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Quasi subito dopo la disastrosa fine dell'incontro, Dante era stato aiutato da due suoi commilitoni a rientrare nel castello e si era rifiutato categoricamente di farsi medicare, nonchΓ© salvare la vita, da Godric. Era stato il medico di corte a occuparsi di lui e a dire che secondo lui Dante non avrebbe dovuto combattere, visto che era ormai sicuro che ci sarebbe stata una battaglia l'indomani mattina o al massimo fra due giorni.

Si sarebbero ritrovati alle porte l'esercito di Petya e Godric sapeva che era solo colpa sua.

Col senno di poi si era reso conto di aver dato di matto e di aver violato le regole della diplomazia che imponevano di non ricorrere alle armi fino alla fine delle trattative. Aveva quasi ucciso Petya e se solo Dante non si fosse mezzo, probabilmente le cose si sarebbero messe ancora peggio.

Era chiaro che Evergard avesse rischiato di morire per tale ragione.

Quando trovò il coraggio di aprire la porta della stanza dell'amico ed entrare, si stupì non poco nel vedere Dante ancora sveglio, malgrado fosse rimasto ferito e fosse ormai molto tardi; era a letto, ma i suoi occhi erano puntati in direzione della finestra oltre la quale v'era solamente il buio pesto. Il suo petto nudo era coperto, nella parte superiore, dal bendaggio che il medico accuratamente aveva eseguito dopo aver applicato uno speciale unguento che nel giro di un paio di settimane avrebbe fatto richiudere in fretta la ferita. Aveva un colorito spento, quasi cadaverico, e non ci si poteva stupire visto tutto il sangue che aveva perso fuori e poi lungo la via per arrivare nel laboratorio del dottore di corte.

Godric aveva davvero temuto di averlo ucciso, quelle che aveva passato erano state ore di inferno e di rimorsi.

In confronto a ciΓ² che lui aveva fatto, l'episodio avvenuto con Dante giorni prima sembrava una sciocchezza colossale. Dante lo aveva semplicemente schiaffeggiato, ma lui gli aveva conficcato la spada a pochi centimetri dal cuore, probabilmente perforandogli un polmone.

Non lo aveva fatto apposta, ma in fin dei conti era partito con l'intenzione di uccidere qualcuno, lui che mai aveva provato istinti omicidi nei confronti del prossimo.

Iniziava a pensare che quella storia lo avesse reso mentalmente instabile.

Deglutì e si fece coraggio, avvicinandosi. «C-Come... come stai?» chiese con voce flebile, torturandosi le mani. Non negava che il temporale che imperversava là fuori fosse per lui un ulteriore motivo di agitazione e ansia. Non aveva mai superato quella paura primordiale che lo seguiva come un'ombra sin dall'infanzia.

Ricordava che all'epoca, ogni volta che arrivava una tempesta, fosse stato solito chiedere a Dante di restare con lui o sgattaiolare nella sua camera per raggomitolarsi accanto al proprio Maestro sotto le coperte e restare a dormire lì. Una volta tutto gli era sembrato così semplice, così lineare, ma poi le cose, un po' alla volta, erano cambiate. Lui aveva iniziato a crescere e Dante, ben presto, non gli aveva più permesso di agire in quel modo e lo aveva costretto, con le buone o con le cattive, ad affrontare quella fobia, ma Godric mai l'aveva superata completamente. Eppure in quel momento tutto ciò che Godric avrebbe voluto fare per ripararsi dal terrore della battaglia imminente e del temporale, sarebbe stato di poter scivolare accanto a lui sotto le lenzuola e beneficiare di nuovo, per l'ultima volta prima della fine ormai annunciata, della sua calda e rassicurante stretta, dei battiti del suo cuore che sempre erano riusciti a calmarlo e a favorirgli il sonno.

Sapeva, tuttavia, che dopo quel che aveva fatto piuttosto Evergard lo avrebbe mandato a quel paese. Ne avrebbe avuto tutti i motivi plausibili e sacrosanti.

Lo osservΓ² tirarsi su un po' alla volta e a fatica, poi sistemare la schiena a ridosso del cuscino. Β«Come uno che ha sfiorato la morte, piΓΉ o menoΒ» replicΓ² Dante rauco, mascherando dei colpi di tosse involontari con una mano sulle labbra. Appena ebbe ripreso fiato, aggiunse: Β«Non che ormai possa fare qualche differenza. Domani verremo uccisi tutti quantiΒ». Non c'era rabbia nella sua voce, come se fosse stanco persino di dar retta alla collera. Era solo abbattuto e privato della speranza fino in fondo. Β«Non avrei mai pensato a un simile finale per la mia storia. Contavo di sopravvivere almeno fino al giorno in cui avrei visto mia figlia diventare adulta e succedere al trono, ma erano solo le speranze di uno sciocco sognatore.Β»

AbbandonΓ² il retro del capo a ridosso della testiera di legno del letto e tornΓ² a spaziare con gli occhi cerulei oltre la finestra sferzata dalla violenta pioggia.

«Ma sì, che cazzo» disse poi. «Che altra fine poteva fare la Feroce Volpe dell'Ovest, d'altronde?»

Β«M-Magari... magari Petya risparmierΓ  alcuni di noi, come ad esempio te e re Ivan. Tu eri disposto ad accettare la resa, no? Questo dovrΓ  pur valere qualcosaΒ» tentΓ² di consolarlo Godric. Β«Forse tu riuscirai a salvarti. S-Sei ferito, quindi...Β»

Β«Non importa. Che sia domani o fra una settimana, combatterΓ² lo stesso. Meglio del venire imprigionato e torturato, poco ma sicuro.Β»

«Ma così finirai male di sicuro.»

Β«E sia. Come ho giΓ  detto, non fa una gran differenza.Β» Dante sospirΓ². Β«Lo so che muori dalla voglia di farlo. Vieni, prima che cambi idea e mi salti in testa di strangolarti come una gallina.Β»

Che male poteva fare, dopotutto? Tra non molto sarebbero morti entrambi, quindi poteva anche fare uno strappo alla regola che aveva imposto a Godric molti anni addietro. Poteva offrirgli riparo, per l'ultima volta, dalla tempesta, sapendo che non avrebbe potuto fare lo stesso in battaglia.

Godric avrebbe voluto tanto mostrarsi piΓΉ recalcitrante e meno disperato, ma non ce la fece: corse subito fino al letto e si fiondΓ² sopra le coperte, fra le braccia di Evergard, il quale, tuttavia, non fece come in passato era stato solito fare e non gli avvolse un braccio attorno alle spalle. Rimase fermo, entrambe le mani posate sulle lenzuola. Ringraziava che il cielo si fosse preso la briga di piangere al posto suo, visto che ormai era certo di aver esaurito le proprie lacrime. Avvertiva solo un crescente e doloroso vuoto dentro di sΓ©, quello della sconfitta.

Β«Quando ero... beh, decisamente piΓΉ giovane, mi sembra che avessi compiuto da non molto ventun anni...Β» disse poi. Β«Decisi, come tanti altri dell'Ovest giunti alla maggiore etΓ , di recarmi da solo verso le montagne, quelle che si trovano oltre i confini del mio regno, nelle terre che nessuno ha mai voluto reclamare perchΓ© inospitali, incapaci di ripagare il sudore e la fatica con frutti di qualche tipo. Le chiamano Montagne Morte proprio per questo, ma non sono del tutto disabitate. In una grotta, nel ventre di quella piΓΉ alta e difficile da scalare, si trova un eremita veggente ed Γ¨ una tradizione quella di recarsi da lui una sola volta, diventati adulti, per porgli delle domande sull'avvenire o su ciΓ² che Γ¨ stato. Per me non fu diverso e comunque ero curioso di sapere come avrebbe risposto alle mie domande. Partii e fu un viaggio lungo e faticoso, non quanto la scalata che dovetti fare alla fine prima di raggiungere la grotta.Β»

Godric lo ascoltava in silenzio, senza smettere di stringerlo mentre silenziose lacrime gli bagnavano il viso e di tanto in tanto si riversavano anche sui bendaggi di Evergard. Era consapevole di aver mandato tutto in malora e che ormai il tempo fosse scaduto, ma piangeva anche perché era un dolore per lui udire, da così vicino, il respiro affaticato e sibilante dell'amico. Si chiedeva come potesse pensare di combattere in quello stato e se non ci fosse un modo perché almeno lui riuscisse a tornare a casa sano e salvo.

Se chiudeva gli occhi, comunque, riusciva quasi a immaginare Dante come era potuto essere all'epoca, non ancora un Efialte maturo e con un bel po' di strada da fare, di secoli da attraversare.

Poteva vederlo con chiarezza, anzi: dal fisico piΓΉ asciutto e mingherlino, persino piΓΉ basso, il viso in parte ancora da fanciullo, privo dei particolari che nel presente lo rendevano un uomo nel suo periodo d'oro, affascinante e austero. A ventun anni, nell'Oltrespecchio, si era poco piΓΉ che dei bambini e il corpo invecchiava molto lentamente e non era detto che continuasse a farlo per sempre.

Lo vedeva scalare con determinazione la montagna, incurante del rischio di cadere e morire sul colpo, troppo ansioso di conoscere il proprio avvenire, di darvi appena una sbirciata.

Β«Non ricordo neppure come riuscii a superare tutti gli ostacoli, ma ricordo bene che ero distrutto quando finalmente entrai nell'antro dell'eremita. Su di lui correvano molte voci, una piΓΉ assurda e mitologica dell'altra. Era vecchio non di secoli, ma di millenni, e dicevano che avesse ottenuto il dono di quella sapienza come condanna, non come premio, e fu proprio il mio antenato piΓΉ antico, il sedicente dio Rasya, a renderlo capace di vedere il futuro e il passato di coloro che aveva di fronte. Si era strappato gli occhi con la convinzione che non avrebbe piΓΉ visto la veritΓ  in quelli dei suoi interlocutori, ma non era servito a niente, se non a peggiorare la situazione. Sembra che stringendo invece una mano alla gente sarebbe stato in grado di scoprire e vedere come una persona sarebbe morta e quando. Pochi avevano il coraggio di farlo, perΓ², perchΓ© quasi mai ottenevano la risposta desiderata. Volevano morire con onore in battaglia e, invece, lui rivelava che sarebbero trapassati nella miseria.Β»

Godric sollevò lo sguardo. «Perché venne punito in maniera così dura? Che cos'aveva fatto di male?»

«Nessuno lo sa. Che io sappia, Rasya era una divinità vendicativa e non proprio comprensiva. Non era nella sua natura il perdonare, perciò... potrebbe pure darsi che si infuriò per una sciocchezza e punì il poveretto con eccessiva severità.»

Β«Che cosa ti disse il veggente?Β»

La nera, gelida e fitta pioggia sembrava trapassarlo come una perpetua cascata di piccoli aghi e non aiutava per niente che avesse perso il mantello da viaggio durante la scalata. Aveva dovuto liberarsene quando si era reso conto che a furia di inzupparsi era diventato troppo pesante, perciò era privo di protezione e saturo d'acqua fino al midollo. Era abituato a restare all'aria aperta anche durante precipitazioni così impietose, ma ciò non voleva dire che lo lasciassero indifferente o addirittura gli piacesse farsi bistrattare così dalla natura.

Tremava e non gli servì a niente abbracciarsi per provare a trattenere il calore del corpo o addirittura incrementarlo.

Provò ad evocare una piccola sfera di fuoco per farsi luce e vedere fin dove si estendesse il grembo della grotta, ma scoprì che là dentro la magia sembrava non avere alcun effetto e, addirittura, venire divorata dal buio.

Prima di partire si era convinto che sua madre e suo zio avessero solo voluto esagerare appositamente dicendogli che sarebbe stata un'esperienza da far accapponare la pelle, ma iniziava a capire che era la veritΓ .

Il principe di Elgorad deglutì e si guardò pavidamente alle spalle, dove ancora riusciva a scorgere l'esterno, il cielo scuro e tonante che di colpo appariva preferibile a quella fredda e umida caverna.

Si umettΓ² le labbra e decise di andare avanti e basta, addentrandosi nell'antro dell'Eremita Senz'occhi.

Si chiedeva come potesse la gente esser sicura che non avesse gli occhi nelle orbite, visto e considerato che lΓ  dentro non si vedeva un bel niente e sarebbe stato impossibile scorgere la figura del veggente con chiarezza. Nel suo caso, perΓ², non lo avrebbe visto comunque, visto che era cieco quanto l'eremita.

Sta' a vedere che sono venuto fin qui per niente e si tratta solo di una leggenda per spaventare i marmocchi, pensΓ², alterato di fronte a una simile prospettiva dopo aver viaggiato senza sosta per giorni, senza mangiare e riposando pochissimo.

Dopo un po' decise di fermarsi e nel medesimo istante in cui lo fece una voce chiara e stentorea disse, con una nota divertita: Β«Mi stavo giusto domandando quando ti saresti deciso a venire quiΒ».

Ci mancΓ² poco che a Dante venisse un bell'infarto. Borbottando una bestemmia molto sconcia, il ragazzo cercΓ² di capire da dove proveniva la voce e ben presto si rese conto, con una punta di inquietudine, che sembrava venire da ovunque attorno a lui. Forse era solo per via dell'eco.

