La mia calamita e la mia calamità
Di tanto in tanto io e Federico ci vediamo, sto bene con lui ma ho paura di definire cosa sia. Se è amore? No, certo che no. Non sento quel fuoco dentro ma probabilmente non lo sentirò mai più. Quel fuoco lo senti una volta nella vita e quando si spegne è difficile si riaccenda allo stesso modo.
Così mi lascio corteggiare e coccolare da Federico che mi fa sorprese, mi riempie di attenzioni, giusto per soffocare il vuoto che sento dentro.
Con Clemente siamo al "buongiorno" e "buonasera", sono trascorsi già un paio di mesi e mi sono tenuta lontana da lui a forza. La sua carriera continua a spiccare il volo, ne sono felice ma faccio in modo che le sue cose non mi interessino più di tanto.
Stamattina arrivo in caffetteria, l'aria è fredda così mi stringo assonnata nel mio maglioncino bianco.
"Buongiorno papà." Sbadiglio e gli stampo un bacio sulla guancia.
"Tesoro." Mi saluta sorridente. "Quelli sono per te." Mi mostra dei fiori sul bancone.
"Per me? Chi li manda?"
"C'è il biglietto." Quasi mi arronza e serve uno dei primi caffè della giornata.
"Eh, Gennarì, questa è un fiore, se la rubano." Mario, il vecchino che coltiva i campi non molto lontano da qui scherza, mi ha vista crescere.
"Io vorrei solo saperla felice." Mio padre quasi sbuffa.
Io intanto prendo il biglietto, sorrido appena, come immaginavo me li manda Federico. Richiudo velocemente il biglietto e mi metto a lavoro.
"Non sembri entusiasta." Mio padre mi punzecchia.
"Certo che lo sono." Ignoro dove voglia andare a parare.
"Li avesse mandati qualcun altro, staresti urlando dalla gioia." Continua a mettere il dito nella piaga.
Sbuffo nervosa e tiro con forza la leva della macchina del caffè.
"Papà, smettila. Con Federico sto bene ed è un ragazzo apposto, non dovrebbe bastarti questo?"
"No, io ti voglio felice." Continua e sembra quasi un bambino capriccioso.
"E con mister mi fumo anche l'origano lo ero?" Chiedo retorica e stizzita.
Fa spallucce, poi mi fa segno di star zitta, guarda verso l'ingresso ed è appena entrata Milena.
Sono mesi che la evito, mesi che non la vedo, così noto subito il suo pancino pronunciato e quanto fa male non passare il tempo con lei in questo momento.
"Buongiorno." Dice compostamente. "Posso avere un caffè?"
"No, la caffeina è meglio evitarla in gravidanza. Ti va una cioccolata calda?" Le chiedo prestando attenzione ai bicchieri da lavare.
"Non lo sapevo." Ammette contorcendosi le mani. "Cioccolata calda sia." Annuisce e abbozza un sorriso, si mette a fissarmi mentre le preparo la bevanda, butta un'occhiata in giro, sembra quasi in imbarazzo. Che strano trovarsi imbarazzate l'una di fronte all'altra, noi che ci conosciamo da cima a fondo, sembriamo due sconosciute.
"Che bei fiori, per chi sono?" Chiede improvvisamente.
"Per me." Verso lo zucchero nel bicchiere e giro.
"Festeggi qualcosa?"
"No, al mio fidanzato piace fare queste cose di tanto in tanto." Le poggio il bicchiere sul bancone con un tovagliolino.
"Fidanzato?" Chiede e il vapore della cioccolata le appanna gli occhiali.
"Soffia e fai attenzione che scotta." Le dico ed esco dal bancone, faccio per andare verso i tavoli ma Milena mi blocca con una mano.
"Guarda che io voglio solo che tu sia felice e se sei felice con questo fidanzato per me va bene." Spiega abbassando la guardia.
Così lo faccio anche io, sono stanca di giocare a fare la dura, di fingere che non mi importi nulla di ciò che mi sta accadendo intorno. Mi importa eccome dal momento in cui tutte le mie certezze sono crollate.
"Mi sei mancata tanto." Ammetto e lascio andare le lacrime, così Milena non spende parole e mi abbraccia.
"C'è qualcosa fra di noi." Dice ridendo alludendo alla sua pancia, così rido anche io e la tensione si scioglie.
"È cresciuto proprio tanto questo pancino."
"Sei sempre sua zia, lo sai, vero?" Mi dice e si asciuga delle lacrime da sotto gli occhiali.
