乇ㄩㄒㄖ卩|卂 || Ep. 6. Un futuro ignoto
Niente, adoro questa canzone e mi sembrava molto in tema, crea atmosfera 🌚
https://youtu.be/BzL2nMQO3mM
ㄩ几 千ㄩㄒㄩ尺ㄖ |ᘜ几ㄖㄒㄖ
Andrew diede a quello che sicuramente era Brian il permesso di entrare nel suo ufficio e lo osservò, in silenzio, avvicinarsi alla scrivania.
«Volevi vedermi?» chiese l'agente di polizia. Ormai alla centrale si era già sparsa la voce, anche se ancora il capitano Jones non aveva parlato al dipartimento e spiegato per filo e per segno cosa stava accadendo.
Il detective annuì e accennò con un gesto della mano alla seggiola di fronte al mobile. «Siediti. Devo... devo dirti una cosa. Riguarda non solo te, ma anche Skyler.»
Brian capì. «Riguarda quella storia di cui tutti parlano, vero? Dell'epidemia o quello che sia.»
«Sì e... devi sapere che... sembra colpire solo chi è di sottospecie predatoria, quindi... S-Skyler potrebbe essere in pericolo come tanti altri qui a Eutopia. Per ora l'epidemia è circoscritta solo a questa città, ma non sappiamo se potrebbe estendersi. Il capitano ieri ha parlato con le altre autorità e come sai già, entro questa settimana nessuno potrà più entrare né uscire da Eutopia. So che non dovrei dirti di fare una cosa simile, Brian, ma voglio che tu lo faccia per mio cugino: lasciate Eutopia. Magari andate a casa dei miei zii o dei tuoi genitori, ma non restate qui. Presto ci sarà il panico totale e Skyler è in condizioni delicate. Andate, prima che le frontiere vengano chiuse.»
Herden deglutì e scosse la testa. «Skyler non accetterebbe mai di andarsene. La sua vita adesso è qui, Andrew. Lo sai che non si trovava bene ad Artheka. Era una città troppo provinciale e ottusa per uno come lui e schizzato com'è ultimamente, credimi che mi lancerebbe fuori dalla finestra se gli dicessi che dobbiamo tornare nella città che odiava da ragazzo.»
«Quando mai non è stato schizzato?» commentò divertito Andrew.
«Beh, adesso lo è il triplo. Amico, ieri erano le quattro di mattina quando mi ha buttato giù dal letto e detto che voleva dei cupcake! Dove cazzo li trovavo dei cupcake, me lo spieghi?» sbottò stridulo Brian. «Quello mi manda al manicomio! Non vedo l'ora che arrivi il pupo, parola mia!»
Andrew sospirò. «Scherzi a parte, prova a convincerlo.»
«Nessuno è mai riuscito a convincere di qualcosa tuo cugino. Ricordi quando avevamo dieci anni e non ci fu verso di spiegargli che saltando da un albero alto in quel modo si sarebbe rotto una gamba? Alla fine se l'è rotta davvero!»
«Sì, ricordo. Piangeva a dirotto.»
«Appunto.»
Drew deglutì. «L'anno successivo ci ritrovammo a piangere tutti quanti in famiglia per una ragione ben diversa, purtroppo» commentò rattristato. «Mio zio morì in guerra e zia Dot non si è mai ripresa del tutto.»
«Già» sospirò Brian. «Skyler ha detto che non ricorda quasi più suo padre. Cioè... ricorda che gli voleva bene, ma è come se avesse in parte rimosso molti altri ricordi per superare la perdita.»
«Non gli si può dar torto. La parte peggiore fu che dovettero seppellire una bara vuota, visto che... beh... lo zio André, in pratica, saltò per aria. Non c'era granché da riportare da noi oltre il confine.»
Brian fece una smorfia. «Cazzo, Andrew. A volte mi chiedo come tu faccia ad avere tutto questo distacco.»
«Con quello che ho visto negli ultimi giorni, fidati che il distacco in me è sorto in maniera spontanea. O prendi le distanza o perdi la testa, Brian. Succede per forza quando... quando vedi il cadavere di quello che una volta era uno di noi con la parte frontale completamente divorata e maciullata. Cerco di guardare tutto da un'ottica cinica, specie perché non voglio dare a Jones altre ragioni per pensare che il distintivo da detective non è roba alla mia altezza. Ha già un'opinione sgradevole di me.»
«Quello lì ha un'opinione sgradevole su tutti quanti» bofonchiò Herden, il quale non stravedeva affatto, anzi per niente, per il capitano della polizia. «Ci vorrebbe proprio che qualcuno, una volta tanto, lo buttasse giù ben bene da quel suo amato piedistallo dal quale ci giudica tutti quanti.»
Andrew si morse in tempo la lingua. Non voleva parlare di una cosa così personale, neanche con Brian. Se si fosse venuto a risapere in giro, Jones sarebbe stato persino capace di strappargli la lingua.
«Come poliziotto è irreprensibile» disse con molto giudizio, «ma penso che dal punto di vista relazionale e sociale... non lo so... credo che gli manchi un pezzo, come se fosse un puzzle incompleto. Capisci che intendo?»
«Che il nostro capo è una testa di cazzo senza cuore?» fece sarcastico Brian.
Andy sbuffò. «Probabilmente è così» ammise. A distanza di qualche ora ancora non riusciva a capire dove avesse sbagliato nel cercare di aiutarlo a mediare la situazione con il governatore. Erano comunque colleghi e fra colleghi ci si sarebbe dovuti aiutare. «Comunque mi sono preso la briga di farmi fare gli esami per primo. Quando sono tornato il medico legale mi ha presentato un suo collega che lavora per il re. È stato mandato qui perché si occupi personalmente di fare i test all'intero dipartimento e monitorizzi la situazione. Mi ha stupito aver visto che sicuramente avrà sì e no la nostra stessa età.»
«Beh, se è in gamba, non c'è molto di cui stupirsi. In fin dei conti fa parte dell'equipe medica reale.»
«Anche questo è vero.»
«Quando saranno pronti i risultati?»
