«A quest'ora dovrebbe già essere arrivato. E se gli fosse accaduto qualcosa e nessuno fosse riuscito a dircelo?»

Andrew alzò gli occhi al cielo, gonfiò le guance e sbuffò, ben attento a fare il minor rumore possibile e a non farsi udire da Brian, anche se in realtà quest'ultimo pareva aver deciso di scavare un bel solco nel pavimento a furia di andare avanti e indietro per la stanza di Collins. Andrew ringraziava di aver fatto presto a prepararsi per le nozze di suo cugino, appena in tempo per non ritrovarsi in biancheria intima nel vedere Herden fiondarsi là dentro e iniziare a tormentarlo con quei timori dietro al ritardo di Cynder.

«Vuoi darci un taglio? Senza offesa, Brian, ma di questo passo gli porterai sfortuna!» esclamò esasperato, non riuscendo più a trattenersi. Come se già tutti loro non fossero abbastanza nervosi e intimoriti all'idea che André avesse scelto proprio quel giorno significativo per giocare loro uno dei suoi tiri mancini. Lui, poi, era preoccupato ancora di più visto che Alex era reduce da settimane in cui era stato assalito da incubi ricorrenti e visioni tanto criptiche quanto inquietanti.

Brian si voltò e lo guardò con aria inviperita. «Stiamo parlando di tuo cugino e sembri fregartene!»

«Solo perché non starnazzo e non mi lascio andare al delirio come te!» lo rimbeccò a tono Andrew, che ne aveva sul serio fin sopra i capelli. «E comunque non otterrai niente continuando a fare il lumacone!»

«Avete rotto le palle con questa storia del lumacone!»

«E allora prenditela con Skyler, non con me!»

«Santo cielo, che sta succedendo qui?»

Andrew non vide sull'uscio delle porte della stanza semplicemente il suo fidanzato. Davanti a lui c'era un'autentica apparizione divina e salvatrice da ogni punto di vista, specialmente perché ci avrebbe pensato Alex a dare una lavata di capo al suo migliore amico. Woomingan si avvicinò e li squadrò a turno con aria severa. «Sempre a bisticciare, voi due, vero?» li apostrofò, per nulla contento. «Insomma, Brian, è da una settimana che va avanti questa storia e ti ripeto che Cynder sta bene e che presto sarà qui!»

«È quello che gli ho detto anch'io!» intervenne Andrew, ma Alex lo squadrò malamente. «E tu sei un altro attaccabrighe, Andrew Collins, perciò taci.»

«Ti sta bene» borbottò Brian.

Alex sospirò e si massaggiò le tempie. Al di là di tutto, era davvero splendido nel suo completo color cipria la cui stoffa appariva, sotto la giusta luce, iridescente, come se fosse cosparsa di un liquido ricavato dai diamanti. Eppure, malgrado quella bellezza superficiale, il suo viso appariva un po' sciupato, gli occhi stanchi e contornati da lievi occhiaie causate dall'insonnia marcata di quegli ultimi tempi.

Non stava bene come sosteneva quando parlava pressoché con tutti, Andrew lo sapeva e iniziava a dubitare che partire per Sverthian avrebbe potuto giovare alle condizioni del suo fidanzato. «Sentite... potremmo, per favore, evitare di litigare? Solo per oggi, vi prego. È l'ultimo giorno che passeremo insieme, tutti uniti, e cosa più importante... Skyler e Samantha si sposeranno e verranno incoronati. È importante e abbiamo il dovere morale, come loro amici, come la famiglia che rappresentiamo per loro, di tenere gli occhi aperti. Sapete a cosa alludo e sapete che oggi stiamo correndo tutti un bel po' di rischi, specialmente Skyler. Quindi fatela finita e tu, Brian, fammi il santo piacere di sistemarti il colletto della camicia. Non è abbastanza ordinato e non credo tu voglia sfigurare proprio oggi agli occhi di tutto, specialmente Cynder.»
Brian, non senza borbottare come una pentola, cercò di rimediare, ma finì solo per peggiorare la situazione e Alex, dunque, roteò gli occhi e lo raggiunse. «Fermo lì, prima di strozzarti con la tua stessa cravatta. Faccio io.» Con gesti veloci e precisi risolse il pastrocchio. «Che cosa fareste senza di me? Tu non sai neanche metterti a dovere una cravatta, buon Dio!»

«Potresti non rigirare il coltello nella piaga, Mamma Oca?» si lamentò Herden.

«Lumacone» lo rimbeccò a tono Alex, gli occhi socchiusi in segno di sfida. «Hai preparato qualche preservativo di riserva per stasera? So che Cynder si fermerà qui per un po'!»

Andrew sghignazzò di gusto. «Questa era buona!»

«Ma fatela finita!» brontolò Brian.

Woomingan lo ignorò impunemente e veleggiò verso Andrew. «Tu invece stai benissimo, come sempre» disse, sollevandosi sulle punte e lasciandogli un bacio sulla guancia. Per un attimo si permise di fantasticare, di chiedersi se il suo futuro marito, il giorno delle loro nozze che apparivano ancora così lontane e incerte, sarebbe stato ancora più splendido e decisamente più sereno. Gli piaceva pensare che sì, lo sarebbe stato.

Collins, un po' senza volerlo, un po' perché gli bastava poco per pavoneggiarsi non appena Alex faceva un apprezzamento su di lui, gonfiò il petto con fierezza. «Beh, non quanto te. Insomma... sei... più o meno un sogno a occhi aperti, direi.»

Alex gli sistemò appena un pochino i capelli. «Sei già stato da tua sorella? Le farebbe piacere vederti prima del matrimonio!»

«Pianificavo di andarci dopo essermi cambiato, ma in camera mia è piombato all'improvviso un meteorite.»

Il biondo sbuffò una risata. «Non preoccuparti, allora. Ora c'è qui Super Alex pronto a portare altrove il meteorite!»

«Sei per caso l'eroe che Obyria non si merita, ma di cui ha bisogno?»

«Nah, solo un coglione qualsiasi con una giacca scintillante e i capelli favolosi.» Alex gli fece l'occhiolino, si allontanò e si rivolse a Brian. «Tu vieni con me. Andremo nell'atrio ad aspettare insieme l'arrivo di Cynder e Andrew finalmente potrà andare da Samantha in tutta calma.»
Gli ci volle un po' per convincere Herden a seguirlo, visto che era davvero intrattabile, ma alla fine ce la fece e insieme si avviarono.

Brian, dopo qualche minuto di silenzio, alla fine non resse oltre e chiese all'amico: «Secondo te...»

«Dopo così poco tempo di lontananza? Lo trovo improbabile, specie trattandosi di lui.»

«Non sai neanche cosa stavo per dire!»

«Invece lo so bene, Brian.» Alex si fermò e guardò con un cipiglio severo il suo migliore amico. «Da parte di Cynder non è cambiato assolutamente niente e sai perché? Perché, se non erro, ti ha scritto almeno tre volte a settimana ed era un fiume di lacrime il giorno della partenza. E non per niente, ma trovo che per lui sia stato ancora più difficile fronteggiare un cambiamento del genere. Tu almeno eri qui, fra persone che conosci e di cui ti fidi, persone alle quali vuoi bene, ma lui no. Ancora tanti suoi simili non vogliono accettarlo come uno di loro e sembrano voler fare di tutto per metterlo a disagio e indurlo a sbagliare, a mostrarsi non all'altezza del compito che gli è stato assegnato. Credo che il pensiero di poter presto rivederci tutti, rivedere soprattutto te, sia stato l'unica cosa in grado di aiutarlo a stringere i denti e a resistere alle continue pressioni a cui è stato sottoposto. Perciò no, Brian, non penso che da parte sua sia cambiato qualcosa. Semmai ho ragione di pensare che non veda l'ora di riabbracciarti. Sei quella persona speciale per lui. Quando ti deciderai a capirlo e ad accettarlo?»

Brian deglutì. «È solo che...»

«Ascolta, lo capisco, va bene? Persino io ancora stento a credere che Andrew abbia deciso di continuare ad amarmi dopo tutto il male che gli ho causato, dopo averlo deluso nella peggiore delle maniere e averlo tradito, eppure eccoci qua. So come ci si sente a sentirsi indegni dell'amore di qualcuno, specialmente persone splendide come Andrew o Cynder, ma ultimamente ho visto tanti miracoli accadere, perciò... credici, Brian, proprio come ci credo io. Credici perché è la verità.» Gli mollò un'affettuosa gomitata. «E ora sbrighiamoci. Cynder forse è già arrivato e voglio che tu sia lì per salutarlo come si deve. Se lo merita, non credi?»

E infatti, non appena furono giunti nell'atrio principale, videro una piccola scorta di soldati dall'armatura dorata entrare dalle porte. Era ovvio che venissero da Ninfipoli, visto che tutti loro, oltre che a recare sulle corazze lo stemma della casata Jenkins intrecciato a quello della famiglia imperiale, gli Esper, erano di una bellezza a dir poco divina e dotati di un incarnato quasi evanescente, avvolto da un delicato bagliore che li faceva sembrare spettri concreti.

