~Edith Davis~
𝐑𝐎𝐋𝐄𝐏𝐋𝐀𝐘 𝐁𝐘: -phvenix -ljttlehobbit
𝑶𝒕𝒉𝒆𝒓 𝒕𝒂𝒈𝒔: -mvrderhouse s-salem -mistyday -aalittlebee killerqueen-_
Nome:
Edith
|Nome comune alla lingua francese, inglese e tedesca, senza corrispettivi italiani. E' di origine anglosassone e significa "colei che lotta per la felicità". L'onomastico si festeggia il 16 settembre.|
Cognome:
Davis
|Riprende il cognome inglese Davis, a sua volta un derivato del nome David.|
Età:
17 anni, nata sotto il segno dei Gemelli il 4 giugno
|E' il terzo segno dello Zodiaco. E' governato da Mercurio. E' un segno Maschile. Il suo elemento è l'Aria, la qualità è Mutevole. Il suo colore è il giallo; la pietra portafortuna è il topazio, con l'agata, e il giorno fortunato è il Mercoledì. Il simbolo astrologico dei Gemelli è il numero romano II, che rappresenta la dualità nonché gli stessi gemelli (questo segno è stato spesso associato al mito greco di Castore e Polluce). Il Sole occupa, nello Zodiaco Tropicale, i gradi dei Gemelli, per approssimazione, dal 21 Maggio al 21 Giugno.
I Gemelli sono il primo segno dello Zodiaco a cui non è legata una funzione vitale (per l'Ariete è dare inizio alle cose; per il Toro, è stabilizzarle). E' quindi un segno fortemente intellettuale, che può permettere alla propria mente di vagare per campi diversissimi, essendo priva da problemi inerenti alla sopravvivenza. Non a caso, è il primo segno di qualità mutevole nel ciclo dello Zodiaco.
Il segno dei Gemelli è tremendamente curioso. Prova, nella conoscenza, un piacere infinito, che è paragonabile a quello che prova il Toro nel cibarsi. I Gemelli sono attenti ai particolari (difficile che si facciano sfuggire qualche avvenimento) e hanno un grande senso dell'umorismo. D'altro canto, questa loro intelligenza ha come contrappeso una certa superficialità, imposta da Mercurio, che fa tornare il Gemelli fra i comuni mortali. I Gemelli ascoltano e guardano tutto ma, il più delle volte, non hanno tempo né voglia di immagazzinare tutto quello che scoprono. Hanno un forte senso teatrale, doti comunicative e una grandissima simpatia, che arricchisce il mondo non meno di quanto facciano le sfuriate dell'Ariete e l'atteggiamento conservatore del Toro. Le loro professioni, oltre che con la recitazione, hanno spesso a che fare con il mondo della parola: sono ottimi relatori e pubblicitari.
Alle volte, i Gemelli vengono accusati di non essere completament e onesti. In realtà, a differenza di altri segni considerati un po' truffaldini, come il Capricorno e lo Scorpione, i Gemelli risultano iniqui esclusivamente causa distrazione.
Alla continua ricerca di stimoli intellettuali, i Gemelli fanno fatica a mantenere la fedeltà a un solo partner. Affinché la persona che vuole tenersi stretto un Gemelli abbia successo, deve offrire continui e nuovi spunti intellettuali. Al Gemelli capita di essere poco interessato all'aspetto fisico: lo stimolo intellettivo è quasi tutto, per lui.
Anatomicamente, il segno dei Gemelli rappresenta i bronchi, i polmoni, l'orecchio interno, nonché le braccia da polsi a omeri. La respirazione, come noto, è un atto automatico del corpo. Questo permette al Gemelli, idealmente, di dedicarsi completamente alla propria intellettualità.|
Nazionalità:
Edith è Americana, è nata a New Orleans, in Louisiana. Ha vissuto lì per i suoi primi anni di vita, fino alla maggior età in cui ha deciso di andare via da quella cittadina in cui tanto aveva sofferto, decidendo di trasferirsi a New York, per trovare fortuna. La madre di cui si sa poco o niente era originaria di Nashville, Tennessee. Ha deciso di trasferirsi a New Orleans per scappare dal marito violento, era solo una ragazzina a quel tempo. Lì conobbe il presunto padre di Edith, fu una cosa di una sola notte, ma che sicuramente segnò la vita di entrambi. Del padre di Edith non si sa nulla, come sparito dalla terra.
