▀▄▀▄▀𝕭𝖆𝖈𝖎𝖔 𝖉𝖎 𝕲𝖎𝖚𝖉𝖆 (𝟑/𝟓)▀▄▀▄▀
Ho sempre avuto un grande amore per l'avventura.
Per il rischio.
Per quel brivido sulla schiena che senti quando l'adrenalina è a mille.
L'ho sempre avuto.
È innato.
Scoprire quindi che quell'amore fosse un’eredità, un qualcosa in comune fra me e i miei genitori…. Beh col senno di poi non fa una piega.
Ma all'epoca, quando l'ho scoperto,ero un bambino, ero orfano.
Non li avevo mai conosciuti e li conobbi solo grazie al loro diario.
Mia sorella me l'aveva mostrato e regalato.
Era l'ennesima volta in cui mi ero cacciato nei guai.
Sperava che questo mi tenesse buono e tranquillo.
Ma come puoi stare tranquillo quando senti di avere i segreti del mondo nelle tue mani, quando senti che ti manca pochissimo per poterli avere per te.
Questione di un pezzo al puzzle.
Di un'ultima soluzione.
Della chiave giusta per la serratura.
pieno di scoperte e misteri.
C'era una ricerca, che non avevano completato.
La ricerca della città di El Dorado.
Come rifiutare una sfida del genere?
Specie quando gli indizi ricattati dai miei erano così vicini alla soluzione!
Povera Ambra, lei voleva solo riuscire a crescermi in tranquillità.
Ma il richiamo dell'avventura era un canto delle sirene troppo forte.
E dopo El Dorado un'avventura tirava l'altra! Non riuscivo a smettere di esplorare e indagare e cercare!
Mi faceva sentire così vivo!
Non mi importava del compenso, di quanti soldi avrei ottenuto vendendo tutte quelle pietre preziose o reliquie storiche.
Era già stupendo riuscire a sopravvivere a mille trappole, ritrovarsi davanti a uno scrigno e rifarsi gli occhi con le meraviglie più segrete di questa terra!
A calcolare i soldi ci pensava spesso un'altra persona, che veniva sempre con lui.
A quella persona i soldi importavano molto più dell'avventura, dei ricordi ottenuti assieme.
Del loro rapporto.
Della sua fiducia.
Beh, le amicizie vanno e vengono, è la vita!
Perdi alcuni tesori e ne trovi di altri.
E Luis Catalan, l’Ultimate Treasure Hunter, trova sempre i tesori migliori, i più rari, i più inafferrabili.
E quindi una domanda sorge spontanea, ora come ora.
Luis alzò lo sguardo dalla sua colazione guardando il diamante più luccicante che avesse mai incontrato.
Un diamante che brillava come l'acqua cristallina del mare.
Un diamante che non lo considerava neanche.
Sarebbe riuscito a conquistare Noa Mariam Salleh Vonnegut?
“Signovino Catalán??”
Ad attirare l'attenzione del rosso fu la ben riconoscibile voce del robottino dal naso azzurro, Otto, che lo fissava con la testa inclinata al massimo verso l'alto.
Notò subito che teneva fra le mani un vassoio pieno di tazze da colazione usate.
“Può cominciave ad alzavsi e andave con i suoi compagni pev iniziave un'altva fantastica giovnata!”
Ad essere onesti?
Quel robot gli stava decisamente antipatico.
Non quanto Enid sembrava covare odio e terrore verso di loro.
Ma comunque, chiunque avesse progettato quei tre robot aveva decisamente deciso di rendere Otto quello più sadico.
Come lo spieghi altrimenti il suo ottimismo e il suo comportarsi in maniera amichevole?
Specie quando era uno dei tre robot che li tenevano prigionieri lì dentro.
Per quanto solo Berto mostrasse sempre un interesse nel vederli tutti morti, anche Jerry aveva dimostrato di poter essere pericoloso e spietato.
E Otto? Seriamente era l'unico dei tre a non essere pericoloso? Impossibile, tutte le trappole si dimostrano sempre innocue.
La sottospecie di schermo dell'occhio azzurro mostrò una sorta di animazione che simulava lo sbattere le palpebre, infine inclinò la testa di lato.
“Signovino? Si può alzave! La aspetta un'altva fantastica giovnata”
“Va bene, va bene, non serve mettere fretta coso-robot”
“Bidello-vobot!”
“Amico, se non lo sai dire bene te stesso, perché dovrei farlo io?”
Il robottino emise un rumore acuto triste, simile a un mugulio, che fece ridacchiare Luis.
“Quando hai finito di giocare col robot dovremmo fare una riunione, se ti interessa”
Noa lo guardava con quei suoi occhi azzurri così glaciali e sprezzanti.
I capelli erano stati sciolti e tagliati per eliminare le punte carbonizzate dai fatti della sera precedente.
Ora avevano la forma di una sorta di caschetto, ogni ciocca un'onda scura del mare in tempesta. Fra i ciuffi davanti a incorniciarle il viso e il resto dei capelli, proprio in mezzo, nella zona delle orecchie, vi erano ora le ciocche azzurre e cristalline. Nascoste, dietro le orecchie e coperte dalle onde lisce e scure di un mare notturno che non voleva venire esplorato.
Come faceva ad essere così bella anche con quelle sopracciglia corrugate nell'intento di rimproverarlo?
“Non lo so, a te interessa una serata a lume di candela?”
“Sbrigati e basta.”
E girò i tacchi senza degnarlo nemmeno di uno sguardo, uscendo dalla mensa.
Luis sospirò.
Poggiò la tazza sul vassoio e si alzò per stiracchiarsi.
Era divertente, in parte, come ella rendesse una sfida ottenere il suo cuore.
Ma egli non riusciva proprio a capire cosa doveva fare per conquistarla, per risolvere il rompicapo che lo portava al tesoro.
Però non si sarebbe arreso.
No, sapeva cosa fare.
Quando si esplora un tempio di civiltà lontane, si chiede sempre ad un esperto, no?
E lui aveva un esperto che non avrebbe di sicuro rifiutato di aiutarlo in quella sfida.
Si avvicinò ad una certa ragazza dai capelli rosa e le mise una spalla.
“Hola, Camille!”
L'altra si girò squadrandolo confusa.
“Hm?”
Il rosso si guardò attorno per assicurarsi che gli altri se ne fossero già andati in libreria.
In quella stanza erano solo lui, la matchmaker e la sua aiutante Csilla. Oltre che i robot occupati con le pulizie.
Ottimo.
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Tutti erano nuovamente nella libreria, luogo che Camille aveva reclamato come “suo regno”, però non sembrava lamentarsi questa volta.
No, invece di avere il solito broncio offeso, la ragazza sembrava proprio ridersela sotto i baffi.
Aveva la schiena completamente appoggiata allo schienale della poltrona, le braccia conserte e un sorriso per nulla confortante.
Specialmente per Aster e Mohan: anche se ella aveva promesso di non agire più come “Divina Provvidenza dell’Amore” verso di loro, metteva lo stesso un certo timore a vederla.
Per fortuna, o purtroppo, a dir si voglia, i due avevano ben altri problemi a cui pensare.
Alcuni di questi erano condivisi con il resto degli ultimates in quella stanza:le scoperte del gruppo di spedizione.
Questa volta a parlare dell'argomento non furono i più energici lì dentro, coloro che avevano convinto tutti a partecipare al piano.
Questo perché essendo quelle ridotte peggio dalla missione erano state costrette a rimanere sedute contro il loro volere, ma convinte perché unx non voleva toccare l'argomento Jerry e l'altra tendeva ad allungare troppo il brodo.
Così ora Enid era sedutx con la gamba che tremava di energia, mentre Nicole si guardava la mano bendata, incapace di capire se non riuscisse a muoverla per le bende troppo strette o per la ferita in sé.
A presentare quindi le scoperte sarebbero stati Luis e Noa.
“Quindi… cosa c'era dietro la porta?”
Chiese Kyara con un sorriso, nel tentativo di partire da un argomento, in cuor suo, più positivo.
Gli unici due in piedi si guardarono, e il più alto prese a parlare.
“A quanto pare, un secondo piano della scuola”
Il cacciatore di tesori fece dei passi avanti e iniziò a descrivere il piano: privo di stanze se non per quella del computer.
Monica chiese subito a Csilla di passarle una penna per disegnare la piantina per capirsi meglio.
Kyara notò però che oltre alla penna Csilla aveva messo in mezzo alla grafica e alla cantautrice un foglietto arrotolando.
Bisbigliò qualcosa in italiano che non distinse molto bene.
Forse era qualcosa simile a “leggete entrambe in segreto”.
Non ne era sicura, però la ballerina ungherese aveva veramente un'ottima pronuncia anche in quella lingua, oltre che in inglese. Le avrebbe fatto i complimenti più tardi.
“Quella stanza sembrerebbe essere una stanza privata dei robot, dove possono ricaricarsi e dove tengono tutti i prodotti per la pulizia, insomma cose noiose che non ci importano... La parte veramente interessante era il computer fisso alla fine della stanza. E ovviamente quello che c'era dentro”
Lo spagnolo per metà appoggiò il braccio sulla spalla di Noa, mentre continuava a gesticolare spiegando la cosa.
Cosa che non durò molto perché venne poi scosso via da questa.
“La prima cosa che abbiamo scoperto è un'incongruenza con il computer nell'aula d'arte: la data era 19 settembre 2025. Un anno dopo rispetto a quello in cui siamo attualmente.”
Noa prese parola, cosa che sembrò impaurire leggermente le due italiane che subito nascosero il fogliettino, e Csilla che mise le mani dietro la schiena guardando la triatleta da in piedi e sorridendo e annuendo.
“aspe- siete sicuri? perché i bidelli-robot dovrebbero avere un computer con la data sbagliata?”
Chiese Kyara abbastanza confusa.
Era parecchio sicura che quello fosse l'anno 2024. Almeno, quello era l'anno segnato sul computer che usava con Monica.
Quello era l'anno in cui erano entrati nella LITAUE. L'anno in cui era stato fatto quel discorso dal preside, quel ricordo sempre più offuscato dal tempo.
Più o meno era passata una settimana da quando tutto quello era cominciato, del resto.
“Forse quello che ci dovremmo chiedere è… qual è il computer che ha torto?”
Mentre Luis si divertiva a fare le pause drammatiche, Csilla ora era andata da Enid e Nicole e aveva lasciato anche a loro un altro bigliettino segreto.
E stavolta anche Noa sembrava essersi incuriosita ai gesti sospetti di Csilla, ma venne distratta da una tosse violentissima di una certa francese, che attirò l'attenzione di tutti quanti.
“Oh, pardon… credo mi sia andata di traverso la saliva”
Disse portandosi una mano alla bocca.
Con la coda dell'occhio Kyara poté vedere che con questa scenata, Csilla era riuscita a dare il biglietto anche al secondo duo prima che Noa potesse vederla.
Cosa diamine stavano tramando la ballerina e la matchmaker stavolta?
“Dicevamo..”
Luis riprese la parola.
“E se il computer dei robot fosse quello con la data corretta? Insomma, è evidente che questo posto abbia avuto delle modifiche alla struttura. Il più ovvio di tutti: l'assenza di un ingresso principale. Questo significherebbe che è da un anno che preparano questo Killing game”
Questa notizia lasciò sconvolti molti dei presenti.
Quell'ipotesi non poteva essere corretta!
Era un ragionamento assurdo.
Sarebbe significato che avevano perso un intero anno delle loro preziose vite.
Non aveva senso!
"Ma perché dovrebbero mentirci sulla data? E- e questo significherebbe che è passato un anno?! Come possiamo aver dimenticato un anno della nostra vita?"
Kyara pose i suoi quesiti e Luis rispose con sicurezza e divertimento, come se fosse la soluzione ad un indovinello e non un dubbio esistenziale.
"Per confondere la nostra percezione del tempo, d'altronde non ci sono orologi qui dentro, no? Quei cosi possono fare tutte le scenette del mondo, ma sono sicuro che non era affatto una svista"
“Puoi spiegare con più calma? Non credo di star seguendo il ragionamento, chiedo scusa”
Mohan era seduto per terra con le gambe incrociate le mani sulle caviglie.
Sembrava parecchio più pallido e stanco del solito.
Gli avevano chiesto se preferiva starsene a letto e ricevere il riassunto nel pomeriggio, ma lui insisteva che stava benissimo e che non era nulla di grave.
E infatti era lì, segretamente appoggiato al divanetto e il terreno.
Almeno non doveva forzare un sorriso, dato che probabilmente non sarebbe stato esattamente coerente con gli argomenti trattati.
“Oh già, questo non è il primo killing game esistente al mondo. Abbiamo trovato centinaia di pdf di giornali che parlavano di killing game sventati. A quanto sembra in Giappone molti Ultimate finiscono per essere rapiti e portati a fare questi giochi. Mi tratterrò dal descrivere lo stato in cui ne uscivano, posso solo dire che questi robot stanno decisamente andando piano con noi”
Il quartetto dell'esplorazione ce le aveva ben impresse nella mente.
Le immagini nei giornali erano veramente forti, era quasi assurdo che potesse accadere qualcosa del genere. Specialmente con così tanti casi.
“Scusami Luis, ma fatico veramente a crederci…”
Debora si teneva la mano sulle labbra con uno sguardo veramente addolorato.
Pensare a tutti quei poveri angioletti costretti ad uccidersi a vicenda. Era già difficile accettare quello che era successo a Camille Stephane e a Salvatore.
Come poteva essere un qualcosa di successo dozzine di volte?
“Perché qualcuno dovrebbe volere tutto questo? Chi potrebbe ideare qualcosa di questa portata?”
A risponderle però con tono tutt'altro che consolatorio fu Noa, mentre guardava con interesse il soffitto liscio e nero
“È chiaro che purtroppo è reale. Non possiamo fare altro che accettarlo e smettere di girarci attorno. Ok?”
diede un'occhiata veloce a Csilla, che nel frattempo era riuscita a dare un bigliettino anche a Kyara, bisbigliando anche a lei di leggerlo solo quando Noa era distratta.
Ovviamente però quando Noa la guardò fecero finta di nulla.
Questa quindi si girò e riprese a parlare.
“Ma il motivo per cui questi killing game esistano non è chiaro nemmeno a noi.”
“Che fregatura!”