«Entro stasera.» Andrew fece un bel respiro. «Sicuramente saranno negativi e quindi... cercherò di darti una mano con Skyler. Gli parlerò io. Andiamo a casa vostra insieme, dopo la fine del nostro turno, ci rilassiamo e poi... poi affrontiamo l'argomento con calma e con ragionevolezza.»
«Già, e alla fine di tutto Skyler ci rincorrerà con un attizzatoio in mano e con intenzioni ben poco ragionevoli.»
«È possibile, ma vale la pena tentare.» Thorne si alzò e decise di aprire la finestra per arieggiare un po'. Quando si voltò e tornò a sedersi, si passò una mano sulla faccia e disse: «Ho... ho fatto una cazzata, Brian. Una vera cazzata, persino per un Thorne».
«Ossia?»
«Ricordi quel ragazzo, quello del Black Dahlia? Io... io sono andato da lui, subito dopo aver scoperto della misteriosa malattia che colpisce i predatori. Sono andato da lui e... gli ho detto che era ormai chiaro che la sua amica era stata ammazzata e ho deciso di restare lì.»
Brian sbatté le palpebre. «Per quale cazzo di motivo avresti fatto una stupidaggine dietro l'altra di queste proporzioni?»
«Non lo so. Sentivo di dover avvertirlo. Era sconvolto, Brian e... insomma...»
L'altro Alfa sembrò capire al volo. Alzò gli occhi al cielo. «Ti sei scopato uno che fa parte dell'indagine in corso» sentenziò. «Hai ragione: è una cazzata gigantesca.»
«L-Lo so, ma... il punto è che alla fine non ci ho capito più niente e l-lui era lì, avevamo appena finito di parlare della sua relazione con Coso e allora gli ho chiesto se lo trattava bene e lui mi dice che lo fa, ma poi mi è presa voglia di baciarlo e gli ho domandato come avrebbe reagito e...», sbuffò come una locomotiva. «Abbiamo scopato. In sostanza è finita così.»
«In sostanza non ci ho capito un bel niente, ma va bene» commentò Brian, chiaramente disapprovando quel che aveva fatto il collega. «Porca miseria, Andrew. Di solito hai la testa sulle spalle. Quando è successo tutto questo avevi deciso di lasciarla a casa sul comò?»
«Probabilmente sì.»
«Beh, quindi?»
«Quindi niente. È stato lui a chiarire che non si è trattato di niente di eclatante e a liquidarmi con... la triste storia della sua vita. Ecco.»
«Si può almeno dire che tu ti sia tolto il pensiero e anche la voglia. Un lato positivo.»
«Sono due giorni che vorrei solo andare da lui» ammise sconfortato il detective. «Non riesco a ragionare lucidamente in sua presenza e questo mi spaventa.»
«Ti sei preso una sbandata per una puttana, Thorne. Chiaro come il sole.»
«Non chiamarlo così.»
«Posso anche non farlo, ma resta pur sempre tale e non ti invidio. Mi chiedo solo come possa aver fatto uno come te, con tutte le persone che ci sono al mondo, a farsi coinvolgere fino a questo punto per uno come quello là. È masochismo, amico!» Brian si ravviò i capelli castani appena striati d'argento qui e là. «Però vedo che ti ha scosso parecchio questa faccenda. Forse... forse troppo, per essere una semplice sbandata» si azzardò a ipotizzare. «Confesso che io mi sono sentito così sin dal primo momento in cui ho conosciuto Skyler. Eravamo bambini all'epoca, eppure sapevo che lui per me era importante più di qualsiasi altra cosa o persona. Non te l'ho mai detto, ma quando eravamo piccoli una volta gli chiesi di sposarmi, anche se non sapevamo fino in fondo cosa volesse dire. In pratica ho continuato a chiederglielo finché alla fine non ha acconsentito.» Si carezzò la barba curata, un atto che compiva spesso quando era in fase di meditazione. «Senti, se devi stare con questa faccia appesa, allora fai un'altra cazzata delle tue e va' dritto filato da lui. Va bene? Male che vada avrai l'ennesima stupidaggine da incollare nel tuo album personale delle puttanate, ma meglio così che vederti con la testa altrove. Ora come ora potrebbe esserti persino fatale. Togliti il pensiero anche stavolta, Andy. Vai e basta, e accada quel che accada.»
Andrew scosse il capo. «No, Brian. È meglio che mi dimentichi di lui. E poi dovrei andare stasera, quando staccherò, e poco fa abbiamo stabilito di spiegare insieme tutto quanto a Skyler. Ora è lui ad avere la priorità.»
«Oh, andiamo! In fin dei conti saprò come prendere per il verso giusto il mio compagno! Per una volta pensa a te stesso, Andrew. Se proprio devo essere brutale, ormai hai quasi trent'anni. È ora che tu trovi la tua strada anche nel campo personale. Non puoi sempre pensare prima ai problemi altrui. Me la caverò con Skyler, sta' tranquillo.»
«Il ragazzo potrebbe non essere neppure a casa.»
«Vale la pena tentare, e poi hanno messo in quarantena il locale, no? Ora come ora non lavora neppure, perciò hai ancora più possibilità di parlargli.» Herden si alzò. «Pensaci su e fammi sapere come va, se deciderai di andare. Se riesco, chiamerò Skyler e tenterò di dargli una prima infarinatura della situazione, almeno così stasera non sarà impreparato e forse sarà più tranquillo. Io ora torno al lavoro, prima che torni l'isterico e mi trovi qui a fare salotto con te. Porca puttana, spero solo che non torni a essere più insopportabile che mai come qualche mese fa. Non lo prendevo a calci quando rompeva le palle solo per via delle sue condizioni.»
Andrew si accigliò. «Di che parli?»
Brian sbatté le palpebre. «Per essere un detective, non hai affatto buon occhio. Si vede che sei uno scapolo incallito» commentò divertito. «Oh, dai, è evidente! Io e James giorni fa abbiamo deciso di farci persino una scommessa!»
«Continuo a non capire.»
