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Quando finalmente giunse di fronte al castello, trovΓ² ad attenderlo un profondo fossato che attorniava la fortezza e la rendeva piΓΉ difficile da penetrare. Dante fece avanzare adagio il cavallo e poi lo fece fermare. GuardΓ² in alto. La pioggia che aveva sostituito la neve era altrettanto gelida, pareva filtrare fin dentro le ossa, pungeva con lo stesso impegno di mille aghi appuntiti. Scendeva anche sul cacciatore, scivolando in rivoli simili ad acqua nera lungo la fronte, gli zigomi e il naso diritto. Gli bagnava la lunga treccia che pendeva da una spalla, la divisa che la gente di Thelsa era stata tanto cortese da riparargli in seguito allo scontro con le Fiere.Β 

Vide un soldato affacciarsi da un bastione. «Voialtri, lassù!» disse a voce molto alta, gridando, anzi, per coprire lo scrosciare furioso dell'acquazzone. «È qui che risiede Sir Leowan di Zanhaarg?»

Β«Chi Γ¨ che vuole saperlo?Β» chiese a sua volta la vedetta, sporgendosi.

«Sono uno dei due cacciatori che si sono occupati delle Fiere che stavano terrorizzando Thelsa e i limitrofi villaggi. Suppongo che il vostro signore voglia sapere i dettagli. È stato il capovillaggio a consigliarmi di venire fin qui per conferire con Sir Nymred!»

Il soldato pareva indeciso, ma alla fine si convinse e gli disse di attendere. Qualche minuto dopo il ponte levatoio venne lentamente calato e infine si piantΓ² nel terreno con un sordo boato. Il cavallo arretrΓ² di qualche centimetro prima di venir spronato dal suo cavaliere e avanzare con fierezza sul ponte.

Entrarono nel cortile interno e Dante scese a terra, conducendo il destriero. Venne fermato da un gruppo di guardie, ma la vedetta, ancora sul bastione, intervenne e spiegò la situazione ai commilitoni. Due di loro si decisero ad accompagnare Dante dal loro signore e lui, trattenendo un ghigno di spudorata vittoria, li ringraziò con un vellutato tono di voce e li seguì docilmente; passarono di sala in sala fino a giungere in una, in particolare, dove il lusso si sprecava. Si trattava di un elegante e grande soggiorno disseminato di tendaggi sopraffini, mobili di legno pregiato, ritratti dei predecessori di Sir Leowan, teste di animali impagliati e un mastodontico caminetto di roccia nera che avrebbe potuto ospitare un ragazzino di media statura, per giunta in piedi.

Le fiamme spandevano rossi bagliori sul tappeto riccamente decorato e intessuto.

Per un attimo lo sguardo di Dante cadde sulla testa impagliata di quella che era senza dubbio una volpe, e per ovvie ragioni si sentì profondamente coinvolto e di fronte a un affronto.

Odiava chi uccideva gli animali per divertimento. Avrebbe proprio voluto vedere se lui avesse iniziato ad ammazzare Efialti casualmente tendendo loro agguati nei boschi.

Trasferì l'attenzione sulla figura in piedi che si stava avvicinando. L'aura era di tonalità viola, molto scura per la verità, e in generale quello era un coloraccio.

Molta gente avvolta nel medesimo alone si era rivelata, in passato, meschina, crudele e viscida.

Doveva essere Sir Leowan e Dante non si stupì nel constatare che non eccelleva in quanto ad altezza e robustezza. Era pur sempre vero che chi aveva mancanze in quanto a prestanza fisica, spesso compensasse tali pecche con un ego smisurato.

Capì che doveva esser davvero giovane quando lo sentì parlare: «Mi hanno detto che desideravate parlare con me» esordì il feudatario. «Posso chiedervi, prima, con chi ho il piacere di conferire?»

Con la tua fine, piccolo bastardo, pensΓ² biecamente Dante mentre faceva un rispettoso inchino. Β«Sono Dante Evergard dell'Ovest, signore.Β»

Sir Leowan annuì lentamente e squadrò con aria furbesca il cacciatore. «Evergard, dite? Non sarete forse un parente dei vostri omonimi che governano da secoli il regno di Elgorad, per caso?»

Dante annuì e schiarì la voce. «Di solito non lascio che il titolo affibbiatomi preceda il mio nome. Preferisco l'anonimato, se e quando ciò è fattibile.»

Β«Dunque non Γ¨ previsto che vi faccia la riverenza?Β»

Β«Assolutamente no. Non vi scomodate.Β»

Nymred passeggiava per la stanza e non perdeva di vista neppure per un istante l'inatteso ospite. Β«Toglietemi una curiositΓ : Γ¨ vero ciΓ² che si dice sul vostro conto?Β»

Β«Ovvero?Β»

Β«Alcune voci, sicuramente malevole, raccontano che voi siate in realtΓ  nato dopo che vostra madre giacque con un demone o roba simile, cosa che, sempre secondo le dicerie, spiegherebbe le vostri doti fuori dal comune, doti che vanno al di lΓ  di quelle di qualsiasi altro Efialte.Β»

Questa mi giunge nuova, pensΓ² Dante, senza sapere se incazzarsi o scoppiare a ridere di gusto. Mamma, che cavolo combinavi prima che nascessi io?

Β«Che io sappiaΒ» replicΓ² tranquillamente, Β«mia madre giacque solo e unicamente con mio padre per generare me. Non ho sangue demoniaco nelle vene, temo, e in quanto alle mie doti sovrumane... beh, non serve dire che la gente tende a ingigantire qualsiasi cosa e a far sembrare un granello di sabbia un enorme masso!Β»
Ora sì che le aveva sentite tutte sul proprio conto e sapeva che se avesse raccontato a sua madre di quella ridicola voce, lei si sarebbe piegata in due dal ridere fino all'anno seguente. Di fronte a ridicole balordaggini reagiva sempre con filosofia e a cuor leggero.