Esclamò con un tono bizzarro Camille, costringendo Noa a girarsi per guardarla male e confusa; permettendo, inoltre, a Kyara di leggere finalmente quel misterioso bigliettino.
Lo aprì velocemente e lesse il contenuto.
MESSAGGIO DA NASCONDERE A TUTTI I COSTI DA NOA.
SE STAI LEGGENDO QUESTO, DOPO LA RIUNIONE TROVA UN MODO PER RIENTRARE IN BIBLIOTECA DI NASCOSTO.
-Camille<3
Luis fece un passo di lato, mettendosi in mezzo alla visuale di Noa e dare più tempo a Kyara di leggere il tutto.
Che diamine aveva in mente Camille questa volta?!
Kyara cominciava a preoccuparsi, ma non potè rifletterci più di tanto.
Perché quando alzò lo sguardo Luis stava riprendendo il vero motivo di quella riunione.
“Quello che però sappiamo è che qualcuno a cui possiamo chiedere aiuto esiste! Le varie nazioni del mondo hanno fondato un'organizzazione chiamata OPSU specializzata nel localizzare gli ultimate superstiti e salvarli dal gioco. Fornendo anche tutte le cure per far sì che riprendano la loro vita sani e salvi.”
Finalmente una notizia positiva.
Finalmente un po' di speranza in tutta quella situazione.
“Quindi se li contattiamo verranno subito a salvarci!”
Kyara sorrise con gli occhi luminosi di entusiasmo, voltandosi guardando ognuno dei membri della spedizione
“Si….”
Disse con sorriso non molto convinto Enid, mentre Nicole ruotava a destra e a sinistra, lentamente, il braccio facendo un gesto che rendeva chiaro che non fosse così semplice.
Ma il colpo freddo e severo arrivò poco dopo.
“No. Mi dispiace. Il computer ha fatto scattare un allarme appena abbiamo provato a contattare la OPSU. Dubito che non partirà una seconda volta, e dubito sia minimamente sicuro tornarci una seconda volta.”
Noa sapeva di star frantumando le speranze di tutti dicendo quelle cose.
Ma non poteva nemmeno mentire su una questione del genere.
Se c'era una cosa che disprezzava in particolare erano le menzogne.
La verità cruda e nuda, per lei sarebbe sempre stata l'opzione migliore.
“Piuttosto”
A proposito di bugie.
O meglio, di cose non vere.
Si girò verso Camille che si mise subito sulla difensiva.
“Qu’est que? Che ho fatto?”
L'altra la guardò acida.
“Prossima volta che cerchi di spiegare cose, assicurati prima che le tue teorie siano corrette. Per colpa del tuo errore Nicole ci ha rimesso la mano. Ed Enid poteva addirittura morire.”
Noa puntò col braccio e il palmo aperto rivolto verso l'alto le due persone a cui si stava riferendo.
“E io che ne potevo sapere?!”
Camille alzò le braccia in aria come per enfatizzare il suo punto.
Per lei era scontato che quelle fossero solo ipotesi, basate su fatti, ma comunque ipotesi.
“Appunto, se non sai, non metterti a fare la gradassa sul come hai capito tutto dei robot!”
“A proposito di robot… voi avete notato comportamenti sospetti? Insomma, Jerry è entrato in quello “stato rosso” appena è scattato l'allarme! Non sarebbero dovuti diventare dei Terminators psicopatici pure Berto e Otto?”
A portare questo nuovo argomento in tavola fu la doppiatrice dalla mano ferita e bendata.
Le due litiganti si concentrarono sulla domanda dell'altra, risparmiando a tutti quanti dall'ennesima rissa fra le due.
Fu qui che Monica si permise di intromettersi e rispondere alla domanda.
“In realtà no, sono sembrati piuttosto normali: Otto ha aiutato Enea con le piante e Berto era in cucina tutto il tempo. Sempre se... beh, cosa intendi con “stato rosso”, esattamente?”
Nicole piegò il polso della mano buona come per rassicurare l'altra.
“Oh sai… quella sorta di stato di trance in cui parlano tutti e tre in coro, in maniera molto inquietante…. Jerry ci ha inseguito appena è scattato l'allarme e sembrava uno di quei mostri dei giochi horror! Davvero, raccapricciante. Poi parlava in un modo che era completamente diverso dal suo solito tono di voce, perché di solito è come se fosse in costante pericolo da come parla! Non so se sono l'unica che ci ha mai fatto caso, se volete vi faccio l'imitazione! Basta che- “
Monica sembrava ogni istante sempre più preoccupata. Come se ogni parola di Nicole la stesse annegando, la stesse seppellendo per il peso.
Per fortuna arrivò in suo soccorso Debora.
“Angioletto, ammiro le tue capacità comunicativa e polmonare, ma abbiamo bisogno che tu riassuma un pochettino…”
All'ultima parte avvicinò indice e pollice con una mano mentre l'altra era ben serrata in un pugno e nascosta fra le ginocchia.
Questo fu probabilmente il primo momento in cui Monica pensò che Debora meritasse di essere fatta santa, esplicitato solo da un segretissimo sospiro di solievo.
“Oh certo! Scusatemi! Comunque sì, mi riferivo allo stato notato da Camille ieri.
Però effettivamente aveva senso la teoria del “collegarsi”, però non può collegarsi da solo un robot… no? A cosa dovrebbe collegarsi, insomma?”
“Significherebbe che si collegano a qualcos'altro. Qualcosa che non è strettamente un altro robot”
Luis arrivò a questa conclusione con uno sguardo serissimo, eppure con un sorriso entusiasta fra le labbra mezze nascoste dalla mano, la quale messa sul mento per pensare meglio.
Quegli enigmi… quel mistero dietro i loro rapitori si faceva sempre più accattivante. Era sempre più incuriosito.
No, non era semplice curiosità.
Era sete di conoscenza e virtù. La conoscenza che lo spingeva sempre a risolvere nuovi misteri e la virtù di trovare nuovi tesori.
“Il computer magari...?”
Propose titubante Mohan, anche se con una sua logica.
Dopotutto era l'unico oggetto elettronico che sembrava connesso ai robot, assieme all’ologramma del processo, ma quello sembrava dipendere molto più dai robot che viceversa.
Nonostante ciò, la supposizione di Mohan non convinse molti dei presenti, che continuarono a rimuginare, ognuno per conto loro.
Eccetto Noa.
Questa stava fissando qualcosa in direzione di Mohan.
Con uno sguardo molto poco rassicurante.
Aveva detto qualcosa di così tanto sbagliato? Aveva qualcosa che non andava?
Si guardò attorno nella speranza che la vittima di quello sguardo fulmineo fosse un'altra.
E infatti era proprio Csilla, con un sorriso imbarazzato, la solita postura elegante che si ergeva dietro il divanetto, dove sedeva Aster e su cui si poggiava Mohan.
“Ma te perché continui a girare per la stanza scusa?”
“Non… trovavo una sedia”
Il sorriso si fece più agitato.
Noa rimase spaesata da questa affermazione.
O forse era solo sospettosa.
“Puoi sederti affianco a me, angioletto non è un problema!”
A proporle questa soluzione fu un completamente ignaro Franco, compagno di divanetto di Aster e della schiena di Mohan.
“Grazie infinite! Siete troppo gentile!”
“Di nulla cara!”
Csilla quindi si sedette con calma in mezzo al biondo e al ragazzo da capelli blu.
Con una postura impeccabile e il suo solito sorriso carino e gentile.
Non mosse un muscolo, finché Noa non venne distratta da Luis.
A questo punto Csilla cambiò velocemente posizione per bisbigliare qualcosa ad Aster all'orecchio, che quindi lesse il biglietto e lo passò a Mohan che fece lo stesso.
Kyara credeva di aver perso qualche anno di vita solo vedendo quella scena.
Povera Csilla, poteva solo sperare fosse riuscita nella sua missione furtiva e avesse consegnato tutti i bigliettini.
Allo stesso tempo, però, non poteva negare di essere alquanto divertita dalla missione. Di sicuro aveva alleggerito l'atmosfera dopo tutte quelle brutte notizie.
“Très Bien! Direi che per oggi possiamo concludere qui! Abbiamo molto da elaborare e riflet- refff- reffel- ugh, merde! Insomma, è tempo di congedarvi dal mio ufficio e riprendere ognuno i propri passatempi!”
Camille si portò le mani alla nuca e i gomiti in alto, sorridendo soddisfatta.
“A parte il fatto che questo non è il tuo ufficio, macla libreria”
La corresse infastidita Noa.
“Sisisi, blablabla. L'importante è che per adesso ci prendiamo tutti una pausa e ve ne andate da qui che io e Csilla dobbiamo lavorare”
Camille mosse freneticamente il polso per enfatizzare l'inutilità di quella correzione, portò poi il gesto, stavolta più secco e preciso, in faccia a Noa come ad incentivarla ad andarsene
“E dovreste lavorare a cosa?”
Noa si fece ancora più vicina, sempre più rabbiosa per il modo in cui la francese le stava rispondendo.
Questa storse il naso offesa e contrattaccò:
“Lavorare ad un modo per un modo per curare la tua alitosi”
Questo fu per l'atleta un colpo basso, che la portò a mettersi una mano davanti alla bocca imbarazzata.
Si riprese subito, spinta dalla voglia di vincere quella lite.
“Noa ti prego, andiamo”
Per fortuna della francese, Aster prese per il braccio la triatleta. Che decise di lasciare perdere, per questa volta, ma solo perché doveva ancora lavarsi bene i denti essendosi precipitata a fare quella riunione.
E così, quasi tutti uscirono dalla stanza.
Eccetto per Camille, Csilla e Kyara.
La prima tirò un rumorosissimo respiro di sollievo, accasciandosi alla poltrona.
“Ce l'abbiamo fatta! Ho perso dieci anni di vita, ma ce l'abbiamo fatta…. Ottimo lavoro Csilla!”
“Non c'è di che, ho fatto solo quello che mi avete chiesto voi”
Kyara si ritrovò in mezzo alle due abbastanza confusa e perplessa.
“Raga ma che state facendo? Ho bisogno di spiegazioni-”
Chiese con una mezza risatina dovuta all’assurdità della situazione: erano riuscite a organizzare una seconda riunione alle spalle di Noa. Ma cosa dovevano fare esattamente?
“Oh non preoccuparti, appena gli altri torneranno spiegherò tutto”
Alla fine con calma la librerie si riempì di nuovo, all'insaputa di Noa, Enea e Franco.
Anche all'insaputa di Jack, ancora tenuto chissà dove in una stanza di isolamento tra le grinfie di Berto.
“Grazie di essere venuti tutti qui in segreto. Apprezzo molto la vostra presenza.”
Camille ora era in piedi, con le mani incastrate l'una con l'altra mentre Csilla trascinava dietro di lei una lavagna bianca.
“Vi starete chiedendo perché vi ho chiesto di partecipare a questa riunione esclusiva… beh, il nostro prode Luis ha un problema di cuore”
Camille si portò una mano al petto con fierezza e indicò con l'altra il cacciatore di tesori seduto sulla poltrona in un modo tutt'altro che convenzionale.
Enid inspirò rumorosamente scioccata.
“OH NO STA INFARTANDO! PRESTO NICOLE, IL DEFIBRILLATORE!”
Enid e Nicole saltarono in piedi correndo verso l'uscita venendo fermati perché presi entrambi per l'uniforme dal rosso soggetto della riunione.
“... Problemi di cuore nel senso amore!”
Camille si massaggiava le sopracciglia con una mano, appoggiandone il gomito sull'altro braccio.
Lx due si guardarono.
“Oooooohh. Questo ha molto più senso”
“Quindi dobbiamo sederci di nuovo?”
Mentre Luis ridacchiava e Camille borbottava qualcosa in francese molto simile a “che branco di idioti”, Kyara diede una risposta affermativa silenziosa a quella domanda.
Camille prese un respiro, indossò un bel sorriso e ritornò a spiegare.
“Se non fosse ormai scontato, il nostro Luis è follemente innamorato di Noa, che però non vuole nemmeno considerare i suoi tentativi di conquistarla…”
Camille camminava avanti e indietro gesticolando in maniera molto teatrale facendo sembrare la situazione un dramma da teatro.
“È qui che entra in gioco il mio incredibile genio! Dopo che Luis è venuto a supplicare il mio aiuto in ginocchio ho ideato un piano geniale che farà sbocciare l'amore!"
“Non è andata cos-”
Luis provò a correggere la francese, che però lo zittì subito.
“Shhhh, è tutto marketing, lascia fare”
A questo punto Csilla girò la lavagna mostrando una serie di scritte nella pessima calligrafia di Camille e disegni di stickman che dovevano rappresentare ognuno dei presenti.
“Vi presento il piano “Book Club”! Non vi è nulla di più incantevole che legare con un'altra persona leggendo un libro! Specie quando ciò ti permette di parlare di argomenti toccanti ed empatia con l'altra persona!”
Le reazioni a questo piano furono variegate: chi entusiasta all'idea di un club del libro, chi ancora confuso.
Monica, più perplessa di altri, alzò la mano cercando di prendere parola.
“Sei sicura che a Noa piacciano questo genere di cose? Potrei anche starmi sbagliando, lo ammetto... però non darei nemmeno per scontato che le piaccia leggere fino a questo punto.”
Camille sorrise, come se fosse preparata a quel genere di opposizione da mesi. Schioccò le dita e Csilla porse un righello enorme- probabilmente rubato dall'aula d'arte- alla matchmaker e questa lo uso per puntare verso uno stickman sulla lavagna.
Questo in realtà sembrava più una suora con dei tentacoli azzurri in testa, ma sforzando ognuno la propria immaginazione (e leggendo la scritta "Noa" sotto il disegnino) capirono che si trattava della tedesca della carnagione assai scura.
“Il nostro obiettivo è una persona che, a detta del nostro informatore di fiducia…”
Girò il righello puntando verso Aster che invece guardava il vuoto pensando a tutt'altro.
“Che-?”
“... Possiede due caratteristiche moooolto interessanti: la prima è la sua brutale onestà. Vuole la verità più cruda e nuda possibile. Quindi serve qualcosa di più sincero, di più intimo per conquistarla! Qualcosa di più maturo delle battutine da gradasso da bar.”