Brian e Alex li videro separarsi e aprire un varco per far passare una figura che non subito riuscirono a ricollegare al fratello di Skyler. Cynder si presentò già vestito di tutto punto per la cerimonia con abiti che lo facevano somigliare al Re Sole di Francia, solo con un bel tocco di modernità che rendeva l'insieme fresco ed elegante al punto giusto, come si pretendeva dal futuro re delle Ninfe e dei Sileni. I suoi capelli, ora, erano pettinati all'indietro e mostravano alla perfezione il suo viso avvenente e diafano.

Eppure bastava guardarlo bene, guardare i suoi occhi, il suo atteggiamento in generale, per capire che era sempre il solito Cynder tirato semplicemente a lucido per non sfigurare in quell'occasione così importante.

Non appena Cynder scorse due volti che conosceva bene, non perse tempo e corse letteralmente incontro a entrambi, fiondandosi fra le braccia di Brian sotto le occhiate un po' fosche e diffidenti dei soldati. Alex, infastidito da quell'atteggiamento, incrociò le braccia e sollevò le sopracciglia. «Ebbene? Credete che si campi solo di aria e di politica? Tutti hanno bisogno di amore, a questo mondo, compreso il vostro futuro re. E ora pussa via, di grazia! Da qui in poi lo scorteremo da soli da suo fratello!» Mosse le mani per far capire loro che dovevano rompere le righe e disperdersi come piccioni.

Cynder, dunque, si scostò da Brian e si rivolse alla propria scorta: «Come ha detto Alex, qui sono al sicuro, non temete. Andate pure a riposare, adesso».

I soldati si scambiarono delle occhiate indecise, ma consci di non poter di certo andare contro il volere del loro principe, alla fine si convinsero a obbedire, si inchinarono e uscirono dal palazzo.

Cynder fece un lungo sospiro di sollievo. «Non ne potevo più di averli sempre attorno» ammise. «Sembra quasi che a volte mi ritengano incapace di badare a me stesso, anche solo per andare nei giardini del palazzo reale per fare due passi e stare, teoricamente, da solo.» Mosse una mano per scacciare la questione e sorrise raggiante ad Alex e, soprattutto, a Brian. «Che bello rivedervi, finalmente! Scusate il ritardo, ma hanno voluto prendere tutte le precauzioni possibili per scortarmi qui e c'è voluto un po' perché riuscissero a organizzarsi al meglio.»

«Brian credeva che ti avessero rapito gli alieni» commentò Alex con una punta di malignità, scoccando un'occhiata pestifera all'amico che gli assestò una gomitata tutt'altro che gentile fra le costole. Woomingan, tuttavia, schivò il colpo e sprimacciò una guancia a Cynder. «Bene, ora che sei qui non c'è più bisogno di me, perciò ora vado a rendermi utile altrove!» Abbracciò un'ultima volta Langford. «Comunque stai benissimo, Cynder! Poi mi racconterai tutto su come ti sei trovato a Ninfipoli, d'accordo?»

Cynder, da mammola qual era, non poté far a meno di arrossire. «Va bene» rispose, guardandolo allontanarsi. Appena fu rimasto da solo con Brian, non resisté oltre e si sporse per baciarlo sulle labbra. «Ora sì che mi sento a casa!» aggiunse, visibilmente più rilassato e a suo agio rispetto a quando era entrato dalle porte del Palazzo Imperiale. Ed era così: ora che era a casa, di nuovo fra le braccia di Brian, gli sembrava di esser potuto finalmente tornare a respirare liberamente.

«Mi sei mancato» disse Brian, non sapendo cos'altro dire dopo tutto quel tempo, dopo aver passato momenti un po' bui per via dell'assenza di Cynder. Certo, si erano sentiti tramite una fitta corrispondenza, ma nulla era paragonabile all'avere di nuovo Cynder realmente lì, davanti a lui. Cambiato, certo, ma solo nell'aspetto esteriore. Forse sembrava un po' cresciuto, come se anche lui avesse dovuto imparare a costruirsi un accenno di corazza e fortificarsi, ma per il resto era rimasto tale e quale all'ultima volta in cui si erano parlati.

«Anche tu mi sei mancato» disse a sua volta Langford, gli occhi verdazzurri ora lucidi come specchi d'acqua. «Vorrei solo che la nonna ti avesse permesso di venire con me. Per le prime due settimane non sono riuscito a chiuder occhio quasi per niente e c'erano giorni in cui mi sentivo davvero triste. Non sai quanto sia bello per me rivederti e parlarti di nuovo a voce.»

«Ehi, Micetto, non metterti a piangere o poi lo faccio anch'io, e allora sai che bello spettacolo!» cercò di scherzare Brian, venendo tuttavia tradito dal tremore nella voce. Non resse oltre e alla fine intrecciò le dita della mano sinistra con quelle della destra di Cynder in una stretta gentile e amorevole che parlava più di mille parole. «Ci resta ancora un po' di tempo, quindi... che ne diresti di andare in un posto più tranquillo? Almeno parleremo in santa pace, e comunque tutti non fanno che ripetere che è tra i luoghi migliori del palazzo.»

Gli occhi di Cynder scintillarono di aspettativa e di curiosità. «Che aspettiamo, allora? Andiamoci subito.»

Dieci minuti più tardi, dopo aver percorso un tragitto bello lungo e aver raggiunto, secondo i calcoli di Langford, l'ultimo piano del Palazzo Imperiale, varcarono la soglia di una porta oltre la quale Cynder, non appena fu entrato, scorse ciò che gli parve a primo acchito un frammento dell'Eden. Un posto dove la natura regnava suprema e in cui regnava una celestiale pace a dir poco assoluta e sacra. Si chiese, stupidamente, se non fossero per caso incappati in un portale che li aveva condotti direttamente in Paradiso e si sentì sciocco nel rendersi conto di esser stato talmente impegnato nell'esplorare il territorio che circondava il Palazzo da non aver mai considerato di approfondire, invece, la conoscenza di ciò che si celava fra quelle mura.

Che posto incantevole e sublime...

Lì era come se quella metà di lui strettamente legata alla natura e agli elementi si fosse ricongiunta a quella forza primordiale che da millenni teneva in vita Ninfe e Sileni e ne favoriva l'esistenza.

Solo a Ninfipoli gli era capitato di ritrovarsi di fronte a tanta bellezza ed era stato Brian a condurlo lì, a fargli conoscere quel piccolo angolo di paradiso.

«È... bellissimo» mormorò, la voce infranta dall'emozione che quel luogo gli stava suscitando. Si sentiva così bene lì da avere le lacrime agli occhi. Quanta pace! E che regalo stupendo Brian aveva deciso di fargli!

Brian, dal canto proprio, non disse nulla. Per quanto il Giardino d'Inverno fosse magnifico, dubitava che potesse reggere il benché minimo confronto con l'uomo che si trovava vicino a lui e appariva del tutto in armonia con esso, quasi parte di esso, di quell'oasi incantata e senza tempo. Un miraggio nel miraggio.

«Oggi è il compleanno tuo e di Skyler, dopotutto, no?» disse alla fine, stringendosi nelle spalle. «Non sapevo cosa regalarti e alla fine mi sono ricordato che probabilmente non conoscevi questa parte del Palazzo. Ho pensato che fosse un vero peccato e ho deciso di rimediare.»

Cynder lo guardò stupito. «E come facevi a essere quasi sicuro che non lo conoscessi?» chiese senza fiato.

«Altrimenti me ne avresti subito parlato. Insomma... guardati ora! Sul serio non avresti fatto parola sul Giardino d'Inverno, se ti fosse capitato di visitarlo?»

Langford sbuffò una risata. «In effetti ha senso» concesse. «Comunque... è il regalo di compleanno più bello che potessi ricevere. È anche il primo, in realtà.» Tutti erano talmente indaffarati per via del matrimonio imminente di Skyler e in ansia per ciò che sarebbe accaduto o meno durante i festeggiamenti da aver probabilmente dimenticato che il futuro imperatore e suo fratello, quel giorno, il primo dell'anno nuovo, avevano appena compiuto trentadue anni. Per Cynder solo di recente tale data aveva assunto un reale valore, visto che per i precedenti trentun anni non aveva mai avuto la possibilità di contemplare la questione e mai Arwin si era disturbato a parlarne.

Per tanto tempo gli era stato semplicemente detto che era nato, che esisteva e avrebbe continuato a farlo per altri decenni a venire, niente più di questo.

Brian, però, si era ricordato che quel giorno era speciale anche per lui, non solo Skyler e Samantha.

Il Principe Crisio, così veniva ora definito Cynder secondo la tradizione del popolo dal quale egli discendeva, estrasse dal colletto della camicia una catenella dalla quale pendeva un ciondolo dorato che sembrava esser stato lucidato con meticolosità ogni singolo giorno, tanto splendeva alla luce del giorno. Era rotondo e piuttosto sottile e quando Cynder lo aprì, finalmente ne rivelò il contenuto che a primo acchito pareva stonare con l'enorme valore del ninnolo: una foglia minuscola la cui forma ricordava molto un cuore; il suo colore era di un magnifico rosso autunnale ed era stato proprio lui, Cynder, a far uso del trucco che Skyler gli aveva insegnato per far sì che qualcosa di organico, come una pianta o un fiore, non potesse mai rovinarsi né deperire. Si era detto che sarebbe stato terribile se quella foglia, nella sua apparente semplicità, ma per lui insostituibile e preziosa, si fosse alla fine rovinata e seccata.

