𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐒𝐄𝐂𝐎𝐍𝐃𝐎

La famiglia Black era nota per il suo custodire numerosissimi segreti. Non c'era scusa che tenesse, i membri di quella famiglia si portavano appresso un enorme bagaglio di informazioni che dovevano celare al resto del mondo per il bene di tutti. Anche se, a dire il vero, ai Black importava poco o nulla di tutti coloro che fossero estranei al gruppo delle Sacre 28, ossia, quelle poche famiglie purosangue che, nel loro albero genealogico, non avevano permesso ad alcun mezzo sangue né ad alcun magonó di intaccare la loro pura linea sanguigna. Nonostante ciò, James Fleamont Potter, sperava vivamente che, colui che da sei anni a quella parte considerava come suo fratello, potesse fare un'eccezione a quella regola non scritta che era legata al suo cognome. Sirius Black, difatti, che era cresciuto nel tempo fino a divenire un attraente ragazzo di diciott'anni che, durante la sua lunga carriera scolastica alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, non era mai stato definito come puntuale, tutt'altro. Tuttavia, dall'inizio del quarto anno di scuola, James e gli altri due componenti dei MalandriniRemus John Lupin e Peter Pettigrew, avevano notato come il giovane Black avesse iniziato a fare svariate assenze. A definirle meglio, secondo i tre ragazzi, si trattava di vere e proprie sparizioni, difatti, in quelle giornate, il loro amico si assentava già da prima che loro si alzassero alla mattina e tornava solamente dopo che tutti si erano già coricati da un bel pezzo. Avevano provato ad aspettarlo desti, ma questo non aveva sortito nessun effetto, se non l'incremento di ritardo da parte del giovane ragazzo dagli occhi grigi. Sirius, inoltre, non si era mai minimamente degnato di donare una valida spiegazione ai suoi migliori amici riguardo quelle sue sparizioni, liquidando, o sviando, l'argomento sempre con qualche stratagemma. I ragazzi avevano dunque tentato di trovare uno schema che potesse ricollegare quelle strane sparizioni, tuttavia, se in un primo momento credevano di aver captato che quelle assenze combaciassero con le stesse effettuate dal fratello minore del Balck, Regulus Arcturus Black, si dovettero ricredere quando, poco dopo, le assenze cominciarono ad essere effettuate, sempre da entrambi i fratelli, ma ad intervalli irregolari e senza che combaciassero una singola volta. Si ritrovarono, dunque, un altra volta punto a capo. Il giovane capitano della squadra di quidditch di Grifondoro, erano anni che veniva tormentato dal quel mistero che il suo migliore amico si portava appresso. Cosa poteva mai essere di così enorme, di così grave e di così orrendo, da dover essere celato perfino ai suoi amici più cari, perfino a lui, che qualche anno prima lo aveva ospitato a casa sua, quando Sirius era fuggito dalla residenza della sua famiglia a causa degli abusi che subiva in continuazione. Non riusciva a darsi pace. Non sarebbe riuscito a tollerare ancora a lungo che quell'incognita ronzasse nella sua vita. Voleva sapere cosa facesse Sirius in quelle dannatissime giornate. Doveva saperlo. Fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto in quella dannatissima vita.


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La scorsa giornata, era stata proprio una di quelle giornate.  Quelle ventiquattr'ore in cui, Sirius, non aveva la possibilità di vedere e/o parlare con i suoi amici. Gli unici contatti che in quei lassi di tempo poteva avere con loro, infatti, avvenivano tra i loro corpi addormentati e le sue pupille: la mattina presto, quando ancora dormivano beati; e a tarda notte, quando era già un pò che si erano lasciati trasportare nel mondo dei sogni. Erano anni, oramai, che celava loro quel segreto, quasi quattro, ad essere precisi. Gli doleva dover nascondere una parte così importante e profonda della sua vita ai suoi più cari amici, coloro a cui avrebbe affidato la sua stessa vita, tuttavia sapeva che fosse meglio così perché, in quel caso, non c'era in ballo solo la sua di vita, ma quella di una delle persone più importanti della sua intera esistenza, se non, la più importante. Quella mattina, quando si svegliò, un profondo senso di angoscia e depressione gli mozzò il respiro, i letti degli altri tre coinquilini di quella stanza erano vuoti e il giovane Black si concesse qualche minuto per riprendere a respirare normalmente. Succedeva spesso, quando tornava dalle sue fughe, che si sentisse spossato il giorno seguente, non ne aveva mai capito il motivo e non si era neanche preoccupato di scoprirlo cosa che, probabilmente, invece suo fratello Regulus aveva fatto. Tuttavia, quella precisa mattina non si trattava unicamente di avere fastidi allo stomaco o al torace, era un disagio che andava oltre il fisico per raggiungergli cuore e mente e stringerli in una pesante morsa d'ansia. C'era sicuramente qualcosa che non andava, ma giunti a quel punto, non avrebbe mai potuto verificarlo, né tantomeno sistemare la situazione. Era semplicemente un fottuto impotente. Controllò l'orario e si rese conto di essere in ritardo, come al suo solito. Si alzò dal letto e si prese qualche attimo per respirare profondamente, sentiva che da un momento all'altro avrebbe rimesso tutto il cibo che aveva ingerito il giorno precedente. Si diresse verso il bagno, che condivideva con gli altri Malandrini, ma prima che potesse anche solo appoggiare la sua mano sulla maniglia d'orata della porta di mogano, quest'ultima venne velocemente spalancata dall'interno. James e Sirius si osservarono alcuni secondi. Il primo con l'espressione serena, il secondo, con una vuota. Dalle spalle di James si propagava una fitta coltre di vapore ed una temperatura decisamente elevata che, collegata ai capelli bruni del ragazzo, ancora umidi, poteva far risalire benissimo alla quotidiana doccia mattutina che il giovane Potter aveva l'abitudine di fare. Fu proprio quest'ultimo, alla fine, a prendere la parola.
"ti sei svegliato alla fine eh?" lo sbeffeggiò, passandogli affianco per superarlo e avvicinandosi al suo letto. Aveva il petto nudo ed un lungo pantalone di flanella a scacchi, parte del suo pigiama. Si infilò la candida camicia della sua divisa scolastica ed iniziò ad armeggiare con gli ultimi bottoni dell'indumento quando si accorse che Sirius, in realtà, non gli aveva ancora risposto. Si accigliò.
"amico, tutto bene?" il giovane Black, che stava per chiudere la porta del bagno dietro le sue spalle per darsi una sciacquata prima delle lezioni, si fermò un attimo a contemplare la domanda. Stava seriamente ragionando sulla risposta da dare al ragazzo che aveva di fronte e ciò, non fece altro che incrementare la preoccupazione di James.