Β«Sai chi sono?Β» chiese, provando a suonare il piΓΉ possibile calmo e determinato.

Β«Sei il giovane principe di Elgorad. Riesco sempre ad avvertire nell'aria quando uno della tua famiglia proveniente dalla stirpe di Rasya si reca in questo luogo per conoscermi e pormi delle domande.Β»

Β«E com'Γ¨ possibile che tu sia in grado di capire una cosa del genere ogni volta?Β»

Β«Fu il tuo avo a donarmi le capacitΓ  che ora mi costringono a restare lontano dalla societΓ  e riconoscerei gli strascichi della sua presenza che da secoli vengono tramandati da una generazione all'altra. Non potrei mai dimenticare il gelo che sempre accompagna quella consapevolezza.Β»

Dante si morse il labbro inferiore. Β«Uhm... sono qui per...Β»

«So perché sei qui. Per lo stesso motivo per cui tuo padre venne da me, e così prima di lui suo padre. Ogni re di Elgorad è venuto da me per conoscere il proprio destino, ma nessuno di loro ha mai voluto sapere come sarebbe morto. Tuo padre cedette quasi alla tentazione e se lo avesse fatto, è probabile che forse sarebbe stato ancora vivo.»

Β«Il destino Γ¨ quello che Γ¨. Non credo possa essere mutatoΒ» replicΓ² con sfacciata durezza il principe. Β«Mio padre sarebbe morto comunque.Β»

«Forse sì, forse invece no» lo rimbeccò il veggente, criptico. «Cosa vuoi sapere, principe di Elgorad?»

Dante rifletté. «S-Se diventerò re e... nel caso fosse così... che tipo di sovrano sarò.»

Sentì il Senz'occhi ridere. «Davvero curioso che tu mi faccia questa domanda, quando vedo dentro il tuo cuore che non aneli al potere né alla corona di tuo padre. Sei il primo Evergard a non fremere al pensiero di avere l'Ovest nel palmo della tua mano.»

Il ragazzo fece una smorfia. «È così divertente?»

Β«Oh, lo Γ¨ eccome. Tu diventerai re, senza se e senza ma, volente o nolente. Ora sei giovane e desideri vedere il mondo e accumulare avventure, ma col tempo capirai che non si puΓ² sfuggire agli obblighi stipulati con il sangue. Mi chiedi che razza di sovrano ti rivelerai e credimi, se ti dicessi per filo e per segno ogni cosa, ti metteresti a ridere davanti all'ironia crudele che farΓ  parte della tua reggenza.Β»

Β«Uhm... un po' piΓΉ chiaro e specifico?Β»

Il veggente sospirΓ². Β«PerchΓ© tutti voi mi costringete a rivelarvi, ogni volta, le vostre future sofferenze? Lo fate sempre, pensando che riuscirete a cambiare il corso degli eventi, ma non fate altro che favorirli e correr loro incontro.Β» Sembrava stanco di dire alle persone che le cose non sarebbero andate secondo i piani, secondo i loro desideri.

Dante si sentì un po' gelare. «Sofferenze? Quindi è questo che mi attende?»

Β«La sola cosa che posso consigliarti, principe di Elgorad, Γ¨ di fare molta attenzione alle scelte che compirai e a chi sceglierai di concedere la tua fiducia. L'amore e l'affetto rendono ciechi e sordi alla veritΓ , il piΓΉ delle volte, e lo stesso accadrΓ  a te. Sarai tu a contribuire alla tua rovina.Β»

Β«R-Rovina?Β» ripetΓ© il giovane, un po' atterrito.

«Non vedo gloria nel tuo avvenire, Dante di Elgorad. Vedo solo dolore, ombre e fiamme. Vedo la bianca città dell'Ovest bruciare e cadere su se stessa e la tua ombra vagare fra i cadaveri. Vedo il possente e millenario albero genealogico degli Evergard bruciare con il regno e diventare cenere sotto i tuoi occhi. E sarà così che verrai per sempre ricordato dalle generazioni che verranno e leggeranno le vecchie canzoni popolari che parleranno del Re delle Ceneri e dei suoi lamenti di dolore andati perduti nel silenzio della rovina e della distruzione. Coloro che affermano che la tua presenza sia cagione di futura sciagura per il regno, giovane principe, temo abbiano purtroppo ragione.»

Il cuore del ragazzo batteva all'impazzata per il terrore e l'ansia. Β«E come posso evitare che accada tutto questo? Dimmelo!Β»

Β«Non puoi fare niente. Nessuno puΓ² cambiare il corso della storia, finanche un futuro re.Β»

Β«Ma deve esserci qualcosa! Deve per forza!Β» implorΓ² il ragazzo.

«E perché mai tu dovresti venir graziato dalla volontà del Fato? Perché hai sangue reale e divino nelle vene? Tu stesso hai detto che non si può andare contro la sorte» lo schernì severamente il veggente. «Saranno le scelte che compirai a segnare il tuo destino. Ognuna di esse si rivelerà sbagliata oltre ogni previsione e tutte torneranno a tormentarti. Soffrirai, Sire della Morte, perché alla pace del tuo spirito preferirai tu stesso la sofferenza, il dolore e la privazione, e quando capirai di aver commesso degli errori fatali sarà troppo tardi.» Il Senz'occhi fece una pausa. «Rido e ti compatisco al pensiero di come sceglierai di seppellire le tue colpe e la tua sofferenza. Piango pensando all'uomo malvagio che rinascerà dalle ceneri di Elgorad e all'innocente che sarà costretto a pagare per una colpa inesistente. Ho pietà della persona che cercherà di consolarti e rimarrà in silenzio quando le addosserai la responsabilità del disastro da te causato. Ho pietà di tutti coloro che non potranno nulla contro la tua ira inestinguibile.»

Dante non aveva idea di cosa stesse parlando il Senz'occhi. Sapeva di non essere propriamente un bravo ragazzo tutto casa e famiglia, di odiare la maggior parte delle responsabilitΓ  che i suoi cari volevano mettergli sulle spalle, ma addirittura diventare un giorno malvagio, far del male a delle persone, una in particolare della quale ignorava l'identitΓ .

«E... c-conosco quella persona? È un familiare?»

Il veggente tacque, finché: «I mortali sono creature strane: incolpano gli dèi perché credono che non prestino l'orecchio alle loro preghiere e suppliche, ma poi rifiutano i preziosi doni che vengono loro offerti dalle stesse entità che accusano d'indifferenza e crudeltà. Forse meriti pietà anche tu, principe di Elgorad».

Evergard non riusciva a comprendere quelle parole. Che cosa c'entravano i doni? Cosa c'entravano gli dèi nei quali lui sempre si era rifiutato di credere fino in fondo, a parte uno, quello più silenzioso e terribile?

Β«Di quali doni parli? Delle mie... delle mie capacitΓ ?Β»

«Sei solo un ragazzino e sei egocentrico come tutti quelli della tua acerba età. Non puoi capire. Non capirai mai che non tutti i doni sono d'oro, d'argento o un'eredità di sangue. Alcuni si palesano ai nostri occhi in forme molteplici e ingannevoli per metterci alla prova e tu, sciocco ragazzo, testardo uomo, non supererai la prova. Farai a pezzi il dono degli dèi che tanto disprezzi e lo farai convinto di aver persino ragione. Temo che tu sia una forza della natura incontrollabile persino per il Guardiano che un giorno ti verrà assegnato.»

Il silenzio di Dante fu una risposta comunque esaustiva per l'eremita.

Β«So che non capisci e non ti biasimo. Non mi Γ¨ concesso parlare chiaramente. Tutto ciΓ² che posso offrire sono enigmi che poi spetta a coloro che mi ascoltano decifrare e quasi sempre nessuno ci riesce.Β»

Dante si sfregò la fronte, costernato e confuso. «Posso... posso sapere come morirò?» chiese con voce flebile. Gli era chiaro che il suo sarebbe stato un avvenire oscuro e terribile, e allora tanto valeva tagliare la testa al toro e sapere se così tante sofferenze sarebbero un giorno finite.

Fu allora che il Senz'occhi diede la risposta più strana di tutte. Sospirando, quasi come se parlare lo sottoponesse a perpetua fatica, disse: «Ci sono destini peggiori della morte a questo mondo, principe di Elgorad. Che tu muoia o viva per altri mille anni ancora, la morte è l'ultima cosa di cui dovresti preoccuparti. La fine della tua esistenza è nebulosa e incerta, non riesco a vederla con chiarezza. Mentre ti guardo continua a cambiare come qualcosa di informe e indeciso sulle sembianze da adottare. Sei maledetto e queste sono le conseguenze, temo. Nella mia mente scorgo l'ombra di un apolide senza dèi e senza pace. L'unica sua amante è la solitudine, il suo solo amico il rancore e l'unico suo erede da lui stesso generato è il dolore che ha causato e continua a portare ovunque vada. Vedo un'altra ombra dietro quella dell'apolide, nera come il vuoto e portatrice di un astio millenario. Quell'ombra lo insegue, lo ha fatto sin da quando è nato, vuole divorarlo e dominarlo».

Il cuore del ragazzo batteva furiosamente, vittima di una paura primordiale e senza nome. Quello di Dante fu un impulso naturale di voltarsi di scatto e cercare di individuare chissΓ  cosa nel buio della grotta. Per piΓΉ di un attimo aveva realmente pensato che ci fosse qualcun altro insieme a lui e al veggente, ma forse si era solo suggestionato.

«Ora lasciami solo» esalò l'eremita, probabilmente stancatosi di parlare. «Che gli dèi abbiano pietà di te, Dante di Elgorad.»

Β«Che cosa ti disse il veggente?Β» chiese Godric, vedendo l'altro Efialte realmente assorto, anzi perso nei pensieri.

Dante si riscosse, aprendo e richiudendo la bocca un paio di volte perché non sapeva se rivelare tutto o meno. Alla fine, però, forzò un sorriso ironico. «Beh, che avrei mandato tutto quanto a puttane» replicò con una grande caduta di stile. «Credo che come riassunto sia sufficiente. Disse questo e altre cose che tuttora non riesco a capire. È ovvio che fino ad ora abbia sempre avuto ragione lui.»

Β«Non tutto Γ¨ ancora perdutoΒ» insistΓ© Reghsar. Stava davvero provando a trovare anche un solo lato positivo nella situazione. Β«Non hai mandato a puttane niente.Β»

«Ti sbagli, credimi. Te l'ho detto in passato, Godric. Te l'ho detto più volte: non sono la persona che credi io sia. Giorni fa l'hai visto da solo e comunque... ultimamente ho fatto molte cose sbagliate. Cose che forse rifarei, forse invece no, ma il punto è che non si può tornare indietro o far finta che niente sia mai accaduto. Non c'è un modo per riavvolgere il tempo e scegliere correttamente, perciò sì: ho mandato tutto a puttane.»

«Un po' di colpa credo di averne a mia volta» ammise Godric. «Ancora sono convinto di aver fatto bene a non inchinarmi a Petya, ma quello che ho fatto subito dopo non può essere giustificato. Ce la farà pagare a tutti quanti perché ho cercato di assassinarlo. È ciò che accade quando pesti la coda a un drago.»

«Non resta che sperare che risparmi almeno le vostre famiglie e poi la mia. Non so cosa potrebbero fare o meno tuo padre e Ravya, ma Neera sicuramente farà la scelta più prudente e meno sanguinosa. Probabilmente il popolo per questo la odierà, ma lei, al contrario mio, quando vuole fare la cosa giusta, la fa e basta, e al diavolo le conseguenze. È una vera regina.» Dante deglutì a vuoto. «Avevi ragione, giorni fa. Non sono un buon re, non quello che Elgorad avrebbe meritato. Ho bisogno di ricordare a tutti chi sono perché sono il primo a non crederci affatto.»

Godric sorrise di sbieco. Β«Ti rivelerΓ² un segreto inestimabile: io dico una marea di stronzate, Dante, specialmente quando sono sobrioΒ» disse, citando la frase che proprio Dante aveva pronunciato quasi un anno prima, quando lui si era recato a Elgorad per convincerne il sovrano a prender parte alla ribellione contro Petya.

Evergard soffocΓ² una risata e subito dopo un altro colpo di tosse. In effetti il medico gli aveva imposto di non sforzare troppo la voce nΓ© di ridere, ma aveva appena fallito a seguire quelle direttive. Β«Che fai, Reghsar, mi rubi le battute?Β»

Β«Sto solo citando la tua migliore perla di saggezza.Β»

Β«Le altre sono ancora piΓΉ stupide, allora, se questa Γ¨ la migliore.Β»

Godric sghignazzò «Sei uno stupido, in effetti, ma ci ho fatto il callo.» Non credeva realmente che Dante avesse tradito i loro compagni. D'altronde lui e Petya non erano poi leader così diversi ed era possibile che ragionassero alla stessa maniera. Non ne era sicuro fino in fondo, ma preferiva credere di essersi sbagliato e fatto accecare dalla rabbia, piuttosto che pensare che l'uomo al quale stava sorridendo in modo genuino fosse una simile canaglia che era stata capace di venderli al nemico. Dante non era in quel modo, non era quel tipo di persona.