«È un peccato» concluse Sir Leowan. «Sareste stato più interessante e sarei persino potuto passare sopra il dettaglio che venite dall'Ovest. Senza dilungarmi troppo, non mi vergogno ad affermare di non provare grande simpatia per la gente di quei territori.»

Β«Sentirlo mi rattrista, ma apprezzo la vostra onestΓ .Β»

Β«Dunque? Di cosa volevate parlarmi?Β»

Dante cercΓ² di mantenere la facciata. Β«Volevo chiederviΒ» disse, avvicinandosi lentamente, Β«con quale coscienza avete lasciato che Thelsa e altri villaggi pieni di persone innocenti venissero presi d'assalto e decimati da un branco di Fiere scese a valle dalle montagne e dai boschi. Non era forse vostro compito occuparvi della sicurezza delle terre che avete ereditato da vostro padre?Β»

Avvertì, con gran soddisfazione, un moto d'ansia crescere in Sir Leowan, il quale comunque non arretrò. «Esistete voi cacciatori per questo genere di faccende» replicò a tono. «E non c'era per me una ragione valida di sacrificare non so quanti soldati per domare quelle Fiere. Prima o poi si sarebbero di certo stancate e sarebbero tornate da dov'erano venute.»

«Certo, dopo aver fatto razzia di anime, però, sbaglio? Vite innocenti stroncate per un vostro capriccio, anzi per la vostra negligenza. Fra le vittime c'erano ragazzi e bambini che avevano tutta la vita davanti. Lo capite questo?» lo rimbeccò Dante, il tono di voce che andava facendosi sempre più simile a un ringhio ferino. I suoi sensi erano al massimo, gli accadeva spesso quando era arrabbiato oltre ogni misura, e per questo riuscì a captare in anticipo la chiara volontà del giovane signore di richiamare le guardie. Sentì le sue labbra schiudersi, il respiro accumularsi per dare fondo alla voce, e agì rapidamente coprendogli la bocca con una mano e serrando le dita dell'altra attorno alla sua gola. «Provate a urlare e vi spezzo il collo come se fosse un ramoscello» sibilò. L'altro annaspò ed Evergard non poté negare di provare una punta di malevola soddisfazione nell'udire tale suono.

Spinse via il giovane, facendolo cadere sul tappeto. Β«Un mio caro amico e collega ci ha rimesso la vitaΒ» continuΓ². Β«Io sono rimasto ferito, ma lui...Β», serrΓ² i pugni, le mani che tremavano. Β«Sono rimasto incosciente per giorni, ma mi sono fatto raccontare tutto quanto dal guaritore che ha cercato invano di salvarlo, e c'ero quando quelle bestie gli si sono avventate addosso, quando lo hanno trascinato per una gamba in mezzo al branco e stavano per far scempio del suo corpo.Β»

La collera aumentava in lui come una marea, come lava prossima a fuoriuscire da un vulcano in attivitΓ . Sir Leowan era paralizzato e negli occhi azzurri e pieni d'odio dell'uomo scorgeva solo un istinto assassino prossimo all'esser soddisfatto.

Avrebbe voluto scappare o almeno gridare per ottenere soccorso, ma la voce non riusciva a superare le sue labbra. Qualcosa in Evergard lo annichiliva e riduceva al silenzio, all'immobilitΓ , come se si trovasse di fronte alla morte in persona e sapesse di non poter ragionarci in alcun modo.

Β«I-Io... non so cosa direΒ» balbettΓ², rimettendosi in piedi e arretrando.

Dante restrinse lo sguardo. «Si chiamava Kellen Hirsch. È morto dopo tre giorni di agonia, annientato dal veleno di Fiera e dalle ferite profonde che aveva riportato. Le tossine si sono espanse rapidamente nel suo corpo, vista la quantità di morsi e di punture ricevute. Mi hanno detto che è stata un'emorragia a ucciderlo: ha iniziato a sputare sangue e quando gli si è chiusa la gola perché il veleno aveva paralizzato i suoi polmoni, quella poltiglia rossa di saliva e linfa lo ha fatto soffocare. Un uomo che valeva cento volte voi si è lasciato dietro due genitori e una sorella che si sentiranno morire dal dolore quando verranno a sapere tutto questo!» Avanzò ancora. «E voi non sapete neanche cosa dire? Voi, vigliacco irresponsabile, trascorrete le giornate ad oziare, a schiacciare con le tasse la povera gente e in cambio neanche vi disturbate a difendere dei villaggi sotto la vostra protezione, quando hanno sul serio bisogno di aiuto!»

Non meriti di vivere, pensΓ² Evergard. L'odio cresceva, divampava, ma c'era anche il dolore per la morte di Kellen, per tutto ciΓ² che avrebbe voluto dirgli la mattina in cui erano andati a caccia. CiΓ² che invece non aveva avuto il coraggio di rivelare e affrontare perchΓ© aveva pensato, poi, a che razza di vita sarebbe stata quella di Hirsch accanto a uno come lui. Era stato quello a frenarlo: la speranza che Kellen potesse trovare una persona migliore e degna del suo affetto.

Io lo amavo.

Quel pensiero, al momento, era logorante. Lo aveva perseguitato per giorni dopo che si era ripreso e aveva scoperto che Kellen era morto.

Lo amavo e non potrΓ² mai dirglielo per colpa tua, figlio di puttana.

