𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝐏𝐑𝐈𝐌𝐎
3 / novembre / 1959
Grimmund Place-12
ore 04.35 am
Quella notte, dal numero 12 di Grimmauld Place, si potevano udire grida atroci, o meglio, si poteva udirle se si possedeva una qualche traccia di magia nel proprio DNA. Gli unici ad udirle, dunque, erano gli stessi abitanti di quell'abitazione buia e fredda. Walburga Black, quella notte, stava mettendo al mondo quello che il medimago, qualche tempo prima, aveva identificato come il primogenito maschio della coppia. Orion Black, il marito di Walburga, come di consuetudine tra le famiglie altolocate nei momenti di parto, era rigidamente seduto nel salotto della loro abitazione, attendendo che lo avvisassero riguardo l'esito del parto della sua consorte. Il tempo pareva trascorrere ad una lentezza atroce e la donna, ai piani superiori dell'edificio, sembrava star soffrendo le pene dell'inferno, non cessando neanche per un istante di emettere strazianti versi di dolore. L'ennesimo grido lacerò il silenzio tombale che per lo più regnava tra quelle mura, ma, quella volta, fu più acuto e disperato dei precedenti. In qualche modo, riuscì a trasmettere ad Orion un senso di inquietudine, come se qualcosa non fosse andato come previsto. L'uomo, dunque, si tirò in piedi, di scatto ma ugualmente composto, si avvicinò a passi lenti alla porta del salotto per affacciarsi al corridoio che collegava quella stanza con l'ingresso dell'abitazione e le rampe di scale che portavano ai piani superiori. Il silenzio improvviso venne interrotto, dapprima, da alcuni gemiti sommessi, poi, dal suono del pianto di un neonato, era uguale al suono che hanno gli agnellini quando vengono sgozzati, si ritrovò a pensare l'ormai capofamiglia Black. Pochi attimi dopo, un elfo domestico scese la rampa di scale su cui gli occhi scuri dell'uomo si erano posati poco prima, la fronte di Orion si aggrottò in confusione notando che il suo servitore non gli stava porgendo un solo fagotto, bensì due.
"padrone, Kreacher le ha portato la sua primogenita e il suo secondogenito." Orion osservò dall'altro i due visini che sbucavano dalle coperte, tenute tra le braccia rachitiche del suo elfo domestico vecchio e scorbutico. Li studiò con attenzione, entrambi, per momenti che parvero interminabili. Non aveva mai pensato alla possibilità di avere due gemelli, ne alla possibilità che la sua prole sarebbe stata costituita, in principio, da una femmina. Prese in braccio la bambina, osservando con attenzione gli occhi serrati della neonata che, poco dopo, arricciò il naso e prese a muovere le labbra. Sembrava volergli dire qualcosa, annunciargli un segreto che sarebbe stato solo loro, tuttavia, l'uomo non lo volle sapere. Tenne in braccio la bambina ancora per poco.
"Atria Walburga Black." sentenziò in fine Orion, dando, alla sua prima figlia, il nome della stella Alpha Trianguli Australis, presente nella costellazione del Triangolo Australe. Dopodiché, la ripose a Kreacher per poter afferrare il suo secondo genito, il suo primo figlio maschio. Gli occhi di lui erano, a differenza della gemella, aperti e, nonostante l'incapacità dei bambini così piccoli di distinguere ciò che entrava nel loro campo visivo, spostava velocemente le sue piccoli pupille, aveva le iridi grigie come le nubi prima di una tempesta. Dava l'impressione di voler conoscere tutto del mondo in cui era stato appena gettato con dolore.
"Sirius Orion Black III." dichiarò il padrone di casa Black, per poi porgere anche il suo secondo genito, nuovamente, nelle braccia del servitore.
"riportali sopra." ordinò poi, all'elfo domestico, che non esitò neanche un secondo ad eseguire l'ordine.
"si padrone, Kreacher porta i padroncini dalla padrona." rispose servizievolmente l'elfo, prima di ricominciare a percorrere, all'inverso, la strada fatta pochi minuti prima. Salì le scale di casa Black con gli occhi di Orion incollati alla nuca. Entrò nuovamente nella stanza dove, Walburga, aveva passato quella dolorosa giornata di novembre. La donna era caduta in un pesante sonno, sfinita a causa degli atroci dolori che, quel doppio parto totalmente inaspettato, le aveva provocato. Le pesanti tende, dell'unica finestra della stanza, erano state completamente chiuse, lasciando che la stanza cadesse in un buio quasi totalmente pesto. Nonostante ciò, il vecchio servitore poteva benissimo distinguere la chiazze di sangue, che la donna aveva perso e che rendevano più scuri i materiali che aveva imbrattato, come, gran parte delle lenzuola da cui era circondata Walburga, il pavimento e perfino la struttura del letto a cui, sia l'elfo che l'aveva aiutata a partorire, sia la stessa strega, si erano appoggiati e aggrappati. Kreacher rabbrividì al raccapricciante ricordo di quello che era stato quel dannatissimo parto, dopodiché, si mosse lentamente sul pavimento di legno, strusciando i piedi sul parquet, in modo tale da non rischiare di ridestare la sua padrona dal suo sonno ristoratore. Sorpassò il letto di quest'ultima e si avvicinò all'unica culla che la coppia Black si era procurata nell'attesa della nascita del loro primo figlio. Con uno schiocco di dita, l'elfo praticò un incantesimo che ridimensionò la culla permettendogli, dunque, di posizionarvici entrambi i gemelli neonati che, ancora, teneva stretti tra le braccia pallide. Finito ciò, udì Orion richiamarlo dall'ingresso dell'abitazione e, con un altro schiocco di dita, si smaterializzò fino all'ingresso dell'edificio dove, l'uomo, si stava infilando il suo lungo cappotto nero.