Di nuovo ebbe modo di notare, nel frattempo, visto che era così vicino a lui, che i battiti del suo cuore fossero stranamente veloci, come quando si correva per molto tempo e poi, esausti, ci si fermava per riprender fiato, solo che Dante non aveva corso né fatto altro.

Aveva la sensazione che quello fosse un momento molto strano, ma non in senso negativo. Solo... strano. Come se il mondo intero si fosse fermato ad ascoltarli.

Alla fine Godric, inspiegabilmente agitato, con guance e orecchie in fiamme e lo stomaco in subbuglio, decise di esser lui a porvi fine e disse, scherzando: Β«In fin dei conti sei solo un cagnolone che abbaia, ma morde di radoΒ».

Dante roteΓ² gli occhi, ma sorrideva sotto i baffi. Β«Ho ucciso per molto meno, sai?Β»

Β«Certo, come no.Β»

* * *

Quando Godric si svegliΓ², il mattino seguente, si rese conto che dovesse esser ancora molto presto. Fuori in corridoio non si udiva volare una mosca e oltre la finestra, chissΓ  dove, in lontananza, il canto di un gallo risuonava ovattato, accompagnato in quel rituale concerto mattutino dal coro ancor piΓΉ sommesso degli uccelli.

Reghsar sentiva la testa un po' pesante, era ancora stanco, ma aveva stranamente dormito bene, per la prima volta dopo quasi un anno, e presto ne scoprì la ragione, dopo qualche secondo di spaesamento al quale si sovrapposero un vago senso di imbarazzo e una punta di panico: non se n'era mai andato dalla stanza di Dante, forse si era addormentato proprio lì, e stupido com'era, persino da dormiente, a furia di muoversi e rigirarsi di tanto in tanto una delle sue gambe aveva in un certo senso abbracciato il fianco di Evergard, causando una situazione piuttosto ambigua e che, se Dante si fosse svegliato, avrebbe sollevato questioni scomode per Godric.

Porca miseria, pensΓ², senza riuscire a mettere in moto il cervello. Cazzo, cazzo!

Ben attento a non fare movimenti bruschi tirΓ² indietro la gamba, ma poi si accorse di un altro particolare problematico: erano quasi abbracciati.

Vedere l'altro così ignaro di tutto e ancora addormentato profondamente gli fece venire il nervoso e voglia di rifilargli in testa un colpo di cuscino.

Ma no, no, no! Se lo facessi poi si sveglierebbe e allora sì che ci sarebbe da ridere!

Doveva fare qualcosa, ma aveva paura che al minimo movimento Dante si sarebbe ridestato.

Non che sia del tutto colpa mia. In fin dei conti Γ¨ lui a stringermi come se fossi un coniglietto di pezza!

Era altresì difficile per lui non vedere in quella situazione messaggi nascosti e spie di chissà quali scenari da sogno.

Ma che vado a pensare! Con lui neppure si puΓ² parlare di certe cose!

Che, nel sonno, l'avesse scambiato per Neera? Poteva succedere, complice la lontananza dalla moglie durata così a lungo. Doveva essere così.

Non aveva molta voglia di districarsi da quell'abbraccio, gli piaceva avvertire il tepore del corpo di Evergard così vicino a sé, esser stretto da lui in maniera in un certo senso protettiva e intima.

Accidenti... non ha neppure niente addosso, a parte i bendaggi.

Si impose di non guardare giΓΉ per scoprire se le coperte fossero scese troppo oltre la cintola di Dante o meno. Se lo impose per il bene della propria dignitΓ  e del proprio autocontrollo, cose che avrebbe volentieri gettato dalla finestra se avesse guardato dove non avrebbe dovuto guardare.

PerchΓ© sempre a me devono capitare queste cose?

Doveva agire. Non poteva permettere di farsi beccare.

Piano piano, un po' alla volta, scivolΓ² via e si risistemΓ² i capelli che erano un po' scompigliati, poi si alzΓ² e prima di uscire dalla stanza si voltΓ² per rivolgere un ultimo sguardo impotente, trasognato e da cane bastonato, a Evergard che non si era accorto di niente. Il viso venne assalita da una zaffata di calore quando vide che le lenzuola, solo grazie a un fortuito caso, coprivano soltanto parte dell'inguine di Dante e una delle gambe. Un altro centimetro in piΓΉ e...

Β«Oh, mamma mia, perdonamiΒ» esalΓ² imbarazzato, coprendosi gli occhi e decidendosi a uscire in fretta, prima di cambiare idea e forse fare qualcosa di veramente stupido.

* * *

Β«Dobbiamo per forza andare fino in fondo?Β» Desya si lasciΓ² cadere sulla panca accanto al fratello, nella sala dei banchetti completamente vuota. Di solito si guardava bene dall'infastidire Misha quando questi si metteva a bere e quella sera era molto probabile che sarebbe finito per alzare il gomito piΓΉ del dovuto.

Era in quel modo da quando aveva fatto ritorno da Varesya ed era passata quasi una settimana. Una settimana priva di azioni offensive o rappresaglie, di silenzio, quello che forse precedeva la grande e finale esplosione.

Il comandante aveva la sensazione che Petya non sapesse decidersi e stesse temporeggiando come mai l'aveva visto fare fino ad allora. Ora che era quasi riuscito a conquistare tutto l'Oltrespecchio, ecco che esitava.

Mikhail distolse lo sguardo dalla propria bevanda nel calice e lo piantΓ² sul gemello. In quei momenti avrebbe dato tutto l'oro del mondo per aver potuto ancora godere della compagnia di Iago, piuttosto che quella di Desya.

Erano passati anni, ma era come se il tempo mai fosse trascorso da quella sera nei boschi.

Era cambiato tutto, come se la morte di Iago avesse decretato la fine di un'era e l'inizio di un'altra. La loro famiglia era andata completamente in pezzi, e in essa includeva anche Godric e Dante. Non li aveva mai visti litigare e mai aveva visto Godric dare di matto a quel modo, davanti a tutti, senza filtro alcuno. Non lo aveva spaventato, naturalmente, ma gli aveva comunque spezzato il cuore e continuava a domandarsi come fossero potuti arrivare a quel punto.

Davvero la colpa andava imputata solo a Petya che aveva rotto l'equilibrio di ogni cosa o... magari... non aveva fatto altro che dare un'ultima e piccola spinta a qualcosa che giΓ  da prima si era trovata sull'orlo di un pericoloso precipizio?

Β«Non lo so. Non muoio dalla voglia di ucciderli entrambi, se Γ¨ questo che pensiΒ» replicΓ² rauco, versandosi dell'altro vino in gola. Al diavolo il dover tenere gli occhi aperti. Non sarebbe riuscito a tollerare la snervante attesa da sobrio.

Desya sospirΓ². Β«E se... se andassimo noi da loro e ci parlassimo? Solo noi, senza Petya, senza nessuno che si metta in mezzo.Β»

Β«Parlare, eh?Β» commentΓ² Misha, umettandosi le labbra e accavallando le gambe. Β«Di cosa, esattamente? Di come abbiamo voltato a tutti e due le spalle, come due emeriti bastardi ingrati? Parlare di come dovremo fingere con Petya di non nutrire il benchΓ© minimo rimorso all'idea di aver dovuto ammazzare due uomini che vedevamo alla stregua di genitori? Se una persona avesse fatto a me quello che io e te abbiamo fatto a Dante e a Godric, fidati che la ucciderei alla prima occasione. Gli abbiamo spezzato il cuore, Desya. A entrambi. Non c'Γ¨ niente da dire, niente con cui potremmo giustificarci, se non la nostra sporca ambizione. Abbiamo barattato il loro affetto con una spada e un bottino di guerra che tra non molto traboccherΓ  dalle nostre borse fino all'inverosimile. Spargeremo il loro sangue sulla stessa, identica terra dove anni fa, da ragazzi, ci allenavamo con loro per diventare dei grandi e impavidi guerrieri, per essere come loro. Io, almeno, ci tenevo a diventare come loro. Volevo essere onesto e coraggioso, ma invece guardami! Sono un mercenario al servizio della persona per colpa della quale Iago, adesso, non Γ¨ con noi, a casa nostra, davanti a un caldo pasto in una tranquilla serata qualsiasi tra fratelli.Β» Mikhail fece una pausa. Β«A volte ci penso, sai? Ci penso a come sarebbero potute essere le nostre vite, ora, se lui fosse stato ancora vivo e fosse tornato dai boschi, come al solito. Magari uno di noi tre si sarebbe sposato, avrebbe avuto dei figli, una bella casa, un lavoro onesto. Io, almeno, contavo di avere tutto questo, un giorno. Una volta avevo persino pensato a quali nomi avrei messo ai miei bambini, ma non ne ricordo piΓΉ neppure uno. Ne avrei voluti almeno quattro, di figli. Tanto per iniziare, sai! Avrei continuato a fare il fabbro, l'attivitΓ  rendeva benissimo, prima che mi mettessi a combattere per campare. Un giorno, forse, sarei riuscito a permettermi una bella casa, spaziosa e con un bel giardino che avrei fatto decorare a piacimento alla mia signora.Β»

Desya si accigliΓ². Β«Puoi ancora avere tutto questo. Cosa te lo potrebbe mai impedire?Β»

Β«Agli occhi dei nostri soldati e di Petya sono un generale valoroso e indomito, ma agli occhi di me stesso non sono altro che un vile traditore che ha spezzato il cuore a entrambi i suoi genitori. Non riesco piΓΉ a guardarmi allo specchio e se lo faccio evito sempre di incrociare il mio sguardo. Ho sempre paura che dentro vi vedrei una malvagitΓ  da far spavento. Non ho alcun diritto di pretendere ciΓ² che un tempo sognavo. Ho tradito la mia famiglia e voglio pagare questo crimine con la solitudine, com'Γ¨ giusto che sia.Β»

Β«Beh, invece secondo me sbagliΒ» replicΓ² Desya, un po' colpito dal suo discorso inaspettatamente profondo e privo di filtri. Β«Anche io mi sento in colpa, ma era normale che avremmo finito per lottare contro di loro. Abbiamo scelto fronti differenti, Misha. Abbiamo ascoltato la proposta di Petya, i piani che aveva, e deciso che ci piacevano e li avremmo appoggiati. Questo non fa di noi dei traditori o dei criminali. Abbiamo ragionato con la nostra testa, niente di piΓΉ.Β»

Ovvio, dispiaceva anche a lui che le cose fossero andate fino a tal punto male, ma non aveva senso logorarsi coi sensi di colpa e guardare sempre indietro, dimentichi del presente e del futuro. Avevano intrapreso un cammino e dovevano portarlo avanti fino alla fine.

Misha serrò le dita sul calice. «Provo disgusto per me stesso,» mormorò, «ma tu mi disgusti ancora di più, lo sai?» Sollevò gli occhi verdi lampeggianti di sdegno e collera sul gemello. «È confortante sapere che almeno uno di noi due riesce a dormire sereno. Ora fammi il porco piacere di toglierti dal cazzo.»

Dante poteva esser giΓ  morto ancor prima delle ultime battaglie e Desya non aveva neppure detto, nemmeno una volta, se ci stesse male o la cosa lo avesse del tutto lasciato indifferente. Sembrava non essergliene importato un bel niente che Godric, nel tentativo di ammazzare Petya, avesse invece colpito a morte Evergard. Si era invece preoccupato e premurato di domandare a Yakovich se andasse tutto bene.

Per Iago non aveva quasi versato una sola lacrima. Neppure una lacrima per il fratello che si era spaccato per primo la schiena lavorando per gli Ellenswald al solo scopo di sfamare loro due o, ancora, che li aveva protetti quando nessun altro avrebbe potuto farlo, anche a costo di vedersela con dei prepotenti armati di coltello decisi a privare dei pochi averi dei ragazzini.

Desya definiva lui crudele, ma per primo si stava dimostrando un autentico cuore di pietra ingrato.

Riguardo a Iago si era giustificato dicendo che, dopotutto, egli avesse voltato loro le spalle per la Gilda delle Ombre, gettato su tutti e tre la vergogna e altra roba che non stava nΓ© in cielo nΓ© in terra. Tanti saluti al non parlare mai male dei morti.

Desya si incupì. «La sala non è tua, tanto per cominciare. Non puoi prendere e ordinarmi di andarmene. Sono un tuo superiore, nel caso lo avessi scordato.»

«Beh, ora invece sì! Qui e ora decreto che questa fottuta sala è di mia proprietà! D'accordo?» replicò a tono Misha, alzandosi per fronteggiarlo.

L'altro scosse la testa e disse, rancoroso: Β«Lo sai? Vorrei proprio che fossi stato tu a morire. Sei sempre stato la mela marcia fra noi tre e per quanto Iago fosse ormai alla deriva o persino malvagio, non Γ¨ mai sceso in basso come te!Β»

Quelle parole fecero calare un velo rosso sugli occhi di Mikhail, il quale caricΓ² un pugno in faccia al gemello. Β«Ripetilo, se ne hai il coraggio!Β»

Desya rispose riversando a sua volta le nocche sul viso del fratello. «Hai capito benissimo! Sei diventato forse sordo, oltre che stupido?» Lo colpì di nuovo, così forte da spingerlo a terra.

