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Volevo fare questa cosa da un po' e alla fine ho deciso di farla. Mi piace da sempre immaginarmi le voci dei personaggi come se appartenessero a un film e avessero dei doppiatori, e quello del duo D&D (Dario e Dante) l'ho avuto in mente sin dal principio. È stato automatico figurarmi così la loro voce, perciò prima di passare alla narrazione volevo lasciare questi due video nei quali potrete ascoltare le voci che io sento ogni volta che descrivo delle conversazioni fra i DanRic.
La prima clip viene da Peaky Blinders e a parlare Γ¨ Thomas Shelby (tra l'altro Γ¨ il mio personaggio preferito della serie, Γ¨ fantastico e merita tantissimo anche in originale). Il doppiatore ideale per Dante quindi sarebbe Simone D'Andrea:

https://youtu.be/6dtJUNynlHo

E ditemi se non Γ¨ adatto a DadΓ , ora.

In quanto a Godric, nonchΓ© Alex e Richard, sin da subito dentro di me l'ho sentito parlare come il doppiatore storico di Leonardo Di Caprio, ovvero Francesco Pezzulli:

https://youtu.be/sWliYpICCI0

E ora bando alle ciance e passiamo alla prima parte del racconto!

In un attimo tutto puΓ² crollare. In pochi istanti una vita puΓ² spezzarsi e un regno puΓ² esser ridotto in cenere e macerie, e questo nessuno meglio di Dante e Godric puΓ² saperlo. Basta poco per veder la propria vita divenire un vero inferno, tutto ciΓ² che si ha amato andare perduto per sempre. Il breve racconto a piΓΉ riprese che si snoda in varie tappe della vita di entrambi culminerΓ  con la definitiva caduta dalla grazia, quando l'affetto di un maestro per il proprio allievo si tramuterΓ  in odio e sete di vendetta.
Per ogni tragedia, tuttavia, vi è un finale, a volte positivo, e così sarà per loro.

Premettendo che non sapevo se procedere o meno con questa ulteriore mini-mini-mini serie di rimembranze al sapore speziato di DanRic, alla fine ho scelto di andare fino in fondo, perché come ho descritto i loro ricordi positivi e migliori, così mi è sembrato corretto mettere su "carta" i peggiori e più tristi. Questa prima parte sarà all'acqua di rose e non così triste, forse snervante, per certi versi, e con un po' di sano umorismo che mai guasta prima di un boccone amaro. Ad ogni modo, mi sto affezionando a questa coppia e più scrivo di loro e più mi è difficile dover vederli soffrire e stare male. Ad ogni modo, alla fine tutto si è risolto per il meglio, anche se dopo un bel po' di traversie.

β€ŸAddio, campi felici
dove la gioia abita eterna! Salve orrori, salve
mondo infernale, e tu, profondissimo inferno,
accogli il nuovo possessore: uno la cui mente
non puΓ² mutare secondo tempi e luoghi.
La mente Γ¨ luogo a se stessa, e in se stessa
puΓ² fare dell'inferno un cielo, del cielo un inferno.
Che cosa importa dove, se sono sempre lo stesso,
e che altro dovrei essere, tutto meno che inferiore
a colui che il tuono ha reso piΓΉ grande?
Qui almeno saremo liberi; l'Onnipotente non ha creato
questo luogo per invidiarcelo, e non ci caccerΓ  di qui:
qui potremo regnare sicuri, e per mia scelta
regnare Γ¨ degno di ambizione, anche se all'inferno:
meglio regnare all'inferno che servire in cielo."

β€” John Milton, Il Paradiso Perduto

Rimasto fino ad allora immerso in pensieri tumultuosi, reduce da una nottata particolarmente ricca di imprevisti e di profonda vergogna, Godric quasi sobbalzò appena udì dei passi in avvicinamento e poi vide le due persone responsabili del suo attuale stato d'animo accedere alla grande ed elegante sala da pranzo.

Erano vestiti di tutto punto, ovviamente, ma con certi ricordi ancora ben impressi nella memoria, Godric ebbe quasi l'impressione di rivederli ancora in condizioni ben differenti.

Distolse subito lo sguardo e neanche si disturbò a prestare la minima attenzione a Kelsa, la donna con la quale Dante, attualmente, stava intrattenendo una relazione, se così potevano esser definite due settimane di effusioni quasi perpetue nelle quali li si vedeva baciarsi e stringersi, più inseparabili di due anguille attorcigliate.

Se non altro Kelsa aveva la buona creanza di stare alla larga durante le lezioni, anche se di tanto in tanto capitava e, prontamente, finiva per distrarre Dante, ed ecco che ricominciavano a punzecchiarsi e a dar luogo a scene piΓΉ stucchevoli di un intero boccone di melassa in gola.

O forse, semplicemente, Godric detestava quella donna a priori, visto che era anche arrogante e pensava di poter reggere il confronto, come maga, con Dante. Roba da matti, visto che quell'uomo era probabilmente l'incantatore piΓΉ abile e capace che si fosse mai visto.

Kelsa era una fanfarona e stava facendo rimbecillire quello stupido di un Evergard come nessuna donna era mai riuscita a fare, e il peggio era che lui o non se ne rendeva conto o di proposito le permetteva di comandarlo a bacchetta e renderlo il suo cagnolino ammaestrato.

Pendeva dalle sue grazie, altro che storie, e Godric si sentiva in imbarazzo al suo posto.

Dante non era mai stato tipo da cedere fino a tal punto al fascino di una donna, aveva sempre avuto il controllo sulla situazione, eppure c'era qualcosa di diverso quella volta.

Il giovane Reghsar aveva iniziato a pensare che egli fosse stato stregato in qualche maniera o rimasto vittima di un filtro d'amore versato non molto per caso nel calice di vino cui mai diceva di no in compagnia di Kelsa.

