigo. Più stai fermo e più facilmente riuscirò a liberarti. Facciamo questo sforzo assieme, forza"
I fili si spezzarono fino all'ultimo.
Jerry nell'angolo era rimasto immobile, se non per dei tremori a tutto il corpo, a guardare il soffitto.
"Andiamo, prima che si risvegli da qualsiasi cosa abbia."
Enid, ancora destabilizzato, non se lo fece dire due volte.
Quando i due uscirono dalla stanza, Enid cadde a terra esanime, mentre il rosso teneva chiusa la porta alle spalle.
"Simpatico il coso-robot, comunque. Dovremmo fare sta cosa più spesso."
Scherzò sarcastico l'ultimo, cercando di non far notare troppo il fiatone al resto del gruppo.
Gli altri tre invece cercavano ancora di respirare.
"NICOLE!"
Enid cercò di correre verso l'amica che fissava con interesse il soffitto.
Iniziava a sentire gli acciacchi per la stretta delle corde e la stanchezza per tutti gli sforzi fatti nella corsa.
"NICOLE STAI BENE? SEI FERITA?"
Le prese la mano per vederla mano.
Un rivolo di sangue segnava la mano, ferita come per un coltello su uno dei tendini centrali.
"Tutto bene! Tutto benebenebenebenebene! C'è solo questa faccenda della mano, ma è ok! Prometto! Basta che non la guardo troppo, hehe. Per fortuna sono mancina, e quella ferita è la destra... credo. Spe... si ok è la destra! È la destra! Nieeeente panico."
Anche se con il sorriso, Nicole guardava il soffitto ancora con il fiatone e con voce e mani trenanti.
"Piuttosto temo che Noa si sia fatta male mentre correvamo, ha lanciato un certo urletto prima che mi stava facendo preoccupare."
Si girarono tutti verso la tedesca, seduta affianco, che digrignava i denti tenendosi il lato della testa con una mano e le gambe raggomitolate con l'altra.
Luis le si avvicinò e si inginocchiò davanti.
Quando ella lo notò provvide subito a spiegare infastidita quanto detto Nicole.
"Sto bene! Non mi guardate come se fossi un'appestata! Ho....solo sbattuto la testa correndo."
Spiegò imbarazzata.
Passò un secondo di silenzio e puntò subito il dito a Luis.
"Non provare a prendermi per il culo, non si vedeva un cazzo là den-"
"ti serve qualcosa per la botta?"
La triatleta rimase interdetta dall'improvvisa domanda.
Abbassò il dito corrugando le sopracciglia confusa.
"Cosa?"
"per la testa. Hai bisogno di cure mediche o non è nulla di grave?"
Per una buona volta il cacciatore di tesori sembrava effettivamente serio. Il suo lato sarcastico era già venuto a mancare, per un momento, quando stava liberando Enid.
Ma adesso era seriamente preoccupato per Noa: a differenza degli altri due membri della spedizione, non era testimone di cosa fosse successo a Noa e per quanto ne potesse sapere poteva essere rimasta ferita anche lei.
Avvicinò la mano al punto dolorante della testa della ragazza, ma venne scacciata con il torso della mano di questa.
"Nulla? Sto bene. Davvero"
"Ok. Menomale."
Il rosso sorrise e si rialzò in piedi.
Si lasciò uscire un sospiro, di quelli che fai quando sei stanco ma soddisfatto da una qualche attività.
Poi tirò fuori il suo coltellino svizzero dalla tasca e iniziò a giochicchiare con esso.
"Ehi Enid, non male il tuo compaesano qui. Ti ha pure salvato la vita!"
"... Il coltellino svizzero?"
"Sì."
"Guarda che io sono svedese."
"...beh, il nostro lavoro qui è finito. andiamo dagli altri? Vediamo un po' quale gruppo è messo peggio dopo la missione!"
Iniziarono così a scendere le scale, eccetto Enid che si buttò in tutta sicurezza nella piscina di cuscini del muro di arrampicata.
Nessuno commentò. Stavano tutti ancora elaborando quello che era successo e quello che avevano visto.
L'immagine di Jerry e il suo comportamento così distante da quello che avevano visto fino a quel momento erano stati sconvolgenti, per non parlare delle incongruenze con i dati calcolati da Camille.
Evidentemente la francese non era così capace come aveva fatto credere, o forse lo era solo nel suo campo di materia.
Quando arrivarono agli ultimi scalini, sentirono dei passi veloci e una figura dai capelli rosa sbiadito apparve all'uscio della porta con aria preoccupata. E seria.
"Ragazzi! Ce l'avete fatta? Siete tutti interi? C'è- c'è stato un rumore elettrico e Berto e Otto si sono paralizzati per qualche istante e salendo ho sentito delle urla quindi-"
Il fiatone lasciava intendere che avesse appena corso su per le scale fra i due piani "più o meno. Non abbiamo trovato molto in realtà e dobbiamo ancora capire bene cosa è successo."
Spiegò Noa, con un'espressione abbastanza frustrata.
"Oh capisco.. beh, come ha detto Enid prima, qualsiasi cosa avete trovato sarà comunque utile per capire meglio questa situazione! No?"
Kyara non voleva più arrendersi. Non voleva più avere brutti pensieri nel cuore della notte e non voleva di certo rimanere dentro quel killing game!
Se avevano trovato qualcosa, qualunque cosa, significava che potevano trovare un modo per uscire di lì! Bastava solo continuare a provare.
"Esatt- ahia, ahia, ahia... la mano."
Nicole si tenne la mano, che aveva provato ad alzare come per incoraggiare l'amica, ma le faceva parecchio male e aveva decisamente bisogno di medicarla.
"Meglio se discutiamo di tutto domani mattina, per adesso è meglio avvisare gli altri e fare qualcosa per la mano di Nicole"
Dichiarò Luis con le mani sui fianchi
"Forse posso occuparmene io, ma non sono esattamente un medico quindi posso solo disinfettare e mettere delle bende di fortuna. Sempre se ne abbiamo qui dentro..."
"Nel dubbio puoi usare la carta igienica! La arrotoli su se stessa e poi me la giri attorno al braccio tipo mummia!"
"OMMIODDIO NICOLE SEI UN GENIO! IO MI PROPONGO COME INFERMIERA!"
"EDDAIII!"
"Se urlate un'altra volta giuro che la mano la amputo direttamento."
I due si fermarono. Sconvolti. Vi fu silenzio per qualche secondo. Poi ripresero a urlare
"NOOOOO! PER FAVORE LUIS NON- NONONONONONO"
"LUIS COSA FAI? METTI GIÙ IL COLTELLO TI PREGO PARLIAMONE AAHH"
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Quella sera, a cena, mangiarono pollo e insalata verde.