Aspetto:
Che tipo di creatura è?:
Vampiro
|Il vampiro è un essere mitologico o folcloristico che sopravvive nutrendosi dell'essenza vitale (generalmente sotto forma di sangue) di altre creature, nonché una delle figure dominanti del genere horror.
Nonostante entità di tipo vampirico siano diffuse in numerose culture ed epoche il termine "vampiro" divenne popolare solo agli inizi del XVIII secolo, in seguito all'influenza delle superstizioni presenti nell'Europa dell'este nei Balcani, dove le leggende sui vampiri erano molto diffuse, sebbene fosse noto anche con altri termini, come βρυκόλακας (vrykolakas) in Grecia e strigoi in Romania. La superstizione nei confronti dei vampiri crebbe a tal punto da far nascere una grave isteria collettiva che in alcuni casi portò a piantare paletti nei cadaveri e ad accusare alcune persone di vampirismo.
I folcloristici vampiri dell'Europa dell'est presentavano una notevole varietà di rappresentazioni, dal simile agli umani al cadavere putrefatto. Fu il successo del romanzo Il vampiro di John Polidori (1819) ad instaurare la carismatica e sofisticata figura del vampiro nelle arti che influenzò le opere vampiresche del XIX secolo e ispirò personaggi come Varney il vampiro (1845) e Carmilla (1872).
È però il romanzo Dracula, scritto nel 1897 da Bram Stoker, ad essere considerato la quintessenza del romanzo vampiresco e che fornì le basi per le opere moderne. Draculatrattò una mitologia costituita da lupi mannarie altri demoni dando voce «allo stato d'ansia di un'epoca» e «alla paura della società patriarcale vittoriana». Il successo di questo libro fece nascere un distintivo genere vampiresco che è ancora popolare nel XXI secolo, con un'impressionante collezione di libri, film, videogiochi e serie televisive.
Una necropoli in un insediamento greco sull'isola di Sicilia è ritenuta molto peculiare perché detiene i resti di "revenants", una figura non-morta simile a un vampiro o zombi. Gli antichi greci credevano che alcuni corpi morti potessero rianimarsi e che per tenerli nelle loro tombe, dovessero essere ritualmente uccisi o intrappolati all'interno in qualche modo, come bloccare il corpo con frammenti di anfora o grandi pietre, come è stato fatto nella necropoli di Passo Marinaro in Sicilia.|
Carattere:
Edith è quel tipo di persona che riuscirebbe a spezzarti con uno sguardo o una parola. È meglio starle alla larga e non infastidirla troppo, non è di certo una persona che ha molto pazienza. Odia parlare ma quando lo fa quello che esce dalla sua bocca sono sempre frasi ironiche e poco gentili. Tende a dire sempre la verità, forse troppo. Non sa cosa significa la parola gentilezza o delicatezza. Chi riesce ad entrare nella sua vita dovrà di certo essere una persona speciale e che sappia come prenderla dato che è una ragazza estremamente difficile. Starle vicino potrebbe portare la persona in questione sulla cattiva strada. Dopo aver frequentato la scuola però ha deciso di volersi migliorare in qualche modo, e a poco a poco ci è riuscita. Sicuramente non diventerà la persona più dolce, gentile, e disponibile del mondo, è sempre Edith, non può cambiarsi del tutto. Ma in quella scuola ha imparato a doversi fidare maggiormente delle persone, e quindi ad aprirsi di più.
Abbigliamento:
Abilità:
Lettura del pensiero
Controllo della mente
Invisibilità
Storia:
Non ha avuto un'infanzia per niente facile. È stata abbandonata dai genitori a solo poche settimane dalla nascita. È stata in orfanotrofio fino ai quattro anni poi è stata adottata da una coppia. L'hanno tenuta per due anni per poi riportarla in orfanotrofio a solo sei anni. A dieci è stata adottata da un'altra coppia che aveva già dei figli. Quella è diventata la sua famiglia per un po' però nonostante tutto non riusciva a sentirsi completamente parte di quella famiglia così a soli sedicianni è scappata di casa. Nella nuova città si è costruita una nuova vita, si è trovata un lavoro e ora vive da sola da un anno.