"Ovvio che sì." Annuisco, butto poi una veloce occhiata all'orologio. "Oh merda, ho scordato che devo portare Matteo a tuo fratello." Mi porto le mani al viso e mi tolgo il grembiule frettolosa.
"Tranquilla, mio fratello ancora dormiva." Ride e sorseggia la cioccolata.
"Ultimamente non so dove ho la testa." Sbuffo e mi sistemo.
"Mh, magari al nuovo fidanzato." Mi fa un occhiolino maliziosa. "Poi mi racconti." Si sforza e lo so, Milena mi vorrebbe solo con suo fratello.
E magari io la testa l'avessi solo per il nuovo fidanzato, vorrei tanto fosse così.
Ma non è il momento di pensarci, afferro le chiavi dell'auto e corro a casa a prendere il piccolo.
Arrivo a casa di Clemente con mezz'ora di ritardo, busso più volte al campanello ma non ricevo risposta, così insisto ancora.
Inizia a piovere e cerco di ripararmi alla meglio sotto l'arco della porta.
"Ok, respira Nina, ora te lo ritrovi sicuro a letto con qualcuna ma non sono affari tuoi questi, può farsene pure due contemporaneamente, tu stai andando avanti." Penso tra me e me mentre agitata continuo a suonare il campanello, intanto copro Matteo ma io sono bagnata fradicia.
Finalmente la porta si apre e quasi ho paura della scena che mi ritrovo di fronte, penso al peggio e invece Clemente ha semplicemente la faccia ancora assonnata ed è con il suo pigiamone. Tiro quasi un sospiro di sollievo.
"Sto suonando da una vita." Lo rimprovero.
"Scusa, non c'è nessuno in casa ed io dormivo." Mi spiega sbadigliando. "Entra, veloce." Mi dice e prende Matteo in braccio.
"Amore di papà, buongiorno." Gli stampa un bacio sulla guancia.
"Bene, io allora vado, vengo a riprenderlo più tardi." Faccio per andare.
"Ma dove vai? Sei una zuppa d'acqua. Vieni e asciugati." Mi invita a restare.
Clemente sistema Matteo tra i suoi giochi, mi prende poi degli asciugamani asciutti e accende i riscaldamenti.
"Così ti prendi un raffreddore, fatti una doccia calda, io cerco qualcosa da farti mettere." Sembra quasi un'altra persona.
"Non c'è bisogno che ti disturbi così tanto." Dico tremante.
"Togliti questo maglione che stai gelando." Mi rimprovera. "Mi giro, non guardo." Mi da le spalle e ride.
Così mi sfilo il maglione che è zuppo, lo stesso faccio con i pantaloni.
"Dai a me." Clemente mi rivolge un'occhiata quasi timidamente, come se non mi avesse mai vista in intimo prima d'ora. "Te li metto ad asciugare." Dice in un filo di voce, trattiene il fiato.
"Va bene, grazie." Glieli porgo e in cambio afferro gli asciugamani. "Allora faccio la doccia." Sparisco in fretta dietro la porta del bagno.
Esco poco dopo avvolta dall' accappatoio.
"Matteo si è addormentato." Mi spiega riempiendo due tazzine di caffè, me ne porge una.
"Ti ringrazio." Dico appena e sorseggio. "Hai trovato qualcosa da farmi indossare? Così posso andare via." Dico frettolosa.
"Ho solo grosse felpe." Me ne porge qualcuna.
"Questa andrà benissimo, giusto per non andarmene in accappatoio o peggio ancora nuda." Scherzo per stemperare la tensione.
"E Federico? Ti ha vista già nuda?" Mi chiede avvicinandosi, giocherella con il bordo dell'accappatoio.
"Che domande mi fai?" Mi spazientisco e ho una voce dentro che mi dice di andare via al più presto possibile, eppure non mi muovo come se tra me e il pavimento ci fosse una calamita che non mi permette di farlo.
Ma la mia calamita mi sta davanti, ha gli occhi verdi più belli che io abbia mai visto e mi sta urlando ancora una volta che finiremo nei guai se non mi sbrigo a voltargli le spalle e ad andarmene.
"Curiosità." Si giustifica e alza le mani in segno di resa.
"Fattele passare certe curiosità." Gli dedico un occhiolino e finalmente trovo la forza di girarmi verso il bagno, metterò la felpa e andrò via.
Ma Clemente decide che non è ancora momento, mi afferra da dietro e mi volta verso di lui.
