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Nel 1657Β il giovane Efialte di nome Dante Γ¨ ormai prossimo a ottenere la licenza di mago, ma c'Γ¨ un problema: per diventare realmente tale, prima Γ¨ obbligato dalle regole del suo apprendistato a svolgere un ultimo compito e a mostrarsi degno del ruolo che intende conseguire. Per dimostrare di essere un mago, deve dimostrare anche di saper tramandare e insegnare a qualcun altro ciΓ² che appreso durante il suo lungo percorso di studi e di pratica sul campo. BenchΓ© restio a prendere con sΓ© un apprendista, capisce di non avere molte alternative e accetta di incontrare la famiglia Reghsar di Varesya. Γ in tale occasione che conosce per la prima volta Godric, il quale sarΓ non solo suo allievo e poi suo amico, ma poi, purtroppo, anche un odiato nemico.
Questa Γ¨ una one shot che sentivo di dover fare, sia per spaziare meglio nel passato di due personaggi in particolare, sia perchΓ© poi potrebbe aprire la strada ad altre os ambientate, perΓ², in periodi differenti. Il protagonista principale Γ¨ un Dante molto diverso da quello che poi si mostra in Necromantia Averni e in TenebreΒ : piΓΉ giovane, a volte piΓΉ stupido e avventato, poco avvezzo a essere responsabile. Ci tenevo perΓ² anche a mostrarlo sotto una luce diversa con la possibilitΓ di spaziare di piΓΉ nelle sue insicurezze e nella sua difficoltΓ nel relazionarsi col prossimo. Non nego che Γ¨ stato davvero doloroso scrivere questo racconto breve, visto come sono andate poi le cose fra lui e Godric. Ho sofferto, ma ho anche riscoperto lati del carattere di Dante che in seguito si sono sbiaditi o sono addirittura scomparsi, e ammetto che un po' volevo farmi una bella iniezione di diabete immaginandomi un Godric di sei anni tutt'occhi e super dolce. Dedico la one shot aΒ AuroraTheOtakuGirl, perchΓ© ha subito espresso entusiasmo all'idea di leggerla!Β
Β«Pronuncia sempre con riverenza questo nome β maestro β che dopo quello di padre, Γ¨ il piΓΉ nobile, il piΓΉ dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo.Β»
βΒ Edmondo De Amicis
SbuffΓ² tra sΓ© e sΓ©, facendo ben attenzione a non farsi sentire. Β«Per l'ultima volta: non se ne parla, mamma!Β» esclamΓ² esasperato mentre finiva di sellare il suo cavallo, il quale condivideva con lui a pieni voti l'insofferenza.
Ormai erano settimane che quella storia proseguiva e sua madre non voleva saperne di mollare l'osso. Roba da matti!
Non aveva nΓ© intenzione di sposarsi nΓ©, tanto meno, di accettare come apprendista quello o quell'altro ricco marmocchio viziato.
Aveva giΓ abbastanza problemi, non aveva bisogno di due palle al piede come quelle per completare il quadretto, e poi anche i sassi sapevano che stava meglio da solo.
Lytha, ovvero sua madre, fra le donne piΓΉ scocciatrici che esistessero, quando voleva esserlo, lo fece voltare senza troppe cerimonie. Anche se Dante non poteva vedere il suo viso nΓ© i suoi occhi, sapeva che lei lo stava fissando con uno di quegli sguardi che persino il defunto marito aveva sempre temuto: Β«Le regole sono regole e non pensare neppure per un momento che solo perchΓ© sei un principe allora ti permetterΓ² di passarla liscia o ti aiuterΓ² ad acquisire la licenza di mago senza che tu abbia terminato l'ultimo passo per diventarloΒ».
Lui ammutolì. Odiava quando lo trattava come un ragazzino spocchioso. Non pensava di essersi mai approfittato della propria posizione sociale.
Lytha scosse la testa e incrociΓ² le braccia, squadrando di sottecchi e con durezza il figlio.
