𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐐𝐔𝐀𝐑𝐓𝐎

Era ormai un pò che i tre sedevano attorno al tavolino del bar che dava un fisso impiego a Sam, ma nessuno di loro accennava ad alzarsi dal suo posto ed abbandonare quel luogo che aveva visto, negli anni, la loro amicizia nascere e consolidarsi.
"fidati At, é sempre la stessa solfa." ripetè, per l'ennesima volta, Clary, mentre giocava con un tovagliolo di carta che, poco prima, aveva estratto dall'apposito contenitore, situato sopra il tavolino.

"tutte le volte?" domandò per conferma la corvina, guardando negli occhi prima l'amica che aveva di fronte, e poi l'amico invece era seduto al suo fianco. Il suo turno era finito da poco più di una mezz'ora ma sembrava non creargli problemi il dover rimanere ancora chiuso lì dentro.

"tutte le volte." risposero entrambi, all'unisono, mentre annuivano esageratamente con il capo. I due, difatti, abituati a quella scena già vista e rivista, non prendevano sotto gamba la situazione, ma sapevano cosa potersi permettere e cosa no. O, almeno, lo avevano saputo fino a quel momento. La giovane Black lasciò andare un sospiro amaro, che conteneva tutta la frustrazione ed il tedio che stava provando.

"Dio che cazzo di schifo." borbottò Atria, passandosi le mani tra i lunghi capelli, per poi farle fermare sopra il suo volto. Stava ancora cercando di assimilare tutte le informazioni che aveva ricevuto dallo stupido post-it che si trovava nella sua giacca. Era una cosa fuori dal mondo.

"ci dispiace At. Sappiamo che ora è difficile per te ma ved-" il tentativo di consolazione di Sam, e le lievi carezze che quest'ultimo stava donando alla schiena della ragazza che gli occupava il cuore, vennero bruscamente interrotte dalla parlantina di quest'ultima.

"non è per la mia famiglia biologica, di quella non mi importa." spiegò stizzita la Black, come se spiegarlo fosse una perdita di tempo perché il concetto era più che ovvio e tornando nuovamente a sedere compostamente. I suoi due amici la guardarono, confusi. Quella non era sicuramente la prima volta che affrontavano lo stato sconvolto di Atria dopo la scoperta della sua storia e del suo stato mentale, tuttavia, era decisamente la prima volta che ammetteva una cosa del genere. Dinanzi a loro, per lo meno.
"è questa fottuta amnesia. Insomma...quante volte avremo vissuto questa scena?" domandò retoricamente la Black, guardando nuovamente entrambi i suoi amici. Clary e Sam si scambiarono uno sguardo, incerti sull'effetto che la divulgazione di quell'informazione avrebbe potuto avere sulla loro amica che sembrava essere già stata adeguatamente destabilizzata per quella mattinata.

"At-" tentò di farle cambiare idea la rossa, allungando una sua mano verso quelle dell'amnesica. Tuttavia, quest'ultima, le ritrasse prima di poter avere un qualsiasi tipo di contatto con l'amica.

"no Cla, dimmelo." ordinò risoluta la corvina, puntando le sue iridi grigie in quelle scure dell'amica che, sconfitta, si ritrovò a sospirare. Non sapeva come ribellarsi quando Atria assumeva quel tono autoritario.

"io...non lo so di preciso, quante volte saranno state?" cominciò a farfugliare a disagio la rossa, strofinando i palmi delle mani sudate sulle cosce e puntando il suo sguardo su Sam che, tuttavia, non aprì bocca, non volendo essere coinvolto in quella specifica conversazione. Clary sbuffò, spostando nuovamente il suo sguardo lontano da Sam, che si era rivelato totalmente inutile e nuovamente su Atria. Alle volte, la rossa, trovava fastidiosi i sentimenti che l'unico ragazzo del gruppo provava per la loro amica affetta da amnesia. Non tanto perché a lei piacesse Sam o cose simili, no, ma per il semplice fatto che alle volte Sam si lasciava trasportare dai suoi sentimenti e pur di non andare contro ad Atria faceva fare il "lavoro sporco" a Clary. Come in quell'esatto momento, per l'appunto.
"dipende dal periodo. Ci sono stati periodi in cui è capitato un paio di volte al mese." si decise finalmente a rispondere la ragazza. Sperando, invano, che quel frammento di informazione avrebbe potuto saziare la, oramai nota, sete di conoscenza dell'amnetica.

