乇ㄩㄒㄖ卩|卂 || Ep. 17. A fin di bene








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Grace camminava per strada di fianco a lui. Ormai l'estate era alle porte e faceva già piuttosto caldo. Decisamente troppo per Godric, il quale preferiva l'inverno. Se non altro si sudava molto meno.

Quella sera avevano deciso di trascorrere la serata fuori, ma era chiaro che il ragazzo di tanto in tanto si perdeva nei propri pensieri.

Oltre a ciò, la sua amica, anzi ormai migliore amica, lo vedeva alquanto pallido e poco riposato.

La giovane aspirante avvocato trattenne un sospiro. «Vedo, comunque, che il piccolo Jones inizia giù da ora a farti dannare. Non immagino cosa succederà quando sarà fuori dalla tua pancia.»

Ric aveva ricevuto la conferma di una gravidanza in atto dopo aver fatto il test apposito, sia quello rapido, sia quello tramite gli esami del sangue e una visita completa.

Ovvio che il risultato fosse venuto fuori positivo, visto che in una notte aveva fatto sesso per sei volte quasi consecutive con un Alfa in perfetta salute e dalla fertilità confermata dalla presenza di ben tre figli. Si chiedeva se tutti gli Alfa avessero il medesimo appetito sessuale, perché c'erano volte in cui Jones sembrava impossibile da appagare. Una sera Godric era quasi svenuto in doccia nel bel mezzo di uno di quei momenti. Gli era però piaciuto l'atteggiamento preoccupato e premuroso di Dante in seguito a tale episodio.

Tuttavia ormai era arrivato il momento di dirgli la verità e di affrontare, probabilmente, la discussione che la gravidanza avrebbe causato.

Tutte le volte in cui il ragazzo aveva cercato di parlarne, nel giro di un mese, per un motivo o l'altro alla fine aveva sempre cambiato argomento o avuto ragioni ottime e sacrosante per preferire le attenzioni di Dante allo scoppio di una possibile guerra civile e per giunta nucleare.

Jones aveva tre figli, vero, ma li aveva avuti dopo essersi innamorato, sposato e sistemato. Li aveva probabilmente desiderati e attesi con impazienza. Cosa dire, invece, della situazione di Godric? Erano amanti, per il momento, ma il ragazzo aveva l'antipatico e logorante dubbio che Dante gli avrebbe semplicemente risposto di fare come voleva, magari aggiungendo che sarebbe stato meglio liberarsi dell'impiccio. Secondo Grace partiva in modo troppo prevenuto, ma il punto era che temeva di perdere ciò che aveva fino ad allora conquistato sudando sette camicie.

Sospirò con una punta di tristezza. «Non riesco a mangiare niente senza che poi non mi torni dritto in gola. Vomito tutte le mattine e vorrei solo prendermi dieci anni sabbatici. Dormo malissimo, tra l'altro.»

«Come va con il futuro padre del figlio che ti ostini a voler tener segreto? Gli hai detto finalmente che ti ha lasciato un ricordino sbraitante?»

«Non l'ho ancora fatto» ammise Ric. «I-Il punto è che ho paura di come potrebbe reagire. Non voglio pensi che l'ho fatto apposta o roba simile. È di natura un po' sospettoso e stamattina, in effetti, mi ha chiesto se per caso ci fosse qualcosa di cui avrei voluto parlargli. Non penso ringrazierà mai abbastanza Layla per aver interrotto la conversazione. Stavo per lanciarmi dalla finestra, dal panico che avevo.»
Si sentiva nelle ossa che Dante sospettava qualcosa. Che fosse colpa dei feromoni che magari erano cambiati con la gravidanza? Oppure già si iniziava a notare qualcosa di diverso nel suo corpo, anche se era passato un mese e basta?

Grace fu sul punto di accendersi una sigaretta, ma ricordando le condizioni dell'amico rinunciò. «Diglielo, Godric. Più aspetti e peggio sarà la sua reazione, credimi. Di questo passo arriverai al giorno del parto senza avergli detto un bel niente.»

«Non è solo lui a preoccuparmi» rivelò il ragazzo. «Non so cosa dire ai miei. Loro... loro pensano che io sia ancora... beh, hai capito. Non sanno che mi vedo con lui, ma una volta mi hanno beccato che ero tornato molto tardi, cosa non da me. Ho detto loro che ero uscito con te per andare in discoteca.»

Grace fece una smorfia. «Cosa? Ma se non hai mai voluto venire con me alla disco? Se la sono pure bevuta?»

«Non lo so. Sospettano qualcosa anche loro, glielo leggo negli occhi.»

«Dovresti dirgli la verità, secondo me. Insomma... va bene, tuo padre e Dante sono vecchi amici, e allora? Ci può stare, su! Non è un crimine e tu sei ampiamente maggiorenne!»

Godric rallentò il passo fino a fermarsi del tutto. Guardò l'amica. «Grace... senti... f-forse... forse hai ragione tu.»

«Glielo dirai, quindi?»

