Idee pessime, sogni bellissimi
L'indomani sono sola in casa con Matteo, i miei genitori hanno una piccola caffetteria e sono entrambi lì. Sento suonare il campanello, così corro alla porta e trovo Milena con un cartoccio tra le mani e una faccia di schiaffi.
"Scusami." Mi porge il pacco.
"Scusami? Mi hai abbandonata con tuo fratello e sei andata via." Le urlo contro.
"Lo so, ti ho portato i cornetti per scusarmi." Spiega a mani giunte.
Così imbandisco il tavolo con latte, caffè e i cornetti.
"Avete parlato?" Chiede sorseggiando.
"Di cosa avremmo dovuto parlare?" Lecco via il cioccolato da un dito.
"Del più e del meno."
"Milena, me lo hai sguinzagliato tu davanti? Era tutto organizzato?" Chiedo perdendo la pazienza.
"Andiamo, Nina, ma perché ti scaldi così tanto?" Minimizza e odio quando lo fa.
"Perché? Perché ero innamorata di quel testa di cazzo che ha pensato bene di impasticcarsi e di tradirmi." Mi alzo in piedi, alzo la voce, le lacrime mi infiammano gli occhi.
Facciamo un attimo di silenzio entrambe, fino a quando Milena deglutisce e prende parola.
"Mi dispiace tesoro, hai ragione. A volte scordo quello che hai passato. Ma è mio fratello, tu la mia migliore amica, per me era un sogno avervi insieme. E so anche quanto ti amasse."
"Era un sogno che tuo fratello ha ben pensato di trasformare in incubo, per favore no ne parliamo più e non tendermi più imboscate." Le dico rimproverandola.
Annuisce. "Va bene."
"Dai, mi preparo, che tra un po' vado a dare il cambio a mia madre in caffetteria, così la faccio stare un po' con Matteo." Spiego sparecchiando.
"Io devo correre in università, che palle." Butta indietro lo sguardo.
"Dai, ti tocca." Le do una pacca sul sedere.
"Per fortuna c'è Renato." Dice con occhi sognanti.
"Uhhh Renato." Imito la sua voce sognante.
Renato è il ragazzo che piace a Milena, sembra uno apposto, uno con la testa sulle spalle e sono felice di saperla così sognante. Al contrario di me che ormai ho smesso di sognare da un po'.
Arrivo in caffetteria, mia mamma urla felice nel vedere Matteo, si toglie velocemente il grembiule e lo prende in braccio.
"Questo piccolino è tutto mio oggi." Gli stampa un bacio sulla guancia.
"Io e papà ce la caveremo alla grande." Sorrido e metto il grembiule, mio padre mi guarda quasi emozionato.
"Non sai quanto è bello vederti di nuovo qui." Mi confida.
"È bello anche per me." Sorrido e inizio a preparare caffè e cappuccini, così se ne va il tempo tra clienti e sorrisi e chiacchiere con mio padre.
È un tipo tranquillo, uno di quelli capaci di farti sentire sempre al sicuro. Mio padre è uguale all'uomo che ogni donna sognerebbe di avere accanto.
Mi ha sempre appoggiata e mai fatta sentire sbagliata, anche quando gli ho detto di aspettare un figlio senza padre.
"Buongiorno." Sento una voce familiare catturare la mia attenzione, Clemente è appena entrato in caffetteria ed io vorrei scappar via.
"Clemè." Mio padre lo saluta sorridente.
"Gennarì, buongiorno." Ricambia il saluto anche lui. "Hai una barista d'eccezione oggi." Scherza e si siede al bancone.
Io resto con il mio broncio, non ho voglia di dargli confidenza.
"Però così li fai scappare i clienti." Mi punzecchia.
"Sorrido a quelli che se lo meritano." Lo punzecchio anche io e continuo a preparare il vassoio. "Che prendi?"
"Un caffè e la possibilità di parlare con te." Tamburella con le dita sul bancone e si mette ad attendere.
"Cosa dovremmo dirci?"
"Tutto o niente." Fiata. "Vorrei solo parlarti civilmente, senza avere paura di farlo."
"Tu che hai paura di fare qualcosa? Questa mi è nuova." Gli porgo il caffè. "È amaro." Cerco di andare ai tavoli.
"Non scappare." La sua voce mi frena. "Come stai?"
"Sto bene." Faccio spallucce.
"Sto bene anche io." Dice e sorseggia. "Non come quando c'eri tu però."
"Senti Clemè, che vai cercando?" Mi spazientisco.
"Niente Nina, niente." Si alza dalla sedia.
Forse sono dura, ma forse è l'unico modo che ho di difendermi dal dolore.
