La tua Nina non c'è più

Passano i giorni e Milena fa silenzio, so che fa così quando ce l'ha con me, la vedo comparire questa mattina in caffetteria. Viene preceduta da un ragazzo alto, bruno e con gli occhialoni grossi.
"Renato." Mi bisbiglia e lo indica da dietro.
Sembra quasi che non sia successo nulla, Milena finge che io non abbia sbroccato a casa mia a colazione.
"Ciao." Sorrido amichevole.
"Lui è Renato." Mi dice orgogliosa.
"Io sono Nina, piacere." Gli porgo la mano, noto quanto sia timido e delicato, non poteva non piacere a Milena. "Cosa vi offro?" Sorrido.
"Due caffè vanno benissimo." Milena continua a parlare al posto suo.
"Milena mi ha tanto parlato di te, parla dei suoi fratelli e di te, praticamente come se fossi sua sorella." Mi spiega Renato, lo so già ma il cuore mi si riempie di gioia ogni volta perché il bene che mi lega a Milena va oltre qualsiasi legame di sangue.
"Sì, siamo cresciute insieme." Comincio a spiegare e la mia attenzione viene catturata da Clemente che varca la porta. "Oddio, ma sta sempre qua?" Penso ad alta voce, Milena si nasconde una risata con la mano.
"Una riunione di famiglia." Urla Milena per richiamare l'attenzione del fratello, si rivolge poi a Renato. "Nina e mio fratello stavano insieme." Spiega malinconica.
"Sì, quando non avevo tutte le rotelle apposto." Dico guardando Clemente.
"Uh, hai conosciuto già la simpatica Nina." In risposta replica avvicinandosi a noi. "Io sono Clemente, piacere, ma tutti mi chiamano Clementino." Porge la mano a Renato.
"Clementino." Gli faccio il verso. "Patetico." Dico a voce bassa e vedo Milena e Renato trattenere le risate.
"È amore e odio." Dice Milena.
"È rimasto solo l'odio." Replico pulendo il bancone.
Vedo mia mamma piombare in caffetteria agitata, ha Matteo in braccio e corre verso di noi.
"Ninù." Urla e si mette a respirare a fatica.
"Mamma, che succede?" Le corro incontro.
"Devo correre a Pompei." Spiega affannata.
"E che devi fare a Pompei?" Le chiedo confusa, intanto prendo Matteo tra le braccia.
"Eh, tua nonna, ha pensato bene di andare in pellegrinaggio fino a lì, a piedi, come se avesse 18 anni e ora non ce la fa a tornare indietro." Spiega e tutti ridono, mi porto una mano alla faccia.
"Mamma, come tengo Matteo e servo i clienti? Non c'è nemmeno papà." Piagnucolo. "Lascia nonna lì, la andremo a riprendere poi." Sbuffo.
"Nì." Mi ammonisce mamma.
"Tesoro, noi abbiamo lezione a breve, altrimenti lo avremmo tenuto noi." Milena mi spiega rammaricata.
"Tranquilla, vorrà dire che mi affannerò più del solito oggi." Mi massaggio le tempie.
"Io sarei libero." Clemente alza timidamente una mano, come per paura che io possa spezzargliela.
"No, non se ne parla." Rido stizzita.
"Perché no?" Insiste.
"Perché non sai badare nemmeno a te stesso, figuriamoci se badi a mio figlio." Rido sarcastica.
"Andiamo, Nina, è l'unica soluzione." Mia madre mi sgrida frettolosa.
Resto in silenzio un attimo, poi rinsavisco.
"Vabbuò, va. Ma resti qui la maggior parte del tempo, sotto il mio occhio vigile." Detto leggi.
"Eh, lo so che mi vuoi guardare." Mi pizzica una guancia per prendermi in giro.
"Clemè." Gli schiaffeggio la mano ammonendolo.
"Ahhh." Se la ritira dolorante. "Vieni qua, campione." Prende Matteo dalle mie braccia.
Così resta con noi tutto il tempo, va spesso nello spaziale fuori a giocare a palla con il piccolo, si somigliano ma lui nemmeno se ne accorge.
Lo vedo fare il papà, pur inconsapevole di esserlo. Guardo questa scena e mi piange il cuore.
Sto preparando l'ennesimo caffè del giorno, è per Peppino, un anziano signore che viene sempre a berlo dopo aver lavorato nei campi.
