✨ 𝔏𝔬 𝔖𝔭𝔬𝔰𝔬 π”‘π”’π”¨π”©π”ž 𝔐𝔬𝔯𝔱𝔒 || π”“π”žπ”―π”±π”’ 𝟏𝟐 [𝐀𝐔 β„œπ”¦π” π”₯π”¦π”’π”°π”±π”ž π”‘π”ž @𝔭𝔡𝔰𝔱𝔒𝔩𝔭𝔲𝔯𝔦𝔫] ✨






𝔄𝔫𝔱𝔦𝔠π”₯𝔒 π”ͺ𝔒π”ͺ𝔬𝔯𝔦𝔒





Eleadar lasciΓ² un bacio sulla guancia di Danica e scivolΓ² fuori dalla propria camera da letto. Quella era stata la sua prima notte nella stanza del re, quella che prima era appartenuta ad Hangar, e non era riuscito a chiudere occhio o quasi. Circa una ventina di minuti prima aveva udito bussare e aveva visto sulla soglia Argor, il quale lo aveva pregato di raggiungerlo vicino alle scuderie. Gli era parso piuttosto inquieto e strano, ma non aveva voluto saperne di anticipargli l'argomento della conversazione urgente cui aveva accennato prima di andarsene.

L'aria del primo mattino era come al solito fredda e impietosa, penetrava nei polmoni con prepotenza, ma il re era abituato sin dalla tenera etΓ  ad essa e non ci badΓ².

A poca distanza dagli alloggi dei cavalli scorse Argor e lo raggiunse. Β«Allora, che succede?Β» domandΓ² subito, dopo aver appurato che l'evidente e strano pallore dell'amico non fosse una mera impressione, ma la veritΓ .

Il ventenne deglutì a fatica e incrociò le braccia, senza guardare direttamente negli occhi il cugino. «N-Non so da dove iniziare.»

Β«Provaci.Β»

Argor fece un lungo sospiro. Β«T-Ti avevo giΓ  accennato che... insomma... che io e Anastasja abbiamo una relazione, giusto?Β»

Malgrado fino a poco tempo fa la faccenda non gli fosse mai pesata e mai lo avesse granché intimorito, Eleadar di colpo, sentendo l'altro ricordargli quel particolare avvertì una morsa allo stomaco e al petto che aveva il sapore dei sensi di colpa. Ignorava se Rhydian sapesse oppure no della tresca della moglie con Argor e ora aveva il terrore di scoprire che il fratello ne fosse del tutto all'oscuro, al contrario suo che sempre, sin da subito, aveva saputo. Diamine... aveva persino incoraggiato il cugino a essere più spavaldo.

All'epoca detestava Rhydian, ma ora che avevano trovato un punto d'incontro...

«Sì» rispose rauco. «Quindi?»

Argor sbuffΓ² e parve raccogliere tutto il coraggio che possedeva. Β«Ieri notte, prima che andassi a dormire, lei Γ¨ venuta da me. Diceva di dover parlarmi, sembrava agitata e... francamente non la biasimo.Β»

Il re si sentì raggelare. Non poteva essere... o sì?

Β«ContinuaΒ» fece calmo, pur essendosi giΓ  fatto un'idea del problema. Di cos'altro poteva trattarsi? cos'altro poteva aver fatto sbarellare fin a quel punto Argor? Si vedeva da un miglio che non aveva dormito e che fosse rimasto a rimuginare fino ad allora. Ben poche grane erano in grado di sottrarre la serenitΓ  a un uomo.

Β«Prima devi giurarmi che non andrai su tutte le furie. So giΓ  da solo di essermi comportato da scemo, credimi.Β»

Β«Quando qualcuno mi dice di non incazzarmi, Argor, quella Γ¨ la volta buona in cui finiscono per saltare un bel po' di teste. Vuota il saccoΒ» replicΓ² duramente Eleadar, che in realtΓ  era giΓ  irritato. Odiava chi tergiversava e detestava ancora di piΓΉ il ritrovarsi in mezzo all'ennesima situazione spiacevole. Praticamente era fra l'incudine e il martello!

Argor ci impiegΓ² due minuti buoni prima di dire, con un filo di voce: Β«Anastasja Γ¨ incinta e sa con certezza assoluta che il padre non Γ¨ Rhydian e...Β»

«Cazzo, Argor! Cazzo!» sbottò Eleadar, spiaccicandosi una mano sulla fronte. «Porca di quella...» Si interruppe e si impose di darsi una calmata. Ci provò, almeno, a calmarsi. «Dammi un solo motivo per cui non dovrei prenderti a schiaffi! Hai tre secondi, e dico tre, per spiegarmi come diamine hai potuto essere così stupido! Credevo avessi imparato a evitare simili impicci, cavolo!»

Β«T-Ti sembrerΓ  assurdo, m-ma c'Γ¨ di peggioΒ» balbettΓ² Argor. Aveva la faccia di uno che si stava preparando a una esplosione a dir poco distruttiva. Β«L-Lui lo sa. Insomma... Rhydian sa che non Γ¨ suo. Voglio dire... lui e Anastasja non condividono praticamente mai lo stesso letto, in fin dei conti, e Rhydian non Γ¨ uno stupido. Lei non se l'Γ¨ sentita di non dirgli niente e ha confessato tutto prima di venire da me.Β»

Eleadar lo fissΓ² con fare ebete. Β«Lui... lo... sa?Β» ripetΓ© stridulo. Β«LUI LO SA?! BENE, SIAMO FOTTUTI!Β»

Β«Shh!Β»

«Al diavolo! Urlo quanto mi pare! Così almeno tutta la gente saprà che ho per cugino un imbecille!»

Β«Io e Rhydian ci siamo confrontati, El!Β» esclamΓ² Argor, stremato. Β«Ne abbiamo giΓ  discusso, va bene?Β»

Β«No, non va bene per niente e...Β» Il re si chetΓ². Β«Come? E sei ancora vivo?!Β»

Argor si umettΓ² le labbra. Β«Rhydian sapeva tutto sin dal principio. Sapeva che sono tre anni che io e sua moglie... beh, hai capito. Lo sapeva, Eleadar.Β» Fece una pausa. L'altro era troppo sconvolto per interromperlo. Β«Una volta ci ha beccati, per farla breve, e ammetto che all'inizio ero convinto che mi avrebbe come minimo preso a calci, ma... non ha reagito o quasi.Β»

Β«Come sarebbe a dire?Β»

Β«Non si Γ¨ comportato come un qualsiasi marito che ha appena visto la moglie a letto con un altro, per giunta con suo cugino. Abbiamo affrontato tutti e tre la questione e... tutto sommato fu un confronto civile, date le circostanze.Β»

Β«E lui cosa disse?Β»

«Di non essere nessuno per frapporsi fra me e Anastasja. Disse che sapeva di essere un peso costante per lei e di non voler privarla di una delle poche cose che sembravano renderla più felice e serena. In effetti è così... da quando ci frequentiamo, anche io ho notato che pare esser rinata. Non si tratta di un rapporto puramente fisico, Eleadar. C'è in gioco molto di più e questo lo ha capito anche Rhydian. Ci invitò solo a essere molto discreti e a non dar modo a nessuno di sollevare scomode questioni. Ne valeva della reputazione di tutti e tre. Ieri notte, poi... mi ha chiesto di fare una chiacchierata da uomo a uomo e anche se ero in ansia... ho accettato. Mi ha detto che fosse stato per lui, sarebbe anche stato disposto a crescere a Dagrerver il piccolo, ma è stata Anstasja a decidere che sarebbe stato meglio se... una volta nato, il bambino fosse stato creduto nato morto e affidato a me, visto che sono il suo vero padre. Quindi... il bambino starà con me, Eleadar. Probabilmente è l'unica strada praticabile e non voglio essere io a scatenare un giorno una lotta tra fratellastri per via del trono di Sverthian.»

Anche se Klaus era in teoria l'unico degno erede al potere dell'impero, ciΓ² non voleva necessariamente dire che il suo futuro fosse certo e ormai appurato. Quanti fratelli, nel corso della storia, si erano dichiarati a vicenda guerra per via di un pezzo di terra, per una corona? Era ovvio che Anastasja stessa avesse considerato quel particolare importante.

Eleadar, perΓ², aveva una risposta pronta, visto che considerava in ogni caso orribile separare un bambino dalla madre per sempre, senza dargli il diritto di conoscerla, di essere abbracciato da lei. Sapeva come ci si sentiva e a nessun altro al mondo lo avrebbe augurato. Β«Non mi trovo d'accordo. Voglio dire... guarda quanti figli hanno avuto i sovrani di Elgorad! E fino ad ora nessuno di loro ha scannato l'altro per via del potere.Β»

Argor sorrise amaramente. Β«Ne riparleremo quando, in un futuro spero per lui lontano, l'attuale re di quelle terre avrΓ  lasciato il mondo dei vivi. Il potere acceca, Eleadar, specie coloro che sanno che dovranno rimanere nell'ombra, oscurati dalla figura dell'erede al trono.Β»

«Non è sempre così.»

Β«Le mele marce, purtroppo, sono ovunque.Β»

«Non è detto che tuo figlio si riveli tale, però!» sbottò il re infiammandosi. «Non è ancora nato e già ti permetti di sputare sentenze su ciò che sarà o meno da adulto? Che follia è mai questa?!» Di fronte all'espressione abbattuta del cugino sbuffò sonoramente. «D'accordo, va bene! Allora mettiamola così: fu faresti una cosa del genere a me?» insisté indicandosi il torace. «Rispondi con onestà, forza!»

Argor lo squadrΓ² inorridito. Β«Sei diventato matto? Certo che noΒ» esalΓ², come se lo avesse insultato in malo modo e per giunta senza motivo.

Β«E allora!Β» tuonΓ² l'altro. Β«Esistono persone, a questo mondo, che se ne sbattono del potere e altre scemenze, anche quando hanno dei parenti in cima alla scala sociale! Tu sei uno di quelle persone e lo sarΓ  anche tuo figlio, che alla fine sua madre decida di tenerlo con sΓ© oppure di affidarlo a te! Vuoi sapere come la penso? Credo che...Β» La sua voce si spense di colpo, come se fosse sul punto di ingollare qualcosa di amaro e repellente. Non ci credeva di star per dire una cosa del genere, ma...

«Credo che dovresti trasferirti a Dagrerver, alla corte di mio fratello. Almeno avresti la possibilità di vedere sempre tuo figlio, di stare con Anastasja e... insomma... potresti guardare le spalle a mio fratello. Magari daresti una mano ai popoli di entrambe le parti a rappacificarsi e riavvicinarsi. Nessuno dovrebbe per forza vivere lontano da chi ama, così.»

Argor lo guardΓ² a bocca aperta. Β«M-Ma... s-se io vado laggiΓΉ, allora tu... c-chi guarderΓ  le spalle a te? Sei un fratello per me, ricordi? Non potrei mai abbandonarti!Β»

Β«Non te lo sto proponendo e basta. Te lo sto ordinando come tuo re, ArgorΒ» replicΓ² deciso Eleadar. Β«Davvero pensi che riuscirei mai a dormire sereno sapendo che non hai modo di veder nascere tuo figlio, stare con lui e concedergli tutto l'affetto di cui ha bisogno? Che razza di uomo Γ¨ uno che rimane a guardare una madre venir costretta dagli eventi a separarsi dal suo bambino, pur consapevole che potrebbe fare qualcosa per aiutare tutti e due?Β»

Β«Eleadar, no, ti prego...Β»

Β«Ascoltami, ArgorΒ» continuΓ² duramente il sovrano. Β«Sta' zitto e ascoltami.Β» L'altro tacque. Β«Qui non si tratta di me, ma di te, della tua vita, del tuo futuro, lo capisci? Come pensi potrei sentirmi vedendoti stare qui mentre io, invece, ho la libertΓ  di avere accanto a me mio figlio quanto e quando mi pare? Come credi ti sentiresti tu, a lungo andare, di fronte a uno scenario del genere? Pensaci, Argor... privato di entrambi, di tuo figlio e di Anastasja o... incapace di rivedere lei per sempre, costretto a mentire a quel bambino per tutta la durata della sua vita, a non rivelargli mai chi Γ¨ sua madre. Hai ancora tutta questa voglia di rimanere qui, ora?Β»

Era ovvio che Argor provasse sentimenti contrastanti. Da un lato le parole del cugino lo tentavano, ma dall'altro sentiva che il suo posto era accanto a Eleadar, per supportarlo ed essere il suo uomo di fiducia, il suo migliore amico.

E suo padre... suo padre non stava molto bene, negli ultimi tempi, e per tanti motivi quest'ultimo aveva scelto di non farne parola con nessuno, specialmente con Eleadar che gli era affezionato e che aveva appena perso il nonno. Suo padre sembrava ogni giorno stare sempre un po' peggio. Come poteva partire sapendo che il suo unico genitore aveva bisogno di lui e da un giorno all'altro sarebbe potuto andarsene in totale solitudine, in silenzio, come sempre era trascorsa la sua esistenza? Lycus era sempre stato considerato poco o niente dalle sorellastre, ma non se n'era mai lamentato, neppure una volta, e mai aveva permesso all'odio o ad altri sentimenti rancorosi di offuscargli la ragione e il buon animo che possedeva. Meritava di meglio che un destino così ingiusto e triste.

Il guaritore che Argor, tempo fa, aveva infine implorato perché visitasse suo padre, era stato purtroppo molto chiaro sull'esito della malattia: nel giro di un anno lo avrebbe ucciso e... beh, si poteva anche provare con una cura, ma Lycus non aveva mai vissuto nel privilegio, era il figlio di una schiava e benché affrancato, non era considerato a tutti gli effetti un vero cittadino di Græb'ar Volak e come tale non poteva godere dei servigi di un guaritore che, per il resto dei Græber considerati puri, erano invece gratuiti. La cura in questione era sfortunatamente troppo costosa per le magre finanze di Lycus. Gli era stato permesso di vivere alla corte di Hangar, ma non di vivere allo stesso modo delle sorellastre. Lo avevano messo al lavoro sin dalla tenera età con il vantaggio di ricevere in cambio una paga, cosa che non accadeva solitamente con gli schiavi normali, ma per un motivo o l'altro mai era riuscito ad arricchirsi, specie perché aveva fino ad allora cercato di offrire una vita dignitosa ad Argor.