Il pollo in realtà era una ricetta particolare, con un condimento di yogurt e spezie varie che Mohan riconobbe provenire dalla sua terra, anche se mangiò principalmente l'insalata.
I ragazzi si stupirono che Jerry si stesse comportando come sempre, specie dopo aver sentito i quattro della missione raccontare il loro inseguimento col robot.
Eppure questo sembrava anche più calmo del solito.
Anche la cena fu piuttosto tranquilla, perfino i due più logorroici e iperattivi sembravano calmi in quel momento, per lo meno rispetto al solito, dato che stavano avendo un energico dibattito su tutti i racconti che avevano sentito di coloro che avevano provato a oltrepassare il muro riuscendoci.
Quando iniziarono ad alzarsi tutti dal tavolo per andare a dormire, vennero interrotti da una voce robotica che, più delle altre, quella sera era particolarmente temuta.
"FERMI TUTTI. Non penserete di certo che potete fare zizzania senza alcuna punizione"
Jerry fece dei passi avanti furioso.
"Sono state fatte esattamente tre infrazioni alla primissima regola della scuola! Uno: avete attraversato il passaggio esclusivo di noi bidelli, tre volte! TRE!"
"Quello in realtà solo quattro di noi. Di cui due sono morti"
Si lasciò scappare il pittore, con l'intento di specificare come stavano effettivamente le cose. Ciò lo portò solo a venire fulminato dal bidello.
" Due: avete sfondato la porta del bagno femminile! Tutt'ora la stiamo ancora riparando e non la si può più chiudere!"
A questa affermazione, un altro bidello lì presente, Otto, emise un cigolio triste tenendosi la testa con una mano.
"E tre: SIETE ENTRATI NEL PIANO PRIVATO SENZA ALCUN PERMESSO. Sono veramente deluso da tutti voi! I vostri genitori non vi hanno insegnato un minimo di rispetto per la legge??"
Iniziò a camminare avanti e indietro, mentre i quattordici ultimates rimanevano in silenzio a fissarlo.
"MA SOPRATTUTTO!"
"Eccolo che comincia.."
Commentò Berto nello sfondo infastidito, mentre Otto cominciava a passare la scopa sotto i banchi.
"È INACCETTABILE CHE DOPO ORE PASSATE A CUCINARE, QUALCUNO DECIDA DI LANCIARE PER TERRA I MIEI PREZIOSISSIMI CHURROS!!!"
Gli ultimates rimasero interdetti, a dir poco confusi.
E non perché le urla agitate di Jerry avevano raggiunto certi acuti a decibel improponibili, ma per l'assurdità di cosa aveva procurato così tanta rabbia.
"LA VENTISETTESIMA REGOLA DICE ESPRESSAMENTE CHE IL CIBO NON VA SPUTATO PER TERRA, NE BUTTATO PER TERRA A PRIORI, E NEMMENO LANCIATO ADDOSSO A NOI BIDELLI."
Disse trascinando a fatica una sedia per spostarla.
Molto inclinarono la testa o si abbassarono per vedere meglio la scena.
Notando per terra un cumulo di churros mangiucchiati.
"GUARDATELI! I miei poveri, piccoli, bambini. Come robot non li posso nemmeno mangiare....E VOI LI BUTTATE VIA COME NULLA??"
"Scusa se interrompo, ma mi sembra evidente che non possiamo essere stati tutti a commettere questo... crimine... non vorrei sembrare scortese, ma non sarebbe meglio punire solo il colpevole? Invece di sgridare tutti?"
Monica dovette prendere molto coraggio per chiedere questa cosa.
Ok forse neanche troppa, siamo onesti, non le sembrava giusto sgridare tutto il gruppo, e ancora più ingiusto che il colpevole non si facesse avanti costringendo tutti a quella scenata.
"Non divei queste cose mentve Jevvy è in questo stat-"
"OHohohoho... vuoi che ci sia una punizione esemplare dunque? E va bene! Va benissimo"
Tornò davanti agli ultimate emettendo cingolii preoccupanti, come se si stesse pian piano surriscaldando.
Poi indicò la grafica con furore.
"Oggi tu, signorina Cecchini, pulirai OGNI singolo piatto A MANO. E pulirai anche il pavimento!"
"Cos-?"
"E se nessuno si vuole fare carico della colpa, churro o altre violazioni delle regole è uguale, ben venga, lo farai completamente da sola!"
Monica avrebbe voluto, rispondere a tono, arrabbiarsi, ma prese un respiro profondo e si tenne tutto dentro. Era abituata, al mantenere la calma e la compostezza.
Si girò verso Enea, il quale era affianco a lei, pronta a spiegargli la situazione con quel linguaggio di immagini con cui ormai ci avevano preso la mano.
Ma osservandolo meglio, notò che guardava in basso con una smorfia particolare: aveva gli occhi spalancati verso il churro rovinato e un rivolo di sudore che gli scendeva.
Aveva come l'aria di... di essere il fantomatico colpevole!
Gli diede un'amorevole pacca sulla testa, per fargli capire che lei aveva capito, e che andava bene così.
"Oh giusto! Jevvy! Jevvy! Sevve la tvadiuzione pev Enea! Lui non lo capisce l'inglese!"
"Ah, mi dimentico sempre. Ebbene, vai a tradurre Otto!"
Otto corse sulle sue gambette tozze e prive di articolazioni verso il plant sitter, traducendo le esatte parole (ma con meno emotività) al ragazzino.
In tutto questo c'era una persona in particolare che sentiva il bisogno di intervenire.
Dopotutto, non si sarebbe potuta far chiamare Debbylic se non dava il buon esempio come l'angelo qual'era! Quale doveva essere!
La povera Monica si sarebbe presa tutta la responsabilità sulle sue spalle, evidentemente troppo insicura per opporsi o chiedere aiuto... non andava affatto bene! Doveva aiutarla e assicurarsi che capisse quanto speciale fosse!
Inoltre non era giusto nemmeno maltrattare tutto l'impegno del povero Jerry o Otto.
Certo, erano due dei loro rapitori, ma non era nemmeno giusto usare uno dei due come Ariete! Col senno di poi avrebbero potuto chiedere aiuto e basta.
Anche loro erano buoni infondo.
"Mi offro anch'io per aiutare!"
Debora alzò la mano e si fece avanti.
Monica si girò di scatto confusa, al ché la castana spiegò:
"Non ti lascerò di certo fare tutto il lavoro da sola, angioletto. Non meriti di diventare il caprio espiatorio!"
"Mi offro anch'io! Concordo pienamente con Debby!"
Si aggiunse Franco deciso.
Debora vedendo l'amico così deciso e sorridente le si riempì il cuore di gioia.