"e i periodi in cui sto meglio invece?" domandò velocemente la Black, sporgendosi appena con il busto verso la ragazza dai capelli rossi. Non sapeva neanche lei se era eccitata o arrabbiata.

"At." la richiamò Sam, poggiandole una mano sul braccio e facendole nuovamente posare la schiena sullo schienale della sedia che la ragazza occupava. Atria spostò il suo sguardo sul ragazzo.
"sono quelli i periodi in cui stai meglio." sussurrò poi lui, guardandola negli occhi dispiaciuto. La rossa sospirò grata. La corvina staccò immediatamente i suoi occhi da quelli dell'amico, la nausea che le risaliva dallo stomaco alla vista del sentimento che riempiva gli occhi di Sam: pena.

"e gli altri?" domandò a Clary, senza però osservare nessuno dei suoi due amici. La rossa sospirò, esausta. Era parecchio che Atria non insisteva così tanto per conoscere meglio la sua malattia e soprattutto, la ragazza non sembrava mai aver reagito così male alla scoperta della sua storia, non come stava facendo quella mattina per lo meno.

"anche due o tre volte alla settimana." pronunciò frettolosamente la rossa, a bassa voce, quasi vergognandosi delle parole che le stavano uscendo dalle labbra, quasi vergognandosi del fatto che ne era più conscia lei, che la stessa ragazza affetta da quella malattia bastarda. Atria restò per un pò a testa bassa, gli occhi sbarrati e puntati sulle sue mani, posate sulle sue cosce, nude a causa della gonna che si era tirata su. Forse era per quello che i suoi genitori l'avevano abbandonata? Perché era un'idiota incapace di ricordarsi le cose? Doveva per forza essere per quel motivo. Sam e Clary la osservarono, preoccupati e dispiaciuti. Se avessero dovuto individuare il periodo più brutto vissuto, da quando si erano conosciuti a quel momento, avrebbero sicuramente indicato tutti i momenti come quello che stavano vivendo in quell'istante. Ossia quei momenti in cui la corvina era costretta a ricordare la storia della sua vita. Atria soffriva indicibilmente, ma anche per loro non era esattamente una passeggiata.

"scusate." sussurrò infine la corvina. Si tirò in piedi, afferrando i suoi averi, per poi prendere a camminare frettolosamente fuori dalla stanza e, successivamente, fuori dal locale. I due aspettarono un paio di secondi, rintontiti da quella fuga inaspettata, poi, si alzarono entrambi velocemente dai loro posti e presero a seguire la loro amica. Non avrebbero sicuramente osato lasciarla da sola, non come quegli idioti che gestivano il Barnardo's, l'orfanotrofio dove risiedeva Atria. Difatti, i due amici, detestavano indicibilmente sia quel luogo che il suo personale incurante. Nonostante fosse uno degli orfanotrofi più prestigiosi di Londra, finanziato dalle famiglie più ricche della città che li avevano trovato ed adottato i loro stessi figli, non avevano la minima cura di quei pochi ragazzi e bambini che uscivano fuori dagli schemi della monotona conformità della vita. Come, ad esempio, Atria che veniva sempre lasciata libera di girovagare per la città, senza il minimo controllo. Fattore impensabile per una ragazza che soffriva di un'amnesia grave come la sua. La Black quasi neanche se ne rendeva conto, se aveva uno dei suoi attacchi non rammentava nulla e quando invece era conscia di sé, della sua storia e della sua vita era contenta di non dover essere assillata dai vigilanti di quel posto che le stava più che stretto. Dunque, i due amici uscirono dal locale, controllarono a destra e a sinistra, la figura dell'amnesica non si palesò ai loro occhi, e questo li preoccupò immediatamente. Si divisero e presero a cercare Atria in ogni vicolo di Londra. Sembrava proprio una caccia all'uomo.


