乇ㄩㄒㄖ卩|卂 || Ep. 19. Piccola crisi
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Le mani di Maddox tremavano mentre lentamente, quasi come se quella fosse un'azione della massima importanza simbolica, ponevano sul capo del suo giovane figlio prossimo allo sposarsi una semplice, ma suggestiva, corona di fiori immacolati. Consisteva in una sottile e raffinata montatura di foglie piccole e argentate che passava attorno alle tempie come una fascia, ed era impreziosita dalla presenza, di roselline bianche.
Lo aveva indossato anche lui il giorno delle nozze con Connor. Anche se si erano sposati senza chissà quale cerimonia in pompa magna, ci avevano comunque tenuto molto a ricordare quell'occasione come un giorno perfetto in cui si erano presentati l'uno all'altro al meglio.
I lunghi capelli biondi del giovane Omega erano stati pettinati all'indietro in modo da lasciare la fronte scoperta, e scendevano sulle spalle come onde dorate. Indossava una lunga sopraveste bianca nella quale erano ricamati dei brillanti, come se la stessa stoffa fosse trapunta di stelle prese in prestito direttamente dal firmamento; lo strascico a coda di sirena andava facendosi sempre più trasparente, tanto che sembrava svanire man mano che si adagiava sul pavimento, e le maniche, dalle braccia ai polsi, andavano allargandosi e aprendosi come i petali velati di fiori bianchi.
Quel magnifico lavoro di sartoria aveva richiesto il tempestivo talento di ben tre sarti, i quali avevano lavorato giorno e notte per fare in modo che i tempi della consegna – decisamente brevi, solo due settimane e mezza – venissero rispettati. Sotto di esso vi era invece il tradizionale indumento, ovvero un'elegante e semplice tuta aderente la cui parte superiore era priva di maniche e aveva una profonda scollatura celata da un velo di pizzo finemente ricamato che richiamava lo stile della sopravveste. Ai piedi delle semplici calzature dal tacco alto. Godric aveva voluto indossare quelle per sembrare almeno un po' più alto, ma la differenza non era chissà quanta.
Maddox sorrise, con le lacrime agli occhi, a suo figlio, poi gli pose le mani sulle spalle e lentamente lo fece voltare verso il grande specchio nel quale avrebbe potuto guardarsi per intero.
Godric non riuscì a credere che la persona che ricambiava il suo sguardo nel riflesso fosse proprio lui.
«Sei bellissimo, lo sai?» gli disse con affetto il padre. «E sembri ancora poco più di un ragazzino, ma ormai sei grande. Sei un adulto e dovrò farmene una ragione, prima o poi.»
Il ragazzo deglutì a fatica. «Papà, devo... devo dirti una cosa.» Si voltò e gli prese entrambe le mani, stringendole forte. Senza dire altro se le portò al ventre.
Maddox finalmente capì e spalancò gli occhi. «Godric» disse lentamente, «è per questo che tu e Dante avete scelto di sposarvi?»
Il ragazzo si fece forza. «No, papà. L'ho scoperto solamente ieri e mi sono ricordato che una sera io avevo dimenticato di prendere gli anticoncezionali, perciò... beh, ho scoperto della gravidanza.»
Maddox gli credette, non poté far altrimenti di fronte allo sguardo limpido e innocente del figlio che tanto amava. «E lui lo sa?»
«Gliel'ho detto quasi subito dopo averlo scoperto e ovviamente non ha niente in contrario. Era felice, anzi.»
«Beh, è questo l'importante: che siate sicuri entrambi di questa scelta. Un bambino è impegnativo e non tutti se la sentono di mettersi in gioco così presto, ma lui è già padre e avrai un ottimo alleato quando il mio primo nipotino nascerà.»
Maddox sapeva solo che in realtà era stato Godric a iniziare tutto quanto, anche se il ragazzo aveva mantenuto la versione di Dante per fare in modo che il resto combaciasse. Una mezza verità era meglio di una bugia intera, e in tal modo aveva diviso le colpe equamente, non riuscendo proprio ad accettare che l'uomo che stava per sposare e si era prodigato per dare a lui e al figlioletto non ancora nato un futuro si assumesse responsabilità che non gli appartenevano.
Dante aveva già fatto fin troppo per lui e anche se le cose fra loro sembravano andare bene, sempre un po' meglio di giorno in giorno, erano ben lontani dalla serenità vera e propria, complice anche il duro compito che Godric si era assunto di cercare di farsi benvolere dai figliastri.
Lydia lo odiava e c'era ben poco da fare, almeno per il momento, ma gli altri due, Marilka ed Avery, invece, dopo i primi giorni di chiusura in se stessi, avevano iniziato ad aprirsi e a mostrarsi con lui per i bambini dolci e un po' dispettosi che erano realmente.