Era rimasto completamente distrutto alla morte di Salvatore, e da quando lei lo aveva preso sotto la sua ala sembrava star facendo progressi anche con la sua autostima! Non poteva che essere fiera di lui.
"Ok, se nessun altro si vuole aggiungere, gli altri possono andarsene. Fuori dai piedi oggi avete infastidito quanto basta"
Commentò Berto iniziando a spingere via i restanti Ultimates.
"Buonanotte! Spevo viusciate ad aveve i migliovi dei sogni!"
Aggiunse Otto con molta più gioia e gentilezza, anche se stava comunque spingendo via gli ultimates. Quando però iniziò a spingere Enea, questo gli disse qualcosa in albanese.
Otto ascoltò con interesse, annuì, rispose con la stessa lingua, e l'altro annuì sicuro.
"Jevvy? Enea vuole dire qualcosa"
"Cosa c'è"
"Scu...sa per.... Churros?"
Enea si sforzò molto per pronunciare correttamente quelle parole in una lingua che a malapena comprendeva.
Anche se in realtà non gli dispiaceva affatto, ne aveva odiato il sapore e odiava cosa aveva fatto Jerry ai suoi compagni, dovette comunque dire qualcosa per fare capire che voleva aiutare Monica e gli altri a pulire.
"Signorino, non deve sforzarsi a parlare in inglese se proprio non comprende. Siamo robot, abbiamo tutte le lingue parlate preimpostate: per noi non è un problema parlare in albanese"
"Oh ok... posso prendere il posto di Monica?"
"Assolutamente no! Però la può aiutare. Buon lavoro! Enea is going to help you all too! Now you have four people, so it's not really gonna be that bad"
E anche Jerry se ne andò.
"Dunque... come li laviamo i piatti?"
Il gruppetto aveva portato tutto ciò che era da lavare sul lavandino della cucina. Essendo che tre di loro parlavano italiano e uno invece non capiva nemmeno l'inglese, fu la prima lingua quella usata per tutto il tempo.
Avevano appena finito di pulire la mensa davanti, Monica ancora con la scopa in mano, e Debora davanti ai piatti un po' imbarazzata.
"Non li sai lavare?"
Chiese Monica con forse troppa poca emozione, dato che l'altra sembrò sentirsi attaccata.
"Sono molto abituata alla lavatrice angioletto! E poi volevo capire anche dove potessimo trovare gli utensili e come li dobbiamo dividere tra di noi"
"Ah certo! Non era mia intenzione presupporre alcuna accusa e..."
Monica si stava già impanicando per la sua incapacità di interagire con le altre persone.
L'attenzione delle due venne attirata da un cartellino di Enea che diceva "aiutatemi, per favore"
"Ma certo angioletto! Cosa ti serve? Sono tutta orecchi!"
Debora si inchinò davanti ad Enea e all'ultima frase si indicò l'orecchio tentando di farsi capire dal piccoletto, che invece fece segno di mettere le mani a scodella in basso vicino al tavolo da cucina.
Debora e Monica fecero ciò ed Enea sfruttò lo scalino improvvisato per salire sul tavolo e aprire le credenze in alto alla ricerca dei prodotti per lavare i piatti.
Alla fine, dopo tanti tentativi, aprì una credenza che aveva proprio ciò che stavano cercando: guanti di gomma, spugne, e sapone per piatti.
Debora applaudì e fece due pollici in su per congratularsi con l'albanese, seguita a ruota da Franco.
"Very good, Angioletto!"
Enea sorrise e saltò giù con agilità con tutti gli utensili necessari in mano. Facendo prendere un mezzo infarto a Monica.
Il gruppo iniziò così a lavorare e chiacchierare del più e del meno.
Finché a monica non iniziarono a dare fastidio i capelli arruffati che continuavano a caderle davanti.
"Debora-"
"Chiamami pure Debby, angioletto."
"Giusto, scusa... Debby, puoi tenermi un secondo questo bicchiere?"
"Ma certo!"
Monica si distanziò dal lavabo, si tolse i guanti e frugò nelle tasche prendendo un elastico per capelli. Si legò quella massa incolta e con vita propria in un codino alto.
"Molto meglio."
"Ommioddio... Ti stanno veramente bene i capelli legati!"
Notò Debora girandosi verso l'altra italiana.
"Grazie, non serviva-"
"Sciocchezze! Non ti devi vergognare, quello che dice Debby è la verità! Ti stanno benissimo!"
"Non avrei saputo dire di meglio, Franco!"
In quella situazione, Monica si vide costretta a lasciare i due fare.
Proseguirono a lavorare per un altro po'.
Debora iniziò anche a canticchiare, accompagnata ovviamente da Franco, e continuarono finché Monica non notò che Enea la stava fissando.
"Are you ok, Enea?"
Il plant sitter sbattè velocemente le ciglia e si mise a cercare una sua carta per la comunicazione.
Faceva ancora un po' fatica a capire come le parole si pronunciassero o cosa significassero nell'effettivo, ma con l'aiuto dei disegnerti di Monica era tutto molto più facile.
Estrasse una carta con su scritto "compare to", inteso come una carta per paragonare qualsiasi cosa a qualsiasi altra.
Pronunciò con decisione la parola "we".
Tirò su la carta.
E infine disse con timidezza "family"
Monica sorrise, con gli occhi inumiditi dalla tenerezza.
"Awww, that's so sweet angioletto!"
Aggiunse Debora vedendo la scena.
"Effettivamente sembriamo un po' una famigliola felice! Monica è la madre seria e rispettabile, Franco ed Enea i figlioletti..."
"E tu il padre amorevole!"
"aww, grazie mille angioletto! Ma tu sei molto più amorevole, figliolo"
"Grazie papà"
Ridacchiò Franco partecipando alla battuta.
"Dopo giochiamo a calcio assieme in giardino?"
"Ma certo! Però devi chiedere prima il permesso a tua madre, sai che è lei a comandare in casa"
Si girarono entrambi verso Monica, che subito capì di essere in gravissimo pericolo.
Di essere come messa spalle a muro da due lupi famelici.
"Posso mamma? Ti prego!"
E il ringhio emesso da questi lupi era ancora più spaventoso degli animali in sé.
"io non..."
"Oh, non avere paura, Angioletto! Buttati e basta"
La incitò la scrittrice di canzoni, al ché la grafica prese un respiro profondo e tentò per accontentare gli altri due:
"Ah certo, così mi lasciate da sola a pulire come una serva?"
Sperò di non essere sembrata imbarazzante e imbarazzarata quanto le sembrava, e il sorriso incoraggiante e orgoglioso di Debora le dava tutta la sensazione che fosse andata bene.