Misha girΓ² su se stesso e barcollΓ² nel rimettersi in piedi. Si passΓ² il dorso di una mano sotto il naso e quando lo ritrasse vide del sangue che lo macchiava. Lentamente tornΓ² a guardare Desya. Β«AdessoΒ», gorgogliΓ² furioso, Β«ti apro dalla testa al culo, e guai a te se ti muovi!Β» CalciΓ² via con violenza la panca fra di loro e si diedero addosso a vicenda come feroci lupi che avevano perso la ragione.

Β«Basta! Dio santo! Basta!Β»

Misha venne afferrato e tirato indietro da Petya, appena accorso dentro la sala, udendo un simile fracasso. Evitò per un soffio un colpo di gomito che l'Efialte provò a tirargli sullo sterno e, appellandosi a tutta la forza fisica che possedeva, riuscì a placcarlo e a forzarlo col viso sul tavolo, visto che non c'era verso di calmarlo e si comportava come un leone selvatico pronto a staccare la testa a Desya.

Petya guardΓ² questi. Β«Vai, adesso. Lasciaci soli, ti prego!Β» lo implorΓ², non volendo che la situazione andasse a finire veramente male.

Il comandante, dopo aver esitato, annuì e obbedì. Misha ringhiò e spintonò indietro Yakovich. «Non mi toccare, cazzo!» ruggì ferino. Ansimava e tremava come una foglia e ora la sua rabbia sembrava aver cambiato bersaglio. «Sai, cosa? È tutta colpa tua, Petya! Ha ragione Godric!»

Β«Misha, so che stai passando un brutto momento, ma...Β»

Β«No, tu non lo sai! Come potresti, eh?! Quando mai ti Γ¨ capitato di vedere la tua famiglia andare in mille pezzi per colpa di uno stronzo che non aveva nulla a che fare con essa? Quando?!Β»

«Sai molto bene che non è così» lo rimbeccò Petya, ferito dalle sue parole. Era già in pena per cos'era accaduto a Varesya, per Dante le cui sorti, ovviamente, restavano ignote. Non aveva bisogno dell'ennesimo motivo per sentirsi un cane. «A-Adesso calmati, ti prego.»

Mikhail, perΓ², avanzava verso di lui come un animale selvatico che stava tendendo l'agguato alla preda. Era come se dopo quanto accaduto a Varesya il dolore e la pressione psicologica alle stelle lo avessero privato della ragione e del buonsenso.

A furia di arretrare, pur rimanendo vigile e all'erta, Petya batté la schiena contro il muro. «Perché ora ti comporti così?» chiese. Misha fino ad allora non aveva mai avuto niente da ridire e si era sì e no sbizzarrito, aveva fatto quel che gli pareva in battaglia e nei momenti di quiete.

Il generale, veloce come un'aspide, estrasse dal fodero che portava sul fianco il proprio pugnale e menΓ² la punta di esso a un centimetro dalla gola di Yakovich.

Β«PapΓ  aveva ragioneΒ» ripetΓ©, riferendosi sempre a Godric. Β«Ci hai fatto il lavaggio del cervello, ma nel mio caso hai sbagliato il procedimento, a quanto pare.Β»

Β«Misha...Β»

Β«Che intenzioni hai con mio fratello, di' un po'?Β»

Β«Cosa?Β»

«Non fare il finto tonto! Gli fai gli occhi dolci! Lui è un idiota e neppure si è reso conto di pendere dalle tue labbra, ma io ho una certa esperienza a riguardo!» Aveva notato gli sguardi che quei due erano soliti lanciarsi di tanto in tanto, anche se né l'uno né l'altro parevano intenzionati ad affrontare la faccenda apertamente. Solo gli dèi sapevano quanto Desya fosse negato nelle faccende d'amore e... sprovveduto, ingenuo e troppo sognatore. Magari per le altre specie la situazione sarebbe potuta sembrare bizzarra, per non dire altro, ma gli Efialti erano una razza a se stante. Si riconoscevano tra famigliari grazie a molti elementi, all'istinto che legava un membro della stessa famiglia all'altro. Desya, nel caso di Petya, non avvertiva affatto quel legame fraterno ed era questo a rendere la sua posizione pericolosa.

Non c'era alcun impedimento, ecco qual era il punto.

Eppure non era solo quella cosa a infastidirlo, anzi a farlo proprio incazzare ben bene. No... c'era altro che lo faceva uscire di testa, che lo corrodeva da molto tempo. Fino ad allora se ne era rimasto zitto, temendo di fare troppo casino, ma ne aveva abbastanza.

Si accostΓ² di piΓΉ, i suoi occhi fissi in quelli di Petya. Β«Io so cosa nascondiΒ» sibilΓ², la voce arrochita e non solo perchΓ© aveva gridato fino ad allora, ma anche perchΓ© gli veniva da piangere. Β«Lo so molto bene, Petya, e mi fai schifo.Β»

Β«Di cosa stai...Β»

Β«Ti sei scopato mio padre e continui tuttora a farlo!Β» ringhiΓ² il generale, perdendo le staffe completamente. Β«Lo so perchΓ© vi ho visti! Vi ho visti, vi ho sentiti e so quanto Γ¨ in bilico la situazione con lui!Β»

Non negava che per lui fosse stato piuttosto traumatico, per non dire oltraggiante e orribile, cedere alla curiosità nell'aver visto le porte della camera da letto di Petya non del tutto chiuse, udire dei rumori strani provenire da oltre di esse, sbirciare e dopo un attimo di smarrimento realizzare che quello sopra Petya, fra le sue gambe, impegnato in una frenetica e sporca danza d'accoppiamento, si era rivelato essere Dante, suo padre. Dante che era sposato, che aveva una moglie che lo amava con tutta se stessa e una splendida figlia che lo adorava. Ricordava di essersi coperto la bocca per non urlare o imprecare, di esser tornato indietro e corso via più in fretta che poteva, lontano dai loro gemiti, dall'immagine di quei due avvinghiati come animali su un letto, quello dell'uomo che aveva ucciso così tanti bravi e coraggiosi soldati dello stesso Dante.

Niente di paragonabile, tuttavia, rispetto a quando, giorni prima, si era imbattuto casualmente, mentre si aggirava per il cortile esterno del castello, nella figura in lontananza del re di Elgorad che, guardingo, era salito a cavallo e partito al galoppo dopo aver sistemato meglio e con cura nell'incavo del braccio quello che Misha aveva infine compreso essere un neonato.

Lui, che conosceva bene le dinamiche dell'Oltrespecchio e della propria specie, aveva capito immediatamente. La veritΓ  lo aveva travolto con violenza.

Dante non si sarebbe mai preso un simile disturbo, fino a quel punto, per un bambino qualsiasi, se non uno che recava nelle vene il suo sangue e quello della sola altra persona all'interno di quelle mura ad avere con lui un legame di un certo tipo. Uno piΓΉ uno faceva due e la somma, in quel caso, aveva portato infine alla presenza di un erede bastardo del re dell'Ovest.

Se qualcuno avesse scoperto ogni cosa, Evergard poteva rischiare la condanna a morte da parte dei propri alleati, del re del Nord che aveva giurato di servire come suo comandante delle legioni. Per una cosa così grave come aver fraternizzato con il nemico la punizione era severa e non c'era possibilità di salvarsi, di evitare il capestro.

«So tutto, Petya» continuò Misha, implacabile. «Come so che tu e Dante nascondete una certa cosa o, meglio ancora, qualcuno. Ma in fin dei conti bisognava aspettarselo, no? Punti a mio padre dall'inizio, sin da quando hai iniziato a conoscerlo meglio. Volevi infilarti nel suo letto da anni e non mi stupisce che anche lui sia caduto nella tua trappola. Conosco quell'uomo meglio di te e so che non avrebbe mai tradito sua moglie volutamente, partendo sin dal principio con l'intenzione di farlo. Te lo sei lavorato ben bene, non è così? Hai visto uno spiraglio e hai deciso di approfittarne, di approfittare di una persona lontana da casa da ormai diverso tempo! Oppure, magari, volevi addirittura prendere il posto di Neera accanto a lui! Lui che non sa dire di no alle persone, che non sa respingere gli altri! Lo conosco, Petya, e so bene come ragiona. Mi ha cresciuto, ho vissuto alla sua corte per un certo periodo e ho visto quanto gli riesca sempre difficile dire di no alle persone, anche per una stupidaggine! Ci sarà cascato subito non appena ti sei prostrato in chissà quali moine!»

Era quello uno dei motivi per cui, giorni prima, non aveva avuto il coraggio di incrociare lo sguardo nΓ© di Evergard nΓ© di Godric. Era per questo che si era intromesso, non solo per evitare lo scoppio immediato di una guerriglia che avrebbe dato il via a una serie continua di vendetta e rappresaglie.

Premette di piΓΉ la lama sulla gola di Petya.

«Ma sai un'altra cosa? Lui non ti ama e non lo farà mai e mai avrai il rispetto che nutre per Godric. Se quell'uomo avesse cercato di uccidere Neera, fidati che non avrebbe risposto di sé e non si sarebbe limitato a mettersi in mezzo! Avrebbe perso la ragione, perché fa così quando tiene a qualcuno e quella persona si trova in pericolo o viene minacciata! Non è un uomo capace di fingere o di trattenersi! Ti ha salvato solo per salvare Godric e le persone che erano con noi quel giorno! Non credere che ti avrebbe mai favorito e si sarebbe lasciato alle spalle sua moglie e sua figlia per te! Tu hai distrutto la tua famiglia, la mia, e ora stai cercando di fare lo stesso con quella di Dante!»

Pensare a cosa sarebbe successo se la regina fosse venuta a risapere della tresca del marito con Petya lo gettava nella costernazione, e cosa avrebbero detto i sudditi, poi? Che il loro re si era preso come amante un uomo, e non uno qualsiasi, ma quello contro il quale i soldati dell'Ovest stavano combattendo. Quella veritΓ  avrebbe distrutto ogni cosa, fatto collassare una famiglia rimasta al potere per millenni.

Petya strinse le labbra e guardΓ² con aria ferita e irata il generale. Β«Io non ho mai voluto distruggere un bel nienteΒ» replicΓ² sdegnato. Β«Tutto ciΓ² che desideravo, Misha, era migliorare le condizioni di vita di un popolo che potrebbe essere ancora migliore di ciΓ² che era quando sono arrivato qui. Volevo fare del bene alla gente che mi ha accolto e infine accettato, che mi ha dato una possibilitΓ  di rifarmi una vita dopo tutto quello che avevo passato per colpa di mio fratello.Β»

Lo accusavano di aver portato Ilya alla pazzia, di averlo fatto giustiziare ed essersi goduto lo spettacolo in disparte, ma solo perchΓ© lui mai aveva avuto la forza e la decisione di descrivere per filo e per segno tutto quello che Athanase Allaire gli aveva fatto e sottratto.

SollevΓ² una mano e spostΓ² dalla propria gola la lama del pugnale, lo sguardo reso lucido da lacrime che non intendeva tuttavia versare.

«Ti ho mai detto cosa avvenne in quella torre dove trascorsi non settimane, non mesi, ma anni di prigionia?» aggiunse. «Lascia che ti offra uno sguardo generale: all'inizio Ilya si limitò a picchiarmi, a lasciarmi senza cibo né acqua per giorni, ma poi ci prese sempre più gusto e cominciò a torturarmi. Mi tenne incatenato come il peggior criminale esistente e visto che niente sembrava bastargli mai, a spezzarmi le ossa, specialmente quelle delle gambe. Mi portava vassoi con del cibo e solo all'ultimo rivelava che in realtà fosse per lui. Mangiava davanti a me, mentre io morivo un po' alla volta di fame e diventavo sempre più debole. Appena le ferite miglioravano, faceva di tutto per riaprirle e farle peggiorare. Incolpi mio fratello Jakov per aver ucciso il tuo, ma non fece tutto da solo e agì a quella maniera perché si sentiva in colpa per non avermi protetto da Ilya che era un sadico e aveva persino sposato la donna che amavo e avuto con lei un figlio. Jasha mi trovò quando ormai stavo morendo. Non riuscivo a reggermi in piedi, le mie ossa erano state fratturate tante di quelle volte che non potevo più camminare. Ero ridotto a uno scheletro e non ce la feci a reagire o a muovermi neppure quando mio fratello riuscì a liberarmi dalle catene. Ilya arrivò, discusse con lui, lo minacciò e poi decise di porre fine alla mia vita strappandomi il cuore e schiacciandolo sotto il proprio stivale. Io non sapevo niente di quello che Jakov era arrivato a fare per riportarmi indietro, di come avesse scomodato l'Angelo della Morte in persona, l'entità che per qualche motivo mi aveva a cuore fino al punto da aiutare lui a entrare nell'Oltrespecchio e a uccidere Iago per prendergli il cuore e farmi tornare dalla morte.»