Ciò aveva fatto rasserenare Dante, almeno un pochino.
Maddox lo abbracciò e Godric non pianse solo per evitare di far arrossare il viso e rovinare il velo di trucco al naturale che rendeva il suo viso più bello che mai.
Era stata una lunga mattinata. Si era dovuto alzare molto presto e per fortuna la nausea mattutina, che ormai era diventata una routine quotidiana, era passata in fretta.
Udirono bussare e si separarono. Fu il padre ad aprire la porta e a far spazio a Grace, la quale entrò e corse subito da Godric. «Non ti abbraccio solo perché non voglio rovinarti gli abiti!» esclamò. Sembrava in preda a una forte ansia. «Non ci credo, siamo già arrivati a questo giorno! Mi sembra ieri quando sei venuto a raccontarmi tutto e mi hai detto che ti saresti sposato!»
«V-Veramente è stato due settimane fa» precisò il ragazzo.
«Ah, sta' zitto!» lo liquidò lei. «Accidenti, non sembri neanche tu! Sei più carino del solito!»
«Vorresti dire che negli altri giorni non lo sono?» chiese scandalizzato Godric, quasi sull'orlo delle lacrime. Iniziava ad avere, fra molti altri simpatici sintomi, anche sbalzi d'umore. Era facile che se la prendesse subito, anche quando magari si stava scherzando, e finisse per piangere come una fontana o arrabbiarsi, e nessuno più di Dante era stato usato come parafulmine in quei momenti.
«Grace, cara...» intervenne Maddox, usando un tono cauto. «F-Forse dovresti ricontrollarti il trucco. Sei la sua testimone, dopotutto.»
Lei capì al volo che le stava solo evitando di essere probabilmente decapitata nel giorno sbagliato e al momento sbagliato. «Oh, certo, certo! Vado subito!» Stampò sulla guancia dell'amico un bacio veloce e poi se la diede a gambe, seppur con calma magistrale.
Godric fissò la porta con aria imbronciata, le braccia incrociate. «Io sono sempre carino» borbottò lamentoso.
Maddox sghignazzò. «Sei sempre bellissimo, tesoro. Grace voleva solo prenderti un po' in giro.»
Lui si morse il labbro inferiore. «Papà... io... io avrei fame.»
«Temo che dovrai soffrire un pochino e sforzarti. Non possiamo rischiare che ti si rovinino gli abiti da cerimonia.»
Lui sbuffò e si lasciò cadere sul letto, guardandosi in giro. In quella stanza aveva trascorso praticamente ventitré anni della propria vita e ora, improvvisamente, stava per lasciarla per sempre. Una volta uscito da quella porta, non avrebbe mai più fatto ritorno là dentro; non si sarebbe più lasciato cadere su quel letto, stanco morto dopo aver studiato tutto il giorno o aver sgobbato per il praticantato. Non avrebbe mai più spalancato le ante di quell'armadio in fretta e furia, lamentandosi di non aver mai niente da mettere anche se il mobile era stracolmo di vestiti. Era lì che aveva dato il primo bacio a uno dei suoi fidanzati più duraturi. Era su quella scrivania che si era dannato per tanti anni sui libri di scuola e poi della facoltà, rimanendo sveglio fino a tarda notte con solo la lampada da tavolo accesa.
Gli sarebbe mancato il giardino visibile dalla porta finestra con tanto di balcone, così come avrebbe sentito la mancanza di tutte le volte in cui era sgattaiolato giù di nascosto per raggiungere gli amici del liceo e seguirli fino al lago dove, d'estate e appena calava il buio, erano solite danzare nella vegetazione le lucciole.
Più di tutto il resto, però, gli sarebbero mancati i suoi genitori e tutto ciò che li riguardava, comprese le ramanzine che di tanto in tanto gli avevano fatto quand'era stato più giovane e imprudente.
Aveva avuto la fortuna di crescere nella migliore famiglia possibile, con genitori ricchi, certo, ma presenti e amorevoli, quasi troppo perfetti per esser veri.
Una cosa, però, aveva bisogno di dirla. «Papà... io... alcune sere fa vi ho sentiti parlare in cucina» disse lentamente. «E volevo dirti che... lo so già. Lo so e... non vi incolpo né vi odio per questo. Non potevate andare contro le leggi e so che per voi dev'essere stato difficile fare una scelta del genere, e so che eravate in buona fede e sperato sempre che mio fratello, chiunque sia al giorno d'oggi, possa aver avuto una vita altrettanto bella come la mia e piena di soddisfazioni.» Si asciugò rapidamente gli occhi prima che le lacrime potessero combinare un pasticcio, ma servì a poco, Continuava a piangere, specie perché suo padre a sua volta era scoppiato in un mare di singhiozzi.