La mostrò a Brian che finalmente ricordò e guardò Langford con aria stupita. «L'hai portata con te per tutto questo tempo?» Era stato lui a trovarla, un giorno, mentre erano in giro per i boschi durante una delle loro rimpiante esplorazioni dei boschi di Obyria. A Cynder era piaciuta così tanto che aveva chiesto a Herden di lasciargliela tenere, ma in seguito non avevano più parlato dell'argomento.

Cynder sorrise, lievemente colorito sulle gote, e richiuse con cura il ciondolo, facendolo scivolare nuovamente sotto gli abiti ove il bianco immacolato si contendeva il posto con ricami, rifiniture e vari altri particolari dorati. «Ecco perché mi rendo conto di dover correggere cosa ho detto poco fa: non è stato il primo regalo che ho ricevuto, ma il secondo, e sempre da parte tua, e non so quale sia stato il più bello.» Si portò una mano sul cuore, lì dove il ciondolo era a contatto diretto con la pelle del torace, con i battiti di quell'organo che tendeva a sembrare più leggero del solito quando Brian gli era accanto. «Sono tutti e due speciali, a modo loro, e rappresentano per me attimi della mia vita in cui sentivo che ciò che stava accadendo fosse significativo e unico, irripetibile.» Si guardò in giro per qualche secondo prima di tornare a concentrarsi su ciò che a suo parere rendeva davvero splendido quel posto. Il suo sguardo era talmente intenso e traboccante d'emozione che Brian sentì che di lì a poco si sarebbe perso per sempre in quelle iridi verdacqua così vivide e profonde.

Ricordavano due magnifici laghi turchesi circondati da candide dune di neve.

L'ex sceriffo deglutì a vuoto. Sentiva che Cynder voleva dire qualcosa, ma non sapeva cosa aspettarsi e ciò lo metteva in ansia. Senza contare che non lo aveva mai guardato in quel modo.

Lo osservò camminare sull'erba rigogliosa, scivolare in quel mare verdeggiante costellato di fiori dal soave profumo e variopinti come se fossero stati imbevuti del riflesso dell'arcobaleno. Continuava a tacere, però. Taceva quando si sedette lì in mezzo e sfiorò con gentilezza alcuni fili d'erba che per pochi secondi si illuminarono di un tenue bagliore dorato prima di separarsi e fare posto, un po' alla volta, a un fiore che fino a un attimo prima non si trovava lì, un fiore che era stato Cynder a far crescere dal terreno.

Deve aver approfondito le sue conoscenze mentre era a Ninfipoli, dedusse Brian, raggiungendolo e inginocchiandosi per osservare la magnifica corolla iridescente del fiore che ricordava vagamente quelli di loto.

Cynder sorrise appena e parve finalmente decidersi a parlare: «Lo sai... mentre mi trovavo a Ninfipoli ero completamente da solo in un ambiente nuovo e a me sconosciuto, e questo mi ha permesso di riflettere su me stesso e conoscermi meglio, di capire cose che non mi ero mai soffermato a osservare e a tentare di comprendere. Una delle cose che ho capito è che tendo a non lasciare più andare ciò che amo. Tendo a stringerlo al mio cuore e a vivere nella convinzione che così rimarrà sempre vicino a me. Tenevo quella foglia in una scatolina, ma poi ho deciso di trasferirla in quel ciondolo perché così, ogni giorno e ogni notte in cui avrei sentito la tua mancanza, avrei sfiorato quella collana per me così preziosa e mi sarei sentito meglio, perché sarebbe stato come poter stringere te al mio cuore». Le labbra gli tremavano mentre una minuscola goccia trasparente si infrangeva su di un petalo del fiore. «C-Capisci cosa voglio dire?» riprese, pur faticando a parlare in modo comprensibile, visto che i singhiozzi che cercava di ricacciare indietro rischiavano di far soffocare invece lui. «Per me è impensabile lasciare andare le poche cose che mi è stato concesso di amare da quando ho potuto iniziare a vivere. Senza quelle non avrei niente e nessuno. Ed era così che mi sentivo laggiù a Ninfipoli: un nessuno. Non sono niente senza le persone che amo, soprattutto quando tu sei lontano e io non posso vederti né stringerti a me.»

Quelle settimane di lontananza da tutti loro, da Brian, erano stati una tortura, per quanto a fin di bene, per quanto gli avessero aperto gli occhi su tante cose e fatto comprendere il reale valore dell'avere vicino persone che lo ritenevano davvero importante, parte della loro vita.

Si comprendeva il valore di qualcosa solo quando quel qualcosa era sparito, Cynder aveva capito anche questo e avrebbe solo voluto poter rimanere lì, in quel giardino e in compagnia di colui che amava sopra ogni altro essere vivente, per sempre. Non voleva tornare a Ninfipoli e non voleva sposare Nephele. Non solo perché non la conosceva e non la amava, ma anche perché sapeva che questo avrebbe avuto comunque delle conseguenze su Brian. Lo avrebbe fatto soffrire, inutile girarci attorno, e questo lo faceva stare male, davvero male.

E si sentiva ancora peggio, in quel momento, per aver rovinato quegli attimi perfetti, quel dono speciale che Brian aveva voluto fargli.

«Cynder...» esalò l'ex-sceriffo. In parte il discorso che aveva appena udito gli aveva spezzato il cuore, ma non quanto l'ammissione che Langford aveva incluso in esso: aveva parlato di amore. Di essere incapace di lasciar andare ciò che amava, di non poter lasciare andare lui. In poche parole aveva appena detto di amarlo.
Si sporse e gli prese il viso fra le mani, inducendolo a guardarlo negli occhi. «Se dipendesse da me, giuro che sarei il primo a stringerti e a non lasciarti andare mai più, Cynder.» Diavolo, in quelle settimane una volta gli era capitato di pensare che se solo fosse stato qualcuno di importante all'interno dell'ambiente di Obyria, qualcuno con il potere, si sarebbe frapposto fra Cynder e gli Undini con l'intenzione di essere lui a sposarlo. Un pensiero irrazionale e che aveva subito dopo deriso, certo, ma che per un secondo gli aveva fatto mancare un battito e, soprattutto, lo aveva indotto a immaginare un finale differente nel quale le cose sarebbero potute andare diversamente. Un finale in cui era lui a giurare di restare accanto a Cynder per sempre e al solo scopo di proteggerlo, renderlo felice e sì, amarlo.

Vide un lampo di comprensione attraversare lo sguardo di Cynder. Sorrise. «Sì, Micetto. Provo la stessa cosa» aggiunse, mandando al diavolo ogni ritegno, ogni logica, ogni regola che imponeva di aspettare prima di pronunciare parole così importanti e decisive. «Amore, Cynder. È la sola cosa a cui ormai riesco a pensare quando ti guardo.» Sigillò quella rivelazione baciandolo sulle labbra e stringendolo infine fra le proprie braccia, illudendosi che sarebbe stato sufficiente a impedire al futuro di compiersi, a una principessa degli Undini qualsiasi di sottrargli per sempre la possibilità di amare quell'uomo alla luce del sole, senza dover poi fare i conti con il pubblico biasimo, con le malelingue dei bigotti, di coloro che non capivano che non poteva esserci amore laddove regnava la costrizione. «Se solo potessi, ti porterei lontano con me» mormorò, soffocando su una sua spalla il pianto che non era più riuscito a frenare. Se solo non avesse conosciuto ormai abbastanza bene Cynder da sapere com'era fatto e da sapere che mai lui sarebbe stato capace di scappare e di voltare le spalle alle persone alle quali teneva, nonché ai suoi doveri, lo avrebbe afferrato di peso e se ne sarebbero andati entrambi in qualche località lontana ed esotica.

Sarebbe stato bello, certo, ma Cynder sarebbe stato anche in enorme pericolo. Lì era al sicuro, era circondato da persone che lo volevano ben protetto ad ogni costo, pronte ormai a battersi per offrirgli protezione da Grober.

Lui era solo un essere umano, invece, e sapeva che non avrebbe potuto far nulla per evitare che qualche disgrazia si verificasse. Non aveva il potere di proteggere adeguatamente Cynder e odiava ammetterlo, così come detestava sentirsi impotente e non poter far niente di concreto per aiutare gli altri.

Si scostò e guardò Cynder, posandogli un bacio sulla fronte e asciugandogli le guance. «Non so cos'altro ti abbiano insegnato laggiù, ma pensavo che potrebbe farti piacere, oggi, avere un compagno di ballo ai festeggiamenti in onore delle nozze di Skyler.» Non che uno come Cynder avrebbe mai potuto fare da tappezzeria, al centro dell'attenzione come sicuramente sarebbe stato da quel giorno in avanti, ma finché fosse stato loro concesso voleva che entrambi potessero illudersi di avere tutto il tempo del mondo e le medesime chances riservate a qualsiasi altra coppia.

«Sai ballare?» chiese emozionato Cynder.