"Eddai cara, sono ragazzi, sii più flessibile"
"N-no D-uhh... Gianpiero? Sono cinque giorni che continuate a giocare a calcio e non aiutate mai in casa, se volete fermi morire di fatica ci state riuscendo!"
"Oh, Ilaria, mi dispiace! Non sapevo di starti facendo soffrire così tanto"
"Ok basta, è decisamente troppo imbarazzante, non ce la faccio"
Disse portandosi le mani sulle guance, mentre Debora ridacchiava gentilmente.
"Un vero peccato, te la stavi cavando egregiamente, angioletto! Però se dici che è troppo, lo capisco. Non ti preoccupare!"
Monica si levò le dita dagli occhi per guardare meglio l'altra, che aveva ripreso a pulire.
"Grazie.."
Sorrise.
E tornarono tutti a lavorare finendo di lavare anche gli ultimi piatti.
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Ma certo che gli vogliamo bene!
Amiamo nostro figlio con tutto il nostro cuore.
Vogliamo che sia felice.
Che sia al sicuro.
Che sia protetto da qualsiasi male.
È tutto quello che abbiamo voluto per lui.
Ma sa, signor-, più i bambini crescono è più sono distratti.
Sbadati.
Maldestri.
Per questo dei bravi genitori farebbero di tutto per la loro salute.
Per la loro sicurezza.
Il mondo là fuori è così pericoloso. Capisce?
Ci stringeva il cuore ogni volta che doveva attraversare l'uscio della porta.
Semplicemente non potevamo lasciarlo andare da solo!
No.
Per la sua sicurezza.
Dovevamo tenerlo al sicuro.
Il nostro bambino.
Il nostro fragile bambino.
Abbiamo dovuto prendere delle precauzioni.
Qualcosa per assicurarci che stesse il più possibile nel suo nido.
Il più possibile fra le nostre braccia.
Il più possibile al sicuro.
Per la sua sicurezza...
Dovevamo tenerlo coccolato nel suo bel lettino e fra le nostre strette braccia.
Per la sua sicurezza...
Doveva rimanere a casa,
dove la sua fragilità poteva essere protetta tra le nostre mani.
Lo amavamo.
Lo amiamo.
E lo ameremo per sempre.
Per questo il cibo con cui lo nutrivamo lo doveva acquietare, calmare. In un assopimento che non poteva evitare in alcun modo.
Lo doveva rendere il nostro amabile bambino. Per sempre.
Troppo fragile per questo mondo.
Troppo debole per questo mondo.
Solo a casa con noi sarebbe stato al sicuro.
Una brava mamma e papà sanno come curare ogni male del loro bambino.
E il suo unico male era il mondo esterno.
Per questo la sua medicina doveva farla dormire felice.
Farlo sognare da lontano, ma al sicuro fra le nostre braccia..
Al sicuro...
Ma nonostante tutti i nostri sforzi, continuava a scivolarci via.
Ad uscire dalla casa. Dal nido sicuro.
Riesce a immaginare il nostro dolore? Quando nonostante tutto.
Nonostante nemmeno i mezzi illegali lo tenevano più al sicuro?
Nonostante nemmeno il cibo scaduto la poteva più proteggere?
Quando lui uscì comunque dal nostro campo visivo.
E mentre noi temevamo il peggio, questo accadeva?
Nostro figlio.
Attaccato.
Spinto.
E ferito alla testa.
Non bastava più essere caritatevoli.
Non bastava più la soluzione trovata.
Non bastava nemmeno la sua fiducia in noi.
Solo in noi.
Non bastava descrivergli il mondo esterno come popolato da belve.
No.
Dovevamo proteggerla di più.
Non avrebbe mai più lasciato il suo letto!
NON AVREBBE MAI PIÙ TENTATO DI LASCIARE IL NIDO!
NON SAREBBE MORTO ANCHE LUI.
Per la sua sicurezza...
Lo legammo, costringendolo a vivere per sempre in quella meravigliosa e quiete vita promessa.
Solo il letto.
Solo la sua cameretta.
E il nostro amore.
Non gli sarebbe servito altro.
Mai più.
Ci piange il cuore, sa?
A sapere
Che nonostante tutto, ci è stato portato via
A sapere
Che nonostante tutto, preferisce rischiare la vita ogni giorno
A SAPERE
CHE CHIUNQUE CE L'ABBIA PORTATO VIA
NON È STATO CAPACE DI PROTEGGERLO.
LA PREGO, CI DICA CHE STA BENE!
CI DICA CHE TORNERÀ DA NOI
CHE NON È VERAMENTE SPARITO NEL NULLA!
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
CI DICA CHE SARÀ AL SICURO
☜︎☠︎☜︎☼︎☹︎, NON ABBANDONARCI PURE T-
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Inspira.
Ed espira.
Mohan era in bagno da quella che sembrava tutta la notte.
Era lì, in ginocchio davanti al gabinetto.
(TW!)
Annaspava guardando disgustato la tazza in porcellana, mentre un nuovo conato lo colpiva dallo stomaco, ancora più forte.
Era un dolore lancinante alla gola che però non faceva più uscire nulla.
Aveva buttato fuori probabilmente tutto quello che aveva mangiato quel giorno, probabilmente era così.
Che idiota.
Pensò.
Eppure non si era ancora liberato abbastanza. Sentiva ancora quella voce nell'anticamera del cervello che gli diceva che aveva mangiato troppo che era ancora troppo grasso.
Si alzò a fatica e tirò l'acqua.
Barcollava per il bagno, con le gambe che a fatica reggevano se stesse.
Si fermò davanti allo specchio del bagno solo per vedere uno scheletro.
Un morto, un fantasma che camminava in una tunica scura troppo grande per lui.
Adesso giustamente voleva solo abbuffarsi, riempirsi in fretta di cibo per riempire quello spazio vuoto nelle maniche dell'uniforme.
Non era giusto.
Non era corretto.
Non era mai abbastanza.
Era sempre e solo troppo magro.
Troppo grasso.
Troppo stanco.
Troppo energico.
Troppo gentile.
Troppo.
Troppo.
Troppo.
TROPPO-
Si aggrappò alle estremità del lavandino mentre il suo respiro iniziava a farsi più pesante.
Cosa avrebbe dovuto fare?
Sei troppo magro! Perché non tocchi cibo? Guardati! Sembri uno scheletro! Buttati nella bara già che ci sei!
Troppo magro. Doveva mangiare.
Aveva mangiato di più. Aveva mangiato sempre di più fino a farsi venire mal di stomaco.
Cosa sei un maiale? Con tutto quel grasso non ti staranno mai i vestiti! Devi dimagrire, grassone di merda!
Troppo grasso. Doveva risolvere.