«E pensavo» continuò il ragazzo, «che vorrei conoscerlo. Solo per sapere come se l'è cavata. Non lo forzerò a frequentarmi, se non è ciò che vuole, ma almeno... almeno saprò, sapremo anzi, che sta bene ed è felice».
Intendeva iniziare le ricerche dopo la luna di miele e il ritorno a casa. Aveva anche il tempo di dedicarsi a quell'indagine personale, perché aveva deciso di cambiare indirizzo di università per compiere studi non meno prestigiosi e avere una carriera forse ancora più importante e soddisfacente: quella di insegnante.
Gli era sempre piaciuto aiutare gli altri a capire qualcosa, dove stavano sbagliando e dove avevano bisogno di aggiustare il tiro. A scuola i professori spesso gli avevano chiesto, durante le lezioni, di aiutare i compagni che erano rimasti indietro o magari non avevano ben capito un passaggio. Era stato allora che aveva capito cosa avrebbe voluto fare da adulto, ma poi suo padre aveva espresso il desiderio di voler vederlo diventare avvocato a sua volta. Tuttavia da quando aveva iniziato a frequentare Dante e a stargli accanto ogni giorno un po' di più sentiva di non essere più il ragazzo che mesi fa era entrato nell'ufficio di Jones. Sentiva di essere cambiato, forse maturato, e di voler decidere da solo cosa fare della propria vita. Il suo futuro sposo lo aveva appoggiato, commentando che in effetti lo avrebbe visto molto meglio nei panni di insegnante.
Perciò la sua vita stava sul serio per cambiare da cima a fondo: avrebbe studiato per fare il lavoro che realmente desiderava fare, avrebbe avuto un figlio e, oltre a ciò, un uomo perbene al proprio fianco che sembrava affezionarsi a lui ogni giorno un po' di più e lo trattava da pari, non come molti altri erano soliti fare con gli Omega, in particolare.
Stava per costruirsi una famiglia tutta sua.
Maddox si asciugò il viso e poi si avvicinò al figlio. «Se è ciò che credi sia giusto fare, allora non ti fermeremo. Spero che tu riesca a ritrovare tuo fratello, tesoro mio.» Si chinò e gli baciò la fronte. «E ora cerchiamo di darti una veloce risistemata. Non vorrai presentarti al tuo futuro marito con gli occhi rossi!»
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Imprecò sottovoce e cercò di fare un bel respiro.
Datti una controllata, stronzo, si disse.
Era solo un matrimonio, giusto?
Già, il mio.
«Ma chi cazzo ha inventato 'sti cosi?!» sbottò, rinunciando a cercare di legare il nastro nero a mo' di papillon che avrebbe dovuto ornare il colletto della camicia. «Ci rinuncio, porca miseria!»
Sbuffò sonoramente e fece per infilarsi la giacca del completo, ma vide Rebecca raggiungerlo e ridersela di gusto, specie alla vista della sua faccia che prometteva una crisi di panico imminente. «Ma ti vuoi rilassare? Stai per sposarti e sembri me quando stavo per partorire ed ero tutta schizzata» commentò divertita, decidendo di aiutarlo con il farfallino prima che desse sul serio in escandescenza. «Mi lamento di Dario, ma tu sei mille volte peggio, se vuoi!»
«Dov'è, a proposito?! Cazzo, deve farmi da testimone e ancora non si è visto!»
«Sicuramente è per strada. Calmati, su» replicò la sorella, destreggiandosi con gesti veloci e precisi nel confezionare il papillon. «Ecco fatto. Pronto alla catena per la seconda volta.»
«Divertente» borbottò Dante. «Grazie, però.»
Rebecca arcuò le sopracciglia. «Oh, wow! Finalmente qualcuno è riuscito a ricordarti come si usano le buone maniere! Il ragazzo mi piace di già!»
«Io mi comporto sempre bene» la rimbeccò il fratello, scandalizzato.
«Senza offesa, ma non mi è mai andato giù come te la sei data a gambe e ci hai lasciati a gestire quella pazza della mamma» rispose con brutale onestà la donna. «Ah, comunque... Beatrice arriverà un po' tardi alla cerimonia. Mi ha detto che ha litigato con la sua compagna e quindi è probabile che si presenterà senza di lei. Filippo ha detto che passerà, giusto perché tu gli stai più simpatico di quanto faccia Dario. Fosse stato il suo, il matrimonio, probabilmente lo avrebbe mandato a quel paese.»
«Deve sempre fare il bastian contrario?» commentò annoiato Dante. «Comunque mi dispiace per Bea. Willow mi stava abbastanza simpatica.»
«A me non particolarmente.»
«Ferdie, invece?» chiese il maggiore, riferendosi al piccolo di casa, Federico. Lo chiamavano tutti affettuosamente in quel modo da quando era nato.