«Certo che sì. Sai... quando mia cugina si è sposata lei ha preteso che imparassi almeno un minimo a stare su una pista da ballo perché... beh...» Brian esitò. «Lei ha una compagna e i suoi genitori non hanno accettato fino in fondo che fosse lesbica, motivo per cui non hanno voluto presenziare al suo matrimonio. Avrebbe potuto chiedere a mio padre di accompagnarla all'altare, con i miei genitori ha un ottimo rapporto, però ha deciso di chiedere a me di farlo e a quel punto ho dovuto imparare a ballare per non farle fare brutta figura durante il primo ballo della sposa. Di solito spetta al padre questo onore, ma date le circostanze...!»

Cynder sorrise, commosso. «È stato un gesto bellissimo il tuo, ma non capisco perché i suoi genitori non abbiano accettato il suo matrimonio con la persona che lei amava. Non aveva una buona reputazione?»

«No, è che...» Herden esalò un lungo e amareggiato sospiro. «Era a sua volta una donna, Cynder, e purtroppo, nel mio mondo, questo non tutti riescono ad accettarlo. Non viene reputato... normale, suppongo, anche se non ho mai ben capito cosa realmente significhi questa parola. Tutti sempre a blaterare sulla normalità e poi nessuno che sappia mai spiegarti sul serio cosa voglia dire o che cosa sia.»

I suoi rapporti con gli zii si erano raffreddati non poco dopo quell'avvenimento, per quanto Amanda gli avesse ripetuto di lasciar stare, di concedere loro del tempo per abituarsi a quella situazione. Brian sapeva che a tanti occorreva del tempo, ma fosse stato per lui il mondo non sarebbe andato affatto a quel modo e tutti avrebbero potuto amare chi volevano senza dover ‟concedere del tempo" alle proprie famiglie, come se fossero quelli i reali problemi di una società e non ben altre faccende. Come se l'amore dipendesse sul serio da ciò che una persona celava sotto i jeans. A suo parere l'importante era stare con qualcuno che rispettasse, trattasse bene il proprio partner e lo accettasse per com'era, difetti compresi. Tutto il resto era un'accozzaglia di scuse stantie e assurde.

Non aveva perdonato quella presa di posizione dei suoi zii e non intendeva farlo in tempi brevi, checché ne dicessero Amanda e Kendra. Lui non ci stava a compromessi di quel genere, non in certi ambiti. Se avesse avuto una figlia che intendeva sposare una donna, si sarebbe solo congratulato con lei e assicurato che la compagna la amasse abbastanza da tener fede alle promesse nuziali, niente di più.

«La normalità non esiste, ricordi?» disse Cynder, sottraendolo ai pensieri. «Sei stato proprio tu a dirmelo mesi fa.» Si mordicchiò il labbro inferiore. «Continuo a non capire bene quale sia stato il motivo di tanto screzio fra i tuoi parenti, però capisco che è una situazione difficile, anzi orribile, e mi dispiace. Suppongo che io sia stato fortunato ad avere una famiglia come quella che ho, una che mi accetta per come sono e mi ama incondizionatamente. Magari non è perfetta, insomma... papà è posseduto da una divinità del caos proveniente da un altro mondo, roba che farebbe andare in visibilio Stephen King e forse anche il Papa, ma per il resto... suppongo ci siano situazioni peggiori e che io sia stato fortunato. Quando ero convinto di non avere niente e nessuno, di essere solo al mondo, la vita ha deciso di contraddirmi, prove alla mano, e di farmi capire che in realtà qualcuno là fuori c'era e aspettava solo di ritrovarmi.»

Brian, senza farsi vedere, scacciò una lacrima che gli era appena sfuggita. Le parole di Cynder l'avevano commosso. Non riusciva a credere che potesse esistere veramente una persona del genere capace di trarre il meglio anche da situazioni laddove esso pareva non esistere. «Beh... sei stato una magnifica sorpresa, Cynder. Lo pensano tutti e lo penso anch'io. Soprattutto io.»

Vedendo che c'era un'ombra di malinconia sul viso di Langford, però, gli chiese se qualcosa non andasse. Cynder si strinse nelle spalle. «Alex e Andrew oggi se ne andranno e così pure Frederick e Iago. E poi... penso a mio padre, ad André, il vero André. Ci penso da quando abbiamo capito che non era realmente lui a fare quelle cose terribili e non posso non domandarmi se lui sia ancora là dentro, da qualche parte, e stia soffrendo più di chiunque altro vedendo cosa Grober sta facendo attraverso il suo corpo. So che forse può apparire insensato, ma sto male per lui, Brian. In fin dei conti non l'ho mai conosciuto e mai lo farò, mai avrò la possibilità di sapere che persona sia davvero André, ma è proprio questo a rendermi triste: sapere quel che sarebbe potuto essere e che invece mai sarà. Sapere che probabilmente morirà quando troveranno il modo per annientare Grober. Mi fa soffrire sapere che nessuno ha voluto pensare a una soluzione che potrebbe risparmiargli la vita e farlo tornare in libertà. Nessuno andrebbe lasciato da solo in una situazione simile o lasciato indietro a morire. Non è facendo del male a una sola persona che si fa del bene a tanti altri, almeno secondo me. Se fai del male anche a un singolo individuo... come puoi, poi, parlare di bene superiore, di bene comune? Quell'individuo è a sua volta parte della società, della comunità, dopotutto.»

Brian deglutì, vergognandosi a dover ammettere di non essersi mai soffermato a riflettere su quella questione. Probabilmente spesso si preferiva non pensarci, come accadeva ai soldati in guerra che preferivano dipingere i propri nemici come mostri assetati di sangue, anziché esseri umani proprio come loro; ogni scusa era buona pur di non ricordare che si stava ponendo fine a una vita umana, a una vita insostituibile e irripetibile. La guerra non era altro che una serie sconfinata di omicidi che la legge volutamente sceglieva di non punire perché imbavagliata dal patriottismo o da ideali politici, religiosi o morali, dalla sete di conquista o di petrolio, dall'avidità dell'essere umano che non conosceva limiti.

E poi certuni si chiedevano perché alcuni soldati finissero per perdere la testa. Come si poteva rimanere sani di mente sapendo di aver compiuto in guerra azioni terribili e disumane?

Cynder non aveva torto, forse era l'unico ad aver ragion su tutta la linea, ma in fin dei conti era un filosofo sotto mentite spoglie e credeva in un mondo ideale, nel migliore dei mondi possibili, ma il mondo non era perfetto e non lo erano neppure le persone. Purtroppo il benessere comune inteso come qualcosa che potesse raggiungere chiunque, nessuno escluso, era irraggiungibile, era un semplice miraggio di coloro che ancora credevano nell'essere umano e avevano fiducia nel suo saper migliorare con il tempo.

«Magari alla fine riusciranno a salvare André» buttò lì al solo scopo di sollevare il morale a Langford, ma Cynder scosse la testa. «Secondo la nonna e Iago è improbabile che per lui vada a finire bene. Grober si trova nel suo corpo da troppo tempo e questo potrebbe averli in qualche maniera resi impossibili da scindere. Se papà muore mentre quell'essere è ancora dentro di lui, allora moriranno entrambi. Non penso ci siano vie di mezzo, anche se vorrei tanto credere nel contrario. Trovo solo che sia triste, tutto qui.»

«Quante dita sono?» Brian sollevò la mano ne mostrò tre.

Cynder sospirò, sfibrato ed esausto mentre si tamponava la ferita che aveva sul lato del collo. «Sto bene, te lo giuro» replicò stanco, anche se avrebbe davvero voluto che Brian la smettesse di preoccuparsi così tanto per lui, quando c'era chi stava molto peggio e, purtroppo, c'era ancora chi era morto.

«Col cavolo! Rispondi, Cynder, forza! Quante dita sono?»

«Tre.»

«E ci voleva tanto?» Herden sbuffò sonoramente. «Togli la mano, fammi vedere quella ferita.» Cynder era molto pallido e non aveva colorito neppure sulle labbra. Un lato della sua casacca che fino a ore fa era immacolata e pulita adesso era macchiato di rosso perché quel figlio di puttana di Arwin si era azzardato a mettergli di nuovo le mani addosso e aveva cercato allegramente di farlo fuori, sicuramente su ordine di Grober, il signore incontrastato dei bastardi sovrannaturali di tutto l'universo.

In poche parole Obyria era stata attaccata durante le nozze di Skyler e Samantha e... beh, si era verificato un pandemonio, anzi il finimondo, e ora quella città un tempo stata magnifica e tranquilla era ridotta a un cumulo di macerie annerite dalle fiamme, le vie costellate di cadaveri, alcuni di loro carbonizzati. Neppure i più innocenti, animali compresi, erano stati risparmiati. Grober aveva attaccato e non era andato per il sottile, e aveva lasciato intendere che sarebbe tornato per terminare l'opera.

Ciliegina sulla torta, anche l'Oltrespecchio era stato attaccato ed era caduto nelle mani del nemico, divenendo così un'autentica zona di guerra asservita a quell'essere abominevole e alle sue schiere. Dicevano che laggiù si era verificata una vera carneficina addirittura peggiore di quella riservata agli abitanti di Obyria. Tutto era letteralmente stato dato alle fiamme e il re degli Efialti, Petya, era stato fatto prigioniero. Suo figlio Nicholas e altri pochi fortunati erano invece riusciti a scappare in tempo e questo grazie solamente alla tempra di quel figlio di buona donna di Godric che Brian, a fronte degli eventi, si stava vedendo costretto a rivalutare in positivo.