Poco importava quanto accaduto negli anni precedenti a quello. Sapeva di aver avuto molte occasioni per rivelare i propri sentimenti a quell'uomo, e di aver sprecato le ultime in assoluto negli ultimi due giorni di vita di Kellen, ma come avrebbe mai potuto immaginare che lui sarebbe venuto a mancare a quel modo? Quand'erano partiti si era crogiolato nella stupida sicurezza che ne sarebbero usciti vivi, come al solito, come era giΓ  accaduto in guerra. Si erano conosciuti molti anni prima proprio quando erano andati a combattere nel conflitto che aveva coinvolto l'entroterra del continente, e poi erano tornati insieme a proseguire gli studi di magia.

Non era arrabbiato e basta, non era semplicemente affranto. Era il suo cuore a essersi spezzato, a esser andato in mille pezzi, e lui al dolore, purtroppo, aveva sempre avuto la pessima abitudine di reagire con la rabbia e l'aggressivitΓ . PiΓΉ soffriva piΓΉ bramava la sofferenza altrui, anche se non degli innocenti. Il bene e il male, per il momento, sapeva ancora distinguerlo.

Sir Leowan finì per inciampare nel tappeto. Tremava come una foglia.

Dante si fermΓ² di fronte a lui. Β«Quando sarete morto, dite pure che Γ¨ stato un uomo dell'Ovest ad avervi mandato all'inferno.Β» Fu veloce, rapido come una scheggia: sguainΓ² la spada, la fece velocemente roteare nella mano e poi, con un movimento fluido e preciso del braccio, calΓ² il filo della lama sul signore del castello, decapitandolo in un colpo solo.Β Β 

Dopo esser entrato, senza farsi notare, aveva bloccato con la magia l'accesso alla sala. SpezzΓ² l'incantesimo e fu allora che le guardie irruppero ed ebbe inizio la parte divertente.Β 

Β«Com'Γ¨ finita, dunque?Β» Lytha si sedΓ© nella tavola dell'ampia cucina dove le spezie si alternavano a erbe mediche e dalle proprietΓ  magiche. Pur essendo una regina, abitava in una piccola villa come molte altre donne e si comportava come tante altre madri quando poteva godere della compagnia del suo unico figlio.

Aveva appena terminato di medicarlo per bene, visto che la ferita inferta dalla Fiera era sì stata neutralizzata in quanto a tossicità, ma si era infettata a causa della spaventosa e testarda incuria di Dante, il quale, intanto, si era confidato con lei circa gli ultimi avvenimenti di quella lunga settimana.

«Ho affrontato i soldati e... è successo ancora. È come se avessi perso la ragione in quel momento. Lottavo, uccidevo e non riuscivo a frenarmi. Più sangue spargevo più volevo continuare a farlo.»

La donna deglutì. «Li hai uccisi tutti?»

«Sì, credo. Adesso Thelsa e gli altri villaggi sono centri cittadini indipendenti. Ora che hanno sicuramente a disposizione le ricchezze di quel bastardo, forse potranno...», Dante si interruppe quando la madre gli assestò una secca schicchera in fronte. «Linguaggio!» gli disse severa. «Non osare esprimerti in quel modo alla presenza di tua madre, giovanotto!»

Β«Ma che ho fatto?Β» borbottΓ² Dante, massaggiandosi il punto colpito. Lytha, se voleva, sapeva come fare male e odiava le parolacce.

Β«Sei peggio di tuo padre quando si tratta di dar fiato alla bocca! Aries aveva la linguaccia di un marinaio e tu... beh, lo stesso!Β» Lytha sbuffΓ² sonoramente. Β«Bene, dunque?Β»

Β«Staranno bene, ma Merbemar mi ha sconsigliato di tornare a Thelsa. Credo sia stato perchΓ©... al mio ritorno ho consegnato loro la testa di Sir Leowan.Β»

Β«TU HAI FATTO COSA?!Β» esclamΓ² querula la donna. Β«DANTE YARDEN EVERGARD!Β»

Il figlio della donna divenne rosso in faccia. Odiava quando sua madre chiamava in causa persino il nome per esteso. Β«Lo so che ho fatto una cazzata.Β»

Β«LINGUAGGIO!Β»

Aiuto.

Dante era tentato di sgattaiolare via, e lo fu ancora di piΓΉ appena Lytha si gettΓ² a capofitto nello sciorinargli una paternale coi fiocchi, facendogli metaforicamente il pelo e il contropelo. Dopo un po' dovette smettere di ascoltarla e si trattenne per un soffio dal coprirsi le orecchie. Il suo udito era piΓΉ sensibile rispetto alla norma per via della cecitΓ  compensata con lo sviluppo superiore degli altri quattro sensi, perciΓ² non era piacevole sentire sua madre strillare e sibilare come un'oca inferocita.

Estraniandosi dal monologo, però, finì per tornare a pensare a Kellen, e Lytha, capendo che non lo stava a sentire e notando la sua espressione abbattuta, decise di smetterla e fece un respiro profondo.

«So che stai male per cos'è successo a lui e se ti conosco come credo di conoscerti dopo averti portato dentro di me per mesi e averti messo al mondo, so che non te la saresti presa fino a questo punto se Kellen non fosse stato realmente importante ai tuoi occhi» disse affranta. «Però, Dante, io e tuo padre ti abbiamo sempre ripetuto che con la violenza non si risolve una tragedia. È ciò che invece la fa espandere come un'infezione. Non credo che ora tu ti senta meglio dopo aver ucciso quelle persone, no?»

Lui tacque, poi: «È qui che ti sbagli» confessò con un filo di voce. «Non provo rimorso né rimpianto. Non sento... non sento niente, mamma. Provo solo ancora rabbia, come se neanche uccidere avesse placato la mia anima.»

Lytha ammutolì e per un po' non disse niente. «Di Sir Leowan non mi importa nulla in sé per sé. Il punto, Dante, è che di questo passo troverai sul tuo cammino, un giorno, le Tenebre ad attenderti. E se non farai attenzione, figlio mio, ti stringeranno nel loro abbraccio, e credimi... non lasciano mai andare chi scelgono di avere come loro schiavo.»