Β«Hai centrotrentasette* anni, Dante. Γ ora che tu metta la testa a posto da ogni punto di vista. Se non altro la smetteresti di andartene a zonzo rischiando la vita di continuo.Β»
Β«Rischiare la vita fa parte delle mie mansioni come Ammazza-DraghiΒ» le fece notare lui. Β«E poi mi diverte.Β»
Β«Questo dimostra solo che sei un immaturo e non riesci a comprendere l'importanza della vita. Credevo che quanto accaduto a tuo padre ti avrebbe fatto diventare un uomo con la testa sulle spalle e invece mi ritrovo un figlio che finirΓ per spezzarmi il cuore e farmi morire senza ch'io possa esser mai diventata nonna!Β»
Eccola che ricomincia, pensΓ² Dante, costernato. Pensava che sua madre prima o poi l'avrebbe fatta finita, e invece niente.
Β«Primo: detesto i marmocchiΒ», decise di puntualizzare. Β«Secondo: nessuno sano di mente si sposerebbe con me, specialmente sapendo che razza di reputazione ho in un bel po' di campi. Terzo: se proprio vuoi una bestiaccia da accudire, pigliati un cane! PiΓΉ o meno sarΓ la stessa cosa, solo che abbaia invece di frignare!Β»
Lytha roteΓ² gli occhi. Β«Dici questo solo perchΓ© non sai cosa si prova. Potresti cambiare idea.Β»
Β«Invece no.Β»
Β«Allora, almeno, accetta un apprendista.Β»
Β«Mamma, dai!Β»
Β«Insomma! Non capisci che quest'ultimo esame servirΓ ai tuoi maestri a determinare non solo che mago sarai, ma anche che uomo sarai? Non si puΓ² essere dei maghi competenti e preparati se non si Γ¨ neppure in grado di tramandare a qualcun altro quanto si ha imparato! Γ la tradizione e non sarΓ un ragazzino viziato a sconvolgerla! Neanche se sei tu quel ragazzino viziato!Β» La donna fece un bel respiro. Amava suo figlio, ma certe volte le faceva montare il sangue alla testa. Peggio di suo padre. Β«Almeno provaci. Fai un tentativo.Β» Si rigirΓ² fra le mani la pergamena che era giunta alcuni giorni addietro da Varesya, una delle cittΓ piΓΉ grandi e rinomate. Β«Una famiglia nobile e rispettata ha espresso con entusiasmo la volontΓ di assumerti come maestro di magia per il loro unico figlio. Lui ha circa sei anni e sembra predisporre giΓ di capacitΓ molto buone e che meritano di essere coltivate. Come Efialte non piaci granchΓ© a molti, lo sappiamo entrambi, ma come incantatore e guerriero anche laggiΓΉ ti sei fatto un buon nome e sei guardato con ammirazione. Credo abbia aiutato molto quello che hai fatto l'anno scorso, quando hai eliminato il drago che aveva iniziato a portare morte e distruzione nelle campagne circostanti.Β»
Gli consegnò il messaggio. Sapeva che poteva leggerlo e Dante, infatti, riuscì a distinguere, sulla sagoma del foglio delineata da bordi luminosi color della fiamma, un'elegante grafia che riportava quanto detto da Lytha. Più sotto v'era l'indirizzo preciso e se ricordava bene, da quelle parti le famiglie erano più che semplicemente ricche e nobili, e godevano di grande influenza sul resto della popolazione. Perché mai avevano scelto proprio lui, fra tanti altri? Dubitava che non esistessero maghi più esperti e decisamente più pazienti, e lui non aveva alcuna esperienza nell'accudire un allievo, specie così piccolo.