Herden sbuffò. «Sei davvero ottuso. Voglio dire che ha di nuovo la pagnotta nel forno. Inizia a essere evidente, in realtà. Non penso che abbia di colpo messo su peso e solo su una parte del corpo, per giunta! Viso più rotondo, nausea, anche se sappiamo tutti che solitamente non batte ciglio di fronte a nessuna scena del crimine, umore ancora più imprevedibile del normale. La sua segretaria mi ha persino detto che ultimamente preferisce il dolce al salato, e anche quando ha avuto la prima figlia è successa la stessa cosa. Due più due fa quattro, a casa mia.»
Andrew era comunque scettico. «Ma dai! Sarà lo stress!»
«Senza offesa, ma penso di saperne più di te. Fidati che quello lì è incazzato nero proprio per questo motivo, secondo me. Prima o poi gli toccherà di nuovo lasciare il lavoro e ne è geloso guasto, lo sanno tutti.»
Drew deglutì. «Sarebbe un bel problema. Siamo in una situazione difficile e se proprio ora getta la spugna, non so come andremo a finire. Spero che tu non abbia ragione, Brian.»
Si tolse il soprabito e lo consegnò al portiere che aveva teso gentilmente un braccio. Gli sorrise appena. «Grazie.» Proseguì e appena fu di fronte al maître, gli disse chi era e che Logan Durby, il quale aveva prenotato un tavolo in quel ristorante decisamente di lusso ed elegante, lo stava aspettando. «Per caso è già arrivato? Spero di non aver fatto troppo tardi» aggiunse, impaperandosi un po'. Non si sentiva molto a suo agio lì, non era abituato al lusso né all'eleganza in generale. Si sentiva alla pari di un comune pesce rosso in mezzo a variopinti e splendidi pesci tropicali.
Il maître annuì, sorrise e gli confermò la presenza di Logan. Gli riferì il numero del tavolo e lo rassicurò dicendo che era in perfetto orario.
Lexie non perse altro tempo, ringraziò di nuovo e si diresse a destinazione. Appena vide Logan sorrise e prese posto di fronte a lui, lisciandosi per il nervosismo i pantaloni attillati e neri. «Scusa se hai dovuto aspettare, anche se per poco. Mia sorella ci ha messo più del previsto per venire a prendere a casa mia Michael.»
L'Alfa scosse il capo. «Tranquillo. Sei... stai benissimo, lo sai? Più passa il tempo e più sei splendido. Prima o poi dovrai rivelarmi il tuo segreto.»
«Suppongo che stare al tuo fianco abbia su di me questo effetto» replicò civettuolo l'Omega. «Allora, di cosa volevi parlarmi? Dicevi che era importante e visto che mi hai pure invitato qui, scommetto che lo è sul serio. Aspetta, non vorrai dirmi che finalmente hai sistemato tutto con Monica!» Si rese conto di aver parlato a ruota libera e allora decise di tacere. «Scusami. Sono... sono un po' nervoso!» ammise, imbarazzato. «P-Puoi parlare.»
A malapena diede peso a un cameriere che stava versando loro del vino rosso e profumato nei calici appositi. Quando si fu allontanato, Logan si decise a prender parola e fu allora che il ragazzo si accorse che non sembrava quello di sempre. C'era qualcosa che non andava. Logan mai aveva esitato né era stato palesemente in difficoltà. Non era da lui. «Sì, uhm... riguardo a quella cosa...»
«Cos'è successo?»
«È... è difficile da dire e da spiegare. Non so come dirtelo, davvero.»
«Provaci.»
«Ieri sera sono tornato a casa. Mi ero convinto finalmente a chiedere il divorzio e a parlarle a quattrocchi, ma poi... poi lei mi ha sorriso, mi ha baciato e mi ha detto...»
«Detto che cosa?»
«Mi ha detto di essere incinta. Aspetta un bambino, dopo tanti anni di matrimonio. Il mio coraggio è andato a farsi benedire. Lei era così felice e io... io non ce l'ho fatta a parlarle di noi e dei nostri piani. Non potevo.»
L'espressione del ragazzo vacillò. «M-Ma poi glielo hai detto, giusto? Voglio dire...»
«Con quale coraggio, sapendo che aspetta un figlio da me? Io... io so che per te è importante, lo è anche per me, ma ora... ora è sorta una responsabilità più grande, Lexie. Non posso sottrarmi al mio dovere di padre e di compagno. È vero, io e Monica non ci siamo mai amati sul serio, ma ci siamo sempre voluti bene, comunque. La conosco da molti anni e ho a cuore anche il suo benessere e so che per lei questa gravidanza significa tutto. Se le dicessi di volerla lasciare, una notizia simile la ucciderebbe, fidati.» Durby si massaggiò una tempia. «T-Ti prego, non guardarmi così. Cerca di capirmi.»
Il giovane Omega aveva la faccia di uno che era stato schiaffeggiato e preso a pugni e a calci. La faccia di uno al quale era appena stato strappato il cuore dal petto e ora quell'organo giaceva a terra, nella polvere, alla mercé di chiunque sarebbe passato di lì e l'avrebbe calpestato con noncuranza.
Che cos'altro ti eri aspettato, razza di stupido?, disse una voce dentro di lui, quella che gli aveva sempre ricordato chi era e sempre sarebbe rimasto.
«Non la lascerai mai», riassunse così il panegirico di Logan. In fin dei conti il nocciolo era quello, lo sapeva. Lo sentiva. Sempre l'aveva saputo, anche se per anni invano aveva sperato nel contrario, nel miracolo dell'ultimo secondo che per una volta, una sola nella vita, sarebbe toccato a lui, fra tanti altri reietti.
Come aveva potuto illudersi fino a quel punto? Come aveva fatto a dimenticare che per quelli come lui la vita cominciava male e finiva ancora peggio?
Dolore.
Sentiva solo quello. Dentro di lui non c'era rabbia, non vi era rancore, non vi era frustrazione. c'era solo un martellante dolore, da qualche parte, molto in profondità.
Trattenendo le lacrime a stento, deglutì a fatica. «Anche verso Michael avevi dei doveri, ma d'altronde non c'eri nemmeno quando nacque. In fin dei conti è un semplice bastardo che hai avuto dalla tua puttana personale. Giusto? Non vale come il figlio di una ricca ereditiera. Non valeva il disturbo. Io non lo valevo. Ci sono stato per te solo quando dovevi soffocare la tua frustrazione fra le mie gambe, visto che tua moglie era troppo impegnata a sostituire la mancata maternità e il tuo amore assente con spese esorbitanti per la casa, i vestiti e i gioielli. Per me non hai avuto tutti questi pensieri compassionevoli. A un certo punto te ne sei pure andato, anche se avevo in grembo tuo figlio. Avrei dovuto capire tutto già da allora.»