Eppure a Dante, al momento, non importava di quel rischio che in fin dei conti correva sin dalla nascita. Era naturalmente predisposto alle Tenebre. «Tu cosa hai provato quando papà morì?» chiese flebilmente.

Lytha non resisté e gli accarezzò il viso. «Esattamente ciò che adesso vedo riflesso nei tuoi occhi. Lo sai meglio di me cosa provai. Lo provi adesso e vorrei poter dirti che il dolore un giorno sparirà, ma non è così che vanno queste cose. Ti abituerai solo alla sua presenza, diventerà parte di te, ma non dovrai permettergli di divorarti completamente. Non negarti l'amore che potresti ancora ricevere e dare.» Forse l'unico problema di suo figlio era che non aveva mai ricevuto da parte degli altri amore o rispetto, ma solo diffidenza e malcelato disprezzo, a volte paura per via di ciò che era e che poteva fare. L'amore di una famiglia, a un certo punto della vita, non era più abbastanza. Ci voleva qualcos'altro, e quel qualcos'altro sempre era stato negato a Dante.

Ricordava ancora i primi tempi dopo che erano giunti nell'Oltrespecchio. Ricordava di aver stretto a sΓ© molte volte suo figlio mentre alcuni, anche facenti parte del loro clan, lo definivano un mostro, un demonio incarnato, e tutto a causa di capacitΓ  che non era stato lui a chiedere di avere.

Sperava solo che un giorno tutta quella sofferenza avrebbe prodotto altrettanta gioia. Che le lacrime si sarebbero trasformate in sorrisi e il dolore in felicitΓ . Cos'altro poteva desidera una madre per suo figlio?

Lo vide scoppiare in lacrime, ripetere che Kellen gli mancava, di non farcela a tollerare quel che sentiva dentro di sΓ©. Lytha non disse niente, non c'era nulla da dire che potesse alleviare l'angoscia di Dante, perciΓ² lo strinse a sΓ© in silenzio e provΓ² a farlo calmare, sperando che il filtro che gli aveva fatto bere facesse effetto. Doveva riposare e non poteva tornare dall'allievo, presentarsi a un ragazzino di sette anni, con quell'aspetto da morto vivente che aveva al momento.

Non era mai stato uno a cui piaceva dormire e restare senza far niente, ma quando era troppo era troppo.

Appena la crisi di pianto si fu fatta meno intensa, lo fece alzare e lo scortΓ² nella stanza che ancora gli apparteneva ed era solito usare quando andava a trovarla per qualche giorno e aveva nostalgia di casa.

Non capisco perchΓ©, anche quando tu provi a fare del bene, tutto ti si ritorca sempre contro.

Si sedé sul bordo del letto, decisa a restare lì finché non l'avesse visto addormentarsi. Mentre aspettavano che il filtro facesse effetto, la donna alla fine parve decidersi a fare qualcosa e si portò le mani sul retro del collo, aprì la chiusura della catenella che portava da molti anni e si rigirò fra le dita il ciondolo. Era un autentico cimelio, glielo aveva dato sua madre dopo il matrimonio con Aries. Lo aprì e delicatamente sfilò dalle due cornici i minuscoli ritratti che raffiguravano fedelmente suo figlio da piccolo e suo marito, il suo forte, testardo e valoroso Aries. Li mise in una tasca dell'abito spartano e comodo che indossava, poi mise in mano a Dante il ciondolo d'argento cesellato. «Quando troverai le persone più importanti per te al mondo, qui dentro potrai sempre custodirle in qualche maniera e averle vicine anche se saranno lontane. Tua nonna me lo diede dopo che mi sposai, proprio mentre io e tuo padre ti aspettavamo con ansia, e adesso voglio che sia tuo. Quando eri piccolo ti promisi che te lo avrei dato, a tempo debito, e credo che il momento sia arrivato.»

Dante cercò di mettere a fuoco il cimelio. «Ma... non posso prenderlo, mamma. È tuo e...»

«E adesso è tuo» lo zittì con affetto Lytha. «Tienilo sempre con te. Ti ricorderà anche la tua casa e la tua famiglia.»

Lui non osò ribattere, sapendo che non c'era verso di farle cambiare idea, e si strinse al petto l'inaspettato dono, pur consapevole che difficilmente, dopo aver perso Kellen, avrebbe osato affezionarsi a qualcuno così tanto da voler conservarne il ricordo dentro il ciondolo. Se ciò che aveva provato e ancora provava per Kellen era l'amore, allora non voleva più averci niente a che fare. Faceva più male che bene, e quando accadeva una disgrazia... lasciava più vuoti che mai.

Non voleva piΓΉ soffrire fino a tal punto. Voleva che quel dolore nel petto si dissolvesse, che sparisse.

L'amore non faceva per lui, non quel tipo di sentimento che legava in particolare due persone e le induceva a stare insieme.

Non appena fu smontato da cavallo, la prima cosa che Dante notΓ² nell'aria fu il silenzio.

C'era troppo silenzio, visto e considerato che in quella casa era presente un bambino particolarmente vivace e chiassoso, ed era pomeriggio, perciΓ² Godric non poteva star dormendo o aver giΓ  cenato ed esser stato messo a letto dalla governante.

Era un silenzio strano, carico di tensione.

Qualcosa non mi quadra, qui.

Procedette lentamente per l'ampio e curato giardino, superò la fontana e infine imboccò il viale che lo condusse ai venti gradini che precedevano il grande portone. Si decise a bussare e non subito vennero ad aprirli. Quando ciò avvenne, tuttavia, lo accolse la governante. «Finalmente siete qui!» esclamò la donna, afferrandolo per i vestiti e scuotendolo. «Signor Evergard! È successa una disgrazia! Una sciagura! Cielo!»