Il punto era che un maestro non era solo una sorta di precettore, ma per alcuni anni, fino al raggiungimento della minima etΓ adulta, bisognava anche occuparsi del proprio allievo come si faceva con un figlio: crescerlo, proteggerlo e formarlo come persona, non solo come mago. Era un compito difficile, ecco perchΓ© non c'erano molti maghi nell'Oltrespecchio: non tutti riuscivano a portare a termine con successo quell'ultimo e ostico obiettivo.
Dove tanti altri avevano fallito, quali possibilitΓ poteva avere lui? Non aveva fratelli o sorelle minori, mai aveva avuto a che fare coi bambini e li aveva sempre evitati come la peste, non tollerandoli piΓΉ di tanto e ritenendoli un peso.
Eppure sapeva che sua madre ci teneva, e comunque non aveva scelta. Doveva tentare, pur sapendo che avrebbe fatto fiasco.
Β«Va bene. FarΓ² un tentativoΒ» concluse, cercando di mascherare il tono di voce infelice.
Lo aveva spiazzato un bel po' sapere che la famiglia Reghsar di Varesya in realtΓ conosceva da molto tempo la sua. Il padre del ragazzino, in particolare, aveva conosciuto di persona il suo quando ancora entrambi i loro clan non erano stati banditi da Sverthian, ovvero in tempi molto piΓΉ felici e sereni di quelli attuali.
Il discorso era saltato fuori proprio quando Dante aveva deciso di essere onesto e di sottolineare di essere cieco. Purtroppo era stato costretto a dirlo, lo imponeva il regolamento impostogli dai suoi esaminatori, ma i Reghsar avevano ammesso di saperlo giΓ e di non considerare la questione un problema, visto e considerato quello che era stato comunque capace di fare, di imparare e di diventare.
Sembravano persone pacate e gentili, e gli accadeva di rado di incontrarne. Molti tendevano a trattarlo in maniera poco garbata, anche quando erano richiesti i suoi servigi, specialmente per via del clan dal quale proveniva: i Figli di Rasya, i quali erano temuti e detestati da tanti, altri invece li consideravano dei poco di buono, gente di cui non ci si poteva fidare a causa delle loro capacitΓ e della loro discendenza malfamata. Rasya, dopotutto, era il dio della morte. Bastava questo a far passare a molti la voglia di aver a che fare con loro, eppure appena c'era un problema che solo quel clan era capace di risolvere, ecco che venivano chiamati in causa e loro, pur di restare in rapporti pacifici col resto della popolazione, spesso erano costretti ad accettare.
Certa gente faceva veramente schifo, ecco cosa pensava Dante di molti Efialti, ed era anche la ragione che lo spingeva a non abbassare la guardia nΓ© ad aprirsi con i Reghsar.
A quanto pareva, comunque, era stato scelto perché figlio di un uomo che loro avevano conosciuto e rispettato, il defunto re dei Figli di Rasya, titolo che un giorno, alla morte di Lytha, sarebbe infine piombato sulle spalle di Dante e, per la cronaca, lui non ci teneva così tanto a guadagnare tale posizione sociale. Suo zio gli ripeteva che era un privilegio e che si sarebbe dimostrato all'altezza del ruolo, proprio come suo padre prima di lui, ma non ne era così sicuro. Di solito la gente attorno a lui finiva per morire, restare ferita o passare infinite grane. Non aveva granché fortuna nei rapporti sociali.
Un altro motivo per cui non intendeva sposarsi, se non quando proprio non avrebbe avuto altra scelta, era che facendolo poi avrebbe spinto di riflesso sua madre a farsi da parte per far spazio alla nuora, ovvero la nuova e giovane regina. In casi del genere il potere automaticamente passava all'erede del sovrano precedente e sentenziava, quindi, l'arrivo di quello nuovo.