❛La solitudine ha, a volte, colori e sfumature inattesi, sorprendenti. . .❜
1884
Era una sera di fine maggio, e dire che non sembrava quasi estate anzi, una forte pioggia batteva per le strade deserte.
Lampi e tuoni si battevano in quella piccola città del 1884.
Si sentiva solo il rumore della pioggia e di passi lenti, camminare sul marciapiede.
Una giovane donna camminava con in braccio una neonata piangente. Il silenzio veniva rotto dal suo pianto, quasi sofferente.
La giovane donna sospirò, passandosi una mano sui capelli fradici, con le sue braccia cercava di proteggere la piccola dalla pioggia e dal vento.
Portò lo sguardo sulla bambina che sembrava essersi tranquillizzata.
Dopo poco si fermò davanti a un'imponente struttura.
Il grande portone in legno, bagnato dalla pioggia, proprio in mezzo c'era una grande maniglia in ferro, dove avrebbe dovuto battere per far sentire la sua presenza.
Prese un profondo respiro, le lacrime cominciarono a scendere, confondendosi con le goccioline di pioggia, il respiro era affannato, e sentiva il cuore farsi pesante, così pesante che le sembrò le fosse salito in gola, faceva fatica a parlare
«Perdonami figlia mia, ti prego»
La sua voce uscì come un leggero tremolio, la bambina cominciò nuovamente a piangere, sembrava quasi stesse capendo cosa stava succedendo.
«Crescierai forte, sarai in grandi di camminare da sola, senza l'aiuto di nessuno, senza avere bisogno di me. Sarai buona, sarai dolce, sarai gentile, sarai la persona migliore del mondo» continuò a sussurrarle all'orecchio. Il pianto della piccola si fece più forte, forse aveva fame, o doveva essere cambiata, o semplicemente sentiva che la sua mamma la stava lasciando.
«Mi mancherai così tanto, ti prego, non odiarmi, non farlo. Ci sarò sempre, anche se non mi vedrai, i miei pensieri saranno rivolti solo a te»
La donna, lasciò un dolce bacio sulla fronte della piccola, si accovacciò e lasciò la bambina sul portico.
Battè sul ferro della porta.
Rimase qualche secondo ferma, avrebbe potuto ripensarci, ma non lo fece, non poteva farlo, non poteva ripensarci. Sentì delle voci che arrivavano da dentro la struttura dell'orfanotrofio. Chiuse per qualche secondo gli occhi mentre le lacrime continuavano a scendere, non se lo sarebbe mai perdonato.
Si allontanò velocemente, e sparì nel buio della notte, senza farsi mai più rivedere.
~ • ~
Cinque anni dopo
La primavera ormai stava arrivando, i primi fiori avevano cominciato a sbocciare.
Quel pomeriggio, nel grande giardino dell'orfanotrofio, una piccola figura minuta, spiccava tra il verde acceso del prato, e il rosa chiaro dei fiori.
La piccola se ne stava sdraiata sul prato, mentre giocherellava con i fili d'erba, li strappava, e poi li lanciava in aria, aspettando che le ricadessero addosso, poi batteva le mani e rideva con un grande sorriso.
Indossava un abito, arrivava poco più giù del ginocchio, ma di bello non aveva niente. Sembrava usato da molte persone, ma non se ne curava, infondo chi mai doveva vederla? Assolutamente nessuno
Alzò lo sguardo e sorrise leggermente, senza motivo; era sempre sola, non aveva amichetti lì, le stavano tutti lontano, come se lei avesse qualche strana malattia, ma le andava bene così, si divertiva da sola, non aveva bisogno degli altri.
Lentamente si alzò tenendo la gonna con le mani, per evitare di cadere.
Cominciò a correre e a saltellare per quel prato così chiaro e bello, e lei, lei spiccava in quell'immensità verde.
