✨ 𝔏𝔬 𝔖𝔭𝔬𝔰𝔬 π”‘π”’π”¨π”©π”ž 𝔐𝔬𝔯𝔱𝔒 || π”“π”žπ”―π”±π”’ πŸ– [𝐀𝐔 β„œπ”¦π” π”₯π”¦π”’π”°π”±π”ž π”‘π”ž @𝔭𝔡𝔰𝔱𝔒𝔩𝔭𝔲𝔯𝔦𝔫] ✨






ℑ𝔫𝔠𝔲𝔳𝔬 π”ž 𝔬𝔠𝔠π”₯𝔦 π”žπ”­π”’π”―π”±π”¦






«Uffa, papà! Devo proprio partecipare a un altro ricevimento?!» 

Godric alzΓ² gli occhi al cielo. Parola sua, piΓΉ Silas cresceva e piΓΉ diventava tale e quale a Dante. Non gli stava mai bene niente e aveva sempre qualcosa su cui polemizzare.

Decise di ignorare quelle lamentele prive di criterio e finalmente scelse degli abiti adatti all'occasione. Si avvicinΓ² al figlio e gli schiaffΓ² in mano tutto, per poi menargli un indice in faccia: Β«Stavolta Γ¨ diverso. Si tratta di un vecchio amico mio e di tuo padre. E comunque avrai qualcuno della tua etΓ  con cui discutere, almeno! Ivar ha quindici anni come te, no?Β»

Silas si trattenne dal rifargli il verso. Β«Oh, sicuro! Peccato che sia antipatico come pochi altri al mondo e si dia tante arie!Β»

«Sciocchezze. Conosce solo le buone maniere, al contrario tuo!» Il Principe Consorte, stufo marcio di un simile battibecco senza senso, si diresse alle porte. «Vestiti e non tardare. Stanno per arrivare e tu dovrai essere accanto a me e a tuo padre per accogliere Lord Nilgorath.» 

Silas, rimasto da solo, gettΓ² gli abiti sul letto. Β«Col cavolo che mi metto in ghingheriΒ» mugugnΓ².

Vide entrare, solo minuti dopo che suo padre era andato via, Grethe. Lei e Silas non perdevano mai un'occasione per bisticciare e la terzogenita, nell'impresa, a volte veniva affiancata da Myron e Ronan che adoravano tormentare il fratello maggiore.

Il ragazzo evitΓ² di lanciare un gemito di pura disperazione. Β«Che vuoi, tu?Β»

Margrethe sorrise sotto i baffi e si avvicinò. «Ti è andata male, eh?» 

Silas afferrò il cuscino. «Un'altra parola e vedi quanto male andrà a te fra meno di un minuto» la avvertì.

Β«Non fai paura a nessuno, SilasΒ» lo rimbeccΓ² flemmatica Grethe. Β«A me Ivar sta simpatico, comunque. Non capisco come tu non sia mai riuscito ad andare d'accordo con lui.Β»

Β«Certo che ti sta simpatico. Siete tutti e due insopportabili.Β»

Β«Beh, sappi che se finirete per accapigliarvi io farΓ² finta di non conoscerti.Β»

Β«Non hai da fare niente di meglio?Β»

Β«Mhm... no. Al contrario tuo mi sono giΓ  preparata. Fossi in te mi sbrigherei.Β»

Malgrado a rigor di logica Grethe sembrasse una ragazzina, bastava guardarla per capire che nel suo caso lo sviluppo fisico tipico della pre-adolescenza avesse scelto di accelerare il passo. Mostrava persino un primo accenno di seno e aveva iniziato a tenere molto alla propria immagine, tanto da sembrare, certe volte, un po' superba.

Silas si accigliò. «Com'è che ora ti trucchi pure?» Dove pensava di andare quella marmocchia con le labbra così rosse? 

Grethe arrossì vistosamente e mise su un cipiglio stizzoso. «Non sono affari tuoi!»

Β«PerchΓ© proprio oggi?Β»

Β«Vestiti e smettila di impicciarti!Β» berciΓ² la principessina, andandosene dalla stanza di gran carriera e con il naso per aria.

«Roba da matti» borbottò Silas, scegliendo di farsi forza e di prepararsi. Appena ebbe terminato uscì dai propri appartamenti e raggiunse la sala del trono. Prima di entrare, però, capì di aver tardato eccome visto che riconobbe subito il suono della voce di Lord Nilgorath.

Cavolo, stavolta papΓ  mi tira un orecchio, pensΓ², immaginando giΓ  quante gliene avrebbe dette Godric appena fossero rimasti da soli. Se iniziava una delle sue tirate circa la puntualitΓ  e il rispetto nei confronti degli ospiti poi non la finiva piΓΉ, tanto che a volte era il marito a pregarlo di darci un taglio.

CiΓ² che tuttavia infastidiva realmente Silas era il solo pensare a quale faccia tronfia avrebbe messo su Ivar Nilgorath. Quell'idiota fanfarone!

Giuro che se prova a provocarmi come l'ultima volta, lo prendo di peso e lo lancio fuori dalla finestra!

AfferrΓ² i battenti delle porte ed entrΓ². IntercettΓ² immediatamente l'occhiataccia che i genitori gli scoccarono e fece del proprio meglio per mostrare un'atteggiamento innocente e disinvolto.

Β«Uhm, scusate, io...Β», si bloccΓ² e si chiese chi fosse quel tizio accanto a Soren.Β 

Ma che... Ivar?

Per quanto stentasse a credere che quel ragazzo snello e piΓΉ o meno alto come lui fosse lo stesso marmocchio viziato che lui sempre aveva apostrofato con l'epiteto di Nano Malefico, doveva per forza trattarsi di Ivar.Β 

«Silas?» lo richiamò Godric, domandandosi perché il figlio se ne stesse lì a fissare con aria ebete l'ambasciatore e Ivar. 

Il principe di Elgorad provΓ² a riacquisire un po' di sano amor proprio, si avvicinΓ² e fece un cenno rispettoso a Lord Nilgorath e al giovane conte, sciorinando loro il saluto migliore che gli venne in mente.

Da quando fa così caldo in questa sala?!

Provando un'inspiegabile inquietudine si sbrigò a raggiungere il fianco del Principe Consorte e del re. Da lì poté guardare in faccia Ivar e constatare che sembrasse davvero diverso. Migliorato.

Non che fosse mai stato di aspetto brutto o altro, ma...

Accorgendosi che il figlio di Lord Nilgorath aveva appena incrociato i suoi occhi, si sbrigΓ² a dirigerli altrove, trovando all'improvviso di vitale importanza una delle finestre.

Non badò quasi affatto alla conversazione che faceva da sottofondo alle sue confuse elucubrazioni, ma appena, di tanto in tanto, veniva nominato Ivar, ecco che si concentrava eccome su quelle chiacchiere. Fu così che scoprì che il figlio di Lord Nilgorath per un anno era stato mandato e rimasto a Vyrenis per imparare un po' di buone maniere, come aggiunse in maniera scherzosa Soren, e approfondire gli studi.

Silas, udendo poi lo stesso Ivar parlare e raccontare tutto quello che aveva fatto a Vyrenis, scoprì di apprezzare il suono di quella voce.

Ma che dici, scemo? È il nemico, non lo dimenticare, si riprese cocciuto.

Β«Silas, perchΓ© tu e Ivar non andate a fare un giro, mentre noi e Soren parliamo?Β» propose infine Godric in buona fede, immaginando che i due ragazzi, a lungo andare, si sarebbero di certo annoiati a furia di star a seguire le chiacchiere noiose che vertevano sulla politica e altri argomenti poco fondamentali alle orecchie di due quindicenni.

Il principe di Elgorad strabuzzΓ² gli occhi e chiese, impulsivo: Β«Eh? PerchΓ©?Β»

Β«Per me non ci sono problemiΒ» intervenne Ivar, stringendosi nelle spalle con aria disinvolta, seppur non arrogante.

Beh, per me di problemi ce ne sono eccome!

Silas guardò i genitori, poi Ivar, infine si arrese e trattenendosi dal mugugnare maledizioni su maledizioni seguì come un condannato a morte il coetaneo fuori dalla sala del trono.

«Hai forse intenzione di giocarmi un altro dei tuoi tiri mancini? Lo chiedo giusto per non trovarmi impreparato, stavolta» esordì Ivar, anche se non pareva in vena di dare inizio a un battibecco. 

Silas gli rifilΓ² un'occhiata torva. Β«Me ne starΓ² buono solo se tu farai lo stessoΒ» borbottΓ² in risposta.

Ivar soffocΓ² una risata. Β«Ormai ho superato quella fase, credimi. Non sono interessato ad attaccar qualsivoglia briga con te.Β»

Β«Ti hanno domato ben bene a Vyrenis, questo Γ¨ poco ma sicuro.Β»

Β«Tu, invece, sei sempre il solito scontroso. Ci conosciamo da quando eravamo bambini e hai sempre brontolato.Β»

Β«Non Γ¨ affatto vero.Β»

«Sì, invece.»

Β«Brontolavo solo perchΓ© non mi davi mai pace.Β»

Β«Eri sempre tu a cominciare. Io reagivo e basta.Β»

Β«Come hai fatto a dimagrire? Prima eri... beh, pienotto.Β»

Ivar lo squadrΓ² con un sopracciglio sollevato. Β«Non riesci proprio a fare a meno di mettere te stesso in imbarazzo, vero?Β»

Β«Sto solo chiedendo.Β»

«Mi sono dato da fare. Sana attività fisica e così via.»

Silas con la coda dell'occhio lo squadrΓ² dall'alto in basso e viceversa. Β«Tanto di cappelloΒ» sentenziΓ². In fin dei conti solo un idiota avrebbe negato l'evidenza, ovvero che Ivar, oggettivamente parlando, fosse attualmente un ragazzo di bell'aspetto, androgino e in forma smagliante. Il suo viso, in effetti, somigliava di piΓΉ a quello della madre che a quello del padre, vista la delicata ossatura e gli alti zigomi. Ivar, comunque, non aveva mai avuto la possibilitΓ  di conoscere quella donna, la quale era deceduta dandolo alla luce.

Nel parlare avevano scelto di camminare e di gironzolare per il palazzo, come era stato detto loro di fare. Il principe di Elgorad si fermò e per un paio di volte aprì e richiuse la bocca, non sapendo come impostare il discorso. «Senti... non so perché tu e io non siamo mai riusciti ad andare d'accordo, ma credo... credo sia ora di farla finita. Ormai siamo grandi tutti e due e continuare a bisticciare come bambini ci farebbe passare per idioti e immaturi.»