«Non su quello. Quando... quando il mese scorso mi hai detto che farei meglio a risolvere la questione alla radice, diciamo. Magari dovrei fare così. Ci sarebbero meno problemi per tutti e non dovrei sentirmi un bugiardo ogni volta che guardo Dante negli occhi o parlo con i miei genitori. Di questo passo... q-questa povera creatura morirà dentro di me e lo farà per colpa della tensione che sto accumulando. Dovrei stare tranquillo e non agitarmi più del dovuto, dovrei essere al massimo della felicità, e invece vorrei solo piangere.» Si passò una mano velocemente sotto entrambi gli occhi. «S-Se decidessi di... tu... t-tu verresti con me? Rimarresti mentre...?»

Non voleva stare da solo in un'asettica stanza su un lettino mentre quel bambino gli veniva sradicato dall'utero.

Pensare a una scena simile servì solo a farlo crollare completamente, tanto che Grace ringraziò che si trovavano al parco e fu dunque semplice condurre il ragazzo fino a una panchina e farvelo accomodare. Si sedé al suo fianco e lo scosse per una spalla con delicatezza. «Ehi, ora non essere precipitoso e melodrammatico, va bene? Lascia perdere i tuoi. A loro puoi nascondere la verità ancora per un po', ma è a Dante che dovresti dire come stanno le cose. Ha il diritto di sapere e il dovere di assumersi le proprie responsabilità, in un modo o nell'altro. In fin dei conti non ti sei di certo ingravidato da solo, sbaglio?» Imprecò per non avere mai dei fazzoletti a disposizione, quando servivano di più. «Senti, al massimo si incazzerà un pochino. Pazienza! Ti terrà il broncio per un po' finché non si darà del coglione da solo e tornerà sui propri passi! Non mi sembra il tipo che ti ammazzerebbe e seppellirebbe sotto una colata di cemento!»

Godric la fissò con tanto d'occhi.

«Oh, smettila!» lo liquidò lei. «Era solo un'iperbole!»

«Un'iperbole per farmi venire un infarto, l'ho capito.»

«Piantala, mammina. Il calcio volante te lo tiro anche se cuoci nel forno il cucciolo di Mr. Buca d'Angolo, sai?»

Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata. «Non so se gradirebbe questo soprannome.»

«Prova a dirglielo e ti ci seppellisco io sotto una colata di cemento, Ranson. Al contrario tuo non ho intenzione di spalancare le grazie per arrivare viva fino al termine del praticantato.»

«Non è vero! Non l'ho fatto per quello e lo sai!»

«Sicuro?»

«Certo che sì!»

Lei lo fissò con estrema serietà, poi: «Diglielo e falla finita di temporeggiare. Punto». 

«Va bene, glielo dirò.»

«Adesso, Godric. Subito. Telefonagli.»

«È al lavoro e si incazza se...»

«Se si incazza fa tre fatiche: si arrabbia, gli passa e poi le prende pure. Tira fuori il telefono e digli che hai bisogno di parlargli.»

Il ragazzo esitò, poi estrasse il cellulare a conchiglia dalla tasca dei jeans. Si rigirò l'apparecchio fra le mani finché, con dita tremanti, non lo aprì e frugò nella rubrica. Trovò il numero di Dante.

«Forza, su» lo incoraggiò Grace. «È la parte più semplice, se ci pensi bene.»

Lui aveva gli occhi pieni di lacrime. «N-Non sono pronto a perderlo, specie così» esalò.

«Beh, se finisci per perderlo per questo, allora vuol dire che in realtà non l'hai mai trovato. Schiaccia quel pulsante o giuro che lo faccio io, glielo dico io e aggiungo come nota finale che se prova a fare lo stronzo, lo sistemerò a dovere.»

Godric non ebbe altra scelta, visto che Grace pareva fare sul serio. Avviò la chiamata.

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«Non so dirti se ce la faremo a farlo condannare. Quel bastardo del suo avvocato difensore ha invocato l'infermità mentale e la giuria sembrava pendere dalla sua parte.» Felix si lasciò cadere accanto a lui sull'elegante panca di legno nel corridoio. Erano a poca distanza dall'entrata dell'aula di tribunale e avevano approfittato della pausa che era stata richiesta al giudice. Più che per consultarsi, erano usciti per evitare di insultare i presenti e mandare a quel paese la giuria che sul serio si era forse bevuta la storiella dell'infermità mentale.

Quando Eriksen aveva vuotato il sacco durante l'interrogatorio, ai poliziotti non era parso così fuori di testa, anzi avevano raccontato, sotto giuramento, che era sembrato lucido, di una calma freddezza, per niente dispiaciuto dopo aver massacrato il compagno perché si era convinto che lo tradisse e che la loro figlioletta fosse in realtà stata concepita con qualcun altro. Nel frattempo, però, la bambina avrebbe probabilmente trascorso l'infanzia nel programma di affidamento e si sarebbe portata dentro a vita il trauma di aver visto un genitore accoltellare l'altro per ben cinquantatré maledette volte. Dante e Felix avevano ovviamente chiesto di vedere le fotografie della scena del crimine e, come si erano aspettati, avevano visto schizzi di sangue dappertutto, un cadavere orribilmente mutilato per via delle ferite e tanto altro ancora.