Lycus non sarebbe sopravvissuto fino all'anno seguente e non c'era niente che si potesse fare. Fosse stato per Argor, questi avrebbe chiesto aiuto ad Eleadar, ma Lycus era uno di quelli che tenevano troppo alla loro dignitΓ  e non amavano approfittarsi del prossimo, neanche se ne valeva della loro sopravvivenza.

Le figlie di Hangar, invece, piuttosto che aiutarlo a curarsi gli avrebbero concesso una morte rapida. Pretendevano che lui si appellasse a loro chiamandole β€Ÿpadrone" o roba del genere, inutile anche solo tentare di chieder loro una mano.

Non che fossero persone cattive, ma... erano cresciute con una mentalitΓ  ben precisa che le aveva indotte a non considerare come loro pari Lycus. Per loro, semplicemente, non faceva parte della famiglia e non valeva piΓΉ di quanto valessero gli altri schiavi. Morto uno schiavo se ne fa un altro, diceva un detto locale.

Forse potrei chiedere a lui un consiglio, riflettΓ© il ragazzo. Oltre a Eleadar e a suo padre, dopotutto, non aveva altre persone con cui potesse confidarsi.

SospirΓ² e si passΓ² una mano tra i capelli. Β«Ci penserΓ² suΒ» concesse infine.

Eleadar parve voler insistere, ma alla fine scelse di concedergli del tempo. «Devi sbrigarti, però. Tra non molto Rhydian e Anya ripartiranno per Dagrerver e con loro il rappresentante dei Græber che ho scelto per amministrare gli affari esteri tra le due parti. Se sceglierai di accettare la possibilità che ti sto offrendo, lo affiancherai e farò prima in modo che tu venga designato a tutti gli effetti come un vero cittadino di Græb'ar Volak.»

Prima di poter trattenersi, Argor chiese: Β«Non potresti fare lo stesso per mio padre?Β»

Il re si massaggiò la nuca, come se fosse a disagio. «In realtà proprio ieri gli ho accennato che avrei potuto fare una cosa come questa, ma... non chiedermi perché, è stato lui a rifiutare. Ha detto che le cose andavano bene come stavano e che ormai la sua vita era questa. È stato allora che ho iniziato a pensare che allora, magari, avrei potuto aiutare te. So che tuo padre ne sarebbe comunque felice e lo sarei anch'io. Te lo meriteresti.» Lo aveva lasciato un po' di stucco che una persona nella situazione di Lycus avesse detto di no alla libertà, al poter finalmente smettere di essere uno schiavo, ma quella sera Lycus gli era parso talmente stanco che aveva preferito non tediarlo più del dovuto. Per fortuna aveva insistito affinché non lavorasse con gli altri schiavi e si godesse la festa come il resto della famiglia.

Suo zio ora si appellava a lui chiamandolo β€Ÿsire" o β€Ÿsire Eleadar" e detestava che dovesse farlo in pubblico, ma ancor di piΓΉ che lo facesse anche quando erano magari da soli. Lycus lo rispettava e gli voleva bene, e per lui valeva lo stesso, perciΓ² quell'obbligo di formalitΓ  non sarebbe dovuto neppure esistere.

Era come se Lycus, nel profondo del cuore, fosse consapevole dell'amara realtà: fra lui e il resto della famiglia di Hangar sempre si sarebbe frapposta una linea invisibile e invalicabile, linea che definiva i loro rispettivi ruoli e che lui non aveva il diritto di mettere in discussione, neppure in nome dell'affetto o del fatto che aveva sì e no cresciuto anche l'attuale giovane sovrano dei Græber. Agli occhi altrui questo non aveva alcuna importanza, rientrava fra le varie mansioni degli schiavi accudire i bambini di sangue reale in modo che non dessero noia ai genitori e agli altri famigliari.

Hangar aveva raccontato al nipote che la moglie di Lycus, a sua volta schiava, seppur incinta e ormai in stato avanzato avesse dovuto continuare ad occuparsi del principino di neppure un anno di vita, anche se le sue condizioni avrebbero dovuto prevedere un po' di riposo. Eleadar si era sempre chiesto se non fosse stato anche per questo motivo che quella donna, poco dopo, fosse morta durante il parto dal quale Argor, invece, era uscito sano e salvo.

Quel dubbio lo corrodeva da anni, così come i sensi di colpa. Certo, sapeva che non era stata colpa sua, non direttamente, ma odiava il pensiero di poter forse esser stato cagione della scomparsa di sua zia.

Si chiedeva come avesse fatto Lycus a non arrivare a detestarlo, ma poi tornava a ricordare l'indole mansueta e mite di suo zio e la domanda trovava una risposta.

Ciò che Eleadar aggiunse prima ancora che suo cugino potesse replicare non fu dovuto ad altro, se non all'affetto che provava per lui e lo zio: «Avrò cura di tuo padre, Argor. È stato tale anche per me, d'altronde, e il minimo che io possa fare per permetterti di condurre un'esistenza più tranquilla a Dagrerver è fare in modo che...»

Β«Ne avrΓ  bisogno, temoΒ» lo interruppe Argor con voce flebile, lo sguardo basso e pieno di lacrime. Β«I-Insomma... avrΓ  bisogno di qualcuno che si prenda cura di lui e mi spiace dire che... ne avrΓ  necessitΓ  in ogni senso e da ogni punto di vista con l'andare del tempo.Β»

Quel discorso non piacque al giovane re. Β«Che vuoi dire?Β»

E fu allora che Argor decise di andare contro il volere di suo padre e di rivelare la veritΓ  a suo cugino. Non poteva piΓΉ portarsi dentro tutto quanto e sentiva che mentire a Eleadar su una cosa del genere sarebbe stato ingiusto e imperdonabile. Comprendeva la posizione di suo padre, i motivi che lo spingevano a tacere, ma lui conosceva Eleadar piΓΉ di chiunque altro e sapeva bene che una menzogna come quella avrebbe avuto conseguenze pesanti e serie. Si trattava della vita di un uomo caro a entrambi, non era uno scherzo nΓ© una questione di dignitΓ .

«Lui sta male, El. È... è grave. N-Non ricordo il nome preciso della malattia citata dal guaritore che lo ha visitato, m-ma i suoi effetti mi sono stati riferiti e io stesso li sto vedendo giorno dopo giorno. Questa... questa cosa colpisce i muscoli, a volte anche i tendini, e un po' alla volta prende possesso di tutto il corpo. È iniziato tutto quando papà ha cominciato a dire di aver continuamente dolori ora qui, ora là, ma pensava davvero che fosse solo per il lavoro e la fatica. P-Poi... una sera sono tornato nei nostri alloggi e come sempre l'ho aiutato con la cena. A un certo punto ho visto una delle sue mani che... insomma... non riusciva quasi più a muoversi e lui non poteva farci niente, non rispondeva ai suoi comandi. Il dolore era sparito e così pure la sensibilità alle dita. La cosa peggiore è che un giorno questa malattia penetrerà ancora più in profondità e...»

Non riusciva a dire altro. In fin dei conti era chiaro cosa sarebbe successo se muscoli ancora piΓΉ importanti e fragili avessero subito la sorte di tutti gli altri. Il guaritore gli aveva spiegato, con una certa impazienza irritante e a tratti davvero offensiva, che il cuore era composto da tessuto muscolare e dunque per questo era a sua volta a rischio. Una volta che la malattia fosse giunta a comprometterlo, sarebbe stata la fine.

Β«Di solito chi viene colpito da questo male non dura oltre un anno e questo solo se la persona conduce una vita lontana dagli sforzi e cose che potrebbero accelerare il processoΒ» concluse sfinito. Β«PapΓ , ora come ora, non riesce quasi piΓΉ a muovere neppure l'altra mano e... spesso devo convincerlo a farsi aiutare mentre mangiamo.Β» Era sempre piΓΉ frequente che dovesse insistere per esser lui a reggere il cucchiaio per la zuppa o il boccale per un sorso d'acqua. Gli faceva male vedere negli occhi di suo padre quanto risultasse umiliante per lui quello strazio quotidiano e quanto si sentisse un peso per entrambi, compreso se stesso, e nulla di ciΓ² che Argor diceva o faceva riusciva a togliergli dalla testa quel tarlo.

Eleadar fissava con occhi vacui il cugino, incapace di assimilare quanto aveva udito fino ad allora, di credere che non si trattasse di un incubo, ma della cruda verità. Prima suo nonno e ora... ora anche suo zio stava per andarsene. Come poteva essere? Perché? Era incappato in qualche orrenda maledizione che un po' alla volta si sarebbe presa tutte le persone alle quali teneva? Davvero la vita era così crudele e non guardava mai in faccia a niente e a nessuno?

Eppure... tutto aveva piΓΉ senso. Ecco come mai Argor, ultimamente, aveva iniziato a tornare prima del consueto negli alloggi dove viveva con il padre, posti proprio accanto a quelli degli schiavi. Un umile e sterile monolocale concesso a Lycus da Hangar quando era nato Argor, come se il defunto re avesse in qualche maniera voluto provvedere a entrambi, benchΓ© non avesse fatto nulla di simile prima dell'arrivo di quello che era stato pur sempre suo nipote, malgrado nessuno della famiglia lo avesse mai riconosciuto come tale.

Finalmente Eleadar capΓ¬ come mai Argor era diventato piΓΉ taciturno e con la testa altrove e perchΓ© gli capitava spesso di vederlo aiutare il padre con le faccende quotidiane in giro per il palazzo. Non solo perchΓ© era ritenuto a sua volta uno schiavo, ma perchΓ© Lycus, probabilmente, non era piΓΉ in grado di svolgere da solo i compiti fino in fondo. Non si poteva biasimare Argor, d'altronde. Tra i GrΓ¦ber considerati potenti e piΓΉ ricchi, privilegiati, v'era da secoli una diffusa pratica che poi era divenuta un'autentica regola: se uno schiavo si rivelava ormai inadatto a servire il proprio padrone in modo soddisfacente, il suo proprietario era libero e persino esortato a liberarsene. Una delle zie di Eleadar, Zelina, una volta se n'era uscita con un commento che aveva fatto inorridire il giovane re: β€ŸCon gli schiavi si fa come con i cavalli: se non possono piΓΉ correre come si deve, li si abbatte. È la cosa migliore da fare per entrambe le parti e si risparmia loro inutili sofferenze". L'aspetto piΓΉ inquietante? Lo aveva detto proprio mentre lanciava a Lycus occhiate che Eleadar adesso riconosceva come maliziose e soddisfatte, e questo era accaduto solo quasi due settimane prima, poco dopo la morte di Hangar. Era ciΓ² che Zelina e le sue sorelle intendevano fare al loro stesso fratello? Davvero sarebbero state capaci di arrivare a tanto? PerchΓ©, poi, ce l'avevano da sempre cosΓ¬ tanto con lui?

Non ne aveva idea, ma sapeva più di una cosa, invece: Argor aveva il diritto di vedere suo figlio nascere e crescere, così come di dare una spinta alla propria vita, e Lycus aveva bisogno di riposare, di essere aiutato e di protezione. Non avrebbe permesso alle sue zie di agire in modo talmente crudele con Lycus.

Magari poteva persino dire al guaritore di curare suo zio, se lui fosse stato d'accordo. Forse c'era ancora una possibilitΓ  che riuscisse a guarire e a riprendersi. Non tutto poteva esser destinato al disastro, dopotutto.

Si asciugΓ² in fretta le guance e disse, deciso: Β«Basta con le lacrime e con i piagnistei. C'Γ¨ molto da fare e per prima cosa andremo da tuo padre e gli farΓ² un bel discorsetto. Tu hai bisogno di costruirti un futuro e lui di guarire da questa malattiaΒ». Non aggiunse altro e afferrΓ² il cugino per trascinarlo di nuovo dentro l'ingresso dal quale prima era giunto.Β Β 

Godric sbuffΓ² sonoramente e si strinse meglio nella raffinata e lunga sopraveste da camera mentre si mordicchiava il labbro inferiore e guardava di sottecchi il marito che, invece, era seduto sul letto e teneva due dita premute sugli occhi.

Alla fine non ne potΓ© piΓΉ ed esclamΓ², esasperato: Β«Oh, ma insomma! Si tratta di un bambino, non di una calamitΓ ! Dopotutto abbiamo avuto giΓ  dieci figli e li abbiamo tirati su alla perfezione!Β»

Dante sollevΓ² il capo e lo squadrΓ²: Β«Appunto! Dieci! E avevamo stabilito di fermarci a questo numero!Β»

Β«Non Γ¨ colpa mia se quella sera non avevi preso il filtro anticoncezionaleΒ» sbottΓ² piccato Godric. Β«Che ne sapevo che te ne eri dimenticato?Β»

Β«Guarda che sei stato tu a insistere! Io lo sentivo di aver scordato qualcosa, ma no! O si fa come vuoi tu o apriti cielo! E poi perchΓ© devo prendere sempre io quella robaccia? Hai idea di quanto abbia un sapore disgustoso?Β» Il re scoccΓ² un'occhiata fugace e inquieta all'uovo che avevano trovato al loro risveglio. Β«Porca puttanaΒ» aggiunse tra sΓ© lamentoso. Β«Ci mancava questa!Β»

Non era solo perchΓ© avevano giΓ  ben dieci figli, ma... erano persino diventati nonni, diamine! Era una situazione troppo strana e imbarazzante!

Godric prese a fare nervosamente la spola da un capo all'altro della camera. Faceva un freddo assurdo là dentro e il palazzo di Græb'ar Volak era molto più spartano ed essenziale della magnifica e sontuosa reggia di Elgorad. Una stanza come quella, da loro, era solitamente riservata alla servitù.