Quando si concedevano tale bevanda, le cose erano ancora piΓΉ imbarazzanti e difficili, perchΓ© erano scevri d'ogni ritegno e in preda al torpore della coscienza che altrimenti avrebbe ricordato loro che in quella dimora era presente un ragazzo di quindici anni rimasto turbato dopo averli visti, la notte prima, consumare un acceso amplesso a ridosso di una parete in corridoio.

Il ragazzo, suo malgrado, sentì le guance accaldarsi nel ripensare a come era apparso diverso Dante in quell'unico minuto in cui credeva di non essere visto da nessuno tranne Kelsa. In lui Godric aveva intravisto qualcosa di selvatico e primordiale, ferino e avido.

Probabilmente se quell'uomo fosse stato l'incarnazione di uno dei vizi capitali, si sarebbe conteso i posti dell'ira e della lussuria.

«Buongiorno!» esordì Kelsa, sorridendogli. «Oggi sei stato il primo a svegliarti, vedo!»

Non ho neanche dormito, cretina, pensΓ² risentito Godric, il quale da due settimane era in generale costretto a sentire lei e Dante spassarsela e fare un rumore infernale per almeno un'ora buona ogni singola notte.

Β«Non gradisco dormire piΓΉ dello stretto necessarioΒ» replicΓ², cercando di celare il gelo nella voce.

ScoccΓ² una fugace occhiata a Dante, ma fu solo una questione di secondi. Non riusciva a guardarlo direttamente, non dopo la notte prima. Non aveva solo paura che avrebbe in qualche maniera intravisto nella sua anima la veritΓ ; era ciΓ² cui aveva assistito ad averlo in parte traumatizzato fino al punto da vedere quell'uomo sotto una luce differente.

Il ragazzo tornΓ² a rigirarsi fra le mani il bicchiere d'acqua che aveva davanti a sΓ©, visto che aveva rifiutato pure di mangiare, quella mattina.

Sia Kelsa che Dante parvero finalmente avvertire che qualcosa non andava.

Lei fu abbastanza saggia da lasciare che fosse lui a occuparsi della questione e, con una scusa, disse che sarebbe andata a fare due passi, visto che era comunque solita saltare la colazione. Dante, dopo averle rivolto un breve saluto e averla osservata uscire dalla sala – sotto lo sguardo non poco infastidito del proprio allievo – si avvicinΓ² al lungo tavolo e prese posto accanto a Godric, il quale sedeva a capotavola, e adagiΓ² il gomito sul legno. Β«Che succede qui?Β» chiese diretto, benchΓ© con il solito affetto velato e mai del tutto esplicitato, sempre memore del dover mantenere un minimo di fermezza e autoritΓ .

Godric per alcuni secondi incrociΓ² i suoi occhi azzurri e si domandΓ² cosa vedessero in quel preciso istante, visto e considerato che Evergard, per quanto lo avesse sempre tenuto nascosto, fosse con evidenza cieco.

A volte era assurdo come lo stesso riuscisse a capire subito le persone, pur senza servirsi della vista. Doveva avere un sesto senso molto sviluppato o roba simile.

Β«Godric?Β» ritentΓ² Dante, iniziando a preoccuparsi sul serio di fronte a quel mutismo improvviso e inspiegabile. Β«Non stai bene?Β»

Il giovane Reghsar contò fino a dieci, ma riuscì a malapena ad arrivare a cinque prima di sbottare: «Sto benissimo, credimi! Una favola, in effetti! Non si vede?»

L'altro rimase di stucco. Β«Godric!Β» lo riprese, sconvolto. Β«Che ti salta in testa, si puΓ² sapere?Β» Gli pareva quasi di percepire che il ragazzo, per qualche motivo, ce l'avesse a morte con lui. Eppure era infine venuto a patti con l'essere meno rigido e severo, lo trattava con maggiore affetto e cercava di essere comprensivo piΓΉ che poteva. Non ricordava di aver fatto niente di male, specialmente il giorno prima.

Che mi venga un colpo, pensΓ² scosso.

Intanto, Godric sentiva gli occhi pizzicare e bruciare, il viso in fiamme e il cuore impegnato in una frenetica corsa sul posto. Le mani gli tremavano. Aveva voglia di piangere, di urlare addosso a Dante, di pregarlo di tagliare i ponti con Kelsa e non rivederla mai piΓΉ, e...

Che qualcuno mi aiuti!

Sapeva che qualcosa non andava, di essere cambiato, di aver iniziato a vedere Dante in modo diverso da ancor prima della notte precedente. Era da quasi un anno che andava avanti quella storia, che si ritrovava ad avere pensieri su quell'uomo non del tutto conformi a un allievo quando questi era intento a pensare al maestro. Quale discepolo avrebbe pensato di voler stringere a sΓ© il proprio istruttore e... persino baciarlo, pur non avendo mai baciato qualcuno?

Forse... forse la veritΓ  era ben altra. Forse a farlo arrabbiare era la semplice realtΓ  che Dante non avrebbe mai guardato lui come guardava Kelsa e mai con lui avrebbe fatto tutto quello che l'altra notte Godric l'aveva visto fare con quella donna.

Maschio e per giunta suo allievo. Gli era andata male fino in fondo e non aveva possibilitΓ  alcuna, ma il cuore che anche in quel momento sentiva galoppare se ne infischiava delle convenzioni e delle questioni morali. Quell'organo folle e indomabile bramava solo una cosa, un uomo che non poteva avere, che mai avrebbe avuto.

Serrò le dita sul bordo del tavolo. «Vuoi la verità? Mi sta antipatica quella lì! Va bene? Anzi, penso proprio di detestarla!» proseguì, incapace di tacere. «E tu... tu sembri ormai più interessato a lei anziché all'istruire me! La sola differenza fra te e un puledro innamorato, Dante, è che tu cammini su due gambe e non nitrisci!»