Se si sommavano tutti gli elementi, ne usciva fuori il quadro di un marito geloso che stava cercando di farla franca e si era appellato non solo all'infermità mentale, seppur momentanea, ma anche ai pregiudizi nei confronti degli Omega. 

Dante onestamente, all'inizio, aveva quasi pensato di non accettare il caso, visto che si era sentito sin da subito coinvolto emotivamente per evidenti motivi, ma poi aveva pensato a quella povera bambina e si era convinto che in realtà la giustizia andava ristabilita per lei, affinché il suo povero padre non fosse morto invano fino in fondo.

Il programma di affidamento era un casino e raramente faceva davvero del bene a chi era coinvolto in esso. Spesso molti genitori affidatari prendevano con sé i bambini solo per ragioni egoiste e legate al denaro, raramente per fare un'opera di bene.

Felix si tolse la giacca e si allentò la cravatta. Stava morendo di caldo e l'ansia non migliorava la situazione. Si passò una mano tra i capelli castani. «Comunque vadano le cose, noi abbiamo fatto tutto il possibile. Sono quasi tre settimane che stiamo dietro a questo caso e nessuno può accusarci di negligenza.»

«Non è quello a preoccuparmi» replicò cupo l'altro avvocato. «Se proprio vuoi saperlo, Lix, inizio a rompermi seriamente i coglioni di questo Sistema. Alla fine ci rimettono sempre i più deboli e gli innocenti.»

De Fernandéz deglutì. «Vorrei non averti coinvolto. Hai già un bel po' di lavoro da fare e mi ci sono messo anch'io a complicarti la vita.»

Dante sbuffò una risata. «La mia vita è stata sempre complicata.» 

Felix esitò. «Ho evitato di parlartene fino ad ora, però... mi dispiace per Talia. Era una brava ragazza. Bianca non voleva crederci quando le ho detto cos'era successo.» La moglie di Lix era amica di Talia sin dal liceo ed erano sempre rimaste in contatto. Felix e Dante si erano conosciuti proprio grazie alle rispettive compagne che avevano consigliato loro di confrontarsi, visto e considerato che lavoravano nello stesso campo.

Jones non subito replicò. A esser onesto... non aveva più pensato a sua moglie e ancora non riusciva a capire per quale motivo Godric gli fosse entrato così a fondo nel cervello in poco tempo. Gli era entrato nella testa e non ne era più uscito, come una droga. Ultimamente era difficile mantenere le apparenze in ufficio e resistere all'impulso di stendere il ragazzo sulla scrivania e farselo lì a dispetto delle pareti trasparenti e tutto il resto.

Lo vedeva e non capiva più niente.

Quando si incontravano in privato a malapena gli dava il tempo di salutarlo che già lo aveva spinto al muro per scoparselo subito, senza aspettare di andare in camera da letto, e il ragazzo gli dava corda, si abbandonava ogni dannata volta.

Schiarì la voce e si sistemò la cravatta. Le parole gli uscirono di bocca da sole, prima ancora che potesse rendersi conto di cosa stava pubblicamente affermando, anche se erano solo lui e Felix: «Io... mi sto vedendo con qualcuno».

De Fernandéz sbatté le palpebre. «Quindi alla fine ti sei arreso ad andare dallo strizzacervelli per superare il lutto?»

Dante non ce la fece e ci mancò poco che scoppiasse a ridere, seppur non perché era divertito. «Lo strizzacervelli mi servirebbe solo per spiegare come io faccia a frequentare qualcuno dopo aver seppellito la madre dei miei figli da appena un mese. Probabilmente dovrei far compagnia a Eriksen su quel cazzo di banco degli imputati.» Non aveva la più pallida idea di che diavolo stesse facendo.

Era confuso e disorientato.

Felix non seppe subito cosa dire o come. «Beh... non ti dirò che è normale, però... è comprensibile.»

«Non dire stronzate. Mia moglie è morta e dopo poco tempo mi metto a scopare con un'altra persona. Non è normale né comprensibile.»

«Sicuro che fra te e Talia stesse andando tutto bene?»

«Mi stai chiedendo se la tradivo quando era ancora viva? No che non lo facevo, cazzo.»

«Beh... era incinta e come se non bastasse era una gravidanza a rischio, quindi zero intimità. Non è così raro che molti abbiano la tendenza a cercare altrove quel tipo di attenzioni, Dante. Non dico che sia giusto, ma spesso va così. Dai, a esser onesto... mi farei volentieri la mia segretaria e...»

Dante schiarì nuovamente la voce, ma con un po' di forza in più. «Così poi Bianca ti taglierebbe le palle. E poi dai, tua moglie è uno schianto. Se la farebbe persino un Omega!»

«Attento, siamo in tribunale.»

«Non è discriminazione. È vero che un Omega non è attratto dalle femmine in generale.»

«Lo stesso chiudi la bocca, Jones, e dimmi piuttosto chi è questa nuova fiamma. Non sono nessuno per giudicarti o condannarti, e se ti fa stare bene o fa sentire meno solo e miserabile, allora così sia. È carina?»