«Sei mio marito. È così assurdo che ogni tanto io voglia ricevere da te attenzioni di un certo tipo, anche se ormai siamo sposati da trent'anni o roba simile?»

Β«Non ho detto questo. Ho solo detto che siamo stati degli idioti irresponsabili.Β»

Β«Per me Γ¨ la stessa cosa.Β»

Β«Sia come sia, cosa facciamo?Β»

Ric si posò le mani sui fianchi e restrinse lo sguardo, cosa che fece risuonare nella mente di suo marito un istantaneo campanello d'allarme. «Dante Jarden Evergard, non starai forse insinuando che dovremmo sbarazzarci di questo bambino, vero?» sibilò come un'oca inferocita. «Perché se è così, giuro che...»

Dante lo squadrΓ² oltraggiato. Β«Cosa? No! Per chi mi hai preso?!Β»

Godric non subito scelse di concedergli il beneficio del dubbio e lo fissΓ² a lungo con aria circospetta e scettica. Β«BeneΒ» sentenziΓ² secco. Β«E sappi che Γ¨ un maschio. Ho controllato poco fa, mentre tu eri perso nel tuo mondo di disfattismo cosmico e stavi dando di matto.Β»

Β«E io che all'inizio volevo un figlio e bastaΒ» borbottΓ² tra sΓ© l'altro, ma si chetΓ² all'istante non appena il compagno di lanciΓ² un'occhiata furibonda. SollevΓ² le mani in segno di resa e spalancΓ² gli occhi con enfasi. Β«D'accordo, d'accordo! Auguri a noi!Β»

Β«Il tuo tono continua a non piacermi per niente.Β»

«Beh, in questo caso,» ribatté Dante, la voce esageratamente mielosa, «sarai tu a dire agli altri nostri figli, compreso quello che ci ha reso nonni da pochissimo, che avranno un altro fratellino. Io nel frattempo mi scaverò una fossa e rimarrò lì fino al prossimo secolo.»

«Dicevi così anche prima che nascessero i gemelli.»

Β«Da allora in poi mi sono rassegnato, sai com'Γ¨.Β»

Per un lungo istante non parlarono più, poi Dante sospirò. «Ma sì, cazzo. Al diavolo. Ci sono cose ben peggiori di un nuovo arrivo in famiglia, dopotutto.»

Β«Lo dici perchΓ© lo pensi o solo per farmi contento?Β»

Β«Uhm... facciamo... non so, un cinquanta e cinquanta?Β»

Godric diventΓ² rosso in faccia dalla collera. Β«Sei veramente un...Β»

Β«PerΓ² in fin dei conti sono anche contento, lo ammettoΒ» riprese Evergard, sollevando un angolo della bocca. Β«Su, forza, lo vedo che muori dalla voglia di sparare il nome.Β»

Β«SindriΒ» enunciΓ² Godric con fare sussiegoso e altero. Β«Cos'Γ¨ quella faccia?Β»

Β«Uhm... non suona molto virile.Β»

«È da maschio eccome, invece! E so già che gli donerà alla perfezione.»

Β«Se lo dici tu.Β»

Β«PerchΓ©, tu a cosa pensavi?Β»

Β«Che ne so! Ho saputo da appena mezz'ora che sto per diventare padre per l'undicesima volta!Β»

«Allora che Sindri sia.» Godric si lasciò cadere seduto accanto al marito. Sorrise tra sé. «Magari, se i rapporti con i Græber continueranno a essere favorevoli e pacifici, Sindri potrebbe persino legare con il piccolo Viktor! Dopotutto fa sempre bene avere degli alleati in più ed Eleadar sembra più ragionevole e aperto agli stranieri di quanto lo fosse Hangar. Non che abbia conosciuto di persona quell'uomo, ma... beh, si sono sentite certe storie sul suo conto!»

Dante si irrigidì come un manico di scopa e scoccò un'occhiata feroce e assassina al suo sposo. «Assolutamente no!» decretò a scatti. «Legare! Quel Viktor è una piccola canaglia già da ora, secondo i genitori, figurarsi quando sarà ragazzo! E poi Sindri non è ancora nato e già fai progetti su questo e quest'altro?! Roba da matti!» proseguì a ruota, stizzito.

L'altro sghignazzΓ². Β«Oh, qualcuno giΓ  da ora sta diventando un papΓ  alquanto geloso e iperprotettivoΒ» lo provocΓ². Β«Non credo serva ricordarti che esser stato tale con Silas, ad esempio, non abbia condotto ad altro che a un nulla di fatto, suppongo.Β»

Β«Beh, credo sia ingiusto anche usare uno dei nostri figli come una specie di merce di scambio!Β»

Β«Ma che merce e merce! Non ho mica detto di voler promettere la mano di Sindri a quella del figlio di Eleadar!Β»

«E CI MANCHEREBBE!» tuonò Dante indignato. «Piuttosto lo chiudo in una torre con tanto di fossato attorno e con delle fiere a fargli da guardia! Morirò prima di vedere uno solo dei miei figli sposare un Græber!»

Godric non capiva proprio l'avversione velata che Dante sin da principio aveva dimostrato di provare nei confronti di quella gente. A lui sembravano persone a posto, magari un po' frugali e chiusi con chi non era del luogo, ma se avesse dovuto scegliere tra l'impressione che gli facevano quelli che si trovavano sotto il governo di Rhydian I e i Græber, ebbene avrebbe parteggiato per quest'ultimi.

«A rigor di logica l'Ovest dell'Oltrespecchio e i Græber dovrebbero intendersela alla perfezione. Insomma... sotto molti aspetti i due popoli si somigliano.» Purtroppo capì subito di aver detto di nuovo la cosa sbagliata: Dante era livido. «I-Il mio... il mio popolo... s-somigliare a loro? Quando mai la gente di Dagrerver ha dato prova di essere un ammasso di boriosi conservatori buoni solo a dar battaglia a chiunque osi anche solo sperare di avere un colloquio civile con loro?!»

L'altro tossicchiΓ². Β«Uhm... piΓΉ o meno fino a poco dopo che ci siamo sposati. Insomma... piΓΉ conservatori degli Elgoradiani...! Senza quella tua riforma non avremmo potuto neppure frequentarci, no? Parole tue, non mie.Β» Si trattenne dallo scoppiare a ridere non appena vide di averlo messo chiaramente all'angolo. Come altro si poteva replicare davanti alla pura e semplice veritΓ , se non con un imbarazzato e imbronciato silenzio?

«Teoricamente gli Elgoradiani e i Græber sono lontani parenti, in un certo senso» borbottò il sovrano, ben poco entusiasta.

«Cosa? Davvero?» squittì sbigottito Godric. «Su, avanti, spiega!»

Dante roteò gli occhi e sbuffò come un mantice, incrociò le braccia e disse, recalcitrante: «Sai com'è, Rasya era un dio e come tutte le divinità aveva la fissa malsana di avere di continuo scappatelle d'ogni sorta. Si dice che una di esse lo condusse ad avere una relazione con una mortale che viveva nelle attuali Terre dell'Ombra, quando ancora i Græber non erano neppure un vero e proprio popolo. Dicono che al massimo, all'epoca, fossero un manipolo di individui che erano emigrati da non si sa dove ed erano infine approdati su quelle coste. La figlia del capo di questo gruppo, un giorno, incrociò un sedicente straniero e subito si capì che non era un uomo qualsiasi. Sai, no... gli dèi che sembrano risplendere e altro ciarpame. Per farla breve: lei si innamorò di lui, lui rimase per un po' e infine scelse di ripartire, ma prima di farlo lasciò un regalino d'addio alla sprovveduta che era stata sedotta dal suo fascino divino».

Godric spalancΓ² ancora di piΓΉ gli occhi. Β«Ebbe un figlio da Rasya?Β»

«Una figlia, in realtà. La capostipite dei Græber che si dice visse per ben mille anni ed ebbe a sua volta diversi eredi. Da loro, quindi, si ramificarono generazioni su generazioni di persone che sarebbero infine diventate gli odierni Græber.»

Β«PerciΓ², considerando che la tua stessa famiglia discende da Rasya in persona, Γ¨ come se foste popoli gemelli o qualcosa del genere?Β»

Β«Nel caso degli Evergard, della famiglia di mio padre, almeno, direi che siamo ben oltre quel limite.Β»

Β«In che senso?Β»

Β«Mio padre non aveva una parentela diretta con il suo predecessore, ricordi?Β»

«Sì, dunque?»

Dante non subito spiegò quell'ennesimo particolare. «Dunque... mio padre nacque qui, nelle Terre dell'Ombra, anche se poi gli Evergard che si trovavano nelle Terre dell'Ombra si discostarono dagli altri Græber e scelsero di giurare fedeltà all'imperatore di Sverthian che all'epoca sedeva sul trono.»

Godric non capiva. Β«Ma perchΓ© decisero di andare contro la loro stessa gente? A che pro?Β»

«Ancora non hai capito com'è fatta la mia famiglia e quali sono le qualità che contraddistinguono gli Evergard?» Dante sorrise ironico. «Per ambizione, per risalire la scala del potere, perché dopo i Rowinster la famiglia vassalla che li sosteneva e serviva con lealtà era la più invidiata e temuta. Erano ricchi come principi e vantavano origini e purezza di sangue altrettanto regali. Si poteva quasi affermare che in realtà fossero loro i veri signori dell'impero, a loro era stato scelto di affidare gran parte della reale amministrazione dei continenti asserviti all'imperatore. Poi... beh, come si sa, nacque un certo rampollo che senza volerlo attirò la sciagura e la vergogna sull'intero casato, senza parlare poi dei tumulti contro i Rowinster durante i quali i vassalli dell'imperatore ebbero la peggio e furono costretti all'esilio. I miei genitori e i miei nonni provarono a resistere, ma i secondi vennero assassinati da alcuni dei loro ferventi oppositori e... insomma, a quel punto mia madre e mio padre, specialmente dopo la morte della figlia di Cornelius, non poterono far altro che raggiungere il resto della famiglia presso il loro parente che governava su Elgorad. Il resto lo sai: il re non aveva figli e Aries si ritrovò la strada spianata. Aveva perso tutto, ma in un certo senso, alla fine, riuscì a riprenderselo, ebbe addirittura di meglio, per certi versi, almeno finché mio zio non decise di mandare tutto alle ortiche. La verità, a mio parere, era che Remus non aveva dimostrato di avere la stoffa per essere re e per questo non venne neppure preso in considerazione.»

Fece una lunga pausa.

Β«I GrΓ¦ber, almeno fino a quando la mia famiglia rimase a Sverthian, odiavano gli Evergard per come avevano ripudiato le loro vere origini, chi erano un tempo stati. Li chiamavano i β€Ÿcani da guardia" di uno che, secondo loro, era un pagliaccio con troppo ego addosso e un potere che un giorno o l'altro gli si sarebbe ritorto contro. Sicuramente si fecero una grossa risata venendo a risapere cosa ne era stato dei cosiddetti cani dell'imperatore. Perdonami, quindi, se non nutro molta simpatia per i GrΓ¦ber e non mi reputo uno di loro nΓ© mai lo farΓ². Mia madre una volta si convinse a dirmi che lei e papΓ , prima di ripiegare sull'Oltrespecchio, andarono proprio da re Hangar e lo implorarono di ospitarli, di dare almeno loro modo di riposare, se proprio non potevano rimanere lΓ¬, ma lui li schernΓ¬ e chiuse loro le porte in faccia. Ci sono cose, Godric, che semplicemente non si possono dimenticare. Non ricordo molto della mia infanzia, Γ¨ vero, ma ricordo invece benissimo il momento in cui vidi Hangar ridere in faccia a mio padre e dirgli che lui e la sua famiglia se l'erano andata a cercare. β€ŸChi Γ¨ causa del suo male pianga se stesso" gli disse. Per quel che mi riguarda non ho nulla da spartire con suo nipote.Β»

«Tuttavia le colpe di Hangar non sono quelle di Eleadar» si permise di contraddirlo Godric. «E poi... se ti trovi qui, malgrado gli infelici trascorsi con i Græber, vorrà pur dire qualcosa.»

Dante tornò a guardarlo e gli rivolse un sorriso colpevole e al tempo stesso dolce, una di quelle espressioni che era davvero raro veder campeggiare sul suo volto. I suoi occhi scintillavano tanto da sembrare due pallidi e lucenti zaffiri. «Solo perché mi hai convinto tu a porgere i rispetti a quello che era a tutti gli effetti il suocero di Rhydian. Sono qui perché me lo hai detto tu che ci sarei dovuto essere e poi... eri così curioso di sapere com'erano le cose qui da loro che... insomma, spegnere un tale entusiasmo sarebbe stato crudele. Ho promesso di renderti felice in ogni maniera per me possibile, dopotutto.»

Β«Oh, amore mio!Β» esclamΓ² commosso Godric, baciandolo con slancio e abbracciandolo. Β«Hai messo da parte il passato e tutto solo per me!Β»

Dante fu ben felice che lo stesse stringendo, perché altrimenti il suo sposo avrebbe notato eccome l'evidente rossore sulle sue guance. «Sì, b-beh... per stavolta ti ho voluto accontentare, ecco» bofonchiò. «Che non diventi un vizio, però.»

«Ma sì, sì! Zitto e fatti coccolare!»

Β«Ma che coccolareΒ» protestΓ² Evergard, ancora piΓΉ paonazzo. Β«Mica sono un cane!Β»

Ormai perΓ² Godric era partito per la tangente e al momento considerava ogni singola sua reazione e parola l'apoteosi della tenerezza. Β«Il mio adorabile brontolone!Β»

Β«Adorabile?Β» ripetΓ© Dante, la voce ridotta quasi a uno stridulo falsetto. Β«Ora andiamoci piano!Β»

Godric sogghignΓ² e gli sussurrΓ² all'orecchio: Β«Ti ricordo che sono praticamente il solo al mondo ad aver visto la Feroce Volpe dell'Ovest scodinzolare come un comune e mansueto cagnolino da salottoΒ».