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"ah sei astemia!?" domandò Atria, o meglio urlò, rivolta a Clary, che aveva appena rifiutato un sorso del drink che la corvina stava consumando. La rossa annuì, per poi prendere a braccetto la Black e condurla lontano dal bar, dove la fila di persone che volevano ricevere la loro ordinazione, stava aumentando a dismisura man mano che il tempo passava. Le due camminarono nel locale fino a raggiungere il divanetto dove avevano lasciato Sam, quasi una mezz'ora prima. Non che la distanza divanetto-bar e bar-divanetto fosse così ampia, tuttavia, la calca di persone presente nel locale era tale da rendere quasi impossibile muoversi in quel luogo. Erano passati sei giorni da quella domenica, era sabato sera ed i tre amici si trovavano in una rinomata discoteca londinese. Di quelle nascoste dietro le pareti di, apparenti, comuni bar vintage che nascondono in realtà passaggi segreti per accedere ai locali notturni. 

"ci avete messo una vita!" si lamentò il ragazzo, allungando una mano verso il bicchiere di plastica che la Black teneva in mano. Lei, capendo le sue intenzioni, glielo allungò. Lui sorrise per ringraziarla, afferrò il bicchiere e fece un sorso dalla bevanda alcolica presa dalla sua amica, sentendo velocemente la familiare sensazione di calore risalirgli la gola. Dopodiché, ripassò il suo bicchiere alla corvina. 

"hai visto quanta gente c'é!?" rispose la rossa, indicando la calca di persone ammassate per tutto il locale, mentre si sedeva alla destra del ragazzo. Lui si scansò, per farle più spazio.
"mamma che dolore ai piedi." si lamentò poi Clary, muovendo le caviglie, come se ciò avesse potuto alleviare la sua sofferenza. Dopo di lei, si sedette anche Atria sul divanetto, questa volta alla sinistra del ragazzo. I tre si dovettero stringere appena per poter stare tutti seduti correttamente, ma la cosa non li turbava. 

"finisco questo poi andiamo a ballare okay!?" domandò retoricamente la corvina, sbattendo davanti il volto dei suoi amici quello che rimaneva della sua bevanda alcolica. Gli altri due annuirono in risposta, prima di prendere a parlare di solo Dio sa cosa. La Black si prese quel tempo per guardarsi attorno. Dalla scorsa domenica non aveva più avuto attacchi di amnesia e ne era infinitamente grata. Il locale in cui si trovavano i tre, a detta di Sam e Clary, lo avevano frequentato una miriade di volte, era il loro preferito. Tuttavia, la corvina si prese tutto il tempo del mondo per studiarselo per bene, non se lo ricordava affatto. Le piaceva la sensazione dell'alto volume della musica, come se da un momento all'altro tutto e tutti sarebbero potuti scomparire in essa. Le piacevano anche i toni bordeaux delle luci e del mobilio. Sì, era decisamente un bel luogo quello. Quando anche l'ultimo sorso della sua bevanda fu rimosso e nel bicchiere non rimasa altro che cubetti di ghiaccio, la ragazza si appoggiò a terra il contenitore di plastica vuoto. Poi si voltò verso i suoi amici, che ancora parlavano fitto fitto toccò la spalla di Sam, che si voltò a guardarla.
"andiamo?" domandò la corvina, mentre spostava una ciocca dei suoi scuri capelli, piastrati per l'occasione, dietro l'orecchio destro, rivelando così un orecchino pendente sui toni dell'argento. 