Β«Sono d'accordo.Β»

Β«Tabula rasa. Va bene?Β»

Β«Com'Γ¨ che ora vuoi essermi amico?Β»

Β«Non ho detto che voglio esserti amico!Β»

Ivar squadrΓ² perplesso il coetaneo. Β«Onestamente credo che tu abbia le idee ben poco chiare.Β»

Β«Uffa! Sto solo dicendo che magari, e ripeto magari, dovremmo provare a tollerarci a vicenda. Tutto qui. Che ci piaccia o meno, i nostri genitori hanno alle spalle una lunga amicizia e questo ci impone di andare tutti quanti d'accordo.Β»

Nilgorath fece spallucce e riprese a camminare. Β«Non mi tratterrΓ² a lungo. Tra qualche giorno farΓ² ritorno a Vyrenis. I miei amici e le mie occupazioni sono rimasti tutti laggiΓΉ.Β»

La sua noncuranza innervosirono un po' Silas, ma non quanto l'averlo sentito dire che aveva amici e occupazioni piΓΉ importanti a Vyrenis. Β«Beh, magari potresti provare a farti degli amici anche qui.Β»

Β«A cominciare da te, magari?Β» lo rimbeccΓ² Ivar, appositamente stucchevole.

«Sì... cioè no... ah, lascia perdere!»

Ivar sghignazzΓ². Β«E poi dicono che sono io quello strano!Β» TossicchiΓ². Β«Comunque non mi dispiacerebbe se diventassimo amici, scemenze a parte. Probabilmente farebbe piacere soprattutto ai nostri genitori.Β»

Silas ammetteva di non avere amici nel vero senso della parola. Solitario com'era, non gli dispiaceva stare per i fatti suoi, ma all'improvviso stava cominciando a ricredersi.

«Se diventassimo amici, tu rimarresti a Elgorad, allora?» buttò lì casualmente, scrutando da sotto le lunghe ciglia scure il coetaneo, ben attento a non farsi beccare. 

Ah, che barba! Guarda quant'Γ¨ vanitoso, pensΓ² stizzito, vedendolo fermarsi davanti a una delle finestre e scostarsi con precisione i lunghi e lisci capelli dal viso.

Β«Attento a non far incrinare il vetroΒ» brontolΓ², roteando gli occhi.

Β«Molto divertenteΒ» lo apostrofΓ² indifferente Ivar. Β«Comunque... non lo so. Forse. Ha importanza?Β»

Β«Importa a me.Β»

Ivar sospirΓ² e si voltΓ² per fronteggiarlo, quasi facendo una piroetta. Β«Sai, a volte ho davvero paura per il regno dei tuoi genitori. Non sei un asso nella diplomazia, Silas, e fossi in te proverei a lavorare molto sul modo di porti con il prossimo. Un re senza carisma Γ¨ un re destinato a durare poco. Nessuno Γ¨ interessato a seguirne uno privo di buone maniere.Β» Gli rifilΓ² un ultimo sguardo eloquente. Β«Sono stanco, perciΓ² ora mi ritiro.Β» Mosse la mano per salutarlo brevemente e si allontanΓ².

Silas, benchΓ© si sentisse offeso dalle sue parole, si ritrovΓ² a domandarsi se davvero apparisse come un ragazzo prepotente e privo di garbo. Eppure pensava di esser stato tutto sommato gentile!

Β«Gne gne... buone maniere e carisma... gne!Β» fece tra sΓ© nauseato. Β«Augurati che non decida di sgattaiolare nelle tue stanze per soffocarti col cuscino, brutto coso vanesio.Β»

Β«Quei due non andranno mai d'accordo.Β» Soren, un po' costernato, smise di guardare fuori dalla finestra, non volendo neppure sapere come sarebbe andato a finire il battibecco fra Silas e Ivar, i quali si trovavano nei giardini che era possibile ammirare da quell'ala del palazzo.

Dante sorrise di sbieco. Β«Non Γ¨ che tu e io fossimo chissΓ  quanto amiconi, all'inizioΒ» si permise di ricordargli, mettendo via uno dei documenti che aveva appena terminato di firmare e sigillare con la ceralacca. Preferiva non sbilanciarsi piΓΉ del dovuto visto e considerato che diciassette anni prima aveva accusato Soren di avere una relazione clandestina con Godric. Si vergognava ancora di aver fatto una tale figura di dubbio gusto. Β«Beh, finchΓ© non si scanneranno, direi di lasciarli fare. In fin dei conti hanno quindici anni e devono pur imparare a risolvere da soli i loro alterchi.Β»

Soren si lasciΓ² cadere sulla seggiola proprio di fronte alla scrivania del re. Β«Invidio la calma con cui stai prendendo la prospettiva di sorprendere i nostri figli a darsele di santa ragione come Γ¨ giΓ  accaduto piΓΉ volte in passato.Β»

Il sovrano sospirΓ² e sollevΓ² lo sguardo sull'amico. Β«Soren, ho dieci figli e vedo sceneggiate come quella piΓΉ o meno tutti i giorni. Secondo me ti preoccupi troppo.Β»

Nilgorath si sfregΓ² la fronte, costernato piΓΉ che mai. Β«Anche tu saresti preoccupato se avessi un figlio sfacciato e precoce come il mio. Con Ivar non esiste porta chiusa che lui in qualche maniera non riesca a sfondare.Β»

Β«Ha quindici anni. Cosa mai potrΓ  combinare?Β»

«Chiedilo alla gioventù di mezza Varesya, non a me. Ora si intrattiene con questa ragazza, ora con quest'altro ragazzo. In giro si inizia a dire che sia promiscuo e a me non piace che parlino di lui così.»

Dante poteva ritenersi fortunato da quel punto di vista. Silas era un ragazzo tutto sommato tranquillo e non sembrava aver ancora abbracciato pienamente l'adolescenza. Talvolta dimostrava una maturitΓ  non indifferente, ma altre volte, invece, pareva ancora un bambino e sguazzava nella piΓΉ beata ignoranza.

Β«Pensavo che il collegio servisse proprio a dare persino ai ragazzi piΓΉ indisciplinati ferree regole su cui basare le azioni di tutti i giorni.Β»

«Sì, ma ogni tanto partecipano a feste e roba simile. Capirai! Vino e divertimento a non finire.»

«Perché lo hai mandato a studiare così lontano?»

«Una volta ci recammo a Varesya e a lui piacque così tanto laggiù che alla fine pensai che gli avrebbe fatto piacere rimanervi per ragioni di studio e formazione.»

Dante esitΓ². Β«Magari siamo solo noi a essere all'antica. Il mondo sta cambiando, Soren.Β»

L'ambasciatore si decise a parlare a cuore aperto: Β«Se vuoi che mi concentri al massimo sulle trattative per l'alleanza con il regno del Sud, allora... ti chiedo in cambio solo un favore. DovrΓ² star via per mesi interi e questo mi terrΓ  lontano da eventuali guai che Ivar potrebbe combinare, quindi... pensavo di farlo rimanere qui con te e Godric. Giusto per avere un paio d'occhi in piΓΉ a controllarlo. Forse potreste dargli una raddrizzata, no?Β»

La questione circa il regno del Sud era della massima importanza, ma a convincere infine il re ad accettare non fu la politica, bensì l'apprensione che scorgeva nello sguardo dell'amico. «D'accordo. Ivar può restare qui e hai la mia parola che verrà trattato con ogni riguardo. Tu cerca di fare un buon lavoro con il Sud e... beh, di tornare vivo e incolume.»

Soren sorrise di sbieco, grato al re che avesse scelto di privarlo di un grosso peso che da tempo gli si era sedimentato nel cuore. Β«Per il Sud non c'Γ¨ di che preoccuparsi. Re Harald Γ¨ abbastanza intelligente da capire quand'Γ¨ tempo di metter da parte gli antichi risentimenti. Senza contare che il Sud ha avuto dissapori con il Nord, non con Elgorad.Β»

«Resta il fatto che Elgorad abbia stretto un'alleanza con Vyrenis. Questo re Harald non mancherà di ricordartelo. Ho sentito che suo figlio, il principe Fingal, a differenza sua sa esser molto meno diplomatico. A mio parere è a lui che dovresti far molta attenzione, Soren. Quello lì ha grilli per la testa a non finire, stando a quanto si vocifera.»

«Le voci sono voci, i fatti spesso finiscono per contraddirle. Da quel che so è più o meno coetaneo di Godric, non più così giovane e impulsivo. Magari potrebbe persino rivelarsi migliore del padre.»

Dante apprezzava la buona fede di Nilgorath, ma si chiedeva se non stesse sottovalutando il rischio che recarsi a Vreha comportava. I re del Sud erano famosi per aver reagito piΓΉ volte in maniera esagerata a molti tentativi del Nord di trovare un punto d'incontro. Vreha aveva sempre partorito sovrani superbi e arroganti che si sentivano invincibili dietro alle loro preziose e famose mura, ma niente andava dato per scontato. La sensazione di trovarsi perennemente al sicuro non era che una fragile illusione e un muro non era che un semplice muro. Poteva essere abbattuto con i giusti mezzi.

BenchΓ© nell'Oltrespecchio regnasse da diverso tempo la pace, chi poteva dire cosa sarebbe accaduto a distanza di un anno, dieci o cento?

Dante voleva solo essere certo che se mai fosse giunto un altro conflitto, il Sud avrebbe lottato al fianco di Elgorad, non per sbaragliarne le difese.

Quell'alleanza era vitale per il futuro, dato che l'avvenire era e sarebbe sempre rimasto un mistero.

Fu dunque con la speranza nel cuore che guardΓ² Soren congedarsi. La speranza di ottenere, ancora una volta, una vittoria senza l'uso di armi o raggiri.

Nel peggiore dei casi, se il Sud avesse reagito male alla proposta, Nord e Ovest sarebbero invece potuti persino entrare in guerra e forse avrebbero dovuto affrontare anche l'Est, il quale probabilmente avrebbe scelto di appoggiare Vreha.

Si riscosse dai pensieri vedendo, con la coda dell'occhio, il suo sposo entrare. Subito sulle labbra del re fece capolino un tenero sorriso.

Β«Guarda un po' chi c'Γ¨!Β» commentΓ², riferendosi alla piccola Ardesia che se ne stava bella comoda in braccio al suo compagno, il quale gliela affidΓ² con delicatezza.Β 

Β«Ho pensato che le sarebbe piaciuto passare a fare un saluto a suo padre!Β» Tornato poi serio, Godric chiese al marito come fosse andata con Soren.

Β«Bene, solo che...Β» Dante si prese un po' di tempo per terminare la frase. Β«Voleva che ospitassimo qui suo figlio fino al suo ritorno e gli ho detto che non c'erano problemi.Β»

Godric, il quale era impegnato nell'ascoltare il ciangottio di Silas e Ivar che ancora stavano bisticciando nei giardini, sbattΓ© le palpebre con aria ebete. Β«Oh. Restituiremo il ragazzo a Soren in una tabacchiera, a quanto pare.Β»

Β«Vedrai che alla fine si stancheranno di scornarsi.Β»

«Non ne sarei così sicuro!» Il Principe Consorte indicò la finestra alle proprie spalle, sconvolto. «Vanno avanti così da almeno un'ora! Silas è peggio di te quando si tratta di polemizzare e attaccar briga col prossimo!»