Il re si incupì e si ritrasse, squadrandolo con fare guardingo. «Di' un po', non lo avrai mica detto in giro?»

Ric si finse pensieroso. «Uhm... sì, in realtà: a papà, mia madre, la mia matrigna, i miei fratelli e... oh, giusto! Persino a Silas! E credo che mio padre abbia accennato qualcosina a riguardo anche con Rhydian!»

Se prima Dante era paonazzo, era come se ogni goccia di sangue dentro al suo corpo si fosse ritirata al centro del suo petto, lasciando a secco il resto. Si schiaffΓ² una mano sul viso. Β«Bene. La mia reputazione Γ¨ andata a puttane e neppure ne sapevo niente.Β»

Β«Oh, suvvia! Sei visto come un eroe, no?Β»

Β«APPUNTO!Β» strillΓ² isterico il sovrano, per poi restare di stucco quando vide il suo sposo scoppiare a ridere di gusto. Β«Sei unico, Dante, lasciatelo dire!Β»

Β«No, forse non hai capito! Io...Β»

Β«... sei un brav'uomo, Dante, e questo ti fa onoreΒ» tagliΓ² corto Godric, tutto allegro. Β«E poi andiamo... tutti sanno che sei come i granchi: corazza dura e interno molle.Β»

Dante inarcΓ² un sopracciglio. Β«Non appena avrΓ² trovato un'oncia di poeticitΓ  in questa schifosa metafora che m'hai appena sciorinato, giuro che ti manderΓ² a chiamare. Nel frattempo: onore un paio di corna! Che me ne faccio di quello se tutti pensano che io sia pericoloso quanto un coniglio di pezza?!Β»

«Beh...» Godric, per ammansirlo, gli carezzò il torace con le mani. «Così, se dovessi mai vedertela di nuovo con un campo di battaglia e migliaia di nemici, potresti godere dell'elemento sorpresa. Giusto?»

«Beh, sì, ma...»

Ric sorrise scaltro e lo spinse giΓΉ sulle lenzuola, poi gli si mise cavalcioni. Β«E dopotutto, ogni notte per dormire ho bisogno di stringerti a me, perciΓ² direi che tu sia davvero un coniglietto di pezza, sotto sotto. Solo molto piΓΉ affascinante e vigoroso. A te, almeno, posso fare questo ogni volta che desidero.Β» Gli spalancΓ² la camicia e benchΓ© Dante si fosse vestito solo poco prima, non ebbe nulla in contrario, ammaliato com'era dal compagno, dai suoi baci caldi e vellutati che un po' alla volta ripercorrevano il suo torace e il plesso solare.

Β«Porc...Β» spinse la nuca contro le coperte e si passΓ² una mano tra i capelli mentre gemiti di piacere iniziavano ad affiorare dalle sue labbra dischiuse.

A pensarci bene... non aveva nulla di cui lamentarsi e appena avvertì di esser giunto al limite, spinse via il compagno da sé e lo fece tornare alla posizione iniziale, sopra le sue ginocchia. «Niente male» soffiò sulle sue labbra, rubandogli un bacio avido. «Adesso voglio di più, però.»

D'altro canto non rischiavano niente, almeno finché Sindri non fosse nato, e se anche così non fosse stato, quasi certamente gliene sarebbe importato ben poco.

Godric sorrise malizioso. Β«Dopo trent'anni non sai ancora che adoro esaudire i tuoi desideri?Β»

Β«Ho la memoria cortaΒ» ghignΓ² l'altro, tornando a baciarlo.

Si lisciΓ² con cura la lunga veste iridescente e poi anche le piume delle ali. Di norma odiava non presentarsi al meglio e il fatto che fosse dovuto volare fino all'Inferno non faceva l'eccezione. Considerando che i demoni erano dei veri indisciplinati, pronti sempre a far battutacce sul prossimo, specialmente gli angeli, meno li si incoraggiava e meglio era.

L'immenso atrio a cielo aperto del palazzo di Lucifero era deserto, eccezion fatta per i demoni posti a guardia di esso.

L'arcangelo Michele fece un respiro molto profondo e procedette, i passi che non facevano il minimo rumore sulla pietra nera.

L'Inferno non era uno dei posti piΓΉ ospitali che vi fossero, era anzi il peggiore di tutti, per ovvi motivi, ma doveva ammettere che dall'ultima volta in cui era stato costretto a scender fin laggiΓΉ l'atmosfera fosse cambiata. V'era stato un lieve miglioramento, doveva ammetterlo.

A poca distanza dai gradini che conducevano all'ingresso del palazzo vero e proprio scorse un'imponente, massiccia figura rannicchiata. La riconobbe subito e deglutì a vuoto. Non era mai piaciuto a quell'animale e non ci teneva a farsi di nuovo strappare per gioco un lembo dell'abito com'era accaduto l'ultima volta. Lucifero, davanti alle sue lamentele, aveva sostenuto che Cerbero fosse solo un po' giocherellone e che non sempre si rendesse conto di essere grosso come tre elefanti messi assieme e di non avere un aspetto molto rassicurante.

Michele rallentΓ² non appena fu abbastanza vicino da poter vedere con chiarezza le tre teste adagiate sul pavimento, gli occhi di solito rossi e lucenti chiusi, i musi stretti e appuntiti distesi nella quiete del sonno.

Pregando che non si svegliasse, l'arcangelo superΓ² quatto quatto il cane da guardia dell'Inferno ed entrΓ² nel palazzo.

Non si stupì nel vedere uno dei generali di Lucifero, nonché in tempi di pace, per così dire, suo collaboratore e principale addetto all'ordine comune da quelle parti, venirgli incontro.

Β«AstarothΒ» lo salutΓ² Michele, nel modo meno rigido possibile. Con lui, d'altronde, prima del disastro accaduto in Paradiso era sempre andato d'accordo.

Il demone gli rispose con un cenno pacato della testa, i lunghi e mossi capelli biondi lasciati liberi sulle spalle. Β«Pochi istanti fa mi hanno detto che ti avevano visto arrivare. Che succede?Β» chiese, quasi aspettandosi qualche guaio o calamitΓ .

Β«Uhm...Β» L'arcangelo si rigirΓ² tra le mani con un velo d'ansia il fascicolo ben rilegato che recava con sΓ©. Β«Devo parlare con Lucifero. Nulla di preoccupante, solo... devo parlargli ora, Astaroth. Credi sia possibile?Β»

Astaroth deglutì, quasi in difficoltà. «A-Attualmente è in riunione» biascicò.

Β«Quale riunione?Β»

Il demone non replicò. L'arcangelo alzò gli occhi al cielo. «D'accordo, ho capito. Gli dirò che ho insistito io, così non finirai nei pasticci, oppure gli inventerò che non sapevi del mio arrivo.» Lo superò e spedito proseguì per l'atrio interno e percorse senza difficoltà ogni singolo corridoio finché non giunse di fronte a enormi e massicce porte nere, lucide e dotate di battenti. Non bussò e le spalancò, ma se ne pentì immediatamente quando si ritrovò di fronte a una scena indecente e indecorosa: suo fratello era disteso sul grande letto a baldacchino, supino, sopra di lui quella che aveva tutta l'aria di essere una donna, altrettanto nuda e alle prese con una sporca e licenziosa danza d'accoppiamento con l'ultima creatura con la quale avrebbe dovuto giacere, ai sensi di almeno una trentina di leggi del Regno Ultraterreno.

Cosa sconvolse fino in fondo Michele, perΓ², fu accorgersi subito dopo che c'era un'altra donna vicino a loro; la prima, di tanto in tanto, si sporgeva verso di lei e la baciava con ardore prima di tornare a oscillare su Lucifero.

L'arcangelo ne ebbe abbastanza. Sconcertato, stizzito e nel bel mezzo di una mezza crisi isterica, esclamò: «Per la pietà celeste! È mai possibile che io debba sempre beccarti nei momenti peggiori, Lucifero?!»

Il viso di Lucifero emerse dal groviglio di membra e sulle sue labbra ben disegnate prese subito forma un beffardo sorriso. Β«Qual buon vento, Michele?Β» chiese. Β«Signore, temo di dover rimandare a un'altra volta il nostro incontro!Β»

Le due donne sbuffarono e mugolarono, profondamente contrariate e scocciate. L'evanescente bagliore che circondava i loro corpi era la prova concreta che si trattasse di due anime dipartite.

Una di loro era davvero molto avvenente, i folti capelli ricci e bruni che le arrivavano fin quasi al fondoschiena. Si separΓ² da Lucifero, non prima di essersi scambiato con lui un ultimo bacio appassionato. Lui sogghignΓ². Β«Ho apprezzato le tue ultime parole sul rogo, Isabella!Β» la apostrofΓ², tra il serio e il faceto. Isabella sorrise raggiante. Β«Sono morta con il cuore gonfio d'orgoglio, difendendo la mia libertΓ Β» replicΓ² con una stretta di spalle che fece appena muovere i suoi piccoli seni da fanciulla.

«Questo sì che è un bel modo di prendere la morte» commentò lui con una ruggente risata. «Fa' la brava e vedrai che tra qualche secolo, forse, potrai avere un'altra possibilità.»

Isabella gli rivolse una languida e complice occhiata, poi seguì fuori dalla stanza l'altra donna, seguita dallo sguardo sdegnato e critico di Michele, il quale non era stato considerato neanche per un secondo, quasi facesse parte della mobilia.

L'arcangelo chiuse le porte in fretta e si voltΓ² di nuovo. AvanzΓ² a passo di marcia verso il letto. Β«Ai sensi del decreto settecentotredici del comma ottantaquattro...Β» iniziΓ² furioso.

Lucifero sbuffΓ² e si stiracchiΓ² pigramente fra le coperte rosso sangue dalle rifiniture dorate. Β«Oh, no, ecco che ricomincia...Β»

Β«... della Legge Proibizionista facente parte della Costituzione Angelica...Β»

Β«Michele...Β»

Β«... sarei libero in questo preciso momento di ordinarti di presentarti al Tribunale Celeste per un'ordinanza disciplinare! E ne avrei ben donde!Β»

Il Diavolo inarcΓ² un sopracciglio e accomodΓ² le braccia dietro al capo, sprofondando fra i morbidi cuscini neri. Β«E con quale accusa, di grazia?Β» chiese senza reale interesse, celando poi a bella posta uno sbadiglio.

Michele raddrizzΓ² le spalle con gesti scattanti che esprimevano tutta la sua indignazione. Β«Tanto per iniziare, la fanciulla, Isabella, Γ¨ morta all'alba di stamattina! Seconda cosa: Γ¨ vietato dalla legge per uno come te, del tuo lignaggio e della tua levatura angelica, giacere con un essere umano, specialmente un'anima dannata! Senza contare che quella povera e innocente creatura barbaramente uccisa da degli invasati religiosi era ancora vergine! Come osi allontanare dalla retta via un'anima...Β»

«Retta via? Innocente? Mah, a me non lo sembrava poi tanto, e comunque l'errore è stato di uno di voi lassù. È finita all'inferno perché non battesimata, quando sarebbe invece dovuta finire in Purgatorio. Hai ancora voglia di sciorinarmi le tue paternali o ci fermiamo qui?»

Michele strinse le labbra. Β«Una ragione in piΓΉ per cui non avresti dovuto fare di testa tua.Β»

«Oh, insomma! Le ho solo spiegato a modo mio che il pentimento debba essere profondo e sincero, che la buona volontà di perseguire la giusta via debba penetrare in ogni anfratto della sua coscienza! Era affranta quando ha saputo che non c'era modo di risolvere il disguido e così l'ho consolata.»

Β«Beh, ti ricordo che sei vedovo e dovresti osservare l'astinenza da ogni atto carnale in osservanza del ricordo di...Β»

Β«Della defunta Adriel uccisa da uno di voi e del mio sposo sprofondato nella pazzia?Β» fece Lucifero, a denti stretti. Β«Che gran bei ricordi con cui consolarmi.Β»

Β«In entrambi i casi sei stato tu a cercartelaΒ» replicΓ² altrettanto gelido Michele, scegliendo poi di lasciar perdere Β«Ad ogni modo... vestiti. Dobbiamo parlare.Β»

Β«Odio quell'accostamento di parole. Di solito precedono il peggio.Β» Lucifero scivolΓ² fuori dalle coperte e si rimise addosso la tunica nera e scintillante, assicurΓ² la cintura ai fianchi e poi si avvicinΓ² al fratello. Β«Allora, cosa ti angustia, stamane?Β»

Michele gli tese il fascicolo e Lucifero, estratto un paio di occhiali a mezzaluna da lettura, senza reale voglia lo aprì. Si accigliò un attimo mentre osservava il primo foglio e poi iniziava a leggere velocemente ogni singola parola del documento.

Schiarì la voce. «D'accordo, spiegami.»