Evergard lo fissò a bocca aperta, ma si riprese in fretta dallo shock. «Ora stai esagerando» lo ammonì. «E comunque cosa ci azzecca Kelsa con te? Cosa c'entra quello che c'è fra me e lei? Lo sa quali sono i miei doveri nei tuoi confronti e non sta interferendo in alcun modo. Credo sia però mio diritto, Godric, avere uno stralcio personale di vita nella quale posso avere qualcosa solo e unicamente per me. Tutti hanno una vita privata e credimi, appena capiterà anche a te di conoscere una ragazza capace di mandarti fuori di testa, vedrai che sarai tu a volere che il sottoscritto si faccia gli affari propri.»

Β«Solo perchΓ© una persona ci piace, ciΓ² non vuol dire che debba intaccare la nostra indole e renderci quello che con gli altri non siamo! Sei una persona diversa quando lei Γ¨ presente, Dante! Lo hanno notato tutti e io non sono di certo sordo, cieco o stupido!Β»

Β«Non capisco ancora il motivo di tanta rabbiaΒ» puntualizzΓ² Dante con una nota nella voce chiaramente severa, una di quelle inflessioni che di solito mettevano il ragazzo subito in guardia e lo facevano tornare sui binari all'istante.

Godric, non potendo di certo rivelare certe cose, scelse di restare zitto.

L'altro, allora, sospirΓ². Β«Bel modo di cominciare la giornata, questo Γ¨ certoΒ» sentenziΓ² ironico, alzandosi. Β«Non capirΓ² mai cosa frulla nel cervello a voi adolescenti. Un attimo prima vi comportate ancora come dei bambini ingenui e spensierati, e quello dopo diventate peggio di Fiere rimaste senza cibo per un mese, e guai a tentare di ragionare con voialtri.Β»

Β«Smettila di trattarmi come un ragazzino e di dire che lo sono! Ormai sono grande, sai?Β» esplose il giovane, scattando su a propria volta.

Β«Io invece credo proprio che tu lo sia!Β» tuonΓ² Dante, avendone seriamente abbastanza. Β«Se non Γ¨ infantile trattar male qualcuno senza che abbia fatto nulla di male, se non averti incrociato nel momento sbagliato, allora dimmi cos'altro diavolo dovrebbe esserlo! Avanti!Β»

«Dici così solo perché non puoi capire e non sai niente!»

Β«Cosa dovrei sapere? Cosa non posso capire? Parla, allora, invece di esprimerti a suon di enigmi e isteria!Β», perse del tutto le staffe Evergard.

Ma cosa vuoi che ti dica? Come puoi pensare di poter capire?

Β«Te l'ho detto...Β» replicΓ² Godric, la voce che tremava. Β«Non potresti capire. E non mi va neppure di provare a parlartene.Β»

Dante si passò due dita sugli occhi stancamente e infine pose le mani sui fianchi, soppesando il ragazzo con sguardo penetrante. Parve infine prendere una decisione. «Sei in punizione, e ti dico subito il motivo: pessima condotta nei confronti del tuo maestro, mancanza di rispetto e la solita, sfacciata arroganza che fino ad ora non sono mai riuscito a farti passare. È ora di smetterla con i capricci, Godric. Ormai sei grande e sono stanco di giustificare le tue bizze o di essere morbido quando invece, forse, ti meriteresti una bella ripassata sulle guance a suon di manrovesci. Ringrazia che non ho mai approvato il prendere qualcuno a ceffoni.» Accennò alle proprie spalle verso l'uscita della sala. «Fila via. Ti mando a chiamare quando sarà ora di fare lezione. Fino ad allora resta in camera e non osare uscire. Sono stato chiaro?»

Godric serrΓ² i pugni, ma non osΓ² controbattere. In fin dei conti era solo un ragazzino capriccioso, no? Sarebbe sempre e solo stato tale agli occhi di Dante, mai qualcosa in piΓΉ o di diverso.

All'ultimo, tuttavia, si fermΓ² e disse, senza riuscire di nuovo a frenarsi: Β«Ti odio, ma non credo che ti interessiΒ».

Di spalle com'era, mentre abbandonava la sala, non riuscì a vedere lo sguardo ferito del proprio maestro né quanto tali parole gli avessero fatto male.

Era trascorsa un'altra intera settimana dalla mattina in cui Godric aveva dovuto dire addio per un po' di tempo al poter liberamente andarsene in giro fuori dalle mura domestiche. Sette giorni scanditi solo dagli studi, dal dover per forza stare a gingillarsi nei corridoi o in camera propria e tollerare gli sguardi severi e impassibili del proprio maestro che non aveva dato segni di cedimento in quanto a rigore e al voler commutare la punizione per renderla meno restrittiva. Oltre a questo, aveva ovviamente dovuto sopportare anche Kelsa, come al solito fra i piedi, e gli immancabili incontri notturni di quei due.

Come al solito Godric fece ritorno nella propria stanza appena prima che il buio totale di una notte mai stata illuminata dalle stelle calasse e decretasse la fine di un altro pesante giorno fatto solo di lavoro, regole da seguire e una perpetua lotta contro la malsana voglia di prendere a pugni Kelsa.

Si chiuse la porta alle spalle, raggiunse la scrivania di legno finemente intagliato e si servì dei poteri per accendere il candeliere ripostovi sopra. Uno a uno, tutti e tre gli stoppini si accesero con dei lievi sibili. Sussurrando una seconda formula, Godric fece in modo che la luce delle fiammelle si espandesse maggiormente e illuminasse meglio la camera.

Fu una cosa del tutto casuale quella di raggiungere con le dita il ciondolo che sentiva premere appena sul torace e ripercorrerne la forma, solo per poi serrarlo in una stretta disperata.

In esso, in uno dei due spazi appositi, custodiva con cura una piccola miniatura che ritraeva i suoi genitori, ma l'altro era invece sempre rimasto vuoto.

Ricordava ancora la sera in cui Dante glielo aveva ceduto, malgrado fosse un cimelio di famiglia tanto prezioso quanto speciale. Ricordava di avergli detto che un giorno quel ciondolo avrebbe ospitato i ritratti delle persone piΓΉ importanti della sua vita, ma non era mai riuscito a mantenere fino in fondo la promessa.