Aveva digiunato per giorni, fino a svenire per mancanza di zuccheri. Aveva buttato via ogni alimento in corpo fino ad essere vuoto.
Troppo magro!
E allora divorò.
Troppo grasso!
E allora digiunò.
Troppo magro!
E allora divorò.
Troppo grasso!
E allora digiunò.
Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò. Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò. Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.Troppo magro! E allora divorò. Troppo grasso! E allora digiunò.
TROPPO GRASSO! TROPPO MAGRO! TROPPO GRASSO! TROPPO MAGRO! TROPPO GRASSO! TROPPO MAGRO! TROPPO GRASSO! TROPPO MAGRO!
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TROPPO GRASSO! TROPPO MAGRO! TROPPO GRASSO! TROPPO MAGRO!
TROPPO TROPPO TROPPO
MANGIA E DIGIUNA MANGIA E DIGIUNA MANGIA E DIGIUNA-
"Basta!"
Un rumore piatto e fragoroso spense ogni voce nella sua testa.
Alzò lo sguardo e vide il rossore di uno schiaffo sulla guancia.
Inspira. Ed espira.
Inspira. Ed espira.
Guardò di nuovo quel ragazzo allo specchio. Quel morto, sciupato e dagli occhi spenti e stanchi.
Che schifo.
Pensò solamente.
E si avviò verso il corridoio buio e poco illuminato.
O meglio, il corridoio di per sé non era mai illiminato di notte.
Ma c'era una porta aperta che lasciava una fonte di luce notevole.
C'era ancora qualcuno di sveglio a quest'ora?!
Effettivamente non poteva sapere che ore fossero. Magari non era neanche così tardi.
Si avvicinò per vedere meglio.
La stanza d'arte sembrava completamente deserta.
Forse si erano dimenticati di spegnere la luce uscendo?
Entrò nella stanza guardandosi attorno, incuriosito, sebbene l'avesse già vista un paio di volte negli ultimi giorni.
Si addentrò più affondo nella stanza, e vide una nuvola di ricci blu, con ciocche bionde, sbucare da un cavalletto.
“Aster?”
Non ricevette risposta. Così si avvicinò al ragazzo e ne capì velocemente il motivo.
Il pittore era con la testa appoggiata al quadro che russava beatamente.
Mohan fece un passo in più verso di lui e con una mano lo scosse gentilmente alla spalla.
“...Aster? Aster! Sve-!”
“Hm? Cosa? Che?”
il tedesco alzò la testa di scatto, guardandosi attorno confuso e spaesato.
Si girò verso Mohan e questo potè notare come la fronte dell'altro avesse una bella macchia gialla centrale che finiva anche su alcune ciocche blu.
Il ballerino si portò un pugno sulle labbra trattenendo a stenti una risata per il buffo stato del ragazzo.
“Mohan! Buon…. Giorno?”
Il tedesco si strofinò gli occhi belli vispi dal risveglio inaspettato.
“Cosa…”
“Aspetta, hai della vernice in faccia”
Prese il canovaccio al lato del cavalletto e andò al lavabo della stanza per inumidire una zona ancora pulita.
Nel mentre, invece, Aster guardava prima l'altro ancora intontito e poi il suo quadro.
“Ah. Ops.”
“Pfft-”
Mohan tornò indietro e porse il canovaccio ad Aster.
“Forse dovresti dare più retta a Monica e Kyara”
“Non ti ci mettere pure te, ti prego”
Il più basso grattò con il tessuto bagnato la fronte cercando di togliere tutto.
“E poi, volevo finire gli ultimi dettagli del dipinto, non avevo poi così tanto sonno”
Disse, e Mohan gli credette.
In quei giorni era stato lui stesso testimone di come Aster facesse fatica a mentire e odiasse in realtà farlo. Gli unici tentativi si erano verificati quando si parlava di caffè, ma quella cominciava ad essere una battaglia persa.
Il più alto si girò verso il quadro: era un cielo stellato surreale, visto dalla luna argentata.
In centro a tutto c'era in sole giallo, imponente, forte e che sfumava in arancione poi rosa e viola svanendo nel blu del cielo.
Era molto bello. Ti faceva quasi sentire il calore del vero sole, quello che non vedevano più da qualche giorno.
“È veramente bello… l'hai sognato di recente?”
Chiese sforzando un sorriso cordiale.
Aster guardò prima il ballerino e poi il dipinto.
“Più o meno, in realtà ho unito più dettagli di vecchi sogni che mi ero segnato nel taccuino, alcuni nemmeno me li ricordavo! Ma da quando siamo qui dentro faccio principalmente incubi… e non me la sentivo di disegnare quelli, insomma”
“ah capisco”
Aster riprese in mano la tavolozza e cercò di sistemare il centro del sole, dove era rimasto il segno della sua fronte.
“Rappresenta qualcosa in particolare?”
Vi fu un millisecondo in cui Aster si bloccò dal panico.
Sia chiaro, voleva spiegare il significato.
Il significato del sole, delle stelle, della luna… di ogni dettaglio. Ma la presenza di colui che era alla base della sua ispirazione gli aveva paralizzato la lingua e fatto sobbalzare il cuore.
Mohan.
Il suo sole.
Il sole che guardava da lontano perché troppo abbagliante.
Il sole di cui aveva troppa paura per dipingerne i tratti armoniosi a memoria, di bruciare la tela con quel calore che egli trasmetteva.
“Se è troppo personale puoi anche non dirlo, non preoccuparti. Era solo per fare conversazione…”
“No no! È solo che, è divertente che tu me l'abbia chiesto… perché…”
Prese tutto il coraggio che aveva in petto.
“Perché il sole dovresti essere tu…”
Mohan sgranò gli occhi.
Non sapeva come comportarsi a questa affermazione così cruda, così senza filtri.
Non sapeva come sentirsi né come rispondere.
Una parte molto nascosta di sé, in realtà, una proposta ce l'aveva, ma una domanda ironica su chi fosse il pusher dell'amico sarebbe stata decisamente insensibile.
“Oh… io il sole?”
Guardò meglio quel giallo accecante e vivo sulla tela.
Mohan, il sole.
Nulla di più lontano dalla verità.
“Beh ecco, è più la sensazione che dai quando interagisci con gli altri! Sei sempre così sorridente, e gentile e, sì insomma, solare! Mi faceva stare meglio…”
Aster si fece ancora più piccolo di quello che già era, stringendo la testa fra le spalle imbarazzato e rosso come un pomodoro maturo. Riusciva a percepire il disagio in cui aveva messo l'altro con estrema facilità.
Era più che tangibile, ma doveva in qualche modo spiegargli meglio la situazione, no?
Doveva essere onesto.
Il cosiddetto sole sorrise.