Rebecca sorrise. «Lui è già arrivato e come compito gli ho affibbiato quello di assicurarsi che sia tutto pronto. Comunque si è fidanzato, ma non è ancora una relazione così seria e ha preferito venire da solo.»
«Di chi si tratta?»
«Lo ha conosciuto alla facoltà di lettere» spiegò ancora Rebecca. «È un Alfa, ovviamente, e fra di loro ci sono un paio di anni di differenza. Si chiama Vincent e...», la donna fischiò. «Invidio il nostro fratellino. È persino più bello di te.»
«Ne dubito» affermò Dante, gonfiandosi come un pavone mentre si sistemava i capelli allo specchio.
«Ma dai, ormai tu inizi a invecchiare!»
«Ma quasi tutti preferiscono un uomo con un minimo di esperienza, sorellina.»
«Oh, cielo!» commentò Rebecca, divertita. Schiarì la voce. «Non preoccuparti per la mamma. È tranquilla da anni, dopotutto.»
«Non è per me che mi preoccupo, ma per Godric, che lei non conosce e forse farà di tutto per denigrare come solo lei sa fare, e per Dario. Pensi sul serio che non gli ricorderà il casino successo a Eutopia mentre era in carica come capo della polizia? Sarà la prima cosa di cui parlerà con lui.»
«Beh, allora giuro sugli dei che sarò io a darle una bastonata in testa. Si è ripreso per miracolo, è di nuovo felice, sta con un uomo che lo apprezza e lo sprona, pare sia diventato un genitore modello. Non le permetterò di rovinargli la vita una seconda volta.»
Si scambiò una stretta di mano con il fratello, come se avessero appena stipulato un accordo di stato. «Nessuno di noi glielo permetterà.»
Rebecca gli sistemò il bavero della giacca a coda di rondine. «Ti vedo molto meglio, comunque. Qualunque magia abbia usato quel ragazzo su di te, direi che sta funzionando e di questo sono felice. Hai lo sguardo luminoso, perciò è un gran bel segnale.»
Prima di andare dal fratello aveva fatto visita al futuro cognato e le era sul serio piaciuto al primo sguardo. La prima cosa che aveva fatto, dopo essersi presentata e avergli porto gli auguri e i complimenti, era stata ringraziarlo per aver fatto risollevare visibilmente suo fratello. Le sembrava una persona diversa, anche se per il resto rimaneva il solito Dante.
«Senti... uhm... lui... lui come sta?» chiese suo fratello, quasi con ansia.
«Sta bene, ovviamente! Radioso e pronto per te, belva!»
«Becca!»
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Terminò la chiamata e ripose il telefono nella pochette. «Okay, s-sono... sono pronto. Andiamo.» Guardò in direzione di Max e sorrise nella maniera più convincente possibile.
Aveva una leggera ansia mista a un tocco di panico, specialmente perché dopo mesi quello sarebbe stato il suo rientro in società in via ufficiale. Aveva perso l'abitudine a stare in luoghi affollati ed erano anni che non partecipava a una festa o simili.
Max lo guardò e annuì, sorridendogli per incoraggiarlo. Non poté che passarlo in rassegna per l'ennesima volta e pensare che fosse splendido in quel completo elegante color crema sommato a una camicia di seta bianca molto sottile. Una sola iridescente perla gli ornava il collo e i capelli ricadevano sulle spalle in volute color mogano. L'ombretto color champagne faceva risaltare i suoi grandi occhi scuri.
Si chiedeva cosa avesse fatto per meritare di incontrare una creatura come quella.
«Andrà tutto bene» lo rassicurò. «E non vedo l'ora di conoscere gli altri tuoi fratelli!»
Scesero dall'auto e percorsero in fretta il vialetto. Fu Dario ovviamente a suonare il campanello. «Non sarà il caso di accertarci un'ultima volta che i bambini stiano bene a casa?» chiese ansioso l'Omega.
Max gli rifilò un'occhiata severa. «Non essere morboso. Stanno benissimo, hai telefonato due minuti fa.»
«Sì, ma...»
«Un respiro profondo, rilassati e goditi questo giorno. Oggi tuo fratello si sposa e ha bisogno di te, visto che ti ha anche scelto come testimone.»
«Va bene. Hai... hai ragione.»
La porta si aprì e Rebecca fece un sospiro di sollievo. «Finalmente eccoti! Giuro che stavo per defenestrare Dante!»
«Avete litigato?» chiese il fratello, teso.
«Macché! È solo leggermente nervosetto per il matrimonio, tutto qui!» Rebecca puntò l'indice verso il piano superiore. «Ti prego, è il tuo turno di domare la bestia, prima che lo castri!»
«Vado subito» replicò con molto giudizio Dario, correndo di sopra.
Rebecca rivolse uno sguardo di scuse a Max. «Scusa se non ti ho salutato e se ho fatto la parte della pazza, poco fa, ma qualche volta con Dante non ci si ragiona.»