Si sentiva svuotato di tutto. Aveva superato un confine oltre il quale c'era il nulla emozionale più assoluto e logorante. Si era sempre illuso e aveva finito per ingannarsi da solo. La colpa era sua, non di Logan. Solo sua. Aveva dimenticato qual era il suo posto, qual era sempre stato il suo ruolo in quella commedia. Si era dato un'importanza che in realtà mai aveva posseduto. Era solo una semplice figura di contorno, un personaggio da sfondo.
Eppure, proprio quando si era ormai convinto che peggio di così non sarebbe potuta andare, dovette ricredersi quando Logan, più in difficoltà di prima, con il dolore nello sguardo, disse: «Monica sa di Michael. Lo sa e... anche se si è arrabbiata in un primo momento, poi mi ha detto di essere disposta ad accettarlo nella nostra famiglia e ad adottarlo per dargli un futuro migliore. Penso che la gravidanza l'abbia fatta esaltare un po' troppo».
Quello fece davvero male al ragazzo. «I-In che senso adottarlo? Michael è mio figlio. Ha me. Sono io la sua famiglia» balbettò, cercando di convincersi di aver capito male.
Vide l'Alfa asciugarsi le guance in fretta. «Lo so, ma lei... lei ha detto che... che considerando chi eri fino a qualche anno fa e tutto il resto, visto che non... non hai avuto un gran bell'esempio di famiglia e di figure genitoriali, faresti del bene a Michael cedendolo alla sua custodia.»
Lexie scosse la testa, ormai sull'orlo di un pianto disperato. «N-Non le basta avermi portato via te» singhiozzò. «Ora vuole portarmi via anche mio figlio! Ma che razza di donna hai sposato? Quel bambino che ha in grembo mi fa solo pena!» Quando notò l'espressione di Logan, fu allora che una belva in lui finalmente si risvegliò. «E tu sei d'accordo con lei» sibilò sprezzante.
L'altro sospirò e sollevò le mani, facendogli segno di calmarsi. «Il punto è che... è chiaramente finita, Lexie. Non prendiamoci in giro. È finita e questo apporterà diversi cambiamenti, specialmente per Michael. Senza contare che... beh... tu non hai un lavoro, al momento, e l'affitto che paghi ogni mese è alto e la disoccupazione è in crescita in questa città. Come farai quando Michael crescerà e dovrà andare a scuola? Sai quanto costano i libri scolastici e le divise?»
«Vorrà dire che riuscirò a fargli avere tutto questo comunque, dovessi umiliarmi e fare le cose peggiori pur di dargli una vita decente» replicò Lexie, gelido. «La cena puoi proseguirla da solo. Anzi, ti consiglio di chiamare Monica. Almeno potrete festeggiare insieme il successo della vostra impresa, dopo non so quanti cazzo di anni passati a fallire. Le consiglio di pensarci bene, però. Inizia a essere troppo vecchia per avere figli.» Si alzò e ignorò Logan che lo stava richiamando. Ignorò lo sguardo degli altri eleganti avventori che lo fissavano quasi sdegnati dal suo atteggiamento poco aristocratico. Strappò di mano il soprabito al portiere e uscì come una furia.
Prese l'ascensore, poi percorse l'atrio principale e uscito sul marciapiede, dopo qualche tentativo a vuoto, riuscì a fermare un taxi. Non appena fu per salire a bordo, però, si rese conto che talmente era uscito in fretta e furia, da essersi dimenticato il portafogli e dunque i soldi per pagare la corsa, tra parentesi abbastanza cara.
Fu umiliante, ma dovette per forza rinunciare. Si scusò e richiuse la portiera.
Purtroppo quella sera si sarebbe dovuto fare una bella camminata fino a casa. Avrebbe solo voluto aver indossato scarpe più comode.
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Tornato al palazzo dove abitava, gli era toccato chiedere al portinaio del turno notturno di cedergli una copia delle chiavi dell'appartamento perché si era dimenticato tutto quanto e per giunta per una causa persa. Il portinaio, seppur dopo una bella tirata, aveva acconsentito.
Quando Lexie uscì dall'ascensore, stabilì che avrebbe detto a Evelyn di far dormire a casa sua Michael quella notte. Non se la sentiva di fare alcunché né di poter stare vicino a suo figlio, non nelle condizioni in cui versava al momento. In realtà stava accarezzando l'idea di farla finita una volta per tutte. Così almeno quella stronza di Monica avrebbe ottenuto tutto fino in fondo, Logan avrebbe guadagnato non uno, ma ben due figli e in più si sarebbe assicurato per sempre una proprietà sul patrimonio della moglie e lui... lui avrebbe smesso di prendersi in giro e di pensare di meritare una vita come quella di tutti gli altri, quando non era affatto così. Già. Forse, dopotutto, sul serio si sarebbe preso un bel po' di sonniferi. Li avrebbe mandati giù con dell'alcool e poi se ne sarebbe andato a dormire, augurandosi di non svegliarsi più il mattino seguente.
Forse ormai gli restava da fare solo quello.
Si rigirò in mano le chiavi e si asciugò velocemente le guance. Non voleva piangere in mezzo al corridoio. Odiava da sempre piangere, di più quando non si trovava in un posto che riteneva sicuro ed esclusivamente suo. Una specie di tana dove poteva leccarsi le ferite in santa pace.
Dubitava che quelle che gli erano state inferte quella maledetta sera sarebbero mai guarite, però. No... sarebbero solo peggiorate, sarebbe diventate a lungo andare dei crateri.
Non si era sentito così miserabile per tanti anni, da quando era solo un ragazzino e quando era fuori, per strada, era stato solito spesso fermarsi di fronte alla vetrina di una panetteria per guardare con impotente e famelico desiderio i dolci e le prelibatezze che vi erano esposte. Lo aveva fatto tante volte, ignorato dagli adulti che gli passavano accanto, proprio come sarebbe potuto accadere a un fantasma.