"padrone, mi ha chiamato?" domandò Kreacher, osservando con attenzione i movimenti eleganti dell'uomo.
"si, sto andando al San Murgo, sarò di ritorno prima di cena, tieni d'occhio Walburga e i gemelli." ordinò Orion mentre si aggiustava il nodo della cravatta. Dopodiché, allungando una mano, richiamò a se la sua bacchetta, precedentemente depositata sul divano del grande salotto. L'elfo si spostò, appena in tempo per evitare che quel pezzo di legno intagliato gli toccasse l'orecchio appuntito. La solita espressione burbera che indossava il servitore si andò a corrucciare maggiormente, andando a creare forti contrasti luce-ombra sul suo volto fino a donargli un'aria più che tetra.
"al San Murgo padrone?" domandò Kreacher, nonostante fosse conscio del fatto che quell'uomo non gli dovesse alcun tipo di spiegazione, anzi. Tuttavia, Orion non si adirò come l'elfo aveva previsto, anzi, ghignò malignamente.
"precisamente, ho una-" si fermò un attimo a riflettere.
"-commissione, da sbrigare." concluse, non nascondendo un folle luccichio nel suo sguardo sempre spento. L'elfo tacque, consapevole della sua posizione e di non poter osare più di ciò. Si fece di qualche passo più indietro e si inchinò al cospetto del suo padrone. Sentì la porta di casa aprirsi, l'aria fredda di novembre penetrare dall'esterno e sferzare la sua pelle dura ed, infine, la stessa porta, richiudersi. Kreacher si rimise in posizione eretta, si avvicinò all'uscio di casa e si stirò in modo da poter raggiungere la maniglia del portone ed inchiavare correttamente. Fatto ciò, con un altro schiocco di dita, l'ennesimo, si ritrovò nella stanza dove aveva lasciato la sua venerata padrona con i suoi due figli e li, attese il ritorno del suo padrone.
⋅•⋅⋅•⋅⊰⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅∙∘☽༓☾∘∙•⋅⋅⋅•⋅⋅⊰⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅
Orion non era affatto un uomo impulsivo, anzi. Era totalmente governato dalla ragione e dalla razionalità. Era un tratto comune nella sua famiglia, non era consentito abbassarsi al livello di qualcosa come le emozioni o i sentimenti, mai. Bisognava sempre rimanere distaccati, da qualsiasi avvenimento, per poter ragionare lucidamente e capire il modo più opportuno per agire, o reagire, senza macchiare di vergogna il nome della potente casata dei Black. Proprio per questo, il medimago che aveva visitato Walburga mesi prima, emettendo una diagnosi errata riguardo la gravidanza della strega, era certo che l'ultima persona che avrebbe visto nella sua vita sarebbe stato Orion, proprio in quel luogo, proprio in quel momento. Quando un membro della famiglia Black veniva a fare visita, senza l'ausilio di un appuntamento formale, voleva dire solo guai, dolore o, in quel caso specifico, morte. Orion non era neanche troppo irato per il fatto che la moglie avesse dovuto soffrire particolarmente durante il suo primo parto, non aveva cura di questa cosa, quanto per il fatto che aveva richiesto il miglior medico dell'ospedale e gli era stato rifilato un totale incompetente. Quest'ultimo, in quel momento, era a terra, in un vicolo buio di una strada casuale a cui il capofamiglia Black non aveva prestato minimamente attenzione. La figura di quest'ultimo sovrastava drammaticamente quella del povero medimago, rannicchiato a terra in preda al dolore.
"vi prego, vi prego, perdonatemi." piagnucolò l'uomo, il camice bianco macchiato del suo stesso sangue che, copioso, fuoriusciva dal suo setto nasale che, Orion, aveva precedentemente preso a calci.
"abbiate pietà." continuò il pestato, cercando di tirarsi appena più su, con gli avambracci, per riuscire ad osservare il neopadre.
"pietà?" ghignò incredulo il Black, un luccichio di follia racchiuso nei suoi occhi sempre spenti, sembrava totalmente uscito di senno e forse, parzialmente, lo era.
"non esiste pietà, esistono però azioni e reazioni." spiegò, muovendosi a passi lenti verso l'uomo steso ai suoi piedi che, per disperazione, cominciò a strisciare all'indietro, per tentare, quantomeno, di non diminuire la distanza che separava lui e il suo ex cliente.