«Chi?»

«Come chi?»

«Tu di che stai parlando?»

«La tipa con cui ti vedi, non fare l'idiota!»

«Uhm...»

Felix restrinse lo sguardo con aria furbesca e poi una lampadina parve accenderglisi in testa. Schioccò le dita e menò in direzione dell'amico l'indice. «Aspetta un po'! Non dirmi che... Non sarà per caso Layla?!»

«Distenditi o ti esploderà il cervello, e questo completo mi è costato quanto un rene.»

«È lei o no?»

«Non è lei. È... è un Omega, va bene? E onestamente penso di aver fatto un casino.»

De Fernandéz sbatté le palpebre. «Okay» disse cauto, «inizi a spaventarmi. Che hai fatto?»

«Non è solo cosa ho fatto, ma con chi. Lui... ah, porca puttana!» Dante sbuffò. «È il figlio di Ranson, Felix.»

Il collega lo squadrò, poi: «Tutto sommato sei un bastardo, in effetti» concluse.

«Grazie, ora sì che ho voglia di impiccarmi.»

«Te la fai coi tirocinanti, adesso?»

«Non sei divertente.»

«E tu sei chiaramente da manuale.»

«Hai finito?»

«Come cazzo ti è venuto in mente?»

«Non sono stato io! È lui che... ah, senti! Tanto è chiaro che non sei dalla mia parte!»

«Non lo sono, infatti. E sai perché? Perché gli amici ti dicono quando ti comporti da idiota e tu, in questo esatto momento, stai passando da imbecille.» Felix era sconvolto. «Per l'amor del cielo! È un ragazzino!» sbottò sottovoce, scuotendo per un braccio il collega. 

«Ora non esagerare! Ha ventitré anni!»

«E tu nei hai quasi trentacinque, qualcuno in meno di suo padre, Dante! Suo padre! E non mi riferisco a Connor, ma a Maddox che ne ha quarantuno! Capisci dove voglio arrivare, vero?!» De Fernandéz provò a controllarsi. «Quindi? Te lo sposi e diventerà il patrigno di Lydia e compagnia? Perché sai, penso che ora come ora quei ragazzini ti sputerebbero in un occhio se sapessero che te la fai con qualcun altro dopo aver seppellito la loro madre!»

Jones si voltò lentamente per guardarlo di nuovo. Era spaventosamente serio. Gli menò un indice in faccia: «Dillo un'altra volta e ti sbatto come un tappeto, e fanculo se siamo in un tribunale» disse a denti stretti. «Non voglio sposare un cazzo di nessuno! Scopiamo e basta, va bene? Ha ventitré anni e quindi c'è una probabilità del novantanove per cento che tra un altro mese mi avrà già scordato per correre dietro al coetaneo di turno! Possiamo smetterla, adesso?»

Felix lo guardò con durezza. «Dimmi almeno che non lo fate in casa, nel letto dove un mese fa era tua moglie a dormire. Tua moglie che aveva in grembo tuo figlio. Dimmi che lo fate altrove, se non altro per rispetto nei confronti di Lydia e dei suoi fratelli.» Il silenzio, però, parlò al posto di Jones. «Non ci posso credere. Sei impazzito? Hai il cancro, non lo hai detto a nessuno e ti sei prefissato di fare una stronzata dopo l'altra prima di crepare? Cosa?!»

«Non lo so. Va bene? Non lo so cosa sto facendo. Quando è presente il cervello mi va in avaria. Non riesco a resistergli, poco importa se ci provo con tutte le mie forze. Neanche con mia moglie sono mai arrivato a fare sesso in una notte sola ben sei volte, e questo solo la prima notte.»

«Quante?!» chiese stridulo Felix.

«Appunto.»

«Beh, accidenti! Deve avercelo d'oro e cosparso di polvere di fata! Alla faccia!» De Fernandéz era ragionevolmente spiazzato. «Lo fate protetto, vero? Insomma... che sei bravo a infornare è evidente, quindi...!»

«Certo che lo facciamo protetto. Non ho quindici anni e lui prende i soppressori o roba simile! Mi ci mancherebbe solo un marmocchio tra capo e collo, e poi sì che sarebbe il colmo.»

«In effetti» commentò Felix. «Considerando che... insomma...»

«E poi già con tre mi sembra certe volte di diventare matto. Un altro ancora e giuro che cambio nome e mi trasferisco dall'altra parte del pianeta. Adoro quelle pesti, ma ora che sono da solo è cambiato tutto. La pace di prima non esiste più.» 

Il suono di un cellulare risuonò nel corridoio. Dante, già abbastanza nervoso per l'udienza che stava andando a rotoli e per esser stato strapazzato da Felix per un buon quarto d'ora, alla fine borbottò una bestemmia e frugò nella tasca interna della giacca alla ricerca del maledetto apparecchio. «E ora chi scoccia? Avevo detto a Layla di...», si bloccò. «Bene», aggiunse, il tono di voce pesante.

«È lui?» chiese Lix.