I lunghi capelli scuri, danzavano in una danza tutta loro, mentre la bambina correva per il prato.
Il suo sorriso però svanì, non appena vide un'altra figura, indossava un vestito chiaro, completamente diverso dal suo. Una chioma bionda si avvicinò alla piccola figura scura, con passo veloce.
I capelli della bambina erano raccolti in una bella treccia ordinata, mentre quelli della piccola figura scura erano completamente sciolti e spettinati.
Gli occhi verdi della bambina si posarono sulla bambina davanti a lei.
«Edith»
Pronunciò il nome della corvina con espressione seria, un'espressione troppo seria per appartenere a una bambina.
La piccola Edith si fermò guardando la bambina davanti a sé.
La guardò interrogativa, senza darle troppa importanza.
«Ciao Annabeth»
La salutò semplicemente, non vedeva l'ora di riprendere la sua corsa.
«Guarda cosa hai fatto, i fiori sono appassiti per colpa tua!»
Esclamò la bambina, indicando con lo sguardo i fiori che ormai erano completamente appassiti, morti.
Edith spostò lo sguardo in quella direzione e notò i fiori, spostò nuovamente lo sguardo su Annabeth, rimanendo in silenzio.
«Guarda che hai fatto! Guarda! La primavera è arrivata e tu hai distrutto tutto. Perché lo hai fatto? Sei un mostro»
Continuò a parlare la piccola Annabeth.
Edith rimase in silenzio, tenendo gli occhi incatenati a quelli chiari della figura chiara davanti a sé.
Annabeth si voltò e fece svolazzare la treccia ordinata, per poi entrare velocemente nella grande struttura.
Edith rimase immobile per qualche secondo, portò nuovamente lo sguardo su quello che era rimasto dei fiori. Per poi andare a sedersi, a gambe incrociate, all'ombra di un albero.
Notò un piccolo vermicello strisciare piano piano, un leggero sorriso spuntò sulle labbra della bambina.
Lo prese delicatamente e lo appoggiò sul palmo della mano.
Cominciò a strisciare lentamente, ed Edith lo guardò, incuriosita.
Il vermicello si fermò, e cercò di scendere dalla mano della bambina, così Edith capì.
Lo mise nuovamente a terra, guardandolo allontanarsi con sguardo triste.
"Sei un mostro"
Si ripeté nella sua testa.
~ • ~
Tre anni dopo
Era un pomeriggio d'inverno.
Il silenzio regnava nel grande orfanotrofio, i bambini sembravano essere spariti, tranne che per una piccola figura: Edith.
Era tornata da qualche giorno nell'orfanotrofio, era stata adottata, l'avevano tenuta per due anni e poi, basta. A quanto pare non andava più bene a quelle persone.
Si trovava in un piccolo angolo di quello che doveva essere il grande soggiorno.
Era seduta dietro al divano, muoveva velocemente il polso mentre impugnava la matita.
Stava scarabocchiando sul foglio in quel silenzio così rilassante.
Ma la pace fu interrotta da una voce di donna, una voce solenne e seria.
«Edith, vieni fuori»
Pronunciò come se fosse un ordine.
La bambina si alzò lentamente, mostrandosi alla donna, era la signora Morrison, la tutrice dell'orfanotrofio.
«Vieni qui, muoviti»
Disse ancora, indicando un punto vicino a lei.
La piccola bambina raccolse il foglio su cui stava scarabocchiando avvicinandosi alla signora Morrison. La guardava con sguardo serio, quasi irritata dalla presenza della bambina, sicuramente non era felice che fosse ritornata.
«Mi hanno riferito cosa hai fatto»
Disse, guardando duramente la bambina.
Edith la guardò confusa, cosa aveva fatto?
«Ti sembra il comportamento adeguato per una signorina?»
Continuò a parlare la signora Morrison, ma Edith continuava a non capire.
«Signora Morrison, io non ho fatto niente»
Disse confusa. Non capiva, eri ritornata da poco, cosa aveva fatto?
«Non si dicono le bugie Edith, Annabeth mi ha raccontato che l'hai graffiata, le hai tirato i capelli e poi spinta nel fango»
Tuonò lei, guardando Edith con sguardo severo.