"hai fatto un grosso errore, ed è ora di pagarne il prezzo." continuò Orion. Il medimago cominciò a piangere quando, la sua schiena, si scontrò con una parete, era stato portato in un vicolo cieco, non aveva vie di fuga. Patetico, pensò il suo carnefice.
"avada kedavra." mormorò alla fine il capofamiglia Black. Un lampo verde folgorò il buio che caratterizzava il vicolo, il medimago emise un urlo di puro terrore, giusto un'attimo prima che l'incantesimo, partito dalla bacchetta del suo assassino, giungesse sul suo corpo, poi, nulla. Quando la luce verde si dissipò, Orion aveva steso ai piedi solo un corpo morto, sporco di fango e sangue, rannicchiato su se stesso in maniera totalmente innaturale. Lo osservò per un pò, lo spostò con la punta del piede, schifato, solo per controllare che avesse svolto correttamente il suo dovere. Confermato ciò, sputò con disprezzo sul volto del cadavere. Un paio di secondi ancora e si smaterializzò.
⋅•⋅⋅•⋅⊰⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅∙∘☽༓☾∘∙•⋅⋅⋅•⋅⋅⊰⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅⋅•⋅
Come aveva avvisato, il signor Black rincasò giusto qualche minuto prima dell'orario prestabilito per consumare il pasto della cena. Kreacher era al piano superiore, assieme alla sua padrona che, dopo essersi svegliata, gli aveva ordinato di pulire l'intera stanza dal sangue di cui era imbrattata. Walburga, nonostante desiderasse ardentemente tirarsi su da quel maledetto letto, non ne era capace. Semplicemente il parto l'aveva debilitata troppo a livello fisico e lei non era più in grado di sorreggere il peso del suo stesso corpo, per quanta forza di volontà avesse potuto impiegare, il bacino e le gambe non l'avrebbero aiutata. Anche a causa di ciò, la donna si era categoricamente rifiutata di allattare i neonati. Non avrebbe concesso ai due gemelli di prosciugare anche quella poca forza che le era rimasta per puro miracolo. Quando Orion varcò la soglia di quella porta, dunque, trovò il suo elfo domestico intendo a dare il latte alla primogenita, mentre camminava per una piccola porzione di stanza molleggiando sulle gambe per far addormentare nuovamente l'erede della famiglia Black. Walburga, seduta compostamente sopra il letto, notò immediatamente la figura del marito e le piccole macchie di sangue che macchiavano i pantaloni dell'abito dell'uomo.
"Orion." lo richiamò semplicemente lei, facendolo voltare nella sua direzione, l'espressione stoica. Kreacher, dunque, si voltò anch'egli verso l'ingresso della stanza e, con Atria ancora tra le braccia, si inchinò in segno di rispetto. Il capofamiglia di casa Black parve non notarlo neanche, non dando un briciolo di importanza al suo servo, piuttosto, prese ad avvicinarsi a passi lenti verso il letto utilizzato dalla moglie per il parto, non la vedeva da quando era entrata in quella stanza in preda alle contrazioni pre-parto.
"dove sei stato?" domandò la donna.
"sono passato a trovare il dottore che ti ha seguita durante la gravidanza." spiegò tranquillamente lui, come se nulla fosse accaduto in quelle sue ore di assenza, osservando prima la moglie, poi l'elfo domestico che posava nuovamente la piccola Black nella culla, per poter afferrare il suo gemello.
"quelli non mi sembrano un primogenito." concluse l'uomo, marcando le ultime due parole, per poi riportare il suo sguardo sul volto della donna.
"e?" domandò lei, non tanto per curiosità, quanto per permettere all'uomo di pavoneggiarsi un poco. Sapeva quanto il marito amasse farlo e per rendere la loro convivenza più serena ogni tanto lasciava che lui si sentisse superiore a lei, più forte.
"la sua incompetenza non nuocerà più nessuno." concluse cinicamente l'uomo, prima di voltarsi verso il suo servo, che stava ancora allattando il gemello.
"Kreacher, servimi la cena." ordinò, non curandosi dell'impegno che al momento occupava l'elfo, mentre si incamminava fuori dalla stanza, diretto verso la camera da letto per lavarsi e cambiarsi d'abito. L'elfo domestico poggiò nuovamente nella culla anche il piccolo Sirius e si smaterializzò alla volta della cucina dell'edificio, sparendo dalla stanza in cui rimase solo Walburga assieme ai due pargoli che, ogni tanto, si lasciavano sfuggire qualche lamento andando a spezzare il silenzio. Quando la donna si era convinta che sarebbe rimasta sola a lungo, il marito fece nuovamente capolinea nella stanza, affacciandosi velocemente dallo stipite della porta.
"loro sono Atria Walburga e Sirius Orion Black." annunciò l'uomo prima di sparire nuovamente e definitivamente dalla vista della moglie che, solo in quel momento, si fece conscia del fatto che, fino ad allora, non si era minimamente preoccupata dei nomi che il marito aveva dato ai loro figli.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top