L'altro si alzò. «Torno fra un attimo. Se quando bisogna rientrare sono ancora al telefono, cerca di cavartela da solo finché non arrivo io.» Non disse altro e si allontanò per avere un po' di privacy. «Sì?» rispose nella cornetta.

Dall'altro capo della chiamata Godric pareva strano, come... come se stesse piangendo.

Ora sì che sono un concentrato di ansia.

«Che succede?» chiese. «Godric, puoi rispondere? Dove sei?»

Gli parve quasi di vederlo, di essergli di fronte, anziché al telefono. Tanto ormai il suo viso, i suoi occhi, tutto di lui era vivido nella sua mente. 

Iniziava a preoccuparsi. Era accaduto qualcosa a lui o a qualcuno della sua famiglia? 

«D-Devo... devo parlarti» lo udì rispondere. «Ti prego, è importante.»

Dante si voltò per alcuni secondi a guardare Felix. De Fernandéz ricambiò l'occhiata.

«Va bene, uhm... tra poco devo tornare in aula. Quando torno parliamo. Dimmi dove incontrarti.»
«No, no, devo parlarti subito!» insisté il ragazzo.

«Godric, per favore, non posso semplicemente andare via per un tuo capriccio!» replicò esasperato Dante. «Dimmi per telefono tutto, allora!» Alzò gli occhi al cielo e si chiese chi fosse a dargli tutta quella pazienza.

«P-Promettimi, prima, che non ti arrabbierai.»

«In generale, quando mi dicono così, è la volta buona che finisco per sbroccare» replicò Jones, non aspettandosi più realmente buone nuove. «Spara, avanti.»

Dall'altro capo del telefono Godric guardò Grace, la quale gli strinse una mano per infondergli coraggio. Tramite il labiale gli disse di continuare. Il ragazzo deglutì e si preparò al probabile scoppio della mina. «I-Io... ho... ho un ritardo del calore» disse cauto, optando per una via meno diretta, ma comunque sufficientemente chiara e allusiva. «Sono andato a farmi visitare, ho fatto degli esami e... i risultati sono tutti positivi.»

Dall'altra parte Dante non subito volle capire il significato di quelle parole. Si convinse di aver capito male. «No, aspetta un secondo: cosa?» incalzò, quasi divertito per aver preso lucciole per lanterne. Appena il ragazzo ripeté e disse chiaro e tondo di aspettare un bambino, ci mancò poco che il telefono scivolasse dalla mano dell'avvocato.

Non aveva capito affatto male, allora.

«Uhm...», guardò alle proprie spalle di nuovo e vide che Felix non era più presente. Il cuore gli massacrava le costole. Si sentiva quasi soffocare e dovette per forza allentarsi la cravatta un altro po'. «Devo... devo andare, adesso. Devo rientrare in aula.» Non attese alcuna risposta e mise giù.

Sollevò gli occhi verso il soffitto del corridoio, respirò profondamente. 

«CAZZO!»

Non osò indugiare oltre sul riquadro in bianco e nero della piccola immagine stampata. Restituì il pezzo di carta a Godric e incrociò le braccia, squadrandolo. «Va bene. Cosa vuoi che faccia, adesso, esattamente?» chiese, imponendosi di restare calmo. «Sul serio: dimmi cosa dovrei fare. Cosa dovrei pensare, anche.»

Com'era stato possibile, visto che avevano sempre usato le precauzioni da ambo le parti? 

Aveva cercato sul serio di ricordare anche la più piccola svista, ma niente. Qualcosa non gli tornava.

Godric si sforzò di guardarlo. «Potrei non aver preso le pillole giuste» buttò lì. «E solo dopo gli esami mi sono reso conto di essermi sbagliato sul serio.» Non poteva dirgli di non aver pensato affatto alle conseguenze del primo rapporto carnale che avevano consumato. Stava già passando abbastanza per un idiota.

Dante alzò gli occhi al cielo e imprecò a bassa voce. «Avevi detto che stavi prendendo i soppressori regolarmente!»

«Sì, ma quelli sbagliati.»

«E più o meno quando siamo rimasti fregati? Di quanto sei?»

«Domani sarà un mese esatto.»

«Fantastico.» Jones di nuovo fece un lungo respiro. «Va bene. Sai che c'è? Colpa mia. Sul serio, Godric: colpa mia, non tua.»

L'errore lo aveva fatto da quella sera in poi, inutile girarci intorno. Felix a ragion veduta gli aveva detto che era un coglione. Lo era sul serio, altrimenti non si sarebbe ritrovato in quella situazione.

Il ragazzo si fece forza. «Se... se vuoi che abortisca, dillo e basta. Lo farò. Non voglio creare problemi a nessuno.»

Dante cercò di non sentirsi in colpa, ma non era semplice. «Qui non si tratta di cosa voglio io, ma di cosa vuoi tu per te stesso, per il tuo futuro e... beh, anche per lui o... o lei.»

«Io... non lo so. Speravo mi avresti detto tu cosa fare.»

«Il corpo è tuo, fino a prova contraria. Non posso scegliere al tuo posto, Godric!»