A questa frecciatina Luis aprì le braccia come per dimostrarsi ferito.
“che ti hanno fatto di male le mie povere battutine da bar?”
“Lascia stare”
Rispose velocemente Camille.
“La seconda è che una delle cose che le piacciono di più… sono i romanzi rosa! Le storie d'amore! Libri che parlano di relazioni romantiche! È grazie a questo che mi è venuta in mente questa geniale idea del club del libro! Analizzando e dibattendo sulle storie d'amore classiche Noa vedrà un lato più maturo e serio di Luis e quindi si avvicineranno!”
Nonostante l'entusiasmo di Camille nell'argomento, molti si sentivano a disagio sull'intera situazione.
Insomma, si trattava di due loro compagni veri e in carne ed ossa. Una di questi completamente ignara di quel discorso e che sarebbe stata forzata a passare del tempo con l'altro.
Kyara l'aveva visto accadere spesso in serie tv e film, era un qualcosa molto da cliché in realtà, spesso era una situazione comica proprio perché assurda.
Quindi nella vita vera… con persone vere… era strano.
Almeno a Luis sembrava andare bene: sembrava piuttosto tranquillo riguardo tutta la situazione. Anzi sembrava anche piuttosto divertito.
Chissà se credeva veramente nel piano di Camille.
“Ok ma noi che c'entriamo con tutto ciò?”
Chiese Aster senza alcuna cattiva intenzione.
Voleva solo capire il motivo della scenata fatta durante la vera riunione.
“Perché servono altri membri per rendere il club credibile! Così Noa non avrà alcun sospetto di cosa sta accadendo!”
Disse Camille spalancando le braccia, come se fosse scontato. Si bloccò per qualche secondo e alzò la testa di scatto, come se si fosse appena ricordata di aggiungere altro al discorso.
“ma comunque, siete tutti liberissimi di non partecipare. Non voglio costringerti o simili. Vi chiedo solo di mantenere il segreto per il bene della missione, se proprio non volete partecipare.”
L'ultima richiesta venne presa particolarmente male dal pittore tedesco.
“Quindi stai dicendo dovremmo mentirle?!”
Camille, rimase un po' infastidita.
Possibile che queste persone hanno le orecchie tappate col cerume? Eppure lei l'inglese lo stava parlando benissimo! Se non hanno studiato abbastanza non dovrebbero renderlo un suo problema! Che modi!
“Beh… oui, tecnicamente. Se scopre di questo piano sarà un disastro totale”
“Scordatelo.”
Aster si alzò in piedi davanti a Camille, cosa che però non gli permise di essere più alto di lei che lo superava di pochi centimetri.
“Mentire va contro i miei principi, non lo posso fare… specialmente con Noa!”
Camille sbuffò spazientita.
“Allons y!”
Esclamò nella sua lingua.
“Non puoi semplicemente evitare di spifferare tutto a Noa? Non si tratta poi di mentire nel senso stretto della parola! È più una recita o una… quella degli scherzi televisivi”
“Una Candid Camera?”
“OUI! Esatto! Grazie Kyara.”
“Hm…”
Aster rimase impassibile.
La Matchmaker prese un respiro profondo e si calmò.
“Alla fine il club del libro è vero. Quindi basta solo che confermi ciò! Niente bugie, ma cercando comunque di non dire tutta la verità. Va meglio così?”
“Va bene….”
“Parfait! Ora, se c'è qualcun altro contrario o che se ne vuole andare, ha tipo dieci secondi per decidere. Il tempo di distribuire i libri da leggere, per fare i precisi”
Camille diede le spalle e andò a prendere suddetti libri.
Sembrò stupita vedendo che nessuno si mosse dal posto.
Al punto che si bloccò, e Csilla la imitò subito.
“Signorina Blanchard?”
“Non…. Questo potrebbe essere un problema…”
Kyara si avvicinò a Camille, il cui volto si era distorto in una smorfia imbarazzata.
“Che problema c'è?”
“...non abbiamo abbastanza libri”
Camille era un genio. Una calcolatrice maniacale. Prevedeva più avanti di tutti! Per questo i suoi piani erano infallibili…. Più o meno.
Dava per scontato che prendendo tantissime persone, molte si sarebbero rifiutate di partecipare.
Com'è che erano rimasti tutti?
Dannazione!
Non era affatto una possibilità che aveva calcolato.
“Les uh… le copie del libro che leggeremo sono solo 6”
“Oh.”
Fu la risposta di Kyara. Che subito si portò una mano al mento cercando una soluzione.
“E se usassimo un libro per coppia?”
Se ne uscì Monica dopo aver fatto dei veloci calcoli.
La castana dai codini voluminosi sussultò portsndosi la mano ben curata davanti alle labbra.
“È un'idea geniale angioletto! Sei proprio intelligente!”
Debora subito incoraggiò l'idea di Monica, mettendole pure una mano sulla spalla.
“Uh… grazie?”
Rispose ella, più confusa che imbarazzata.
“Possiamo formare una coppia già noi due! Ci divertiremo un sacco!”
“Va bene, non è un problema…”
Nicole si girò verso lx stuntman, con gli occhi che brillavano di determinazione.
“Enid?”
“Nicole?”
Si alzò dal divanetto e si mise in ginocchio prendendo la mano abbronzata dellx amicx fra le sue un po' più bianche.
“Vuoi tu essere la mia compagna di lettura nel fluff e nell’angst, nella salute e nella malattia, finché cecità non ci separi?”
Enid portò la sua mano libera alla bocca, sussultando sconvolta e con gli occhi lucidi.
“Ommioddio sì! Pensavo non me l'avresti mai chiesto!!”
Si alzarono entrambe in piedi e batterono entrambi le mani, le une con le altre.
“Ok allora! Se siete tutti a favore di ciò abbiamo risolto!”
Così vennero distribuite le poche copie di un libro dalla copertina beige decorata con vari fiori su cui era scritto “Orgoglio e Pregiudizio”.
Kyara in realtà era abbastanza riluttante all'idea di leggerlo.
Insomma, un grande classico e tutto, certo, però temeva sarebbe stata l'ennesima storia d'amore piena di cliché noiosi e usati milioni di volte.
Aveva visto molti anni prima il film con la sua famiglia e da quel che ricordava era proprio così.
Decise però di provarlo!
Sia per fare qualcosa di divertente con tutti gli altri, sia per non pensare alle sue registrazioni e il suo video andato perduto.
Da quando in qua Kyara Amaral si mette a fare la malinconica insomma! Era una bella giornata e non si sarebbe buttata a terra per qualcosa di così stupido.
Sentirono Jerry urlare per i corridoi avvisando che era già ora di pranzo.
“Ci rivediamo qui domani, subito dopo pranzo. Cerchiamo di leggere fino alla fine del capitolo 5!”
Fu l'ultimo annuncio di Camille mentre tutti uscivano tranquillamente dalla stanza.
“Aspe', ma sono tutti in italiano?”
“Oui, e non ci sono edizioni in altre lingue. Purtroppo.”
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Il pranzo passò in fretta senza alcun cambiamento particolare.
Eccetto dei ravioli alla ricotta che durante alla cottura si erano completamente aperti, ma nessuno disse nulla per non offendere Otto che ne andava particolarmente fiero.
Sempre meglio che notare la presenza di una sedia vuota al lato della stanza.
Con i morti le sedie erano diminuite seguendo gli ultimates.
Questo fu preso come un buon segno dai più ottimisti, dunque.
Però quella sedia rimaneva vuota, e allo stesso tempo piena di punti interrogativi.
Sulla salute del suo proprietario.
Sul dove effettivamente fosse.
Sul cosa fosse effettivamente successa la sera prima.
Alla fine però, la mensa non fu luogo in cui trattare l'argomento.
E pian piano tutte le sedie si svuotarono lasciando i tredici Ultimates liberi per la scuola.
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Monica era appoggiata al muro bianco e luminoso del dormitorio con la schiena, a fissare intensamente il quadro della stanza di Debora.
Esso ritraeva uno schizzo di vernice rosa incurvarsi verso l'alto.
Sembrava solo vernice buttata.
Eppure quando incrociava gli occhi la forma assomigliava molto di più ad un'ala.
Una singola ala rosa.
Soggetto curioso.
Si chiedeva se dovesse in qualche modo imitare un quadro già esistente.
Non conosceva molte opere d'arte moderna, se non le opere più famose, quelle che fai anche alle medie.
Tanto meno quelle contemporanee.
In ogni caso, si sentiva un po' a disagio guardando i quadri. Tutti i quadri.
La inquietavano. Sembravano avere sempre un doppio senso maligno.
Non aveva tutti i torti a pensarlo.
Il quadro di Salvatore? Una tempesta in un mare di sangue.
Il quadro di Camille Stephane? Un ritratto futurista della bambola dal nome lunghissimo.
Nella sua testa rivide per un secondo l'esecuzione di Camille Stephane: la tempesta, il volto della bambola in movimento e spezzettato dal vetro rotto.
Sospirò.
Perché esistevano quei quadri? Chi li aveva dipinti?
Sarebbero stati alla base di tutte le esecuzioni?
Questo pensiero subito la mise a disagio.
Ovviamente non ci saranno più esecuzioni, giusto?
Però perché? Perché vare delle esecuzioni così contorte e particolari? Qual era lo scopo dietro tutto questo?
Quale esecuzione poteva poteva ispirarsi a quell’ala rosa? Da quella vernice gocciolante?
Quale esecuzione potrebbe ispirarsi al suo quadro?
Girò la testa.
Qualche quadro più in là c'era un quadro tinto di nero con una spirale di piccole pennellate violente.
Van Gogh, poteva presupporre.
Una sovra semplificazione di van Gogh, più simile ad un logo che ad un quadro.
Perché quei quadri prendevano in giro i loro talenti?
Perché poi alcuni in maniera più velata di altri?
Il suo era un'opera d'arte resa un logo semplice ma che non significa nulla.
Camille stephane un ritratto della sua bambola da ventriloquo. Quella che l'ha trascinatx nell'esecuzione.
Salvatore un mare di sangue. Di crimini non risolti correttamente forse?
E Debora invece?
Cosa doveva rappresentare quella singola ala rosa dipinta con un getto di pittura?
Non ci capiva più niente.
Fu una fortuna che Debora uscì finalmente dalla sua stanza.
In realtà un po' anche una sfortuna, significava che avrebbe dovuto parlare con lei ora. Urrà!
Non che odiasse parlare con lei!
Non intendeva che le stesse antipatica o altro!
Cioè, in realtà era un po' più complicato di così…
Debora era tanto.
Era troppo, per lei.
Non sapeva come spiegarlo, ma aveva come la sensazione che si sforzasse troppo con lei.
Come se dovesse essere a tutti i costi gentilissima con lei.
Era brutto da dire, ma si sentiva trattata come una bambina, come un’incapace.
Tutta quella gentilezza sembrava quasi finta.
Era come se si sforzasse di essere gentile con lei.
Sì ecco.
“L'hai presa?”
Ma c'era un altro motivo per cui ora Monica era spaventata.
Un motivo che la tormentava da quando era stata intitolata Ultimate Graphic Designer e presa come studentessa della prima classe della LITAUE.
Temeva che gli altri Ultimate fossero leggermente… snob.
Forse erano solo sue paranoie.
Sicuramente erano solo sue paranoie.
Sembravano tutti delle brave persone.
Però una vocina dentro di lei urlava in maniera fastidiosa
Non lasciarti ingannare!
Non abbassare la guardia!
Non fare un passo falso!
Se te fai anche solo un passo falso penseranno che tu sia strana!
E se pensano che tu strana sarai esclusa dal gruppo! Sarai quella strana e non piacerai a nessuno! O peggio! SARAI LA PROSSIMA VITTIMA.
“Uh cosa?”
Era meglio concentrarsi sulla realtà. Su qualsiasi cosa le stesse chiedendo Debora- No. Debby. Si faceva chiamare Debby.
“La piantina di Enea, non ricordo mai come si chiama… l'hai presa?”
“Dici il mughetto?”
Si guardò le mani.
Aveva solo il libro che dovevano leggere.
Panico.
Si era completamente dimenticata di fare l'unica cosa che le aveva chiesto Debby rimanendo immobile come un’ebete?
Perfetto! Adesso avrebbe fatto la figura dell’irresponsabile o dell'incapace!
Se prima non aveva una ragione per odiarla, per trattarla come un handicappata, o simili, adesso aveva una ragione eccome!
Bravissima Monica! Vuoi pure un applauso per caso? CLAP CLAP CLAP CLAP.
“Oh eccolo lì!”
Debora stava guardando le scarpe di Monica sorridente.
Quest'ultima guardò confusa in basso.
Il mughetto era lì, in perfette condizioni.
Se non ci fossero stati testimoni, Monica sarebbe caduta per terra mentre il suo spirito ascendeva sollevato verso il paradiso.
Però c'era Debora (non ce la faceva proprio a usare il diminutivo, si era arresa), quindi decise di rimanere composta il più possibile.
Sperò addirittura di non aver mostrato troppo la sua preoccupazione.
“il tuo è in piena salute! Ottimo lavoro angioletto! Dimmi, qual è il tuo segreto? Insegnami!”
Monica mise il libro sotto l'ascella e prese il vaso con entrambe le mani ai lati.
“Mia zia è una fioraia, è sempre molto attenta a insegnarmi come prendermi cura delle piante”
“Oh che cosa carina! Scommetto che lei ed Enea andrebbero d'accordo!”
Debora si girò verso il quadro, aperto completamente così che potessero entrare e Monica la seguì a ruota.
“A proposito, dici che facciamo bene a lasciarlo da solo?”
“Oh non devi assolutamente preoccuparti angioletto! La stanza di giardinaggio è di sua proprietà dopotutto! E poi, non è da solo! Franco è lì pronto ad aiutarlo!”
“Vero…”
Forse avrebbe dovuto smetterla di preoccuparsi di tutto costantemente. Cominciava ad essere veramente faticoso.
Si sedettero sul letto di Debora e aprirono il libro.
«È verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie….»
Lessero per la maggior parte del tempo in silenzio.
Per fortuna il libro era in italiano.
Entrambe se la cavavano molto bene con l'inglese, ma rimaneva comunque la loro seconda lingua.
Arrivarono al capitolo del ballo, e alle prime interazioni fra Mr Darcy ed Elizabeth.