“Se la metti così mi sento onorato, anche se non mi paragonerei mai ad un sole, è un titolo un po’ troppo grande…”
Si voltò a guardare l'artista massaggiandosi il collo imbarazzato.
Non sapeva mai come doveva comportarsi con lui, in realtà. Insomma, ovviamente doveva essere una brava persona, comportarsi in maniera gentile ed educata come con tutti gli altri.
Eppure…
Da quando Camille aveva dimostrato interesse per un possibile rapporto romantico fra i due, Mohan si sentiva a disagio. Certo, l'aveva perdonata. È ciò che è tipico di Mohan, del resto: perdonare sempre tutti. Anche chi forza su di te eventi strani per far nascere dei sentimenti verso qualcun altro. Anche chi ti imprigiona in un killing game. Anche chi è palesemente un assassino e vuole convincerti fino all'ultimo di salvargli il cul-
Il punto era che ora non sapeva cosa avrebbe dovuto fare.
Se fosse stato troppo gentile (quel troppo lo stava cominciando a stancare), l'altro l'avrebbe colto come un provarci con lui? E sarebbe stato un bene o un male?
Mohan non era cieco.
Vedeva che Aster arrossiva ogni volta che lo complimentava troppo.
Ma come poteva decifrare se fosse per un effettivo interesse verso di lui? Poteva anche solo vergognarsi perché non abituato o perché molto riservato.
Ma anche se fosse stata una vera cotta, quanto poteva valere?
Lo conosceva solo da una manciata di giorni.
Ma anche se si conoscessero da mesi, anni, non sarebbe cambiato nulla.
Quel sole che lo scaldava, non era Mohan. Non quello vero, per lo meno. Era un Mohan perfettamente architettato e impacchettato per piacere a tutti, per essere perfetto.
Non era un sole.
Era una qualsiasi altra stella nel dipinto.
Una luce lontana, ma che non ha sorgente di alcun tipo.
“Quindi mi stai usando come musa ispiratrice?”
Continuò a chiedere sorridente, a prescindere dai suoi pensieri.
“più o meno, sì. Ma se ti dà fastidio non c'è problema! Tanto non-”
“No, no affatto. È una delle cose più gentili che mi abbiano mai detto”
Si avvicinò al quadro, guardando meglio le sfumature di colore e le pennellate delicate e attente.
Un sole che non lo rappresentava affatto.
Ma era quello che Aster voleva ammirare, il Mohan che tutti amavano.
Allora avrebbe continuato a dargli quel calore e quella luce falsa.
Abbassò lo sguardo, verso la parte bassa del dipinto, dove si vedeva un pezzo della luna.
Candida, ma ombreggiata per non risaltare troppo.
“Tu invece? saresti la luna?”
“Circa, dallo schizzo che avevo io ero sulla luna a guardare le stelle intorno a me che volteggiavano in una musica tutta loro. Quindi la luna non è esattamente un'altra persona”
Aster prese dalla tasca la metà dello sketchbook ancora in suo possesso e mostrò al più alto i vari schizzi di prova del disegno finale.
“Capito. Fai davvero molti sogni con le stelle”
“È un argomento che mi ha sempre affascinato… evidentemente per il mio subconscio le stelle sono per forza qualcosa di bello e benevolo”
“ è davvero adorabile”
Aster sentì il cuore farsi più forte in petto.
“Te invece? Che sogni di solito?”
Il sorriso di Mohan si perse per un microsecondo che Aster non notò, troppo preso dai suoi sentimenti.
Gli incubi che Mohan stava avendo in quei giorni erano a dir poco aberranti.
Pezzi umani che cadevano dal cielo.
Camille Stephane che lo trascinava nell'acqua elettrificata.
Sogni che non poteva di certo raccontare ad Aster
“Oh, in realtà non ricordo mai nulla di quello che sogno…. Forse dovrei segnarli anch'io da qualche parte, giusto per curiosità”
Aster sorrise, aprì bocca per parlare, ma venne interrotto da una voce che riconobbe subito.
“MA CHE CI FATE ANCORA SVEGLI?! È TARDISSIMO”
“Oh no-”
Noa era sull'uscio della porta, che li guardava imbestialita.
Corse verso di loro e si mise con le mani sui fianchi dietro la sedia di Aster.
“Allora?! Sentiamo un po' cosa avete da dire a vostra discolpa”
Aster fece per girarsi e indicare il quadro.
“NON CI PROVARE NEANCHE!”
Si mise con la schiena dritta a guardare la triatleta come se fosse un comandante militare.
“Ma mi mancava così poc-”
“Non mi interessa! Devi dormire in maniera regolare! Se muori perché dormi troppo poco ti uccido! Intesi?”
“Si Noa..”
Aster guardò in basso colpevole.
“E tu invece?”
Si voltò verso l'indiano che si indicò con un dito spaventato.
“Che-?”
“Perché sei ancora in giro di notte?”
“Io…”
Iniziò a guardarsi intorno cercando di pensare ad una buona giustificazione, ma subito Noa gli schioccò le dita di fronte
“Hey! Guardami. Dammi subito una giustificazione. E deve essere la verità”
Mohan si chiese se fosse una cosa dei tedeschi desiderare la verità più assoluta.
“Ero… in bagno.”
“In bagno?”
“In bagno”
Noa lo scrutò più attentamente finché non notarono un suono improvviso provenire dall'altro lato della stanza.
Si voltarono e guardarono oltre il cavalletto.
La sedia del computer era per terra, ma lì attorno non notarono anima viva.
Almeno finché non si voltarono verso il muro opposto a quello d'entrata, dove una figura si muoveva dietro il green screen della stanza.
“Cosa ca-”
Noa camminò decisa verso la zona in movimento, ma quando alzò il telo con un braccio vide solo una porticina aperta.
Ci volle poco tempo per capire che fosse quella accessibile solo ai bidelli.
“EHI!”
Nessuna risposta.
Aster invece era andato a guardare con più attenzione il computer usato dalle compagne.
Chiunque fosse e qualunque fosse il motivo, l'aveva utilizzato senza spegnerlo.
Gli ci volle un po' per notarlo, ma guardando meglio il desktop, notò la mancanza di una cartella in particolare che aveva sempre visto sul desktop.
“Il video di Kyara! Qualcuno l'ha rubato!”
“Perché qualcuno dovrebbe rubarlo?
Chiese preoccupato Mohan.
“Poco importa, prima lo fermiamo e poi lo interroghiamo”
Noa fece per entrare nel condotto segreto.
Aster fece dei passi decisi avvicinano
“Veniamo anche noi-”
“No! È troppo rischioso e Jerry è già sclerato di suo. Andate a bloccare l'altro lato del passaggio! Veloci!”
