Soulmates-Jikook
🌈
Era un mondo difficile.
Le anime solitarie, tradite, ferite da qualcuno si spegnevano pian piano.
Diventavano in bianco e nero, perdevano i loro colori come fiori appassiti. Prima che potessero salvarsi, restava loro poco tempo, la cura era qualcosa che ciascuno doveva trovare... prima dello scadere della vita.
In tempo perchè l'orologio nascosto nel loro cuore riprendesse a battere normalmente.
Park Jimin era una di quelle anime, in cerca di qualcuno che potesse prendere in mano i suoi colori e risistemarli nella sua anima quasi morta.
La sua ragazza lo aveva tradito, ora era una ex che detestava vedere anche solo per sbaglio.
Soffriva, si era chiuso in casa da tempo, in attesa della morte, che lo avrebbe accolto come un amico tra le sue braccia.
"Mamma, papà." sussurrò, guardando una foto. I suoi genitori lo avevano lasciato libero di prendersi un appartamento per vivere la sua vita come preferiva, abitavano troppo lontano. Lui era rimasto a Busan per studiare, ma ormai non poteva uscire di casa. Si vergognava del suo stato, sentiva le sue forze vitali scomparire mano a mano che passavano i giorni.
Bellissimi ricordi, intanto, facevano capolino nella sua mente in frantumi.
"Ciao, mi chiamo Anya, vengo dalla Russia. Perdona il mio pessimo accento... vorresti aiutarmi ad orientarmi in questa scuola?"
Jimin aveva accompagnato la ragazza nei corridoi dell'accademia di danza, si era subito affezionato a quella mezza sconosciuta.
"Ti ringrazio, ci vediamo presto." disse Anya quel giorno, lasciando un bacio sulla guancia al ragazzo dai capelli biondi.
Si erano incontrati nuovamente alle lezioni di danza moderna, spesso e volentieri ballavano assieme.
Aveva video di esibizioni con lei, molti dei quali li ricordava alla perfezione.
La morsa che sentì al petto lo costrinse a sedersi, stava male.
Non aveva la forza di chiamare aiuto, ma d'altro canto, il destino era destino.
Le anime si incontravano e a volte si distruggevano, collisioni che portavano ferite superficiali o profonde, sogni distrutti e lacrime.
Odiava le lacrime, erano così fastidiose... avrebbe voluto cliccare "off" sul pulsante della vita, per fermare quell'agonia tremenda.
L'orologio del suo cuore batteva ancora, disperato.
"Mi piaci molto." aveva confessato Jimin, un pomeriggio di primavera.
Era tutto così bello allora, lei ricambiava in tutto e per tutto i suoi sentimenti, o almeno sembrava. Uscirono insieme svariate volte, passarono mesi per arrivare al "Ti amo." Parole, forse, solo parole. Non aveva ricevuto altro che sogni distrutti dopo che lei gli aveva fatto capire cosa realmente voleva: portargli via la sua anima e la sua felicità.
Quanto poteva essere stato stupido ad innamorarsi? Innamorarsi di una donna che nemmeno lo amava... e lui nemmeno ci aveva fatto caso.
Impedì alle lacrime di uscire ancora.
Può bastare così, si disse.
Imprecò, accorgendosi che aveva il cellulare scarico, avrebbe voluto chiamare una persona.
Quella persona, che sapeva sempre come risolvere i suoi problemi.
Il suo migliore amico, Jeon Jungkook.
Si conoscevano dall'asilo, era un ragazzo meraviglioso. Era bravissimo in ogni cosa, dolce e disponibile.
Lui avrebbe solo voluto gridare il suo nome, averlo accanto a sè per confortarlo mentre aspettava la fine.
La sua persona speciale.
Il suo cuore fece una capriola.
L'orologio però, batteva un po' più piano del solito.
Ricordò con tenerezza il loro primo incontro dopo anni, prendendo dal comodino una foto di loro due, assieme.