La bambina scosse la testa, no, lei non aveva fatto niente.
«No! No! Non è vero! Io non ho fatto niente, Annabeth mente» disse tirando con le mani la lunga gonna della donna, ma ella sembrò non calcolarla nemmeno
«Sai cosa succede a chi si comporta male»
Disse la Morrison.
La prese bruscamente per il braccio, cominciando a trascinarla giù per le scale.
Quelle scale che Edith aveva visto solo da lontano.
Si guardò intorno, lasciandosi trascinare, cosa poteva fare una bambina di otto anni? Niente.
La Morrison, una volta finito di scendere le scale, aprì una porta in ferro.
All'interno non c'era praticamente nulla, era una stanzetta piena di muffa e maleodorante, al centro solo un lettino mal ridotto.
«Sdraiati Edith, e non muoverti, riceverai la tua punizione»
Disse la signora Morrison indicandole il lettino.
Rimase ferma per qualche secondo, per poi fare come le aveva detto.
La signora Morrison si avvicinò legandole i polsi e le caviglie.
Stringeva e stringeva e stringeva.
Uno schiaffo le arrivò dritto in faccia, sentiva la pelle bruciare, le sembrava che la pelle le andasse a fuoco, sicuramente la pelle si era arrossata. La signora Morrison diceva che serviva per non farle più commettere gli stessi errori. Poco dopo si allontanò, avvicinandosi alla porta.
«Passerai qui la notte, rifletterai su quello che hai fatto»
Disse la Morrison, per poi uscire, chiudendo a chiave la porta in ferro.
Il buio rapì la stanza, trasformandola in una scatola silenziosa.
La piccola Edith non piangeva, né gridava, si lasciava solamente lacerare dentro, in silenzio.
~ • ~
Otto anni dopo
Tirava vento quella notte, la piccola città era immersa nel buio. Poco persone passavano, chi tornava dal lavoro stanco e magari chi ci andava.
Ma una persona, correva velocemente per le strade. Teneva la gonna stretta tra le mani e il bagaglio che produceva rumore al ritmo della corsa.
Il fiato della ragazza si faceva sempre più pesante, ormai correva da quasi un'ora ma doveva assolutamente riuscire ad arrivare alla fermata di quello che doveva portarla via dalla città.
Edith correva, correva come se non ci fosse un domani.
Arrivò alla fermata dell'autobus su cui sarebbe salita.
Si fermò prendendo respiri profondi per cercare di calmarsi.
Era scappata dalla famiglia da cui era stata adottata, non riusciva a sentirsi parte di essa. Si mise seduta per terra, nonostante il vestito e tutto.
Poco dopo arrivò l'autobus, prese la valigia e salì, pronta per una nuova vita.
~ • ~
Quattro anni dopo
Era la sera dei balli quel giorno, si sarebbe tenuto in una delle case dei ricchi borghesi.
Edith entrò nella grande sala dove si sarebbe tenuto il ballo.
Si guardò un po' intorno sbuffando, avrebbe voluto andarsene il più velocemente possibile, ma non poteva.
Si avvicinò ai banchetti per vedere se poteva mangiare qualcosa ma...non poteva.
Aveva scoperto solo da poco una cosa strana, quasi surreale. Non era umana, no, lei era un vampiro. Già, poteva sembrare una cosa strana, impossibile, ma era così. Avrebbe dovuto avere vent'anni, ma la sua crescita si era fermata a diciassette anni. Sospirò, andando verso il fondo della sala, almeno avrebbe potuto stare sola, ma così non fu.
Vide un ragazzo avvicinarsi a lei con un grande sorriso, alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
Il ragazzo arrivò di fronte a lei, prendendole una mano per fare il gesto del bacia-mano. Lo lasciò fare anche se con una smorfia sul viso.
«Matthew Evans, al vostro servizio signorina...»
Lasciò la frase in sospeso che lei gli dicesse il suo nome.
«Edith»
Disse semplicemente, allontanando bruscamente la mano dalla sua presa.
«Edith...»
Ripeté il ragazzo, squadrandola attentamente.
«Cosa ci fa una fanciulla, bella come voi, tutta sola?»