In quanto a Cynder, aveva avuto un brutto e ravvicinato incontro con il suo antico carceriere, Arwin; era andato a cercare Alex e si era invece imbattuto in Andrew che era alle prese con Reger. Malgrado Collins gli avesse urlato di darsela a gambe immediatamente, Cynder non aveva voluto saperne di fuggire, non vedendo Arwin tenere una mano serrata attorno al collo di Andrew con la chiara intenzione di fargli seriamente del male; aveva tentato di intervenire, di allontanare quel malvagio vampiro da suo cugino, ma quel mostro gli si era rivoltato contro come una belva feroce, ritrovandosi a un passo dallo squarciargli la gola a morsi. Andrew si era ripreso ed era intervenuto, c'era stata una furiosa quanto breve colluttazione che era terminata solo grazie all'aiuto dell'ultima persona che chiunque si sarebbe aspettato di immaginare: Zelda. La strega, cogliendo alle spalle il non-morto, lo aveva messo fuori gioco tramite un incantesimo stordente e poi aveva ordinato a Andrew di andarsene con Cynder da lì al più presto, prima che Arwin si riprendesse e potesse portare a compimento la propria sanguinosa opera. Collins, malgrado l'incredulità e una buona dose di scetticismo, di diffidenza, non se l'era fatto ripetere due volte e aveva aiutato Cynder a tornare in piedi e a correre via da quel corridoio.

Pochi minuti più tardi ecco che avevano incrociato Alex che, per lo spavento, per un soffio non aveva colpito con il proprio pugnale il fidanzato. Era stato così che aveva raccontato di aver dovuto affrontare Logan Durby, riuscendo infine a ucciderlo dopo aver tentato inutilmente di fuggire dalle sue grinfie. Logan lo aveva assalito, furioso specialmente perché Woomingan aveva scelto per una volta di opporre resistenza e di lottare, di non farsi calpestare. Quando Andrew era venuto a sapere che il licantropo aveva picchiato il suo amato Alex con tanta di quella furia da scaraventarlo contro una parete, sicuramente dimentico che non spettava a lui infliggergli il colpo di grazia, c'era mancato poco che si mettesse in testa di far tornare dal regno dei morti Durby per rispedircelo di suo pugno a suon di calci nel deretano e torture inimmaginabili. Era apparso molto più chiaro il motivo per cui Alex era sembrato sia a lui che a Cynder sotto shock e davvero malconcio. Se aveva ucciso Logan, ciò era avvenuto perché Alex, come tutte le vittime di soprusi e violenze, a un certo punto era giunto oltre ogni limite di sopportazione, aveva deciso di dire basta a tutto e di reagire; in lacrime aveva raccontato a Andrew e a Cynder di aver colpito Logan una volta, due, tre, fino a perdere il conto delle ferite e soprattutto il controllo su se stesso. 

Ora era lì, in quel corridoio, vicino a Andrew mentre entrambi sedevano a terra; Collins lo teneva stretto a sé e cercava di tranquillizzarlo mentre gli faceva male al cuore lanciargli delle fugaci occhiate e vederlo piangere in silenzio, soverchiato da quell'orribile giornata. Era presente anche Samantha insieme al figlio; lei continuava a ripetere al piccolo Jonathan che sarebbe andato tutto per il meglio, che suo padre, Skyler, se la sarebbe cavata, ma non pareva credere alle proprie parole fino in fondo. Quell'uomo purtroppo non aveva dalla sua uno stato di salute stabile e considerando cosa gli era successo, ciò non poteva che giocare a suo sfavore.
Tutto era iniziato con l'attentato alla sua vita durante lo svolgimento delle nozze che alla fine mai erano state portate a termine; per fortuna l'attentatore era stato fermato in tempo, ma poi ecco che dalla folla era emerso André, anzi Grober, e da quel momento in avanti si era verificato il caos e il panico aveva preso il sopravvento su tutti i presenti. Certo, Skyler lo aveva finalmente smascherato pubblicamente, dichiarando che lui era solamente una malvagia divinità che si faceva scudo con un'identità che non gli apparteneva. 
Dopo ciò, tuttavia, e dopo che sulla scena era apparso James Wolf, agli occhi dell'opinione pubblica tornato letteralmente dalla morte, ma in realtà sopravvissuto al proprio assassinio grazie al suo Efialte, Misha, che aveva preso il suo posto e si era sacrificato per la causa della Resistenza, consentendogli di andarsene lontano e vivere in latitanza per evitare che Grober gli desse la caccia, il pandemonio era esploso letteralmente, visto che fuori dalle vetrate si era udito un boato terribile provenire dalla città vicina e si era scorto un bagliore di fiamme rischiarare la sera incombente: Obyria era stata attaccata dalle schiere ormai nutrite di Grober, data alle fiamme e sottoposta a un supplizio tremendo. Grida assordanti si erano levate verso il cielo ed era stato allora che tutti nella sala dove si sarebbe dovuto svolgere il matrimonio avevano capito di trovarsi in un pericolo mortale. 

Era stato Cynder a gridare alla gente di fuggire immediatamente da lì, di uscire dalle porte e mettersi al riparo, andarsene dalla città, se potevano. Solo così, avvertendo nell'aria cosa si sarebbe potuto verificare di lì a poco, aveva preceduto Grober ed evitato una carneficina. Gli invitati, infatti, subito lo avevano ascoltato e avevano obbedito a quell'autentico comando. James e Iago, invece, avevano deciso di restare e di trattenere Grober, di battersi con lui insieme, come una squadra, per provare a rallentarlo o, addirittura, ad annientarlo. Proprio quando parevano avercela fatta, però, mentre provavano a farsi dire da quell'essere dove fosse andato a finire Kyran, ecco che Andrew, Alex e Cynder si erano precipitati nella sala ormai deserta. James, messo in allarme dalle sibilline provocazioni di Grober che aveva cercato in ogni maniera di farsi uccidere quasi appositamente, aveva imposto a Iago di non colpire il corpo che conteneva la divinità. A quanto pareva, infatti, Grober non era legato alla sorte di André e se quest'ultimo fosse stato ucciso, lui se la sarebbe invece cavata e solo allora, in quell'istante, finalmente James aveva capito il probabile piano di quel mostro aberrante: impossessarsi del corpo di qualcun altro, un corpo migliore, forse più adatto a ospitarlo per motivi non ancora chiari, e le spoglie che erano state prese di mira parevano essere, purtroppo, quelle di Alex Womingan. Alex che aveva assunto un atteggiamento strano, aggressivo e improprio della sua indole e solo perché si trovava a pochi metri di distanza da Grober. 
Non c'era stato tempo di esplorare oltre la stranezza: Samantha era piombata nella sala e si era presentata con l'abito da sposa macchiato di sangue fresco. In lacrime, in preda quasi all'isteria, aveva detto che lei e Jonathan erano stati intercettati da una donna, una maga potente che sembrava dieci volte peggiore di Zelda e assetata di sangue. Skyler, però, forse avvertendo che il figlio era in grave pericolo, si era precipitato sul posto ed era intervenuto appena in tempo per impedirle di torcere un solo capello al bambino o a Samantha, ma lo scontro si era rivelato impari e sanguinoso, forse mortale per lui. 

Grober aveva approfittato della distrazione di tutti quanti per liberarsi e per scappare con grande stile sfondando una vetrata e uscendo illeso dalla caduta. Era stato visto richiamare i suoi e infine andarsene da Obyria.

In quanto a Skyler, al momento stavano cercando di salvargli la vita, ma ormai era diverso tempo che nessuno di coloro che si era offerto di contribuire all'impresa non usciva dalle stanze dell'Imperatore non ancora incoronato per dire se egli fosse ancora vivo o non ce l'avesse fatta a sopravvivere.

La donna che lo aveva aggredito e ridotto in quelle terribili condizioni era fuggita a sua volta, seguendo gli altri sostenitori di Grober e lasciandosi dietro tanta paura e tanto, troppo dolore.

Una cosa era certa: non si erano mai viste nozze del genere né un compleanno peggiore di quello.

Cynder distolse lo sguardo dalle porte degli appartamenti di suo fratello e tornò a far pressione sulla ferita che aveva al collo, stringendo così forte da causare la fuoriuscita di altro sangue, come se non si rendesse conto di peggiorare così le proprie condizioni. Come se quella sofferenza fisica potesse lenire quella che avvertiva dentro di sé e attorno a sé. Sentiva il dolore degli altri, non solo il proprio, e questo lo faceva stare ancora peggio.
Brian, accorgendosi di quel che stava facendo, gli fece allontanare la mano che gocciolava di sangue fresco. «Cynder, ti prego, lascia che qualcuno ti medichi» lo implorò, parlandogli con un tono di voce calmo e pacato, seppur scosso da un tremore che non poteva controllare. Non aveva mai visto in quello stato Cynder, neppure agli inizi. Mai era stato irragionevole e testardo, reso cieco e sordo dalle proprie emozioni.