ChecchΓ© ne sapesse, non esisteva neppure un singolo ritratto di Dante Evergard, neppure un semplice abbozzo su carta, niente di niente.

Dante si era giustificato sempre dicendo di non essere così vanesio e mollaccione da farsi ritrarre come una qualsiasi fanciulla che aveva ben poco da fare nel corso della giornata, ma Godric iniziava a sospettare che lo frustrasse talmente tanto non essere capace di vedere, da ritenere inutile e persino fonte di inutile curiosità e sofferenza il farsi immortalare per sempre su di una tela.

Quel piccolo spazio all'interno del ciondolo, dunque, pareva essere destinato a restare vuoto per sempre, proprio come forse sarebbe finita per il povero e giovane cuore di Godric innamorato di un uomo che egli non poteva avere nΓ© aveva il diritto di desiderare.

Demoralizzato come mai si era sentito prima di allora, il ragazzo si lasciΓ² cadere sul letto e si rannicchiΓ² su di un lato, lo sguardo puntato verso la finestra senza perΓ² realmente vederla.

Sapeva che le giornate sarebbero trascorse a quel modo finchΓ© non fosse stato lui a cedere e ad avere il fegato, nonchΓ© la maturitΓ , di chiedere scusa e sperare che Dante perdonasse soprattutto le sue ultime, rancorose parole di quella maledetta mattina.

Dire a una persona di odiarla non era mai saggio e poche volte lo si pensava davvero. Si era pentito di aver detto una simile assurditΓ  subito dopo averla pronunciata, quando ormai ritrattare tutto sarebbe stato inutile e stupido, forse anche da vigliacchi.

Vorrei non avergli mai detto una cosa simile. Non la pensavo neanche e non la penso tuttora, accidenti!

Sentimenti strampalati a parte, voleva bene a Dante e non si sarebbe mai sognato di odiarlo, neppure se un giorno lui, per assurdo, gli avesse puntato una spada alla gola o lo avesse pugnalato alle spalle e a tradimento. Sapeva in cuor proprio di essere incapace di odiare quell'uomo e sapeva di avergli dato un dispiacere, per di piΓΉ immeritato.

Una persona era ancora colpevole di qualcosa quando neppure sapeva cosa avesse fatto di male?

E poi cos'aveva fatto di male, se non fare quello che tanti altri Efialti adulti erano soliti fare ogni singolo giorno? Davvero Dante poteva esser biasimato se cercava una compagnia diversa e che fosse esterna alla sua vita fatta di obblighi quotidiani e di una responsabilitΓ  imponente come quella di istruire un ragazzo affinchΓ© potesse diventare un mago, e nel mentre assicurarsi che restasse in salute e non incorresse in pericoli alcuni?

Anni prima era quasi morto per salvare lui. All'epoca non aveva realizzato del tutto gli eventi, ma ripensandoci negli anni successivi aveva capito di esser stato fortunato a cavarsela e, soprattutto, che Dante fosse stato così testardo dal voler affrontare quei ribelli da solo, solamente per salvare un ragazzino che in seguito gli aveva dato sempre non poche noie.

Che a Godric piacesse o meno, doveva la vita a Dante e forse era stato un gesto ignobile e irresponsabile il ripagarlo scagliandogli contro parole così piene di acredine e odio fine a se stesso.

Eppure... la colpa era anche di Kelsa, del suo atteggiamento in generale, del suo modo di porsi, della sua voce che alle orecchie di Godric suonava fastidiosa come il costante ronzio di un calabrone, o ancora del suo esser riuscita sì e no a far rimbecillire un uomo rimasto fino ad allora sempre saldo e ben intestardito nel non voler ritrovarsi con la catena al collo.

Se Kelsa non si fosse trovata fra quelle mura, le cose sarebbero andate di certo diversamente.


Il ragazzo si tirΓ² su e sbuffΓ² sonoramente. GirΓ² la testa in direzione della porta e prima ancora di poter riflettere per bene sulle proprie intenzioni, era giΓ  uscito in corridoio con l'idea di parlare a Dante e... beh, cospargersi il capo di cenere e ammettere di essersi comportato in maniera sgarbata.
A dargli lo scatto decisivo era stato il pensare alla vita pericolosa che quell'uomo si ostinava ancora a fare, anche se aveva un allievo e delle responsabilitΓ  nei confronti della propria famiglia e del regno di cui sarebbe divenuto, un giorno, la massima autoritΓ .
Poteva succedere di tutto a furia di dar la caccia ai draghi e ai mostri in generale, e Godric non voleva che le sue ultime parole rivolte a Dante potessero rivelarsi quelle pronunciate nella lite, anche se il solo pensiero che potesse accadere qualcosa di brutto a quell'uomo gli piegava le ginocchia.

In realtΓ  gli sarebbe dispiaciuto in ogni caso restare in rapporti tesi con Dante, vita pericolosa o meno. Non andava bene, punto e basta.

Memore ormai delle abitudini del suo maestro, Godric si diresse al piano inferiore e infine in direzione del soggiorno piΓΉ grande, quello che era a poca distanza dall'ingresso principale della dimora.

Eppure, giunto ormai a pochi metri da lì, si fermò e avanzò a passo felpato, fermandosi infine dietro alle porte appena socchiuse e in ascolto.

Trattenne il fiato udendo due voci discutere. Dante e Kelsa stavano litigando e in modo piuttosto acceso.

Con il cuore che aveva accelerato i battiti sia per l'ansia causata dalla discussione, sia per la paura di essere sorpreso a origliare, il ragazzo rimase in ascolto.

«... Ci conosciamo da tanti anni e ti è sempre stato bene che le cose fra di noi andassero così! Si può sapere che ti prende? Non ti è mai importato che tornassi sui miei passi e alla mia vita come se nulla fosse! Abbiamo sempre concordato che andava bene così, senza sciocchi sentimenti a intralciare il cammino!»