Lui, che mai aveva tollerato di esser toccato quando non lo voleva nΓ© chiedeva esplicitamente, si scostΓ² e risistemΓ² il mantello. LanciΓ² un'occhiata cupa alla governante. Β«Cos'Γ¨ tutto questo biascicare, donna? Di quale sciagura parli?Β» chiese serio.

Β«Il padroncino Γ¨ sparito, signore! Sparito, vi dico!Β»

Fu come se qualcuno fosse giunto alle spalle del cacciatore e gli avesse gettato addosso dell'acqua gelata. Β«Che cosa?Β» chiese in un sussurro strozzato. Fu il suo turno di scuotere la donna e lo fece senza la minima ombra di delicatezza. Le mani gli tremavano. Β«Che significa? Parlate o giuro su Rasya in persona che vi faccio parlare a modo mio!Β» urlΓ². Β«Dov'Γ¨ Godric? Cos'Γ¨ accaduto?!Β»

Possibile che avessero perso di vista quel bambino come un branco di idioti? Eppure si era raccomandato con tutti loro, specie con lei, di tenerlo sempre d'occhio e di non lasciarlo mai, mai da solo!
La governante era spaventata e piangeva, cercava di allontanarsi. Β«M-Mi dispiaceΒ» singhiozzΓ². Β«Perdonatemi, vi prego!Β»

«PARLATE, DANNAZIONE!» perse le staffe Dante. «DOV'È IL BAMBINO?!»

Β«V-Voleva stare un po' fuori e... siamo andati insieme al fiume. Non so com'Γ¨ stato possibile! Un attimo prima c'era e poi Γ¨ sparito!Β»

Ci mancΓ² poco che Evergard la lanciasse via. Β«MALEDIZIONE!Β» sbottΓ², furioso e disperato. Β«CAZZO!Β» CamminΓ² avanti e indietro. Β«Quando Γ¨ successo?Β» chiese rauco. Β«Da quanto Γ¨ sparito? Avete provato a cercare nel fiume? Nei boschi qui vicino?Β»

«Sì, signore! Vi giuro che lo abbiamo cercato!»

Β«Quando Γ¨ sparito?Β» ringhiΓ² Dante, simile a una bestia feroce. Β«Quando?!Β»

Β«C-Circa... circa quattro giorni faΒ» balbettΓ² la governante tra i singhiozzi.

Quattro giorni...

In quattro giorni poteva succedere di tutto a un bambino, specialmente uno come Godric che non era avvezzo alla campagna e alle sue insidie, men che meno ai boschi.

In quattro giorni poteva essere morto o sul punto di spirare chissΓ  dove in una buca nel cuore della foresta, giΓΉ per un burrone con il collo spezzato o ucciso da un animale feroce in cerca di carne fresca e tenera.

Se Γ¨ morto, giuro che...

Non doveva pensarci. Non poteva arrendersi. Doveva ritrovarlo, vivo o cadavere che fosse. Lo avrebbe riportato a casa.

È vivo. Dev'esserlo per forza!

GuardΓ² la donna. Β«Torna dentro e di' agli altri di proseguire con le ricerche. Guardate ovunque, mi sono spiegato? Io vado a cercarlo per conto mio.Β»

Non attese una risposta e si fermΓ² accanto al cavallo, ma quando fece per montare in sella... cambiΓ² idea.

Potrei rintracciarlo piΓΉ in fretta e seguire eventuali tracce.

Sapeva di aver promesso a sua madre e a se stesso che mai piΓΉ lo avrebbe fatto, ma quella era un'emergenza, era un'eccezione. Per ritrovare Godric nel minor tempo possibile doveva infrangere la promessa, e lo fece. Dove un'attimo prima c'era un uomo alto e prestante, quello successivo, non appena il vortice di luce rossa si fu arrestato, fece la propria comparsa una belva enorme e dal manto nero, con la coda vaporosa che saettava in qua e lΓ , la testa triangolare dotata di fauci dalle zanne acuminate e due occhi azzurri che rilucevano sinistri.

La Volpe dell'Ovest era tornata, ma conservando stavolta le facoltΓ  mentali dell'uomo che dentro di essa era ancora presente. Fu quella coscienza sempre vigile a indurre la bestia a non esitare un attimo in piΓΉ e a fiondarsi in direzione dei boschi, dando ascolto all'istinto che gli ripeteva che il bambino era fra quegli alberi e aspettava solo di essere salvato.

Di tanto in tanto si fermΓ², cercando in giro con l'olfatto qualcosa che potesse ricondurlo al bambino, e prontamente trovΓ² delle tracce, pur ormai difficili da decifrare e percepire.

Gli animali presenti nel bosco fuggivano al suo passaggio, facendo frusciare gli arbusti e gli alberi. I cervi schizzavano via come schegge, le lepri saltellavano disperate alla ricerca di un riparo, senza sapere che quella bestia insolita che mai si era vista da quelle parti non era lì per cacciare.

Neanche quando il buio della notte spense quel poco di luce solitamente presente nell'Oltrespecchio Dante osΓ² fermarsi. Non volle saperne di riposare e tirΓ² dritto, anche se era stanco e non si era ancora rimesso del tutto dopo la lotta contro le Fiere.

La ricerca, però, terminò non appena la volpe avvertì dei movimenti strani fra gli alberi e si fermò per capire di cosa si trattava.
Udì delle voci, sussurri, poi dal nulla una freccia la colpì alla schiena, causando la fuoriuscita di un uggiolio strozzato. Vennero allo scoperto degli uomini, almeno una decina, e si avvicinarono un po' alla volta. Alcuni brandivano una spada, un paio erano dotati di arco, frecce e faretra. Uno, però, aveva un rotolo di corda fra le mani, e aiutato da altri tre compagni, mentre il resto del gruppo era impegnato nel cercare di gestire la bestia e il suo contrattacco, riuscì a legargli le fauci al volo.