Chiese Matthew con il suo solito sorriso. Edith ghignò leggermente alla sua domanda.
«Era per stare lontana da come...voi»
Disse indicando il ragazzo.
Fece per allontanarsi da lui, ma venne fermata per il braccio.
«Vedo che non vi hanno insegnato l'educazione»
Disse il ragazzo, stringendo la presa sul suo braccio. Fece una leggera smorfia di dolore, e cercò di sfuggire dalla sua presa ma con scarsi risultati.
«Lasciatemi, mi state facendo male»
Disse a denti stretti la giovane ragazza.
Matthew cominciò a trascinarla fuori dalla sala, ritrovandosi, insieme a lei, nel corridoi deserto.
«Vi ho detto di lasciarmi»
Disse spingendolo un po', in modo che si staccasse.
Si guardò intorno, notando che non c'era nessuno, l'agitazione cominciò a farsi spazio nei suoi pensieri.
Matthew fece un sorrisetto, spingendola con poco delicatezza sul muro.
«Sapete, voi parlate troppo, Edith»
Disse avvicinandosi al viso di lei, voltò la testa di lato, cercando di mettere distanza tra di loro anche se con scarsi risultati.
«Sapete, non amo affatto questi vestiti della nostra epoca»
Disse infilando una gamba in mezzo a quelle di lei, coperte interamente dal vestito.
«Allontanatevi, subito»
Mormorò cercando di mantenere la calma, ma non ci riuscì.
Matthew la ignorò, ed Edith stava perdendo il controllo. I suoi occhi diventarono di un rosso mai visto, e i canini si allungarono.
«Vi ho detto di allontanarvi»
Disse spingendolo via con tutta la sua forza.
Matthew cadde per terra, guardando la ragazza, terrorizzato.
«Cosa diavolo siete? Voi siete un mostro»
Disse indietreggiando mentre Edith faceva dei passetti per raggiungerlo.
«Non vi piaccio più?»
Chiese facendo una finta espressione triste.
«Avete sbagliato ragazza con cui giocare»
Appoggiò il piede con la scarpa, sul petto del ragazzo, fino a farlo sdraiare completamente sul pavimento, facendo pressione sul suo petto con il piede. Il ragazzo, completamente impaurito cercò di allontanare la sua gamba, ma senza risultati.
Un ghigno comparve sul suo volto, lo fece alzare e appoggiare sul muro.
«Non si gioca con il fuoco, non lo sapete?»
Chiese coprendogli la bocca con la mano, per evitare che gridasse.
Affondò i canini sul suo collo, cominciando a nutrirsi fino a prosciugarlo del tutto.
Il ragazzo cadde a terra, ormai senza vita. Edith rimase immobile, a guardarlo. Ritornò normale, gli occhi ritornarono al loro colore naturale, e i canini sparirono.
Presa dal panico cominciò a correre velocemente verso l'uscita. Aveva appena ucciso una persona, lo aveva appena fatto.
Si allontanò il più possibile da quella casa e un unico pensiero fu: "sei un mostro"
~ • ~
Dieci anni dopo
Erano passati un po' di anni ma Edith rimaneva uguale, era cambiata caratterialmente però, o forse lei era sempre stata così.
Stava camminando per la città, quel giorno era abbastanza affollata, ma una macchia nera si distingueva tra le altre.
Edith era lì, camminava lentamente, come se stesse cercando qualcuno, era così.
Le era giunta voce di un nuovo arrivo in quella città, un arrivo non gradito da Edith però.
Guardò attentamente ogni persona che passava, sarebbe riuscita a riconoscerla.
Continuò a camminare ancora per un po' finché il suo sguardo non venne catturato da una figura, era lei.
Cominciò ad avvicinarsi lentamente a lei, con passo sicuro.
«Ciao»
Disse, una volta che le fu vicino.
La, ormai donna, si voltò verso di lei, guardandola un po' confusa, non l'aveva riconosciuta.
Ma la donna era rimasta uguale, gli occhi azzurri, i capelli biondi, aveva solo qualche ruga.
«Non mi riconosci Annabeth? Sono Edith, ricordi?»
Chiese stringendo i pugni.