Β«Magari potrei aver cambiato idea e potrei essermi stancato di restare da solo! Ci hai mai pensato?Β»

Godric quasi non riuscì a credere di aver appena udito Dante pronunciare quelle parole.

Da solo? E io, allora? Io non conto niente?

La sua irritazione aumentΓ² udendo Kelsa ridere debolmente, con scherno. Β«Ormai Γ¨ tardi per quello, Dante. Cento anni troppo tardi. Tu mi ridesti in faccia, all'epoca, e ora sono io a ridere in faccia a te e al tuo esserti chiaramente rammollito. La tua crudele indifferenza mi ha resa piΓΉ forte e mi ha fatto capire che posso sentirmi una donna realizzata senza aver accanto un uomo, specialmente uno come te.Β»

Β«Uno come me?Β»

«Suvvia, Dante, lo sanno tutti che metti al primo posto sempre e solo te stesso, così come è risaputo che è più facile perdere le tue attenzioni piuttosto che trovarle. Se ora ti senti solo e ti sei finalmente reso conto di aver commesso un errore, tanto tempo fa, puoi solo dare la colpa a te stesso e logorarti con i pensieri di ciò che sarebbe potuto essere e, tuttavia, mai sarà. Se vuoi spassartela un po', io sono sempre disponibile, ma non chiedermi di impegnarmi in una relazione che finirebbe male per entrambi. Le persone non sono diverse dagli uccelli che si librano nel cielo. Ce ne sono alcune abituate a volare in mezzo allo stormo, ma poi ci sono quelle simili alle aquile, abituate a volare da sole e a ritenersi superiori a chiunque. Tu sei un'aquila, Dante, e non vali il disturbo che arrecherei a me stessa provando a farti cambiare o ad amarti. Non ne vali la pena, in effetti.»

Godric sentì il sangue montargli alla testa.

Brutta... brutta cagna! Lui invece vale tutto il disturbo e le pene del mondo, bastarda! Sei tu a perderci!

Il silenzio che seguì fu pesante, denso come melassa.

Β«... Va bene.Β»

Il ragazzo strabuzzΓ² gli occhi alla risposta che udΓ¬ provenire da Dante. β€ŸVa bene"?

Oh, andiamo! Dille qualcosa! Incassi solo con lei, idiota?!

Gli sprofondò il cuore quando lo sentì mascherare e tentare di ricacciare indietro un singhiozzo.

Solo un'altra volta, in passato, lo aveva udito piangere. Era accaduto quando suo padre, Roderick, era giunto insieme alla moglie per assicurarsi che lui stesse bene dopo il rapimento.

Poco dopo, non vedendo piΓΉ nΓ© il padre nΓ© Dante, Godric era andato a cercarli e si era fermato dietro alla porta per non interrompere la conversazione. Sin da allora sentire a un certo punto quell'uomo di solito incrollabile piangere come un bambino lo aveva scosso parecchio, ma poi non era piΓΉ successo nulla di simile, almeno per quel che Godric poteva saperne.

Si era solo augurato di non udire piΓΉ quel suono straziante. Non lo sopportava e... dovette a stento celare l'impulso di palesare la propria presenza irrompendo nella sala per abbracciare il suo maestro e dirgli che lui, a differenza di altri, lo considerava meritevole dell'amore di chiunque.

E non Γ¨ vero che sei da solo. Io ci sono. Sono qui, Dante. Ci sarΓ² sempre.

Quella fu una promessa che Godric, pur senza saperlo ancora, si sarebbe poi premurato di mantenere sempre e per sempre.


Dei passi lo convinsero ad allontanarsi e correre a nascondersi nel corridoio lì vicino che conduceva ad altre sale del piano inferiore.

Sporgendosi appena un poco', vide Kelsa uscire e rimase in ascolto per assicurarsi che si stesse allontanando.

Non voglio ignorarlo e basta. Sta male, non deve restare da solo.

Suo padre, una volta, gli aveva detto che la solitudine portava molte persone, prima o poi, a fare cose stupide e disperate.

Tra le quali innamorarsi di un'infame come quella lì, pensò il ragazzo, ancora furente con Kelsa. Quale che fosse il passato fra quei due, niente poteva giustificare tanta crudeltà. Niente.

Una volta era stato proprio Dante a dirgli di ricordare sempre di essere buono, di essere gentile con il prossimo, perchΓ© non poteva mai esser certo di chi aveva di fronte e quali fossero le sue lotte interiori, i suoi demoni piΓΉ atroci. β€ŸOrmai la gentilezza Γ¨ la sola cosa a non avere un prezzo a questo mondo, Godric, credimi."
Quella volta Dante era quasi parso voler impedire al proprio allievo di compiere errori che forse lui stesso aveva compiuto in passato e forse nel presente. Aveva cercato sin da subito, forse, di renderlo un futuro uomo migliore di quello che era lui.

Si fece coraggio e tornΓ² alle porte ora aperte del soggiorno, poi bussΓ² su una di esse.

Dante era lì, seduto su uno dei divani riccamente decorati, la loro imbottitura impreziosita da arabeschi leggermente più scuri del colore di base che consisteva in un tenue e delicato rosa. Il contrasto con gli abiti scuri e da avventuriero dell'uomo saltava all'occhio con prepotenza.
Godric deglutì e si fece avanti, pur senza aver ottenuto il permesso di entrare, e osservò per un attimo il maestro: aveva lo sguardo puntato sul tappeto, fosse stato nella sua forma di Volpe dell'Ovest avrebbe avuto di certo le orecchie basse e un'aria ancor più da cane bastonato.

Il ragazzo esitΓ², cercando di trovare il modo per rompere il ghiaccio e non rivelare di esser rimasto fino a poco prima a origliare dietro alle porte. Β«Stavo... stavo passando per di qui e ho visto...Β»

Β«Riconosco subito quando menti, GodricΒ» lo interruppe Dante, senza perΓ² esser brusco. Nella voce, anzi, vi era una punta di affetto e di ironia. Β«Diamine, probabilmente ci avrebbero sentiti discutere pure nell'Altro MondoΒ» aggiunse, riferendosi al mondo degli umani.