Β«Non Γ¨ che tu fossi proprio uno zuccherino all'etΓ  sua.Β»

Tutti e due quasi sobbalzarono scorgendo un insolito e preoccupante gioco di luci provenire da quella benedetta finestra.Β 

«Per l'amor del cielo, che diavolo combinano, adesso?» gemette costernato Godric, correndo a vedere. «Ma che... ora giuro che mi sentono! Vado lì e tiro le orecchie a entrambi! Ne ho abbastanza!»

I due ragazzi stavano duellando con la magia e si lanciavano contro a vicenda chissΓ  quali incantesimi offensivi.

Il re vide il compagno marciare fuori dalla stanza, decisamente fumante per la rabbia. Si scambiò un'occhiata con Ardesia. Persino la neonata sembrava aver capito che di lì a poco se ne sarebbero viste delle belle e, infatti, una decina di minuti più tardi Dante udì la voce di Godric cantarne quattro a Silas e a Ivar.

«... assolutamente disgustato!» lo udì strillare. 

Β«Oh, mamma.Β» GuardΓ² di nuovo la figlioletta. Β«Tuo padre ha sposato una furia, lo sapevi? Una vera furia.Β»

Silas sbuffΓ² sonoramente e voltΓ² la pagina del noioso tomo che parlava dell'altrettanto noiosa storia di chissΓ  quale popolo astruso e minore dell'Oltrespecchio.

Leggeva, provando a immagazzinare ogni singola informazione, ma tutto gli scivolava via dalla testa un secondo piΓΉ tardi.

Dopo quel bello spettacolo improvvisato di fuochi d'artificio proprio sotto la finestra dello studio di suo padre era stato messo in punizione. L'unica consolazione era stata che neppure Ivar fosse riuscito a scamparla.

Visto che quest'ultimo sarebbe dovuto rimanere per un bel po' a Elgorad fino al ritorno di Lord Nilgorath, e visto che Soren aveva detto ai sovrani di trattare il figlio come se fosse stato il loro, era stato messo in punizione a propria volta.

Dunque, quando Silas udì bussare e andò ad aprire le porte, il ragazzo si stupì un bel po' vedendo che si trattava di Ivar.

Β«Ma che ci fai qui? Lo sai che succede se...Β»

Β«Ah, figurati!Β» ScacciΓ² la questione l'altro, superandolo ed entrando. Β«Non ne potevo piΓΉ di stare in camera mia e sono venuto qui per rilassarmi, non per continuare a studiare come un matto!Β» Si lasciΓ² cadere di schiena sul letto, sbuffando.

Il giovane principe sciabolΓ² le sopracciglia. Β«Prego, accomodati pureΒ» disse ironico, chiudendo di nuovo le porte. Β«Quello sarebbe il mio letto, giusto per fartelo presente.Β»

«Sì, lo so, ma non ho voglia di stare in piedi. È più comodo del mio.»

«Sì, ma...»

Β«Stavi dormendo?Β»

Β«No, ma...Β»

Β«E allora calmati.Β»

Β«Infatti sono calmo, perΓ²...Β»

Β«Ma tu parli sempre?Β»

Silas gonfiΓ² le guance e trattenne un sonoro e lungo sbuffo di pura esasperazione. Β«Dove dovrei mettermi? Sul davanzale della finestra come un pappagallo?Β»

Ivar scoppiΓ² a ridere. Β«Sarebbe un'idea.Β»

Β«Ah ah ah. Divertente.Β» Evergard si avvicinΓ², lo fece spostare di lato per farsi spazio e si rimise sul letto. Β«Visto? Possiamo starci tutti e due.Β»

Β«Molto arguto. Vuoi un biscottino?Β»

Β«Tu, invece, vuoi un bel pugno sul muso, Coso.Β»

Nilgorath non se la prese e afferrò il libro che giaceva sul cuscino; ne sfogliò le pagine svogliatamente. «I tuoi sì che sanno come punirti a regola d'arte» decretò con una smorfia. 

Silas si morse il labbro inferiore e si arrischiΓ² a osservare con la coda dell'occhio, in modo discreto, il coetaneo. Vedeva le labbra ben disegnate da cherubino muoversi e sentiva la sua voce emettere suoni, ma in quel momento era come se Ivar stesse parlando in una lingua sconosciuta.Β 

Si frenò dal chiedere se anche Ivar sentiva quel tamburo riecheggiare attorno a loro solo quando capì che in realtà il vibrante e veloce suono in questione non proveniva da fuori, ma si trovava dentro di lui. Era il suo cuore a emetterlo.

SpaziΓ² ancora con gli occhi e si concentrΓ² sulla pelle levigata e glabra del viso, sulle lunghe e arcuate ciglia, gli occhi color nocciola; nel profondo scollo della veste, per un secondo, intravide parte del torace nudo ed efebico.

Il suono del tamburo si fece piΓΉ forte e intenso, come se i colpi venissero menati con energia sulla pelle tesa dello strumento.

Silas si accorse di avere le mani ridotte a foglie tremanti.

Tutto si interruppe nell'attimo in cui Ivar gli schioccΓ² le dita in faccia. Β«Silas? Ci sei?Β»

Evergard sbattΓ© le palpebre. Pareva essersi ripreso da una specie di trance. Β«Eh? Chi?Β»

L'altro soffocΓ² una risata. Β«Ti ho chiesto cosa fai di solito per evitare di annoiarti.Β»

Β«In che senso?Β» incalzΓ² sospettoso Silas.

Β«Beh... hai presente quando proprio non sai come ingannare il tempo e allora ti metti a fare qualcosa che ti piace? Intendevo quello, ovviamente.Β»

Β«Boh. Leggo, studio o esploro i boschi, quando i miei me lo permettono.Β»

Β«Tutto qui?Β»

Β«Che altro dovrebbe fare uno come me?Β»

Β«Oh, andiamo!Β» si lamentΓ² Ivar. Β«Sei un principe! Puoi fare praticamente tutto quello che ti pare!Β»

Β«Mio padre dice l'esatto contrario.Β»

Β«E tu fai sempre e solo quello che dice tuo padre?Β»

Silas restrinse lo sguardo, punto nell'orgoglio. Β«Non sono il cocco di papΓ .Β»

Β«Allora provalo.Β»

Β«E come?Β»

Β«Andiamo da qualche parte e facciamolo senza che i tuoi lo sappiano. Esci un po' da queste mura prima di fare la fine della muffa!Β»

Quella proposta, per quanto accattivante e capace di destare nel suo petto uno strano tepore, al tempo stesso lo terrorizzava. Che cosa avrebbero pensato i suoi se fosse scappato di colpo e andato chissΓ  dove senza il loro permesso? Godric sarebbe uscito dai gangheri e Dante avrebbe forse fatto saltare qualche testa. Erano comprensivi e abbastanza aperti di mentalitΓ , certo, ma non tanto da fargliela passare liscia se lo avessero pescato a gironzolare lontano dal palazzo in piena notte. Come minimo lo avrebbero confinato in camera per un mese intero.

Β«Non possoΒ» replicΓ² con voce quasi impastata, trovando difficile dire di no a Ivar quando quest'ultimo lo guardava quasi a voler realmente tentarlo in ogni maniera.

Ivar mise su il broncio. Β«Oh, andiamo! Non se ne accorgeranno neanche. BasterΓ  aspettare che siano andati tutti a dormire.Β»

«Sì, ma farlo vorrebbe dire disubbidire ai miei e farli preoccupare. Sul serio, Ivar, gli verrebbe un colpo.» Nel momento in cui vide lo sguardo del coetaneo tingersi di delusione, però, Silas ebbe un ripensamento. Sapeva che forse era sbagliato uscire di notte e senza dire niente a nessuno, ma in fin dei conti aveva quindici anni. Sapeva badare a se stesso. «V-Va bene. Proviamoci. Insomma... che male può fare?»

Nilgorath tornò a sorridere e quel sorriso fece sì e no girare la testa all'altro ragazzo. «Ci divertiremo, vedrai! Dobbiamo organizzare bene tutto, però. In fin dei conti abbiamo un bel po' di tempo per scegliere la sera adatta. Mi informerò in giro per sapere se c'è qualche festicciola in vista.»

Quando Carvajal aprì le porte dell'ufficio di lady Crane, si bloccò dal chiederle perché lo avesse mandato a chiamare quando vide di fronte alla scrivania della donna l'ultima persona che avrebbe mai voluto incontrare nuovamente.

Che ci fa lui qui?

Mettendo su la migliore espressione neutrale che possedeva, si avvicinΓ², ma lo fece riuscendo a tenersi comunque ben lontano dal vampiro, del quale ignorΓ² lo sguardo senza troppa fatica.

Β«Volevate vedermi?Β» domandΓ².

Reida accennΓ² a Dracula. Β«In realtΓ  era lui a necessitare del vostro talento. Gli ho detto che siete eccezionale con i filtri e le pozioni e... beh... ci domandavamo se potevate prepararne una per lui. Come saprete di certo, i vampiri non possono neppure avvicinarsi alla luce del sole e Dracomir ha bisogno di compiere un viaggio molto importante per questioni inerenti al suo regno. Viaggiare solo di notte dilungherebbe la sua permanenza lontano dal Regno della Notte piΓΉ del necessario.Β»

Dario, capendo al volo, deglutì. «Uhm... sarò onesto, signora preside: non ho mai avuto l'occasione di cimentarmi nella preparazione del Filtro Solimmune.» Avrebbe anche potuto provarci, ma era mai possibile che dovesse commettere un simile sforzo per quel pallone gonfiato?

Non gli piaceva il modo in cui lo guardava sin dalla sera in cui si erano conosciuti e ancora dopo, quando di tanto in tanto Dracula si era assentato dai doveri di Principe della Notte per far visita alla scuola. Carvajal aveva sempre evitato di incrociarlo o rivolgergli la parola, ma a quanto pareva i suoi sforzi erano serviti a poco.

Per quel che lo riguardava, comunque, non aveva alcuna intenzione di diventare il prossimo pasto di quella bestia. Che rivolgesse lo sguardo altrove.

Lady Crane sospirΓ². Β«Me ne occuperei personalmente se solo non avessi un bel po' di affari da sbrigare sia qui che a Obyria. Mi togliereste un peso non indifferente dalle spalle.Β»

Dario avrebbe voluto dirle, con tutto il rispetto, che ognuno di loro era pieno di impegni fin sopra i capelli, ma non per questo decidevano di fare lo scaricabarile col primo poveraccio che incrociavano.

Benché sconsolato, annuì: «Va bene, lo farò. Se... se non avete altro da dirmi, allora credo che inizierò a mettermi subito al lavoro. Non so se nella nostra serra vi siano gli ingredienti necessari per il filtro».

Gli sembrava che la ricetta accennasse anche all'uso di un particolare tipo di cenere, ma non riusciva a ricordare i dettagli. Era meglio controllare il grimorio, prima di mettersi all'opera, anche se non gli sarebbe dispiaciuto piΓΉ di tanto vedere quell'individuo trasformarsi in un rospo bitorzoluto o vederlo iniziare a sputare fiamme viola dalla bocca.

Ma cosa... perchΓ© mi sta seguendo, ora?