«Edith? Oh, Edith...»
La voce le uscì un po' insicura, lei ricordava, e anche Edith ricordava.
«Si, ti vedo bene, Annabeth»
Disse fingendo un sorriso, ormai aveva imparato a fingere così bene.
«Oh, grazie, anche tu Edith, sembri una ragazzina»
Annabeth sembrò rilassarsi completamente. Ci era cascata.
«Oh, che esagerata, allora ti va di fare due passi?»
Chiese Edith, cordialmente. Annabeth annuì con un sorriso e cominciarono a passeggiare.
«Allora Edith, come va con la famiglia che ti ha adottata?»
Chiese gentilmente Annabeth.
«Oh, molto bene, ormai siamo come una vera e propria famiglia»
Mentì la giovane.
«Tu Annabeth? Cosa è successo quando sono andata via?»
Chiese con finto interesse.
«Oh, sono stata adottata anche io»
Rispose Annabeth. Edith annuì leggermente. Camminando, arrivarono in un vicolo.
«Sai, Annabeth...quando mi hai dato del mostro....avevi ragione»
Cominciò a parlare, con un sorrisetto sulle labbra.
«Come?»
Chiese Annabeth confusa.
«Purtroppo io non dimentico, e sono sicura che neanche tu lo fai. Sono stata rinchiusa in quella cantina per colpa tua»
Disse sbattendola al muro con violenza.
«Sono stata legata al buio, al freddo, e da sola, per una cosa che non avevo fatto, per colpa tua»
Disse stringendo i pugni lungo i fianchi.
«Ho ancora i segni»
Disse mostrandole i polsi con delle cicatrici.
«Edith...mi dispiace...ero una bambina»
Disse Annabeth, spaventata.
«E io? Io non lo ero?»
Chiese Edith, stringendo i pugni.
Annabeth non rispose, tenne lo sguardo basso.
«Vuoi vedere il mostro di cui parlavi? Mh?»
Chiese con un sorrisetto. Annabeth la guardò confusa, senza capire. Gli occhi di Edith diventarono rossi e i canini si allungarono.
«O mio dio»
Sussurrò Annabeth, spaventata. Edith si avvicinò a lei, con un sorrisetto.
«Allora? Che ne pensi?»
Chiese sbattendola violentemente al muro.
Tappò la sua bocca con la mano, e avvicinò il viso al cui collo.
«Addio Annabeth»
Sussurrò, per poi affondare i canini sul suo collo, fino a prosciugarla.
La donna cadde a terra, senza vita. Edith rimase a guardarla per qualche secondo, per poi correre via.
E ancora una volta, quel pensiero ritornò.
"Sei un mostro"
~ • ~
Un anno fa
Era arrivato il grande giorno, il giorno che tutte le creature del mondo intero, aspettavano con ansia. Ogni creatura non vedeva l'ora di partire, di poter iniziare una nuova avventura e di poter fare nuove amicizie. Ogni creatura era felice, emozionat-
«Stai zitta, porca troia!»
E nell'oscurità di quella stanza, il silenzio venne rotto da una voce mista tra l'assonnata e l'innervosita. Il suono della sveglia che veniva sbattuta a terra, e poi il silenzio assoluto. Si sentì un sospiro pesante, e nella penombra la macchiolina nera si mosse. Rimase seduta sul letto per un po' di minuti, lo sguardo fisso nel nulla, nel nero della stanza. Proprio ai piedi del letto c'era la valigia già pronta, ma un pensiero le balenò in testa.
"E se non ci andassi?" Pensò tra sé e sé. "Cosa ci guadegnerei ad andarci? Assolutamente niente, solo altra solitudine, persone che le stavano intorno, sconosciuti che l'avrebbero odiata"
Scosse la testa, alzandosi per aprire le tapparelle in modo da far entrare un po' di luce. Si affacciò per qualche secondo alla finestra, notando che non c'era quasi nessuno, erano quasi le sei del mattino, era ovvio. Si allontanò, avvicinandosi allo specchio, si guardò rimanendo in completo silenzio, dal suo viso senza trucco si potevano le leggerissime lentiggini, gli occhi chiari in completo contrasto con i capelli scuri, che erano completamente arruffati per la notte passata a dormire.