In risposta Dante si infuriΓ² ancora di piΓΉ e diede degli strattoni violenti, scosse la testa e scalciΓ², tirΓ², lanciΓ² alla cieca delle zampate mentre gorgogliava furibondo.

Pensava di essere stato attento, ma si era sbagliato e forse lo avevano individuato, prima, e in seguito avevano deciso di catturarlo e neutralizzarlo.

Β«Mai visto niente di simile!Β» esclamΓ² uno degli uomini, eccitato. Β«Una volpe di queste dimensioni Γ¨ fuori dal comune!Β»

La belva invano cercΓ² di ruggire. Le due mascelle erano bloccate, le impedivano di respirare correttamente. PuntΓ² le zampe anteriori e si rifiutΓ² di seguire il gruppo.

Dove cazzo vogliono portarmi?!

Ne ebbe abbastanza e fece per cercare di togliersi dal muso la corda, ma un'altra fune intercettΓ² la zampa e la strinse in una morsa. Β«Non pensarci neanche, stupida bestiaccia!Β»

La freccia ancora conficcata nella schiena faceva male e sembrava affondare sempre di piΓΉ al minimo movimento.

Β«La uccideremo e poi vedremo cosa farne della carcassaΒ» disse un altro membro del capannello.

Dante, stremato, si arrese e si vide costretto a seguire quella gente. Con la coda bassa, il dolore che si irradiava sul garrese e la ferita sulla spalla che aveva perso i punti di sutura, riaprendosi e ricominciando a sanguinare, non poté che pensare al piccolo Godric e a dove fosse andato a finire. Si chiese se fosse ancora vivo e, se sì, se fosse spaventato, se invano stesse invocando i genitori o persino lui, senza che importasse un bel niente del suo terrore all'aguzzino.

Godric...

L'uggiolio che provenne dalla volpe mascherΓ² quello che in realtΓ  era un disperato singhiozzo.

Se solo non fosse mai partito, Kellen sarebbe stato ancora vivo e Godric mai sarebbe stato rapito. Lui lo avrebbe di certo tenuto d'occhio e subito sarebbe corso in suo soccorso, avvertendo nell'aria un eventuale pericolo, o il minimo grido infantile.

RipensΓ² alla loro ultima conversazione, a come non avesse ricambiato l'affetto del piccolo nei suoi confronti. Era successo lo stesso poi con Kellen.

PerchΓ© faccio sempre gli stessi errori?

Quel pensiero, tuttavia, risvegliΓ² in lui un moto di collera, di brama di rivalsa e ardore.

Sentiva il fuoco irradiarsi al centro del petto, nel cuore, espandersi nelle vene.

Le sue pupille si assottigliarono fino a divenire mezzelune e i glaciali occhi cerulei e a mandorla si piantarono su uno degli uomini che tenevano le corde.

Ne ho abbastanza! Vaffanculo alla promessa!

Si fermò di botto e non badò al dolore, a niente, quando, a furia di spingere, riuscì a strappare la fune che gli serrava la fauci. Dalla sua gola si sprigionò un ruggito da far tremare la terra e quando l'uomo invano cercò di placcarlo da tergo, la sua risposta fu terrificante e rapida: con uno schiocco sinistro spalancò le mandibole e quando le richiuse, fra i suoi denti c'era il cranio ridotto in poltiglia dello sconsiderato. Dante diede un secco colpo di collo e lanciò via il cadavere, sputando fuori le ossa e le cervella.

Ebbe inizio il puro caos, gli furono tutti addosso e lui si difese, lo fece ferocia, come se fosse in guerra e quelli fossero i suoi nemici mortali. Forse la veritΓ  era che non era mai tornato dalla guerra, non davvero, non del tutto.

ResistΓ© ai colpi di spada che di tanto in tanto andarono a segno qui e lΓ  per la sua enorme mole, con delle zampate respinse i dardi che venivano scoccati dagli arcieri e con le zanne fece pentire tutti coloro che si erano arrischiati ad avvicinarsi troppo per affrontarlo di petto.

Lottava e non osava fermarsi, perchΓ© aveva avvertito nel vento un odore familiare, di bambino, e sentiva che Godric era vicino, non doveva far altro che seguire la scia e trovarlo, riportarlo a casa e non perderlo mai piΓΉ di vista nΓ© perderlo in alcun modo e in generale.

Ad alcuni riuscì a staccare con un solo morso la testa dal busto, ad altri strappò un arto, ad altri ancora aprì la pancia in due e lasciò che le interiora si riversassero sul sottobosco che ormai sapeva di muschio, di pioggia recente e di sangue.

Sangue...

Quell'odore gli piaceva, gli dava la carica, lo eccitava. Una sinfonia suadente per le sue orecchie avide di urla di dolore e di terrore.

Ne restava solo uno.

Con una torsione dolorosa e spiacevole del collo flessuoso riuscì ad estrarre dal garrese la freccia, anche se sapeva che non avrebbe dovuto farlo, forse, ma gli dava troppo fastidio. Sputò via l'asta e non si accorse che la punta non c'era, non lo fece finché non percepì qualcosa di appuntito, di metallico e spiacevole sprofondare nel fitto dei muscoli.

Non mi importa.

RicambiΓ² lo sguardo terrorizzato del sopravvissuto.

Corri, coniglietto, corri. Portami alla tua tana.

Furono sufficienti un passo avanti e un ringhio per far scappare a gambe levate il tizio. Dante gli fu alle calcagna e lo seguì, sapendo che l'avrebbe condotto da Godric. Glielo diceva l'istinto di uomo, non di maestro.

Si snodΓ² agilmente fra gli alberi, procedette a balzi, corse come il vento senza mai perdere di vista l'uomo che fuggiva e imprecava.

