Vecchie malinconie e nuovi baci

Le mie giornate trascorrono tutte uguali, mi occupo di Matteo, sto in caffetteria. Di Milena non ho più voluto saperne, così sto evitando le uscite per non incontrarla.
Sono come sempre in caffetteria, in una giornata grigia e spenta, l'autunno si appresta ad arrivare ed io noto la cosa con una certa malinconia.
"Buongiorno." Federico entra con dei pacchi. "Rifornimento." Sorride amichevole. "Fa fresco oggi." Continua il suo monologo.
"Ti va un caffè caldo?" Sorrido e cerco di togliermi la mia aria da musona.
"Sì, ti ringrazio." Si mette a fissare ogni mio movimento. "Va tutto bene?"
"Oh sì, scusami tanto. Questo tempo mi mette tristezza." Gli confido e forse non è solo il tempo. È la mancanza di Clemente, Milena, è che mi sento sola.
Gli porgo il caffè e lo osservo, sembra così delicato eppure forte e maturo al tempo stesso. Chissà che vita conduce, chi è dietro questi pacchi che con fatica si trascina.
"Ti va se stasera andiamo a bere una cosa?" Chiede tutto d'un fiato, cala poi il viso sul suo caffè. "Senza impegno." Alza le mani in segno di resa.
Sono sola ormai, sempre in casa, mi farebbe bene uscire, gli dedico così un sorriso.
"Certo, mi va." Annuisco convinta.
Lo rivedo così la sera, viene a prendermi alle 21.00 in punto a bordo di una panda azzurro pastello intonata ai suoi occhi. Suona due volte il clacson per catturare la mia attenzione, così salgo in macchina.
Arriviamo ad un bar e ci sediamo su dei divanetti.
"Che bello qui." Dico strofinandomi le mani fredde a causa del calo della temperatura.
"Hai freddo?" Me le prende tra le sue e sfrega. "Allora, dimmi qualcosa di te." La butta lì.
Rido sarcastica, per poi portarmi la cannuccia alla bocca e sorseggiare.
"Beh, diciamo che io sono più un disastro che una persona, no ne ho azzeccata una fino ad ora nella mia vita."
"Stasera hai accettato di essere qui con me, una l'hai azzeccata." Risponde facendomi ridere, ha un'adorabile faccia da schiaffi.
"Sì, dai, forse una sì." Lo prendo in giro a mia volta.
"Ti riferisci a Clementino?" Mi chiede e sembra curioso.
"Oddio, chiamalo Clemente, che il suo nome d'arte lo fa sembrare più scemo di quello che è." Rispondo ridendo malinconica, sono l'unica a chiamarlo con il suo nome di battesimo, fin da bambini è stato così, ho sempre odiato che lo chiamassero in quel modo.
Sto ripensando di nuovo a Clemente con una dolce malinconia, così cerco di scacciare i pensieri e riprendere la conversazione.
"Beh, comunque lui è stato un grosso sbaglio ma almeno ho mio figlio, quindi va bene così." Cerco di chiudere il discorso ma Federico vuole sapere, vuole leggermi, come un vecchio libro trovato in soffitta pieno di polvere.
"Sei stata un'avventura per lui?" Chiede e quasi si pente della sua stessa domanda.
"Oh no, altroché." Abbozzo un sorriso. "Sono stata la sua prima fidanzata e forse anche l'unica. Ci siamo fidanzati da bambini, sai quelle cose da bigliettino "ti vuoi mettere con me?" E già lì ho commesso il primo errore della mia vita, ho sbarrato quel maledetto sì. Così abbiamo fatto tutto insieme: l'adolescenza, i primi baci veri, quelli con la lingua che un po' ti fanno anche schifo all'inizio. Siamo arrivati a quasi 30 anni suonati, insieme. L'ho accompagnato ad ogni battle, l'ho sostenuto di continuo e quando ha iniziato ad affermarsi ha iniziato anche a bere. Dopo il bere c'è stato il fumare e dopo il fumare c'è stato il tirare. Clemente era talmente strafatto che a stenti si ricordava il mio nome. Così una bella sera, a fine concerto, sono andata come al solito nel suo camerino e l'ho trovato a scopare con una. Sono scappata a Londra e ho scoperto di aspettare un bambino ma ho finto con tutti che non fosse suo, avevo paura." Faccio spallucce e mi rendo conto che sto straparlando, che volevo uscire per non pensare a lui ma che è sempre di lui che si finisce a parlare, così riprendo fiato. "Oh, ti starò annoiando a morte, scusami."
"Ma no, mi piace ascoltarti parlare."
"No, Federì, se c'è una cosa che proprio non bisogna mai fare è parlare del proprio ex ad un primo appuntamento." Rido nervosa, mi sento così patetica.
"Ma smettila, ti ho chiesto io. E poi, sei sicura sia un appuntamento il nostro?" Mi squadra, così mi sento ancora di più in imbarazzo.
"No, ok, scusa. Devo aver frainteso, te l'ho detto che sono un disastro, non volevo intendere..." ricomincio a straparlare come una folle e ancor prima che io possa finire il mio discorso le labbra di Federico sono sulle mie.
Mi stacco un momento, resto a fissarlo, per poi ritrovarmi di nuovo labbra su labbra ed è una sensazione che non mi dispiace affatto.
"Scema, ti sto prendendo in giro. Certo che è un appuntamento per me." Sorride e mi accarezza una guancia. "Sempre che tu sia con la testa qui e non con Clemente." Mi punzecchia.
"Clemente, chi?" Gli dico in risposta e ridiamo entrambi, così ci leghiamo nuovamente in un bacio.
Mi riaccompagna più tardi fin sotto casa, ci tiene a dirmi che vorrebbe rivedermi e prima di andar via mi stampa un altro bacio.
Scendo dall'auto con un mezzo sorriso, ho mille sensazioni, non so se sto facendo la cosa giusta, non so se sono pronta ad aprirmi a qualcun altro ma ci devo almeno provare.
Prendo le chiavi di casa e faccio per infilarle nella toppa, quando una mano batte sulla porta.
"Fate già coppia fissa?" Clemente compare nel buio, balzo spaventata e mi porto una mano al petto.
"Cazzo, Clemè, mi hai spaventata." Gli urlo contro. "Ma che ci fai qua?"
"Ho appena lasciato nostro figlio ai tuoi genitori." Dice scandendo ogni parola.
"Ok, allora vai." Cerco di riaprire la porta.
"Non mi hai risposto."
"Ma cosa vuoi da me?" Mi porto le mani al viso, avrò mai pace?
"Sapere come stanno le cose, se ti devo dimenticare per sempre." Mi prende per le spalle e parla trattenendo le lacrime, le stesse che cerco di ingoiare anche io.
Perché gli vorrei dire di non dimenticarmi mai, di amarmi per sempre anche se devo stare lontana da lui ma non posso farlo.
"Sì Clemè, sì." Urlo deglutendo a fatica. "Dimentichiamoci, cazzo, tutto quello che siamo stati."
"Sono anni, devo dimenticare la mia intera vita." Mi schiaffa in faccia la verità, lo so, la conosco benissimo ma ogni volta ricordarla mi fa quasi soffocare.
"Non sono stata io a distruggere tutto, buonanotte." Mi vesto di freddezza e menefreghismo, entro in casa e sbatto con forza la porta.
Così la notte trascorre in bianco, tra il pensiero della conversazione con Clemente e dei nuovi baci che mi intrigano e spaventano al tempo stesso.

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