La sua attenzione tornΓ² a focalizzarsi su lord Reghsar. Stavano aspettando che la moglie facesse ritorno col bambino in modo che quest'ultimo e Dante potessero avere almeno un primo approccio. Era uno dei punti critici, fra i piΓΉ importanti, ed era decisivo visto che spettava al bambino scegliere se il maestro fosse di suo gradimento o meno. Dante ricordava che i suoi maestri avevano parlato di una sorta di invisibile e speciale legame che andava a crearsi al momento dell'incontro con l'aspirante allievo. Se il legame si instaurava, allora si poteva procedere e da quel momento il ragazzino sarebbe stato sotto la tutela del maestro. In caso contrario era molto meglio lasciar perdere, e Dante sperava tanto che tutto finisse a quel modo.
I Reghsar parevano contare molto su di lui, si aspettavano tanto da parte sua, e lui odiava quel genere di pressione e avere simili responsabilitΓ sulle spalle. Non negava di essere uno scavezzacollo donnaiolo incallito e di essere portato di piΓΉ per il rischio e l'avventura, anzichΓ© per la stabilitΓ e la routine.
Avere un marmocchio cui badare avrebbe purtroppo cambiato da cima a fondo la sua quotidianità e il suo modo di vivere, proprio come probabilmente accadeva quando capitava un figlio tra capo e collo dopo esser stati così scemi da giacere con una tizia senza un minimo di raziocinio e di precauzioni.
Non tutti gli Efialti, specie i Figli di Rasya, dipendevano dalla Grande Madre per avere una prole. Ad alcuni accadeva proprio come agli Umani, ovvero: si davano alla pazza gioia ed ecco che qualche mese dopo arrivava un pupo sbraitante. Una vera seccatura.
Β«Dimmi, DanteΒ» disse lord Reghsar, Β«come se la passa tuo padre, a proposito?Β»
Quella domanda peggiorò l'umore del giovane Efialte, il quale si incupì. «Non saprei, signore. à morto diversi anni or sono.»
L'uomo lo guardΓ² scioccato. Β«Com'Γ¨ potuto accadere? Quando?Β»
Β«Io... ero un bambino all'epoca e... onestamente non mi va di parlarne. Chiedo scusaΒ» tagliΓ² corto Dante. Si sentiva giΓ abbastanza in colpa, non gli serviva rimestare in quella tragedia di famiglia piΓΉ del necessario. Era stata solo colpa sua, ma non gli garbava l'idea di strombazzarlo ai quattro venti.
Reghsar non parve offendersi, anzi comprese la sua reticenza. In fin dei conti stava pur sempre chiedendo al figlio del defunto di rivelare dettagli che magari erano ancora un nervo scoperto. Β«E tua madre, invece? Spero che almeno Lytha sia ancora in ottima salute.Β»
«Lei sta bene, sì.»
L'altro Efialte abbozzΓ² un sorriso, rasserenato da quella notizia. Β«Ne sono felice e... beh, a quanto pare mio figlio verrΓ istruito nientedimeno che dal re dei Figli di Rasya. Un giorno ne andrΓ fiero.Β»
Β«Uhm... in realtΓ non sono ancora re. Insomma, ancora Γ¨ mia madre a vegliare sul nostro popolo e spero che lo faccia ancora a lungoΒ» precisΓ² Dante, quasi imbarazzato. Era raro che qualcuno si mostrasse interessato alla sua famiglia e bendisposto nei confronti della sua razza. Pareva quasi assurdo.
Lord Reghsar fece un cenno con la mano a mezz'aria, come a voler indicare qualcosa. Notandolo, Dante si voltΓ² e vide la sagoma color rosa chiaro e iridescente di lady Reghsar scortarne una decisamente piΓΉ piccola e di un bianco immacolato. Doveva essere il ragazzino. Era figlio unico, d'altronde, non ci si poteva sbagliare.
Fa' che gli stia sul gozzo, pregΓ² dentro di sΓ© Dante, restando impalato dove si trovava senza la minima idea di cosa fare o come comportarsi.
I due ormai erano vicini e infine si fermarono di fronte a lui e al padrone del castello dove dimoravano i Reghsar.