Forse era vero quel che si diceva riguardo ai gemelli: nel bene e nel male condividevano un legame indissolubile e intrinseco, profondo e viscerale, come se in realtà non fossero altro che una sola persona scissa in due corpi. Se uno dei due soffriva, l'altro lo sentiva; se uno dei due stava per morire, anche l'altro sentiva qualcosa dentro di sé sul punto di spegnersi per sempre. Forse era per questo che Cynder non voleva farsi curare la ferita. Forse non avrebbe permesso a nessuno di farlo finché non fosse stato sicuro che Skyler si era salvato e Brian aveva paura di cosa sarebbe accaduto se l'esito della situazione si fosse rivelato tragico.

L'ex-sceriffo udì dei passi avvicinarsi e sollevando gli occhi, visto che si trovava inginocchiato a terra, di fronte a Cynder, scorse l'alta e in un certo senso maestosa figura di James, simile in tutto e per tutto a Iago e al fratello, a re Petya, eppure con qualcosa di intrinsecamente diverso che lo rendeva, in un certo senso, differente da loro, quasi superiore. Forse era perché il suo pallore era secondo solamente al candore dei capelli e assieme agli occhi azzurro violetti che tanto ricordavano quelli di Skyler, nonché all'aria serie e altera, dava quasi l'impressione che l'inverno stesso fosse sceso fra di loro nelle vesti di un uomo. Brian, in circostanze differenti, forse lo avrebbe soprannominato Jack Frost, ma non aveva alcuna voglia di scherzare ed era sull'orlo di un crollo nervoso perché Cynder era pronto a dissanguarsi nel caso che il fratello fosse passato a miglior vita.

«Posso dare una mano, se vuoi» propose James, dando prova di una delicatezza che quasi strideva con il suo aspetto in generale, anche se invece si sposava a meraviglia con la malinconia in fondo ai suoi occhi.

Brian, ovviamente, annuì e tentò di biascicare un ringraziamento. Non conosceva James e non era il caso di fare gli schizzinosi, non quando Cynder diveniva sempre più esangue con l'andare dei minuti.

Wolf si accovacciò accanto allo sceriffo e guardò Langford. «Tu devi essere il famoso Cynder» lo apostrofò con calma. «Ti spiace se do una breve occhiata al tuo collo? Solo per un secondo, davvero.» Era chiaro che volesse prima tentare con un metodo più morbido, ma non parve stupirsi quando Cynder, guardandolo brevemente, scosse la testa e si rannicchiò ancora di più contro il muro. Ancora una volta Brian non poté far a meno di notare che si comportava proprio come un felino che stava male e, non fidandosi di niente e di nessuno mentre era vulnerabile, si chiudeva al mondo e intestardiva. Tremava, anche, forse per il dolore, forse anche perché, fra tante altre cose, era reduce da uno shock terribile, quello di esser stato ancora una volta maltrattato da Arwin. Era probabile che avesse rivissuto nella propria mente un'infinità di spiacevoli e orrendi ricordi. L'incubo che si era affannato a voler seppellire era risorto dalla tomba per terrorizzarlo e ricordargli che sarebbe sempre rimasto lì, da qualche parte nella sua mente, pronto a seguirlo fino alla morte.

Cynder era traumatizzato e Herden cercò di spiegarne brevemente la ragione a James che, sospirando, gli sussurrò di tenere fermo Langford. Con le buone o con le cattive, quell'uomo andava curato subito. Era per il suo bene, anche se non voleva collaborare ed era troppo spaventato per capirlo.

Brian si fece forza e prese tra le mani il viso dell'amato. «Cynder, guardami, dai» gli sussurrò, sull'orlo delle lacrime. «Shh, va tutto bene. Guarda solo me. Ci vorrà pochissimo, promesso.» Alla fine riuscì ad attirarlo a sé e a stringerlo. Sentiva il suo cuore battere all'impazzata come quello di qualcuno che provava un terrore oltre ogni immaginazione; lo sentiva rigido come una statua nella propria presa, pronto a scattare come una molla ormai al massimo della contrazione.

«Shh, ci sono io» gli sussurrò, accarezzandogli i capelli e scambiandosi nel frattempo un'occhiata di seria intesa con Wolf. James colse il segnale, sollevò una mano e la accostò al collo ora esposto di Langford, senza però arrivare a sfiorarlo. Dalle sue dita si propagarono filamenti di luce dorata che, proprio come quelli che venivano impiegati per suturare, subito serpeggiarono verso la ferita e iniziarono a zigzagare fra i lembi della pelle squarciata, penetrando nei muscoli e guarendo anch'essi. Quando tutto terminò, nessuno mai avrebbe potuto affermare che lì, solo secondi prima, si fosse accanito un vampiro omicida. L'incarnato di Cynder era di nuovo intatto e perfetto.

«Non posso fare nulla per le ferite che ha dentro di sé» mormorò abbattuto James. «Suppongo che per quelle sia tu la migliore medicina» aggiunse, tentando di abbozzare un sorriso e guardando Brian come se provasse verso di lui una sorta di rispetto. «Mi hanno detto che ti sei dato da fare come meglio potevi per proteggere chi si trovava fra queste mura. Considerando che non hai poteri come tanti di noi e ti sei dovuto ambientare in fretta in un mondo diverso dal tuo, credo che molti dovrebbero guardarti d'ora in poi con gratitudine e riverenza. Anche se sei stato trattato come Obyria è solita trattare gli umani, e di questo ne sono purtroppo sicuro, ti sei dimostrato migliore di tanti altri.» Gli strinse piano una spalla e si rimise in piedi. «Comunque parteggio per voi due» disse infine, indicando lui e Cynder. «Siete una bella coppia e vi meritate a vicenda.»

Se era vero quel che gli avevano detto su Cynder e ciò che aveva dovuto sopportare per anni e se Brian era realmente il brav'uomo che Sophie gli aveva descritto, allora non c'era accostamento migliore di quello: una persona di buon cuore che aveva tanto da donare e un'altra che invece necessitava di tutto l'amore e di tutte le premure del mondo. Era triste che il destino si fosse messo in mezzo, ma forse, prima o poi, la fortuna sarebbe tornata a girare per entrambi.

Brian invano tentò di celare la propria sorpresa davanti alle parole di Wolf. Continuando a stringere fra le braccia Cynder che sembrava essersi un po' calmato e rilassato, si umettò le labbra e disse, rauco: «Grazie per averlo aiutato. Skyler non si sbagliava sul tuo conto». Per un istante gli sembrò quasi che James non fosse a suo agio nel sapere che Skyler avesse parlato un bel po' bene di lui, come se non ci credesse fino in fondo. «Skyler tende a vedere il bene negli altri anche quando sono loro stessi a non riuscire a scorgerlo. È sempre stato buono con me. Gli devo praticamente tutto ciò che poi sono diventato. Era lì per me quando nessun altro poteva vedermi ed è stato lui a convincermi a non mollare la presa. Neanche mi conosceva, ma aveva capito tante cose non appena mi aveva visto.» Tacque per qualche secondo. «Tra non molto verrà qui una persona che potrà davvero fare la differenza per lui. Tornerà a stare bene, credimi.»

Herden capì le sue parole solo quando, qualche minuto più tardi, vide Virginia farsi strada a passo svelto nel corridoio. Il suo lungo abito dal colore simile a quello del cielo notturno era logoro e rovinato, ma neppure questo risultava sufficiente a sottrarle quell'innata eleganza che aveva sempre e comunque. Sembrava molto provata, però. «Sarei venuta prima qui, ma...»

«Come va ad Athanasia? Vuoi che vada io mentre tu rimarrai con Skyler?» le chiese James.

Virginia agitò una mano. «Non occorre, tranquillo. Ci sono Godric e Max laggiù e comunque dubito che Dante abbia cattive intenzioni nei riguardi di mio padre. È solo un cane che abbaia, ma alla fine quasi mai morde. Papà se la caverà, ne sono sicura.»

Papà?, pensò Brian, confuso. Di chi diavolo stavano parlando quei due, esattamente? E chi era Dante? Che cos'era successo nel Regno della Notte? Era ovvio che vi fosse sotto qualcosa che era stato tenuto loro nascosto.

«Perché Godric si trova lì? E come mai Max non era alla cerimonia?» chiese, non riuscendo a trattenersi. Si mosse delicatamente e si sedé del tutto a terra, cercando di non svegliare Cynder che doveva aver perso i sensi dopo tutto quel che aveva passato. L'ex-sceriffo lo tenne fra le braccia come avrebbe fatto con un bambino, lasciando che il capo di Langford riposasse su di una sua spalla.

Virginia parve accorgersi solamente alla fine che lui si trovava lì e li aveva sentiti parlare, ma fu lesta a celare la sorpresa. «Uhm... lascerò che sia James a dirtelo. Prima voglio sapere come sta Skyler e provare a dargli una mano. Se neanche quello che ho in mente di fare potrà aiutarlo, allora non so cos'altro potrebbe riuscire nell'impresa.»

James era chiaramente al corrente delle sue intenzioni e la guardò allontanarsi ed entrare negli appartamenti reali con un misto di angoscia e amarezza.