«Non si direbbe» ammise Max, divertito. «È davvero così messo male?»
«No, voglio dire... è nervoso, ovviamente, ma dopo un po' è normale che ci si stufi di sentirlo borbottare che sta andando tutto troppo bene e prima o poi capiterà qualcosa. Insomma, sembra voglia tirarsi sciagura da solo!»
Il medico esitò. «Non si può dargli torto, però.»
Nel frattempo, Dario era entrato nella stanza del fratello e si era chiuso la porta alle spalle. «Rebecca aveva un diavolo per capello. Che succede?» chiese.
«Niente» borbottò Dante, il quale era seduto sul letto a capo chino. «Dopo quello che è successo, però, sono diventato piuttosto pessimista. Se aggiungiamo che sarà presente la mamma, poi...!»
«Lasciala perdere. Questo è il tuo giorno, si fotta lei.»
«Voglio solo dirti che... se dovesse provocarti...»
«Lo farà sicuramente e no, non risponderò alle provocazioni. Ormai non può più sfiorarmi cosa pensa o meno di me. Sono finalmente felice, il resto ha poca importanza.»
Dario si sedé accanto al fratello. «Posso... posso essere sincero?»
«Spara.»
«Mi ha un po' stupito che... insomma... che tu sia riuscito a trovare una persona da amare così in fretta, dopo solo un mese e mezzo.»
Dante tacque, poi: «Devo dirti una cosa, ma giurami che la terrai per te».
«Non mi piace quell'aria seria. Se stai male o simili, scusa se lo dico, non lo voglio sapere.»
«Nah, niente del genere.»
«Okay, allora procedi.»
«Sto per sposare quel ragazzo per salvarlo dalla gogna pubblica che altrimenti l'avrebbe atteso. In un certo senso... è un matrimonio riparatore.»
Il gemello ci mise un po' a metabolizzare la cosa. «Un attimo... cosa intendi con...?»
«Esattamente quello che pensi.»
«Quindi non vi amate neanche? Niente?»
«Qualcosa c'è da parte di tutti e due. Lui... lui mi piace sul serio, Dario. Odio ammetterlo apertamente, ma dopo quello che è successo a Talia... lui è stato una ventata fresca in una stanza dall'aria viziata. Quando è vicino a me... sento di poter tornare a respirare. Ho meno paura del futuro e di me stesso. Non ero messo molto bene, qualche settimana fa. Mi sono gettato a capofitto nel lavoro, ma non bastava. Tornavo a casa e avrei solo voluto...», Dante gesticolò. «Non ho detto niente a Godric per non farlo agitare, viste le sue condizioni, ma... insomma... tu eri un poliziotto e abbiamo deciso di essere onesti a vicenda l'uno con l'altro, no?»
Dario deglutì. «Inizio a spaventarmi. Parla chiaro, ti prego.»
«È per questo che sono terrorizzato. Non riuscivo a darmi pace, non riuscivo a capire come fosse stato possibile e allora ho fatto aprire un'indagine sulla morte di Talia. Sai cosa ho scoperto? Quel giorno i freni della sua macchina avevano smesso di funzionare. Erano stati manomessi, lo hanno confermato quelli che hanno controllato di nuovo quel che restava dell'auto, e io so chi è stato, perché il giorno prima mi ero rifiutato di accettare per cliente un bastardo di nome Nate Hammond.»
«A-Aspetta... stai dicendo che è stata assassinata? Sono gli stessi Hammond dei casi che ti hanno reso famoso?»
«Sì, e non sai quanto o cosa darei pur di tornare indietro e fare un buco in testa a quel figlio di puttana di Jeffrey» sibilò Dante, lo sguardo furioso e fisso su un punto imprecisato. «Sarei andato in galera, ma ci sarei andato da gran signore, sapendo di aver liberato il mondo della presenza di quel verme.»
«Smettila di dire certe cose. Non dovresti neppure pensarci, specialmente oggi. Hai detto che Godric ti piace, giusto? Allora focalizza ogni pensiero su di lui! Goditi la giornata e lascia perdere, Dante! Dimentica questa storia e vai avanti!»
«E come? Vado avanti e solo per vedere Godric morire come lei o... non lo so, ucciso da un sicario mentre accompagna a piedi nostro figlio o nostra figlia a scuola?! Come faccio a non pensare che potrebbe fare la stessa fine di Talia?!»
Dario lo squadrò intensamente. «Dimmi tutta la verità, Dante.»