Debora faceva veramente fatica a comprendere il personaggio maschile della coppia.
Trovava i suoi modi con la protagonista leggermente brutti…
Però ci doveva per forza essere del buono in lui! No?
In tutti c'è del buono!
Anche nei bidelli-robot che li tenevano chiusi lì dentro!
Insomma, Otto era adorabile e cercava sempre di non far mancare nulla agli ultimates.
Jerry si impegnava molto a mantenere un minimo la loro percezione del tempo lì dentro. Che cominciava a farsi sempre più sfuggente, ma grazie alla routine ferrea di Jerry non erano poi messi così male!
E Berto… Berto forse era il caso più difficile da giustificare.
Ma non era questo il punto!
Si voltò verso Monica.
In quella settimana di tempo aveva imparato ad apprezzare la sua compagnia. Era veramente una brava ragazza.
Sempre disponibile. Sempre disposta ad aiutare gli altri.
Bastava guardare quelle adorabili carte che Enea stava usando per comunicare!
Con Enea soprattutto sembrava veramente una madre. Anche se tutta la storia della famigliola felice la metteva a disagio.
Insomma, era contenta di passare del tempo con lei!
Si sentiva esattamente come quando passava il tempo con-
“Hai finito di leggere?”
La voce perennemente seria di Monica risvegliò Debora.
“Uh-? Oh! Sisì, ho già fatto! Gira pure la pagina angioletto!”
“Ok… grazie.”
Quando Monica parlava, era come se stesse indossando una pesantissima armatura.
Un guscio che la nascondeva e proteggeva dal mondo.
Oh, povero angioletto.
Non meritava di certo di sentirsi così insicura! Nessuno lo meritava!
È per questo che Debbylic esisteva!
È per questo che Debora aveva reso la sua missione far sì che tutto i suoi fan sviluppassero il coraggio di essere se stessi senza limitarsi!
Senza intimidirsi!
Senza avere alcun motivo di sentirsi insicuri!
Così che potessero brillare esattamente come lei!
Era anche per questo che aveva preso sotto la sua ala Franco.
Se non fosse stato per lei, il povero angioletto si sarebbe chiuso in se stesso, in lutto per la perdita del suo caro amico.
Forse continuava comunque a nascondere il suo dolore, ma l'importante era fargli capire che non era solo, e che aveva qualcuno di cui si poteva fidare lì dentro!
Sperava di starci riuscendo a dovere.
Il silenzio nella stanza cominciò a farsi pesante per la nostra povera grafica ansiosa.
Che fissava i due mughetti in attesa che anche Debora finisse di leggere.
Erano stati messi lì al centro davanti a loro, dietro il cuscino.
Erano stati messi lì per idea di Debora.
Perché così avrebbero potuto parlare anche ai fiori mentre leggevano, così da seguire il consiglio di Enea.
Però non stavano parlando.
Stavano solo leggendo in silenzio.
Monica non sapeva cosa doveva fare.
Doveva iniziare lei la conversazione? E se avesse disturbato la lettira dell'altra? Magari intendeva parlare dopo aver letto tutto?
O magari non voleva proprio parlare con lei in realtà! Sai cosa? Forse questa era la più probabile, meglio stare in silenzio a leggere.
“Vuoi fare una pausa, angioletto?”
“Hm?”
Il silenzio venne ufficialmente rotto da Debora, che avvicinò la sua mano al braccio di Monica in un gesto affettuoso che però diede un leggero fastidio a questa.
Ancora, si sentiva trattata da incapace.
Come se non sapesse prendersi una pausa.
Le fece un leggero ribrezzo.
Al che allontanò il braccio con la scusa di mettersi seduta.
“Effettivamente farebbe bene alla vista una pausa. Quando lavoro alla tavoletta grafica, mi tengo sempre un timer per lo stesso motivo: così stacco gli occhi e fisso un punto lontano a me per due minuti.”
Aveva decisamente parlato troppo? Sì. Sì. Sì. Assolutamente sì.
“... possiamo fare quello?”
“È veramente un'ottima abitudine! Ottima idea, angioletto!”
Voleva che la smettesse.
Si sentiva a disagio.
Che smettesse di trattarla con sufficienza.
Che smettesse di trattarla come un incapace.
Che smettesse di chiamarla angioletto.
Si girarono a fissare l'entrata della stanza.
“Comunque è veramente bello leggere in compagnia. Dovremmo farlo più spesso, non trovi?”
Monica ci rifletté un attimo.
Nonostante tutto, in realtà, apprezzava molto la compagnia di Debora.
Sia quando erano accompagnate da Franco ed Enea, sia quando erano solo loro due.
Era sicuramente un ambiente piacevole.
Si lasciò scappare un leggero sorriso.
“Già.”
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Nel frattempo, anche al piano di sopra c'era chi era intento a leggere la propria copia del libro.
Una coppia in particolare aveva trovato una strategia geniale per riuscire a leggere fino al capitolo cinque senza distrarsi.
“occhio alla testa!”
“Cos-AHIA”
unx certx stuntman dai capelli lunghi e biondi si stava massaggiando la testa dopo aver sbattuto contro lo stipite superiore della porta.
Nicole si girò guardando l'amico dolorante.
“Ti sei fatto tanto male? Devi fare attenzione l'entrata delle camere insonorizzate è leggermente più bassa di te”
“Ho notato”
“Anche gli altri oggetti qui dentro forse possono essere un po' troppo bassi per te… insomma! Questa stanza non è fatta per voi giganti! Però è molto più accessibile per i nostri compagni nanetti! Effettivamente ha senso visto che devono essere accessibili anche ai bidelli che sono, tipo, alti metà te”
La doppiatrice cominciò a spostare i microfoni e altri attrezzi e cavi ai lati della stanza per fare spazio.
Ma quando provò a prendere il primo oggetto con entrambe le mani, digrignò i denti per il dolore.
Si guardò la mano destra.
Giusto.
Il gesso.
La ferita.
Il sangue.
“FEERMA FERMA FERMA!”
Enid si avvicinò e prese il palo scuro che stava per cadere in maniera molto pericolosa.
“Fiuuu c'è mancato poco!”
“Vero! L'effetto domino stile cartone animato sarebbe decisamente qualcosa da evitare in questa stanza! Penso che i bidelli cercherebbero di vendere i nostri organi per ricomprare tutti questi microfoni!”
Ridacchiarono.
Ma immaginarsi la scena non era affatto divertente dopo quello che era successo.
Non volevano pensarci.
“Come va la mano?”
Chiese Enid, genuinamente preoccupatx.
“La- oh! Sta bene! Cioè, insomma… non la riesco minimamente a chiudere o aprire, lo ammetto… ma almeno non fa troppo male! Basta non sforzarla, tutto qui! Non c'è bisogno di preoccuparsi!”
“Se lo dici tu… però direi che sposto io tutte le cose! Sarò le tue braccia perfettamente funzionanti!”
“Va bene”
Non andava bene.
Nicole non ce la faceva a rimanere immobile senza fare nulla.
Doveva sempre fare qualcosa.
Doveva sempre aiutare gli altri appena questo veniva richiesto.
Ma ora si sentiva un po'... Inutile a livello fisico.
Non poteva minimamente usare la mano destra.
Non poteva più trasportare oggetti pesanti senza che qualcuno la aiutasse.
Non poteva più fare molte cose senza che qualcuno la aiutasse.
E meno male che era mancina! Altrimenti avrebbe probabilmente dovuto dettare alle persone anche la lista della spesa per poter scrivere!
“Comunque, perché ci stiamo mettendo qui a leggere?”
Tentò di cambiare argomento Enid
Un po' anche perché aveva seguito Nicole lì dentro senza farsi nemmeno due domande, e ora era abbastanza incuriosito dalla scelta.
“Beh se non sentiamo i rumori esterni non ci distraiamo! E quindi riusciremo a leggere tutti i capitoli in pochissimo tempo!”
Nicole alzò il libro in aria come se fosse un trofeo.
“Arriveremo a metà libro in un solo pomeriggio! Stupiremo tutti quanti con il nostro infinito sapere! Non sapranno nemmeno cosa li ha colpiti”
Lx biondx fra le due sussultò tenendosi le guance fra le mani.
“OMMIODDIO SEI UN GENIO!”
Nicole si mise la mano “morta” al petto, trovandole finalmente uno scopo, e cominciò ad inchinarsi come se fosse su un palco acclamata da mille persone, tenendo sempre in alto il libro.
“Grazie, grazie… modestamente a scuola avevo tutte le materie su! Eccetto matematica… o scienze… o storia dell'arte… o geografia… vabbè l'importante è lo spirito!”
Si sedettero per terra e iniziarono a leggere da pagina uno.
Poi velocemente finirono il primo capitolo.
E poi iniziarono il secondo.
“Nicole?”
“Sì Enid? Che succede?”
“Ho appena realizzato una cosa.”
“Mi dica tutto egregia compagna”
“Questo libro è in italiano....E io non so leggerlo l'Italiano”
“Ah.”
Per la prima volta in vita sua, Nicole rimase senza parole.
Ricominciarono a leggere da capo il libro.
O meglio, Nicole rilesse da capo il libro traducendo passo per passo ad Enid.
All'inizio Nicole cercava di narrare in maniera seria, mentre Enid la fissava con le sopracciglia corrugate cercando di non distrarsi nemmeno per un secondo.
Non ci volle molto prima che Nicole cominciasse ad impappinarsi a furia di passare da italiano a inglese e viceversa.
“Quindi- I mean- So then that thing- uhh, the uhm- AHH NON MI RICORDO COME SI CHIAMA IL COSO!”
Enid drizzò la schiena sentendo l'amica urlare.
Potrebbe sembrare che fosse preoccupato, ma in realtà si era completamente distratto pensando alle lavande rappresentante nella copertina del libro.
“Il coso cosa?!”
“IL COSO! QUELLO DOVE LA GENTE FA TUTTA COSÌ”
La doppiatrice dalle code rosa cominciò a muovere le braccia e la schiena per simulare un gesto di qualche tipo che non fu chiarissimo all'amicx.
“Uhhhh…. L’orso Grizzly!”
“NO! Il coso!”
“Una persona con le braccia rotte!”
“NO NO! IL COSO!”
“uhhhh… AH! ORSO CYBORG!”
“NELL'OTTOCENTO UN ORSO CYBORG???”
La mima improvvisata si scagliò verso l’altrx facendo in maniera violenta il gesto stereotipico italiano.
Enid accusò il colpo in maniera teatrale, cadendo a terra facendo finta di essere morto.
Rimase fermo per qualche secondo, e nel momento stesso in cui si voleva muovere sentì il respiro di Nicole farsi affannato.
“Oh no…. È morto….”
Nicole fissava il corpo dell'amico immobile, con entrambe le mani davanti alla bocca.
“Enid? Enid! Rispondimi ti prego!”
La voce dell'amica era spezza, come se fosse in lacrime.
Al punto che sembrava veramente distrutta per aver accidentalmente ucciso l'amico.
D'istinto quindi si alzò per guardare l'amica, la cui faccia era decisamente meno espressiva della voce.
Almeno finché non si mise ad urlare di terrore.
“OMMIODDIO UNO ZOMBIE! AAHHHHH-”
A questo punto Enid scoppiò in una risata incontenibile, costringendolo a tenersi lo stomaco con le braccia.
L'amica venne contagiata molto facilmente.
“Comunque mi stavi facendo preoccupare! Sei stata stra convincente!”
“Ah ops! La deformazione professionale si è impossessata di me suppongo!”
Quando si ripresero dalle risate a crepapelle, rimasero a fissarsi negli occhi per qualche secondo.
“Cosa stavamo dicendo?”
Chiese Nicole portandosi una mano al mento.
La stuntman bionda prese la stessa identica posa cercando di fare mente locale.
“UHHHHHH era qualcosa legato agli orsi mi pare, ne sono sicuro!”
“Orsi? Perché stavamo parlando di or- AH NO IL BALLO! ERA IL BALLO QUELLO CHE VOLEVO DIRE!”
“AAAAAHHH…. Che ballo?”
“QUELLO DEL LIBRO! QUELLO DEL SIGNOR RINGO!”
“E chi è mo questo signor Ringo?!”
“MA MI STAVI ASCOLTANDO ALMENO?”
“Si! Però…. Ecco… mi sono distratto.”
Colpevole, questx abbassò il capo dispiaciutx
“ENIIIID! Adesso dovremo rileggere il capitolo da capo!”
Esclamò la doppiatrice affondando il setto nasale fra le pagine.
“NOOOOOO!! MI DISPIACE!”
E così ripartirono da capo, più concentrati che mai.
Eccetto per alcuni momenti in cui una delle due cominciava un discorso completamente diverso, venendo subito richiamata dall'altra.
“Comunque queste uniformi mi danno un non so ché di gender euphoria, non so se mi spieg-”
“ENID IL LIBRO”
“AH GIUSTO IL LIBRO”
Per fortuna Nicole era un’attrice, anche se specializzata.
Ciò significava che sapeva esattamente cosa serviva per mantenere l'attenzione dell'amica fissa sulla storia.
Dopo poche pagine, la voce seria del narratore divenne sempre più un personaggio a sua volta alto locato e snob, il signor Bingley - o “Ringo” per le due lettrici - divenne Topolino, mentre il signor Darcy Paperino.
E così ogni altro personaggio prese forme uniche grazie alla voce talentuosa di Nicole.
Arrivando a concludere ogni capitolo con un fragoroso applauso da parte di Enid, tanto esterrefatta quanto Nicole era stanca.
Nonostante tutto, però. Erano felici.
Si stavano divertendo assieme.
Ed erano estremamente grate l’un l'altra di quel momento di pace e spensieratezza.
Quello e tutti i momenti passati assieme in quella settimana.
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“Dove ci mettiamo per leggere?”
Aster e Mohan furono fra i primi a lasciare la mensa e ora stavano salendo le scale un tempo estremamente pericolose.
Il ballerino indiano si portò un dito fra il mento e il labbro inferiore pensandoci un secondo. Poi lasciò andare il braccio e sorrise all'artista.
“In realtà mi va bene tutto. Scegli pure tu”
“Oh, allora… preferisco l'aula d'arte.”
Ovviamente.
Aster passava veramente un sacco di tempo nell'aula d'arte.