Era evidente che raccontare tutto questo fosse stato per lui difficile.

«Non ti permetto di sputarmi in faccia simili sentenze, Mikhail, non dopo tutto quello che ho passato, né di definire mio fratello un volgare assassino. Iago è stato solo un'altra vittima, che la cosa ti stia bene o no. Sono il primo ad avere il cuore spezzato per cosa gli accadde, ma uccidermi o trattarmi così non risolverà niente.»

Magari aveva esagerato nell'imporsi sugli Efialti con tanta decisione e a ricorrere all'uso della forza, scatenando persino una guerra; forse avrebbe dovuto lavorare diversamente, dare tempo al tempo, concedere agli altri di accettarlo un po' alla volta e in maniera pacifica, indolore, ma a cosa serviva recriminare?

Aveva capito di aver sviluppato dei doni ben precisi e li aveva usati per creare qualcosa dal niente, per avere lui stesso uno scopo di vita piΓΉ alto del semplice limitarsi a esistere. Forse era ambizioso e l'ambizione sarebbe finita per essere la sua rovina, ma preferiva questo all'ignavia, all'assenza di spina dorsale e della determinazione.

«È vero: tuo padre mi è piaciuto sin dalla prima volta che l'ho visto, come è vero che ora come ora provo dei sentimenti per lui reali e sinceri, che tu lo accetti o meno. Che lui non ricambi l'ho messo in conto fin da subito, fin dalla notte in cui l'ho baciato, me ne sono pentito e sono stato sul punto di abbandonarlo lì. È stato lui a rincorrermi e a baciarmi a sua volta, Misha. Non ho mai forzato Dante a giacere con me né l'ho ricattato o minacciato. La triste verità, Mikhail, è che per tre anni ha avuto una relazione con il sottoscritto solo perché non ha mai avuto il coraggio o la forza necessari a dichiararsi con qualcun altro. Io so bene che ogni volta che si avvicina a me, che si spinge nelle mie membra, immagina di essere con un'altra persona. So che non mi amerà mai come ama l'individuo in questione e ne abbiamo già discusso ampiamente. Non sono più ingenuo come lo ero prima di morire e arrivare qui. So che purtroppo certe verità restano ciò che sono, che le si ricopra d'oro e broccato o meno.»

Non avrebbe accettato di essere accusato di aver stregato Dante o fatto chissΓ  cos'altro alla sua mente. Evergard aveva agito da solo, per sua stessa volontΓ , perchΓ© il matrimonio con Neera era stato sin da subito, in parte, una farsa, un ripiego in virtΓΉ di qualcosa che Dante aveva capito di non poter ottenere.

«Gli vuoi bene e non ti biasimo per voler a tutti i costi difenderlo e gettare dunque solo su di me tutta la colpa, ma ricorda, Misha, che la peggior cosa che una persona possa fare a se stessa sia lasciarsi accecare dall'affetto e non riuscire più a distinguere la verità dalle semplici apparenze. Dici di averci visti assieme. Ebbene? Cos'hai visto, dimmi? Io che forzavo Dante ad avere un rapporto carnale con me? È sempre stato consenziente e consapevole dei rischi, e riguardo a Damian... non devi preoccuparti. Abbiamo deciso insieme di farlo crescere lontano da tutto questo con una famiglia che lo amerà e proteggerà, che gli nasconderà la verità per sempre. Quel bambino è arrivato per sbaglio, perché io stesso sono ancora ignorante circa i misteri della creazione nel vostro mondo.»

Misha parve un po' vacillare. Β«Non mi importa del marmocchio. La storia deve finire, qui e ora. Mi sono spiegato?Β»

Β«FinirΓ  tuttoΒ» replicΓ² Petya. Β«Ho intenzione di essere io a mollare finalmente la presa e terminare la guerra senza altri spargimenti di sangue. Ho solo bisogno di riflettere un altro po' per limare i dettagli e poi annuncerΓ² la mia presa di posizione all'esercito e anche a re Ivan. Ho iniziato tutto questo perchΓ© volevo fare del bene, rendere splendido l'Oltrespecchio, sfruttarlo al massimo delle sue potenzialitΓ , ma ho fallito e ora me ne rendo conto.Β»

Abbattuto superΓ² il generale.

Β«Domani, al calare del buio, mi recherΓ² io stesso dal re di Elgorad per porre fine alla nostra relazione in modo civile e consigliargli di tener buoni i suoi uomini per evitare lo scoppio di altre guerriglie finchΓ© non avrΓ² reso pubblica la mia decisione. PartirΓ² stasera stessa. Penso di farcela, se viaggerΓ² senza mai fermarmi.Β»

Misha lo seguì e gli afferrò un braccio. «Non ti credo» disse risoluto. «Non ci credo che dopo tutto quello che hai fatto, dopo tutto l'impegno che hai messo in questa dannata guerra, tu sia disposto a gettare le armi così! A che gioco stai giocando?!»

Petya si voltò e lo squadrò gelidamente. «Ti risulta che io sia in vena di giocare?» Eseguì un gesto svolazzante con la mano e sulle sue spalle apparve un mantello da viaggio blu scuro e dalle rifiniture dorate. «Se non torno vuol dire che qualcosa è andato storto e allora sarai tu, Misha, a dover rispettare le mie ultime volontà e ad agire come ho detto poco fa. Forse, un giorno, sarà sufficiente a concederti un minimo di riscatto agli occhi dei tuoi simili.» Non aggiunse altro e uscì dalla sala, svanendo nel buio dei corridoi illuminato, di tanto in tanto, dalle saettanti luci dei fulmini che schioccavano nel piangente cielo notturno.

Quando Dante smontΓ² con non poca difficoltΓ  da cavallo, i suoi neri stivali alti fin oltre il ginocchio ebbero un umido, viscoso impatto con il fango originato dalla pioggia che ormai da giorni imperversava sui territori del Nord.

Il mantello non gli aveva impedito di infradiciarsi fino al midollo e non aveva addosso l'armatura che lo avrebbe un minimo protetto.

Si terse il viso bagnato per puro riflesso, ma non servì a granché. La pioggia continuava a riversarsi su ogni cosa, scendeva in rivoli lungo la fronte, gocciolava a intervalli regolari dalla punta del naso diritto del re, si impigliava fra le sue lunghe e scure ciglia come la rugiada tra i fili d'erba, sparendo infine nella curata e corta barba.

Una serva, al castello di Varesya, gli aveva consegnato un pezzo di pergamena che recava scritto, nella svolazzante, ordinata e riconoscibile grafia di Petya, un luogo e un orario ben preciso in cui il re di Elgorad si sarebbe dovuto presentare presso la dimora che un tempo era stata di Misha e Desya e che, ormai, era del tutto disabitata.

Si guardò attorno e appena si fu premurato di non esser stato seguito, sollevò una mano e spinse la porta per entrare. Un secondo dopo si ritrovò dentro. L'ingresso era semibuio, la polvere regnava sovrana ovunque ed erano presenti ragnatele che ospitavano sì e no almeno due generazioni di ragni.

Rattristava pensare che un tempo quella casa avesse goduto di ben altro aspetto. Tanti erano i ricordi che Dante aveva di essa, dolorosi o felici che fossero.

Per lui fu un istinto primordiale e involontario raggiungere l'elsa della spada e sguainare l'arma appena udì un rumore e con la coda dell'occhio individuò una sagoma fumosa raggiungerlo. Riconoscendola subito, però, rinfoderò la lama. «Dannazione, mi hai fatto venire un colpo» disse alterato.

Petya esitò. «Scusami. È bello, comunque, vederti ancora vivo. Ho scoperto solo grazie alla serva che ti ha consegnato il messaggio che eri sopravvissuto all'incidente. Ammetto di aver pensato il peggio.»

Dante ragionΓ² in fretta e poi sollevΓ² un angolo della bocca ironicamente. Β«Avrei dovuto immaginarloΒ» commentΓ². Β«Lasciami indovinare: la fanciulla non ha detto a nessuno di averti incontrato e persino parlato perchΓ© Γ¨ schierata con te, in realtΓ . Dico bene?Β»

«È così. Diciamo che... è venuta da me pregandomi di darle un compito perché potesse guadagnarsi da vivere e prendersi cura del suo bambino. È una ragazza che è stata cacciata dalla famiglia per esser rimasta incinta di un uomo di passaggio e non ho avuto il cuore di dirle di no.»

Β«E hai sfruttato la situazione a tuo vantaggio.Β»

«Non metterla in termini così sterili e crudeli. Non le ho mai chiesto informazioni circa i vostri piani di battaglia o altro. Volevo solo...»

«Sì, lo so. Ti piace avere il controllo su tutto, persino ciò che fanno nel privato i tuoi nemici. Chi è con chi e roba simile.»

Β«Ho modo di vedere che sembri avercela con me.Β»

«Sì e no.» Il re si avvicinò e si tolse i guanti neri da viaggio, serrandoli nella stretta della mano sinistra. «Non è stato bello fare la fine dello spiedino per mano di Godric, fra tanti altri.»

Yakovich non trovò così bizzarro l'atteggiamento di Evergard. «Quindi... non ti sei frapposto fra me e lui per salvarmi, giusto?»

Β«Dici bene. L'ho fatto solo perchΓ© altrimenti sarebbe scoppiato il finimondo. Non volevo uno scontro, non in un momento in cui non avremmo avuto modo di contrastare un'eventuale rappresagliaΒ» ammise Dante, negli occhi solo una spudorata e sterile sinceritΓ . Β«Godric potrΓ  aver esagerato quanto vuoi, ma io lo conosco bene, l'ho visto diventare uomo e posso dirti di non averlo mai visto in quello stato. Mai, Petya.Β»

Β«Ho provato a fare quello che tu mi avevi pregato di fareΒ» replicΓ² Petya, non accettando di farsi dare la colpa per qualcosa che non era stato lui a volere. Β«Ci ho messo tutta la buona volontΓ  e tutta l'umiltΓ  che ho potuto racimolare. Non Γ¨ colpa mia se Godric ce l'ha a morte con me per ben altre ragioni.Β»

Β«Smettila con quella storia. Godric Γ¨ sposato con Ravya, ama quella donna e darebbe la vita per lei e i propri figli. Mi vede alla stregua di un fratello o addirittura un surrogato di suo padre. L'unico ad avere la coscienza sporca ogni volta che i nostri occhi si incrociano sono soltanto io. Lascialo fuori da questa questione una volta per tutte.Β»

«So che sei cieco, Dante, ma non pensavo lo fossi anche nell'animo e nell'istinto» lo rimbeccò secco Petya. «Non vedi perché non desideri vedere. Perché hai paura di vedere! Paura di aver sprecato tutti questi anni a credere di non avere speranze quando invece potrebbe non esser affatto così! Ti brucia anche il solo sospettare che tu abbia sposato Neera solo perché ti sei convinto di non poter avere Godric!»

Β«Smettila, per favore! Smettila!Β» Dante lo afferrΓ² per le spalle. Β«Solo perchΓ© non ricambio ciΓ² che provi per me non sei comunque autorizzato a torturami a questa maniera! Lo stai solo facendo apposta, sapendo qual Γ¨ la veritΓ  e quanto quella veritΓ  mi faccia ancora male da impazzire!Β» Lo lasciΓ² andare, ricordando che doveva stare calmo, visto che sapeva di essere ormai in bilico fra una zona neutrale e quella delle Tenebre. Un altro strafalcione e sarebbe piombato per sempre nell'OscuritΓ  e tutto sarebbe andato in malora. Non voleva morire da Efialte Oscuro. Voleva conservare un po' di dignitΓ , anche se tra non molto essa sarebbe diventata cenere assieme al suo corpo sulla pira funeraria.

Petya si sbagliava o lo stava solamente facendo apposta. Diceva simili assurditΓ  per vendicarsi o per ferirlo, neppure lui sapeva quale opzione fosse la peggiore.

Β«Dimmi di cosa volevi parlarmi e facciamola breve. Ho altro a cui pensare, come sicuramente ben saprai.Β»

Yakovich realizzΓ² di fare molto bene a compatire quell'uomo. Come si poteva non farlo, visto che sembrava dare ascolto solamente alla sua stessa disperazione, alla disillusione che lo aveva tratto in inganno per anni e anni?

Sei la figura piΓΉ tragica che fino ad ora abbia mai avuto modo di conoscere.

Esausto per il viaggio durato più di tre ore per arrivare fin lì e perché, in teoria, sarebbe dovuto rimanere a riposo almeno per un altro paio di giorni prima di tornare a vivere con una buona dose di prudenza e quiete, secondo il medico, Evergard si lasciò cadere seduto sul pavimento e posò la schiena a ridosso della parete. Gli mancava sì e no il fiato e inizia a credere che il dottore di corte avesse stretto troppo i bendaggi. Forse, però, non avrebbe semplicemente dovuto indossare la divisa e tutto il resto, ma abiti più semplici e comodi. Ormai era fatta, però.

Β«Parla, avantiΒ» ansimΓ², schiarendosi subito dopo la voce.