"Devo andare, o no?"
È questa la domanda che riecheggiava nella sua testa. Un altro sospiro pesante uscì dalle sue labbra. Decise di vestirsi velocemente, si mise quel poco trucco che metteva e si sistemò per bene i capelli.
Afferrò la valigia, uscì dalla sua stanza e scese velocemente le scale.
«Buongiorno Edith, dove vai con quella?»
Chiese Margarita, notando la valigia che la ragazza teneva in mano.
Margarita era una buffa signora, un po' bassina e paffuta. Aveva incontrato Edith, di sera, e scoprendo che non aveva un posto dove stare, decise di ospitarla. Ormai erano passati un po' di mesi da quella sera, e nonostante Edith era sempre stata ostile nei confronti della donna, Margarita non aveva mai mollato, aveva cercato di avvicinarsi a lei, di farle da mamma, anche se Edith non le aveva reso le cose affatto facili.
«Parto, vado via»
Disse semplicemente, senza degnarle uno sguardo; ma Margarita aveva capito, aveva capito che Edith aveva bisogno dei suoi spazi, aveva capito che dietro i suoi silenzio c'erano nascoste un'infinità di parole, aveva capito che dietro i suoi occhi si celava molto di più.
«Va bene, buon viaggio, e fai la brava»
Disse Margarita con un grande sorriso, le sarebbe mancata, si, ma non avrebbe potuto fermarla, non era nessuno per poterlo fare. Edith si limitò a lanciarle una veloce occhiata, per poi uscire di casa. Cominciò a camminare verso quella che sarebbe stata l'inizio di una bellissima avventura, destinazione Fantasy School.
❛. . .È una stanza vuota dove risuona la propria anima, la propria sensibilità.❜
━Paolo Crepet
È nuovo/a alla Fantasy School?
No, dai su che la conoscete tutti la cara Edith ehehe, ok mi levo-
Cosa si aspetta dal nuovo anno scolastico?
Niente, beh, Edith spera solo che non ci siano troppi novelli, di certo non ha voglia di fare nuove amicizie. È stato già troppo difficile la prima volta, dai su.
Cosa pensa degli umani? E delle altre creature?
Delle altre creature invece non ha un vero e proprio pensiero, ci sono delle creature che le piacciono di più, e altre di meno.
Hobby e passioni:
La fotografia
Ha sviluppato questa passione per la fotografia da non molto tempo. Ha sempre avuto una passione per l'arte in generale, e con il tempo ha cominciato a scattare anche delle foto, sicuramente non è una fotografa.
Suonare il pianoforte
Ha imparato a suonare il pianoforte a 13 anni, all'inizio era solo per noia, poi con il tempo è diventata una vera e propria passione.
Leggere
Leggere per lei è sempre stata una scappatoia dalla realtà. Da piccola non poteva leggere molto, ma appena uscita dell'orfanotrofio ha subito rimediato.
Curiosità:
Le stagioni preferite
Le sue stagioni preferite sono la primavera e l'inverno. Sembra strano, ma secondo Edith la primavera e l'inverno sono le stagioni perfette. La primevera la ritiene come la stagione più rilassante e colorata che possa esserci, mente l'inverno è il contrario e le piace questo contrasto.
Le piace ascoltare la musica
Ascoltare la musica è una delle cose che più la rilassa. Le piace ascoltare la musica magari all'aria aperta mentre fa lunghe passeggiate, ma purtroppo non trova sempre il tempo.
Le piace stare all'aria aperta
Stare all'aria aperta è una delle cose che più le piace. Passa intere giornate fuori, a volte anche la notte. La fa sentire libera.
Orientamento sessuale:
Eteroflessibile
Disponibile a relazioni:
Si
ANGOLO ME
Beh penso ormai sia chiaro a tutti quanto io sia legata ad Edith e sono davvero felicissima di poter tornare a ruolarla dopo tanto. Probabilmente è l'oc più complesso che io abbia mai fatto e ne vado davvero fiera. Spero vada bene, e per qualunque cosa non esitate a dirmelo, la sistemerò subito.
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