Era un talento naturale. Cantava dolcemente sulle note di un pianoforte, mentre ballava. Il suo microfono era di quelli che utilizzavano gli artisti, così da poter avere le mani libere. Non lo aveva riconosciuto subito, era cambiato davvero molto dell'asilo, non si vedevano da allora.
Quella canzone così potente, Euphoria. E dire, che aveva solamente 13 anni e già cantava come un angelo.
"Che ci fai tu qui... aspetta, Jimin-hyung?!" il ragazzo dai capelli castani era stupito.
"Chi sei?" chiese allora il maggiore, confuso.
"Jeon Jungkook. Eravamo assieme all'asilo... tu eri il mio migliore amico."
Lo convinse a ballare assieme a lui, ed il quindicenne non se lo fece ripetere due volte: la danza lo aveva sempre salvato da tutti i problemi.
Chiuse gli occhi, felice.
Il suo cuore stava trovando la pace.
Ed il suo orologio scorreva, scorreva, ma sempre più piano.
Jeon Jungkook aveva perso il suo talento. Dopo aver fallito ad una competizione d'arte, i suoi genitori lo avevano pubblicamente umiliato.
Crollò in lacrime, ogni suo colore era svanito, compreso quello delle perle che gli ricadevano sul viso, assieme alla delusione. Tutto era in bianco e nero in lui, era dannatamente spaventato.
Era scappato di casa, aveva bisogno di una sola persona, l'unica che poteva capirlo: il suo migliore amico, Jimin.
Jimin, che con un solo abbraccio lo avrebbe fatto stare meglio. Non lo sentiva da molto, aveva voglia di incontrarlo e passare del tempo assieme, magari poteva ricevere qualche consiglio da lui per vivere più a lungo, forse il suo hyung sapeva qualcosa.
Sperò che non fosse con la sua ragazza, non gli avrebbe certo piaciuto interrompere un momento di intimità, anche se... forse avrebbe voluto essere al posto di quella Anya. Si asciugò le lacrime che rigavano il suo viso, ringraziando il cielo che la casa del maggiore non fosse così lontana dalla sua.
Era come la ricordava: un piccolo appartamento in un palazzo, la porta color legno, il tappeto sotto al quale lasciava spesso le chiavi.
Come sperava, le trovò.
Entrò senza far rumore, per verificare che in casa non vi fosse la ragazza.
Lo trovò, seduto sul suo letto.
Era come lui, senza colori, con gli occhi chiusi. Era forse... no, non poteva essere.
Si avvicinò, poi sentì il respiro flebile del giovane dai capelli un tempo biondi, che si svegliò subito.
"Uh? Jungkook, cosa ci fai qui?"
La risposta era ovvia, il maknae indicò semplicemente sè stesso.
"Anche tu, Kookie?"
Il minore fece segno di sì con la testa.
"Vedo che siamo nella stessa situazione, io solo da oggi però, tu non so, mi dispiace tanto." ribattè Jungkook, con un tono dispiaciuto.
Jimin annuì. "...è troppo tempo, ormai. Prima o poi io morirò, Jungkook."
Il più giovane era incredulo. "S-sei stato male così tanto tempo e non me l'hai detto? Potevo aiutarti a trovare qualcuno..." gli toccò il petto, sentendo il suo cuore così fragile.
Il suo Jimin, il suo hyung.
La persona alla quale teneva più della sua stessa vita.
"A-Anya, lei non mi ha mai amato, Kookie! Cosa ho fatto di così sbagliato, non ho più alcun colore per colpa sua!"
Parlava a fatica, sembrava debole.
C'era qualcosa che Jungkook avrebbe potuto fare.
Avrebbe voluto, desiderato fare.
Ma Jimin non provava le stesse cose, non sarebbe stato certo del funzionamento della sua tecnica.
Decise di essere sincero.