«Che vuole fare?» gli domandò Brian.

«Usare la propria Grazia.»

«La Grazia?»

«Beh... Virginia è una Nephilim, Brian, e come tutti loro possiede una natura in parte angelica e dunque la Grazia. È in poche parole il nucleo di tanti dei loro poteri, così come della loro capacità di vivere a lungo, persino in eterno. È ciò che mantiene in vita un angelo e un Nephilim, rendendoli forti e potenti oltre ogni aspettativa. Dopo stanotte i Morphyr potrebbero finalmente conoscere un po' di pace e non soffrire mai più della sorte alla quale il loro progenitore venne condannato. Skyler deve essere forte per lottare per rimanere in vita, ma non può farlo quando è ancora sotto l'influenza di un maleficio delle fate.»

Herden si accigliò. «Aspetta, ma... questo significa, però, che...»

«Virginia continuerà a vivere, ma a un certo punto morirà come una donna mortale qualsiasi. Perderà la sua natura angelica e diventerà completamente umana, ma ha tempo a sufficienza per sistemare i propri affari e comunque... da quel che ho potuto capire su di lei... l'immortalità è più un peso che un beneficio. Non penso le dispiaccia così tanto di utilizzare la sua Grazia per salvare Skyler.»

«Oh, Dio» esalò Brian, scosso. «Beh... ha comunque un bel po' di coraggio. Insomma... non penso che molti altri farebbero una cosa del genere. Sbaglio?»

«Non sbagli affatto» confermò James con un lieve e triste sorriso. «Virginia è una brava persona e il mondo sarà sicuramente un posto meno colorato e interessante senza di lei, ma... credo anche che valga sempre la pena dare ogni oncia di se stessi per il bene del prossimo, specie qualcuno che se lo merita come Skyler. Sarebbe proprio ora che la vita decidesse di sorridere un po' a quell'uomo.» Accennò a Cynder. «Lui come sta, a proposito?»

Brian deglutì. «Svenuto. Ha perso tutto quel sangue e quel bastardo di Arwin non ha sicuramente contribuito al suo benessere.»

«Se può consolarti, ha terminato per sempre di nuocere al prossimo.»

L'ex-sceriffo si accigliò. «Come, scusa?»

James fece spallucce. «È morto. Sai com'è... ha fatto la fine del chihuahua che a furia di fare la voce grossa con il dobermann si è beccato un bel morso a dir poco fatale. Gli è sempre piaciuto provocare la gente, ma il troppo stroppia. Si è fregato da solo.»

Brian inarcò un sopracciglio. «Ossia?»

«Si è presentato ad Athanasia per uccidere Dario. Non gli è mai piaciuto e per giunta lo riteneva la sua peggiore creazione di sempre, nonché un ostacolo per Grober, anche se stava morendo perché era stato morso da un Ghoul, qualche settimana fa. Beh, Arwin ha fatto quello che sa fare meglio: cazzeggiare e giocare con il cibo e alla fine la sua lingua lunga gli si è ritorta contro. Ha toccato un tasto dolente, secondo quel che ha detto Virginia, e Dario si è alterato tanto da riuscire a ferirlo con la lama azraelita che avrebbe dovuto invece uccidere lui. Te l'ho detto: la fine del chihuahua.»

Brian si prese qualche istante per assaporare al meglio la notizia che Arwin finalmente fosse venuto a mancare. Era terribile gioire della morte di qualcuno, ma lì si stava parlando di un autentico mostro, dell'essere abominevole che aveva quasi ammazzato Cynder e aveva ucciso Andrew. Francamente aveva fatto una fine fin troppo semplice e all'acqua di rose, ma chapeau alla regal sanguisuga per avergli fatto il culo anche se si trovava in punto di morte. Questo spiegava perché non si fosse presentato a Obyria, settimane prima, per perorare la causa di Cynder.

«Aspetta un attimo» fece poi. «Arwin ha trasformato Dario? Ma... quando? Come? Perché?»

James fece spallucce. «Non lo sapevi?»

«Secondo te?»

Wolf si appoggiò con una spalla al muro. «Comunque è la verità e non mi sembra poi così sconvolgente. Secondo te come mai si odiavano tanto e volevano distruggersi a vicenda?»

«Magari perché persino la persona più abominevole e crudele del mondo avrebbe voluto vedere Arwin crepare come uno stronzo e soffrire le pene dell'inferno?» fece Brian, retorico. «Chi non odiava Arwin? Santo cielo!»

«Arwin e forse Grober.»

«Appunto.»

«Beh, Dario aveva mille valide ragioni per volerlo fuori dai giochi. Non ne conosco nessuna o quasi, a parte quelle più evidenti e ovvie, ma gli si leggeva in faccia che lo odiava a morte. Un giorno azzardai l'ipotesi e lui semplicemente disse che era vero, e finì così. Credo che anche per questo, perché sapeva com'era aver a che fare con Reger, che abbia deciso di risparmiare la vita a Andrew e farlo fuggire appositamente di prigione.»

«Voglio un bene dell'anima a Andrew, non fraintendermi, ma solo perché uno ha subito cose terribili...»

«Non tutti reagiscono alla stessa maniera al dolore, Brian, e comunque Dario stesso ha avuto le sue brutte giornate, in passato. Basta fare un giro negli archivi giusti per saperlo, e questo non fa che perorare la mia tesi, ovvero che capiva il punto di vista di Andrew e non lo incolpava fino in fondo. Il tempo gli ha dato ragione, visto che Andrew non ha avuto ricadute ed è tornato ad avere un qualche equilibrio. No?»

L'ex-sceriffo guardò in direzione di Andrew e Alex e sospirò con un velo di tristezza. «Ho paura per loro, se devo esser onesto» si lasciò sfuggire, dando voce ai pensieri che lo tormentavano da settimane. «Dopo ciò che è accaduto oggi non riesco ad aspettarmi un lieto fine per nessuno di noi. Grober ci ha mostrato che ha un enorme potere sulle nostre vite e che non esiterà a esercitarlo in futuro. Andrew ha detto che Alex era molto strano mentre si trovava nella stessa stanza dov'era Grober. Dice che non sembrava più lui e che era diventato ostile persino con te e con Iago.»

James sospirò. «Beh... Grober influenza tutti noi, in generale. È il dio del caos, della discordia e delle Tenebre. Quel che sa fare meglio di qualsiasi altra cosa, tienilo sempre a mente d'ora in avanti, è tirar fuori il peggio dal cuore di chiunque e usarlo a suo vantaggio. Dicono che quando era ancora una divinità all'apice del potere sapeva capire all'istante quali paure, incertezze e pensieri talvolta cattivi, negativi, si celassero nell'animo di una persona. Per lui tutti erano dei libri aperti e non c'era modo di sfuggire al suo sguardo inquisitore. Era capace di far ribaltare l'atteggiamento di un individuo, di indurlo a rivelare la parte peggiore di sé e talvolta farne uso per nuocere a qualcun altro. Due fratelli che si volevano bene, nelle sue grinfie, arrivavano a detestarsi e a bramare l'uno la morte dell'altro, persino a causarla. Discordia, per l'appunto, e nella sua forma primordiale e più potente e distruttiva.»

Brian, decisamente inquieto davanti a quella spiegazione, subito avvertì un campanello d'allarme risuonare dentro di sé. «Vuoi dire che...?»

«Sì. Ecco perché sto mettendo in guardia tutti coloro che sono disposti a darmi ascolto. Grober colpirà con ogni mezzo e su tutti i fronti sui quali riuscirà a mettere le grinfie. Potrebbe indurre te e gli altri a odiarvi a vicenda, a litigare, a dividervi. ‟Dividi e domina" è una delle strategie belliche più antiche del mondo, dopotutto, e funzionava a meraviglia. E credo che a essere più a rischio, paradossalmente, non siano le persone più forti, ma quelle più fragili.» Gli occhi seri e inquieti di James, per alcuni secondi, indugiarono su Cynder. «È per questo che dovrete guardarvi le spalle a vicenda e serrare i ranghi il più possibile: per fare da scudo a coloro che non hanno la forza di contrastare la volontà di Grober. È questa la reale forza del gregge, il suo vero scopo: proteggere i più deboli e gli indifesi, chi non può difendersi con le proprie forze e necessita che altri gli si stringano attorno per schermarlo da minacce esterne.»

Per puro riflesso Brian accarezzò la schiena a Cynder e gli baciò il capo. «Quindi anche chi non ha colpe e ha l'animo puro rischia grosso con Grober?» domandò.

«Non proprio.» James si passò due dita sugli occhi. «Quel che realmente temo, Brian, è che persone come Cynder, ad esempio, subiscano le conseguenze dell'influenza di Grober sul prossimo, che vengano messi in pericolo tramite terzi. Capisci? Perciò è importante che a proteggere i punti molli del gregge siano persone forti e caparbie, persone che abbiano nel proprio animo ben chiara la differenza fra bene e male, incapaci di venire a patti con certi compromessi. Persone dalla morale incorruttibile, mi segui? Per questo ho deciso di parlare di tutto questo con te.»

Herden si accigliò. «Secondo te sarei una di quelle persone?»