Michele fece un respiro profondo. Β«Suppongo tu abbia capito da solo.Β»

Β«In realtΓ  no.Β» Lucifero si tolse gli occhiali e li agitΓ² verso il fratello. Β«E fossi in te consiglierei a Metatron di indossare un paio di questi, visto che inizia a perder colpi con i ritratti degli umani e se ne esce con questi scherzi di pessimo gusto. Roba da non credere!Β»

Β«Metatron non ha mai sbagliato in vita sua ed Γ¨ stato proprio lui a insistere perchΓ© esaminassi quest'essere umano in particolare.Β»

Β«Come mai c'Γ¨ scritto che la data di morte Γ¨ ancora da definirsi?Β»

L'arcangelo tirΓ² su col naso, di nuovo in preda a un contegnoso sdegno. Β«Pare che suo padre e un altro tizio siano riusciti a svelare i segreti della vita eterna servendosi di una certa Pietra dei Filosofi o qualcosa di simile. Gli umani! Ne inventano sempre una, giusto per dare qualche grattacapo in piΓΉ a noi che dobbiamo tenerli d'occhio. Mai una volta che si accontentino di ciΓ² che hanno, del tempo concesso loro nella terra dei viventi.Β»

Β«Disse l'essere plurimillenarioΒ» si permise di commentare Lucifero. Β«Io trovo che siano geniali e se Γ¨ vero che l'umano in questione aveva la malattia che gli umani ancora non sono giunti a denominare come β€Ÿleucemia", trovo giusto e sacrosanto che suo padre abbia voluto in qualche maniera salvarlo e tutelarlo. Cosa non farebbe un genitore per amore!Β»

Michele lo scrutΓ² torvo. Β«Hai di nuovo letto gli appunti di Metatron sull'andamento del Ventesimo secolo, vero?Β»

Β«Non hai idea di quante cose interessanti accadranno in quel periodo. Di tanto in tanto mi piace curiosare negli eventi futuri. E comunque era il Diciannovesimo secolo, non il ventesimo.Β»

Β«Sia come sia, ho persino controllato nella genealogia di quest'individuo e... beh... i fatti non mentono, Lucifero.Β» Michele riprese in mano il documento, lo sfogliΓ² e mostrΓ² un complesso schema che riportava sin nei minimi dettagli ogni parentela, ogni singolo membro della famiglia e degli antenati dell'uomo. IndicΓ² il punto piΓΉ alto, la miniatura che nel classico alfabeto angelico riportava un nome che da molto tempo entrambi avevano scelto di non pronunciare piΓΉ, e non per paura o per sdegno. Β«Non so come, ma questo essere umano discende da Rasyel, Lucifero.Β»

Il re dell'inferno si accigliò. «Ma com'è possibile che sia altresì la sua copia sputata? Che scherzo di pessimo gusto è mai questo?»

Β«Non lo so, ma quando Metatron mi ha detto di leggere gli eventi che hanno coinvolto da vicino quest'uomo in quest'ultimo decennio ho notato dettagli preoccupanti. Sembra abbia avuto a che fare in modo spiacevole con un essere, un'entitΓ , dalla tipologia che non risulta nei nostri registri dei vari spettri e degli spiriti ancestrali. Dopo la sconfitta dei Pagani abbiamo sempre tenuto d'occhio ognuna di quelle creature, ma questa... questa Γ¨ irregolare, anomala e pericolosa.Β»

Β«'Un uomo dagli occhi gialli'Β» lesse a mezza voce Lucifero, teso. Β«Beh... c-ci sono molte entitΓ  con gli occhi gialli.Β»

Β«Dalla descrizione riportata da Metatron circa le sembianze assunte dall'essere, perΓ², a me risulta piuttosto familiare.Β»

«Non può essere lui. È morto, Michele. Lo vidi morire coi miei occhi, io stesso fui tra quelli a ferirlo a morte. Non v'è modo con cui lui possa esser riuscito a tornare.»

«Da quando sei così ottuso? Segni del genere non possono esser ignorati e quel che è peggio, Lucifero, è che l'uomo che ha affrontato quel mostro stia da anni ficcando il naso in questioni spinose! Ha indetto un'autentica e solitaria caccia a Grober! Pare voglia trovarlo per vendetta o roba simile!»

Lucifero deglutì. «Ammesso che si tratti davvero di Lui, quale pazzia può spingere un essere umano qualsiasi, semidio o meno, a dar la caccia a colui che un tempo era noto come Satana?»

L'arcangelo richiuse il fascicolo. Β«Grober ha sterminato la sua famiglia. Come hai visto poco fa, neppure suo figlio, un bambino innocente, Γ¨ stato risparmiato. Metatron mi ha fatto intendere, a modo suo, che si tratta davvero di Grober.Β»

Β«PerchΓ© avrebbe dovuto farlo? Cosa vuole?Β»

Β«Per evidenti motivi ho ragione di supporre che abbia a che fare con Rasyel. Magari crede che in quell'essere umano vi sia qualcosa di speciale, qualcosa che potrebbe far comodo a lui. Ci sono comunque altri aspetti anomali nel Corso della Vita di Carvajal: non ha un Angelo Custode, tanto per iniziare, e quando ho chiesto presso la divisione degli Angeli Custodi come sia potuto verificarsi un errore simile, nessuno sapeva cosa rispondermi. Non ne ha uno e basta, senza un motivo.Β»

Lucifero era sconvolto. Β«Ma si puΓ² sapere cosa fate voialtri lassΓΉ tutto il giorno? Come Γ¨ possibile che nessuno abbia mai notato che un essere umano fosse privo di Angelo Custode? E poi vieni qui a sparare a vuoto sulle leggi e i decreti!Β»

Michele lo ignorò. «Sono andato a trovare Azrael, prima di venire da te. Le ho mostrato il fascicolo e lei, ovviamente, non ha battuto ciglio. So che è normale, visto che sa tutto di tutti gli umani, ma visti i suoi trascorsi con Rasyel pensavo che avrebbe avuto una reazione differente, almeno in questo caso, ma... non è stato così. Le ho chiesto se sapeva qualcosa in merito a questa bizzarra faccenda, ma non ha voluto rispondermi. Ha solo detto che i segreti della Morte non sono di mia competenza. Francamente ho la sensazione che stia nascondendo qualcosa.»

Il signore dei demoni aggrottΓ² la fronte, perplesso. Β«Azrael Γ¨ imparziale, dev'esserlo per legge e per sua stessa natura. Non Γ¨ da lei non rispondere a una domanda e addirittura nascondere qualcosa, specialmente a te.Β»

Β«A meno che non si tratti degli affari suoi e di Rasyel. Su quelli Γ¨ sempre stata nettamente riservata.Β»

Β«E ciΓ² mi ha condotto a cercare di parlare con Morfeo.Β»

Β«Dunque?Β»

Β«Niente. A detta della sua segretaria era troppo impegnato con i sogni dell'emisfero settentrionale per ricevermi, ma non so se fosse una scusa o meno per non parlarmi.Β»

Β«Piccolo bastardo. Tale e quale a suo padreΒ» commentΓ² Lucifero, un po' critico e un po' divertito. Β«E i suoi fratelli?Β»

Β«Uno, come al solito, Γ¨ impossibile da rintracciare e l'altro ha usato la stessa scusa di Morfeo. Parola mia, ho per nipoti un trio di marmocchi irrispettosi!Β»

Β«Forse avrebbero reagito diversamente se avessi almeno accennato che un loro lontano parente Γ¨ la copia sputata del loro defunto vecchio.Β»

Β«Perdonami se ero troppo sconvolto per limare i dettagli! Sono arciconvinto che si tratti di un pastrocchio architettato da Rasyel! Lui e le sue contorte pensate! Anche da morto continua a combinare pasticci, Γ¨ il colmo!Β»

Β«Potresti smettere di ripetere che Γ¨ morto? Al contrario tuo, io lo rispettavo come fratello.Β»

«Così tanto da non correre in suo aiuto quando ce n'è stato bisogno.»

Β«Ah, davvero? E sentiamo, Michele, in che modo tu avresti invece tentato di guardargli le spalle? Io conosco le mie colpe, al contrario di altri.Β»

Michele restrinse lo sguardo. Β«Rasyel dispose del proprio destino nel momento stesso in cui scelse di ripudiare la nostra famiglia e chi e cosa lui in prima persona era. Se fosse rimasto, anzichΓ© andarsene di casa, forse ora sarebbe ancora vivo e non ci troveremmo in queste scomode circostanze.Β»

Β«Quindi se l'andΓ² a cercare? Bel ringraziamento, considerando che mise a repentaglio la propria vita pur di agire in nome del tuo adorato bene superiore!Β»

L'arcangelo fu sul punto di sbottare, ma alla fine riuscì a frenarsi e fece un bel respiro. «Litigare non ci aiuterà a far luce sull'attuale faccenda. Ho intenzione di far tenere d'occhio Carvajal. Deve smetterla di scavare e... insomma, anche se dai resoconti sembra che attualmente si sia preso una pausa o persino dato una calmata, non possiamo affidarci alla semplice buona fede. Ci sono verità che un essere umano non può tollerare e non so cosa accadrebbe se arrivasse a scoprire di essere il discendente di un angelo che si è fatto poi passare per una divinità greca e persino sverthiana. Andrebbe fuori di testa, come minimo.»

Vedendo che il fratello sembrava nel bel mezzo di una delle sue elucubrazioni, lo esortò a parlare. Lucifero, allora, disse: «A me preoccupa una questione ben più seria. Non mi torna che quell'uomo sia la copia sì e no esatta di Rasyel. Potrebbe passare benissimo per lui, non fosse per gli occhi. Non mi risulta granché normale e non credo sia un semplice caso. C'è dietro qualcosa, Michele».

L'arcangelo annuì. «Lo penso anch'io e a mio parere non è un caso neppure che Grober lo abbia preso di mira. Probabilmente ha capito tutto ancor prima che lo facessimo noi.»

Β«Beh, noi non sapevamo neppure che questo Carvajal esistesse.Β»

Michele sbuffΓ² gonfiando le guance. Β«Non Γ¨ che negli ultimi millenni io abbia avuto il tempo di star dietro pure agli innumerevoli frutti delle scappatelle di quell'irresponsabile di Rasyel, senza offesa.Β» Che l'angelo in questione avesse avuto un consistente numero di amanti, mortali o immortali che fossero, era cosa ben nota, ma se Grober si era concentrato in particolar modo su uno dei discendenti di Rasyel non c'era da star tranquilli. Cosa poteva sperare di ottenere un mortale contro una creatura del genere che neppure dopo esser andata incontro alla fine, alla distruzione delle sue spoglie, continuava a saltar fuori e a dare problemi?

Lucifero esitΓ². Β«Non conosco le risposte a tutte queste domande, Michele, ma una cosa la so: che la cosa ci piaccia o meno, quell'uomo fa parte della nostra famiglia. Io non intendo fare l'errore che feci con Rasyel o... insomma... con Grober. Nessuno dovrebbe esser lasciato da solo e se noi abbiamo il potere di fare qualcosa, di evitare che l'ennesima vita innocente venga spazzata via per amore degli affari del Regno Ultraterreno, allora dovremmo rimboccarci le maniche.Β»

Michele sorrise amaramente. Β«Il diavolo e il guardiano del Paradiso uniti contro una minaccia comune. Chi lo avrebbe mai detto!Β»

Β«Viviamo in un'epoca strana, suppongo.Β»

L'arcangelo fece un cenno con la testa. «Dirò a uno dei miei di tener d'occhio la situazione e... beh, di farlo con discrezione. Ancora non hanno capito che non è saggio scendere tra gli uomini con tanto d'ali e tutto il resto, e più sono giovani e più combinano ogni genere di pasticcio. È difficile tenere tutti in riga e snocciolare paternali quando hai per dipendenti i tuoi fratelli.»

Nessuno meglio di Lucifero poteva capirlo, visto che in quel frangente avevano compiti simili. Lucifero, tuttavia, optava per un metodo di comando molto differente che puntava su una sorta di libertΓ  individuale di base. Certo, i demoni dovevano rigare dritto o erano dolori, ma la disciplina era piΓΉ una traccia che una vera e propria regola.

Lucifero fece una smorfia, non era granchΓ© convinto. Β«Meglio se lasci a me la questione. I demoni sono piΓΉ abituati a mescolarsi agli umani e... insomma, almeno sanno come vestirsi come uno di loro in maniera appropriata e parlare con loro senza sembrare dei disadattati.Β»

Michele roteΓ² gli occhi. Β«Oh, e va bene! Ma scegline uno affidabile, per piacere.Β»

Il sorriso smagliante che Lucifero gli rivolse in risposta non lo fece ben sperare. Infatti...

«Hai di fronte la creatura più seria e responsabile che esista, Michele» proferì il re dell'inferno, imitando le maniere pompose dell'arcangelo.

Β«Non se ne parla. Hai da fare qui, non puoi pretendere di...Β»

Β«Oh, insomma. In fin dei conti Γ¨ una sorta di nipote per tutti e due, no? Abbiamo il dovere morale di far qualcosa.Β»

Michele si trattenne per un soffio dal ribattere che non lo riteneva affatto un individuo serio e responsabile, così come di avere la netta sensazione che Lucifero avrebbe solo portato ancora più scompiglio, ma... al tempo stesso aveva ragione. «Bene allora. Devi tenermi aggiornato costantemente, però. E niente stupidaggini o azioni avventate. Sii discreto.»

Lucifero sventolò una mano. «Ma sì, si... discrezione, segretezza e tutto il resto. Rilassati. Sarà come tenere d'occhio un lattante.»

Β«Ignoro le motivazioni che potrebbero spingere chicchessia ad affidarti un bambino, ma ti credo sulla parola.Β»

In tutta la propria lunga, lunghissima esistenza, Lucifero mai si sarebbe un giorno sognato di dover agire tramite metodi che non prevedevano una plateale entrata in scena, bensì mantenere un basso profilo, cosa per nulla semplice per lui.

Gli era bastato leggere il Corso della Vita di Carvajal al completo per sapere dove abitava attualmente e si chiedeva cosa diancine avesse in testa quel tale per essersene andato a vivere in una delle tante foreste canadesi, ben lontano, come se non bastasse, dal resto della popolazione, eccezion fatta per una tribΓΉ indigena che sembrava esser riuscito ad ingraziarsi. Probabilmente, in qualche modo, aveva fatto intender loro che se non gli avessero arrecato fastidio, lui avrebbe ricambiato il favore, visto che era ovvio che volesse starsene per i fatti propri.

Circolava voce che da quelle parti, comunque, si aggirasse una creatura, un mostro. Da quel che sapeva Lucifero, gli umani lo avevano ribattezzato β€ŸWendigo".

E quell'idiota, tanto per cambiare, proprio qui doveva venire a stare, pensΓ² tra sΓ© stizzito, scuotendo il capo mentre faceva di tutto pur di rimanere nascosto fra degli alti cespugli. Fu allora che vide per la prima volta Carvajal dal vivo. Perbacco se non era il ritratto di suo fratello!

Ha persino ereditato le sue espressioni da insopportabile perfettino.

Pareva intento a leggere qualcosa mentre era seduto sul sottobosco, la schiena a ridosso di un albero secolare a dir poco gigantesco e odoroso di resina.