"Hyung, tu meriti qualcuno. Hai bisogno di una persona che ti ami davvero, perchè sei un essere umano bellissimo, Jimin. Sei dolce, così dolce che spesso mi chiedo cosa ho fatto di così buono per meritare la tua compagnia. Sei così fragile, vorrei tenerti per sempre accanto a me, ho il terrore che tu possa romperti in mille pezzi, di non riuscire ad aggiustare le ferite che la vita ha voluto infliggerti. Ma come può uno stupido ragazzino salvare la vita della persona della quale è innamorato, come?! Con quale giustificazione posso io permettermi di prendere la tua mano, tentare di salvare entrambi e illudermi? Illudermi, e spezzarmi il cuore. Lascia che io ti saluti, Hyung, ho bisogno di andare via da qui, so che soffrirò, ma allo stesso tempo voglio restare." le sue parole erano sempre più incerte, sentì la vita delicata di Jimin quasi al limite, crebbe la sua paura. "Vorrei rimanere qui con te, tenerti la mano, dirti tutto ciò che sento davvero come sto facendo adesso, vorrei poter stringere la tua preziosa anima fino alla fine, fino a quando quel cazzo di orologio smetterà di ticchettare, per poterti tenere tra le mie braccia e piangere sai; perchè non ho mai fatto nulla per salvarti dal mondo."
Jimin lo guardò con gli occhi lucidi, era così stupito dalle sue parole.
Parole... che condivideva.
Anche lui provava qualcosa che per anni aveva negato a sè stesso, un sentimento ai confini di ciò che conosceva, qualcosa di così potente da fargli male ogni volta che ci pensava.
"Fallo."
"Che cosa, Hyung?"
"Prendi la mia mano, fino alla fine."
Il minore annuì. "Fino alla fine."
Si erano giurati eterna amicizia.
"Saremo sempre insieme!" aveva detto Jungkook, ridendo.
Jimin aveva la faccia sporca di cioccolata, era il compleanno del minore. Loro e i loro amici si erano dati battaglia a lanci di torta.
Hoseok, Yoongi, Namjoon, Seokjin, Taehyung. Erano stati testimoni della loro fortissima amicizia, dei loro sogni in comune, avevano sostenuto entrambi. Eppure, erano solo bambini dell'ultimo anno di asilo.
Quella promessa non si era mai spezzata, anche crescendo erano rimasti molto legati, nonostante quel sentimento... fosse cambiato.
Loro erano cresciuti, avevano preso strade diverse: Jungkook cantava, Jimin aveva trovato la ragazza e continuava a ballare con lei.
Non si vedevano spesso, ciascuno aveva i propri impegni, ma ciascuno sentiva sempre la mancanza dell'altro.
Avevano promesso di stare insieme fino alla fine, ed era ciò che Jungkook stava facendo.
Erano più che migliori amici.
Soulmates, anime gemelle.
"Jungkook..." il sussurro di Jimin fu così basso e flebile che il minore lo udì appena.
"Piccolo." lo chiamò l'altro, utilizzando quel soprannome così dolce. "Guardami, non andare via così, rimani ancora qui, non lasciarmi solo in questo mondo..."
Il più grande scosse la testa. "Vedi?"
Indicò le loro mani.
Qualcosa stava accadendo.
I colori stavano tornando, fu qualcosa di così strano, lo avevano solo sentito raccontare.
Presto la mano di Jungkook si spostò sul volto dolce di Jimin, ed entrambi si trovarono circondati da un'eterea luce. La fine che segnò un nuovo inizio, le ceneri della fenice che diventano nuova vita.
"Sei... tornato?" domandò Jungkook, lasciando la sua mano.
"Siamo tornati." lo corresse sorridendo il biondo.
Fu ovvio, scontato, ma anche inaspettato, dolce, bisognoso.
Le labbra soffici di Jimin premute contro le sue, una sensazione bellissima. Ora ne era certo, certissimo.
Lo amava.
E Jimin provava lo stesso che sentiva lui, quel ragazzo più piccolo di lui, pieno di sogni e di disegni che raffiguravano il suo sogno di amare il maggiore, ora realtà.
Volevano continuare così.
Ad amarsi con ogni colore della loro anima.
🌈•fine•🌈
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