Petya esitΓ². Β«Forse... forse non avrei dovuto farti venire fin qui.Β»

Β«Parla, Petya.Β»

Yakovich, allora, decise saggiamente di non farlo alterare ulteriormente. Β«Io... ho intenzione di chiedere la resa e... penso che eviterΓ² di avanzare la pretesa di ottenere la grazia da parte del re del Nord e di Godric. Sceglieranno probabilmente di punirmi in modo che sia d'esempio per tutti gli altri e non penso di poter dar loro torto. Volevo che almeno tu lo sapessi in anticipo. L'altra persona a esser a conoscenza di questa mia decisione Γ¨ Misha e... se dovessero catturarmi sulla via del ritorno o tu stesso scegliessi di eliminarmi, qui e ora, dovrΓ  essere lui ad arrendersi e a tentare di ottenere clemenza per se stesso e i suoi uomini.Β»

Dante lo squadrΓ², convinto che fosse uno scherzo di pessimo gusto. Β«Mi prendi per i fondelli, vero?Β»

Β«Cosa? No, io...Β»

«Hai la minima idea di quanto ciò finirà per risultare offensivo e inaccettabile agli occhi dei tuoi soldati e anche dei miei? Tutti quei sacrifici per cosa, esattamente? Per vedere una guerra così imponente finire perché tu, di colpo, hai scelto di battere in ritirata e consegnarti come la peggior specie di vigliacco? Farai solo infuriare tutti quanti ancora di più, Petya, credimi!»

Β«Allora cosa vorresti che facessi?Β»

Β«Cosa voglio io non ha alcuna importanza. Si Γ¨ visto quanto poco valga la mia opinione, direi.Β»

Β«Per me invece conta.Β»

«Io vorrei solo che niente di tutto questo fosse mai accaduto, ma dato che così non è stato, che si fottano le mie volontà. Che si fotta tutto quanto.» Dante ne aveva abbastanza e lui per primo si sentiva preso in giro. Arrendersi giunti a un punto così cruciale era peggio che farsi fare una pernacchia in faccia dopo un discorso molto serio e pesante. Era assurdo. I suoi compatrioti e quelli di Godric, quindi, erano morti per niente? Tutto quello che era accaduto, secondo Petya, poteva essere cancellato, annullato, con un magico colpo di bacchetta?

Si rimise su. Β«Ridicolo...Β» disse fra sΓ©, sprezzante. Β«E io che ho rischiato la mia salute ancora una volta e solo per ascoltare i tuoi piagnistei. Se davvero non avessi desiderato tutto questo, Petya, allora te ne saresti dovuto restare buono buono da una parte, rifarti una vita senza rompere l'anima al prossimo come invece hai fatto. Le tue sono lacrime di coccodrillo e meriteresti solamente una bella testata, ma non ho intenzione di scomodarmi di nuovo per te.Β»
Ora sì che aveva una gran voglia di dimenticare di colpo gli ultimi tre anni, sfoderare di nuovo la propria spada e infilzare con essa Petya.

Β«La prossima volta che vuoi prendere per il culo qualcuno, almeno abbi la buona creanza di menarglielo prima in faccia come si deveΒ» aggiunse senza troppi giri di parole.

Fu allora che udì un suono estraneo al lugubre luogo nel quale si trovavano lui e Petya. Un attimo dopo, davanti a lui, vide svolazzare inquieto un Pheryon e lo riconobbe immediatamente: era quello del comandante delle sue legioni, un uomo poco avvezzo a tediare il prossimo per un nonnulla.

La creaturina di luce dall'aspetto di una tigre gli consegnò un piccolo rotolo sbrigativamente chiuso. Il re lo aprì e lesse in fretta il messaggio, ritrovandosi nel giro di un minuto cereo e agitato.

Β«Ma che...Β»

SollevΓ² lo sguardo su Petya, negli occhi una furia indescrivibile. Lo agguantΓ² per i vestiti. Β«Quindi Γ¨ per questo che mi hai fatto venire qui!Β» sibilΓ². Β«Per farmi perdere tempo con quelle stronzate sulla resa mentre uno degli eserciti alleati con te era impegnato ad attaccare Elgorad!Β»

Petya non aveva la piΓΉ pallida idea di come fosse potuta accadere una cosa come quella.

Β«Ti giuro che non c'entro nienteΒ» rispose subito. Β«Non sapevo neanche che qualcuno avesse dato un simile ordine! Te l'ho detto, sono venuto qui per...Β»

Β«Per una volta nella tua cazzo di vita, Petya, sii sincero almeno con me!Β» disse a denti stretti il re, provando il malsano e impellente bisogno di mettergli le mani al collo.

Eppure la colpa non era di Petya, ma sua. Sua che si era fidato, si era fatto raggirare come un idiota e tutto il resto di quell'esimia figura da pagliaccio che aveva finito per fare.

Β«Dante, per favore, ascoltami!Β»

«No, dannazione, ora tu stai a sentire me!» ruggì l'altro. «Se non appena sarò arrivato a Elgorad scoprirò che a mia moglie e a mia figlia è stato anche solo torto un capello durante l'attacco, mentre torno ti consiglio di pregare e di dire al tuo adorato Dio che presto andrai da lui per fargli un bel salutino! Chiaro?» Neppure si disturbò ad ascoltare la risposta di Yakovich. Lo lasciò andare e uscì dalla casa, montò a cavallo e partì.

A Elgorad v'erano ancora dei soldati che potevano proteggere la cittΓ  e gli abitanti, anche il castello, ma l'assedio non sarebbe durato a lungo.

EvocΓ² il proprio Pheryon, Magnus, e gli ordinΓ² di allertare il comandante delle legioni dell'Ovest di marciare con esse alla volta di Elgorad per difendere il regno.

Non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare da solo contro un'armata di chissΓ  quanti soldati, ma doveva tentare, cercare di far resistere le difese finchΓ© non fossero arrivati i rinforzi.

Scelse di prendere il sentiero che si immergeva nei boschi di Tulyp, una via meno bazzicata e piΓΉ sicura. Non poteva permettersi di venire rallentato o persino fermato.

Giunto a pochi metri dagli alberi che segnavano il principio della foresta, perΓ², si accorse di non essere da solo e fermΓ² il cavallo. Β«Godric, che ci fai qui?Β» chiese spiccio.

Il giovane Lord lo squadrΓ² stizzito. Β«Come ti permetti di chiedermi una cosa del genere? Sto andando anche io a Elgorad e non nelle vesti di guerriero, ma come medico! Voglio aiutare tutte le persone che posso!Β»

Il sovrano si trattenne dall'imprecare. «Non dire sciocchezze! È troppo pericoloso! Aspetta almeno il resto dell'esercito!»

Β«Non penso tu sia nella posizione per rifiutare il mio aiuto! E comunque due persone sono sempre meglio di una, non credi?Β» Godric era risoluto e molto serio. Nessuno sarebbe riuscito a impedirgli di recarsi a Ovest.

Dante, conscio che il tempo intanto continuava a passare, a scivolare via, non potΓ© far altro che arrendersi. Β«Va bene... va bene, verrai anche tu.Β»

«La mia famiglia saprà badare a se stessa, se Petya dovesse attaccare anche Varesya. Mio padre non avrà partecipato fino ad ora alla guerra, ma un tempo era un guerriero rispettabile e sa il fatto suo. Loro staranno bene e... sono sicuro che sarà così anche per Neera, Yvaine e tua madre.»

Evergard annuì solamente. Non aveva il coraggio di pronunciarsi, la paura che la malasorte fosse in ascolto anche in quel momento era così radicata in lui da ridurlo a un terrorizzato mutismo.

SpronΓ² di nuovo il destriero e Godric gli fu subito dietro.Β Β 

* * *

Capirono che qualcosa non andava ancor prima di varcare le mura di cinta che avrebbero in teoria dovuto proteggere la capitale dell'Ovest. Mostravano danni innumerevoli alla struttura, ovunque recavano parti mancanti, come se fossero state prese a morsi dai giganti in persona risaliti dalle viscere della terra.

Eppure non fu quello a far piombare tutti e due nella disperazione, bensì cosa trovarono quando finalmente trovarono il coraggio di avanzare: la distruzione totale. Elgorad era stata rasa al suolo; v'erano fumanti macerie dappertutto, edifici ancora in fiamme e in procinto ormai di crollare su se stessi. Fra le rovine della città un tempo fiorente, maestosa e bianca, e ora annerita e spazzata via da un assedio che doveva esser durato settimane e terminato probabilmente da poche ore, v'erano cadaveri sparsi ovunque. Uomini, donne, bambini, animali... Nessuno era stato risparmiato, tutti erano stati orribilmente trucidati e il silenzio pareva aver spodestato il sovrano in persona, visto che era esso ormai a regnare indiscusso sulla capitale.

Ancora una volta nella mente di Dante risuonarono le parole sentenziose e terribili del veggente che molti anni prima gli aveva rivelato una funesta sorte per il regno, per la stessa stirpe degli Evergard.


β€ŸLa sola cosa che posso consigliarti, principe di Elgorad, Γ¨ di fare molta attenzione alle scelte che compirai e a chi sceglierai di concedere la tua fiducia. L'amore e l'affetto rendono ciechi e sordi alla veritΓ , il piΓΉ delle volte, e lo stesso accadrΓ  a te. Sarai tu a contribuire alla tua rovina."


Come aveva potuto essere così stupido e ingenuo? Come aveva potuto fidarsi della parola di Petya e, soprattutto, lasciarlo avvicinare fino al punto da scoprire ogni sua debolezza, il punto molle nel quale piantare la daga?

Aveva commesso un errore, l'attrazione per Petya lo aveva reso del tutto cieco e sordo alle parole di tutti coloro che gli avevano ricordato di non dimenticare chi fosse il nemico e quanto esso fosse pericoloso e determinato a vincere.


β€ŸNon vedo gloria nel tuo avvenire, Dante di Elgorad. Vedo solo dolore, ombre e fiamme."


Le sue gambe faticarono a proseguire la lenta e dolorosa marcia che lo portava, passo dopo passo, sempre piΓΉ vicino a quella che un tempo era stata casa sua e, proprio come il resto di Elgorad, era ridotta a un cumulo di rovine irriconoscibili e annerite dalle fiamme e dal fumo che ancora si levava alto nel cielo plumbeo e tonante.


β€ŸVedo la bianca cittΓ  dell'Ovest bruciare e cadere su se stessa e la tua ombra vagare fra i cadaveri."


Il suo cuore batteva all'impazzata. Fino ad allora nΓ© lui nΓ© Godric avevano intravisto volti familiari, perciΓ² forse... forse...

Β«D-Dante...Β»

Il re del perduto Ovest si voltΓ² a guardare Reghsar e lo vide inginocchiato a terra accanto al cadavere di una donna con addosso abiti da guerriera laceri e tante, troppe ferite sparse per il corpo.

Β«C-Chi Γ¨?Β» chiese Dante, tremando come una foglia. Sapeva che quella donna non era piΓΉ viva. Vedeva il suo corpo con chiarezza, del tutto svuotato dell'anima, di ciΓ² che in vita l'aveva resa agli occhi del re una sagoma fumosa e brillante.

In lacrime, Godric gli rivelΓ² che la donna era Lytha, sua madre, e benchΓ© il sovrano fosse sconvolto e vicino a un crollo nervoso davanti a una notizia del genere, arretrΓ² e ignorando l'altro che gli gridΓ² di aspettare e di non andare da solo, iniziΓ² ad aggirarsi per le rovine in preda al frenetico desiderio di ritrovare sua moglie e sua figlia, sperando che fossero riuscite a nascondersi e a sfuggire al massacro.

Le chiamΓ² a gran voce, piΓΉ forte che potΓ©, fin dove glielo consentirono le corde vocali rese instabili dalle lacrime che gli bagnavano il viso.


β€ŸVedo il possente e millenario albero genealogico degli Evergard bruciare con il regno e diventare cenere sotto i tuoi occhi."


Β«NEERA! YVAINE!Β» urlava, senza osare fermarsi per riprender fiato, ignorando la ferita al torace che era peggiorata per via del viaggio a cavallo e dei bruschi movimenti. Non sentiva altro dolore se non quello che poco a poco cresceva nel suo cuore, mandando in una stridente, infernale e caotica confusione la sua capacitΓ  di ragionare lucidamente, di pensare, riflettere e agire.

Chiamava invano sua moglie e la sua bambina. Le chiamava e otteneva sempre in risposta solo il silenzio in quella cittΓ  che ormai apparteneva ai trapassati, agli spettri.


β€ŸE sarΓ  cosΓ¬ che verrai per sempre ricordato dalle generazioni che verranno e leggeranno le vecchie canzoni popolari che parleranno del Re delle Ceneri e dei suoi lamenti di dolore andati perduti nel silenzio della rovina e della distruzione."


Godric era rimasto indietro e aveva perso di vista Dante, anche se risultava assurdo considerando che sembravano le uniche cose viventi presenti fra le macerie. Sulla via aveva incrociato, finalmente, dei superstiti ai quali aveva prestato immediato soccorso, anche se aveva dovuto cedere un po' alla volta parte delle proprie energie per permettere loro di restare coscienti e persino muoversi.