«Godric era stato promesso sin da piccolo a Jeffrey. Ha rotto il fidanzamento con lui il mese scorso e poi... poi è successo quel che è successo e ora ci ritroviamo qui! E io so di non meritare l'amore che gli leggo negli occhi perché in fin dei conti sappiamo entrambi che razza di persona resto in fondo al cuore! Quello che è successo con Gabriel basta e avanza per capire cosa sono veramente!» Dante si premette le mani sul viso. «Ho convinto io i Ranson a sciogliere il fidanzamento. Godric doveva sposare quel bastardo per salvare la famiglia dalla bancarotta e allora è venuto da me implorandomi di aiutare suo padre. Ho reso Connor mio socio in affari e il fidanzamento è andato a monte. Gli Hammond hanno fatto subito due più due, conoscendoli! E si parla di questo matrimonio da settimane in tutta la città! Come... come faccio a sapere che non hanno mandato qualcuno per avvelenargli lo champagne o il cibo, solo per punire me?!»
Dario si rese conto che il fratello era sull'orlo di un crollo nervoso. Lo vide piangere come un bambino terrorizzato. «Ho c-combinato un casino» singhiozzò Dante. «Un fottuto casino!»
Se fosse accaduto qualcosa a Godric, si sarebbe ammazzato sul serio.
Non voleva perderlo. Non poteva perdere nessun altro.
Scosse il capo e si alzò. «I-Io... annullo le nozze, annullo tutto! Non si può fare! È troppo rischioso!»
Dario si alzò lentamente a sua volta e gli giunse di fronte, poi gli mollò un manrovescio. Gli menò infine l'indice in faccia. «Tu non annulli un cazzo, mi senti? E se osi farlo, avrai di che preoccuparti per il futuro delle tue palle, perché sarò io di persona a strappartele!» Forse non era l'approccio migliori, ma non era mai stato bravo a confortare la gente e si innervosiva parecchio quando vedeva qualcuno battere in ritirata senza neanche provare a combattere. «Se quel ragazzo ti ama davvero, allora mi spiace dirti che se tu annullassi le nozze, poi lo ritroverebbero annegato nel più vicino canale di questa cazzo di città! Ha solo ventitré anni e dovresti essere tu la sua guida! Invece te ne stai qui a tremare come un bambino, anziché dire che non permetterai a niente e a nessuno di toccare quel ragazzo! Vergognati, almeno!»
Si mise a girare per la stanza, nervoso più di prima, poi si fermò e tornò a guardare il fratello. «Me ne occupo io, va bene? Lasciali a me. Si pentiranno di aver ucciso Talia e si pentiranno ancora più di essere nati se proveranno a fare qualche altro scherzetto.»
«E cosa farai? Mhm? Andrai a casa loro e li ammazzerai tutti quanti?»
«NESSUNO AMMAZZA NESSUNO, PORCA PUTTANA!» sbottò furibondo Dario.«E tu stanne fuori, chiaro? Stanne. Fuori. Ci penso io! Non so ancora come, ma mi verrà in mente qualcosa! Pensa piuttosto a far felice il tuo futuro sposo, lestofante!» Avendone fin sopra i capelli, si diresse alla porta. «Ma cosa cazzo ha che non va questa maledetta famiglia?» mormorò con voce spezzata, uscendo.
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Ma dov'è? Perché non è già qui?
Dante si guardò in giro con aria tesa. Era in piedi sull'altare dell'antico tempio adornato di rampicanti selvatici sulle colonne, il pavimento invece era un magnifico mosaico che ritraeva una mezzaluna frapposta nelle mani di una divinità bendata e dai connotati né maschili né femminili: Lykos, il dio dalla forma di lupo, il più importante di tutto il pantheon e colui che presiedeva eventi di quel genere.
Il tempio sorgeva fuori dalla città di Nyrme, in cima a un colle sacro a Lykos, e al momento era baciato dal radioso sole del tardo mattino.
Dante fece di nuovo spaziare lo sguardo fra i presenti che iniziavano a parlottare tra di loro, poi ancora diresse gli occhi scuri e intrisi di crescente panico, emozione che solo lui capiva a cosa fosse dovuta, l'entrata del luogo sacro. Si disse che fra un minuto avrebbe visto Godric salire i numerosi gradini del tempio e fare il proprio ingresso in tutto lo splendore che solo uno sposo poteva portare con sé in un giorno simile.
E se durante il tragitto avesse avuto un incidente? E se lo avessero ucciso appena è uscito di casa?
Dario, dietro di lui, si avvicinò e gli disse a bassa voce di calmarsi, perché gli invitati iniziavano a notare il suo nervosismo e a farsi un paio di domande.
«È normale un po' di ritardo. È quasi una tradizione. Calmati e smettila.»
Non poteva andare tutto sempre male, no?
Dante lo guardò di sfuggita. «Telefona alla sua testimone e chiedile se è ancora vivo o devo già prenotare i fiori per il funerale, cazzo!»
«Non dirlo neanche per scherzo.»
«Dario, fallo o mi arrabbio!»
«Va bene, va bene!»