Era appena uscito dall'ufficio della preside quando formulΓ² tale pensiero e squadrΓ² malamente il non-morto. Β«Ebbene?Β»

Β«Volevo solo avvertirvi, visto che, per vostra stessa ammissione, siete inesperto circa il Filtro Solimmune, che avrete bisogno anche delle ceneri di vampiro per fabbricarla.Β»

L'insegnante sbattΓ© le palpebre e diresse lo sguardo altrove, inquieto. Β«Bene. Uhm...Β»

Β«Non sapete dove trovarle, immagino.Β»

Β«In effetti no e trovo destabilizzante che mi stiate chiedendo di preparare una cosa del genere creata con le ceneri di un vostro simile.Β»

Β«I vampiri non sono tutti uguali. Esistono diverse sottospecie che derivano da rami differenti, anche se tutti confluiscono in un unico albero genealogico, alla fine.Β»

Β«Davvero affascinante, ma resta il fatto che non dispongo di un simile ingrediente e non ho alcuna intenzione di andare in giro a uccidere vampiri per procurarmi le loro ceneri. Non che voi non-morti mi stiate simpatici, ma non per questo mi diletterei mai nello sterminarli.Β» Non sapeva neppure se i paletti di legno funzionassero sul serio o fossero una semplice diceria, diamine.

Dracula ancora una volta dimostrΓ² di avere la risposta pronta: frugΓ² in una tasca dei pantaloni scuri e ne trasse fuori una piccola fiala sigillata da un tappo di sughero. Dentro di essa v'era del materiale che sembrava a tutti gli effetti cenere.

Β«Non andrete a caccia di vampiri. Non stasera, almeno.Β»

Dario guardΓ² ora lui, ora la fiala. Β«Neppure voglio chiedervi come avete fatto a procurarvela e chi ci sia lΓ  dentro.Β» Gli strappΓ² di mano il piccolo contenitore e se lo ficcΓ² nella tasca interna del leggero soprabito. Appena ebbe ricominciato a percorrere il corridoio comprese che quel vampiro lo avrebbe seguito passo per passo per tutta la preparazione del filtro.

Β«Un tempo il vampiro del quale vi ho fornito le ceneri era mio amico, almeno finchΓ© non mi Γ¨ stato chiaro che avesse perso il lume della ragione e fosse ormai diventato irrecuperabile.Β»

Β«Quindi Γ¨ questo che fate con coloro che ritenete ormai perduti? Li uccidete e li conservate in delle fiale?Β» incalzΓ² sarcastico Carvajal. Β«Quanta misericordia, sono commosso.Β»

Β«Solitamente preferisco evitare di aver a che fare con persone spezzate e ridotte all'ombra di ciΓ² che un tempo eranoΒ» ammise Dracula. Β«Nel caso del vampiro in questione, perΓ²... fidatevi quando vi dico che ho fatto di tutto per dargli una seconda possibilitΓ . Fidatevi anche quando vi dico che non sono stato io a ucciderlo e che Γ¨ stato meglio per tutti che lui abbia infine tirato le cuoia.Β»

Β«Vi credo sulla parolaΒ» replicΓ² caustico Dario.

«Avete presente il fratellastro della preside? Ebbene, fu quel vampiro a trasformarlo e lo fece a sua insaputa, con l'inganno, anche se questa non era la parte peggiore della faccenda. La madre di Arian e Reida, Elizabeth, tramò con quel vampiro affinché la aiutasse a togliere di mezzo per sempre il ragazzo. Non voleva vedere le ricchezze del defunto sir Esper andare in mano solamente a Richard e così sentenziò che egli dovesse sparire. Arwin, il vampiro, fu ben felice di aiutarla. Lei aveva bisogno di qualcuno che disponesse del corpo, lui di un nuovo animaletto. Richard, però, è di scorza dura e la fece pagare a entrambi. Insieme ai fratellastri condannò Elizabeth a una morte terribile, a venire sepolta viva, e in quanto ad Arwin... beh, il ragazzo ci pensò da solo a fargli passare per sempre la voglia di tramare con matrigne assetate di denaro. Io scelsi solo di fare in modo che tanta fatica non andasse sprecata, tutto qui. Esposi il corpo alla luce del sole e non appena fu tornata la notte raccolsi quel che rimaneva in delle fiale, una delle quali, in questo preciso momento, si trova nella tasca della vostra giacca.»

Il professore si bloccΓ². Β«Aspettate un secondo...Β» Si avvicinΓ². Β«Mi avete appena detto che la preside ha contribuito a uccidere la propria madre? E a sangue freddo, se ho ben inteso il contesto!Β»

«Intendete bene eccome e al vostro posto non mi scandalizzerei così. Quella donna meritava quella punizione e non era esattamente una madre irreprensibile. Le importava solo del proprio benestare, nient'altro.»

Β«Questo non dΓ  comunque a nessuno il diritto di disporre della vita o della morte altrui. Nessuno di noi Γ¨ al di sopra della volontΓ  della Natura.Β»

Il vampiro squadrΓ² l'insegnante. Β«Quindi, se un giorno doveste ritrovarvi in pericolo di vita e uccidere il vostro avversario fosse l'unica via di uscita, preferireste morire anzichΓ© reagire?Β»

«È esattamente ciò che penso.»

Β«Non so se ritenervi uno sciocco o un martire mancato.Β»

Β«Ho visto abbastanza morte e mai la procurerei al prossimo, neppure se quel qualcuno volesse distruggermi. Vorrebbe solo dire che forse Γ¨ giunta la mia ora.Β»

Β«Vi siete contraddetto da solo: avete detto, poco fa, che solo la Natura ha il potere di scegliere chi vive e chi muore, ma la frase che avete appena pronunciato implica che se doveste ritrovarvi di fronte alla fine, scegliereste consapevolmente di accettarla a capo chino pur di non disporre della vita del vostro aguzzino. Questo, secondo le norme della logica, significa che vi appropriereste anche voi di un potere che non vi appartiene, ovvero disporre della vostra stessa vita.Β»

Β«Allora i nostri discorsi si annullano a vicenda, visto che ci tenete tanto a chiamare in causa la logica.Β»

Β«Dunque la ragione sta nel mezzo, vedete?Β»

«In ogni caso non ho mai ucciso nessuno e non progetto di farlo in futuro. Pericolo di vita o meno. So che per un vampiro possa essere impossibile una simile visione, visto che voi non-morti non fate che uccidere in modo indiscriminato solamente per nutrirvi e portare terrore nel cuore altrui, ma finché avrò fiato nei polmoni non brandirò mai un'arma con la volontà di riversarla nelle membra di chi ho di fronte. È una scelta mia, tutto qui. Sono affari che non vi riguardano.»

L'istitutore tirΓ² dritto e imboccΓ² uno dei corridoi attraverso i quali, tramite una sorta di scorciatoia, si accedeva a un ingresso secondario oltre le cui porte si giungeva infine alla serra. Qualcosa gli diceva che il vampiro ricordasse tutti gli ingredienti del filtro.
Dracula tossicchiΓ² e si guardΓ² brevemente in giro, osservando le migliaia di piante presenti all'interno di quella sorta di paradiso verde custodito da una barriera di solido cristallo. Β«L'ultima volta che ci siamo incrociati mi avete detto che sono un maleducato, un presuntuoso e rozzo come pochi altri. Chi Γ¨ ora il maleducato? Vi ho posto di fronte a un quesito di natura a dir poco filosofica e rispondete dicendo che sono affari vostri. Una gran caduta di stile!Β»

Β«Avete iniziato voi. Io neppure volevo sapere niente sulle origini delle ceneri. Avete fatto tutto da solo.Β»

Β«E voi mi avete ascoltato.Β»

Dario respirΓ² profondamente. Β«La prossima volta, allora, appena vi sentirΓ² fiatare afferrerΓ² la prima cosa che mi capiterΓ  in mano e ve la sbatterΓ² dritta in faccia.Β»

Β«Spero solo che non si tratti di un vostro pugno o vi fareste solo molto male alle nocche, fidatevi.Β»

Carvajal alzΓ² gli occhi al cielo, implorando qualunque entitΓ  si celasse tra i grigi nembi carichi di pioggia di dargli la forza necessaria a tollerare Dracula. Β«Allora, cosa serve per il Filtro Solimmune?Β» domandΓ².Β 

Β«Fiori di napello, per iniziare. Prendetene una manciata, giusto per sicurezzaΒ» replicΓ² Dracomir. Β«Ancora non mi avete detto se siete sposato o meno, comunque.Β»

Il professore scelse saggiamente di ignorare la provocazione e, individuato il napello, provvide a coglierne i violetti fiori.

Il vampiro restrinse lo sguardo e non per irritazione, ma perchΓ© ormai vedeva quell'uomo come una sfida da vincere. Β«Va bene, proverΓ² a indovinare. Eravate sposato, ma ora non lo siete piΓΉ. Questo spiega perchΓ© non portate piΓΉ l'anello.Β»

L'altro, ancora una volta, non disse nulla a riguardo. Β«Poi?Β»

Β«Bacche e foglie di mirto. Le bacche vanno pestate e dalle foglie va ricavato un infuso.Β»

«Bene.» Dario vagliò con gli occhi ridotti a fessura la serra finché non scorse il cespuglio di mirto. Procedette in quella direzione a passo svelto e fu un po' troppo veemente nel tagliare di netto alcuni arbusti con il pugnale che era stata lasciato lì dalla scuola a tale scopo.

Β«Da come state reagendo, oserei dire che non Γ¨ stata una separazione serena e forse non si Γ¨ trattato di un tradimento o simili. Fate di tutto per non parlarne e ho sentito, poco fa, il vostro cuore mancare un battito non appena ho ricominciato a formulare ipotesi. Vi ferisce il solo ripensare alla faccenda. Troppo dolore per una sciocca questione di infedeltΓ . C'Γ¨ forse di mezzo una morte improvvisa?Β»

Carvajal trafisse la superficie del tavolo di legno lì vicino con la corta e tozza daga, poi si voltò. «Vi diverte tanto torturare le persone così?!» sbottò con voce rotta. «Se non voglio parlarne, significa che non voglio parlarne!»