Sulle sue gambe riposava la testa di un autentico lupo che si comportava come un vero cane da compagnia. La bestia sonnecchiava, il manto completamente nero e lucido accarezzato dal vento frizzante che spirava tra gli aghi dell'enorme albero. A giudicare dalla specie, Carvajal doveva averlo con sΓ© da ancor prima di essersi stabilito in Canada.

Lucifero, concentrato com'era nel provare a sporgersi e guardare meglio il foglio di pergamena che l'uomo reggeva tra le dita affusolate, subito si accucciò di nuovo quando vide il lupo rizzare il capo e ruotarlo mentre guardava in direzione dei cespugli. Ovviamente finì per attirare l'attenzione del suo amico a due zampe, il quale, accigliato e guardingo, aguzzò lo sguardo per capire se si trattava di un animale che stava passando per di lì o qualcosa di ben diverso. L'Angelo Caduto si guardò bene dal respirare o muoversi di un solo millimetro. Rimase immobile finché non li vide lasciar perdere, alzarsi e allontanarsi nel fitto degli alberi. «Dai, Ombra, torniamo a casa» disse Carvajal al lupo, anzi lupa.

Dannazione, pensΓ² snervato. Gli toccava di nuovo pedinare quel bamboccio.

Quando, dopo un periodo di tempo che gli parve interminabile, finalmente da lontano, celato dietro un albero, scorse una casa di legno dall'aria modesta sorgere in una piccola radura, resistΓ© al darsi una pacca sulla spalla per lo zelo e l'autocontrollo che aveva dimostrato fino ad allora.

Li vide entrare, poi la porta si chiuse.

Beh, se non altro si era accertato dell'ubicazione di Carvajal e all'incirca delle sue abitudini giornaliere, visto che era da una settimana che lo sorvegliava e seguiva i suoi movimenti. Un tipo abitudinario e noioso, per il momento era quella la sua sintesi, e per qualche motivo l'uomo non sembrava intento a combinare nulla di strano o sospetto. Era come se avesse voluto semplicemente allontanarsi dal resto del mondo, dalla civiltΓ , e trovare uno stabile rifugio per puro e semplice amore della quiete. Non dava l'idea di voler nascondersi o di star conducendo delle ricerche di qualche tipo.

Che Michele avesse interpretato male le parole di Metatron? Era possibile. L'Angelo Profeta non era uno di quelli che parlavano chiaro e Michele aveva sempre faticato a capire i suoi contorti e sibillini discorsi.

Non lo biasimo per non voler piΓΉ aver a che fare col prossimo.

Avendo subito gravi perdite a sua volta, Lucifero riusciva a comprendere appieno l'atteggiamento di Carvajal. Non era bizzarro che avesse finito per isolarsi, per rifuggire tutto e tutti. Forse non ci stava piΓΉ neppure con la testa, poteva essere una possibilitΓ , ma fino a quel momento sembrava abbastanza sano di mente, per quanto potesse esserlo uno che non spiccicava mai parola e trascorreva intere giornate nel totale silenzio di una foresta secolare. Di tanto in tanto parlava alla lupa, Ombra, e a giudicare dal loro legame lei doveva essere il suo famiglio. Tutti i maghi e le streghe ne possedevano uno e quel legame consentiva a un umano con poteri magici di avere una speciale intesa con un animale, di essere da esso compreso.

Eppure dev'essere una ragione se Metatron voleva che ci concentrassimo su di lui.

Il giorno successivo decise di avere un primo contatto con Carvajal e di farlo attuando un piano, creandosi una solida copertura, un pretesto per interagire con l'uomo.

GirΓ² per circa un paio d'ore alla ricerca di una bestia abbastanza grossa e potente che potesse procurargli delle momentanee ferite che per un umano sarebbero potute risultare invece fatali.

IncrociΓ² infine un enorme orso. Lucifero, rimanendo pur sempre un angelo, da Creatura Celeste qual era aveva il potere di interagire con ogni essere vivente senza sforzo alcuno, persino con le piante e gli elementi.

Anche se l'orso inizialmente non pareva propenso a fidarsi, dopo non molto tempo si lasciΓ² convincere quando Lucifero tornΓ² con in spalla un cervo che aveva purtroppo dovuto abbattere per l'occasione e della frutta per offrire altre leccornie capaci di stuzzicare la benevolenza della bestia.

Solitamente gli orsi erano saggi e scaltri, ma ve n'erano altri, come quell'orso bruno, piΓΉ testardi e recalcitranti, nonchΓ© aggressivi.

Lucifero fu ben chiaro nell'esporgli come doveva cercare di colpirlo e ferirlo e ottenne un risultato più che convincente dopo quattro zampate ben assestate e con tanto d'artigli affilati. Sapendo di dover sbrigarsi, prima che le lacerazioni avessero potuto rimarginarsi, resistente com'era non ebbe difficoltà nel tornare di corsa nei pressi della casa di Carvajal, spargere del sangue sull'erba e lasciarsi cadere lì come un perfetto moribondo.

Conosceva gli orari dell'uomo e sapeva che di lì a poco sarebbe uscito per andare a fare una passeggiata per i boschi con Ombra e, infatti, eccolo lì: alle otto del mattino aprì la porta e uscì seguito dalla fedele lupa. Come da programma, dopo qualche passo udì prima i lamenti, poi scorse la figura di Lucifero giacere sull'erba intrisa di sangue. Generalmente quello degli angeli non era rosso, bensì traslucido, iridescente e scintillante, ma il Diavolo aveva nella manica un bel po' di assi e trucchetti, per lui era stato un gioco da ragazzi camuffare con una sorta di malia illusoria la propria linfa vitale per farla somigliare a quella degli umani.

Vide l'uomo avvicinarsi. Velocemente, sì, ma anche con una certa cautela. Doveva proprio essere un malfidato di prim'ordine per non fidarsi neanche di una persona ferita e prossima a dissanguarsi.

Β«Ma cosa... come...Β»

Β«A-AiutatemiΒ» gemette Lucifero. Β«Vi prego!Β»

Carvajal deglutì a vuoto e lo passò in rassegna in fretta. «Cos'è stato a farvi questo?»

Β«U-Un o-orsoΒ» esalΓ² l'interpellato, il quale, a dire il vero, si stava divertendo un mondo. E pensare che non avevano voluto accettarlo come attore a teatro, quando, sotto il regno di Elisabetta I, aveva avanzato la richiesta di far parte dell'artistico ventaglio del Globe Theatre. Di tanto in tanto anche lui si annoiava, dopotutto.

Dario sgranΓ² gli occhi. Β«E cosa diamine vi ha indotto a incappare nell'ira di un orso?Β» esclamΓ² incredulo, per poi scuotere la testa. Si guardava in giro, quasi aspettandosi che magari vi fossero altre persone nei paraggi; doveva credere che il moribondo che aveva rinvenuto si fosse spinto fin laggiΓΉ insieme a un gruppo per andare a caccia, probabilmente. Si chinΓ² in avanti e disse, sottovoce: Β«Forse so come aiutarvi, ma dovete giurarmi di non gridare nΓ© di rivelare ad anima viva cosa sto per fareΒ».

Lucifero avrebbe ghignato di vittoria in circostanze diverse da quella. Carvajal doveva avere in mente di usare la magia.

In tal modo avrebbe percepito all'istante se si trattava di magia bianca o nera. Se la seconda ipotesi avesse prevalso... beh, forse si sarebbe avvicinato di piΓΉ alla veritΓ , al motivo vero per cui Metatron aveva detto a Michele di tener d'occhio quell'uomo.

Annuì, fingendosi incerto e un po' spaventato. «Cosa volete fare?»

Β«Vi prego di non muovervi. Ci vorrΓ  un secondo.Β»

Dario ci impiegΓ² qualche istante prima di ricordare con estrema chiarezza l'incantesimo corretto per guarire le ferite piΓΉ gravi. Un tempo quella roba non era stato il suo forte, ma in quegli anni, per un motivo o l'altro, si era detto che non avrebbe fatto male ampliare le conoscenze e imparare a menadito i metodi basilari per cavarsela da soli in casi di necessitΓ  e pericolo di vita, consapevole che avrebbe dovuto saper risolvere da solo impicci di quel genere.
Senza pronunciare una sola sillaba, concentrandosi sulle ferite e chiudendo fuori il resto del mondo, persino il sibilo del vento tra gli alberi e il canto degli uccelli mattutini, immaginΓ² ogni singola lacerazione rimarginarsi, il sangue cessare di affluire dalla pelle e dai tessuti compromessi, tutto tornare a posto. La magia, d'altronde, per funzionare al meglio aveva bisogno di quello: immaginazione. Ghermiva un pensiero, un desiderio, dal loro piano di realtΓ  e li trascinava in quello in cui un mago viveva, facendolo dunque divenire una possibilitΓ , una certezza e infine realtΓ . Era un discorso molto complesso e ancora non si conosceva neppure un minimo dei segreti celati nel funzionamento della magia, di come essa si fosse originata, di come fossero venuti alla luce gli stessi maghi, ma coloro che erano nati con tale dono avevano imparato a farne uso per semplice esperienza, spinti dalla curiositΓ , dalla voglia di fare di piΓΉ, di rendere l'irrealizzabile concreto.

L'immaginazione era potere e piΓΉ essa era grande, estesa e colorita, piΓΉ il mago che la padroneggiava e la fomentava diveniva inarrestabile e a volte, purtroppo, capace non solo di azioni di somma magnificenza e destrezza, ma anche terribili, mostruose. La magia di per sΓ© non aveva una reale identitΓ , si diceva che se avesse potuto mostrarsi apertamente e in qualsiasi momento come qualcosa che aleggiava nel mondo in sembianze palpabili, avrebbe probabilmente presentato uno spettro di colori sgargianti e in costante mutamento. Quando un mago la usava, ne rendeva un piccolo stralcio esclusivamente suo, ecco che tutti quei colori si fondevano e di solito aveva luogo l'epifania della magia bianca, la piΓΉ comune, positiva e priva di ombre; le cose si facevano piΓΉ complesse quando la strega o il mago che la richiamava a sΓ© e utilizzava dentro di sΓ© celava un lato oscuro piΓΉ pronunciato rispetto alla norma o, ancora, quando soffriva o covava rancore per tanto di quel tempo da aver infine saputo corrompere la propria anima, lacerandola e rendendola pericolosa, inaffidabile e incostante. La magia bianca, a quel punto, venendo a contatto con il malanimo di turno si macchiava in modo irreversibile, assorbiva la malvagitΓ , se ne nutriva e la sostentava a sua volta, in una perversa simbiosi.

Basilarmente tanti erano convinti che esistessero solo il bianco e il nero, il bene e il male, ma non era così. V'era ad esempio la magia rossa, un connubio tra quella bianca e quella nera, e spesso prevedeva il supporto di qualcosa in più dell'immaginazione, qualcosa che la ravvivasse e la galvanizzasse, come il sangue nel senso più concreto del termine. Il sangue era un elemento potente e distruttivo quando si superava il labile confine da esso tracciato. A Obyria, ad esempio, era temuta e guardata con sospetto tanto da esser stata bandita come la magia oscura, troppo pericolosa e instabile per esser tenuta sotto controllo in totale sicurezza.

Per gli umani, comunque, di solito tutto ciò aveva ben poca importanza. Per loro la magia era un tabù, per tanti non esisteva nemmeno ed erano tutte frottole per infanti, ma per altri rappresentava solo e soltanto il male supremo, qualcosa da proibire a priori, da soffocare ad ogni costo e da perseguitare su tutti i fronti, anche a costo di sacrificare vite innocenti tra le fiamme dei roghi o dentro un nodo scorsoio. Proprio a fronte di questo motivo molti avrebbero definito Dario un incosciente, uno stupido che presto avrebbe sbattuto il naso contro l'ingratitudine e l'ignoranza umana e quando sollevò gli occhi pian piano si aspettò di trovare entrambe le cose riflesse negli occhi cerulei dell'uomo che aveva appena salvato, ma... con sua enorme e sconcertata incredulità, dentro di sé capì che la persona che stava guardando non avrebbe urlato, non avrebbe avuto una reazione folle e isterica, non avrebbe gridato al maleficio e non lo avrebbe denunciato né tradito. Sembrava stranamente rilassato per ragioni note solamente a lui e, al contempo, sorpreso, senza parole.

Il mago non potΓ© non sentirsi confuso e a disagio. Non sapeva se avrebbe dovuto semplicemente alzarsi e andarsene in fretta, forse persino abbandonare la sua attuale dimora e trovare un posto piΓΉ sicuro dove continuare a vivere in piacevole solitudine, ma qualcosa gli suggeriva che non c'era ragione per fare niente di tutto questo. Fu dunque un impulso il suo di chiedere, prima ancora di rendersene conto: Β«Siete... siete come me? Siete un mago?Β»

Non poteva esser altrimenti. Due piΓΉ due non faceva cinque, dopotutto.

Lucifero era rimasto a fissare in silenzio il mago mentre quest'ultimo si era preso cura delle sue ferite. Lo aveva osservato con attenzione, esaminando nel frattempo l'energia magica scaturita dall'incantesimo, e non aveva avvertito neppure uno strascico di magia nera, ma... neppure bianca nΓ© rossa.

Si trattava, a quanto pareva, del genere che era stato classificato ufficialmente dall'Ordine dei Cacciatori capitanato da Michele stesso β€ŸMagia Versatile", forse quella che a volte dava piΓΉ grattacapi rispetto alle altre tipologie perchΓ© priva di una identitΓ  ben precisa e soggetta a costanti mutamenti, potente eppure facile da scalfire e a volte da mandare in totale confusione. Alcuni la definivano difettosa visto che, al contrario degli altri sottogeneri, non subiva il processo di conversione nel quale di solito l'energia magica primordiale incappava non appena interagiva con il mago che la chiamava in aiuto. Giungeva da lui incorrotta e pura, senza aver perso neppure uno strascico di se stessa e per tale ragione risultava rischiosa, se non tenuta sotto controllo e padroneggiata da un animo incerto o debole, da chi non sapeva cosa voleva.