«In questo caso, allora ho bisogno di rifletterci per bene, anche se... in fin dei conti si tratta di un bambino, non di una malattia incurabile o qualcosa che potrebbe uccidermi da un momento all'altro. Non mi spaventa dover occuparmene da solo.»

L'avvocato restrinse lo sguardo. Qualcosa nelle parole del tirocinante l'aveva non indispettito, ma oltraggiato, offeso anzi. «Wow. Hai un'alta considerazione di me, vedo. Buono a sapersi.»

Connor mi ammazza, lo sento. In fin dei conti è quello che farei io al suo posto.

Gli Omega single con un bambino a carico non erano visti di buon occhio, specialmente a Nyrme che era una città conservatrice. Se Godric avesse scelto di tenere il bambino, farlo nascere e così via, la reputazione della sua famiglia ne avrebbe risentito in maniera disastrosa, e così pure, di conseguenza, lo studio che Connor Ranson dirigeva assieme a Dante. Sommando tutto ciò alla pessima abitudine della gente di spettegolare e fare congetture, prima o poi qualcuno avrebbe azzardato la maligna e purtroppo vera ipotesi che forse il giovane Ranson, durante il praticantato, avesse svolto anche degli extra che nulla avevano a che vedere con la facoltà o la giurisprudenza, e ovviamente poi sarebbe saltato fuori il nome di Dante. Due più due faceva quattro, specialmente a Nyrme.

«Non hai capito cosa intendevo dire.»

«Invece penso di aver capito eccome.»

«Non voglio costringerti a fare alcunché, se quello che desideri è restarne fuori. Forse dovrei chiedermi io quale opinione tu ti sia fatto di me.» 

Dante preferì lasciar cadere il discorso, prima che la situazione finisse per degenerare. «Dimmi che i tuoi genitori lo sanno.»

«Che sono gravido o che sei tu il padre del bambino?» lo provocò Godric, di getto. 

«Entrambe le cose.»

«No, non lo sanno.»

«Allora diglielo. Presto o tardi noteranno un paio di cosette che non potrai continuare a nascondere a lungo, se hai intenzione di far proseguire la gravidanza.»

«Oh, e poi cosa? Papà viene a casa tua e ti spara in modo da pareggiare i conti e ristabilire la mia dignità?» cinguettò il ragazzo. «Ottimo piano.»

In casi complessi come quello, a volte, poteva sul serio capitare che un genitore, in generale il capofamiglia, ricorresse a metodi estremi per evitare il disonore e far tacere una volta per tutte le chiacchiere.

Jones sbuffò. «Allora glielo dirò io. Qualcuno deve pur farlo!»

«Eppure continuo a vederti già morto e sepolto.»

Dante sospirò. «Sei proprio sicuro di non voler pensarci meglio e di non voler abortire?» Un figlio non era una sciocchezza e cambiava la vita di un individuo per sempre. La vita a Nyrme era dura per un ragazzo padre o una ragazza madre, motivo per cui gli orfanotrofi non mancavano mai di orfani che alla fine erano stati piantati in asso perché troppo impegnativi o perché i genitori non riuscivano a sfamarli.

Ric non pensò realmente alla risposta. Fu qualcosa di impulsivo e istintivo: «Mi spezzerebbe il cuore. Non penso riuscirei più a guardarmi allo specchio sapendo che ho scelto la mia futura carriera e facendolo ho sacrificato una vita innocente e senza colpe. Non mi spaventa, come ho già detto. Se ci saranno delle conseguenze, le affronterò a testa alta. Non ho ucciso nessuno, non sono un delinquente né mi sono concesso a sconosciuti per guadagnarmi da vivere. Sai che provo qualcosa per te, anche se non fai che ripetermi di evitare di chiamare quel qualcosa per nome, e per lo stesso motivo... terrò questo bambino. Se facendolo rimarrò da solo, allora così sia. È il cammino che gli dèi hanno stabilito per me, a quanto pare, e in fin dei conti ci sono cose peggiori di una creatura che un giorno guarderò diplomarsi e rendermi fiero. In quel momento saprò una volta per tutte che ne è valsa la pena».

Se Dante non voleva saperne niente, pazienza. Non lo avrebbe di certo ricattato o solo gli dèi sapevano cos'altro. Non voleva alcunché.

L'avvocato non rimase stupito da quella risposta. Se l'era aspettata, anzi. In un mese di clandestina frequentazione non avevano solo fatto sesso, avevano anche parlato, imparato a conoscersi l'un l'altro. Accidenti. Si sta mostrando più maturo lui di quanto stia facendo io.

Cercava di figurarsi il futuro del quale Godric aveva appena parlato e ci avrebbe persino creduto se solo non avesse ormai imparato a conoscere anche la società in cui vivevano. Una società che non perdonava le persone di buon cuore, gli ingenui e i fragili. Quel ragazzo era di famiglia non semplicemente buona, ma influente.

La colpa era sua. Il ragazzo di certo non si era ingravidato da solo, d'altro canto, e non tollerava l'idea che i Ranson potessero cadere nuovamente in disgrazia a causa sua, specialmente se era compresa la futura presenza di un bambino che sarebbe stato condannato a vivere sapendo di esser stato lui a distruggere la reputazione dei famigliari.