In lontananza Dante vide una radura e da essa irradiarsi la luce di un falΓ².

Finalmente!

Raggiunse con un ultimo balzo la vittima e al volo afferrΓ² la gola dell'uomo, squarciandola.

Nel momento in cui poi si presentΓ² nell'accampamento, perchΓ© tale era, una visione gli fece ribollire il sangue: tutti erano immobili e lo fissavano, compreso un membro del numeroso assembramento che aveva ancora una mano sollevata a mezz'aria. Ai suoi piedi, con un piccolo braccio a sua volta sollevato a mo' di protezione, uno spaventato Godric che piangeva penosamente.

Fu solo quel suono, quell'unico suono, ad attizzare la rabbia della Feroce Volpe dell'Ovest, la quale ruggì furiosa e si diresse spedita verso l'essere rivoltante che aveva osato alzare le mani sul suo allievo.

Maledetto!

Lo atterrò e gli staccò la testa in un attimo. Alle sue spalle Godric strillò di terrore e corse a rannicchiarsi ai piedi di un albero secolare, nella cavità naturale creata dalle grosse radici, e da lì non osò muoversi. I suoi grandi occhi color malva fissavano la belva, in essi si riflettevano le fiamme del falò.

Non potè non chiedersi quando sarebbe arrivato il suo turno.

Le urla erano agghiaccianti, lo spaventavano piΓΉ della stessa vista di quell'orrendo massacro, e lo spinsero ben presto a coprirsi le orecchie e a chiudere gli occhi. Tutto pur di non vedere la bestia decapitare e smembrare i soldati che cercavano di domarla o ucciderla. Erano loro ad avere la peggio, non importava se la colpivano con le spade o provavano a intrappolarla con delle funi. Si liberava sempre e continuava, animata da un'ira cieca e primordiale.

Poi... poi tutto svanì e un irreale silenzio si espanse nella radura. Il bambino allontanò le mani dall'orecchio e udì solamente un suono: la bestia che ansimava, stremata, e i suoi incerti, possenti passi che sprofondavano nel terreno fangoso.

Godric vide la sua ombra avvicinarsi e poi inglobarlo. SollevΓ² lentamente gli occhi pieni di lacrime, pronto a fare la stessa fine dei suoi rapitori e a non rivedere mai piΓΉ mamma e papΓ  nΓ© Dante.

Dante, aiutami, pensò, scosso dai singhiozzi, tremante come una foglia. Da lì riusciva a sentire il suo fiato caldo, quasi rovente, e il respiro pesante e irregolare.

Non riusciva neppure a guardare bene la testa, talmente la belva era grande e lui, a confronto, un formica.

Eppure non ringhiava, restava immobile, rimase in quel modo finchΓ© non si chinΓ² e accostΓ² il muso.

Il bambino serrò le palpebre, si preparò al morso fatale e si mise con la faccia contro il tronco dell'albero. Sussultò quando i suoi vestiti subirono una tensione e spalancò la bocca non appena capì che si stava sollevando da terra, che levitava a ormai dieci centimetri dal terreno. Fu quasi un istinto innato quello di ripiegare le ginocchia. Sollevò il capo e si rese conto che l'animale lo aveva preso per la collottola, come se fosse stato il suo cucciolo. La volpe fece ruotare a sinistra il capo e poi adagiò sul garrese il bambino che atterrò cavalcioni sul suo manto nero. Le dita di Godric si serrarono sulla soffice e folta pelliccia della bestia. Pareva viscosa e appiccicosa, anche. Ritrasse le mani e vide che erano sporche di rosso.

Sangue. Stava sanguinando.

SollevΓ² di nuovo lo sguardo e incontrΓ² quello della bestia che lo stava guardando a sua volta. Intravide in quegli occhi azzurri qualcosa che strideva con lo stesso concetto di animale. Qualcosa in piΓΉ, di diverso, di familiare e rassicurante. Uno sguardo caldo che luccicava, come se fosse pieno di lacrime non versate. Quelle iridi cerulee parevano sorridergli. Da feroce e impazzita qual era apparsa poco prima, quell'insolita creatura era divenuta mansueta e protettiva.

La sentì gorgogliare debolmente.

Godric finalmente capì. La verità gli piombò in testa come un sasso. «Dante?» pigolò. Era lui. Erano i suoi occhi, quelli. Li avrebbe riconosciuti ovunque dopo un anno intero trascorso a guardarli.

La volpe annuì lentamente e poi, a sorpresa, fece una cosa che il bambino non si sarebbe mai aspettato, specialmente da parte del suo severo e scostante maestro: al volo gli leccò una guancia affettuosamente, la coda impegnata a scodinzolare con eleganza, serpeggiando a mezz'aria in orizzontale.

Dante era tornato ed era giunto fin lì per lui, solo per lui, per salvarlo.

Allora mi vuoi bene!

Il ragazzino sorrise fra i singhiozzi di puro sollievo e avvolse le braccia attorno al collo dell'animale, posando la fronte a ridosso del muso affusolato, e la belva socchiuse gli occhi ed emise un altro basso verso, come a voler rassicurarlo che era lì e non l'avrebbe lasciato mai più da solo.

Mi dispiace di averci messo così tanto, pensò Dante. Ma sei vivo, stai bene, e conta solo questo.

Si chiese se suo padre si fosse sentito a quel modo tutte le volte in cui l'aveva abbracciato e stretto a sΓ© con amore, quello che solo un genitore provava per la propria prole.

Forse sì. Gli piaceva pensare che era la verità.

E adesso torniamo a casa, prima che finisca per dissanguarmi con te in groppa.

Scostò la testa e attese che il ragazzino si aggrappasse a lui. Appena si fu sincerato che Godric non sarebbe caduto durante il viaggio di ritorno, Dante partì.