Si sentiva tornato a essere proprio quello: un fantasma.
Si scostò alcune ciocche ribelli dal volto e tirò su piano con il naso. Sollevò lo sguardo, pronto a raggiungere con altri cinque passi la porta dell'appartamento, ma si bloccò vedendo una figura seduta a terra a ridosso proprio della porta. Uno dei gomiti era posato sulla gamba sinistra reclinata. Due occhi verdi incrociarono i suoi.
Ci mancava solo questa, pensò il ragazzo, di umore peggiore nell'aver appena visto Thorne fermo letteralmente sull'ingresso di casa sua.
«Ma che cazzo...» disse fra sé. Si avvicinò. «E tu che ci fai qui?» chiese brusco.
La sua freddezza colpì visibilmente Andrew, il quale si alzò e si mise le mani in tasca. «Wow» disse. «Bel modo di accogliermi, dopo quel che è successo due sere fa.»
Lexie restrinse lo sguardo e poi, con i nervi a fior di pelle, lo spintonò di lato. «Fottiti. Non sono dell'umore, cazzo. Non stasera» sibilò a denti stretti. «Tornatene a fare in culo alla centrale di polizia, detective. Ho già fatto il pieno con un altro stronzo.»
Fece per infilare le chiavi nella toppa, ma l'Alfa gli prese un polso e lo fece fermare. L'Omega sollevò gli occhi lentamente. «Lasciami. Subito. Andare» disse a scatti, lo sguardo che lasciava intendere che non stava scherzando. «Non mi fermerò dal prenderti a calci nelle palle solo perché sei un poliziotto.»
«Non voglio farti del male» replicò Thorne. «Voglio solo parlare.»
«Io voglio che tu te ne vada. Ci siamo già detti tutto la scorsa volta. Non ho altro da aggiungere. Ora levati! Sono stanco e voglio andare a dormire!»
Andrew decise di ignorare le sue parole. «Senti, prendimi per uno stupido, se vuoi, ma io non penso di poter dimenticarti. In questi due giorni non ho fatto altro che pensare a te.»
«Succede a tanti altri. È per questo che sono diventato così famoso.»
«Non c'entra niente cosa abbiamo fatto due sere fa. Credimi, non c'entra niente. Mi hai colpito dal primo momento che ti ho visto, è da allora che non riesco più a ragionare a mente lucida, non quando sei vicino. Lo so che hai certi trascorsi e lo so che sei innamorato di un altro uomo, ma lo stesso ti chiedo di darmi una possibilità. Non sarò magari influente e chissà cos'altro come Durby, ma ho me stesso da offrirti, tutto ciò che sono. In più... senza offesa, ma almeno non sono sposato con qualcun altro e non ho niente da perdere.»
Lo pregò con lo sguardo di dargli ascolto, di dargli un'occasione, una soltanto.
Lexie, tuttavia, non abbandonò l'espressione scocciata, scettica e gelida. «Non ti sei fottuto solo me, due sere fa. Ti sei anche fottuto il cervello, detective.» Scosse la testa, alzò gli occhi al cielo, borbottò qualcosa di ben poco garbato sui poliziotti e la loro mancanza di intelligenza, poi aprì finalmente la porta. «Buonanotte e a mai più rivederci. Riserva a qualcun altro queste frasi prese da chissà quale smielato romanzo d'amore. Io ne ho piene le tasche.»
Andrew capì che non era se stesso e che qualcosa in lui non andava. «Cos'è successo?» Notò che era vestito in maniera elegante e sì, notò anche quanto quei pantaloni scuri e attillati gli stavano bene, così come la maglietta nera infilata dentro di essi e la grossa cintura che metteva in risalto il punto di vita e i fianchi a clessidra.
Era... più bello che mai. Abbagliante quanto gli orecchini d'argento che penzolavano dai lobi e terminavano con due minuscoli e puri diamanti.
«Non sono cazzi tuoi, ecco cos'è successo» lo rimbeccò l'Omega, più glaciale che mai. «La stupida vita insensata che mi ritrovo a vivere da quando sono nato. Ecco cosa è successo. In ogni caso fanculo.» Le ultime parole gli si smorzarono in gola. «Vaffanculo a voi Alfa e alle vostre cazzo di promesse che mai riuscite a mantenere. Siete solo dei bambini viziati. Tutti quanti.»
Andy si impose di non lasciar correre. Lo afferrò per le spalle e lo fece voltare, ignorando i suoi tentativi di sgusciare via e sì, anche di rifilargli prima un pugno e poi un calcio. Doveva ammettere che era un bel po' peperino e combattivo, per essere così esile.
«Woah!» Schivò un altro colpo. «Va bene, tigre, ora vedi di calmarti!»
Che avevano tutti gli Omega per comportarsi, certe volte, come dei serpenti ai quali era stata pestata la coda?
«Toglimi le mani di dosso!»
«Solo se ti calmi e mi dici che cavolo hai stasera! Cavolo, sembra che tu debba andare in calore da un momento all'altro!»
«Brutto stronzo figlio di...», Lexie gli rifilò un cazzotto sul torace e finì invece per farsi solo male alle nocche. «Cazzo!» Sventolò la mano e se la strinse, cercando di far passare il dolore.
Andrew sospirò e alzò gli occhi al cielo. «Ecco, visto? A furia di fare lo scalmanato ti sei fatto male da solo come un cretino.»
«STAI DICENDO CHE SONO STUPIDO? RAZZA DI...»
Thorne, sentendolo starnazzare così forte, non ce la fece più e gli mise una mano sulla bocca per farlo stare zitto. «Ma che fai? Vuoi svegliare tutto il palazzo?» Si guardò attorno, poi lo spinse dentro l'appartamento, lo seguì e chiuse il portone. Fece un bel respiro. «Non ho detto che sei stupido. Ti stai solo comportando come tale. C'è una bella differenza, sai?»
«Fuori da casa mia!»
«E tu fuori dalla mia testa, grazie!» perse le staffe Andrew. «Ah, no! Dimenticavo che non c'è modo di strapparti da lì!»