Era rimasto indietro ed era infine stato raggiunto da un manipolo di soldati le cui divise parevano appartenere a Elgorad e a Varesya. Tutti malconci, come se fossero scampati per miracolo a una sorte terribile.

Ora eccolo lì, ansioso di ricevere una risposta da parte del comandante delle milizie dell'Ovest, anch'egli un superstite. Si chiamava Kilmar e aveva lo sguardo spento, pieno di lacrime nel vedere la propria città rasa al suolo e al pensiero che fra le rovine, probabilmente, vi fossero i corpi dei suoi cari, della sua consorte e dei suoi tre bambini.

Β«Siamo... siamo stati attaccati ancora prima di partire per raggiungere il re qui. Varesya Γ¨ stata assalita da un altro esercito alleato di Iago. A-Abbiamo fatto tutto il possibile, m-ma... noi siamo tutto ciΓ² che rimane delle armate dell'Ovest e del Nord. Tutti gli altri giacciono morti per le vie della cittΓ .Β»

Godric lo afferrΓ² per le spalle. Β«Che ne Γ¨ stato della mia famiglia? Sapete se loro sono riusciti a mettersi in salvo?! Parlate!Β»

Kilmar cercΓ² di far ordine nella mente, ma essa era ottenebrata dal trauma ancora fresco della mattanza cui aveva assistito. Β«I-Io... n-non lo so, Lord Reghsar.Β» Aveva pregato re Ivan di rispettare la promessa che egli aveva fatto al nobiluomo prima che quest'ultimo si recasse a Elgorad con il re dell'Ovest, ovvero di aiutare i Reghsar a mettersi in salvo se la situazione fosse precipitata e Petya avesse attaccato la cittΓ .

Ricordava che re Ivan aveva risposto sbrigativamente che avrebbe tenuto fede alla parola data prima di abbandonare il castello con la famiglia.

Godric non era affatto piΓΉ sereno. Qualcosa dentro di lui gli diceva che le cose non erano andate come aveva sperato che andassero e se l'istinto non aveva torto...

Tutti loro sussultarono e si guardarono in giro allarmati quando qualcosa risuonΓ² nell'aria avvelenata dal fumo degli incendi, dalla polvere e dalle scintille di fuoco che ancora danzavano sporadicamente nel vento.

A primo acchito parve loro il gemito del vento, ma non tirava abbastanza brezza; poi pensarono a un'anima dannata sottoposta a una terribile e dolorosa sevizia; ancora dopo si sussurrarono l'un altro che si trattasse di qualche animale ferito, ma l'unico a capire davvero fu Godric, il quale, senza pronunciare una parola, si allontanΓ² dal capannello di soldati superstiti e con il cuore pesante e un orrendo presentimento che gli comprimeva il petto, corse fra le macerie per raggiungere la fonte dei lamenti che avrebbero spezzato il cuore a chiunque.

Più volte inciampò e finì per ferirsi le mani e addirittura uno zigomo, ma ogni volta si rimise in piedi e continuò la faticosa traversata, diretto al castello.

Eppure quando fu lì e intravide due sagome tra le rovine delle seconde mura andate distrutte, quelle che un tempo avevano tracciato un netto confine fra la città e il palazzo reale, esitò non poco prima di trovare la forza di avvicinarsi.

Una delle figure era immobile e riversa a terra; i suoi abiti erano strappati e e insanguinati, i capelli neri e fluenti sparsi sul terreno: Neera.

Riconobbe subito Dante, inginocchiato a terra e chinato in avanti, le spalle scosse da una logorante crisi di pianto. Era stato lui a lanciare quelle grida prive di parole e riecheggianti solamente di sofferenza.

Non era ferito. Il sangue che Godric vide a terra non era del re, bensì della piccola figura che l'uomo stringeva a sé e della quale si intravedevano soltanto le gambe che inermi pendevano da oltre le ginocchia di Evergard.

«Resta con me, ti prego!» lo sentì singhiozzare.

Reghsar fece qualche passo più avanti e udì una flebile voce di bambina mormorare parole che col senno di poi sarebbero rimaste impresse nella mente di entrambi: «Papà... ho tanto... freddo...»

Dante, giunto ormai nei pressi della propria dimora, aveva finalmente riconosciuto la moglie e quando aveva capito che ormai se ne fosse andata per sempre, era stato allora che aveva lanciato le grida che Godric e gli altri poco fa avevano udito.

Yvaine si era palesata subito dopo, instabile sulle gambe, malconcia e con le piccole mani premute invano su una delle ferite inferte dalla spada di un crudele soldato che l'aveva colpita a morte ripetutamente e poi lasciata lì a dissanguarsi. Non doveva esserle parso vero quando aveva sentito la voce del padre e capito che era finalmente tornato a casa, proprio come da lui promesso tre anni addietro. La bambina aveva racimolato le ultime forze rimastele in corpo per raggiungere suo padre e abbracciarlo, come tante volte aveva sognato di poter fare, ma giunta davanti a lui non aveva retto oltre allo sforzo, ignara di star morendo, ed era crollata fra le braccia di Dante che subito l'aveva stretta a sé e inutilmente aveva provato a guarirle le ferite, lui che mai aveva saputo salvare qualcuno tramite la magia curativa che non era riuscito a imparare.

Godric era sopraggiunto qualche minuto dopo e ora... ora anche Yvaine se ne era andata, congedandosi dall'amato padre con quelle ultime e innocenti parole.

Yvaine, appena affacciatasi alla vita, di soli dodici anni, nata grazie alla benevolenza della Grande Madre alla quale Godric si era rivolto per chiedere che i sovrani di Elgorad finalmente venissero graziati con la nascita di un figlio, non c'era piΓΉ.

La bambina che lo stesso Godric aveva fatto nascere e poi teso all'amico che in lacrime aveva stretto a sΓ© quel prezioso tesoro non avrebbe mai piΓΉ riaperto gli occhi, mai piΓΉ avrebbe riso spensierata o si sarebbe arrampicata sugli alberi come tanto aveva amato fare e con lei, purtroppo, se n'era andata una parte di Dante, forse quella piΓΉ fragile, quella migliore e capace di atti di dolcezza e affetto, di pietΓ  e compassione, di rialzarsi dalla polvere e trovare la forza di continuare a lottare per il bene.

Come avrebbe fatto quell'uomo a vincere la guerra interiore con le Tenebre, dopo una simile perdita, dopo quell'ennesima e rovinosa caduta?

Nessuno poteva guarire da ferite del genere. Nessuno poteva trovare dentro di sΓ© la forza di volontΓ  necessaria a contrastare le Ombre.

Eppure Godric sapeva di non poter lasciarlo da solo in un momento del genere, quando tutto era stato ridotto in cenere.


β€ŸColoro che affermano che la tua presenza sia cagione di futura sciagura per il regno, giovane principe, temo abbiano purtroppo ragione."


Così il veggente aveva terminato, più di due secoli prima, la propria orrenda predizione, quella che Dante, un po' alla volta, aveva scelto di dimenticare e accantonare, convinto che sarebbe riuscito a cambiare il destino, ad avere tutto ciò che il Senz'occhi gli aveva assicurato che mai avrebbe avuto.

Ogni singolo giorno aveva provato ad arginare la funesta sorte che l'eremita aveva predetto per lui, senza rendersi conto di esserle corso incontro, scelta dopo scelta, errore dopo errore.

Il re, esausto e ormai ben oltre la soglia del piΓΉ nero e gelido dolore, perso in una landa dove non esisteva altro se non un sordo e avvilente vuoto, accarezzΓ² il capo alla figlioletta e le chiuse gli occhi che fino alla fine avevano sostenuto il suo sguardo. Fino all'ultimo Yvaine aveva creduto all'unica menzogna che suo padre mai le avesse detto: che sarebbe andato tutto bene, che lei sarebbe sopravvissuta, si sarebbe salvata.

Non era riuscita a dire in tempo chi fosse stato a picchiarla, a ferirla a morte e poi a lasciarsela alle spalle come qualcosa di poco valore.

Aveva detto solo una cosa al padre, ovvero che vedendo sua madre venire aggredita da degli uomini, aveva cercato di salvarla, di esserle d'aiuto.

Ovviamente una bambina nulla aveva potuto contro la violenza e la determinazione di soldati abituati a uccidere.

Dante sapeva di aver commesso un errore imperdonabile a fidarsi di Petya, a credere che in lui ci fosse qualcosa di buono che meritava fiducia, eppure...

Lentamente spostò il capo e il suo sguardo svuotato di qualsivoglia emozione si concentrò sulla mano posata sulla sua spalla, ma non si fermò e salì, salì e salì ancora fino a quando le sue iridi di un azzurro spento incrociarono quelle invece ricolme di sofferenza di Godric, il quale sentì il cuore andargli in pezzi a vederlo in quello stato.

Β«M-Mi dispiace, DanteΒ» singhiozzΓ² Reghsar, sentendosi terribilmente in colpa. Non faceva che ripensare a come non fosse riuscito a gestire bene l'incontro con Petya, a come avesse tentato di uccidere quell'uomo e forse avesse dunque suscitato la sua ira, la sua sete di vendetta dopo un simile affronto, l'ennesimo, se sommato alla ribellione in sΓ© per sΓ©.

Era chiaro che Petya avesse studiato una strategia sottile e crudele in quei giorni di calma e silenzio. Aveva deciso di distruggere gli unici due regni ormai rimasti in piedi, senza risparmiare neppure Elgorad, rimasto privo di difese.

Li aveva puniti tutti quanti, nessuno escluso, e Godric si chiedeva cosa avrebbe trovato al proprio ritorno a Varesya. Temeva che Peta potesse aver ordinato di far fare la stessa fine di Neera e Yvaine a sua moglie e ai suoi figli, colpevoli solamente di aver avuto un marito e un padre troppo impulsivo, troppo orgoglioso e sciocco, tanto da non voler piegarsi neppure quando gli era stato concesso di arrendersi e di sopravvivere, di aver salva la vita dei propri cari.

Β«Ti avevo detto che sarebbe successo un disastroΒ» disse rauco Dante. Le lacrime ancora affioravano dai suoi occhi, ma il viso era simile a quello di una statua di pietra. Neppure il pianto pareva ormai scalfirlo, mutare il gelo celato nei tratti del suo viso oscurato dall'ombra di una palese e crescente ira. Β«Ti avevo detto di pensare bene a quale risposta dare a quel bastardo. Di pensare anche agli altri e non solo a te stesso, al tuo dannato onore.Β»

I suoi occhi non erano piΓΉ azzurri, ma blu. Il loro colore si era scurito e continuava a rabbuiarsi un po' alla volta, come il cielo quando ormai la notte era alle porte.

«Ti avevo avvertito, ma tu avevi paura di fare una brutta figura davanti a Ivan, non è così?» continuò il Re delle Ceneri, adagiando con delicatezza il corpo della figlia a terra e rimettendosi in piedi. Quel gesto era quasi parso stridere con l'aura di puro e crescente pericolo che Godric avvertiva crescere in lui. Era come trovarsi di fronte a un'onda anomala che stava per travolgere un'intera città e sapere di non poter far niente, di non avere luogo dove nascondersi né possibilità di salvarsi.

Il giovane nobile fece un passo indietro, conscio che c'era qualcosa di diverso in Dante rispetto alla prima volta che aveva in parte ceduto alle Tenebre. Qualcosa di ancora peggiore e di piΓΉ funesto. Sembrava una belva feroce pronta a balzargli addosso e a sbranarlo.

L'istinto gli disse di darsela a gambe, di non restare lì impalato, ma scoprì di essere paralizzato sul posto, in balia di una paura primordiale che da sempre accomunava tutte le prede di fronte a un predatore.

Dove sarebbe potuto scappare, d'altronde? E per quanto a lungo, prima di essere raggiunto e dilaniato?

Β«Sono stato uno stupido a pensare che tu fossi all'altezza di gestire una cazzo di guerraΒ» sibilΓ² Evergard, avanzando a sua volta verso di lui. Β«Di sbagli con te ne ho commessi tanti, Godric, ma uno piΓΉ di tutti gli altri mi tormenta, e vuoi sapere di quale si tratta?Β»

Gli occhi di Reghsar erano spalancati, rotondi come quelli di un ragazzino terrorizzato. Con le labbra che tremavano, il giovane Lord scosse il capo velocemente. Sapeva che non avrebbe gradito il resto del discorso, così come sapeva che Dante era consapevole di cosa stava facendo e cosa avrebbe presto fatto ancora. Non era come la scorsa volta. Voleva fargli del male e lo desiderava con ogni parte del proprio essere.

ArretrΓ² di nuovo e Dante fece lo stesso. Avanzava lentamente, come se volesse spingerlo in un angolo e fargli capire che non c'era verso di scappare, non quella volta. Non piΓΉ.

Godric ripensΓ² all'uomo che aveva visto per la prima volta scendere da cavallo, tanti anni prima, e inginocchiarglisi di fronte, chiedergli se avesse particolari doti magiche. RipensΓ² a come quella voce calma e severa gli avesse subito ispirato una cieca fiducia, e si chiese come potesse esser la stessa che ora, invece, lo stava terrorizzando a morte.