Ogni mattina, ogni pomeriggio e ogni sera si metteva si chiudeva lì dentro a disegnare e dipingere.
Ma Mohan non si sarebbe mai sognato di farglielo notare. Lo pensava intensamente, però non lo diceva mai.
Non sarebbe stato gentile, non sarebbe stato da Mohan.
Arrivarono alla stanza, ma prima di entrare Aster si fermò.
“Io…”
Mohan si voltò verso il ragazzo.
“Scusami per ieri sera… volevo venire ad aiutarti ma sono successe così tante cose così velocemente e me ne sono scordato.
Gli ci volle un momento per capire di cosa stesse parlando: quella notte, poco prima che Aster venisse attaccato da Jack, Mohan si era sentito male sulle scale.
Si era sentito come se stesse per svenire su quel momento.
Ma ora, come allora, voleva evitare che Aster se ne preoccupasse. Voleva evitare che scoprisse il motivo per cui si era sentito male.
“Oh, nessun problema. Ero solo inciampato su me stesso”
Disse girandosi di nuovo verso la stanza evitando il contatto visivo con il pittore.
“E non te ne devi fare una colpa. Te la sei veramente vista brutta… come va il naso”
D'istinto Aster portò una mano al setto.
“Sono quasi sicuro sia rimasto un po' storto, ma non fa male quindi non me ne preoccupo”
“Ottimo!”
Mohan appoggiò il libro da leggere sul grande tavolo della stanza.
In realtà si sentiva molto a disagio nel stare lì dentro da solo con Aster.
E non solo perché l'ultima volta era successo di tutto e di più, ma anche per un altro motivo.
Sapeva che Camille aveva promesso di non provare più a costringere lui ed Aster ad interagire per creare una relazione, sapeva che ora il suo obiettivo era un altro - e anche se voleva dispiacersi per Noa e Luis, non poteva non essere sollevato sapendo che si stava concentrando su loro due- ma si sentiva ancora sotto pressione.
Sentiva ancora come se quella fosse l'aspettativa che gli altri avevano, come se quello fosse qualcosa che il Mohan che conoscevano avrebbe dovuto fare.
E Aster non aiutava.
Aster voleva conoscere più affondo Mohan.
Sentiva di aver sfiorato solo la superficie di Mohan, il che era probabilmente normale conoscendosi da una sola settimana.
Però voleva avere un rapporto più profondo con Mohan.
Un rapporto più sincero.
E non era motivata solo da quel miscuglio di sentimenti forti che aveva per lui.
Era un qualcosa che desiderava con ogni sua relazione.
Voleva conoscere appieno le persone che amava.
Voleva fidarsi appieno delle persone che amava.
Voleva la sincerità più totale.
Per questo Aster aveva chiesto, pentendosene immediatamente dalla vergogna, ad Mohan di formare una coppia di lettura con lui.
Per questo ora erano lì.
Anche per loro fu però difficile la lettura essendo in italiano.
Per fortuna il ballerino indiano conosceva la lingua, e quindi provava a tradurre e riassumere ogni pagina all'artista tedesco.
Fu particolarmente difficile.
In parte perché Aster non era affatto ferrato in inglese, quindi alcune parole non le capiva proprio, costringendo Mohan a soffermarsi e spiegare i passaggi.
In parte anche perché sempre il medesimo Aster si ritrovava a disegnare annoiato e non ascoltare Mohan: siccome questo ci metteva un po' a leggere una pagina per poi spiegarla all'altro, l'artista si metteva a disegnare sul suo sketchbook in quella frazione di tempo.
Portandolo però a non ascoltare quando questo ricominciava a parlare.
“Aster ma mi stai ascoltando?”
“Hm? Oh no. Mi dispiace, ma mi stavo annoiando”
Andarono avanti così per due lunghi capitoli e mezzo. E Mohan non ne poteva più.
Cominciava seriamente a perdere la pazienza.
A sentire accendersi la miccia di una bomba.
Eppure guardando Aster, per qualche strano motivo, non riusciva ad esplodere.
In quella situazione, per qualche strana ragione, qualcosa in lui lo costringeva a mantenere quella dannata maschera del Mohan buono. Del Mohan perfetto.
Del Mohan che lui e tutti gli altri amavano.
Voleva distruggere quella maschera davanti ai suoi occhi, ma non ce la faceva.
Non ci riusciva proprio
Quindi prendeva un respiro profondo e riprendeva a spiegare.
Aster però aveva cominciato a percepire che c'era qualcosa che stava dando fastidio al ballerino.
Che era arrabbiato, ma cercava di non farlo vedere.
Non voleva che Mohan gli nascondesse come si sentiva veramente.
Per nessuna ragione al mondo.
Aster voleva che fosse sincero con lui.
Prese coraggio e gli fece una domanda:
“Vuoi… vuoi fare una pausa?”
“Hm? Oh nono. Sto benissimo così. Ma se tu vuoi farla possiamo fermarci!”
La rapidità e naturalezza con cui quelle parole gli uscirono dalle labbra.
La rapidità e naturalezza con cui quelle stesse labbra formarono un sorriso gentile al pittore.
Non erano suoi. Non erano di Mohan.
E allo stesso tempo ormai lo erano.
Ormai erano ciò che si vedeva in superficie, ciò che era abituato a mostrare.
Non si rendeva nemmeno conto di dire quelle parole gentili alcune volte, era come un pilota automatico al suo stesso corpo.
Corpo che non era mai perfetto.
Era sempre troppo in qualcosa.
Corpo che non riusciva a nascondere e mascherare quanto il suo carattere.
“Momo…”
Aster lo stava fissando negli occhi.
Non riusciva a sopportare come quelle iridi cerulee lo scrutassero nel dettaglio.
Come cercassero dentro di lui, nei suoi gesti qualcosa.
Non capiva cosa voleva da lui. Non capiva proprio.
“puoi… puoi essere onesto con me… davvero, se ti è tanto faticoso tradurre possiamo fermarci. Abbiamo tutto il pomeriggio per leggere… e anche domani mattina! Però se per te è un grosso peso, preferisco saperlo”
Preferisco una verità crudele ad una bugia gentile.
Era su questo che si basava la mentalità di Aster. Era questo quello che avrebbe sempre creduto.
Per questo aveva preso coraggio per insistere.
Perché non voleva che Mohan gli mentisse. Perché in quel momento voleva genuinamente sapere Mohan se stava dando fastidio a Mohan e se ci fosse qualcosa che potesse fare per facilitargli l'ingrato compito.
E Mohan, invece, stava proprio per ripetere una bugia. Per ripetere le solite frasi gentili e finte.
Ma con quegli occhi puntati addosso non poté non titubare.
Passò un infinito secondo.
“sì… sì ho bisogno di una pausa. E probabilmente dovremmo munirci di dizionari per la traduzione perché non ne posso già più di fare tutto io.”
Disse la verità. Sentì i suoi veri pensieri farsi parole e risuonare nelle sue corde vocali.
Furono parole lente e pesanti da dire.
Ma leggermente più vere. Leggermente più di Mohan.
“Oh, giusto! effettivamente potevamo pensarci prima per i dizionari…. Grazie della sincerità comunque!”
Aster sorrise e si alzò per cercare un pezzo di carta straccia da usare come segnalibro.
“Ok cosa possiamo fare… vuoi qualcosa dalla cucina?”
“Non ho particolarmente fame in realtà”
“Nessun problema, io vado comunque per farmi del caffè.”
“Va bene, cerca di non esagerare però”
Così Aster uscì dalla stanza lasciando da solo il più giovane.
Dopo quelli che potevano sia essere pochi secondi, che una manciata di minuti, l'indiano si alzò iniziando a guardarsi attorno.
Il quadro del sole era stato appoggiato per terra in un angolo, assieme ad un altro paio di quadri.
Al suo posto sul cavalletto, invece, non c'era ancora nulla.
Si avvicinò al quadro del sole.
Mohan, il sole.
Continuava a non vedere una correlazione fra le due cose.
Una virgola che separava in due soggetti completamente staccati i due concetti.
Come faceva Aster a non vederci quella maledetta virgola?
Come faceva a vedere “Mohan il sole”?
Come faceva a non capire che erano due entità diverse?
Che il sole era solo il falso Mohan?
Come faceva a vedere un’unica entità?
E come faceva a volere la verità da quell'unica entità.
Cosa voleva veramente Aster?
A chi si riferiva quando lo chiamava “Momo”?
Il finto o il vero Mohan?
Voleva il sole buono, e gentile, e ingenuo?
Voleva Mohan, il vero Mohan, quello dietro alla maschera?
Non esistevano entrambi.
“Rieccomi! Scusami per l'attesa”
Si rimise con la schiena dritta e guardando la porta, come se fosse stato colto in un atto imbarazzante.
“So che avevi detto che non volevi nulla, ma pensavo potessi avere sete quindi te ne ho preso un po'....”
L'artista camminò verso il tavolo e appoggiò un bicchiere di vetro con dentro del liquido giallo canarino e delle fette rotonde di limone che galleggiavano all'interno e una cannuccia a strisce bianche e arancioni.
“Otto ha insistito per prepararti una limonata… quindi spero che ti piaccia”
Mohan sorrise e si riavvicinò al tavolo.
“È un gesto veramente carino!”
Si sedette e prese con entrambe le mani il bicchiere.
“Fa un po' strano pensare che lui possa essere uno dei nostri rapitori, non sembra affatto avere cattive intenzioni.”
“Beh anche Jerry sembrava inoffensivo: io non mi fiderei troppo delle apparenze di quei robot”
Erano comunque pericolosi.
Erano comunque coloro che tenevano tutti loro imprigionati lì dentro.
Chiunque può essere un assassino.
Quella frase si era acquietata in quei giorni, ma persisteva come le urla e le lacrime di Camille Stephane.
“Oh giusto…”
Aster vedendo l'altro incupirsi si agitò subito, forse anche per la dose non raccomandata di caffè.
“Ah scusa! Non- uhhhh-”
Erano in momento come questi che Aster desiderava di cavarsela meglio con l'inglese. Almeno avrebbe saputo come spiegarsi meglio, almeno in piccola parte.
Forse cambiare argomento era la soluzione migliore.
“Tu- uhm… ho visto che stavi guardando il quadro di ieri!”
Mohan prese un sorso della bevanda. Era molto buona, forse un po' troppo dolce.
“Ah sì, stavo guardando anche il resto dei quadri! Sono tutti quanti molto belli!”
Il contrasto fra il colore dei ricci del pittore e delle sue goti rosee si fece notevole a questo complimento.
“...Grazie! Mi dispiace solo di star facendo solo paesaggi praticamente”
Effettivamente in quel periodo nei suoi sogni vedeva solo quelli.
Luoghi immensi e colmi di solitudine.
Non poteva muoversi. Non riusciva né voleva.
Guardava senza capacità di muoversi il buio totale, se stesso cadere nelle profondità del mare.
L'unica cosa che si era distanziata da ciò era una figura luminosa, una *
stella che osservava attentamente qualcosa.
Il resto erano incubi.
Incubi e paesaggi. Paesaggi e incubi.
O almeno, così era le poche volte che dormiva invece di dipingere o disegnare.
“Ti serve un nuovo soggetto per caso?”
Questa domanda prese decisamente alla sprovvista il povero tedesco. Per fortuna quello dei due che stava bevendo era l'altro, perché a ruoli invertiti avrebbe sputato la bevanda da tutte le parti, o gli sarebbe andata di traverso.
Si voltò verso il ballerino, che lo guardava divertito, appoggiando il mento sul dorso della mano e reggendo il peso con i gomiti.
Tossì qualcosa di incomprensibile che fece ridacchiare il più giovane.
“Non preoccuparti, non devi se vuoi. Era per sch-”
“No no! Ovvio che voglio!”
Le mani rovinate e piene di cerotti dell'artista si aggrapparono velocemente alla tavola.
“Cioè, insomma… se a te va bene, io sarei felice di farlo.”
Così passarono il resto del pomeriggio in quell'attività, dimenticandosi completamente del libro.
All'inizio Mohan si mise in una posa molto rigida e composta, che venne subito scoraggiata dal pittore.
“Mettiti più comodo che puoi. Dovrai mantenere la posa per un sacco di tempo quindi, ecco, non voglio che tu sia scomodo.”
Alla fine arrivarono alla seguente posa: il ballerino, seduto al contrario sulla sedia, usando lo schienale come punto di appoggio per le braccia e la testa.
Il modello improvvisato, in quel silenzio di concentrazione da parte di Aster, cominciò a chiudersi nei suoi pensieri.
Guardava in basso, verso le sue braccia sottili e fragili come dei ramoscelli. Sentiva di non aver mangiato abbastanza, sapeva che doveva compensare. Quel giorno infatti si era abbuffato fino a star male. Motivo per cui aveva fatto tardi alla riunione in bagno.
Non riusciva a mangiare.
Non quanto avrebbe dovuto.
Sentiva la guancia schiacciata su l'osso dell'avambraccio.
Sentiva la flaccidità di questa.
La odiava, voleva che si assottigliasse fino a sparire.
Sentiva l'osso del braccio. Lo odiava,
voleva che non fosse così vicino alla pelle.
Un fantasma nel suo stesso corpo. Un fantasma che sentiva sia enorme e ingombrante che sottile e fragile.
Mai una via di mezzo.
Sempre quel dannatissimo troppo.
Alzò lo sguardo verso il pittore.
Aster lo osservava nei minimi dettagli come al solito.
Voleva capire cosa ci vedeva l'artista in quella carcassa straziata e imperfetta.
Lo voleva davvero. Forse era per quello che gli aveva dato questa proposta.
Forse anche perché, in realtà, nel profondo, a Mohan piaceva il modo in cui lo guardava.
A Mohan piacevano quegli occhi cerulei e sognanti puntati addosso.
A Mohan, nel profondo, piaceva essere il sole per Aster...
Era tutto così disordinato nella sua testa.
Odiava essere magro ma non riusciva a mangiare.
Odiava essere grasso ma la paura non faceva altro che farlo abbuffare.
Odiava essere ingenuo fino ad esserlo troppo, al punto che agli altri non andava più bene. Ma continuava a fingere di esserlo perché piaceva di più così.
Odiava essere egocentrico, e volere le attenzioni di Aster su di sé. Ma era anche la verità nuda e cruda che Aster bramava.