Β«In realtΓ  ero venuto qui con l'intenzione di scusarmiΒ» snocciolΓ² Godric, non volendo fargli credere che la sua intenzione fosse stata sin dal principio di farsi gli affari altrui. Β«Non volevo urlarti addosso e risponderti male, quella mattina. Ero... ero arrabbiato per i fatti miei e me la sono presa con chi non c'entrava niente. Ti chiedo scusa, Dante.Β»

Era come se in quel momento ci fosse qualcosa di diverso in Evergard, di fragile ed esposto, tanto che egli sorrise debolmente all'apprendista e scosse la testa. Β«Tranquillo, Γ¨ tutto a posto e... credo di aver infine capito il motivo di quella sceneggiata.Β»

Godric si sentì sprofondare e pronto a scavarsi una fosse bella profonda dalla quale non sarebbe riemerso se non fra altri cent'anni. «Davvero?» pigolò, pensando a come confutare la teoria sicuramente giusta del proprio maestro.

Β«Beh, potrei anche sbagliarmi, ma... a mio parere credevi che con Kelsa presente, tutta l'attenzione si sarebbe trasferita su di lei e tu avresti smesso di occupare il primo posto nella mia lista personale di principali preoccupazioni e questo... un po' mi intenerisce e mi ricorda che sei ancora molto giovane. Hai bisogno di una figura di riferimento e forse Kelsa minacciava la tua routine.Β»

In poche parole Godric, secondo Dante, si era comportato come accadeva ai ragazzi che vedevano spuntare dal nulla una terza persona che a volte finiva per frapporsi fra loro e il tutore, cosa non molto diversa rispetto a ciΓ² che succedeva quando un genitore rimasto da solo cercava di rifarsi una vita.

Godric non seppe se sentirsi sollevato o mettersi a piangere e strillare dall'esasperazione, o ancora ridere perchΓ© Dante era convinto di aver capito, quando invece non aveva capito niente e brancolava nel buio pesto della propria beata ignoranza.

Β«I-Io... e-ecco...Β» balbettΓ² il ragazzo. Β«N-Non Γ¨ che... voglio dire...Β»

Β«Non sono arrabbiato, come giΓ  ti ho detto, e non hai nulla di cui vergognarti. Paradossalmente vuol dire che mi consideri quasi parte della tua famiglia e non credo potrebbe esserci un onore piΓΉ grande per qualcuno con il ruolo che ho io. Non sempre si ottiene un posto speciale nel cuore dei propri allievi, ma quando accade Γ¨ sempre motivo d'orgoglio.Β»

In fin dei conti, pensΓ² Dante, lui in Godric vedeva sotto sotto un fratello minore, quello che per i primi anni della sua vita tanto avrebbe voluto e non aveva mai potuto avere.

Sorrise con affetto più visibile al ragazzo. «So di aver dato magari l'impressione opposta, ma ti assicuro che non ti avrei mai messo da parte per Kelsa. D'altronde sono questioni diverse e... beh, se mia madre si fosse un giorno risposata, so che mai mi avrebbe scansato per far posto al proprio nuovo compagno. Per un maestro, Godric, un allievo è come un figlio, e un figlio sarà sempre al primo posto. Voglio che tu lo ricordi sempre e non dubiti mai più del posto che occupi nella mia vita e nel mio cuore, intesi?» Si sporse e prese fra le proprie le mani dell'allievo, più piccole e delicate, prive del ruvido tatto che invece caratterizzava le sue. «Mi dispiace averti spinto a pensare che ormai i miei pensieri fossero solamente rivolti a una donna che altro non era, se non di passaggio. Se anche così non fosse stato, ti assicuro che non avrei dimenticato la promessa fatta ai tuoi genitori anni fa né l'affetto per te. So che la maggior parte delle volte tendo a non sbilanciarmi, ma giuro che per me ormai non è più solo un lavoro che un giorno terminerà. Fai parte della mia vita, Godric, capito? Questo non cambierà mai.»

Godric non riuscì a far a meno di ricambiare con forza e celata disperazione la stretta del maestro.

Talmente era disperato e sull'orlo di un crollo nervoso, che avrebbe potuto anche compiere una pazzia, avere un accesso di follia e fare l'impensabile, l'irreparabile, ciΓ² che avrebbe cambiato il corso del suo futuro e forse di tante altre cose.

Sapeva di avere solo quindici anni, sapeva di provare sentimenti sbagliati e insensati per un uomo di molto piΓΉ grande di lui e che per giunta lo considerava come un figlio, ma ciononostante una voce, dentro di lui, gli urlava di chinarsi, afferrargli i vestiti e baciarlo, di dimenticare la distanza infinita che li separava e saltare lo stesso, affrontare la voragine.

Il punto era che forse non gli sarebbe mai più capitato di avere Dante così vicino, così disposto ad aprirsi e a essere comprensivo, forse... forse persino a capire come stavano davvero le cose e non condannare lui a priori.

Io non voglio il tuo affetto. Non mi basta, non capisci?

Voleva il suo amore. Voleva un amore differente da quello che campeggiava con chiarezza nello sguardo di Dante. Voleva l'Amore a caratteri maiuscoli, voleva la passione di cui era stato di nascosto testimone la settimana prima, voleva che facesse quelle cose con lui e con nessun altro.

Lo desiderava, anima e corpo, ma tutto ciò che capì di poter fare fu di fiondarsi fra le sue braccia e stringerlo, piangere a dirotto e fargli credere che tale crollo fosse dovuto all'equilibrio finalmente ristabilito e alle reciproche scuse che si erano scambiati, e per una volta, solo una, Dante non scoraggiò quel gesto, anzi lo ricambiò, gli accarezzò i capelli e gli sussurrò che era tutto a posto e di non essere arrabbiato con lui.