Dracomir ricambiΓ² il suo sguardo con altrettanta serietΓ . Β«Non mi sembra che fino ad ora vi abbia fatto chissΓ  quanto bene mantenere tanto riserbo. La mia Γ¨ semplice curiositΓ  e non bramo di torturare chicchessia.Β» Mosse alcuni passi in avanti. Β«Dite che quelli come me sono esseri senza cuore e che non possiamo capire certe questioni, ma vi sbagliate di grosso. Non si diventa un non-morto conducendo una vita tranquilla e all'insegna della felicitΓ . Molti di noi hanno perso tutto e si sono infine ritrovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, niente di piΓΉ. Se c'Γ¨ qualcuno che giudica senza sapere, quello siete proprio voi.Β»

Β«Davvero?Β» ringhiΓ² l'insegnante, raggiungendolo. Β«PerciΓ² dovrei provare pietΓ  per una delle creature che ha fatto scempio della mia famiglia?! Buono a sapersi!Β»

Dracula sostenne il suo sguardo furioso e lucido. Β«Quando Γ¨ accaduto?Β»

Β«Non ha importanza!Β»

Β«Ce l'ha, invece. Magari Γ¨ ancora lΓ  fuori e sta massacrando altre persone. Questo non vi interessa?Β»

Β«Non l'ho visto! Era giΓ  successo tutto quando...Β» Dario si arrestΓ² e si morse la lingua. Β«Come fate a sapere che Γ¨ stato un vampiro, allora?Β»

Β«L'operato della vostra specie Γ¨ piuttosto caratteristico.Β» Il professore cercΓ² di calmarsi e di fare respiri profondi. Β«Non mi forzate mai piΓΉ a parlare di quella storia. La mia non Γ¨ una richiesta e siete pregato di rispettarla.Β»

Dracomir annuì. «Penso io a prendere il resto» disse, realizzando che l'altro non era proprio nelle condizioni di pensare a delle piante, al momento attuale. «Voglio solo dirvi un'ultima cosa, prima di chiudere per sempre la discussione: io non ho alcuna intenzione di farvi del male e non tutti i vampiri sono bestie dissennate che vanno in giro a distruggere famiglie innocenti. Non nego di aver commesso in passato degli errori, ma è da molto tempo che ho abbandonato quella via e ogni singolo giorno cerco di lavorare affinché i miei simili non si azzardino a superare il limite. Per quanto forse vi disgusterà saperlo, siamo dalla stessa parte.» Esitò. «Sono desolato per la vostra perdita, comunque, e posso capire come ci si senta più di quanto possiate immaginare. Conosco quel dolore, ma voi siete ancora vivo, che vi piaccia o meno, e dovreste fare maggior tesoro di tale realtà. Logorarvi così, intestardirvi nel tenere dentro quella sofferenza, come se voleste punirvi per esser sopravvissuto, non riporterà indietro ciò che avete perso.»

Carvajal lo squadrò furibondo e con forza cancellò dal proprio viso contratto dal pianto le scie traslucide lasciate dalle lacrime. Il dolore era tutto quello che gli rimaneva di Diego ed Esteban. Era l'unico ricordo, per così dire, che gli fosse rimasto di entrambi, ciò che gli impediva di dimenticarli e, paradossalmente, li rendeva ancora parte della sua vita giornaliera. Lo faceva sentire più vicino a loro, come se non fossero stati separati per sempre e fino in fondo.

Era logorante e intollerabile, il piΓΉ delle volte, ma la sua assenza sarebbe stata ancor piΓΉ insopportabile. Gli avrebbe sbattuto in faccia con maggiore crudeltΓ  che se ne erano andati e che non gli era rimasto un bel niente di nessuno dei due, Diego specialmente.Β 

Era come se fosse stato tramutato in una bambola piena di segatura, solo che al posto di quest'ultima c'era il dolore. Era quello a dargli forma, a tenerlo in vita, a impedirgli di afflosciarsi completamente al suolo.

La sofferenza era sua e solo lui decideva come o se combatterla o se soccombervi. Aveva il diritto di provarla e il dovere di non dimenticare cos'era successo.

Dicevano che finché le persone fossero state rimembrate, seppur morte, il ricordo le avrebbe tenute in vita, seppur in maniera diversa e solo nel cuore di chi era ancora vivo. Ricordare Diego ed Esteban era un dolore perpetuo, faceva male ripensare a tanti momenti belli e felici e un minuto dopo richiamare alla mente l'orrendo scempio che lui si era ritrovato di fronte quella notte. Ricordare ogni cosa lo faceva dannare, ma era questo a impedire a quelle persone a lui così care di morire definitivamente. Erano vive nei suoi ricordi, per quanto dolce-amari.

Nessuno aveva il diritto di dirgli che avrebbe dovuto dimenticare e guardare avanti. In fin dei conti quale futuro c'era da rimirare?Β 

La veritΓ  era un po' diversa da quella che aveva esposto a Dracula solo una ventina di minuti prima.Β 

Continuava a vivere, anzi a esistere, solo perchΓ© farla finita per sempre avrebbe poi fatto del male ai suoi genitori, li avrebbe fatti forse sentire colpevoli per non esser riusciti a impedirgli di uccidersi, ma al tempo stesso non lo impensieriva la prospettiva di incrociare un giorno qualcuno che forse avrebbe posto fine al suo viaggio nella terra dei viventi. Avrebbe accettato il fato e basta, probabilmente lo avrebbe abbracciato come se fosse stato un vecchio amico e non si sarebbe neppure sforzato di contrattaccare o fuggire.

Se questo lo faceva sembrare o rendeva un vile, allora pazienza. Non gli importava cosa pensavano gli altri.

Non guardΓ² in faccia minimamente il vampiro quando questi gli consegnΓ² dei piccoli mazzi di erbe e radici varie necessarie a fabbricare il Filtro Solimmune. Con voce flebile e atona, come se la mezza esplosione di emozioni di poco prima lo avesse prosciugato delle energie, disse che si sarebbe messo subito al lavoro e abbandonΓ² la serra.

«Carvajal mi ha chiesto di consegnarti queste.» Reida aprì un cofanetto squisitamente intarsiato dov'era solita riporre oggetti che riteneva importanti e ne trasse fuori tre fiale di media grandezza dal contenuto liquido, grigio perla e iridescente. Le consegnò a Dracomir. «Posso fare una domanda, per quanto forse indiscreta?»

Il vampiro schiarì piano la voce. «Cosa lo domandi a fare? Chiederai lo stesso, perciò fuori il rospo.»

Β«Cos'Γ¨ successo dopo che siete usciti da qui, tre giorni fa?Β»

Β«PerchΓ©?Β»

Β«Sai bene il perchΓ© e stamattina, quando Γ¨ venuto qui per darmi le fiale con all'interno il Filtro Solimmune, era molto strano, perciΓ², Dracomir, te lo chiedo di nuovo: cos'Γ¨ successo?Β»

Β«Ti sembra saggio ficcare il naso negli affari personali del Principe della Notte?Β»

Β«Quello che fai altrove non mi riguarda e non mi interessa, ma ciΓ² che invece si verifica tra le mura di questa scuola mi importa eccome. E comunque non sono una semplice preside, ma sono anche l'Imperatrice e come tale ho potere anche su di te, Principe della Notte. Ricorda che sei tale solo di nome, ma di fatto, se non erro, mio fratello sarebbe dovuto trovarsi al tuo posto.Β»

Dracula restrinse lo sguardo. «A me risulta che tuo fratello abbia scelto sin da subito di lavarsene le mani. È stato lui a non voler confrontarsi con me per decidere chi dovesse regnare.»

Β«Cionondimeno siamo stati io e Arian a consegnarti in mano il potere.Β»

Il vampiro incrociΓ² le braccia. Β«Non Γ¨ successo assolutamente niente. Abbiamo solo parlato.Β»

Β«Di che cosa?Β»

Β«Gli ho solo chiesto qualcosa sul suo passato, tutto qui.Β»

Lady Crane alzΓ² gli occhi al cielo, giunse le mani davanti al viso e su di esse posΓ² la fronte, sospirando. Β«Non ci posso credere.Β»

Β«Oh, quindi tu sapevi giΓ  tutto?Β»

Β«Certo che lo sapevo. Quando suo padre mi ha parlato di lui ha anche aggiunto che aveva alle spalle eventi difficili e piuttosto traumatici. Era preoccupato per lui. Ci conosciamo da diverso tempo e visto che io avevo bisogno di un nuovo insegnante, gli ho chiesto di proporre al figlio di lavorare qui. So tutto quanto, Dracomir, e non avevi alcun diritto di scavare in un passato che con chiarezza ancora non Γ¨ riuscito a superare.Β»

Reida non teneva solamente al benessere dei suoi studenti, ma anche a quello dei professori, di ogni singola persona che lavorava fra quelle mura.

Β«Hai avuto ciΓ² che vuoi, ma mi chiedo se ne sia valsa la pena.Β»

Dracomir fece un respiro profondo. Β«Bene, allora lascia che ti dica questo: prima o poi quell'uomo farΓ  una brutta fine. Non Γ¨ una minaccia, ma un dato di fatto. Se tu avessi udito le sue parole, quel che ha detto tre giorni fa, fidati che la penseresti come me.Β»

«La penso già così» replicò tetra la donna. «Ti dirò una cosa, ma bada a non ripeterla in giro: c'è qualcosa che non va dentro la scuola. Di recente proprio lui mi ha riferito di alcuni eventi strani che sono accaduti attorno a uno dei nipoti di Ruslanovich, eventi dei quali lo stesso Carvajal è stato diretto testimone. Il medico sostiene che entrambi siano solo in preda a una sorta di suggestione, ma ho deciso lo stesso di fare quattro chiacchiere con il bambino. Parla di una creatura, di un uomo dalla pelle grigia e gli occhi gialli. Ero scettica, ma in questi giorni anche altri bambini hanno iniziato a ripetere di vedere quella creatura.» Fece una lunga pausa, come se le parole che ancora non aveva pronunciato le pesassero in gola come un macigno. «Stamattina la professoressa Heirenberg è corsa da me, sembrava in preda all'isteria. Le ho chiesto cos'era successo e lei mi ha detto di aver avvistato quell'essere, per poi aggiungere un'altra cosa che mi ha sconvolta.»

Β«Ovvero?Β» incalzΓ² Dracomir, il quale trovava quella storia molto strana e preoccupante.

La preside esitΓ² ancora. Β«Lo ha visto per pochi istanti, ma con assoluta chiarezza, anche se sembrava un fantasma o qualcosa del genere, a giudicare dalla trasparenza. Per quanto possa sembrare assurdo e contro ogni criterio, c'Γ¨ stato un momento in cui quella donna ha scambiato questa... questa cosa... per Richard. Secondo lei gli somigliava in tutto e per tutto, sarebbero potuti passare per gemelli identici.Β»

Dracula si accigliΓ². Β«Fanfaluche. PerchΓ© mai tuo fratello dovrebbe spaventare tutti quanti? E comunque la storia degli occhi gialli non sta in piedi e Richard Γ¨ tornato giorni fa in Francia. AvrΓ  visto male.Β»

Β«Eppure questo Γ¨ ciΓ² che ha detto la signora Heirenberg.Β»

Il vampiro tacque, pensieroso. Β«Qualcun altro lo ha visto in faccia?Β»

Β«A parte i bambini, nessuno, e loro non hanno mai incontrato Richard.Β»

Β«E Carvajal?Β»

Β«Non ha mai visto quella presenza, questo lo ha ammesso subito, ma sostiene, invece, che in effetti ci sia qualcosa che non va qua dentro.Β»

«È la prima volta che accade qualcosa di simile in quasi quarant'anni di attività della scuola. Siamo sicuri che non sia connesso, in qualche maniera, al primo bambino che ha visto la creatura o... beh... a Carvajal?»