"Non è curiosità, va bene? Io impazzisco al solo pensiero che qualcun altro ti tocchi." Mi tiene ferma per le spalle di fronte a lui, parla a raffica, sembra un vulcano pronto all'eruzione, così mi afferra per la nuca e mi bacia. Adesso davvero non ce l'ho più la forza di andare via.
Lo assecondo, abbasso l'ascia di guerra e mi faccio assaporare.
Afferra il cordone dell'accappatoio e lo scioglie veloce, così gli resto nuda di fronte.
Mi lascio toccare ed esplorare, lo fa ogni volta come se avesse scoperto l'America. Clemente sembra naufragare sulle mie coste come se fosse la prima volta.
Ci fiondiamo sul divano senza staccare per un attimo le nostre labbra, sembriamo cani affamati che consumano un pasto dopo mesi di digiuno.
Facciamo l'amore con lo stesso entusiasmo e la stessa scoperta di quando avevamo 16 anni.
Ci avvolgiamo in una coperta e ci addormentiamo stretti l'uno all'altra, come se al mondo non esistesse altro che questo divano, che noi due, che questa mattinata che faticherà ad uscire dalla mia mente.
Mi sveglio poco dopo balzando, Matteo ancora dorme, lo stesso fa Clemente.
Mi guardo intorno e come vorrei che questa fosse la mia quotidianità, stringerci un mattino sul divano di casa nostra, dopo una colazione insieme. Ma devo tornare alla realtà, lì fuori c'è Federico, ci sono i casini che mi ha combinato Clemente e dai quali devo scappare.
Sento improvvisamente il rumore di un auto vicina a casa, spio dalla finestra e vedo che Tina, la mamma di Clemente, ha appena parcheggiato.
"Oh cazzo, Clemè." Lo strattono forte.
"Che c'è? Hai ancora voglia di me?" Ride con gli occhi ancora semichiusi.
"Idiota, sta per entrare tua madre." Bisbiglio e afferro la felpa, corro in bagno. Lo stesso fa Clemente che nella fretta non sembra aver trovato soluzione migliore.
Così ci sistemiamo, la sentiamo entrare ed usciamo fuori.
"Buongiorno Tina." Alzo timidamente una mano e cerco di essere quanto più naturale possibile.
"Oh, Nina, ciao." La vedo perplessa con le buste della spesa tra le mani. Mi fissa coperta solo di una felpona che ho messo come fosse un vestitino, intanto ci raggiunge anche Clemente in pigiama.
"Ue mamma, buongiorno." Urla sorridente.
"B-buongiorno." Ci squadra sempre più confusa. "Perché eravate chiusi in bagno?"
"Ho portato Matteo ma Clemente ci ha messo un po' per aprire e mi si sono bagnati tutti i vestiti con la pioggia." Spiego sforzando naturalezza.
"Le ho dato una mia felpa e messo ad asciugare i suoi vestiti." Mi supporta Clemente.
"Ah, e la stavi aiutando a vestirsi?" Tina lo punzecchia mentre svuota le buste della spesa.
"Io...è meglio che ora vada, devo tornare in caffetteria." Spiego tossendo nervosa. "Vengo a prendere Matteo più tardi." Prendo frettolosa la borsa e me la sistemo sulla spalla.
"Quando vuoi, sono qui." Clemente mi accompagna alla porta maliziando la sua risposta.
"Stronzo." Asserisco e richiudo la porta alle mie spalle.
Devo aggiungere questa mattinata alla lista dei momenti da scordare e devo smetterla di creare ricordi con lui. Piango per tutto il tragitto in macchina, sento un dolore all'altezza dello stomaco, vorrei esplodere in questo momento.
Mi asciugo velocemente gli occhi e rientro in caffetteria, mio padre, mia madre e mia nonna non possono non notare il mio look. Così fanno a gara di occhiate prima che qualcuno di loro si decida a dire qualcosa.
"Che volete?" Chiedo sistemandomi il grembiule.
"Ma che ti sei messa?" Nonna Erminia storce il labbro.
"Non è mia, è di Clemente." Dico frettolosa.
"Oh signore, non voglio sapere altro, risparmiaci i dettagli." Nonna mi rimprovera.
"Ma che avete capito? La pioggia mi ha inzuppato i vestiti quando gli ho portato Matteo e mi ha prestato questa." Sbuffo e verso dell'acqua in un bicchiere.
"E ci hai messo così tanto per posare Matteo?" Mio padre mi punzecchia e trattiene una risata.