Dario si mise una mano in tasca ed estrasse il telefono. Per ovvie ragioni aveva dovuto mettersi in contatto con la testimone di Godric per confrontarsi e sì, accordarsi anche sui colori dei vestiti scelti dal ragazzo durante le prove finali.
Si allontanò con garbo e uscì da uno dei tre ingressi secondari situati ciascuno sui lati del tempio rettangolare. Scese alcuni gradini e finalmente sentì la ragazza rispondere.
«Senza offesa e non per mettere fretta, ma qui ho uno sposo sull'orlo di una crisi di nervi» fece stridulo e a voce bassa. «Dove accidentaccio siete?»
«Uhm... in realtà siamo qua fuori, ma...»
«Dove?»
«Poco distanti dalle scale. Mi servirebbe una mano.»
Lui chiuse il telefono e si affrettò a scendere e a fare il giro fino a raggiungere l'ingresso principale del luogo sacro. Vide Grace e poi il suo futuro cognato lì, in piedi, intenti a fare praticamente un bel niente.
«Ma porco di quel...!», si trattenne dal bestemmiare e andò da loro. «Cazzo succede qui?!» sbottò gesticolando, attento però a non alzare troppo la voce. «Che ci fate impalati come due salami ai piedi di 'ste cazzo di scale?! Voglio una spiegazione adesso, prima di subito!»
Grace lo squadrò malamente. «Wow. Tu sì che sai come far passare una crisi di panico dell'ultimo minuto.»
«Sono una crisi di panico ambulante, gioia!» Dario si avvicinò a Godric. «Per favore! Non c'è tempo per questo!»
Godric tremava come una foglia e sentiva il cuore rimbombargli nei timpani. Era andato tutto bene finché la limousine che aveva accompagnato lei e Grace non si era fermata ed erano scesi. Da lì in poi lo aveva assalito il panico e se pensava a tutte le persone che erano presenti lì quel giorno, al modo in cui la sua vista sarebbe presto cambiata per sempre, l'ansia accresceva.
Era paralizzato.
Dario ignorò l'ennesima protesta di Grace e fronteggiò il ragazzo. «Senti, come si sarà sicuramente capito, io sono il tuo futuro cognato e sono qui per pregarti in ginocchio di non spezzare il cuore a mio fratello. Per favore.»
Ric biascicò delle scuse, si giustificò dicendo che non lo faceva apposta.
«Lo so che non lo stai facendo apposta, ma...», Jones fece un respiro profondo. «Ascolta: immagina che là dentro non ci sia nessuno tranne lui. Dimentica gli invitati, dimentica tutti quanti e concentrati solo su Dante. Guarda solo verso di lui finché non sarai al suo fianco sull'altare. Senti, io ero sposato fino a mesi fa e so come ti senti. Venne anche a me una crisi di panico e credimi, non c'era nessuno disposto a tranquillizzarmi, ma là dentro ci sono delle persone che ti sono vicine con il pensiero, ti vogliono bene e vogliono che tu sia felice. Sono qui per vederti sposare l'uomo che ami, per essere testimoni del più bel giorno della vostra intera vita. Non ti chiedo di farlo per loro, ti chiedo di farlo per lui. Se lo ami, allora fatti coraggio, sali quei gradini ed entra nel tempio come se fossi il re in persona e loro dei semplici sudditi. Questo giorno appartiene a te e a Dante, noi siamo solo delle comparse. Là dentro ci sono solo sagome, vedila così. Ci siete solo tu e lui. Capito?»
Sono troppo vecchio per 'ste cazzate, pensò esasperato.
«Per favore, Godric: va' da lui» aggiunse stremato, sull'orlo delle lacrime per la frustrazione.
Il ragazzo sembrò finalmente convincersi e mosse alcuni passi verso le scale, infine iniziò a salire un gradino dopo l'altro.
Grace squadrò Jones. «Però! Bel discorso!»
Lui la fulminò con una delle sue occhiate. «Ci tieni ai denti, sorella?» Non aggiunse altro e borbottando maledizioni e bestemmie d'ogni genere tornò al proprio posto passando tramite l'ingresso dal quale era passato.
«Giuro che me ne vado su un'isola deserta» borbottò ancora. Aveva il fiato corto per la fretta che aveva avuto nel fare ritorno dal fratello. Che diamine, mesi fa gli avevano tolto un polmone e se ne stava lì a improvvisare le maratone. Roba da matti.
«Allora?» incalzò sottovoce Dante.
Il gemello sospirò. «Calmati, Coso. Sta arrivando.» Si terse la fronte e cercò di apparire disinvolto. «Una piccola crisi prima del grande sì. Meglio se non gli fai pesare l'accaduto. Capita spesso.» Gli fece cenno di voltarsi e Dante lo fece. Vide Godric varcare la soglia del tempio di Lykos e neppure udì l'orchestra intonare una dolce sinfonia né fece caso ad altro. Seguì ogni passo del ragazzo che procedeva verso di lui a passo sostenuto, alle sue spalle la testimone e il cerimoniere. I loro occhi per tutto il tempo sostennero gli uni lo sguardo degli altri.