Era, anche, estremamente rara. Di tutti i maghi presenti nel mondo e a Obyria, solo una ridicolmente bassa percentuale di loro era una Strega o un Mago Versatile e negli ultimi anni parevano esser giunti quasi alla soglia di estinzione.

PiΓΉ il sangue magico veniva diluito e mescolato e piΓΉ la magia incontaminata assumeva invece connotati definiti e limitanti.

Quindi sì... non poteva far a meno di fissare con aria stordita e meravigliata l'uomo che fino a un giorno prima aveva definito noioso.

Beh... non Γ¨ che io possa sorprendermi sul serio, no?

Avrebbe dovuto immaginarlo. Come sarebbe mai potuto essere altrimenti?

Quell'uomo era un semidio, un nephilim, figlio di una stirpe originata dall'unione di un angelo e una creatura mortale. Per quanto il sangue nelle sue vene avesse potuto indebolirsi e farsi sempre più umano e sempre meno divino, rimaneva uno dei pochi discendenti ancora in vita di una genia sfortunata e troppo straordinaria per esser lasciata in vita e ignorata. Era stato proprio allora che molti nephilim avevano scoperto di aver ereditato dei doni da parte degli angeli, capacità fuori dal comune, e in quanto recanti dentro di loro parte della Grazia dei genitori, erano stati così disinteressati e gentili, ansiosi di trasmettere le proprie conoscenze, da insegnare a tanti umani ciò che sapevano. Era così che i maghi erano nati e la magia non era altro che una forma diversa dei poteri angelici e dell'essenza delle Creature Celesti. Lucifero sorrideva amaramente ogni volta che vedeva gli umani condannare la magia e riempirsi nel frattempo la bocca di passi della Bibbia e preghiere, spergiuri e scongiuri d'ogni sorta, ignari di star in verità sputando in faccia alla concessione più grande e amorevole che Dio avesse mai fatto loro, dopo il libero arbitrio.

La Magia Versatile era un tempo stata propria dei nephilim e questo spiegava tutto. Spiegava anche perchΓ© stesse pian piano scomparendo, visto che un po' alla volta coloro che avevano nel sangue la capacitΓ  di dominarla morivano, non si riproducevano o, il piΓΉ delle volte, semplicemente si univano ad altri che non possedevano il medesimo dono e generavano una discendenza piΓΉ debole, una incapace di tollerare un simile fardello.

So che avevo promesso a Michele di non rivelarmi, di non dire la veritΓ , ma...

Β«Non esattamenteΒ» rispose infine l'Angelo Caduto, tirandosi meglio su e guardando con molta serietΓ  il mago. Un bel respiro. Β«Puoi anche non credermi, se lo desideri, ma il mio nome Γ¨ Lucifero e...Β»

Dario squadrΓ² perplesso, anzi con aria ebete, il suo interlocutore. Β«Uhm... i tuoi genitori avevano un gusto molto strano in fatto di nomi, sai?Β» tentΓ² a disagio, dimenticandosi di dargli del voi, vista la bizzarra e attuale dinamica dei fatti.

Lucifero sospirΓ². Β«Intendo quello vero. Il Diavolo, presente? La Stella del Mattino, eccetera eccetera.Β»

Carvajal sbatté le palpebre. «Capisco» replicò con chiara accondiscendenza. «Quell'orso deve averti strapazzato peggio di quanto pensassi. Fossi in te tornerei da dove sei venuto e andrei a farmi una bella dormita. Adiós!» Gli batté brevemente e con cautela una mano sulla spalla, si alzò e fece sì e no per svignarsela, convinto che quel tipo fosse leggermente disturbato. Ombra, rimasta fino ad allora in disparte, pur con aria guardinga, fissò con fare penetrante e malfidato Lucifero, poi trotterellò dietro al padrone.

Lucifero, deciso a non farsi liquidare a quella maniera da quello che era al confronto suo un marmocchio, tirò dritto e lo seguì. Le sue lunghe ed agili gambe, con poche falcate, gli permisero di tagliare la strada a Dario, il quale per un soffio non andò a sbattergli contro. Persino Ombra uggiolò stizzita.

Il mago fece un passo indietro con molta cautela.

Oh, accidenti! Questo qui Γ¨ matto, Γ¨ un maniaco! Pensa di essere il Diavolo!

Solo a lui poteva capitare una situazione simile nel bel mezzo di una foresta canadese quasi disabitata, esclusi gli indigeni del luogo. Solo... perchΓ© sempre a lui? Ne aveva abbastanza di stranezze e creature bizzarre, di segreti e roba che aveva solo contribuito a rovinargli la vita fin quasi in fondo. Mesi prima aveva scelto di ritirarsi per sempre dalla societΓ  solo quando si era reso conto di aver messo in serio pericolo i suoi genitori a furia di scavare, di fare domande e andare a caccia di quel dannato essere che anni prima aveva ucciso suo figlio e il suo compagno.

Se n'era andato per proteggere la sola famiglia che gli fosse rimasta, eppure... se non era lui a cercare i guai, ecco che erano loro a trovarlo.

Non poteva ricorrere alla magia di nuovo. Sapeva di trovarsi in mezzo al nulla, ma non si poteva mai star sicuri. Qualcuno, dopotutto, prima o poi sarebbe venuto a cercare quel tizio.

Β«S-SentiΒ» disse, provando a mantenere un tono calmo e ragionevole, Β«i-io non credo neppure in Dio, figuriamoci nell'esistenza del Diavolo! Non credo in niente di niente, in effetti, p-perciΓ² smettila e torna da... beh, ovunque tu fossi prima di incrociare me, ecco.Β»

Non era una bugia, d'altronde. Sul serio si considerava ormai uno scettico convinto. Credeva nell'esistenza del bene e del male, ma in forma concreta, il bene e il male che un essere vivente poteva fare ai propri simili. Esistevano gli elfi, i lupi mannari, i vampiri e quant'altro, ma Dio no. Era solo una stupida invenzione umana, un modo come un altro per convincersi che non si era soli al mondo, ma la veritΓ  era ben diversa.

Erano soli, tutti loro, dalla culla alla tomba.

Lucifero squadrò il mago. «Mi avevano detto che eri piuttosto ottuso, ma così mi sembra davvero troppo» sentenziò. «Posso fare qualcosa per convincerti?» domandò quindi, il tono di voce simile a quello di un diplomatico alle prese con un'importante trattativa.

«Uhm... magari sparire di botto? Tipo... puff!» suggerì Dario gesticolando, la voce insolitamente acuta. «Sarebbe un modo fantastico per provare la tua identità, sul serio!» aggiunse, sperando di risultare convincente e di togliersi di torno quell'impiccio.

L'altro lo squadrΓ² offeso, restrinse lo sguardo e incrociΓ² le braccia. Β«Io non faccio quelle cose. Non faccio β€Ÿpuff" o come lo chiami.Β»

«D-D'accordo, uhm... quindi non sei il diavolo, no? È una burla, giusto?»

Β«NoΒ» insistΓ© Lucifero, un po' snervato. Β«Sono il diavolo, ma non mi comporto in quel modo.Β»

Β«Uh... naturalmente. Allora non saprei... prova a strapparmi dal corpo l'anima o roba simile!Β»

L'Angelo Caduto alzΓ² gli occhi al cielo, esasperato. Β«Oh, insomma! Non so chi abbia sparso questa dannata voce, ma io non rubo l'anima agli umani! Mai fatto! Che me ne faccio? Le metto in delle ampolle per far luce mentre mi faccio il bagno?! Ridicolo!Β» sbottΓ² sotto gli occhi stralunati di Carvajal.

Dario incrociΓ² lo sguardo altrettanto teso e attonito di Ombra, poi tutti e due, all'unisono, se la diedero letteralmente a gambe. Lui, appena la lupa fu rientrata in casa, si sbattΓ© dietro la porta e la rinforzΓ² con la solita asse che si premurava di metter sempre quando andava a dormire.

Col fiato corto, tremante da capo a piedi, rimase in ascolto e sperΓ² con tutto il cuore che quel pazzo non avesse deciso di inseguirlo fin laggiΓΉ.

Ombra, dopo un po', ringhiΓ² e infine abbaiΓ², poi una voce disse: Β«Non sei quel che si suol dire un cuor di leone, vero?Β»

Il mago urlΓ² dallo spavento in modo ben poco virile, quasi da ragazzina. Si voltΓ² di scatto e fissΓ² con autentico terrore il tizio che, per motivi che andavano oltre ogni comprensione e logica, era riuscito a entrare in casa sua, anche se la porta era ancora sbarrata.

Eppure se l'era lasciato alle spalle, lo sapeva!

«C-Come... c-come hai... c-cosa...» balbettò. «E-Eri lì, ma ora sei qui» aggiunse stridulo, indicando ora oltre la porta chiusa, ora il pavimento. Lucifero, in una situazione diversa, avrebbe trovato la reazione di Carvajal davvero comica, ma non c'era niente da ridere. Lo squadrò. «Anche da qui sento il tuo cuore dare di matto. Calmati o ti verrà un malore, fidati. Suvvia, non mordo!» Sbuffò e roteò gli occhi vedendo l'altro schizzare via e poi fronteggiarlo dopo aver afferrato l'attizzatoio accanto al caminetto. Lo brandiva come fosse stata un'arma, ma non aveva propriamente l'aria di uno che sapeva come difendersi con la buon vecchia forza bruta, men che meno con spade et similia. Gli faceva quasi tenerezza, era come vedere un bambino alle prese con una spada di legno, tutto convinto che l'innocuo oggetto fosse micidiale. «Mettilo via o ti farai male, ragazzo. Rischi solo di cavarti un occhio.»

Ombra gli ringhiava contro, ma non sembrava voler osare attaccarlo. Era anche spaventata, come se finalmente avesse compreso la reale natura angelica e demoniaca dell'intruso, anche se Lucifero non voleva far del male al suo padrone.

Β«V-Vogliamo provare?Β» ribattΓ© Dario, in un fugace, ma incerto, impeto di spavalderia. Β«Non ti avvicinare! Ti avverto, se fai un passo, i-io...Β»

Β«... mi colpisci con l'attizzatoio sul naso?Β» terminΓ² al suo posto Lucifero, tranquillo. Β«Fidati, se avessi voluto farti del male, avrei giΓ  agito e tu neppure avresti avuto il tempo di rendertene conto. Vengo in pace, non ho intenzioni cattive. Posa quell'affare, avanti.Β»

Dario scosse la testa con decisione, anche se tremava come una foglia. Non era sicuro che avrebbe fatto in tempo a sbloccarsi se quell'individuo, chiunque egli fosse davvero, avesse provato ad aggredirlo.

Per un breve, terribile momento, lo sfiorΓ² il sospetto che in realtΓ  si trattasse di... Lui. Sotto mentite spoglie, certo, ma sempre Lui.

Era accaduto giΓ  una volta, ecco perchΓ© si ritrovava a fare l'eremita, eppure forse Lui lo aveva trovato, aveva ripreso a dargli la caccia per finalmente portare a termine ciΓ² che aveva iniziato molti anni prima.

Non che gli importasse di vivere o morire, ma se fosse successo qualcosa a lui, poi chi avrebbe avvertito i suoi genitori? Chi li avrebbe protetti anche a costo della vita?

Prima ancora di capacitarsi di cosa stava dicendo, disse, con voce rotta, quasi sul punto di piangere per via dei nervi ormai da molto a pezzi: Β«S-Se sei qui per uccidermi... t-ti prego, non fare del male alla mia famiglia. Risparmia almeno loro. N-Non c'entrano niente, Γ¨ solo colpa miaΒ». Le mani gli tremavano tanto che era un miracolo che riuscisse ancora a reggere l'attizzatoio fra le dita. Β«Ammazzami e facciamola finita! Che sia almeno indolore! Sono stanco di soffrire, va bene?!Β»

Lucifero, vedendolo così atterrito e a pezzi, capì che c'era molto che lui e Michele non sapevano, che era accaduto dell'altro da quando quell'uomo aveva iniziato a indagare sull'Uomo dagli Occhi Gialli, chi loro sapevano essere in realtà Grober. Era successo eccome qualcosa e il risultato di tali eventi era culminato nella creatura spaventata e alla deriva che stava osservando.

Β«Non sono luiΒ» lo apostrofΓ² deciso, seppur calmo. Β«So di cosa, anzi di chi parli, ma non sono lui. Ti ho giΓ  rivelato la mia identitΓ , Dario, e una diceria su di me Γ¨ vera: non sono orribile come mi dipingono.Β» SollevΓ² lentamente una mano e la tese verso il mago per indicare l'attizzatoio. Β«Ora, per favore, puoi metterlo via? Non che potrebbe farmi chissΓ  quanto male, ma non Γ¨ un granchΓ© parlare a qualcuno con una punta acuminata puntata in faccia.Β» Di solito si atteggiava da spaccone ed era ritenuto tale pressochΓ© da tutti, ma v'erano occasioni in cui poteva concedersi di metter via certi atteggiamenti e comportarsi in maniera ragionevole.

Dario, dopo un po', si convinse e abbassΓ² l'arma improvvisata, senza tuttavia lasciarla andare del tutto. Era ovvio che non si fidasse fino al punto da rinunciare a una qualche protezione.

«N-Non esistono certe cose» mormorò, più a se stesso che a Lucifero. «Dio è una menzogna, così come... il Paradiso, l'Inferno e tutte quelle sciocchezze. Nessuno, a memoria d'uomo, è mai riuscito a provare l'esistenza di...»

Β«Conosci l'Ordine dei Cacciatori?Β» lo interruppe Lucifero.

«Beh, sì. E allora?»

Β«E allora il loro capo supremo Γ¨ proprio l'arcangelo Michele. A giudicare dalla tua espressione, non conoscevi i dettagli sui Cacciatori fino in fondo.Β»

Carvajal storse le labbra in una smorfia. Β«Non mi stanno granchΓ© simpatici, a esser sincero. Non mi piace il modo in cui operano e amministrano quella che secondo loro Γ¨ la giustiziaΒ» replicΓ² schietto.