«Cazzi tuoi! Va bene?»
«No, amico! Sono anche affari tuoi!»
«E perché, sentiamo?»
«Perché... perché sì e basta! Va bene?»
Lexie squadrò l'uomo con aria stordita. «Ma che risposta è?» chiese sconvolto.
«Non lo so, cazzo!»
L'Omega scosse la testa, stufo di quella conversazione ormai senza capo né coda. Si tolse il soprabito e neppure si curò di appenderlo. Lo lasciò cadere a terra, lo superò con un leggero balzo che parve quasi un passo di danza, sollevò un braccio e senza voltarsi mise in bella mostra per Andrew il dito medio. «Me ne vado a letto. Tu vattene da casa mia, invece. Mi hai proprio stancato.»
Entrò in camera e si tolse più in fretta che poté gli orecchini. Aveva intenzione di rivenderli. Era stato Logan a regalarglieli e onestamente non voleva più vederli né indossarli. Erano impregnati dalle bugie che quello stronzo per anni gli aveva rifilato. Non era masochista fino a tal punto.
Li gettò sulla toeletta dotata di specchio, poi si sedé sul letto e si tolse le scarpe dal tacco alto. Anche con quelle restava basso da far paura, diamine.
Chiuse gli occhi con forza quando sentì bussare. «Posso entrare?»
Decise di ignorare quello scocciatore e rimase dov'era, fissando il vuoto con ostinazione.
Andrew trattenne un sospiro, entrò e si fermò di fronte a lui. «Sul serio... cos'è successo? Non eri così due giorni fa.»
«Cosa te ne importa?» chiese brusco il ragazzo. «Facciamo sesso una sola volta e pensi di poter prenderti anche il resto della mia vita? Con me non funziona così!»
«Lo sai il perché.»
«No, invece, e non mi interessa.»
«Riguarda Logan? Sei vestito come se fossi uscito per andare da qualche parte. Non credo tu ti sia fatto più bello del solito per andare a fare quattro passi.»
«Complimenti, le tue doti investigative sono fuori dal comune» commentò Lexie, decisamente maligno e per puro scherno.
«Ed è successo qualcosa che ti ha ferito» concluse Thorne, senza lasciarsi scalfire dalle parole aspre del giovane. Si sedé al suo fianco. «Senza offesa, ma se pensavi sul serio che avrebbe lasciato la moglie per stare con te, allora qui non è solo lui da biasimare. Un uomo sposato, Lexie, tornerà sempre con la coda fra le gambe dalla moglie, specie se ricca come la sua. Monica Aspen è piuttosto famosa per essere l'unica erede di una famiglia importante e in possesso di un'enorme quantità di denaro e ricchezze. Solo un idiota la lascerebbe.»
Aveva indovinato il problema, alla fine. Non bisognava essere degli investigatori superlativi per capire cos'era accaduto. Gli faceva solo male vedere quel povero ragazzo con il cuore visibilmente spezzato.
Vedendolo piangere senza più alcun ritegno, alla fine, non avendo altro da dargli per tamponarsi le guance, si tolse dal collo la leggera sciarpa scura e gliela tese. «Dai, usa pure questa. Non fa niente ed è per una buona causa.»
«N-Non sto piangendo, idiota» singhiozzò l'Omega, passandosi le mani sul viso.
Andrew sbuffò una risata e sorrise di sbieco. «Certo che no. Stai solo sudando dagli occhi. Mi sembra normale, accipicchia!»
«Oh!» gemette l'altro, stizzito, ma sembrava sul punto di ridere. «Vaffanculo. Fai le peggiori battute del secolo!»
Thorne sghignazzò. «Tu me le offri su un piatto d'argento, però!»
«Restano comunque pessime.»
«Sì, lo so. Non sono mai stato uno spasso alle feste.»
Lexie non riuscì a mascherare una leggera risata. «Smettila, cavolo!»
«Ma se ho appena cominciato!» lo rimbeccò l'Alfa, sconvolto. «Tu guarda questo!» Sorrise sotto i baffi. «Beh, piangere non fa mai male. Penso sia il metodo con cui ci assicuriamo di tenere sotto controllo le emozioni e riusciamo così a non impazzire. Un po' come fanno i reni che depurano il corpo continuamente e...», si fermò vedendo l'espressione scandalizzata del ragazzo. «No, okay... uhm... non era l'esempio migliore da portare avanti, in effetti.»
L'Omega sospirò. «N-Non è stato quello a farmi male. Non davvero. Il punto è che ora sua moglie ha detto di voler adottare mio figlio. Pensa che io non sia capace di provvedere ai bisogni di un bambino. Crede che il piccolo starebbe meglio con lei e Logan.»
«E tu pensi che sia vero?»
«Penso solo che sia una stronza che dovrebbe farsi gli affari suoi. Andrei in galera per mio figlio, se solo servisse a far realizzare tutti i suoi sogni e le sue necessità. Sono stato io a portarlo dentro di me per tanti mesi. Io l'ho dato alla luce, io l'ho cullato quando non voleva dormire, l'ho allattato e gli ho cambiato il pannolino. Lei intanto era chissà dove a spendere l'ira degli déi in frivolezze, ignara che intanto suo marito mi aveva donato un gioiello più prezioso di qualsiasi diamante. Michael è mio figlio e tale rimarrà finché avrò vita. Nessuno me lo porterà via. Se anche lui dovesse andarsene, a quel punto impazzirei o ne morirei. È il mio cuore. Non sarò esperto in materia di medicina, ma so che senza cuore non si vive.»
Andrew si commosse un po' a quelle parole. Sorrise. «Allora nessuno può portartelo via. Non sei tipo da permetterlo.»
Lexie si decise a guardarlo. Aveva gli occhi arrossati e gonfi a causa del pianto recente, eppure restava bellissimo nella sua attuale fragilità. Talmente bello da far male al cuore.
«Grazie per... per avermi ascoltato.»
«Lo hai detto tu stesso l'altra volta: io ascolto le persone.»
«Sì, ma ora non darti tante arie. Hai solo fatto il cretino per tre quarti del tempo» borbottò il ragazzo.