Godric, invece, pregΓ² gli dΓ©i al completo di aver pietΓ  di lui, di privarlo di quei sentimenti, visto che non poteva in alcun modo rivelarli nΓ© soddisfarli.

Se non posso averlo, allora vi prego... vi prego... datemi la forza di lasciarlo andare.

«Uhm, sì, ma così mi soffochi, Godric!» si lamentò Dante, pur con nella voce un'inflessione divertita.

Β«Scusa, scusa, scusa!Β» trillΓ² il ragazzo, ritraendosi di scatto e facendo un passo indietro. Si rese conto di sentire giΓ  la mancanza delle braccia dell'altro strette attorno a lui e... peggio ancora...

Oh, no, accidenti! Non ora! No!

Era una vera fortuna che si fosse scostato appena in tempo e che Dante, a conti fatti, non potesse vederlo, altrimenti si sarebbe accorto di un particolare imbarazzante e degno dei peggiori sospetti.

«O-Ora, però, v-vado a dormire! È tardi e tutto il resto! Sai, no? Ci vediamo domattina!» Il giovane si sbrigò a caracollare fuori dal soggiorno e a dirigersi a spron battuto di sopra, finché non entrò in camera e si chiuse la porta alle spalle.

Non penso di avere molte alternative, osservΓ² sconsolato, odiando l'urgenza che lo serrava tra invisibili spire e il rigonfiamento nei pantaloni che aveva rischiato, poco fa, di sbugiardarlo e fargli fare una pessima figura.

Non era la prima volta che gli succedeva, ormai era quasi da due anni che quella storia andava avanti, ma in quegli ultimi mesi era diventato certe volte un inferno, specialmente quando si svegliava alla mattina.

Non osava immaginare cosa sarebbe successo se Dante avesse scoperto quali pensieri lui fosse capace di avere e coltivare nei campi dell'immaginazione quando non aveva altra scelta se non cedere ai bisogni fisici tipici di un corpo che aveva appena iniziato a conoscere il piacere carnale.

Non gli importava neppure di conoscere l'esito di un simile rischio, almeno non in quel momento, mentre era impegnato a toccarsi e a celare il viso nel cuscino per mascherare i gemiti, a occhi chiusi e con l'illusione di avere sopra e dentro di di sΓ© quell'uomo, fingere che quelle dita spinte nelle sue carni fossero in realtΓ  ben altro, la stessa cosa che quella notte aveva fatto quasi gridare Kelsa.

Quando finalmente entrambi varcarono l'uscita della sala in cui fino ad allora si era tenuto l'esame finale di valutazione, nΓ© Godric nΓ© Dante subito realizzarono di aver superato le prove piΓΉ che egregiamente e di aver ottenuto il massimo risultato, con tanto di lodi da parte degli Arcimaghi Esaminatori.

La commissione si era soprattutto complimentata con Evergard per aver fatto un ottimo lavoro nell'istruire il giovane Reghsar ed essersi impegnato dal primo all'ultimo anno nel renderlo un mago coi controfiocchi.

Godric sarebbe dovuto essere al settimo cielo, felice di aver dato mostra delle proprie qualità e, soprattutto, di poter fare ritorno finalmente dalla propria famiglia vittorioso e fiero, eppure una parte di lui rifiutava la realtà. Quel giorno non era così gioioso, visto che avrebbe decretato anche la separazione dal suo maestro, il quale, però, aveva ben altri pensieri per la testa.

Infatti era fuor di dubbio che ora che non era piΓΉ uno studente, ma un mago di avanzate capacitΓ , nonchΓ© un Efialte che aveva raggiunto l'etΓ  piΓΉ consona per essere ritenuto a tutti gli effetti uno nel fiore della maturitΓ , sua madre avrebbe deciso di farsi da parte come regina e cedere del tutto a lui il trono e il potere che ne conseguiva. Lui non voleva quel potere, tutte quelle soffocanti responsabilitΓ  sulle spalle.

Non si era ancora sposato e non era fidanzato, ma a quel punto aveva poca importanza. Il momento era giunto.

Godric fece un respiro profondo. Β«E ora cosa accadrΓ ?Β» chiese infine, dopo essersi fatto coraggio. Una parte di lui sperava in qualcosa che sapeva bene non sarebbe mai e poi mai avvenuta. Da quel punto di vista era ancora un adolescente con la testa fra le nuvole e aspettative troppo alte, nonchΓ© ambizioni ben oltre la sua portata.

Era felice di poter tornare dai genitori, ovviamente, ma non voleva separarsi da Dante. Voleva restare con lui. Ora che era adulto, seppur allo stadio piΓΉ acerbo, e libero di scegliere per sΓ©, in cuor proprio aveva giΓ  ben chiaro cosa desiderasse con tutto se stesso. Quel qualcosa era accanto a lui, aveva gli occhi azzurri e si chiamava Dante.

Quest'ultimo gli rispose: Β«Io torno alla mia vita e tu... beh, comincerai a vivere la tua. Sei un uomo, adesso, GodricΒ».

Non riusciva a credere che fossero passati quindici anni dal giorno in cui aveva visto un ragazzino esile trotterellare accanto alla madre e venirgli poi affidato come allievo.

Non erano stati quindici anni del tutto tranquilli e privi di imprevisti, ma in fin dei conti non se l'era cavata così male nel dover tirar su da solo un marmocchio. In fondo in fondo, lo ammetteva, ci aveva preso un po' gusto e chissà... prima o poi si sarebbe deciso ad averne uno tutto suo, anche se ciò sarebbe altresì significato dover accollarsi una moglie, prospettiva che gli piegava le ginocchia.

Le mogli, da che ne sapeva lui, un po' alla volta diventavano tutte bisbetiche, pronte solo a criticare i consorti e a lamentarsi se questi finivano per cercare altrove certe attenzioni.