«Sì, in effetti a volte il loro comportamento suscita molta perplessità, ma non sono così male, credimi. Se ho ben capito... sei reduce da un bel po' di guai. Non hai mai provato a chiedere loro aiuto?»

Β«Certo che no.Β»

Β«PerchΓ©?Β»

Β«Nessuno ha mai voluto prendermi sul serio. Persino la mia famiglia pensava che oramai stessi dando i numeri. Glielo leggevo negli occhi.Β»

Non pensava avrebbe mai scordato il modo in cui sua madre e suo padre avevano cominciato a guardarlo, quando pensavano di non esser visti. Con quel misto di preoccupazione e compassione che si rivolge a qualcuno che ha ne ha vista una di troppa, uno che ormai aveva perso il senno e cercava di giustificare con storie bizzarre la grave perdita subita. Solo la preside della scuola dove aveva lavorato anni e anni prima gli aveva concesso il beneficio del dubbio, un minimo di fiducia. In quanto all'Ordine... beh, non si poteva definire i Cacciatori le persone migliori cui rivolgersi quando si era nei pasticci. Non erano bravi ad ascoltare, spesso liquidavano molti problemi come delle semplici sciocchezze e... a detta di alcuni, tendevano a chiudere non uno, ma entrambi gli occhi, quando magari a fare qualcosa di male, a infrangere la legge, era un loro collega. Non che fossero corrotti nel vero senso della parola, ma... quasi.

Come avrebbe mai potuto dire a quella gente di aver suscitato l'ira e le crudeli attenzioni di un essere che, secondo le attuali classificazioni degli spettri e delle entitΓ , non esisteva o risultava anomalo? Lo avrebbero solo preso per matto, come avevano fatto tutti gli altri.

Β«Io ti credoΒ» disse Lucifero. Β«E penso anche di sapere che cosa hai cercato di affrontare, quali segreti hai tentato di riportare in superficie. Non Γ¨ un rimprovero, ma... sei stato imprudente e avventato. Ho ragione di credere che non ti sei rivolto piΓΉ ai Cacciatori anche per altri motivi, giusto?Β»

«Sì» replicò il mago, rauco.

Β«Dalle informazioni che ho a mia disposizione mi risulta che tu abbia cercato in ogni maniera di arrivare agli archivi proibiti dell'Ordine. Speravi di trovare qualcosa in quei fascicoli, immagino.Β»

Β«Come fai a sapere tutte queste cose di me?Β»

Β«Ripeto: sono il Diavolo e ho i miei contatti. So anche leggere nella mente delle persone, ma ho preferito evitare di spaziare nella tua.Β»

Β«E perchΓ© mai?Β»

«È da villani e a molti non piace che io lo faccia, perciò se posso evito di ricorrere al mezzo in questione. Corrisponde a violare l'intimità del prossimo e mi definisco un gentiluomo, da questo punto di vista.»

Dario fece un respiro profondo e si passò due dita sugli occhi. «Poniamo che io decida di crederti, di credere che tu sia davvero chi dici di essere e che non hai intenzioni cattive... perché tanto interesse per me? Per uno come te un essere umano qualsiasi è pari a una formica. E poi come fai a essere così sicuro di sapere su cosa stavo indagando? Da dove hai preso tutte queste informazioni? Non mi basta che tu risponda semplicemente di avere i tuoi contatti. È di me che stiamo parlando, no? Ho il diritto di sapere.» La situazione era talmente paradossale che non sapeva se ridere istericamente o meno. O era davvero impazzito, come tanti gli avevano detto, oppure era tutto vero. Fra le due opzioni, non sapeva quale fosse la più disarmante e terribile, e poi... non voleva più saperne niente di quell'essere, non voleva più aver a che fare con spiriti malvagi e stralci di verità che fino ad allora lo avevano condotto solamente a vicoli ciechi.

Era stanco, ecco perchΓ© se n'era andato. Stanco e spaventato.

Lucifero sospirΓ². Β«Diciamo che le tue indagini hanno suscitato l'attenzione dei piani alti dell'Ordine e non solo. Michele, venendo a sapere di cos'era accaduto fra te e quella creatura in quella scuola, insieme a me Γ¨ arrivato a una precisa conclusione e fidati... Γ¨ peggio di quel che potresti credere. Le informazioni su di te sono raccolte nel tuo Corso della Vita, evento per evento.Β»

Β«Il mio cosa?Β»

Β«Corso della Vita. Una serie di documenti su ogni singolo essere umano che riassumono in maniera molto dettagliata la vita di tutti voi, le vostre esperienze, i vostri ricordi, i vostri segreti, dai piΓΉ innocenti a quelli piΓΉ inconfessabili. Di solito il Corso della Vita di una persona viene gestito e tenuto in ordine dal suo Angelo Custode, ma... io e Michele abbiamo realizzato che sembri non averne mai avuto uno e ciΓ² Γ¨ anomalo.Β»

Dario sollevΓ² la mano libera e malferma, scuotendola. Β«V-Va bene, fermati qui. N-Non voglio sapere altro. Senti... voglio restarne fuori, d'accordo? Se ho causato un disastro non era mia intenzione e non ne avevo la piΓΉ pallida idea. Mi dispiace aver dato problemi, ma ora Γ¨ finita. Finita sul serio. Non ho un'idea precisa di quanta sanitΓ  mentale mi sia rimasta, ma vorrei conservarne quei pochi brandelli.Β»

L'Angelo Caduto lo squadrΓ² con intensa serietΓ . Β«Mi dispiace dirtelo, ma ormai ci sei dentro fino al collo. Non Γ¨ semplice come credi uscire dalla tana del mostro e tornare alla normalitΓ , Dario. Sicuramente te ne sarai accorto ancor prima che ci incontrassimo. E non ci credo che tu abbia realmente rinunciato a sapere cos'Γ¨ davvero accaduto a tuo figlio e al tuo compagno o perchΓ© sia successo.Β»

«So solo una cosa, va bene? Aveva a che fare con me. L'ho capito quando anche i miei genitori sono stati a tanto così dal fare la medesima fine.»

Β«Quindi... hai scelto di ritirarti dal mondo nella speranza che nessun altro si sarebbe fatto male? Eppure hai con te un animale, non sei completamente da solo. Una persona come te di certo ritiene la vita di ogni essere vivente importante e preziosa. Non hai paura che possa accadere qualcosa a Ombra?Β»

Carvajal realizzΓ² di esser stato messo all'angolo. Β«E-Era rimasta da sola. Era piccola e affamata, n-non potevo...Β»

Ombra brontolΓ², quasi come a voler rimproverare il padrone per essersi fatto incastrare a quel modo e aver tirato in ballo anche lei.

Lucifero sorrise appena. Β«Avresti potuto lasciarla libera, non appena fosse cresciuta abbastanza da poter cavarsela da sola. Dopotutto Γ¨ un lupo, era selvatica.Β»

«Ci ho provato» replicò brusco il mago, decisamente infastidito. «È stata lei a non voler saperne di unirsi a un branco che era nei paraggi.»

Β«Magari si Γ¨ resa conto che avessi bisogno di un po' di compagnia. Gli animali ne sanno una persino piΓΉ di me.Β» L'Angelo Caduto tacque e osservΓ² l'uomo gettar via l'attizzatoio con aria rassegnata. Β«Beh, che tu sia o meno Lucifero, sappi che arrivi tardi per dare una mano. Mi sono lasciato tutto alle spalle e non intendo tornare sui miei passi. Non mi importa se ci sono dentro fino al collo. Qui Γ¨ la mia mente che urla a squarciagola di non poter tollerare oltre certe assurditΓ .Β»

Lucifero si carezzò lo scuro pizzetto come sempre faceva quando rifletteva e passava in rassegna le varie possibilità che gli si presentavano di fronte. «»Mhm... assurdità, dici. Ti sei sentito ripetere questo termine per diverso tempo, vero?»

Vide qualcosa cambiare nell'espressione del mago e riflettersi nei suoi occhi ora velati di guardinga inquietudine. Β«Pardon?Β»

L'altro, dunque, distese a mezz'aria una mano e sul palmo rivolto verso l'alto si materializzò un fascicolo immacolato che altro non era che il Corso della Vita di Carvajal. Lo aprì e schiarì la voce. «Qui viene affermato che quando eri un bambino fossi dotato di un'immaginazione davvero fervida rispetto alla media. Sembra che riuscissi a sognare mondi e creature bizzarre, realtà dove tutto addirittura pareva essersi ribaltato e...», si bloccò. Non aveva letto proprio tutto il documento e rimase lievemente di stucco non appena si soffermò su un'altra frase del resoconto che, solo allora che era stata inserita nel quadro complessivo, gli parve decisamente sospetta. «Specchi che, se attraversati, conducevano in altri mondi» terminò a voce più bassa, il viso fattosi inespressivo. I suoi pallidi occhi cerulei guizzarono nuovamente sull'ex-insegnante. «Che cosa intendevi dire, precisamente, con questa affermazione? Cosa vedevi in quei sogni?»

Dario inarcΓ² un sopracciglio e stirΓ² le labbra in un forzato e sarcastico sorriso. Β«Desolato, ma sai com'Γ¨... ho duecentoventiquattro anni e non posso ricordare ogni singolo dettaglio di un'infanzia ormai ben lontana e superata.Β»

Β«Niente scherzi, Γ¨ importante.Β»

Β«Lo ripeto: non me lo ricordo. Sognavo le peggiori balordaggini esattamente come tutti i ragazzini della mia etΓ .Β»

Lucifero respirΓ² a fondo e lesse di nuovo. Β«Avevi anche un amico immaginario, eh?Β» Le coincidenze non esistevano o erano estremamente rare, nessuno meglio di lui poteva saperlo, e quella non era una coincidenza, non considerando cos'era poi accaduto al piccolo Diego.

Carvajal contrasse la mascella. Β«I miei genitori cambiavano continuamente residenza e io dovevo seguirli. Non facevo in tempo a fare amicizia con altri della mia etΓ  che dovevamo sempre andare altrove per un motivo o l'altro. Ero solo, non ho mai avuto dei fratelli e mi sembra logico che cercassi di compensare la solitudine con qualcuno che esisteva solo nella mia immaginazione.Β»

Β«Immagino che u non ricordi neppure questo amico immaginario.Β»

Il mago serrò le palpebre brevemente, esasperato. «Certo... che... no!» scandì secco. «Cos'è ora questo morboso interesse per le fantasie di un marmocchio? Diamine, qui stiamo superando ogni limite! Queste sono teorie della cospirazione tra le più ridicole che abbia mai udito!»

Lucifero dovette concludere che il suo interlocutore era sincero e non stava mentendo nΓ© omettendo dei dettagli. Dimenticava che la memoria umana fosse di molto piΓΉ limitata e a breve termine rispetto a quella di esseri come lui. Richiuse il fascicolo. Β«Bene, allora. Ora verrai con me, visto che ti piace il gioco duro.Β»

Dario strabuzzΓ² gli occhi. Β«Eh?!Β»

L'Angelo Caduto contΓ² fino a dieci, ma al cinque non ce la fece a tacere: Β«Ti ha forse sfiorato il dubbio che, ad esempio, quell'amico immaginario che avevi da bambino fosse lo stesso che poi ha dato il tormento a tuo figlio e a uno studente della scuola dove lavoravi?Β»
Per quanto potesse essere un'ipotesi azzardata, al tempo stesso aveva senso. Se solo avesse potuto saperne di più avrebbe osato fino in fondo con le ipotesi, ma quello zuccone affermava di non ricordare niente o quasi della propria infanzia. Si morse il labbro inferiore. «Ricordi cosa ho detto poco fa? Te la sentiresti di permettermi di spaziare per un paio di minuti nella tua mente e nei tuoi ricordi? Sono ancora lì, da qualche parte, anche se sepolti in profondità. Aspettano solo di essere riesumati.»

«I-Io non so se sia una buona idea.» Non per niente, ma a Dario non garbava granché la prospettiva di consentire a Lucifero di farsi un bel giro nei suoi ricordi che, in nome dell'ovvietà, erano strettamente personali e privati, alcuni imbarazzanti. Lì dentro era contenuta tutta la sua vita.

L'altro parve capire subito cosa stava pensando e sbuffΓ². Β«Oh, suvvia, non fare la verginella pudica! Sono il Diavolo, no? Non immagini neanche quante ne abbia viste e sentite da quando esisto! Credi sul serio che mi importi dei tuoi segreti piΓΉ confidenziali e scabrosi? Roba da marmocchi.Β»

Β«Beh, importa a me, francamente!Β»

Lucifero, notando che le gote del mago avevano assunto una curiosa e tenute tonalità color papavero, sogghignò. «Oh, abbiamo a che fare con un malandrino, a quanto pare» buttò lì.

«N-Non... io... ecco... oh, insomma, sono affari miei!» squittì Carvajal.

Β«PerciΓ² non ti interessa di far luce su certe faccende?Β»

«Esatto! Proprio così!»

L'Angelo Caduto sospirò e con magistrale naturalezza finse di arrendersi. «E va bene. Se pensi di poter andare avanti così, nascondendoti come una marmotta nella tua tana fino alla fine dei tempi, padrone di farlo.» Si strinse nelle spalle. «A questo punto torno alle mie occupazioni. So riconoscere una causa persa quando ne vedo una, d'altronde.»

La strategia funzionΓ² visto che quando si trovava sul punto di uscire Dario lo richiamΓ² e raggiunse. Β«Va bene! Va bene, fallo!Β» esclamΓ². Β«Sappi, perΓ², che si tratta di puro e semplice interesse accademico! E guai a te se oserai curiosare in ricordi che non c'entrano niente con quel che stai cercando!Β»

Lucifero sorrise tra sΓ© vittorioso e richiuse la porta. Con una piroetta tornΓ² a guardare Carvajal.Β 

«Ora sì che ragioniamo. Prometto di non essere troppo invasivo.»

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