La donna sorrise, pur sapendo che la sua espressione era invisibile agli occhi dell'Efialte piΓΉ giovane. Si rivolse al bambino: Β«Godric, questo signore sarΓ il tuo maestro. Su, non essere timido e salutalo!Β»
Il piccolo Efialte, il quale era sì e no adorato dalla famiglia e dagli amici dei genitori sia per essere di viso grazioso che di indole mansueta, nonché un bambino sveglio che imparava in fretta, timidamente, un po' alla volta, sollevò i grandi occhi color malva e ripercorse l'alta e atletica figura dello sconosciuto che aveva di fronte, fermandosi infine su quel viso serio e avvenente che pareva stonare con quell'aria intransigente e non proprio accomodante.
Eppure non lo scoraggiava nΓ© gli faceva paura. Lo incuriosiva, in realtΓ , e al momento, dopo un po' di iniziale timore, quegli occhi cerulei puntati su di lui non lo mettevano a disagio.
Quando aveva sbirciato dalla finestra, circa una ventina di minuti addietro, dopo aver udito un cavallo al galoppo fermarsi sul selciato del cortile del castello, si era aggrappato al davanzale ed era rimasto a fissare quel singolare ospite in un misto di soggezione e curiositΓ , chiedendosi se fosse proprio lui il maestro di cui i genitori gli avevano parlato.
Ora che lo aveva di fronte, poteva dire di essere in un certo senso felice di avere un maestro come quello. Meglio senza dubbio degli altri tre candidati, piΓΉ anziani, poco interessanti e pomposi.
Dante, intanto, iniziava a snervarsi con i genitori del marmocchio che non la piantavano di confabulare alle sue spalle. Si irrigidì come un manico di scopa quando loro dissero che avrebbero dato a lui e al suo probabile allievo qualche minuto da soli.
Β«N-Non Γ¨ necessario, davveroΒ» cercΓ² di protestare lui, agitando le mani, quasi nel panico, ma alla fine dovette arrendersi e con aria rassegnata osservΓ² i Reghsar abbandonare la sala.
Grandioso, pensΓ² sconsolato.
Β«Hai finito di fissarmi?Β» brontolΓ² infine. Percepiva comunque lo sguardo del marmocchio addosso e iniziava ad averne abbastanza.
Β«NoΒ» replicΓ² il piccolo Godric, quasi divertito. Β«Come ti chiami?Β»
Ma guarda che razza di...
L'Efialte adulto incrociΓ² le braccia. Β«DanteΒ» replicΓ², tentando di celare il fastidio.
Il bambino ruotΓ² la testa. Β«Lo sai che sei strano?Β»
Β«Non ne hai la piΓΉ pallida ideaΒ» lo rimbeccΓ² l'altro, irritato.
Β«E sei anche buffo!Β» aggiunse ilare Godric.
E va bene, ora basta.
Dante restrinse lo sguardo e si chinΓ² di fronte al ragazzino, l'avambraccio posato sul ginocchio sollevato. Β«Nel caso ti fosse sfuggito, non sono il tuo nuovo compagno di giochi. Porta rispetto, intesi?Β»
Godric cercΓ² di celare il sorrisetto che aveva stampato in faccia e si fissΓ² gli stivaletti, annuendo e guardando di sottecchi quello strano uomo. Β«Va bene. Capito.Β»
Β«Mhm.Β» Dante era poco convinto. Β«Beh, passiamo agli affari: fin dove sei stato istruito con la magia? Sai evocare il tuo Pheryon?Β» La sua era un po' una domanda bastarda, visto che molti Efialti bambini non erano in grado di evocare il proprio Pheryon in giovane etΓ . Era piuttosto raro e quasi sempre istintivo.
Con sua enorme sorpresa, il ragazzino annuì. «Sì.»
Β«Quando Γ¨ successo la prima volta?Β» domandΓ² il suo nuovo maestro, scettico.