E se finisse come me, come me quando avevo sedici anni e tutte le carte in regola per diventare un criminale? E se un giorno, per assurdo, dovessi venire a sapere che è finito in prigione?

Magari iniziava a sembrare paranoico e assurdo, ma anche quei pensieri lo tormentavano.

Non poteva permettere che accadesse. Che i suoi fossero timori irrazionali o meno, qualcosa per rimediare andava fatto.

Fu il suono di un singhiozzo maldestramente celato ad attirare di nuovo la sua attenzione. 

Accidenti a me. Mi ficco nei pasticci di continuo. Prima o poi finirò ammazzato.

Si avvicinò al ragazzo e lo prese delicatamente per le spalle. Niente da fare. Poteva arrabbiarsi e strepitare, ma poi ecco che si sentiva un cane e non reggeva alla vista delle lacrime, specialmente quelle del giovane Ranson. Forse avrebbe fatto molto meglio ad ammettere che un po' aveva un debole per lui o forse... semplicemente gli piaceva. «Su, avanti. Piangere non risolve niente e... va bene, ammetto che non avrei dovuto perdere la pazienza. Mi dispiace, Godric. Sul serio.»

L'unica colpa di quel poveretto era di essersi innamorato di un autentico stronzo, inutile inventare scuse.

Lo strinse piano a sé. «C'è di peggio, come hai detto tu. Risolverò tutto io.»

Certi capitomboli li si facevano in due e che razza di uomo sarebbe stato se non si fosse assunto le responsabilità di quel pasticcio? Che esempio avrebbe dato ai suoi figli, compreso quello che forse, in quel preciso momento, stava udendo la conversazione? 

Un bambino non si sarebbe mai dovuto sentire non voluto e un peso, un impiccio, e lui... lui non avrebbe permesso alla storia di ripetersi.

Godric sollevò lo sguardo e si asciugò gli occhi. «N-No, devo... devo essere io a farlo. È anche colpa mia.»

Dante sogghignò, ritrovando il piglio da affascinante spaccone che lo aveva reso noto. «Non ho mai detto che tu te ne saresti rimasto bello comodo in panchina» specificò. 

Il ragazzo si imbronciò. «A volte penso di odiarti, sai?»

«Mettiti in fila e preparati a far buon viso a cattivo gioco. Non solo cercherò di mettere una bella toppa a questo guazzabuglio, ma vedrai il maestro in azione. Tu dovrai solo seguire i miei passi e, se servirà, darmi man forte. Appena avremo risolto con i tuoi, poi chiariremo meglio.»

«Che hai in mente?»

«Lo vedrai, ma... dubito che ti piacerà e probabilmente mi detesterai fino alla morte, ma in tal maniera ne usciremo tutti e due lindi e pinti come cigni. Chiaro?»

«Almeno dammi una traccia! Non posso improvvisare e basta!» insisté Godric, tornando ad agitarsi.

Dante si arrese: «Dirò ai tuoi genitori che... beh, che sono stato io a sedurti o roba del genere. Non voglio che la loro opinione su di te cambi. Preferisco che se la prendano con me e si limitino a dirtene quattro senza tirarla troppo per le lunghe. Per fortuna una volta mi toccò di presenziare come avvocato a un contenzioso molto simile a questo».

«Cosa?» Godric scosse la testa. «No, non mi sentirei a posto con la coscienza! Non te lo lascerò fare!»

«Non ho chiesto il tuo permesso» gli fece notare Jones. «E poi aspetta a sentirti in colpa. Non ho ancora finito.»

«Cos'altro hai in mente?»

Connor fino ad allora aveva ascoltato in silenzio ciò che uno dei suoi più cari amici gli aveva raccontato. 

Dante si era presentato da loro e aveva detto di dover parlare a entrambi di una cosa importante, ma mai avrebbero pensato a quello.

Maddox era senza parole e solo in quel momento stava realizzando che era Dante la persona misteriosa per la quale Godric provava dei sentimenti, e non sapeva come sentirsi di fronte a quel dato di fatto.

Connor, invece, sapeva come si sentiva: tradito. Tradito dal suo migliore amico, da colui che aveva trattato non solo come un amico, ma come un fratello minore. Lo aveva aiutato nei momenti difficili e poi... 

Si alzò, non facendocela a restare seduto. Camminò per il soggiorno e i suoi occhi spaziarono da suo figlio, il suo innocente ed educato Godric, la luce dei suoi occhi, e Dante, l'uomo che aveva sempre pensato fosse solito mettere al primo posto la lealtà nei confronti degli amici e della famiglia.

Lui, Connor, lo aveva in un certo senso nutrito, lo aveva aiutato a diventare un eccellente avvocato, ma poi Dante gli aveva morso quella stessa mano che gli era stata tesa e lo aveva fatto nel peggiore dei modi.