Β«Non saprei, ma questa storia sembra premergli molto. Ha paura che accada qualcosa di male a uno degli studenti, specialmente al piccolo Petya. Per fortuna, almeno fino ad ora, nΓ© lui nΓ© altri allievi hanno riportato danno alcuno, a parte l'inquietudine.Β»

Di una cosa Reida era convinta: quell'essere voleva una cosa ben precisa e per qualche ragione, stando alla testimonianza del nipote di Ruslanovich, non approvava la presenza di Carvajal fra quelle mura. Questo la spingeva quasi a pensare che a essere maggiormente a rischio, al momento, fosse proprio quell'insegnante.

Qualunque cosa fosse quella che aleggiava nelle tenebre notturne della scuola, non aveva intenzione di andarsene e c'era la possibilitΓ  che diventasse realmente aggressiva.

Dracomir osservΓ² la donna. Β«Davvero non sai cosa o chi possa essere?Β»

«Né io né Arian o altri abbiamo mai visto una presenza comportarsi così e non lasciare tracce di alcun tipo. Di solito i fantasmi, gli spettri e le entità lasciano segni del loro passaggio, come una sorta di scia che alcuni riescono a vedere o ad avvertire, ma l'essere in questione appare e svanisce come vuole e dietro di sé non lascia praticamente niente, come se non ci fosse stato. È un comportamento anomalo e per questo sono preoccupata. Se non sappiamo cos'è, cosa vuole o cosa lo ha portato a sedimentarsi fra queste mura, allora non sappiamo neppure come affrontarlo e scacciarlo o da dove partire e... se non dovesse placarsi, potrei essere costretta a interrompere l'attività della scuola fino alla risoluzione del problema e non è detto che possa essere ottenuta in tempi brevi.»

Gli studenti iniziavano a essere terrorizzati dal fenomeno e ora anche fra gli insegnanti cominciava a serpeggiare un certo panico. Il custode dell'istituto faceva la ronda tutte le notti e controllava ogni area dell'edificio costantemente, fino all'alba, quando tutto sembrava tornare alla normalitΓ  e ritrarsi negli angoli bui della scuola, in attesa di colpire ancora con il favore delle tenebre.

Non si poteva parlare di infestazione, era un termine ignorante, popolare e troppo vago per definire cosa stava avvenendo.

Lì c'era in atto ben altro.

Β«Stamattina ho annunciato agli studenti, durante la colazione, che da questa notte in avanti avrei imposto a due professori a turno di pattugliare la scuola. Non mi sembra il caso di sovraccaricare il custode e in fin dei conti lui non puΓ² trovarsi in due posti diversi al tempo stesso. Servono altre persone per tenere sotto controllo la situazione di notte.Β»

Il Principe della Notte annuì. «Saggia scelta. Vuoi che mandi qui alcuni dei miei uomini, giusto per tenere d'occhio l'esterno?»

Β«Oh, no, no. Non Γ¨ necessario, almeno credo.Β»

«Comunque rimarrò, stanotte. Darò una mano a sorvegliare i corridoi e se dovesse accadere qualcosa avrete un aiuto in più. Non mi va di lavarmene le mani così e la situazione mi sembra abbastanza seria.»

Dario si portò la tazza di porcellana alle labbra e ingerì un primo sorso del caffè che lui, il professor Sterling e il signor Hammer, il custode, avevano scelto di preparare per rimanere svegli e vigili.

La stanchezza era molta, ma erano sicuri che non sarebbero comunque riusciti a dormire sapendo che nei corridoi della scuola si aggirava un'entitΓ  che pareva divertirsi parecchio a terrorizzare le persone.

Hammer guardΓ² in direzione di Dracula, il quale, come aveva detto alla preside, si era trattenuto fino a quell'ora tarda per aiutarli a sorvegliare ogni anfratto della scuola. Β«Altezza, ne volete un po' anche voi?Β» domandΓ² con il solito fare burbero, ma anche rispettoso, visto chi era il suo interlocutore.

Il vampiro si strinse nelle spalle. «Ma sì, datemene una tazza. Darei non so cosa per un po' di sangue fresco, al momento, ma questo dovrebbe aiutarmi a tenere a bada la sete.»

Carvajal gli scoccΓ² una breve occhiata spaesata. Β«Da quando i vampiri possono bere sostanze diverse dal sangue?Β» chiese, non potendo proprio far a meno di volere una spiegazione.

Dracomir lo squadrΓ² e sorrise di sbieco. Β«Come mai tutto questo interesse, di colpo?Β»

Β«Pura curiositΓ , nient'altro.Β»

Β«Oh, siete curioso?Β»

Il professor Sterling scrutΓ² ora l'uno, ora l'altro, con evidente interesse. Gli sembrava quasi che gli stesse sfuggendo qualcosa.

Dario roteΓ² gli occhi e fece una smorfia insofferente. Β«Fate come se non avessi domandato niente.Β» Non gli sembrava proprio il caso di tornare a bisticciare con quella specie di bambino viziato troppo cresciuto. Stupido lui a dargli corda, anzi.

Il vampiro lo stesso decise di rispondere: «È vero, per tirare a campare abbiamo bisogno del sangue, ma di recente abbiamo scoperto di tollerare di buon grado il caffè. Pare che riesca a sopire per un po' la sete».

Β«Beh, nel caso aveste bisogno di nutrirvi all'ultimo minuto, io sono disposto a cedervi un po' del mio sangue. Sarebbe affascinante vivere in prima persona un'esperienza del genereΒ» intervenne Sterling, guadagnandosi da parte del collega un'occhiata penetrante e inquisitoria.

Β«Professor Sterling, lei si trova qui per insegnare la storia dei sovrannaturali agli studenti della scuola e stanotte, in via del tutto esclusiva, per assicurarvi che nessuno dei ragazzi subisca aggressioni da parte di un essere del quale si ignorano le origini. Rimandate a un'altra volta e in una separata sede eventuali moine e smorfie indirizzate a quest'individuo. Post scriptum: attento a non sbavare e chiudete quella bocca, se non volete che si riempia di mosche.Β»

Sterling, rosso in faccia per il rimprovero appena subito e non solo, deglutì e ingoiò una lunga sorsata di caffè in rigoroso silenzio.

Dracomir soffocò una risata. «Non ve la prendete. Carvajal fa così solo perché in realtà desidera certi privilegi tutti per sé.»

Dario lo squadrΓ² con tanta di quella gelida furia che forse un uomo piΓΉ saggio avrebbe pensato bene di sigillarsi le labbra ed evitare di tirare la corda, ma il vampiro in questione era di irriducibile sfacciataggine e non parve per nulla turbato da quell'occhiata.

Carvajal, allora, finì la propria bevanda e disse che sarebbe andato a controllare il sesto piano, forse pianificando poi di ridiscendere man mano che avrebbe vagliato i corridoi dell'intero edificio.

Β«Vi accompagno. Meglio pattugliare in coppia che da soli.Β»

Β«Non ce n'Γ¨ bisogno. Signor Hammer? Mi segua, la pregoΒ»

«Non siate così villano da scomodare il pover'uomo, su! Non ha neppure finito di bere il suo caffè!»

Non ci fu verso di variare l'ordine delle coppie che erano state appena decise e Dario, pur sconsolato e per nulla ansioso di farsi affiancare da quella creatura insopportabile, fu costretto a farsi andar bene tale disposizione.Β 

Β«Siete mai stato lassΓΉ?Β» chiese a un certo punto Dracula, indicando con il lungo e affusolato indice la rampa di scale addossata alla parete. Si trovavano al penultimo piano, quello dove si trovava anche l'ufficio della preside. Ancora piΓΉ sopra, in cima, proprio al di sotto della cupola di vetro, v'era l'osservatorio.

Fra i due piani in questione, invece, era situata la soffitta.

L'insegnante lo guardΓ². Era affiancato da due sfere di luce bianca che gli consentivano di illuminare meglio il suo cammino, visto che a quell'ora i corridoi, lampade a olio o meno, risultavano particolarmente tetri e bui. Β«PerchΓ© mai sarei dovuto recarmi in soffitta?Β»

Β«Forse potrebbe esserci qualcosa che vi Γ¨ sfuggito.Β»

Β«PerchΓ© mai dovrei fidarmi di uno come voi?Β»

Β«Ve l'ho detto: siamo dalla stessa parte.Β» Dracomir decise di raggiungere quelle scale e iniziΓ² a risalirne i gradini. Β«Venite o rimanete qui?Β»

Il professore deglutì e si guardò attorno inquieto. Pur odiandosi con tutto il cuore, capì che sarebbe stato meglio evitare di separarsi e per tale ragione seguì il Principe della Notte per la ripida gradinata. La porta era chiusa a chiave, ovviamente, e né quella né le altre presenti nell'edificio potevano esser aperte con la magia per questioni di sicurezza. I ragazzi più grandi e più esperti avrebbero potuto magari entrare in soffitta e andare a pericolarsi, perciò era sempre meglio essere accorti anziché rischiare problemi o persino gravi incidenti.

L'unico modo per aprirle era avere le chiavi apposite e Hammer aveva fornito una copia di esse sia a lui che a Sterling. Le recuperΓ² da una delle tasche del giustacuore scuro e sobrio che indossava. Β«Francamente non so quale sia quella giustaΒ» disse fra sΓ©, chiedendosi perchΓ© si intestardisse nel dare ascolto a quell'uomo. Si concesse un paio di minuti per esaminare la serratura e le varie chiavi che aveva a disposizione. Finalmente trovΓ² quella della soffitta e subito la infilΓ² nella toppa. Prima che fosse permesso loro di entrare dovette girarla per ben cinque volte.

Β«Andate prima voialtri, visto che siete tanto curioso di ficcanasarvi dentroΒ» disse al vampiro, accompagnando le parole a un inchino tutto fuorchΓ© sincero.

Dracomir sogghignΓ². Β«PiΓΉ vi conosco e piΓΉ capisco che siete mordace come pochi altri al mondo. Sicuro di non avere alcuna parentela con i serpenti?Β»

«Se anche fosse, temo che voi siate immune a qualsivoglia veleno» replicò caustico Carvajal, seguendolo. Per un attimo si aspettò che la porta dietro di loro si richiudesse di scatto, ma ciò non avvenne e l'uomo si sentì uno sciocco per aver anche solo creduto che sarebbe successo.

Quel che invece accadde fu che l'insegnante, nel ricordare di aver dimenticato fuori le chiavi, fece per riaprire la porta, ma si sentì gelare appena scoprì, a furia di sollevare e abbassare la maniglia, di spingere inutilmente, che a quanto pareva erano rimasti chiusi dentro. Doveva sicuramente essersi trattato di un malfuzionamento della serratura. Magari si era inceppata o qualcosa del genere. Tutto poteva esser spiegato con la logica, giusto?

Si rifiutava di farsi trascinare ancor di piΓΉ nella paranoia da un evento che poteva avere benissimo una giustificazione semplice e normale.

Β«Provate voi. Siete piΓΉ forte di me, no?Β» Si fece da parte e lasciΓ² che Dracomir tentasse di aprire in modo piΓΉ brutale la porta, ma ecco che ancora una volta si verificΓ² qualcosa di anormale: come fece per avvicinarsi, venne letteralmente sbalzato indietro da una forza invisibile e ben poco garbata.