Non se lo fecero ripetere due volte, e corsero verso le scale, ancora confusi dal fatto.
Corsero a tutta velocità giù dalle scale, e fu a questo punto che Mohan si sentì punito dal suo stesso corpo per la sua scarsa nutrizione.
Cadde in ginocchio, fra uno scalino e l'altro, faticando a vedere, e non solo per il buio.
Aster si fermò di scatto.
“Mohan?! Stai bene?”
“Sì sto bene! Vai pure avanti, ti raggiungo dopo!”
“Sicuro? Se c'è-”
“Sì Aster! Sono sicuro, ora lasciami stare e corri”
Aster si spaventò sentendo l'acidità con cui Mohan aveva risposto.
Era così insolito da parte sua.
Ma non si lasciò bloccare da ciò.
“Va bene! Ma se hai bisogno lancia un urlo, va bene?”
“Va bene, ora per favore vai!”
E Aster corse.
Arrivò nel buio totale dell'atrio.
Rallentò il passo già stanco morto per la corsa e si guardava intorno cercando di orientarsi.
Il buio era talmente profondo che a malapena riusciva a capire se stava sbattendo o meno le palpebre.
Si sentiva disorientato.
Sentiva solo il suo respiro affannato e il cuore battergli all'impazzata.
Vagò senza meta per un paio di secondi, finché non si sentì prendere al collo da una mano fredda e dura.
Fu un movimento brusco, veloce, violento.
Non ebbe nemmeno il tempo di urlare che subito sentì un tonfo e un dolore forte alla testa.
Questa mano lo fece sbattere ad un muro di cui non si era ancora nemmeno accorto dell'esistenza e lo teneva appeso con forza.
Per l'agitazione, la botta, l'emozione e generali problemi con l'inglese, Aster ebbe problemi a comprendere cosa stesse dicendo la voce dello stesso proprietario della mano.
“WHERE DID YOU PUT IT? GIVE IT BACK YOU DOBBER HEAD!”
“Ch-Che-”
Non riusciva a respirare.
Annaspava senza ottenere nulla.
“I KNOW YOU HAVE IT YOU NYAFF! GIVE IT BACK OR I'LL KILL YOU WITH THE FUCKING LASER!”
l'accento era estremamente marcato, ma non riusciva a capire cosa fosse.
Non respirava più.
Non capiva se gli occhi si stavano chiudendo o no.
Sentiva solo la vita abbandonarlo.
“Aiu…. To…”
Era davvero finita?
Era davvero lui la prossima vittima di quel gioco maligno?
Aster Sirius Morgenstern sarebbe morto così, prima ancora di raggiungere la maggiore età.
Prima ancora di essere uscito di lì con tutti gli altri.
Prima ancora di finire il-
Vide una luce.
E la mano lo lasciò cadere e afflosciarsi per terra.
Respirò con grande nostalgia di questa capacità innata.
Sembrava voler rubare tutto l'ossigeno della stanza e tenerselo per sé.
“CHE DIAMINE SUCCEDE QUI?”
Sentì le voci preoccupate dei suoi compagni.
Il fascio di luce che lo stava illuminando fiocamente doveva essere una torcia.
Alzò lo sguardo e vide un ragazzo più alto di lui, dai capelli rossi naturali che lo fissava con uno sguardo folle nel suo unico occhio.
“... Jack?”
“Angioletti, potreste spiegarci cosa sta succedendo qui? Sono sicura che non è come sem-”
“NON VI AVVICINATE”
Diede un calcio in pieno petto al ragazzo terrorizzato.
Lo spinse indietro senza che Aster fosse capace di opporre resistenza.
Eccetto quando vide il volto indemoniato del comico illuminarsi di rosso.
I laser.
Aster trovò improvvisamente una forza nel collo e nella schiena mai avute che lo fecero allontanare giusto in tempo dal baratro.
“MA CHE TI PRENDE?”
“NON FARE IL FINTO TONTO, TALPA DI MERDA”
Talpa?
“Cosa-”
“Avrai ingannato tutti quanti! Ma io…”
Una risata sclerata uscì da jack mentre tirava fuori dalla tasca un telecomando dal bottone rosso.
“...non mi farò mettere i piedi in testa da uno svitato, traditore come te”
Premette il pulsante.
Più e più volte.
Ma vedendo che nulla sembrò accadere lo lanciò via.
Lanciò un'imprecazione in scozzese e diede un calcio sul naso ad Aster, che riuscì quasi sentire il calore bollente dei laser.
Si salvò nuovamente all'ultimo, ma stavolta non era merito suo.
Vide Noa per terra davanti a lui, i capelli legati dietro sciolti e delle ciocche ancora in fiamme.
“Si può sapere che cazzo c'hai nel cervello?”
“NO NO NO”
Jack fece un passo avanti ma delle braccia lo placarono da dietro.
Iniziò a dimenarsi come un animale in gabbia.
“Ahia! Ahia! E stai fermo! Se meni pure me passi per transfobico E misogino”
Commentò Enid mentre teneva stretto il rosso.
“LASCIATEMI! LASCIATEMI! NON AVETE IDEA DI COSA STATE FACENDO! SONO L'UNICO QUI DENTRO CHE VI PUÒ SALVARE”
“SE SENTO ANCHE SOLO UN ALTRO URLO CHE NON È DI AGONIA VI BRUCIO TUTTI QUANTI”
la luce si accese, e dal corridoio che conduce alla cucina e alla mensa, uscì un robot con delle ruote da carro armato al posto delle gambe e che emetteva cigolii furiosi.
“Cos'è tutto questo trambusto alle 2 di mattina?!”
Tra un ultimate e l'altro si fecero strada anche Jerry e Otto.
Noa ed Aster si alzarono in piedi a fatica, ma integri.
Berto fiutò l'aria.
“Oh, evidentemente qui qualcuno vuole anche rubarmi l'unica parte bella del mio lavoro!”
Le ruote girarono velocemente e fece un giro di ricognizione attorno ai due tedeschi e lo scozzese ancora immobilizzato da Enid. Vide che i primi avevano l'uniforme bruciacchiata, specie nella zona del colletto.
“Oooohhhh…. Qualcuno qui ha commesso un’effrazione alla regola numero 30”
“Bevto ma quello non si usa solo pev gli scassi?”
“Sei te l'unico che sta scassando qui! E poi tu non sapresti nemmeno pronunciare quello che ho appena detto!”
Otto iniziò a balbettare vari rumori elettronici che avrebbero dovuto assomigliare a:
“Ha commesso un’efffv- effffvvv-...alla vegola numevo tv- oh…”
E un mugugno concluse quel tentativo fallimentare.