Guardò di nuovo Godric. «Nascondere ai tuoi genitori una cosa del genere» esalò, il tono di voce severo che stentava a non far tremare. «Tre mesi, Godric. Tre mesi in cui avresti potuto dirci ogni cosa e invece hai taciuto.» Sospirò e guardò Dante. «Non so bene se considerarti ancora parte della famiglia o meno, sai? Sono piuttosto tentato, anzi, di prenderti a pugni. Avresti potuto scegliere chiunque, Dante. Chiunque! Ma mio figlio...! Vieni qui a dirmi che mentre tua moglie portava in grembo la tua creatura, tu nel frattempo la tradivi, ti macchiavi di adulterio, e per giunta con Godric! È poco più di un ragazzo, santa pazienza!»

Per Dante non era difficile recitare quell'attuale parte. Si sentiva davvero uno schifo, in colpa, un traditore. Le lacrime che per puro orgoglio si ostinava a trattenere erano reali, sincere. Il rammarico era un macigno che gli si era sedimentato nello stomaco da quando era entrato in casa Ranson, e lo sdegno che leggeva nello sguardo di Connor lo feriva, anche se sapeva di meritarlo. Faceva veramente male.

«Tre mesi!» ripeté tra sé il signor Ranson, passandosi le mani sul viso. «E dopo hai avuto la faccia di tosta di fare il vedovo afflitto! Hai pianto sulla mia spalla al funerale di tua moglie, pur sapendo che per tre maledetti mesi te l'eri spassata con mio figlio, derubandolo della dignità e del futuro eccellente che avrebbe potuto avere! Scommetto che la mossa contro gli Hammond era solo per ripulirti la coscienza in qualche maniera, e ti sfido a negarlo!»

Tutto secondo i piani. Se solo Dante fosse stato insensibile, stronzo come voleva far credere, si sarebbe congratulato con se stesso per la faccia da poker e l'abilità dimostrata nell'aver confezionato quell'alibi di ben tre mesi, riuscendo a far quadrare i conti grazie alla faccenda degli Hammond. Aveva aggiunto altri due mesi alla relazione con Godric perché in tal modo sarebbe risultata più credibile, specialmente a fronte di quel che presto avrebbe detto di voler fare.

«Probabilmente... le mie erano lacrime di coccodrillo. Hai ragione» rispose rauco. «Ti giuro che non era mia intenzione ferirti o prenderti in giro. Il punto, Connor, è che...»

Si impose di continuare, anche se presto si sarebbe odiato.

Guardò verso Godric, il quale non aveva aperto bocca e se ne stava seduto accanto a Maddox e a gambe accavallate, la testa alta, la schiena diritta, le mani giunte sopra il ginocchio sollevato. Il ritratto di un ragazzo di buona famiglia.

I loro occhi si incrociarono, poi quelli di Dante tornarono a Connor. «Sin dalla prima volta che ho visto Godric, sono... sono rimasto abbaiato dalla sua bellezza, poi in seguito dal suo acume, dalla sua operosità. Non si lamentava mai e non protestava, faceva quel che doveva e lo faceva al massimo delle sue capacità. Alla fine non ce l'ho fatta oltre e... a modo mio, certo, ho iniziato a corteggiarlo, e quando una sera, in ufficio, gli ho detto che lo amavo, che non facevo che pensare a lui e quando era presente non riuscivo a restare focalizzato su qualcosa che non fosse lui, Godric si è concesso a me.»

Per qualche motivo Maddox continuava a fissarlo come se volesse sondargli l'anima.

Godric, invece, era impegnato a tentare di mascherare la sorpresa e lo shock. In poche parole Dante aveva leggermente cambiato i fatti e capovolto i ruoli. Non era stato lui a farsi avanti né a pretendere un approccio decisamente più fisico. Non era stato lui a innamorarsi sin dal primo sguardo che si erano scambiati. Non era stato lui a insistere e poi a causare un enorme casino, eppure si era appena preso sulle spalle tutte le colpe e responsabilità di Godric.

Il ragazzo cercò di non farsi notare e con gli occhi pregò Dante di lasciargli spazio perché potesse dire la verità, la reale verità, ma l'uomo lo ignorò. «Lui voleva dirvi tutto sin dall'inizio, ma sono stato io a dirgli che avremmo fatto meglio ad aspettare, specialmente per via della morte di mia moglie avvenuta di recente e... beh... perché... avevo paura, una fottuta paura del cazzo, della vostra reazione. Perché sapevo che vi avrei spezzato il cuore e solo per evitare che il mio finisse in pezzi. Non riesco a immaginare a come vi stiate sentendo, m-ma... la verità è che sono qui perché ho un'altra cosa da dire. So che conosco vostro figlio da appena tre mesi. Accidenti, io e mia moglie siamo stati fidanzati per qualche anno prima di pensare in grande, ma...»

Non ci credo che sto per dirlo.

Di nuovo guardò il ragazzo e provò come meglio gli riuscì a sembrare follemente innamorato di lui, così tanto che...

«Sono qui, signori Ranson, per chiedere la mano di vostro figlio.»

N.d.A.

Detto fra noi, gente: è ciò che avrebbe dovuto fare sì e no anche nella storia canon secoli fa. Non dico altro u.u

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