Le due sfere di fumigante luce bianca accanto al professore, proprio come le fiammelle di un candelabro, si deformarono e infine dissolsero come se qualcuno vi avesse soffiato sopra. Le tenebre, a quel punto, lo avvolsero nel loro opprimente e oscuro abbraccio.

Β«Dracomir?Β» chiamΓ² l'uomo, imponendosi di restare lucido e calmo.

«Sono qui» rispose per fortuna l'altro. Lo si udì camminare sul polveroso assito vecchio di più di tre decenni. Chissà quante poche persone dovevano esser salite fin lassù in tutto quel tempo, se non per abbandonarvi mobili e oggetti dei quali non ci si era voluti sbarazzare completamente.

Faceva freddo, troppo freddo persino per un posto come quello. Un freddo glaciale che spinse Dario a incrociare le braccia per tenersi al caldo in qualche maniera. Lo sforzo, tuttavia, si rivelΓ² inutile.

Β«C-Che sta succedendo?Β» chiese.

Nel buio avvertì qualcosa scorrere lungo la schiena e attorno alle spalle. «Non vi allarmate, sono io» lo rassicurò il vampiro, avendolo sentito irrigidirsi. «Io non ho bisogno di luce per vedere, perciò statemi vicino o vi andrete a pericolare. C'è un sacco di roba in giro e il pavimento non mi sembra così affidabile.»

Β«Non vi azzardate a fare scherzi o giuro che...Β»

Β«Mai stato un burlone, rasserenatevi.Β»

Β«E ora che facciamo?Β»

Β«Beh... proviamo a capire cosa vuole il nostro amico evanescente e...Β», il Principe della Notte si chetΓ² e sia lui che il professore rimasero di stucco quando dal niente, senza alcun preavviso, tutto attorno a loro si illuminΓ², come se fossero state accese delle lampade a olio capaci di rischiare tutto quanto. CiΓ² che invece li inquietΓ² fu realizzare che ogni singola cosa, loro compresi, era immersa in una strana e innaturale luce sanguigna. Tutto era rosso, persino gli angoli rimasti sepolti nella penombra.

I due si scambiarono un'occhiata guardinga e inquieta.

Β«Riprovo a forzare la porta?Β»

Β«Non credo sarebbe molto saggio.Β»

«Sì, ma non possiamo rimanere qui in eterno e sento che qualcosa non va. Restare quassù, in questo preciso momento, non è sicuro.»

Dario sussultΓ² udendo risuonare attorno a loro, ovattata e sinistra, la risatina di qualcuno che al contrario loro pareva star godendosi parecchio la situazione.

La paura lo fece reagire d'impulso, ma come fece per afferrare un braccio a Dracomir, scoprì di aver serrato la mano su nient'altro che l'aria. Il vampiro, in qualche maniera, era svanito dalla circolazione. Non poteva essersene andato, altrimenti avrebbe sentito la porta aprirsi e chiudersi, senza contare che essa risultava impossibile da aprire.

Eppure... era da solo e a nulla valse chiamare Dracula a squarciagola. Non c'era piΓΉ.

Con la coda dell'occhio intravide una sagoma nera aleggiargli dietro. Si voltΓ², ma non vide nessuno e la stessa cosa si verificΓ² per un paio di altre volte, finchΓ© quella che pareva una scura nuvola di denso fumo non gli si palesΓ² di fronte. Da qualche parte, lΓ  in mezzo, Carvajal scorse quelle che gli parvero prima grosse lucciole, poi tizzoni incandescenti, infine... occhi.

Occhi sinistri, color dell'ambra e rifulgenti di un malevolo bagliore; le pupille erano sottili come quelle dei gatti o dei rettili e la loro espressione, per così dire, non lasciava presagire nulla di buono.

Il fumo si diradΓ², si contrasse e deformΓ² fino ad assumere sembianze ben precise. Sembrava umano, un uomo, ma non lo era affatto, anche se...

È come se lo avessi già visto altrove, rifletté terrorizzato il professore, cercando invano di ricordare, di richiamare a sé i ricordi in quel denso e tremolo pantano che la sua mente era di colpo diventata.

Lo vide avanzare, lentamente e con terribile decisione, come a voler spingerlo per forza in un angolo e impaurirlo fino al limite consentito dall'umana sopportazione.

Β«S-Sta' indietroΒ» pigolΓ² l'uomo, invano. Se anche avesse voluto usare qualcosa, qualunque cosa, contro quell'essere, era sicuro che non sarebbe servito a un bel niente.

Provò allora a usare la magia, forse tramite essa avrebbe potuto difendersi, ma era così annichilito da non riuscire a evocarla.

L'essere piegΓ² le labbra in un sorriso malevolo. Gli occhi scintillavano di pura malvagitΓ  e dove sarebbero dovuti esser stati chiari o persino bianchi o ancora traslucidi, erano invece neri. Sclere scure e vuote come antri infernali.

β€ŸNon fai piΓΉ lo spaccone, vedo."

La bocca non si aprì nel proferire tali parole, ma Dario le udì comunque risuonare nella propria testa, riecheggianti di crudele scherno. Rabbrividì e l'orrore lo assalì fino in fondo quando, provando a guardare in direzione della porta, vide che non c'era più niente su quella parete. Nessuna via d'uscita.

I suoi occhi si diressero nuovamente verso quell'abominio e in un modo che sarebbe stato impossibile spiegare a parole l'insegnante si sentì risucchiare via da quelle iridi spaventose e ardenti.

Si coprì il viso, si disse di non guardarlo, che forse era solo un'allucinazione e tutto sarebbe finito, ma poi...

Un po' alla volta allontanΓ² le dita e lo smarrimento fu tanto nel capire che non si trovava piΓΉ nella soffitta della scuola, ma altrove.

Una fitta nebbia aleggiava ovunque, da qualche parte un corvo gracchiava.

Ma questo... questo Γ¨...

Per quanto fosse tale e quale a un cimitero che a malincuore conosceva bene, era diverso, ricolmo di desolazione. Faceva piΓΉ freddo che mai e l'atmosfera stessa che avvertiva era sinistra, per nulla familiare.

Alle sue spalle v'era la piccola chiesa fuori dalla quale, dieci lunghi anni prima, a un certo punto era corso via, non potendo tollerare oltre la sterile funzione cui era stato costretto a prender parte in virtΓΉ di una fede che non aveva mai condiviso con Esteban. Quest'ultimo aveva sempre creduto in Dio, nella vita dopo la morte, nel Paradiso destinato ai giusti e nell'Inferno ove venivano scaraventati i malvagi e per questo gli aveva una volta detto che se mai fosse morto, un giorno, lui avrebbe dovuto far celebrare un funerale cristiano a tutti gli effetti.

Dario odiava quel posto e il ricordo di esso gli faceva male, un ferro rovente che veniva girato e rigirato nel suo petto giΓ  logorato dal dolore della perdita.

Non è reale. Non può esserlo, si ripetè, chiedendosi, intanto, cosa fosse quello strano ronzio. Pareva... soffocato, lontano e vicino all'unisono.

No, non un ronzio. Sembravano voci: urla, gemiti, lamenti. Era come se provenissero da sotto di lui.

Si accigliΓ² e controvoglia decise di inginocchiarsi sul terreno brullo e costellato di erbacce che celavano in parte le tante lapidi sparse qui e lΓ .

Neppure lui seppe spiegarsi, malgrado la curiositΓ , perchΓ© accostΓ² l'orecchio alla terra, ma quando lo fece il panico lo sferzΓ² immediatamente e lo spinse a rimettersi in piedi subito.

Da quando i morti gridavano e si lamentavano dentro le loro tombe?

Era un coro orribile, insopportabile e in costante crescendo. A un certo punto rischiΓ² di assordarlo, tanto era aumentato di intensitΓ .

Alcuni chiamavano il nome dei loro cari ancora vivi, altri imploravano aiuto, ripetevano di non voler rimanere lΓ  sotto da soli, di avere paura e di sentire freddo.

La terra prese a tremare e il professore si fece sfuggire un urlo: dal terreno stavano sbucando, come orridi fiori, arti scheletrici che artigliavano l'aria nel vano tentativo di sentire qualcosa, qualunque cosa, o forse... trascinare giΓΉ con loro, nelle tenebre della tomba, qualcosa o qualcuno.

Forse proprio lui.

Ben presto ecco che risalirono completamente, trasformando il cimitero in una macabra e demoniaca festa dove la musica non era altro che il loro coro ora tramutatosi in un penetrante stridore. Dario si guardΓ² in giro e da ogni parte incrociΓ² lo sguardo buio e vuoto di tante, troppe orbite di bianchi scheletri avvolti in stracci consumati e sporchi di terra.

Appena si accorse che si stavano stringendo attorno a lui, l'insegnante si ridestò dalla paralisi del terrore e corse a perdifiato in direzione della piccola chiesa, della quale chiuse subito le porte, sbarrandole con la trave apposita che scorse in un angolo lì vicino.

La quiete durΓ² poco: il legno venne assalito da tonfi, da falangi che lo graffiavano e un'ondata di ossa che in ogni maniera provava a travolgerle e farle aprire.

Ma cosa volete da me?!

Percorse la navata spoglia e svuotata di almeno la metΓ  delle panche e si fermΓ² solo quando vide sull'altare rovinato ed eroso qualcosa che gli mozzΓ² il fiato in gola: rivoli di sangue scendevano giΓΉ, raccogliendosi poi a terra in scarlatti ristagni. Sopra di esso, invece, giaceva qualcosa di piccolo e impossibile da classificare, visto che era coperto da un lungo segmento di stoffa bianca, logora e macchiata di rosso.

Si disse di non avvicinarsi, di non guardare, ma il suo corpo agì come quello di un burattino: salì i gradini, allungò una mano tremante e tirò via il lenzuolo, solo per pentirsi subito di averlo fatto. Riconobbe subito il corpicino che giaceva in modo troppo composto là sopra. Riconobbe quegli abitini laceri e sporchi di sangue, il sottile e fragile collo squarciato, quei grandi e vitrei occhi di bambino che, grazie alla posizione della testa, parevano fissarlo e accusarlo in silenzio, dirgli che era stata colpa sua, che era morto perché lui non si era trovato in quella casa per proteggerlo.

Rivedere quello strazio fu il colpo di grazia. Pianse e si lamentΓ² come un animale ormai in fin di vita; pianse come non aveva fatto al funerale nΓ© in seguito, sempre frenato da un macigno allo stomaco che gli impediva di esternare il dolore, di urlare come avrebbe tanto voluto fare.

Seduto sui gradini che conducevano all'altare dove giaceva il suo perduto Diego, non riuscì a fare nient'altro che piangere e tremare, ormai indifferente al pandemonio oltre le porte della chiesa. Neppure gli importava se tutto fosse reale o meno. Quel dolore lo era eccome, lo era il tormento che stava provando, lo erano i sensi di colpa.

La veritΓ  era che la vita non era stata sempre perfetta dopo l'arrivo di Diego. C'erano stati alti e bassi, momenti nei quali quasi avrebbe voluto oltrepassare la porta di casa e non tornare piΓΉ, far perdere le proprie tracce e fuggire lontano. Da cosa?