"andiamo!" esclamò Sam che, anche, aveva voglia di andare a ballare in pista. Una volta che il ragazzo si fu tirato su, seguito a ruota da Atria, i due allungarono una delle loro mani verso la terza componente del gruppo che, ancora seduta sul comodo divanetto, ci mise un istante prima di decidersi definitivamente ed afferrare gli arti che i suoi amici le stavano porgendo. La rossa, una volta in piedi, si sistemò la gonna, che si era tirata su mentre era seduta, poi i tre presero a camminare per il locale alla ricerca di un buco, tra la calca di persone, che permettesse loro di scatenarsi in pista. Lo trovarono piuttosto velocemente e presero a muoversi a ritmo di musica. Sam, diversamente dalla maggior parte della popolazione maschile londinese, non rimaneva fermo impalato, ma cantava e ballava con le sue due amiche. Atria e Clary, variavano da movimenti più maschili, con cui tenevano compagnia a Sam, a movimenti più sensuali che limitavano unicamente a loro due. Passato un quarto d'ora, giunse una canzone che Sam e Clary conoscevano a memoria mentre, Atria, non rammentava di aver mai sentito e non a causa dell'amnesia. Quindi i due, sempre rimanendo vicini alla Black, presero ad urlarsi contro le parole del brano che stava venendo riprodotto. La corvina si limitava a ondeggiare i fianchi e sorridere, di tanto in tanto, quando i suoi amici le rivolgevano lo sguardo. Al ritornello della canzone, quando l'amnesica poteva giurare di riuscire ad identificare le urla dei suoi amici al di sopra del volume delle casse del locale, un leggero tocco sulla spalla sinistra la fece voltare. Si ritrovò davanti un ragazzo, più alto di lei, a causa del buio e delle luci bordeaux del locale non riuscì ad identificare né il colore dei suoi capelli, né quello delle sue iridi, tuttavia, erano entrambi sicuramente scuri. Il ragazzo in questione aveva un paio di pantaloni scuri ed una camicia bianca, che gli fasciava il petto tonico e le braccia muscolose, con le maniche arrotolate fino ai gomiti. Il tutto incorniciato da uno smagliante sorriso da far perdere i sensi. Era stupendo.

"ciao!" esclamò lui, sperando di essersi fatto sentire sopra il volume della musica del locale. Lei sorrise di rimando.

"ciao!" rispose. Atria non ricordava né se quella fosse la prima volta che un ragazzo la approcciava in discoteca, né cosa si dovesse o meno fare. Tuttavia, non sarebbe stato un problema, dato che anche il ragazzo di fronte a lei sembrava abbastanza spaesato.

"come va la serata!?" domandò lui, dopo un attimo di silenzio.

"per adesso bene! la tua!?" rispose lei, rigirandogli la domanda per non far morire la conversazione in un imbarazzante silenzio.

"benino!" rispose lui velocemente, pentendosene subito dopo, non voleva sicuramente fare la figura del patetico sfigato.

"come mai!?" domandò Atria, corrucciando la fronte. Lui la trovò estremamente adorabile, forse anche troppo.

"è la mia prima volta qui! Sono venuto con un amico, che doveva vedersi con sua sorella, ma mi ha abbandonato!" spiegò il ragazzo, avvicinandosi all'orecchio della corvina per farle capire tutta la dinamica della situazione, ed allungando in braccio per indicarle un punto nella folla. La Black strinse gli occhi e puntò lo sguardo dove l'indice del ragazzo appena conosciuto le stava indicando. Atria individuò una coppia, un ragazzo dai capelli lunghi e scuri, legati in un mezzo chignon ed una ragazza, che sembrava avere dei lunghi capelli biondi, abboccolati con cura, che si stavano mangiando la faccia a vicenda. La corvina corrucciò il viso, raccapricciata, per poi voltarsi verso il ragazzo che aveva di fronte.

"spero che non sia quella sua sorella!" rispose, facendolo ridere. 

"nono, non ho idea di chi sia, dove né quando la andremo a trovare!" chiarì la vicenda il ragazzo prima di ricordarsi che si era dimenticato le basi dell'educazione.
"comunque piacere! James Potter!" le porse la mano lui, sorridendole nuovamente. Atria, si ritrovò ad arrossire, ringraziando infinite volte il signore per quelle luci che impedivano la chiara visione delle sue guance rosee a James.

"Atria Black!" rispose lei, afferrando la mano che il ragazzo gli aveva porto e muovendole appena, su e giù. Il sorriso dalle labbra di lui svanì, all'istante, così come quello dalle labbra di lei. Cos'era successo? Cosa aveva detto? Cosa aveva fatto? Erano questi i pensieri che vagavono velocemente nella testa della ragazza, confusa dalla reazione del Potter. Quest'ultimo, dal canto suo, non sapeva se voleva saltare di gioia o sotto un treno. Il motivo per cui lui si trovava lì, per cui aveva litigato con il suo migliore amico e per cui stavano perdendo delle giornate di lezioni, era proprio davanti a lui, era proprio quella bella ragazza che gli stava stringendo la mano. 

Quella, fu la prima volta, di una lunga serie, in cui James si ritrovò folgorato da Atria, la sorella del suo migliore amico e fratello, Sirius Black.




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