Il dolore, sì, quello che continuo a provare ogni volta che penso a lui, che penso a me e lui. Che penso a tutto quell'amore che non riuscivo a smettere di provare.
"Stasera faccio una serata live, sotto le stelle, in spiaggia. Ci vieni?" Chiede cercando il mio sguardo.
Faccio "no" con la testa, mentre mi porge un bigliettino della serata.
"Pensaci." Mi sorride e se ne va.
Resto tutto il giorno a pensare a quel bigliettino, alla serata, alla voglia che ho di rivederlo.
Sento Milena, prima ancora che io possa chiederle se andrà alla serata mi dice che lei e Renato si sono dati appuntamento per cenare insieme.
Penso così di restare a casa, di scordare quel dannato biglietto, che di incasinarmi la vita non mi va proprio.
"Mamma, ti spiace se tieni anche per stasera Matteo? Milena mi ha invitata a bere qualcosa, è un po' giù e vorrebbe fare due chiacchiere." Chiedo, cercando di evitare il suo sguardo, è pur sempre la donna che mi ha messa al mondo e capirebbe subito che mento.
"Certo, Matteo è un angelo, vai pure." Sorride incoraggiandomi.
Così non me lo faccio dire due volte, mi sono vestita, ho preso l'auto di papà e mi sono fiondata alla serata.
Pessima idea!
Prendo un drink, almeno butto giù qualcosa per dimenticare, intanto do un'occhiata alle persone intorno.
Mi sento così stupida, sono venuta ad una festa tutta sola per sentir cantare il mio ex fidanzato.
Sbuffo e mi alzo dalla sedia, l'unica buona idea che mi è venuta è quella di andar via.
"Dove scappi?" Clemente mi ha appena raggiunta.
"Hey." Sorrido imbarazzata.
"Vuoi già andare via?"
"Io... è stata una pessima idea venire. Mi annoio." Sbuffo.
"Anche io, andiamocene." Mi dice prendendomi la mano.
"Sei impazzito?" Sgrano gli occhi.
"Può darsi." Fa segno a qualcuno di avvicinarsi, riferisce qualcosa all'orecchio, mi prende poi sotto braccio e mi trascina con lui.
"Non dovresti cantare?"
"Diranno che sto male." Fa spallucce.
"Clemè, senti, è la tua carriera..." comincio a parlare ma prima ancora che io possa concludere mi interrompe.
"Che ti va di fare?" Chiede.
"Come?"
"Avanti Nì, che vuoi fare? Tutto quello che vuoi."
"Mh." Alzo gli occhi al cielo. "Vorrei prendere cibo al Mc e mangiarlo davanti al mare." Dico entusiasta come una bambina.
"E allora Mc al mare sia."
Detto fatto, mi porta su una spiaggia e iniziamo a mangiare.
"Era il nostro cibo preferito, ricordi?" Mi dice portandosi delle patatine alla bocca.
Annuisco e sorseggio dal bicchiere.
"E a me piaceva venire in spiaggia, ricordi?" Dico io a lui, affondando i miei occhi nei suoi.
"Certo, mi ricordo tutto ciò che riguarda te e noi." Ammette, deglutisce poi imbarazzato.
"Stiamo davvero ricordando i bei momenti ignorando tutto quello che è successo?" Rido sarcastica. "Andiamo, tu sei stato tossico per me, ma perché facciamo così?"
"Così come?" Chiede e sembra quasi messo all'angolo.
"Così finta, Clemè. Come se non ti fossi mai strafatto di qualsiasi schifezza e non mi avessi mai tradita." Mi alzo.
"Sono pulito ora." Dice e ha lo sguardo quasi spaurito. "E non ero io quando ho fatto quello che ho fatto."
"E me lo stai dicendo perché? Andiamo, io ho un figlio e tu devi pensare alla tua carriera. Torniamo con i piedi per terra." Gli dico in pieno viso, quel viso che non riesce ad uscirmi dalla testa e che mi tormenta notte e giorno. Il suo viso che ritrovo contro il mio. Il suo naso sfiora il mio naso, il suo pollice mi sfiora le labbra che al suo tocco tremano.
"Lo sai pure tu che non riusciremo a starci lontani, sei dovuta scappare a Londra per riuscirci." Mi sussurra sulle labbra.
"Ma che ego smisurato." Lo spintono.
"Vuoi negarlo?"
Mi avvicino di più, studio ogni tratto del suo viso. "A Londra mi sono rifatta una vita, ti ho dimenticato presto, no?"
"Stronza." Mi dice a denti stretti.
"È stata una pessima idea, ogni volta che mi sono avvicinata a te è stata una pessima idea." Gli urlo contro e vado via.
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