"Guardalo come gioca con il papà." Tende la sua mano grassoccia verso di me per prendere il bicchiere, se lo porta velocemente alla bocca e sorseggia bagnandosi i grossi baffi bianchi.
"No...non è il papà." Spiego e calo il viso, sciacquo i bicchieri.
"Ah no? So tal e qual." (Sono identici) Urla continuando a fissarli.
"Ma che tali e quali." Rido imbarazzata. "Peppì, guarda quanti ricci ha mio figlio, Clemente non direi." Rido e vedo Clemente guardarmi in malo modo.
"Ora non li tiene, ma da piccolo aveva gli stessi ricci di tuo figlio." Spiega e poggia il bicchiere sul bancone. "Vabeh Ninù, me ne vado, ci vediamo domani." Mi accarezza una guancia come suo solito e va via.
Deglutisco a fatica, Clemente ha ascoltato tutta la conversazione, ma non potrà mai insospettirsi per dei ricci.
"Nina." Entra e mi chiama, così balzo lasciando cadere i bicchieri.
"Oh, scusa, non ti volevo spaventare." Dice e mi fissa. "Stai bene?" Cerca il mio sguardo.
Annuisco. "Sì, scusa, ero distratta."
"Lo porto a fare un giro qua attorno, si sta annoiando." Mi spiega e sembra quasi un uomo maturo.
"Non se ne parla, Clemè."
"Nì, ma che pensi che possa portarlo a fare un bambino di un anno, a bere?" Mi prende in giro e ride. "Vuoi le mie analisi del sangue? Sono pulito." Continua a punzecchiarmi facendomi sembrare stupida e paranoica.
"E vabeh, ma vedi di tornare prima della chiusura o sono guai." Dico in malo modo, così lo vedo sparire sulla porta insieme a mio figlio. O meglio, nostro figlio.
Finisco di lavorare e di Clemente nemmeno l'ombra, provo a chiamarlo e il telefono è staccato, così comincio ad impanicarmi.
Butto occhiate veloci sull'ingresso, ma non li vedo tornare, decido così di incamminarmi per cercarli.
Li trovo finalmente e vedo Clemente parlare con una donna, il sangue mi arriva al cervello.
"Cosa ti avevo detto?" Urlo e lo vedo girarsi spaventato.
"Nina."
"Sì, Nina. Ho finito già 15 minuti fa e di te e Matteo nemmeno l'ombra."
"Nina, mi hanno fermato dei fan, lei è stata l'ennesima." Tenta di spiegare sorridente.
"Certo, le fan. Quelle che ti scopi a tempo perso." Gli urlo contro, prendo poi mio figlio in braccio. "Andiamo a casa, amore."
"Cos'è questa, una scenata di gelosia?" Abbozza uan risata e si lecca un labbro.
"Ti piacerebbe."
"Nina, stavamo tornando." Tenta di spiegare e mi segue.
"Clemente, sei inaffidabile, cerca di stare lontano da me e mio figlio." Gli urlo contro e proseguo la camminata.
"Tu sei sicura che quello non sia figlio pure mio?" Chiede e mi si gela il sangue, mi arresto e mi metto a fissarlo.
"Perché, credi di essere l'unico che mi scoperebbe?" Chiedo a denti stretti.
"No, conosco la mia Nina e non mi avrebbe dimenticato così presto." Abbassa la guardia, parla con calma.
"La tua Nina? La tua Nina non c'è più, l'hai uccisa tu soffocandola di bugie." Urlo forte e lascio andare delle lacrime, faccio per riprendere la mia camminata.
"Peppino ha ragione, avevo i ricci come quelli di Matteo, non te lo ricordi?" Farfuglia appena.
"Il padre di Matteo è riccio, alto, biondo e con gli occhi azzurri, va bene?" Spiego e cerco nuovamente di andar via, ma mi trattiene per un braccio.
"Allora mi so sbagliato, non mi ami più. Ci ho sperato, Nì. Ho sperato che questo fosse figlio mio, ho sperato di poter cominciare daccapo con te." Mi urla contro, parla a raffica, lo vedo messo all'angolo e denudato.
Sospiro appena, trattengo una quantità imprecisata di lacrime e mi sistemo meglio il piccolo tra le braccia.
"E hai sperato male." Riesco appena a dire e vado via.

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