Β«L'anno scorso.Β»
Β«Vediamo, allora.Β»
Godric, quasi ansioso di dimostrare che non aveva raccontato una bugia e di essere all'altezza della situazione, con fare sicuro si sfilò dal collo un ciondolo dotato di un cristallo esagonale che risplendeva di una palpitante luce rosata, simile nel colore ai suoi occhi color malva. Dentro di sé evocò il Pheryon, chiamandolo, e un attimo dopo dalla pietra provenne un tintinnio simile a quello di una piccola campanella di sottile cristallo. Dante, attraverso la speciale vista che possedeva grazie proprio all'aiuto del suo, di Pheryon, riuscì a vedere con chiarezza quello del ragazzino zampettare aggraziato a mezz'aria: sembrava un minuscolo cerbiatto trasparente dai contorni rosa. La creaturina si fermò e parve fare un inchino, infine tornò indietro e si posò, con aria fiera, sulla spalla del padroncino.
Suo malgrado, superato lo stupore, Dante dovette ammettere di essere piacevolmente sorpreso. Per pura testardaggine celΓ² a regola d'arte un mezzo sorriso. Β«Va beneΒ» disse lentamente. Β«Gli hai dato un nome?Β»
Β«AsterΒ» replicΓ² Godric, carezzando con l'indice il capo al proprio Pheryon. Β«Ne hai uno anche tu?Β»
Β«Ovviamente.Β»
Β«E dov'Γ¨?Β»
Dante esitΓ², poi dentro di sΓ© evocΓ² il suo fidato Magnus il quale, come sempre accadeva quando veniva lasciato libero di scorrazzare, dopo un po' trapassΓ² in silenzio, e ovviamente senza rompere niente, la finestra, zampettando in aria fino a raggiungere il fianco del padrone cui era particolarmente fedele. Avrebbe fatto invidia a un cane in carne ed ossa, solo che era una volpe grande il doppio di uno di quegli animali veri e propri e come tutti i Pheryon non era che un insieme di linee luminescenti di un brillante arancione. Seduto sulle zampe posteriori e con la schiena diritta, Magnus squadrava con aria altera e quasi critica Godric e l'esuberante Aster che trillava come a voler salutarlo. Il saluto non venne ricambiato.
A mente, grazie al loro legame, Dante gli disse di comportarsi meglio che poteva. La brillante volpe parve alzare gli occhi al cielo e si limitΓ² a ignorarlo.
«à un po' scontroso» osservò Godric, senza aggiungere, con una buona dose di infantile saggezza, che Magnus rispecchiava fedelmente il padrone. Il Pheryon in questione mosse la coda con fare seccato e piegò all'indietro le orecchie appuntite.
Dante gli assestò una gomitata, ma ciò servì solo a spingere Magnus a voltarsi impettito, balzare di nuovo in aria e allontanarsi in direzione della finestra dalla quale era venuto.
Traditore, pensΓ² l'Efialte. Dopo faremo i conti.
Fece un respiro profondo e per prendere tempo si aggiustΓ² il mantello nero sulle spalle, indumento impreziosito solamente da un fermaglio rotondo d'argento con impresso lo stemma della famiglia cui apparteneva. Era un simbolo che incuteva naturalmente timore, visto che consisteva in un teschio dalla cui mascella e dalle cui orbite sorgeva un serpente dalle fauci spalancate, le zanne bene in vista. Eppure veniva mitigato dalla presenza di un terzo elemento, ovvero un fiore con cinque petali che somigliava a un giglio, pur non essendo realmente tale. Sin dai tempi antichi, sia a Sverthian che nell'Oltrespecchio, veniva identificato come il fiore sacro a Rasya. Aveva un profumo intenso e dolce, inebriante, ma era velenoso, tanto che poi era stato rinominato Fiore del Buio. Qualche goccia piΓΉ del necessario dell'estratto ricavato da esso bastava a uccidere un uomo adulto e in buona salute. In dosi moderate, invece, era ottimo come rimedio all'insonnia, come antidolorifico e a scopo medico in altri modi tra i piΓΉ disparati. Bastava solo non esagerare.