Come poteva quell'uomo dall'aria assassina essere lo stesso che lo aveva istruito, che gli aveva voluto bene per tanti anni? Gli aveva salvato la vita, insegnato tutto quello che avrebbe potuto insegnargli.

Solo giorni prima gli aveva offerto per l'ultima volta un sicuro riparo dalla paura delle tempeste e dei temporali, eppure eccolo lì, spogliato della benevolenza che tempo prima era sempre stata parte del suo carattere.

Β«Se avessi saputo in quanti casini mi avresti cacciato, decenni fa ti avrei sbranato, anzichΓ© preso e riportato a casa, inerme e piΓΉ viziato che mai. Anzi... credo proprio che avrei dovuto annegarti sin dall'inizio!Β»

Godric si ritrasse, volendo invano fuggire da quelle parole riecheggianti di rabbia e odio, ma anche dolore. Un dolore antico che pareva esser stato covato per anni, non minuti o giorni. Anni interi di sofferenza erano stati sguinzagliati infine tutti assieme come un branco di cani resi feroci dal lungo digiuno.

Non riusciva a capire come tale sofferenza potesse aver a che fare con lui. Cosa aveva fatto di male in passato? Quando gli aveva mancato di rispetto fino al punto da meritare poi un simile astio?

Reghsar, impegnato com'era nel non perder di vista Evergard, scivolΓ² su una maceria e cadde all'indietro. L'impatto con il terreno fu doloroso, ma non quanto ciΓ² che il re disse: Β«L'errore piΓΉ grande che abbia mai commesso Γ¨ stato affezionarmi a te e renderti parte della mia vita!Β»

Godric serrΓ² le palpebre, incapace di guardarlo, di indugiare anche se per poco in quegli occhi ormai neri. Neri come il vuoto assoluto, privi di emozioni o sentimenti, a parte un ardente rancore.

Era come se la medaglia fosse stata ribaltata. Dove un tempo c'erano stati l'affetto, i sorrisi benevoli e le parole incoraggianti, ora c'erano l'odio, occhi che promettevano atti di crudeltΓ  e rabbiose confessioni.

Doveva essere un incubo...

Non poteva essere tutto vero. Si rifiutava di crederci, di accettare che la persona alla quale aveva voluto bene, quella di cui poi si era innamorato e che ancora amava, fosse morta insieme al resto della gente di Elgorad.

Era come aver visto andarsene anche Dante, il vero Dante.

Non conosceva quell'uomo, non riconosceva quello sguardo malevolo, quelle parole che un po' alla volta andavano tumulando il passato e tanti felici ricordi.

Basta... basta... basta!

Godric si coprì il viso, incapace di ricacciare indietro le lacrime e i penosi singhiozzi che lo scuotevano da capo a piedi.


β€ŸRido e ti compatisco al pensiero di come sceglierai di seppellire le tue colpe e la tua sofferenza. Piango pensando all'uomo malvagio che rinascerΓ  dalle ceneri di Elgorad e all'innocente che sarΓ  costretto a pagare per una colpa inesistente. Ho pietΓ  della persona che cercherΓ  di consolarti e rimarrΓ  in silenzio quando le addosserai la responsabilitΓ  del disastro da te causato."


Innocente...

Una parte di Dante, quel fragile frammento che ancora si aggrappava all'uomo che era stato e che i segreti, le menzogne e la guerra avevano logorato e ridotto in fin di vita, sapeva di star incolpando Godric piΓΉ di quanto avrebbe dovuto incolpare forse se stesso. Sapeva che prendersela con quell'uomo non fosse propriamente giusto, ma, per l'appunto, si trattava di un brandello del Dante ancora affezionato a Godric, un angolo minuscolo della sua coscienza che poi venne afferrato dall'Efialte Oscuro affiorato completamente e ridotta al silenzio.

Era stato l'amore la sua piΓΉ grande debolezza. L'amore lo aveva accecato, reso uno schiavo, una marionetta, un idiota.

Stavolta, perΓ², non gli avrebbe permesso di governarlo a bacchetta, di porgli sciocchi freni.

«Merasya» sibilò il Re delle Ceneri, sollevando una mano e aprendo appena le dita in direzione dell'altro Efialte. In apparenza non accadde nulla, non fu visibile alcuna manifestazione tangibile dell'arcana e terribile magia che era appena stata chiamata in causa, ma un attimo più tardi Godric capì che qualcosa non andava, di provare un dolore indescrivibile, sempre più intenso. I suoi lamenti soffocati divennero urla di dolore, pura sofferenza in tutto il suo agghiacciante vigore.

Nella sua testa un rovente punteruolo sembrava esser penetrato e aver iniziato a rovistare fra le pieghe del cervello, in ogni singolo anfratto di esso. Il dolore continuava, riecheggiava come un silenzioso grido nelle cellule, nei tessuti, nei tendini e nelle articolazioni, vibrava nelle ossa, le sottoponeva a un orrido supplizio. Se gliele avessero spezzate tutte assieme, era sicuro che non avrebbe lo stesso raggiunto una simile soglia di dolore.

Poi tutto svanì, proprio come era iniziato, e Godric giacque a terra, sfinito e con il viso rivolto in basso, il corpo ancora attraversato da scosse refrattarie della tortura cui era stato sottoposto.

Non aveva idea di cosa fosse accaduto, ma era chiaro che fosse avvenuto per volontΓ  di Evergard e di nessun altro. Aveva pronunciato quella strana parola e il dolore era cominciato.

Β«Sire, vi prego, no! Capisco la rabbia che provate, ma uccidere quest'uomo non servirΓ  a niente!Β» intervenne una voce. Kilmar e gli altri li avevano raggiunti e avevano assistito all'orribile scena che si era loro presentata davanti. Avevano visto Dante torturare Lord Reghsar senza batter ciglio.

Dante squadrΓ² il comandante. Β«Non ti immischiareΒ» ringhiΓ². Β«Non se vuoi evitare di fare la sua stessa fine!Β» Si avvicinΓ² a Godric, il quale urlΓ² a se stesso di alzarsi, di affrontare quel nuovo nemico che lo voleva chiaramente morto, di provare a farlo ragionare, ma non riusciva a fare niente, se non giacere nella polvere, di tanto in tanto scosso dagli spasmi che la tortura gli aveva causato, per quanto intensa era stata.

Avrebbe voluto piangere, ma persino quello, ne era certo, gli avrebbe causato una gran sofferenza fisica.

Ricordava di aver provato solamente un'altra volta una tale paura, così tanto terrore, e di aver invocato nei propri pensieri Dante. Lo aveva pregato di aiutarlo, di correre in suo soccorso, da bambino spaventato qual era stato all'epoca, ma ora... ora che quello stesso eroe aveva voltato le spalle alla coscienza e all'affetto che avevano provato per anni l'uno per l'altro, chi avrebbe dovuto invocare? Non c'era nessun altro, mai c'era stato. Ogni singola volta che si era sentito messo con le spalle al muro e a corto di idee o speranze, c'era stato Dante a correre in suo soccorso, ad aiutarlo a tornare in piedi e a sostenerlo, e ripensarci in un momento del genere faceva male, più male dell'Anatema scagliato da Evergard.

Β«Vediamo se anche tu sopravviverai a questoΒ» disse il re, il tono di voce sinistro che non lasciava presagire niente di buono. Β«Con me ha funzionato, perciΓ² sono davvero curioso.Β»

Kilmar di nuovo provΓ² a intervenire, ma era terrorizzato a sua volta. Β«Mio signore, no!Β»

Β«Fa' silenzio o sarai il prossimo!Β»

Dante si preparΓ² a evocare il Settimo Anatema, quello che avrebbe posto fine alla vita di Godric, la stessa vita che lui tante volte, in passato, aveva protetto e preservato a discapito della propria salute e sopravvivenza.

Quando era sicuro di esser ormai pronto, perΓ², le parole non superarono la barriera delle sue labbra. Rimasero congelate dietro di esse.

Non fare l'idiota e agisci!, si spronΓ², scegliendo di ritentare e solo per fallire una seconda volta.

Β«Al diavoloΒ» mormorΓ² fra sΓ©, sguainando la spada. In fin dei conti quel piccolo bastardo non meritava tanto disturbo. Il Settimo Anatema con lui era persino sprecato. Meritava un colpo di spada e via. Risolto il problema.

O almeno così credeva, visto che finì per bloccarsi ancora una volta e solo perché, per un breve istante, aveva osato immaginare lo sguardo che poteva avere al momento Godric, la paura nei suoi occhi, e quel pensiero aveva fatto vacillare la sua sicurezza.

Voleva farlo sparire dalla propria vista, ma non riusciva a calare la lama su di lui e a conficcargliela nella schiena.

Voleva che pagasse per aver dato ascolto all'orgoglio, a quelle dannate chiacchiere sull'onore e su ciΓ² che gli altri avrebbero pensato se si fossero arresi, eppure...

Snervato gettò a terra l'arma e ordinò a un altro soldato qualcosa che Godric non riuscì a comprendere, visto che non conosceva a menadito il dialetto dell'Ovest, più complicato e arcaico rispetto a quello del Nord. Una lingua dal suono duro e tutt'altro che gentile. Un linguaggio freddo che avrebbe fatto passare per una minaccia persino una proposta di matrimonio.

Il soldato dovette esitare, visto che Dante aggiunse qualcos'altro, ma alla fine l'uomo cedette e obbedì, allontanandosi.

Mentre aspettava, Evergard si inginocchiΓ² e chinΓ² abbastanza perchΓ© Godric potesse intendere le parole che gli stava sussurrando, gli occhi neri come il nulla imbevuti di crudele disprezzo. Β«Tra non molto sarai per tutti loro ciΓ² che ormai sei per me: un reietto, un emarginato che ogni singolo Efialte non potrΓ  che evitare a priori, come se fossi affetto da una malattia contagiosa e mortale.Β»

Godric finalmente cedette alle lacrime. «T-Ti prego, no» singhiozzò penosamente. «N-Non farlo, Dante! S-Soffri e lo capisco... lo sento! Ma so anche che sei buono! So che lì dentro ci sei ancora e che stai soffrendo! Hai sempre fatto così quando stavi male! Sempre!»

Β«Oh, beh... Visto che secondo te sono buono, allora ti rivelo come neutralizzare il regalino d'addio che sto per lasciarti.Β»

Godric cercΓ² di muoversi, ma l'altro gli forzΓ² la schiena giΓΉ, impedendogli anche solo di spostarsi di un centimetro.

Β«Apri bene le orecchie e ascoltami, perchΓ© questa sarΓ  la nostra ultima lezione in assoluto e detesto ripetermi, come ben sai: hai due possibilitΓ . La prima Γ¨ di ottenere il mio perdono, e non so se oggi me la sento o se fra cento anni a venire deciderΓ² piuttosto di farti il favore di eliminarti come si deve. La seconda opzione Γ¨ uccidere il mago responsabile della maledizione in questione, ovvero me. PerciΓ², Godric, goditi questi secoli di solitudine e di abbandono a te stesso. Non Γ¨ malaccio, una volta che ci si abitua, fidati di uno che ci Γ¨ passato per gentile cortesia dei propri simili. Rilassati pure, fai tutto quello che ti aggrada e vedremo, quando un giorno tornerΓ² per terminare ciΓ² che ho lasciato a metΓ , se sarai all'altezza dello scontro e abbastanza preparato per conquistarti la libertΓ .Β»

Il soldato fece finalmente ritorno e consegnΓ² al re quello che sembrava un autentico ferro per marchiare qualcosa o qualcuno con un simbolo ben preciso.

Godric spalancΓ² gli occhi e scosse la testa, chiedendogli invano di non farlo, di non fargli questo, non a lui!

L'altro non lo calcolΓ² e serrΓ² le dita sul manico e il ferro, nel giro di pochissimi istanti, divenne sempre piΓΉ rovente, come se fosse stato tenuto in mezzo alle fiamme per ore.

«Ti consiglio di non muoverti o farà ancora più male» disse Evergard, ordinando al soldato di prima di tenere Godric fermo. «Non sei più il benvenuto fra di noi, Godric Reghsar. Né fra di noi né tantomeno nella mia vita, nei miei pensieri o nel mio cuore, per quanto di esso ormai non rimanga alcunché. Ti ho consegnato il destino del mio regno fra le mani e mi hai restituito una città ridotta in macerie e un intero popolo trucidato. Eri il padrino di mia figlia, avevi giurato di proteggerla, di essere un secondo padre per lei, e a causa del tuo orgoglio, della tua incapacità di scendere a compromessi, per quanto degradanti, Yvaine se n'è andata per sempre. Mi sembra il minimo ripagarti così per l'eccellente lavoro che hai svolto, non credi?»

Il ferro da marchiatura calΓ² con decisione sulla pelle dell'interno del braccio di Godric e l'uomo si dimenΓ², gridΓ² per il dolore, ma non servΓ¬ a nulla e quando tutto ebbe fine vide sull'arto una runa, impressa a fuoco, che significava β€Ÿtraditore".Β  Β 

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