«Precisamente. Come ti ho già detto, mi hanno parlato di ognuno di voi, tenuto informato su gran parte degli sviluppi degli ultimi mesi e una delle cose che ho potuto evincere ancor prima di conoscervi, è che vi siano degli elementi, all'interno del vostro gruppo, più forti e tenaci degli altri. Tu rientri nella cerchia, Brian.»

«Secondo me hai preso un granchio.»

James sorrise appena. «Mhm... eppure so che sei tra quelli che credono ancora in valori che tanti altri, invece, hanno da tempo dimenticato. Valori che spesso vengono ritenuti desueti e troppo in alto per essere afferrati e compresi. Se quel che mi hanno detto su di te è la verità, sei una persona che crede nel valore dell'amicizia e della fratellanza, Brian. Per te un amico è parte della famiglia anche quando commette degli errori. Davvero pensi che altre persone, al tuo posto, avrebbero tentato di rimanere neutrali e di guardare con obiettività la situazione a Hanging Creek? Non rinunciasti ad aiutare Alex neanche quando venisti a sapere che forse si era reso in qualche maniera responsabile della scomparsa di Andrew, l'uomo che poi hai contribuito ad aiutare a fuggire dalla prigione dei vampiri, malgrado quel che aveva fatto.»

«Beh, pensavo fosse giusto così» replicò d'impulso Brian.

«Lo vedi che ho ragione, allora?» lo rimbeccò Wolf, sorridendo. «Agisci secondo la morale della giustizia, non quella personale. Anche se a denti stretti, ammetti quando è giusto fare una cosa e la fai lo stesso, anche se potrebbe metterti in pericolo o non piacerti. Pensi sul serio che tutti agirebbero così, ignorando la propria, di morale?»

Herden sospirò. «Direi di no. Francamente a volte mi viene da pensare che sono io a essere un cretino.»

«E in questo sbagli, lascia che te lo dica. Sei un diamante raro, Brian, e si sa: in mezzo a tanti sassi e a false pietre preziose è difficile saltare all'occhio e farsi notare.» Guardò ancora una volta Cynder. «Stagli vicino. Arriveranno tempi più difficili di questi e la strada è ancora molto lunga.»

L'ex-sceriffo annuì debolmente, ma nei suoi occhi v'era sicurezza. «Non so bene quanto io possa fare per lui in altri ambiti, non avendo armi sufficienti dalla mia parte per proteggerlo da tutto questo, però... posso almeno rimanergli accanto, nel bene e nel male.» Non avrebbe lasciato da solo Cynder, né in un futuro prossimo né quando il futuro stesso sarebbe apparso nebuloso e lontano. In cuor proprio ormai sapeva che laddove si trovava quell'uomo, lì era dove lui si sarebbe sempre sentito a casa.

N.d.A

Allora, allora... so che all'inizio la storia sarebbe dovuta chiudersi più avanti, ma col senno di poi mi sono resa conto che come finale questo era molto meglio. Chiude il cerchio alla perfezione e mostra un finale aperto che ci si può sbizzarrire a prevedere, sul quale magari poter fantasticare, e penso che sia anche questo il senso di scrivere una storia: permettere al lettore di usare la fantasia e viaggiare verso mondi lontani, senza porre limiti al potere dell'immaginazione. Proseguire e stiracchiare troppo tutto avrebbe un po' guastato l'effetto complessivo e più che una scrittrice, anzi un'imbrattatrice di fogli, mi piace pensare a me stessa come a un'artista della vecchia scuola che agisce guidata dalla vena dell'ispirazione e dalla capacità di riconoscere quando un'opera è perfetta esattamente com'è. Personalmente apprezzo, poi, i finali aperti. Li trovo paradossalmente più completi di quelli chiusi e categorici. Danno l'impressione che quel mondo di cui si è parlato sia realmente tridimensionale e vasto, tanto che, come nella vita vera, risulta impossibile scorgere l'orizzonte e una vera e propria fine. Ti fa pensare che quei personaggi continuino la loro vita anche quando hai chiuso il libro e sei tornato nel tuo, di mondo.

Potrei aver proseguito raccontando delle nozze di Cynder, di ciò che sarebbe accaduto in seguito, ma mi è parso invece più giusto socchiudere la porta e lasciare uno spiraglio per l'immaginazione altrui e, perché no, figurarsi persino mille finali alternativi. È più bello così, a mio parere 😌

Ringrazio, comunque, ancora una volta pxstelpurin per avermi chiesto di realizzare quella che considero essere una piccola perla e una specie di zona di comfort per noi che sotto sotto crediamo che in parte Cynder e Brian sarebbero stati una coppia per certi versi migliore dei Bryler. Io, a fronte di tutto quello che ho narrato, un po' lo credo. Un po' tanto, anzi, ma d'altro canto, se ci pensiamo bene, neppure gli Aldrew sono perfetti e sono tra quelli a essersi fatti più male a vicenda. Potrei citare anche i Danric. Diamine, loro sono l'apoteosi di questo concetto di odio, amore e perdono. E una cosa la devo ammettere: sono una persona selettiva e spesso troppo categorica, quando si parla di porte chiuse che devono rimanere tali. Ad esempio: Alex e Andrew in teoria, agli albori, avrebbero dovuto fronteggiare una sorte diversa da quella che poi ho riservato loro e idem Dante e Godric. Per loro, dal mio punto di vista appunto selettivo che scherzosamente definisco "morale a sciabola", le cose stavano in quel modo e fine, non si potevano cambiare, era troppo tardi. È stato solo quando alcuni che leggevano la storia mi hanno spinta ad ammettere che forse qualcosa da salvare c'era ancora che ho scelto di riporre, per l'appunto, la sciabola e rimandare il mio giudizio su entrambe le coppie. Potrebbe sembrare volgare fanservice, ammettiamolo, ma giuro che non è così. Non vedevo perché, per l'appunto, sono troppo categorica e selettiva, preferisco non indugiare troppo in quella vocina che mi dice che forse si potrebbe andare oltre, forse qualcosa da salvare potrebbe esserci eccome. In entrambi i casi mi sono convinta a tornare sui miei passi, a fermarmi un attimo a riflettere e a intravedere uno spiraglio di luce per tutte e due le coppie in questione, e sono felice di aver agito così, di essere stata per una volta saggia e aver dato a Cesare quel che era di Cesare. 

Quindi... non mi va di essere troppo severa con Skyler e Brian. Alex e Andrew si sono comportati peggio, spesso e volentieri, e in quanto a Godric e Dante... beh, stendiamo un velo pietoso, che è meglio. Skyler ha avuto dei momenti di debolezza, idem Brian, e a confronto di altri non sono poi stati così terribili l'uno con l'altro. Sono semplicemente umani e fallibili come chiunque altro ed è questo a renderli una coppia realistica, se vogliamo. Le relazioni perfette non esistono e persino fra Cynder e Brian ho notato, a volte, dei lievi squilibri, particolari che li rendevano realistici. 

Tutto questo per dire che apprezzo entrambi gli abbinamenti e sono combattuta, parecchio combattuta, e sono contenta di averli esplorati tutti e due, nonché grata a pxstelpurin per avermi convinta, anzi tentata, a cedere al fascino dei Brynder. È stato bello scrivere questa piccola storia e l'ho trovato stimolante, un ottimo esercizio di scrittura, specie per via della difficoltà dello scrivere del personaggio di Cynder allo stadio iniziale e intermedio e bilanciarlo con ciò che richiedeva la trama. 

Detto ciò, tornerò molto presto alla carica con altre due richieste: una è di Distance_Dream e sarà basata su una trama che vedrà gli Aldrew in una realtà alternativa più realistica e vicina alla nostra, nonché alle prese con una storia d'amore più canonica e dolciosa u.u L'altra è di ducati_79 che ha chiesto – e a ragion veduta, aggiungo – una AU ambientata anch'essa nel nostro mondo e incentrata sulla Gario, ossia GarethxDario. Li ho maltrattati senza pietà, lo devo ammettere, e mi stuzzica pensare a qualcosa di alternativo per loro. Infine... c'è un'ordinazione che ho fatto a me stessa, ovvero quella di unire due questioni che fino ad ora ho trattato superficialmente e sempre lasciando a intendere tante cose, forse più di quanto avrei dovuto: le dinamiche tra Arwin e Dario e fra quest'ultimo e Dracomir. Penso che non sia passato in sordina il mio aver voluto appositamente evitare di porre troppo l'attenzione sull'argomento e questo perché, detto in parole povere, di cose da dire ce ne sono tante e, specialmente riguardo ad Arwin e a una delle sue prime Creature, non sono così piacevoli e family friendly. Dico solo che quando dico che Dario sa bene che razza di bestia sia Arwin, non esagero e non accenno solo al pastrocchio con gli Esper e alla tendenza di Arwin a essere una spina nel fianco per chiunque. Sarà dura, ma sento di dover rispondere a tante domande rimaste senza risposta o mai state approfondita con la dovuta cura. Sarà un viaggio piuttosto brutto nel viale dei ricordi, roba pari solo a "Come cademmo dalla grazia" e forse ancora peggio, ma ce la farò. 

Quindi tornerò presto e con nuova robetta su cui sclerare male, yup. Fino ad allora, però, passo e chiudo! ❤️💋