"Ma che avete? Ero zuppa e gelata, mi ha fatto fare una doccia calda per riprendermi." Sono nevrotica, ora più che mai.
Ho lasciato che Clemente si togliesse uno sfizio mentre io sto morendo di dolore dentro.
Intanto vedo entrare Federico con i soliti pacchi.
"Oh bene, tempismo perfetto." Urlo e gli faccio segno di avvicinarsi al bancone. "Mamma, papà vi presento il mio fidanzato. Almeno una volta per tutte vi togliete questo benedetto dubbio." Urlo e prendo la mano di Federico che intanto sorride felice.
"Finalmente lo hai detto, non ci speravo più." Mi confida e cerca di darmi un bacio, mi scosto e faccio in modo che finisca in guancia.
Scusami, ho appena fatto l'amore con l'uomo che ho sempre amato ma che con me ha scopato e basta.
"Uh Gesù, mia nipote è una malafemmina. Torna con la felpa di un uomo e dice di essere fidanzata con un altro. Tu mi farai morire di crepacuore." Nonna Erminia fa una delle sue solite scenate, si porta la mano al petto e impugna il crocifisso.
"Ma di che parla?" Federico chiede confuso.
"Io devo pregare...." Nonna Erminia continua ma ancor prima che possa finire la sua frase la interrompo.
"Per la mia anima dannata, nonna, sì."
"Mi prendi anche in giro? Non ti vergogni?" Cruccia la fronte e se ne va.
"Scusala, non ci sta più con la testa." Svio il discorso.
"Quindi, sei ufficialmente la mia fidanzata?" Mi getta le braccia al collo. "Certo, sarà difficile competere con il fantasma di Clementino." Confessa quasi in imbarazzo.
"Perché dici così?" Cruccio la fronte.
"Beh sei stata con un rapper fortissimo, io sono un ragazzo che scarica merce..." fa spallucce, lo interrompo prima ancora che possa finire.
"Non hai niente di meno a lui, hai capito?" Cerco il suo sguardo.
"Voglio solo essere alla tua altezza." Mi confida dolcemente.
Ma quale altezza, Federì? Io sono un disastro fatto donna, io di alto non ho nulla, né etica e ne morale. Io sono finita di nuovo a toccare il fondo questa mattina, mentre con te potrei toccare le stelle.
"Ma di che altezza parli? Ma smettila." Lo rimprovero ridendo e lo abbraccio, così le sue labbra si poggiano dolci sulle mie.
"Nina." Una voce dura rompe l'atmosfera.
Clemente mi guarda con aria inquisitoria, resta a fissarmi come intontito.
"Che succede?" Chiedo e mi avvicino preoccupata.
"Ti ho portato Matteo, ho un incontro urgente di lavoro." Spiega a denti stretti tenendo gli occhi fissi su Federico, sembra studiarlo e sfidarlo al tempo stesso.
Continua a fissare lui, poi fissa me. Mi guarda e sembra non vedermi, stringe le labbra incollerito.
"Allora? Dammi il bambino e vai pure." Gli dico frettolosa per paura che possa dire da un momento all'altro qualcosa di noi due stamattina.
Resta fermo ancora un po' come se qualcosa lo tenesse incollato al pavimento.
"Posso parlarti un attimo? Fuori, da soli." Mi dice a denti stretti.
Sbuffo e lo seguo, prevedo già cosa voglia dirmi così mi spazientisco.
"Nina, hai scopato con me stamattina." Mi urla contro.
"Abbassa la voce." Lo rimprovero sussurrando. "Ed è stato un errore, tu sei stato un errore sempre."
"Stai scherzando? Ma chi sei tu, quella che stamattina mi stringeva come se non volesse altro al mondo o quella che trovo abbracciata a questo?" Si avvicina inquisitorio.
"Io voglio stare tranquilla e la mia tranquillità è lui." Mi metto a braccia conserte.
"Stai scegliendo per comodo? Non per amore, Nì?"
Scuoto la testa, spero che non mi escano le lacrime che sento pompare dentro.
"Nina." Federico ci raggiunge. "Va tutto bene?" Chiede guardando prima me e poi lui.
Tiro su con il naso e annuisco.
"Tutto apposto." Faccio per entrare.
"Sì, tutto apposto." Clemente ripete e sembra voglia aggiungere altro, così lo imploro con lo sguardo di stare zitto.
"Nun ta tocc, (non te la tocco) non ti preoccupare. Trattala bene." Quasi sembra un ordine.
"Federico, andiamo." Lo richiamo dall'uscio dell'ingresso.
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