“Ecco appunto… aspe- INFRAZIONE? CHI È CHE NON RISPETTA NUOVAMENTE LE MIE REGOLE??”
Urlò Jerry distruggendo definitivamente le orecchie dei pochi ultimates ancora non facevano male da tutte quelle urla.
“È stato Jack.”
Disse Aster, non tanto per fare del male a Jack, ma perché è effettivamente la verità.
“Ha anche utilizzato i passaggi segreti”
Aggiunse Noa, invece, con entrambe le motivazioni.
I tre robot si guardarono e due di loro presero Jack a forza trascinandolo chissà dove.
“Jack Johnson, siccome continui a infrangere le regole, dovremo metterti in cella di isolamento”
“COSA? NO! NON POTETE FARMI QUESTO!”
Cominciò a scalciare e dimenarsi.
“NON RIVELERÒ MAI PERCHÉ INDOSSO LA BENDA ALL'OCCHIOOOO”
Noa si girò verso verso Otto, unico robot rimasto momentaneamente a loro disposizione.
“Ma scusa: a Kyara perché ha usato un fiocco sull'uniforme, avete appiccicato un incendio su di lei, l'altro tizio l'avete direttamente ucciso, perché abbiamo fatto casino avete messo tre di noi a lavare i piatti… con quale criterio le scegliete le punuzioni?!”
“In vealtà nemmeno io so che accade nella cella di isolamento. È nel tevvitovio di Bevto, quindi so che non savà nulla di tvoppo cavino. Pevò il lanciafiamme è scavico! Quindi dovvebbe sopvavviveve!.... Almeno cvedo-”
Il robottino si portò un dito a quella che doveva essere la bocca in maniera pensierosa.
Sbatté un attimo gli occhi, o almeno, la luce proiettata dei suoi occhi imitò quel movimento.
“Comunque! Voi non pveoccupatevi! Tovnate puve a letto, se avete bisogno di qualsiasi cosa, io sono a vostva totale disposizione!”
Nessuno fiatò.
Andarono ognuno nella propria camera, ancora confusi da ciò che era successo.
Da cosa stesse blaterando Jack.
Da cosa fosse la cella di isolamento.
Da tutto.
Si chiusero in camera aspettando di addormentarsi o di aprire gli occhi ed essere tornati a casa, alla normalità.
C'era buio.
E silenzio.
Stavolta però non si orientava nella fioca luce arancione del primo piano, ma nel corridoio dei dormitori, alla ricerca dellx sux fidatx compagnx di delitto.
Guardò i vari quadri, cercando di capire quale fosse quello della sua stanza.
In teoria poteva intuire dall'ultimate, no? Però non sempre: quello di Salvatore, per esempio, mostrava un mare di sangue. Ma mica lui era l’Ultimate Marinaio!
O Ultimate parabola della Bibbia-
Vabbè. O la va o la spacca.
Bussò alla porta, o meglio al quadro, e aspettò di ricevere risposta.
La porta, il quadro, si aprì ed eccola lì.
La persona a cui stava donando tutta la sua fiducia per un piano folle.
“che vuoi?”
“Non riesco a dormire… posso stare nel lettone con te?”
Anche se bisbigliando, imitò la voce di un bambino fastidioso beccandosi solo un'occhiata da parte dell'altrx.
“Ho delle domande”
“Fai in fretta.”
Entrò attraverso il quadro.
La stanza, come tutte le altre, era illuminata dalla proiezione di stelle e galassie.
Il modo in cui illuminavano la stanza, i capelli, e gli occhi dell'altrx era decisamente mozzafiato.
“Vuoi chiedermi di Jack, vero?”
“Bingo”
Sospirò e si sedette nel letto a gambe incrociate.
“Ignoralo, sta iniziando a delirare da solo. Forse gli fa bene un po' di isolamento, qualsiasi cosa significhi qui dentro”
“Strano che tu non lo sappia”
“Perché?”
“Sembri sapere molte cose di questo posto, delle sue regole, dei robot… o come li chiami tu, mono”
“ti ho già spiegato perché.”
“Nonono, tu mi hai spiegato che la OPSU ti ha mandatx qui, ma non perché hai informazioni così tanto settorializzate”
Mise le mani dietro la schiena e fece dei passi avanti fissando l'altrx
“Che patti ci sono fra l'organizzazione e questo killing game, talpa?”
“Non so di cosa tu stia parlan-”
“Davvero?”
Si guardarono negli occhi.
La talpa prese un respiro profondo e sollevò i capelli alla tempia.
Un bulbo nero e lucido, grande come un chicco di riso, luccicava sul suo cranio.
“Perché ci sia un killing game, servono ispettori esterni che combattono per creare malus o bonus nel gioco. Per questo sono costretta alle regole del gioco, ma anche dei mono. Questo è il senso della talpa: cercare di aiutare il proprio “team” per il risultato sperato del killing game. Soddisfattx?”
“Quanto sono collegate le talpe ai robot?”
Silenzio.
“Se uccidi una talpa c'è una buona possibilità che anche i robot muoiano”
Questa era un'ottima notizia!
Perché non gliela aveva detta prima?
Il suo sorriso fu palesato subito.
“Non volevo nasconderti delle verità, è che non sono sicura di quanto posso dire prima di incappare in un-”
Un rumore elettrico, di scossa, la zittì.
La talpa dovette tenersi entrambe le tempie doloranti.
“Primo strike.”
Disse sofferente e con il respiro pesante.
Non si era nemmeno accorta di star cadendo per terra.
O di essere stata raccolta al volo dall'aiutante fidatx in un abbraccio.
“Hai preso il video almeno?”
“Ovvio! Anche se non ho capito bene a cosa serve”
Frugò nelle tasche e tirò fuori una chiavetta nera che passò subito nella tasca della talpa.
“Lo saprai a tempi debito. Grazie mille.”
“Di nulla.”
Insieme, si sarebbero fidati l'unx dell'altra.
Insieme, avrebbero completato una missione spericolata.
Insieme, avrebbero ballato un valzer pronti a cadere perché sarebbero sempre stati raccolti in tempo dall'altro.
Insieme, sapevano che quella fiducia era solo momentanea.
Angolo autrice
YOOOO! SPERO DI ESSERE RIUSCITA A CONSEGNARE QUESTL CAPITOLO PRIMA DELLE 15 SO SCUSATE SE STA PARTE È CORTISSIMA E NON CHIEDO NULLA, BUT SONO IN UNA GARA CONTRO IL TEMPO. (Liza ringraziami./j)
NIENTE SPERO SIA PIACIUTO DITEMI TUTTI I VOSTRI PARERI SCUSATE PER ALTERAZIONI EVENTUALI DI PERSONAGGI E BYEEEE
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