Odiava il falso Mohan. E la sua bugia conveniente.
Odiava il vero Mohan. E la sua verità inaccettabile.
Odiava Mohan.
Aster invece...
Aster amava Mohan.
Amava la sua bellezza.
Amava come questa fosse eterea, idilliaca ma anche vera e terrena.
Momo era un sogno ad occhi aperti.
Un miraggio.
Una stella lontanissima.
Un sole.
Ma era anche un corpo vero, reale, esistente e toccabile.
Era lì davanti a lui, reale e vivo.
Momo era il corpo che lui stava trasformando in linee e sogno.
In un'illusione di corpo partendo da ciò che vedeva.
Momo era reale.
Non poteva sospettare che potesse essere in alcun modo un sogno.
Almeno il suo corpo non lo era.
La sua mente invece non la riusciva ancora a inquadrare.
Quella sembrava ancora più un sogno.
Ogni suo sorriso era paradisiaco.
Ogni suo complimento, ogni suo sguardo dorato, sembravano veramente un sogno.
Ma più lo disegnava, meno riusciva a vedere quel sogno accogliente.
Il sorriso nel disegno, non era nemmeno accennato nella realtà.
I tratti che segnava nel ritratto erano sia marcati e spigolosi che dolci e sognanti.
Quello che ne stava uscendo fuori era un dualismo particolare.
Anche pericoloso però.
Procedeva lo stesso, ma più andava avanti e meno era soddisfatto. Sentiva che c'era qualcosa che gli mancava, che non stava capendo.
Si fermò a fissare il bozzetto.
Il mohan nel ritratto aveva un sorriso sognante e delle sopracciglia amareggiate.
Un agrodolce costante.
Nascosto dietro l'enorme cavalletto, si mise ad osservare quel Momo fatto di linee.
Quella sensazione non gli piaceva affatto.
Il fatto stesso che non gli stesse piacendo quel bozzetto non gli stava piacendo affatto....
Gli ricordava troppo il ricordo di un altro ritratto.
Uno che era stato fatto a lui in passato. Quello che lo tormentava all'entrata della sua stanza.
“ASTE- Oh, ciao Mohan”
A sorprendere i due fu Kyara, che tutta sorridente si stava affacciando sull'uscio dell'aula salutando con la mano.
Aster inclinò il collo per vedere la Content Creator.
“Che fate? Ah no, spe, dicevo….Jerry dice che è quasi ora di cena, quindi ti sto avvisando per tempo così fai l'ultimo dettaglio e vieni a mangiare”
Ridacchiò la ragazza dai capelli rosa, come a sottolineare l'obiettivo scherzoso di sottolineare quel dettaglio e la natura del ragazzo di non riuscire proprio a staccarsi dello sgabello di quella stanza.
“Arriviamo! Grazie del… uh non so come si dic-”
“Preavviso?”
Provò ad aiutarlo Kyara, orgogliosa del suo ormai riconosciuto titolo di dizionario umano della LITAUE.
“Penso quello sì. Grazie.”
“Di nulla! A dopo!”
E corse via sorridente.
Aster si stiracchiò la schiena e ruotò il collo per scioglierlo.
“Davvero è già ora di cena?”
“A quanto pare sì…”
Com'era passato così velocemente il tempo?
Un po' tutti gli Ultimates stavano perdendo la cognizione del tempo, e la loro percezione di esso cominciava a giocare brutti scherzi.
Che si stessero abituando alla routine là dentro? Non si capiva…
“Ah! Puoi alzarti! Per oggi ho finito”
A questa notizia Mohan iniziò a sgranchirsi quasi immediatamente.
“ahhhhh…. Mi si è addormentato tutto…”
Piagnucolò mentre snodava tutte le articolazioni.
Si avvicinò al quadro per vedere il risultato.
“È-è solo un bozzetto! Ovviamente da dipinto sarebbe messo meglio… cioè, sempre se tu voglia farmi ancora da modello: non sei costretto, ecco…”
Mohan osservò il disegno attentamente, quasi ignorando il creatore di questo.
Cercava scioccamente un contatto visivo con il sé del disegno.
Con il Mohan fatto di linee.
Con il sole agognato di Aster.
Ma questo guardava altrove, in basso a sé, non degnava lo spettatore di uno sguardo, guardava le sue braccia dure e scheletriche. Ma serene e rilassate.
Completamente opposte alle sopracciglia, arricciate e turbate da chissà che pensieri.
Il soggetto del ritratto guardava gli arti anteriori del suo corpo corrucciato, un'espressione tutt'altro che elegante, tutt'altro che simile a quelle dei ritratti iconici, quelli rinascimentali.
Non c'era quell'eleganza nell'espressione. Era dura.
Il resto del corpo invece - per quanto ridicolo per colpa del grembiule che chiamavano uniforme scolastica - era tanto duro quanto leggero e delicato.
Non si rese nemmeno conto di aver allungato il collo per vedere meglio le linee che contrassegnavano quel corpo così particolare, così estraneo e familiare, così…
“Ti piace?”
Mohan non rispose subito.
Rimase in silenzio osservando ancora la figura fatta di linee.
Mohan.
Quello era Mohan.
Quello era come Aster vedeva Mohan.
Aprì la bocca, ma non ne uscì nulla.
Era completamente incapace di parlare.
Non perché non gli piacesse, non riusciva ancora a farsi un'opinione decisa di quel calibro
Bensì perché era ancora stupefatto.
Sbatté le palpebre velocemente, riuscendo finalmente a staccare lo sguardo dalla tela.
“Io…”
Si voltò verso Aster, e i suoi occhi cerulei erano lì, a dare attenzione solo e unicamente a lui, a Mohan. Il vero Mohan
Quegli occhi che avevano scoperto e segnato su carta tratti che non aveva mai notato di sé.
Tratti di sé che non sapeva si vedessero.
Tratti di sé che conosceva molto bene, ma che allo specchio erano solo demoni, mentre qui nient'altro che segni di matita.
Sorrise all'artista.
“Sì… molto.”
Si voltarono entrambi verso il quadro, cercando di vedere quello che ci vedeva l'altro.
Nonostante ciò che Mohan odiava di sé e del suo riflesso fosse lì, ben visibile nella tela, il quadro era bello.
Era fedele. Nel sogno e nella realtà.
Nel falso e nel veritiero.
Era solo una bozza, ma non vedevano l'ora di vedere come sarebbe stato il dipinto da finito.
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“E mi raccomando, non muoverti da qui finché non ricevi il mio segnale!”
Camille spingeva con entrambe le braccia e tutto il peso del corpo il cacciatore di tesori all'angolo del corridoio, nel tentativo di nasconderlo in tempo
“Che non mi hai ancora de-”
“SHHHSH! Sta arrivando, via! Via! Capirai al momento giusto!”
E spinse a terra Luis quando intravide la triatleta uscire dal bagno dopo essersi lavata attentamente i denti.
No però seriamente, Camille si era alquanto stupita di quanto tempo spendesse Noa in bagno solo per l'igiene orale!
Le corse subito incontro con un sorriso a trentadue denti in volto.
“Noaa! Bonjour mon ami! Che bello vederti proprio qui!”
Nonostante i modi amichevoli della francese, la sportiva tedesca non sembrava affatto contenta o interessata nel vederla. Però non sembrava nemmeno interessata ad allontanarla con modi violenti, il che era già un buon inizio, per come la vedeva Camille.
Si limitò a guardarla già infastidita a braccia conserte.
“Camille ti prego, dimmi cosa vuoi e basta”
“Coooosa? Pff- ti sembro davvero così opportunista? Non posso semplicemente salutare una mia cara compagna di classe?”
Vi fu un silenzio imbarazzante, in cui le due rimanevano immobili a guardarsi: la più alta impassibile e a braccia conserte, mentre la seconda con una mano in petto e il suo sorriso più rassicurante.
Che lanciò via subito dopo in uno sbuffo.
“Ok, très bien. Volevo proporti di partecipare al mio club del libro. Dato che Aster mi ha raccontato che a te le storie d'amore, quindi pensavo ti sarebbe potuto piacere partecipare!”
“E perché scusa?”
Lo sguardo gelido di Noa si perse, presa alla sprovvista dall'aggiunta di Aster a quella conversazione. Inoltre sembrava già più incuriosita sul dove stesse andando a parare Camille. Perfetto.
“Perché stiamo leggendo Orgoglio e Pregiudizio! Un classico non solo della letteratura, ma anche delle enemies to lovers!”
I gesti della MatchMaker erano ampi e formali, come se stesse vendendo un business. Li aveva imparati dal padre osservandolo ad ogni riunione, e ormai erano alla base del suo intero modo di rapportarsi con gli altri.
Noa rifletté per qualche secondo e poi diede risposta:
“Ma sai che non mi dispiace come idea?”
“Ti starai chiedendo perché ti dovrebbe interessare, o perché te lo sto proponen- aspe-”
Camille guardò attentamente Noa, cercando di capire se la stava prendendo in giro o meno.
Non poteva aver ceduto così facilmente! No?
“Cosa?”
“È la prima e l'ultima volta che dirò che una tua idea non è male, ti voglio concedere la mia fiducia per quest'unica volta”
Le braccia di Noa scesero e si fermarono ai fianchi.
Accennò un sorriso tranquillo e continuò:
“E poi farà bene a tutti concentrarsi su un hobby diverso dal solito.”
“Oh… ok”
Camille cercò di riprendersi e non sembrare più stranita dalla situazione.
“Ottimo Direi! Purtroppo tutte le coppie che abbiamo trovato sono in italiano, quindi ti dovrai cercare qualcuno che lo sa tradurre bene. Alla fine al club partecipano tutti tranne Franco ed Enea, quindi Bonne Chance!”
Detto ciò, la Matchmaker scappò dentro la libreria, ribattezzata come suo ufficio, in cui silenziosamente iniziò a saltellare prendendo Csilla per i polsi.
La prima parte del piano era ufficialmente risolta! Si! Si! Si!
Ora bisognava solo aspettare che Luis apparisse come il principe azzurro pronto ad aiutare Noa!
Aveva messo le basi per un momento che avrebbe finalmente connesso le anime dei due.
Il filo rosso era stato sciolto, ora bisognava solo seguirlo.
Guardò la scena dallo spiraglio della porta, con la curiosità che la uccideva.
Ma quello che vide non fu affatto come programmato.
“Sapresti tradurre anche in tedesco?”
“Posso provarci, ma non prometto nulla”
Noa stava chiedendo aiuto a Kyara.
STAVA. CHIEDENDO. AIUTO. A. KYARA.
KYARA.
Ok. Qualcosa stava decisamente andando storto con i suoi piani.
Aprì la porta per fare segnali a Kyara di allontanarsi in qualche modo.
Per fortuna Noa era girata di spalle quindi potè farsi vedere molto bene dalla Content Creator che invece non sapeva proprio cosa fare.
In preda al panico Camille guardò Csilla, le bisbigliò di reggere il gioco.
“EXCUSE MOI??? E NON TI È VENUTO IN MENTE DI DIRMELO PRIMA??”
Camille sbatté i piedi per terra furibonda urlando a tutta voce.
“Signorina Blanchard, io…”
“È inaccettabile-”
Si voltò verso Kyara sollevando le sopracciglia fingendo di non averla già notata.
“Oh Kyara! Giusto in tempo! Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a leggere il libro dato che Csilla, a quanto pare, non sa l'italiano!”
Corse addosso alla portoghese e la prese per i polsi.
“S'il te plaît, dimmi che tu lo sai!”
“Uh- beh, sì! Sono anche abbastanza fluent-WAAAAHH”
Prima ancora che potesse terminare la frase, Kyara venne trascinata via da Camille.
“TRÈS BIEN! Sei la mia nuova traduttrice! Csilla chiudi la porta, su!”
La ballerina eseguì l'ordine e tutte e tre poterono finalmente fare un respiro di sollievo.
“Kyara! Che ti è saltato in mente?!”
“Eh?”
“Perché stavi parlando con Noa? Dovevate tutti evitarla per far intervenire Luis! Non dirmi che sei interessata anche tu a Noa perché io mi rifiuto categoricamente di avere a che fare con queste age gaps!”
“Cos- no! Nononono, non è affatto così! Stavo solo salendo le scale e Noa mi ha fermata vedendo il libro”
Mostrò pure l'oggetto in questione che aveva già in mano.
Camille si calmò.
“Ok, scusa se me la sono presa con te. L'importante è che Noa e Luis stiano finalmente parlando fra loro”
Guardò in direzione di Csilla e vide questa che stava sbirciando dalla serratura la scena.
Dopo qualche secondo si girò verso le due compagne dai capelli rosa.
“Stanno andando in palestra assieme!”
“Finalmente è finita!”
Camille si buttò sulla poltrona soddisfatta.
Aveva seminato e annaffiato per bene.
Ora non le rimaneva che aspettare per i risultati, e tutto ne sarebbe valsa la pena.
Notò nel silenzio come Kyara non si era mossa ed era rimasta lì a fissarla con un sorriso ebete e senza alcuna idea di cosa fare.
“Ah già, se vuoi puoi andartene. Pericolo scampato, torna pure a fare quello che ti pare.”
Abbassò e alzò pure il polso in direzione della ragazza portoghese come ad incitarla ad andarsene.
“In realtà pensavo di unirmi a voi per la lettura, per renderla più divertente ecco!”
Kyara aveva già visto il film tratto dal libro della storia, quindi la storia già la sapeva più o meno. Il problema era che, da quel che ricordava dalla pellicola, sembrava una storia abbastanza noiosa e molto cliché… una barba totale, insomma!
Sperava di unirsi a Camille perché comunque le sembrava una ragazza molto simpatica. Nonostante il suo lato un po' burbero e snob, si divertiva molto ad averla attorno!
Camille si sentiva presa in giro.
Qualcosa le puzzava.
Cosa stava tramando Kyara? Non poteva voler passare del tempo con lei senza avere un secondo fine! Era assurdo, improbabile, matematicamente dimostrato impossibile.
Tutti coloro che la cercavano erano per ottenere qualcosa da lei.
Tutti si approfittavano della sua gentilezza per poi pugnalarla alle spalle.
Perché era ricca.
Perché non falliva mai nel suo lavoro.