Aveva riportato svariate ferite in ogni parte del corpo possibile e immaginabile, a parte... beh, quelle piΓΉ sensibili e imbarazzanti.

Almeno per quella volta nessuna donna dei dintorni sarebbe stata in lutto.

Inutile dire che si sentisse uno straccio e che fosse dovuto ricorrere all'estratto di Fiori del Buio per annichilire il dolore.

Il guaritore che i domestici avevano subito fatto arrivare non appena l'avevano visto tornare con Godric, di nuovo trasformato nel solito Dante, e poi crollare nell'atrio come se fosse in realtΓ  morto, gli aveva detto senza mezzi termini di non aver mai visto un uomo piΓΉ sconsiderato e folle. Gli aveva detto che era stato un pazzo ad affrontare uno scontro del genere dopo essersela vista, solo giorni prima, con un branco di Fiere affamate ed esser sopravvissuto per un soffio al loro veleno.

Aveva aggiunto, infine, che di quel passo sarebbe morto di sicuro. Dante aveva risposto che quelli erano i rischi del mestiere e non poteva farci granchΓ©, e l'uomo, capendo con chi aveva a che fare, aveva lasciato perdere, conscio che sarebbe stato meno inutile parlare a un muro di mattoni.

Aveva insistito, tuttavia, affinchΓ© il cacciatore si prendesse almeno tre settimane di riposo, cosa che escludeva altre prodezze ed eventuali viaggi, specialmente se lunghi. Sarebbe stato ancora meglio se fosse rimasto a letto direttamente, ma Dante in quei giorni se n'era infischiato e aveva almeno portato avanti le lezioni di teoria con il suo allievo.

Al momento si trovava in soggiorno e osservava il bambino bere da una tazza il latte caldo che la governante gli aveva preparato.

Onestamente non sapeva cosa ci trovassero i marmocchi in quella roba. A lui aveva sempre fatto rivoltare lo stomaco, il latte!

Β«BleahΒ» fece con una smorfia. Β«Quello di tua madre non ti Γ¨ bastato?Β»

Il ragazzino, che non capiva a cosa si stesse riferendo, ruotΓ² la testa. Β«PerchΓ©?Β»

Dante sospirΓ² e agitΓ² una mano. Β«Uhm... lascia perdere. Ancora sei troppo piccolo.Β»

RilassΓ² la schiena contro il divano, ben attento a non fare movimenti bruschi nΓ© a stirare troppo i muscoli. Era pieno di rammendi e ci sarebbe voluto davvero poco per vanificare il lavoro del medico. L'estratto lo intontiva, ma almeno gli evitava di soffrire come un cane.

Β«Di' un po', Godric: per caso sai chi era quella gente?Β» chiese, dopo un po' di silenzio. Il bambino posΓ² la tazzina sul tavolino di raffinato legno e si strinse nelle spalle. Β«Non lo soΒ» ammise. Β«PerΓ²... sembravano arrabbiati con papΓ . Volevano fargli del male, e anche a me.Β»

Β«Davvero?Β» incalzΓ² pensieroso Evergard. Β«Nient'altro?Β» Non voleva fargli il terzo grado, visto cos'era accaduto, ma doveva capire per evitare che una situazione del genere si riverificasse.

Godric esitΓ². Β«Non ho potuto urlare, quando mi hanno preso. Mi hanno coperto la bocca e portato via. Tu non c'eri e avevo paura.Β» Si torse le manine. Β«Tu andrai via ancora, Dante?Β»

L'uomo smise di riflettere sul chiedere spiegazioni o meno al padre del bambino, e guardΓ² il suo piccolo interlocutore. Β«Per un po' rimarrΓ² buono buono a casa. Contento?Β»

Β«E poi?Β»

Β«Ah, insomma! Per allora potrei essere morto!Β»

Β«No!Β» strillΓ² querulo il bambino, coprendosi le orecchie come se avesse appena udito un'orrenda oscenitΓ , la bestemmia piΓΉ grande di tutto l'Oscuro Creato. Β«Se muori poi io sarΓ² triste, e non voglio essere triste!Β» aggiunse, strillando ancora. Β«Non capisci niente, ecco!Β» terminΓ² imbronciato, incrociando le braccia e puntando gli occhi rosati con ostinazione sul pavimento.

Dante dovette coprirsi la bocca per evitare di scoppiare a ridere come un matto. Quel marmocchio era alto come un tappo, ma diavolo se urlava e ne aveva di grinta!

Β«Almeno studieresti molto di meno, perΓ²Β» lo stuzzicΓ² appositamente, come avrebbe fatto un fratello maggiore col fratellino suscettibile.

Β«Non importa! Tu non muori! Capito?!Β» esclamΓ² il ragazzino, profondamente stizzito e arrabbiato.

Il suo maestro non ce la fece piΓΉ e si portΓ² una mano agli occhi, ridendo di gusto. Quel nanerottolo era una sagoma.

Godric scivolΓ² giΓΉ dal divano e gli si mise di fronte, pestando un piccolo piede a terra. Β«Non ridere! PerchΓ© ridi?Β» continuΓ², partito per la tangente. Β«Dante!Β» si lamentΓ² subito dopo. Β«Stupido!Β»

Evergard lo squadrò senza smettere di sghignazzare. «Guarda che di questo passo ti metto in punizione! Non si dice così al tuo maestro!», eppure faticava a farsi prendere sul serio con la ridarella che non lo abbandonava.

Β«Non puoi!Β»

«Oh, sì che posso!»

Β«Non lo farai perchΓ© mi vuoi bene, anche se non lo dici! PerchΓ© sei stupido, ecco!Β»

L'uomo rischiava di soffocare. Β«T-Ti pregoΒ» gemette fra le risate. Β«Smettila!Β»

«UFFA!»  

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