Accidenti, neppure comprendeva piΓΉ cosa lo avesse portato a provare, a un certo punto, tutta quell'insofferenza, quel costante nervosismo. Tutto di colpo aveva iniziato a soffocarlo e lui aveva cominciato a non tollerare quasi piΓΉ anche il minimo capriccio infantile di suo figlio o le discussioni con Esteban che a piΓΉ riprese lo aveva definito un genitore troppo severo.

Una volta ammetteva di essersi arrabbiato con Diego perché il piccolo, nello scorrazzare in qua e in là per il suo studio, alla fine aveva urtato lo scrittoio sul quale lui stava lavorando a qualcosa e fatto cadere la boccetta d'inchiostro sulle pergamene, rendendo vane le ore che lui aveva impiegato nel riempirle. Aveva solo rimproverato Diego, ma lo aveva fatto spinto dalla rabbia e dalla frustrazione, accusando un bambino di soli tre anni di essere un disastro che camminava e di non saper guardare neppure dove andasse. Lo aveva messo in castigo fino all'ora di cena ed era finita così, ma col senno di poi si era sentito male nel realizzare di aver reagito in modo spropositato, di aver scordato che in fin dei conti suo figlio valesse più del suo lavoro, di un semplice mazzo di pergamene.

Fu allora che ricordò un altro particolare che fino ad allora gli era sfuggito e che all'epoca aveva sì e no scansato, concentrato com'era nel dover badare ai figli altrui e nel lavorare, nel frattempo, anche a progetti personali.

Petya non era stato il primo bambino a dirgli di vedere un essere dagli occhi gialli.

Il primo ad avergli riferito di una creatura assai simile e con lo stesso, identico nome, era stato Diego, ma lui non ci aveva badato, aveva scansato quei racconti infantili e all'inizio allegri, poi sempre piΓΉ bizzarri e infine un po' inquietanti; aveva ridotto i pianti notturni di Diego a facezie e ripetuto al bambino che si fosse trattato sempre di un brutto sogno, che niente si celava nell'ombra, in un angolo della stanza, impegnato a fissarlo ogni notte con quegli occhi strani e innaturali.

Diego gli aveva ripetuto di non esser stato lui a rompere il vaso di cristallo pieno di fiori che Dario, un giorno, aveva sentito andare in mille pezzi. Era accorso e aveva solo trovato suo figlio intento a fissare i rimasugli del costoso soprammobile. Si era inviperito non poco, ma aveva scelto di non spazientirsi, almeno fino a quando il bambino non aveva iniziato a ripetergli che non era stato lui, che era stato il Signore dagli Occhi Gialli a farlo cadere. Dario, perΓ², non gli aveva creduto, lo aveva rimproverato aspramente e gli aveva ricordato che mentire era una pessima abitudine.

Si erano verificati altri incidenti, altri eventi bizzarri, ma non aveva mai ascoltato davvero suo figlio. Era sempre partito dal presupposto che Diego avesse accampato scuse su scuse pur di non ammettere la veritΓ  e scamparla.

Era stato allora che Carvajal, una sera, aveva parlato con il compagno a quattrocchi e ammesso di avere bisogno di prendersi una pausa da tutto quanto, di allontanarsi per qualche giorno o settimana da quella casa per riavere indietro del tempo per se stesso e un po' di sano silenzio, di calma e tranquillitΓ . Lontano dal rumore, dagli infantili schiamazzi di Diego e le sue bravate, dalla vita fattasi monotona e noiosa, quasi sempre priva di momenti di spensieratezza, da tutto quello che un tempo era stato il loro pane quotidiano, prima dell'arrivo del figlioletto.

Esteban, leggendogli negli occhi la frustrazione, quanto fosse realmente arrivato al limite, non aveva potuto far altro che accettare di lasciarlo partire e rassicurarlo, dirgli che tutto si sarebbe aggiustato, ma non era stato così.

Davvero era stato un vampiro a compiere il massacro?

Non ne aveva idea, ma in fin dei conti forse ormai neppure importava piΓΉ. Era intrappolato in quella sorta di bolla di sofferenza e sensi di colpa e non vedeva nessuna via d'uscita, nessun sentiero capace di riportarlo a casa.

Dov'era, poi, quella famosa casa? Dov'era stata in quegli ultimi dieci anni?

Si rimise in piedi, malfermo e ridotto a un semplice guscio di apatia e stanchezza. Era così stanco di andare avanti, pur sapendo che quella strada non avrebbe condotto mai a una meta. Vagava e brancolava nel buio da tanto, troppo tempo, ed era stanco di farlo. Stanco di ripetersi che un giorno sarebbe stato meglio, quando era chiaro che quel giorno mai sarebbe giunto.

Udì uno strano e fibroso scricchiolio e sollevò lo sguardo; passò in rassegna non poco bramosa e disperata il nodo scorsoio assicurato a una delle travi del soffitto di quella piccola e bassa chiesa, osservando il modo pigro e invitante con cui oscillava davanti a lui, pronto a cingergli il collo come una collana.

Alle sue spalle vi fu un breve fruscio, poi una voce gli sussurrΓ² all'orecchio: β€ŸSo che lo vuoi fare. Vuoi farlo da dieci anni Β».

Una piccola e ovattata parte della coscienza dell'insegnante avrebbe voluto sottrarsi a quelle parole, ma il resto, invece, era concentrato nell'ascoltarle. La rassegnazione gli impediva di respingerle, di aborrirle. Erano invitanti, avevano lo stesso suono rassicurante di una ninna nanna, di una promessa di libertΓ  e di pace.

β€ŸChe senso ha continuare cosΓ¬, mhm? Pensi davvero che potresti tornare a essere felice? Non ti vergogni all'idea di dimenticarli entrambi e di andare avanti mentre loro, invece, sono lΓ  sotto, da soli e al buio, nella fredda e sterile terra?Β "

Serrò gli occhi, ma non servì a niente, non frenò le lacrime, il pianto che lo faceva tremare come una foglia e singhiozzare come un bambino inerme.

β€ŸPensa a Diego, a tuo figlio. Non lo senti piangere sotto la terra? Non senti come da dieci anni continua a urlare, a chiamarti? Ha paura e tu, ancora una volta, lo stai lasciando da solo, lo stai abbandonando come il padre egoista che sai di esser stato. Oh, no, no... Non ci provare a scuotere la testa e a dire che non Γ¨ vero. Io c'ero, lo sai? Diego a volte piangeva e mi diceva che i suoi genitori non lo ascoltavano, che avevano sempre troppo da fare per stare un po' con lui. Diceva che lo rimproveravi sempre e non gli credevi mai. Non ti sembra ora di tornare finalmente da lui e da Esteban? Non pensi di dover rimettere a posto tutto? Se ti mancano tanto, allora torna da loro. Di nuovo insieme, di nuovo una famiglia felice."

Il Signore dagli Occhi Gialli, in quel mondo di sembianze palpabili e solide come quelle di chiunque altro, sollevΓ² una mano e con garbo la posΓ² fra le scapole dell'insegnante. Lo incoraggiΓ² a scendere i gradini e ad avvicinarsi all'anello di corda che ora era fermo, immobile, in attesa di abbracciare il suo collo.

Dietro di loro, Diego si era ridestato e messo a sedere sull'altare; il collo e le ferite erano guariti, gli abiti di nuovo integri, sulla piccola bocca da cherubino ora campeggiava un delicato e sereno sorriso. β€ŸTorna a casa, papΓ . Mi manchi tanto."

L'uomo grigio, allora, aggiunse: β€ŸUn piccolo sforzo e finalmente potrai svegliarti dall'incubo. Ti sveglierai e troverai quell'angioletto al sicuro e nel suo lettino. Potrai riabbracciarlo e chiedergli scusa, scusarti con Esteban, con entrambi per averli feriti e abbandonati quando avevano piΓΉ bisogno di te".

Gli scostΓ² indietro, con delicatezza, i capelli e calΓ² su di lui e infine attorno al suo pallido collo l'anello di corda. Non erano piΓΉ davanti all'altare, ma sopra le massicce travi, in pauroso equilibrio. β€ŸOra puoi svegliartiΒ " gli mormorΓ² all'orecchio suadente, spingendolo di sotto.



Dracomir aveva udito una sorta di breve grido, subito dopo la porta aprirsi e infine un rumore strano risuonare lungo la rampa delle scale.

Fino ad allora aveva girato senza sosta per la soffitta, come un calabrone impazzito, alla ricerca infruttuosa dell'insegnante che pareva essersi vanificato nell'aria come fumo, anche se fino a un attimo prima lo aveva visto al suo fianco; erano sempre rimasti vicini, eppure ecco che a un certo punto era sparito.

Si affacciΓ² fuori dalla soffitta e sbarrΓ² gli occhi vedendo, in fondo alle scale, il corpo inerme di Carvajal giacere di lato, in modo scomposto, sul pavimento di legno.

Da sotto le onde castano ramate dei capelli andava spandendosi il sangue, il minimo dopo una caduta del genere.

Β«Oh, Dio...Β»

Il vampiro scese di volata e fu subito accanto al professore.

Β«No, no, no! No!Β»

Non riusciva ad avvertire il battito del cuore e allora provΓ² a controllare alla maniera degli umani, cercandone la pulsazione all'altezza del polso. C'era, ma era lento e debole. Respirava, ma era ovvio che avesse riportato altri danni, oltre a quelli alla testa.

Dracomir escluse subito il fargli bere il proprio sangue. A differenza da quello dei vampiri di Obyria, il sangue della sua specie uccideva chi lo beveva e lo trasformava automaticamente in vampiro. Ancora peggio quando si trattava di un moribondo.

Per fortuna qualcuno accorse. Il primo ad arrivare sul posto fu un trafelato signor Hammer, seguito a ruota da Sterling, dal dottor Ruslanovich e dalla preside. A giudicare dal mantello che la donna ancora indossava, doveva esser appena tornata da un'uscita.

Da donna pragmatica qual era, sbraitΓ² a tutti di farsi da parte e affiancΓ² Dracomir. Β«Non lo hai spostato, vero?Β» chiese in fretta.

Lui scosse il capo.

Β«Bene, allora... forse c'Γ¨ ancora speranza. Lascia fare a me.Β»

Lady Crane iniziò a sussurrare formule magiche, una sorta di bassa melodia di parole arcane che indussero il sangue a retrocedere, come se il tempo avesse iniziato a scorrere nel senso contrario. Appena il procedimento si fu concluso, la donna continuò a recitare la nenia fino a che non si udì con chiarezza il cranio rinsaldarsi e le altre ossa compromesse tornare come nuove. Il collo solo per miracolo non si era rotto.

Β«Portiamolo nella sua stanzaΒ» disse poi la preside, gesticolando, ma Dracula scosse il capo e prese fra le braccia l'insegnante privo di conoscenza come se fosse stato un bambino del medesimo peso di una piuma. Β«No, lo porto con me. Deve allontanarsi da qui e subito, altrimenti tanto vale ucciderlo di nostro pugno.Β»

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