Onestamente non so come approcciarmi con questo nanerottolo, riflettΓ© costernato Dante. Si sentiva in difficoltΓ , poco importava quanto cercasse di sciogliersi e di apparire sicuro di sΓ© come al solito. Forse per questo stava alla larga dai marmocchi: lo spiazzavano, erano schietti e non gli si poteva nascondere niente.
Finiva per sentirsi in colpa e inadeguato, se iniziava a mettersi sulla difensiva.
Β«Senti, ragazzino, uhm...Β», sbuffΓ². Β«SarΓ² sincero: non ho esperienza e non ho mai insegnato niente a nessuno. Non penso di essere la persona adatta a un compito come questo. Credo sia meglio che i tuoi genitori scelgano un altro.Β»
Non sapeva neanche se quel marmocchio era capace di comprendere quel che diceva. Certo, i piccoli Efialti erano piΓΉ spigliati e maturi rispetto ai bambini Umani, ad esempio, e capivano concetti che un essere umano, a sei anni, mai avrebbe compreso, ma mai dire mai.
Godric si rattristò visibilmente. «Ma io imparo presto» replicò, temendo di non esser apparso, forse, abbastanza in gamba. Eppure credeva che mostrando di saper evocare un Pheryon, cosa che pochi altri sapevano fare a sei anni, sarebbe riuscito a conquistarsi l'approvazione di quello che pensava sarebbe stato sicuramente il suo maestro. Ci teneva a diventare l'allievo di Dante, e neanche sapeva perché. Era così e basta. «Non darò fastidio, lo giuro.»
I suoi grandi occhi malva imploravano quelli azzurri di Dante, senza sapere che purtroppo quella preghiera non poteva essere letta dalle cieche iridi dell'adulto.
PerchΓ© non mi guarda?
Sembrava farlo, eppure si era accorto che Dante non l'aveva mai guardato sul serio da quando lui era giunto in quella sala. Pareva quasi non vederlo proprio, ma evitΓ² di chiedere perchΓ© o come. Aveva paura di infastidirlo o di essere impertinente, e i suoi genitori gli avevano insegnato a non fare domande inopportune, specialmente a persone chiuse e di poche parole come Dante.
Il Figlio di Rasya sospirΓ², incerto e spiazzato proprio da quell'improvvisa indecisione.
Non aveva bisogno di vedere quello scricciolo per capire che quest'ultimo sembrava tenerci parecchio a quella faccenda.
Accidenti a me. Una volta avevo una corazza meno tenera.
Β«Va beneΒ» sentenziΓ². Β«Va bene. Ci proverΓ², ma non ti faccio promesse. Intesi?Β»
SobbalzΓ² e di nuovo restΓ² rigido come una statua quando il ragazzino, sorridendo, si mostrΓ² talmente felice che lo abbracciΓ² di slancio, allacciandogli le piccole braccia al collo, neanche fosse stato il suo affettuoso padre.
Β«Grazie, Dante! SarΓ² bravissimo, promesso!Β»
L'adulto fece presto ad allontanarlo da sΓ© e a tornare in piedi, facendo due passi indietro per mettere un po' di distanza fra sΓ© e quel ragazzino impertinente che iniziava quasi a detestare. Era fin troppo espansivo e inopportuno per i suoi gusti.
Tu guarda che roba!
Β«Tanto per chiarire: riduci al minimo le tue smancerie da marmocchio!Β»
*Per gli Efialti, che vivono molto a lungo e invecchiano molto lentamente, a volte in modo impercettibile, altre invece sembrano sempre restare giovani, questa etΓ corrisponde ai venticinque-trent'anni umani. C'Γ¨ anche da sottolineare che nell'Oltrespecchio il tempo scorre diversamente.
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