Drew sbuffò una risata. «Dov'è ora il piccolo?»
«A casa di mia sorella. Contavo di restare tutta la notte fuori, invece sono qui a raccontare le mie disavventure a un poliziotto.»
«Pensavo fossi figlio unico. Insomma... non sei stato abbandonato dopo la nascita?» chiese Andy, perplesso.
«In teoria sì, ma la famiglia non dipende dal sangue, come ho capito strada facendo. Evelyn era più piccola di me e anche se io in primo luogo ero quello che purtroppo spesso veniva preso di mira dai ragazzini più grandi, cercavo sempre di difenderla. Le volevo bene, avevamo stretto fin da subito un legame. Fuggii per due volte dall'istituto e la seconda decisi di portare con me Evelyn. Da allora ho cercato di provvedere a lei finché non è stata adulta. Anche per questo ho accettato di lavorare al Black Dahlia. La paga era alta e grazie ad essa, oggi, mia sorella ha la possibilità di studiare e laurearsi. Non siamo fratelli di sangue, ma è come se lo fossimo.»
Il giovane Omega si guardò in giro senza reale interesse. «Trovati una persona meno rattoppata e problematica. Il mio è un consiglio spassionato, credimi. Sono... sono solo gli avanzi che altri si sono lasciati dietro. Nient'altro.»
Andrew, però, gli pose l'indice sotto il mento e fece in modo che si guardassero in faccia. «Invece non è così, e comunque non mi importerebbe lo stesso. Con te è diverso tutto quanto, persino l'aria che ora sto respirando. Vuoi la verità? Sarei molto più fiero di presentare te alla mia famiglia, di qualsiasi altro Omega spocchioso e di buona famiglia. Almeno so che tu sei vero, sei reale. Non sei solo una facciata. Questo mi basta e avanza.» Ritrasse la mano. «Tu mi piaci, Lexie, e mi piace stare in tua compagnia. Ti chiedo di accettarlo e di provare, magari per pietà nei confronti di un uomo che si è perso nei tuoi occhi, magari per abitudine, di poter un giorno pensare di voler avermi al tuo fianco. Non sono perfetto, di difetti ne ho tanti, ma in fin dei conti chi è senza peccato? Chi non ha mai commesso degli errori?»
«Ma tu mi conosci appena.»
«Sì, e non vedo l'ora di conoscerti meglio, fino in fondo.» Andy sorrise. «Vogliamo provarci? Ti chiedo un tentativo, nient'altro. Proviamo a conoscerci, a essere sinceri l'uno con l'altro, e poi si vedrà. Un passo alla volta, un giorno dopo l'altro, senza preoccuparci troppo del futuro lontano. Vediamo cosa ci riserva il domani.»
Lexie si rese conto di non aver nulla da perdere a sua volta. Andrew era una brava persona, lo aveva già capito. Magari... magari era arrivato il momento di frequentare un uomo che fosse davvero perbene.
«V-Va bene. Va bene. Sì... proviamoci» rispose.
«Sì?»
«Sì.»
Il ragazzo rimase di sasso quando il detective gli prese una mano, se la portò alle labbra e vi posò un bacio. «Grazie. Farò del mio meglio, credimi.»
Lexie sentì le guance divenire bollenti. Non si era aspettato un gesto come quello.
Per cambiare discorso, schiarì la voce e chiese: «Comunque, passando agli affari seri... ci sono novità su quella storia? Sai, insomma... dei cannibali o come avete chiamato la faccenda?»
Andrew si incupì. «Ordineremo molto presto la chiusura delle frontiere cittadine. Nessuno entrerà né uscirà da Eutopia fino alla fine dell'emergenza. Mi spaventa però l'idea che presto potrebbe arrivare il panico in città. Penso ai bambini e ai più deboli e fragili della società, e rabbrividisco.»
Lexie deglutì. «Tu sei un predatore, vero?»
«Sì. Temo di sì.»
«Perciò sei a rischio.»
«Ti giuro che farò di tutto per stare attento. Con me sei al sicuro, davvero, e...»
«No, non è per questo. Voglio dire... mi chiedo se tu per primo sia al sicuro. La città è piena di predatori, lo è il dipartimento di polizia. Come farai se dovesse prendere anche te?»
«Non lo so» ammise inquieto Thorne. «Mi spaventa, però, pensare a cosa potrei arrivare a fare in quello stato bestiale, ridotto a una belva selvaggia e assetata del sangue dei miei simili.» Fece una pausa. «Se tu dovessi venire a risapere che alla fine è successo o se addirittura tu dovessi assistere a questa mia discesa negli inferi, allora... allora ti prego, usa la pistola che hai per impedirmi di diventare pericoloso e fare del male a chicchessia. Sparami. Lo preferisco di gran lunga.»
L'Omega lo fissò sconvolto. «Fossi matto! Non ho mai ucciso nessuno! Almeno in questo sono rimasto vergine e intendo restarci! Stanno lavorando a una cura, giusto? La troveranno!»
«Potrebbero non trovarla in tempo. Potrebbe succedere prima che accada.»
«Non a te. Va bene? Non a te! Prima fai quei discorsi smielati e poi mi colpisci così a tradimento? Sei un fuoriclasse, dico sul serio!»
«T-Ti sto solo dicendo di fare attenzione, Lexie. Ti prego.»
«E io ti dico che ormai ci sono ben poche cose di cui ho paura! E poi cosa cavolo mai diventeresti nella tua forma animale?»
«Non un innocuo gatto, credimi.»
«E cosa?»
«Una pantera. Serve che ti dica altro?»
«Beh, io un cervo, e non sono neppure un granché. Non ho neppure le corna. Però so correre veloce, mi sembra già un vantaggio su di te, non credi?» Lexie tacque per un attimo, poi abbozzò un sorriso sghembo. «D'ora in avanti, allora, ti chiamerò Panterone. Ho deciso.»
«Panterone? Sul serio?»
«Sì, sul serio. Ci avrei scommesso che eri un felino o roba simile. Dicono dipenda dalla fisionomia e così via. Con questi occhioni verdi non potevi essere nient'altro.»
Andrew non poté non ridere. «Mi sono tradito da solo, a quanto pare.»