Perché aveva un padre ricco e famoso che poteva garantire carriere di picco…
Non che fossero comunque molti i casi in cui la gente si avvicinava a lei: in pochi erano al suo stesso livello, era ovvio che molti non la capissero e tendessero ad allontanarsi trovandola antipatica.
Lei era troppo intelligente per loro!
Intelligente, decisa, determinata e soprattutto con standard!
Ma il punto era: qual era il diamine di l'obiettivo di quella Kyara Amaral?!
Considerando la situazione probabilmente la voleva addirittura uccidere! Di sicuro aveva nascosto un coltello fra le pagine del libro, per questo lo teneva mostrando la copertina e non le pagine ai lati.
Una vera serpe…
“Ah sì?”
Chiese estremamente sospettosa, forse un po' troppo visto che l'altra sembrò rimanere stranita.
“Beh sì! Perché? Non avevate intenzione di leggere il libro?”
“L'ho già letto qualche mese, fa. Sono praticamente un'esperta della storia.”
La francese cominciò a guardarsi le unghie con aria di superiorità.
“Oh… però una rispolverata non fa mai male, no?”
Kyara si avvicinò con il suo solito sorriso ottimista alla matchmaker.
“Andiamo! Cos'è un club del libro senza la lettura di gruppo?”
Kyara stringeva al petto il libro e sorrideva alla francese. Un sorriso luminoso e pieno di energia.
… Camille notò anche che le pagine del libro erano unite senza alcuno spazio occupato da coltelli o armi letali.
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Mentre Camille e Kyara leggevano il libro, Csilla era uscita dall'aula sotto invito di Camille.
Dopotutto, lei era la segretaria della Matchmaker, quindi reputava normale darle del tempo libero.
Delle sorta di ferie, si poteva dire.
Quindi ora Csilla girava per i corridoi della LITAUE… da sola.
Era un po' triste, vero. Ma non voleva nemmeno disturbare nessuno!
Li osservava dagli spiragli delle porte. Nessuno sembrava aver bisogno del suo aiuto. Nessuno l'avrebbe richiesta.
Perfino Enea e Franco, quelli più riservati del gruppo, se la stavano cavando egregiamente.
Erano tutti felici.
Tutti si stavano divertendo.
Senza di lei.
Perfino Camille non aveva bisogno di lei in quel momento, l'unica che le aveva mai chiesto aiuto là dentro.
A Csilla mancava casa.
Mancavano i suoi amici, mancava ballare al suono del violoncello di Katalin assieme ad Ervin.
Ma soprattutto le mancava sua sorella.
Tutti loro, le mancavano così tanto.
Prese un respiro profondo.
Non doveva rattristarsi, i soccorsi sarebbero arrivati, prima o poi.
E prima o poi i suoi compagni avrebbero chiesto di lei includendola in qualcosa di divertente. Com'era successo per la serata make up. Non c'era motivo di lamentarsi o insistere, doveva solo aspettare.
Sentì i suoi passi riecheggiare nei corridoi, mentre si avvicinava alla sala da ballo e si chiuse dentro.
Non c'era musica alla LITAUE.
Con gli occhi chiusi sognò di sentire la musica, il ritmo pulsare ad ogni battito, e cominciò a ballare in compagnia di Ervin, ad ascoltare il violoncello di Katalin.
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“E quindi Kitty morì di tubercolosi infastidendo tutti i presenti”
Parallelamente a come si erano organizzate le altre coppie, dei due chi leggeva seriamente era il più avvezzo alla lingua inglese, ovvero Luis, cercando di riassumere in un linguaggio più semplice all'altra, Noa, i fatti narrati. Loro però avevano un vantaggio: un dizionario italiano-tedesco con cui Luis cercava di tradurre certe parole direttamente nella lingua della triatleta.
“O come dite voi”
Riprese in mano il dizionario sfogliando velocemente fino a trovare la parola in questione.
“Tuberkulose”
Lesse poi con un accento tutt'altro che tedesco.
Cosa che infastidì l'altra, non tanto per la pronuncia in sé, ma per quanto tempo stesse perdendo solo per rendere chiara una stupida battuta.
“Puoi per favore darmi un riassunto serio? Se continui così non ci capisco veramente nulla”
I due si erano trovati nella palestra della scuola, seduti sulle panche per il sollevamento pesi.
Un posto alquanto inusuale per leggere un romanzo classico, c'era da ammetterlo.
Il rumore dell'acqua della piscina che si muoveva con calma in compenso era molto piacevole.
“E va bene, e va bene, farò il serio”
Esclamò il rosso mettendo via il dizionario.
Appoggiò il mento al palmo della mano e i gomiti sulle cosce divaricate, rivolgendo infine lo sguardo alla triatleta.
"Però non gli farebbe male un po' di azione a sto libro: non è ancora successo assolutamente nulla!”
“Forse perché siamo solo al secondo capitolo? Insomma ci sono ancora i personaggi da presentare no,?”
“Giusto giusto… come Kitty e la sua tubercolosi”
“... Io mi arrendo”
Sbuffò quindi la tedesca facendo sorridere divertito il compagno di lettura.
Andarono avanti così qualche altra pagina, fino a finire anche il secondo capitolo.
Al ché Luis si fermò e rivolse lo sguardo a Noa.
Questa sembrò perplessa.
“Pausetta?”
“Ma se non siamo nemmeno a metà!?”
“Sì ma mi sto annoiando!”
“Ma che hai oggi? Enid ti ha contagiato l'iperattività?”
“Nah, è solo che non mi piace molto starmene con le mani in mano. Sono un uomo di avventura insomma!”
Luis non vedeva cosa c'era di così interessante nel leggere quel genere di libri.
Sapeva che leggere era “un modo per vivere mille avventure”, o come la volevano vendere gli insegnanti in crisi di mezz'età ai bambini.
Ma siamo onesti.
Vivere mille avventure? Luis Catalán?
Sul serio?
Luis viveva sul serio quelle avventure.
Le viveva prendendo lui stesso decisioni.
Facendo lui stesso consapevolmente scelte e azioni.
Senza essere costretti a seguire il ragionamento di qualche tizio random molto meno figo di lui.
Insomma, per Luis quella era una perdita di tempo.
Sia chiaro, non voleva di certo dire che trovasse la lettura universalmente inutile.
Ovviamente non tutti possono vivere il genere di vita che aveva un cacciatore di tesori, quindi questa era la soluzione più raggiungibile per alcuni.
Però.
Però.
Piccolo problema in questo ragionamento.
Chi mai avrebbe voluto vivere l'incredibile avventura della vita tranquillissima di qualche famiglia altoborghese ottocentesca?!
Che avventura c'era nel leggere di gente ricca che cerca moglie?
Una vera noia mortale.
Aveva seriamente bisogno di allontanarsi da quel libro noioso e buttarsi dal muro dell'arrampicata giusto per sentirsi vivo, avere l'adrenalina in corpo e non morire per quell'altro sentimento blando e letale.
Vale a dire la noia.
L'unico motivo per cui lo stava facendo era per Noa.
Non capiva come una ragazza come lei potesse divertirsi con una storia così monotona.
Come un affascinante tesoro potesse trovare interesse in quelle pagine che non raccontavano nulla.
A quanto aveva capito, a ella interessavano molto le storie d'amore, ma anche quella tardava a farsi vedere!
Si alzò in piedi e si stiracchiò.
“piuttosto, riesci ad immaginare Enid e Nicole mettersi a leggere un libro?”
Noa si portò una mano alla fronte al solo pensiero.
“oddio, non farmici pensare”
Luis ridacchiò.
“Scommetto che dopo i primi 5 minuti hanno mandato a fuoco qualcosa”
“Pff-”
Noa trattenne a malapena una risata immaginando le compagne in quella scena caotica molto più realistica di quanto ci si .possa immaginare.
Poi però notò una cosa particolare in Luis.
Assottigliò gli occhi per scrutare meglio la nuca del ragazzo, e inclinò di lato la testa.
Le ciocche di capelli sulla nuca del cacciatore di tesori erano di un colore diverso dal rosso-arancione che lo distingueva.
Erano invece di un viola sbiadito, troppo sbiadito per essere considerato lilla.
“Da quando hai dei capelli viola?!”
Chiese incuriosita. Non aveva mai visto quelle cicche colorate prima di quel momento, se li era fatti di recente?
Luis sobbalzò sorpreso, come se non capisse da subito di cosa stesse parlando, poi realizzò e si coprì la nuca con la mano
“Huh, vero… me n’ero quasi scordato”
Disse col suo solito tono scherzoso, girandosi verso la ragazza.
Non glielo stava chiedendo con malizia, si vedeva, era solo curiosa di quella peculiarità nascosta.
Luis avrebbe preferito mentire, o comunque fare una qualche battuta poco seria per sviare l'attenzione.
Ma quegli occhi cristallini come il mare, lo stavano fissando. E non avrebbero mai accettato quella come risposta.
Noa valutava molto la verità, specie per le cose serie. In questo non era per nulla dissimile ad Aster, il non-del-tutto rosso si chiese se era una cosa dei tedeschi.
Prese un respiro profondo.
“È una storia un po' lunghetta, diciamo solo che è un errore di tanto tempo fa.
Il viola non mi donava molto in ogni caso”
La triatleta non riuscì a comprendere se lo sforzo di Luis in quelle parole fosse nel tentativo di renderle più serie, o nel trovare delle battutine per alleggerire La situazione.
“Oh capisco. Non sentirti costretto a parlarne se non ti va.”
Gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla.
“Comunque apprezzo la sincerità.”
Gli regalò un sorriso gentile.
A Noa ritornò in testa la missione del giorno prima.
Di come Luis aveva preso la leadership durante l'attacco di Jerry e aveva ordinato a lei e a Nicole di scappare di lì mentre lui cercava di recuperare Enid.
Di come Luis si era assicurato che lei stesse bene.
Di come Luis, in quel momento, aveva dimostrato la sua serietà.
Era stato… ammirevole.
Non glielo avrebbe mai detto però.
Non serviva che si montasse ulteriormente l’ego.
Però sul serio, quel lato serio e responsabile di Luis…
Si proibì di finire quella frase, qualunque fosse il suo finale.
“che ne dici di una gara di corsa? Voglio vedere se riesco a battere la triatleta migliore d'Europa”
Il rosso colpì col gomito in maniera amichevole l'altra.
L'altra sospirò esasperata.
Nell'ultima settimana Luis ed Enid continuavano a sfidare se stessi e lei in gare legate alle capacità fisiche dei tre.
Le sembrava quasi di star facendo da babysitter a due bambini iperattivi al parco giochi.
“Cos'hai? Non avrai paura di perdere il titolo di Ultimate per colpa mia?”
Il cercatore di tesori cominciò a punzecchiare l'altra.
Questa si lasciò sfuggire un sorrisetto per l'assurdità di quello scenario
“Non funziona di certo così il titolo. Ma comunque, non penso proprio riusciresti a battermi”
Luis tirò nuovamente fuori quel ghigno superbo, quello che solo le persone che si credono veramente i migliori.
“Mettiamolo ai fatti allora no?”
I patti erano chiari.
Chi avrebbe terminato il giro del percorso nella palestra per primo sarebbe stato il vittorioso o la vittoriosa.
Il o la perdente avrebbe dovuto subire una penitenza.
Il tutto per scoprire se il ragazzo potesse battere la talentuosa triatleta.
Questa notò come il pavimento nel percorso fosse… stranamente buono. Sembrava di essere nei veri campi di atletica.
Come avevano fatto a utilizzare gli stessi materiali su un pavimento principalmente fatto di assi di legno e pietra?
Non sarebbe stata la prima stranezza di quel posto, ripensandoci.
Porte a forma di quadri, scale con trappole, robot, un piano intero tinto di nero.... Le stranezze non mancavano.
I due si misero in posizione: ginocchia pregate, mani per terra, schiena bassa.
Alzarono la schiena.
Contarono assieme.
“3… 2… 1… via!”
Scattarono.
Noa ovviamente si muoveva egregiamente, padrona della tecnica.
Meravigliosa.
Luis non era abituato alla posizione di partenza, ma riusciva a tenerle il passo in maniera notevole. Ammirevole perfino.
I due correvano sentendo l'adrenalina e il cuore pulsare il sangue in ogni centimetro del loro corpo, ma non per la stanchezza. Affatto.
Era rinvigorente, era un battito sano che alimentava un fuoco dentro. Fuoco che li spingeva a continuare a correre.
Le labbra del cacciatore presero subito la forma di un sorriso entusiasta.
Luis amava quella sensazione. Quella vitalità, quell'energia che lo animava in ogni avventura, in ogni corsa, in ogni salto nel vuoto… in ogni sguardo alla ragazza scura davanti a lui.
Era incredibile come ella riuscisse a farlo uscire di testa. Come il tesoro più prezioso di tutti, per lui fossero quegli occhi celesti, diamanti irraggiungibili.
Poco dopo la metà, il ragazzo si accorse di essere riuscito a superare l'altra, perdendo di vista quei lunghi e setosi capelli che si muovevano come le onde del mare ad ogni passo.
Luis continuò imperterrito.
Più perché gli ci volle un po' per rallentare e fermarsi, però.
Nell'anticamera del cervello aveva cominciato a preoccuparsi al riguardo, ma passò tutto quando Noa lo raggiunse quasi subito alla fine del percorso.
Luis, invece di prendere fiato, si lasciò scappare una risata grassa e liberatoria, dovuta sempre a quella momentanea adrenalina.
“sembrerebbe che qualcuno qui ha preso troppe pause dagli allenamenti”
“Ho messo male il piede..."
"Hai messo male il piede?"
"Sei te che hai voluto fare questa cosa a freddo!”
Disse questa, puntandogli addosso quegli occhi pericolosi che si dimostravano sempre così freddi con lui.
Eppure era quello il problema
Luis era attratto dal pericolo. Ne era meravigliato. Era sempre un'avventura valida da intraprendere.
Era un gioco in cui poteva sfruttare corpo e mente al massimo.
Come si poteva non amare tutto ciò?
Come si poteva non amare quei diamanti con cui la ragazza guardava il mondo?
Come si poteva non amarla?
“Sai che sei proprio bella quando sei accigliata?”
Si lasciò sfuggire questa affermazione, mentre il suo volto era incorniciato da un sorriso beffardo.