"si Ramoso, tutto bene, non preoccuparti." concluse infine, mentendo, forse per la prima volta nella sua vita, a James e lanciando un sorriso di sbieco al prefetto dei Grifondoro, che non perse neanche per un attimo l'espressione accigliata che gli si era dipinta in volto attimi prima, neanche dopo che la porta del bagno gli venne chiusa davanti la faccia.


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"per Merlino James, basta! Non ero da nessuna fottutissima parte ieri!" sbottò esasperato Sirius mentre tentava, invano, di sfuggire all'amico. Era abituato ai continui quesiti, da parte del suo gruppo di amici, riguardo le sue svariate assenze tuttavia, quella mattina, James si stava rivelando particolarmente insistente, il che, addizionato al cattivo umore che il giovane Black si portava appresso da quando aveva aperto gli occhi, non avrebbe portato di certo a nulla di buono. Entrambi ne erano consci.

"non è solo ieri! È ieri, la settimana scorsa, il mese scorso, i tre anni scorsi e probabilmente sarà tutta la vita a venire!" sbottò di rimando il giovane Potter. Le lezioni erano iniziate già da un pò oramai, ma i due sembravano non curarsi della cosa. Difatti, i grifoni, erano usciti di fretta dalla loro sala comune, passando per la Sala Grande per afferrare il poco cibo rimasto sulle tavolate rosse e oro presenti nella sala. Sirius aveva allora accelerato il passo per raggiungere la prima aula che avrebbero dovuto frequentare i due quella mattina, studiando nella sua mente una scusa plausibile per il loro ennesimo ingresso posticipato ad una lezione, ma, James, sembrava avere altri piani per quella mattinata.
"sono quattro anni che sparisci per intere giornate, credo di meritare una cazzo di spiegazione!" continuò il bruno, muovendo un altro passo verso l'amico. I due ragazzi, a forza di inseguirsi e fuggire, si erano ritrovati su una delle tante rampe di scale della scuola, Sirius un paio di gradini più in alto rispetto all'occhialuto. Se fosse stato solo un pò meno lucido probabilmente si sarebbe lanciato già dalla scala piuttosto che rispondere ai quesiti del giovane Potter.

"non ero. Da nessuna. Parte." sibilò incattivito il corvino, avvicinando il suo volto a quello dell'amico. I due continuarono a fissarsi negli occhi senza distogliere lo sguardo neanche per un attimo. Nessuno dei due avrebbe mollato la presa quella volta. Le scale presero a muoversi, i due ragazzi, ancora presi dalla loro lotta di sguardi, non se ne accorsero e finirono entrambi per sbilanciarsi e cadere a terra quando la rampa su cui si trovavano iniziò a ruotare sulla sua base più velocemente del normale. Quando la scala si fermò, attaccando la sua cima ad un corridoio del terzo piano, il giovane Black si alzò velocemente, dal gradino su cui era caduto, e prese a percorrere il corridoio, non effettivamente conscio di dove stesse andando. In quel momento qualsiasi cosa sarebbe stata meglio della presenza di James, si ritrovò a pensare.

"Felpato!" lo richiamò da dietro il giovane Potter, che con frenesia si era tirato su dalla scala e aveva preso a correre appresso all'amico, incespicando un paio di volte lungo la tratta.