«Giusto un pochino. Piango per quelli dalla forma animale di una lumaca o così via. Che vita di stenti!»
«Non ci avevo mai pensato.»
«Sì, ho notato che sono tante le cose a cui non pensi.»
«Visto? Per me sei indispensabile.»
L'Omega lanciò un'occhiata all'orologio sulla parete. «È tardi. Forse... forse dovresti tornare a casa e farti una dormita. Voglio dire... sarà un disastro al dipartimento e tu sei un pezzo grosso. Avrai un mucchio di lavoro da sbrigare.»
«Pensavo di dormire qui, onestamente» disse sincero Andrew. «L'ho deciso sul momento, lo ammetto, però comunque... mi piacerebbe restare, stanotte. Se hai cambiato idea sul cacciarmi fuori da casa tua, ovviamente.»
Il ragazzo sorrise appena. «No, penso di poter tollerare la tua presenza, ormai. Resta pure. In realtà non mi va proprio di restare da solo, non stanotte. Al momento ho questa... questa angoscia dentro di me, è come se fosse una bestia feroce che mi osserva in una foresta fitta e buia dove brancolo senza sapere in che direzione sto andando. Non dobbiamo fare niente, solo... tienimi compagnia mentre aspetto che arrivi il giorno e che quella belva se ne torni a dormire e mi lasci in pace.»
Ebbe appena il tempo di finire di parlare prima di realizzare che Andrew lo stava baciando. Non lo respinse, anzi si strinse a lui e dischiuse le labbra, non osò scoraggiare quanto stava accadendo perché non ne sentiva la necessità. Era come se si sentisse al sicuro, in un certo senso. Era come se quell'uomo fosse nella foresta buia dei pensieri un fuoco caldo che lo riscaldava e teneva a distanza i pericoli.
Permise a quel fuoco di consumarlo, all'Alfa di spingerlo dolcemente con la schiena sulle lenzuola e di riservargli attenzioni sempre più piacevoli e bollenti e mentre Andrew lo faceva suo per la seconda volta, in maniera diversa, lentamente, il giovane Omega gli sussurrò qualcosa che lui per primo mai si sarebbe aspettato di dire: «Marchiami». Sapeva cosa significava. Sapeva che non sarebbero potuti mai tornare indietro, una volta compiuto quell'atto ancora più intimo e arcano di quello meramente sessuale. Sapeva che in tal modo sarebbe stato suo e di nessun altro fino alla morte di uno dei due o di entrambi. Lo sapeva, ma gli stava bene così. Sentiva che era giusto che le cose prendessero quella precisa direzione.
Andrew si scostò quel tanto che bastava loro per guardarsi negli occhi, il suo corpo sospeso su quello del giovane e allo stesso tempo unito ad esso. Le braccia gli tremavano per lo sforzo di restare a quel modo; aveva il viso più colorito, la pelle era lucida per via del sudore e le sue labbra...
Lexie era quasi ipnotizzato dalle sue labbra, dalle piccole zanne che vedeva oltre di esse.
Sollevò la mano e gli scostò i capelli dal volto. «Marchiami» ripeté. «Comunque andrà a finire la prova che stiamo facendo, rimarrò tuo per sempre. Fino alla fine dei miei giorni.»
«Cosa?» ansimò l'Alfa. «M-Ma tu... voglio dire...»
«Lo so che cosa significa. Mi sta bene. Il vincolo sarà solo per me. Gli Alfa sono liberi di marchiare tutti quelli che desiderano. Non ti sarà di impedimento se un giorno vorrai andartene perché hai trovato qualcosa di meglio.»
Il ragazzo decise di agire per primo e si mise supino, abbassò il capo ed espose la collottola, il punto più sensibile in assoluto del corpo di tutti quanti, la zona dove andava impresso il marchio degli Alfa.
«Fallo senza fermarti» aggiunse, sfiorandogli un braccio e facendo alla fine intrecciare le dita delle loro mani.
Lo voleva dentro di sé in ogni maniera possibile e immaginabile, anche se era rischioso. Voleva dimenticare per sempre Logan. Voleva che con Andrew funzionasse. In fin dei conti quell'uomo gli piaceva, forse più di quanto avrebbe osato ammettere con se stesso.
Il marchio era stato, in tempi antichi, l'antenato del matrimonio. Il metodo con il quale gli Alfa per secoli avevano reso gli Omega loro compagni e si erano assicurati la continuazione della specie in qualsiasi momento, non solo durante il periodo del calore dei loro amanti.
Questo lo sapevano bene entrambi. «Hai un profilattico, per caso? Io non credo di avercelo e se ti mordo in quel momento, mentre siamo in quel modo...»
«Non fa niente. Ci sono rischi peggiori da correre e incidenti più gravi.»
«Sì, ma così... così è quasi sicuro che...»
«Se la prospettiva ti spaventa, farò in modo di risolvere subito il problema» lo rassicurò Lexie, voltandosi quanto bastava a guardarlo. «Non ti costringerò a prenderti delle responsabilità. Non ti chiederò di fare alcunché, te lo giuro.» Non era sua intenzione creargli delle grane. Voleva solo appartenere finalmente a qualcuno, a qualcosa. Smettere per sempre di essere randagio.
Andrew gli si accostò e gli sfiorò i fianchi, glieli fece sollevare e si spinse di nuovo dentro di lui, tutto in una sola volta. Sotto di lui l'Omega sussultò e si agitò, dalla sua gola proruppe un gemito di apprezzamento privo di pudore. «In quel caso, affronteremo la cosa insieme» sussurrò Thorne al suo orecchio. Si ritrasse e spinse ancora. Quell'unione carnale gli dava i brividi, non si era mai sentito a quella maniera, fino a tal punto coinvolto, come se riuscisse a sentire non solo il proprio, ma anche il piacere di Lexie. Era estasiante, una frenesia inebriante.
Ripercorse con una mano il suo ventre, poi il torace, infine avvolse le dita attorno al collo dell'Omega e quest'ultimo abbassò di nuovo la testa ed espose il punto esatto dove Andrew, un attimo dopo, scelto di smettere di pensare, preparato all'ignoto, affondò i denti.
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