Appena il giovane giunse all'altare, come da cerimonia la sua mano sinistra lasciò andare il giglio che fino ad allora aveva tenuto stretto al cuore con tutte e dieci le dita, e la tese a Dante il quale, lentamente, la afferrò e lo aiutò a salire i tre gradini finali.
Quando si ritrovarono l'uno di fronte all'altro, solo allora Dante capì di voler realmente trascorrere tutta la vita che gli restava al fianco di Godric. Sapeva che non avrebbe trovato da nessun'altra parte un amore altrettanto intenso e puro, viscerale e quasi abnegante, se non in quegli occhi color del quarzo che scintillavano di emozione. A malapena prestò attenzione al cerimoniere, e quel poco che ascoltò gli servì solo a eseguire poi il rito di unione vero e proprio. V'era, sull'altare piatto, stretto e rettangolare, un cuscino di velluto bianco sul quale erano adagiate le fedi nuziali di puro e scintillante argento. Con le dita che gli tremavano, Dante prese quella del suo sposo e poi gliela fece indossare. «Un solo cuore, una sola anima...», recitò, parlando il più chiaramente possibile.
Fu il turno di Godric, il quale ripeté i suoi gesti e infine fece intrecciare le dita delle mani ornate dalle fedi. «... ora e per sempre...» proseguì.
Il cerimoniere, dunque, raccolse il nastro bianco disteso sull'altare, proprio accanto al cuscino, e lo annodò delicatamente sui loro polsi.
«... finché morte non ci separi» terminarono tutti e due. Dante, conoscendo già la prassi, e francamente volendo solo avere il più vicino possibile a sé Godric, si accostò al giovane, gli prese il viso tra le mani e lo baciò con ardore, lasciando senza fiato e di sasso il ragazzo, il quale si sciolse nel suo abbraccio come neve al sole e si aggrappò a lui, temendo di cadere o addirittura svenire. Si baciarono più di una volta, poi, con molta reticenza, si separarono, inondati da uno scroscio di applausi.
Vedendo Godric cedere alla tensione accumulata e asciugarsi le guance senza riuscire a smettere di piangere come un bambino, Dante non resse a tale vista e lo strinse forte a sé. «Sei stato bravissimo» gli sussurrò.
Nel frattempo Dario e Grace avevano firmato il documento che anche nella legge decretava Dante Yarden Jones e Godric Castiel Ranson marito e sposo.
Una piccola figura si distaccò dalla folla ancora eccitata ed emozionata, e si avvicinò ai due sposi. Tirò una manica a ciascuno e loro le rivolsero l'attenzione: si trattava della piccola Lydia, la quale li guardò incerta, poi si concentrò su Godric: «Se papà è felice, allora... allora lo sono anche io».
Nessuno le aveva detto di farlo, aveva agito di sua spontanea volontà. Si rivolse a Dante. «Non è vero che ti odio. Tu sei il papà migliore del mondo.» Si fiondò subito dopo da lui e Dante la prese al volo, la sollevò e la strinse a sé. «Piccola mia» singhiozzò, baciandole la testolina. Non era riuscito a fermare le lacrime udendo le parole di sua figlia.
Non aveva perso tutto, lo sapeva ormai. Aveva ancora i suoi bambini e adesso c'era anche Godric al suo fianco. Godric che non avrebbe mai sostituito Talia, ma avrebbe riempito il vuoto lasciato da lei nei loro cuori e guarito, con la sua indole buona e la sua tenacia, la ferita inferta alla loro famiglia. Nessuno poteva sostituire un membro della famiglia andatosene troppo presto, ma, come Godric rifletté mentre osservava intenerito la scena, proprio come i bambini, il nuovo membro avrebbe sempre aggiunto qualcosa in più e arricchito coloro che da quel momento in avanti avrebbero camminato al suo fianco sul sentiero della vita.
Si riscosse vedendo Lydia voltarsi, mentre si stringeva ancora al padre, e allungare una manina in direzione sua, come ad incoraggiarlo ad unirsi a quel commovente quadretto che sapeva di casa, amore genitoriale e filiale, e dunque di famiglia.
Famiglia...
Godric sorrise, commosso, e non esitò un secondo ad accettare l'invito, a stringere quella manina. Si lasciò sfuggire un mezzo gridolino di divertita sorpresa quando Dante lo attirò a sé e in qualche maniera lo strinse, proprio come stava facendo con la figlia.
Quella era la sua famiglia, pensò il ragazzo. Era la sua famiglia e già la amava.
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