Come se quella frase fosse uno scherzo, una battuta fatta per infastidire Noa.
Probabilmente è questo che la triatleta pensava.
Ma era una credenza molto lontana alla verità dei fatti.
“voglio la rivincita”
E Luis gliela concesse.
“Tutto per te, princesa”
Si rimisero in posizione.
Contarono di nuovo.
Scattarono di nuovo.
Di nuovo correvano, stavolta il battito cardiaco iniziava ad essere stancante, a lasciare un po' di fiatone.
E di nuovo, Luis guardava i capelli appena tagliati di Noa sventolare davanti a lui.
Onde di un mare in tempesta.
Incontrollabili. Potenti e pericolose per ogni marinaio impreparato.
I due corsero senza dare tregua all'altro.
Un testa a testa costante.
A un certo punto i loro sguardi si incrociarono e furono proprio le iridi azzurre e cristalline di Noa a distrarre il rosso quanto bastava per fargli perdere velocità portandolo alla sconfitta.
Al traguardo i due spesero qualche secondo per riprendere fiato.
Noa rimaneva davanti a Luis, quasi a decretare la sua vittoria.
Quasi a confermare quanto fosse irraggiungibile a lui.
Provò ad avvicinarsi all'altra, con ancora il cuore in gola per la gara.
"Vuoi fare lo spareggio?"
Lei scosse la testa prendendo un respiro profondo riprendendo completamente fiato.
Lui ridacchiò.
"Davvero? Pensavo che l'ultimate triatleta fosse più competitiva"
Le si mise davanti con una mano sul fianco e il suo solito ghigno.
"A meno che tu non sia talmente competitiva da non voler rischiare di perdere"
"Sì vabbè, devi pure accusarmi di aver barato in ogni singola gara a cui io abbia mai partecipato o ti rendi conto da solo di star dicendo cazzate?"
Luis rise.
"Dai stavo scherzando! Non dirmi che ci sei rimasta veramente male?"
Noa guardò in alto e sbuffò.
"Sei veramente fastidioso certe volte-"
Fece per girarsi e allontanarsi dal ragazzo, ma questo le prese la mano in una sorta di inchino, sorridendo.
"Lo sai che non ti accuserei mai di nulla, vero princesa?"
Noa staccò la mano, sentendosi un misto fra l'imbarazzo e il disagio.
"Torniamo a leggere, prima finiamo e più tempo libero abbiamo"
"Ok boss"
Alla fine i due tornarono a leggere il libro.
Dal terzo capitolo in poi, le cose cominciano ad essere più interessanti per il cacciatore di tesori, che cominciò a prendere sul serio la traduzione per la triatleta.
Il momento del ballo nella storia fu quello in cui si divertirono di più.
Noa per la trama, Luis per le reazioni di ella.
Ella ascoltava sorridendo addolcita quando luis lesse di Jane Bennet e Mr Bingley ballare assieme.
L'espressione addolcita sul volto della tedesca era una novità molto piacevole per il rosso il quale sorrise di rimando divertito.
Cosa che spense subito quello della ragazza.
"Che hai?"
"Non pensavo fossi una romanticona"
Noa si strinse fra le sue spalle.
"Sono una coppia carina, problemi?"
"Niente affatto. Mi piace questo lato di te"
Alle parole dello spagnolo si girò di lato roteando gli occhi, dando già per scontato che fosse l'ennesima battutina.
"Dico sul serio."
Noa non sapeva se credergli o meno, principalmente per il sorrisetto con cui si era spiegato il ragazzo che suggeriva tutt'altro.
La lettura andò avanti finché non conclusero anche il quinto capitolo.
La soddisfazione con cui Luis potè finalmente chiudere quel libro non era descrivibile a parole.
"La messa è finita, andiamo in pace"
"Sei un idiota"
"Ow, così mi ferisci"
Luis mise via il libro e si sgranchì collo e schiena.
Noa raccolse il libro e sospirò.
"Peccato non ci sua una copia in tedesco qui dentro. Ora sono curiosa di come andranno avanti Darcy ed Elizabeth.
"I due che si odiano a morte?"
"Beh sì, sono la coppia principale dopotutto"
"Ok ma si odiano a morte"
Noa sollevò lo sguardo al cielo.
Quello che stava vivendo con Luis era decisamente il pomeriggio più lungo e faticoso della sua vita.
"Fa parte della storia, i due sono troppo orgogliosi per provare a conoscersi e hanno pregiudizi l'uno verso l'altra ma pian piano si innamoreranno"
"Ooooh capisco capisco..."
Luis guardò la triatleta con un ghigno in volto e tenendosi il mento con una mano.
"E questa cosa si applica anche alla realtà, princesa?"
Noa rifletté un secondo e capì a cosa si stava riferendo Luis.
Stava di nuovo flirtando con lei.
Si sentì incredibilmente a disagio.
Ma non riusciva nemmeno a trovare le parole per rispondergli.
Insomma, sapeva che era una battuta ormai, lui che flirtava con lei.
Lo faceva per infastidirla.
L'aveva sempre fatto, fino a quel momento.
Almeno credeva.
Luis piegò la schiena per avvicinarsi lentamente a Noa.
Quest ci mise un po' a capire, ma quando lo fece sgranò gli occhi.
Luis stava cercando di baciarla.
Un campanello d'allarme suonò nella testa di Noa.
Il suo corpo litigava con sé stessi, indeciso fra l'essere paralizzato e reagire con uno ceffone.
Alla fine riuscì ad alzare la mano e spingere via la fronte di Luis.
Questo aprì gli occhi, le iridi colorate in un misto fra il verde e il celeste la fissavano genuinamente delusi.
Noa mollò la presa e Luis raddrizzò la schiena.
"No. Sei... Un buon amico Luis, ma finisce lì. Ti prego di accettarlo"
Le parole le uscirono titubanti.
E non per la poca conoscenza della lingua.
Ma perché non sapeva nemmeno lei se quello che stava dicendo era vero a come si stesse sentendo.
Non ancora.
Sapeva solo quello che non voleva fare.
E non voleva baciare Luis.
Non voleva avere a che fare con Luis in quel modo.
Non voleva.
Si alzò e uscì dalla stanza in silenzio, il più in fretta possibile.
Luis rimase in mobile, le labbra ancora aperte, senza riuscire a dire nulla.
Un ghigno amareggiato si formò su suddette labbra.
Nonostante gli dispiacesse.
Nonostante la amasse in ogni caso,
Si sarebbe accontentato.
Le sarebbe stato fedele.
Se non poteva avere quel tesoro, poteva almeno garantirgli tutela e sicurezza.
Se non poteva avere il suo amore, poteva comunque concederle il suo.
Con questa realizzazione, l'ora di cena arrivò e Luis si avviò come tutti gli altri per mangiare e terminare quell'ennesimo giorno alla LITAUE
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Non è adorabile?
I vari alunni della Litaue stanno stringendo rapporti più intimi.
A solo sei giorni dall'inizio dell'inferno che ho causato.
Non siete contenti?
L'amicizia dei ragazzi sta facendo completamente dimenticare loro dell'inferno del loro primo giorno nel killing game.
La speranza sta primeggiando.
…
È veramente buffo.
È esilarante.
Questo momento di pace, questo giorno soleggiato e con il vento fresco, fa quasi dimenticare della tempesta che sta arrivando.
La scadenza era sette giorni a partire dal primo giorno alla Litaue.
Entrambe le talpe lo sapevano bene.
Entrambe dovevano vincere il loro premio per persistere nel killing game.
Ed entrambe, erano pronte a scatenare la tempesta.
Una di queste lavorava nell'ombra, al segreto di tutti, come un viscido e vergognoso ratto.
L'altra, era arrivata alla conclusione di aver bisogno di un braccio destro.
Era lì, ad aspettarlo nell'aula da ballo, dove si erano già ritrovati in passato.
Anche qui, è veramente buffo.
Ironico si potrebbe dire.
Perché?
Perché il loro rapporto era una danza assai pericolosa.
I due ballavano cercando di guidare l'altro e aiutarlo con i passi.
Di mantenere uno stretto contatto ma allo stesso tempo le giuste distanze.
Specialmente la talpa.
Ella voleva essere amata dall’aiutante.
Aveva bisogno che essx si fidasse ciecamente.
Come un marinaio incantato dalla sirena.
Ma non voleva nemmeno che fosse troppo attaccatx a lxi
Similmente, l'aiutante voleva essere d'aiuto alla talpa.
Voleva darlx ogni cosa.
Anche se molte sue domande non avevano risposta.
Anche se i dubbi l’attanagliavano.
Per adesso non importava.
Voleva riuscire nel piano per la talpa. Voleva essere indispensabile per la sua sirena.
Un cavaliere al servizio di una regina.
“Questa storia del club del libro sarà il nostro diversivo”
“A me va bene, mi dispiace per Camille, ci si era impegnata così tanto”
Silenzio.
Non servivano parole, non serviva aggiungere nulla.
La talpa gonfiò il petto di aria, sciolse le braccia, prima tese che reggevano il corpo sull'asta del muto, sui fianchi e fece dei lenti e rumorosi passi in direzione dell'aiutante, cercando di raggiungere la porta.
Quei passi resero tesa l'aria.
Gli sguardi si incrociarono rendendo la tensione più palpabile che mai.
L'aiutante rimase del tutto scioccatx, quando le mani dell’infiltratx fra gli alunni della Litaue presero con forza la sua testa -con le dita che spettinavano appena le ciocche di capelli- spingendola a sè.
Rimase paralizzatx per qualche secondo mentre le sue labbra incontravano quelle dellx compagnx fidatx, mentre questx faceva un'azione così improvvisa.
Così inaspettata.
Così... Meravigliosa.
La talpa non mollava la presa, nonostante ogni parte di sé le stava urlando contro.
Nonostante ogni parte di sé sapeva che quello era un bacio pieno di tradimento, un bacio di Giuda.
Ma una parte di sé, più piccola, ma più convincente al momento, le diceva che quella era la cosa giusta da fare.
Da troppo tempo, le diceva che era quello che le serviva.
L'aiutante, dal canto suo, chiuse gli occhi e ricambiò quel bacio che bramava da tempo.
Non osava più respirare.
La sirena stava cantando, e lui si sarebbe lasciatx annegare pur di sentirla.
Il sole stava brillando per lxi e solo per lxi, sempre più vicino, e si sarebbe lasciatx bruciare.
Tanto, in quella notte, lontani da tutti, nessuno avrebbe saputo di quel bacio.
Era questo quello che pensava la Talpa durante il bacio, come a cercare giustificazioni
I loro nomi, i loro titoli, non erano la loro identità in quella notte.
Erano solo la talpa, e l'ultimate che aveva deciso di collaborare per liberare i compagni dal Killing Game.
Alla fine la talpa si staccò per primx.
Entrambi avevano il fiatone.
La talpa raccolse i capelli e li riordinò dietro le orecchie.
L'aiutante sorrise.
“Beh... Grazie del regalo di buona fortuna”
Il respiro della talpa non si calmò.
“Ho… meglio andare a dormire. Domani mattina dobbiamo preparare il tutto.”
“Sissignore.”
Dice facendo il gesto militare con molta stanchezza.
I due ritornarono ognunx nella propria stanza.
La talpa si sedette sul letto non sentendosi più le gambe.
Afferrò in pugni stretti, al punto di sbancarne le nocche, i lembi delle coperte, mentre le stelle brillavano intorno a lxi, come a dare forma ai pensieri che la accusavano con aggressività.
Bugiarx!
Traditorx!
Davvero l'hai baciatx?!
Traditorx! Traditorx! Traditorx!
Le parole si ripetevano mentre il suo respiro tornava ad essere affannato, sempre se si fosse mai effettivamente calmato.
Era un bacio di Giuda.
Un fottutossimo bacio di Giuda.
Sapeva che l'avrebbe traditx.
Sapeva che sarebbe statx traditx.
Sapeva che quel dannato bacio era una condanna per entrambi.
Che ci sarebbero morti.
Portò una mano su quelle labbra sporche di quel gesto che non si voleva perdonare
Si ripeteva che l'aveva fatto per la missione.
Traditorx!
Si ripeteva che era necessario per la missione.
Traditorx!
Si ripeteva che-
TI RENDI CONTO DI CHI STAI TRADENDO? TI RENDI CONTO DI COSA STAI FACENDO? SEI UNX TRADITORX IN TUTTI I SENSI! SEI ESATTAMENTE COME-
“MI DISPIACE!”
La mano pressata sulla bocca distorse quelle parole che solo chi conosceva la sua lingua madre avrebbe potuto intuire.
Per quanto valevano quelle parole, dette a nessuno, forse meritavano di non essere state dette correttamente.
“Mi dispiace…”
Ripeté in ogni caso.
Sentendosi le braccia deboli e pesanti.
Con voce flebile, bisbigliata, certo, ma rotta dal disgusto verso chi aveva osato pronunciare tali parole e spaventata per quello che era appena successo.
Alla fine però, il sonno ebbe la meglio.
Nel mondo dei sogni potè dimenticare brevemente ogni cosa.
Lasciandosi il problema a dopo.
Lasciandosi il vero tradimento a dopo.
Alla tempesta in arrivo.
BOOM RAGA HO FINITO FINALMENTE QUESTO CAPITOLO!
Come alcuni di voi sapranno, questo è stato un capitolo particolare più difficile per me, perché mi è venuto un blocco verso la fine😔😔.
Colpa degli etero nel dubbio/j
ANYWAYS!
Spero vi sia piaciuto anche questo capitolo!
Spero anche di non aver malinterpretato alcun personaggio, nel dubbio non abbiate paura ad avvisarmi in privato, anzi preferisco venire sgridata che camminare nel vuoto.
Ma ditemi, quanto sono carine tutte queste coppiette?🥰🥰
Con Csilla candela e Franco ed Enea abbandonati nell'area bimbi ma vabbè dettagli lol
E che ne pensate della talpa e dell'aiutante? Toxic? Doomed? Non c'avete capito un cazzo?
Fatto sta che adesso sapete abbastanza da capire chi siano probably! :D
E niente!
Ci rivediamo nel prossimo capitolo, si spera entro agosto, in cui ci sarà finalmente l'omicidio di questo arco!
Stiamo per concludere questo meraviglioso arco e non sarebbe possibile senza il vostro supporto <33
BYEEEEE
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