"lasciami stare James!" sbottò di rimando il corvino, non voltandosi nemmeno a guardare l'altro. Era imbestialito, perché James non poteva semplicemente lasciar perdere? Perché non riusciva a capire che lui non poteva dirgli nulla? Perché non si metteva nei suoi panni? Anche se, ripensandoci, Sirius riconobbe che, a posizioni invertite probabilmente neanche lui avrebbe mollato la presa tanto facilmente. Si passò una mano tra i lunghi capelli corvini continuando a camminare per il corridoio.

"Felpa-" James afferrò la manica del mantello di Sirius, parte della divisa della scuola, e lo fece voltare per poterlo di nuovo guardare in viso. Voleva chiarire la situazione al più presto, non era abituato a litigare con il corvino e non gli piaceva per niente la sensazione in cui si stavano cacciando.

"vaffanculo!" sbottò con violenza Sirius, staccandosi velocemente dalla presa del ragazzo e facendo un paio di passi addietro. James socchiuse la bocca, attonito, fissando il ragazzo furente davanti a se. Non aveva idea del motivo per cui il giovane Black stesse reagendo a quel modo, era oltremodo innaturale da parte sua.

"Felp-" tentò nuovamente il giovane Potter, un paio di secondi dopo, venendo nuovamente stroncato sul nascere dal suo migliore amico.

"smettila." il suo tono di voce non era più alto come lo era stato fino a poco prima, tuttavia, James poteva continuare a notare le sue spalle che si alzavano e abbassavano irregolarmente per il ritmo del suo respiro. 
"cazzo perché non riesci a ficcarti in testa che non posso dirti niente." continuò poco dopo Sirius, continuando a mantenere il suo sguardo rivolto verso il pavimento. La sua sembrava più una supplica che un rimprovero. A James si contorse lo stomaco vedendo come quel segreto stesse lacerando l'anima del suo amico.

"Sirius ti stai consumando, guarda come ti sei ridotto." sospirò il giovane Potter, avanzando, con cautela, di un solo passo. Il respiro del suo amicò accelerò all'improvviso, Sirius lasciò cadere a terra la sua borsa scolastica e appoggiò entrambi i palmi delle sue mani sulle sue ginocchia. L'inspirazione e l'espirazione del giovane Black si fece, d'un tratto, rumorosa e James decise di mandare a fanculo la cautela e di avvicinarsi velocemente al suo amico che rimase immobile nella stessa posizione. L'occhialuto si inginocchiò, poggiando le sue mani sulle spalle del giovane Black. Strisciò sul pavimento, scostando i lunghi capelli dell'amico, fino a trovarsi contro il suo viso. Ciò che si trovò di fronte gli fece tornare su tutta la colazione che aveva ingerito freneticamente quasi un ora prima. Il volto di Sirius era uno scempio, mutato dallo sconforto. Le iridi, solitamente di un grigio freddo, del ragazzo, erano state totalmente coperte dalla pupilla nera, non lasciando spazi ad altri colori. Le palpebre erano spalancate innaturalmente, la bocca semiaperta da cui provenivano strani rantoli e lamenti. Il naso creava uno strano rumore sotto il tentativo del corvino di aspirare più aria possibile, cosa che, evidentemente, non stava sortendo alcun effetto. Dopo poco, gli occhi del ragazzo, che non si erano serrati neanche per un secondo, presero a lacrimare, ma neanche questo sembrava poter destare il giovane Black da quello stato d'agonia, anzi, il ragazzo sembrava essere perso, come se stesse vivendo un altra vita o osservando un altra situazione. Era estraneo da quel corpo sofferente. James balbettò qualcosa di incomprensibile, completamente terrorizzato da ciò che stava accadendo a suo fratello. Si tirò in piedi, inciampando sui suoi stessi piedi e maledicendo qualche vecchio mago di poca importanza.
"okay Felpato, va tutto bene, ora ti porto in infermeria." spiegò il bruno, più per tentare di tranquillizzare se stesso che l'amico agonizzante. Era abbastanza sicuro che, in quello stato, non lo avesse neanche sentito. Invece, contro ogni aspettativa, la mano sinistra di Sirius si staccò dal medesimo ginocchio per artigliare la prima cosa che gli capitasse sotto tiro, la mano di James. Quest'ultimo rabbrividì percependo l'innaturale gelo che il corpo del suo amico emanava. Il giovane Potter corrugò la fronte quando non riuscì a distinguere le parole che il suo amico stava tentando di pronunciare.
"cosa hai detto?" domandò, piegandosi nuovamente verso Sirius e avvicinando il più possibile il suo orecchio destro alle labbra dell'amico, puntando il suo sguardo altrove per riuscire a concentrarsi su ciò che gli stava per essere riferito e non sullo scempio dipinto su quel volto sempre perfetto. James rimase così, chino sul corpo dell'amico, per un tempo che gli sembrò interminabile e, proprio quando le sue gambe sembravano star per cedere, Sirius finalmente lasciò che l'amico lo comprendesse.

"Silente." fu l'unica parola che riuscì a pronunciare.




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