Un brutt'affare, ecco cos'era il matrimonio, ma per contro era consapevole di avere dei doveri come futuro sovrano, tra i quali l'assicurarsi di avere una solida discendenza.

Non che in quindici anni avesse di colpo messo la testa a posto, ma aveva visto sua madre diventare sempre piΓΉ impaziente e ansiosa, capendo infine che ciΓ² fosse dovuto a una cosa, fra tante altre: lui non stava facendo affatto una bella figura nell'intestardirsi a voler fare i comodi propri e a ignorare la realtΓ , ossia che da solo, senza una compagna nΓ© un erede, era esposto a molti pericoli. Suo zio Remus era un brav'uomo e come reggente non se l'era cavata male, ma non era lui il vero re, aveva solo tenuto da parte il posto a lui. Se non si fosse presto deciso a dare almeno la parvenza di essere un uomo responsabile e con le idee ben chiare, non avrebbe tardato a mostrarsi un possibile tizio disposto a soppiantarlo e a fare in modo che non salisse mai al trono.

Di pensieri, dunque, ne aveva davvero tanti, ma al momento lo rattristava un po' rendersi conto che un altro capitolo della sua vita si era concluso. Godric era un eccellente mago, aveva imparato tutto quello che lui gli aveva insegnato, dimostrando di non aver piΓΉ bisogno di aiuto nΓ© di protezione. Aveva ventun anni e sapeva cavarsela da solo a meraviglia, anche se a volte, di tanto in tanto, si rivelava il solito pasticcione.

Β«E... tu cosa farai?Β» chiese ancora Godric. Intanto avevano raggiunto i loro rispettivi cavalli, senza tuttavia esser montati in sella.

Dante sorrise di sbieco tra sé. «Non c'è pace per i malvagi, dicono i saggi. Ho degli affari da sbrigare nell'Ovest, a Elgorad, e questioni in sospeso da risolvere.» Non poteva vedere l'espressione del ragazzo, ma riuscì comunque a figurarsela. Ormai lo conosceva bene. «Ah, non temere! Troverai sicuramente qualcosa con cui tenerti occupato! Dicevi di voler proseguire gli studi per ottenere la qualifica di guaritore, no?»

Β«Ma se ho appena finito di dare un esame proprio oggi!Β» protestΓ² l'altro, querulo.

Β«Passano gli anni, ma resti il solito perdigiorno svogliato.Β»

Β«Non Γ¨ vero!Β»

Β«Mhm.Β» Dante decise di lasciar perdere e con un agile balzo fu in groppa al proprio stallone. Β«Beh, di tempo per pensare a cosa fare ne hai a iosa. Per ora direi di tornare a casa. Riposati, perchΓ© domani ti riaccompagno dai tuoi genitori. Gli avevo promesso che lo avrei fatto non appena terminato il percorso di studi.Β»

Il giovane tentennΓ².

Ma se io volessi restare con te, invece? Possibile che tu non ci arrivi?

Dante avvertì la sua tensione. «Come mai questo morale a terra? Là dentro hai rasentato la perfezione e tra non molto rivedrai tuo padre. Hai un intero futuro pronto per essere afferrato. Mi sembrano ragioni valide per essere contento, a mio parere.»

Reghsar, alla fine, replicò: «Io... io ormai mi ero abituato a stare con te. V-Voglio dire... ormai la mia vita mi sembrava essere questa, quella che abbiamo condotto per quindici anni ogni singolo giorno. Adesso, però, devo tornare a essere semplicemente il figlio di Lord Reghsar che tra non so quanto dovrà attenersi agli stessi doveri del padre e fare una vita noiosa e monotona». Deglutì a vuoto, gli occhi che bruciavano. «Non ero pronto a questo. Non ancora.»

Evergard lo squadrΓ². Β«Cielo! Ho conosciuto anatroccoli meno appiccicosi!Β» commentΓ² infine, senza malizia alcuna. Β«Sembra quasi che tu debba morire a breve! Su con la vita!Β» Era normale che Godric si sentisse a quella maniera, a suo parere. Β«Posso capire, ma non scordare che io ero solo un tutore temporaneo. Ai tuoi veri genitori Γ¨ costato molto saperti lontano, ma ti hanno affidato a me per il tuo bene, perchΓ© volevano che tu fossi preparato per affrontare l'etΓ  adulta. Meritano le tue lacrime piΓΉ del sottoscritto, non trovi?Β»

A quelle parole il ragazzo ebbe quasi la sensazione di avvertire, sotto i vestiti, a contatto con la pelle del torace, il medaglione che molti anni prima Dante gli aveva ceduto bruciare. Si sentì in colpa e fuoriluogo, sbagliato.

Provare dei sentimenti per il proprio maestro non era qualcosa di cui andar fieri, dopotutto. Non era normale.

Dante lo aveva sempre trattato alla stregua di un fratello minore, perciΓ² perchΓ©, ora, lui si ritrovava a provare certe cose per l'uomo che lo aveva cresciuto e istruito?

«È così sbagliato che io sia triste? È sbagliato pensare che sentirò la tua mancanza? Per quindici anni l'unico sul quale potevo contare sei sempre stato tu. Credi che questo non abbia il minimo peso?» disse infine, provando a celare il nervoso, così come il tono spazientito, improprio di lui.

L'altro tacque per qualche secondo. «È la vita, Godric. Prima o poi le separazioni avvengono. Al massimo, se proprio un giorno dovessi mancarti, potrai sempre venire a farmi visita, ma d'ora in poi dovrai cavartela da solo. Non hai più bisogno di me, sei grande e devi accumulare esperienze sotto ogni punto di vista. Mi dispiace, ma le cose stanno così.»

«Sì, ma...»

Dante ne ebbe le tasche piene. Β«Niente β€Ÿma". Non per essere brutale, ma ho messo in pausa la mia vita personale per quindici anni. Adesso non posso piΓΉ attendere oltre e devo farvi ritorno. Lo capisci?Β»

Godric rimase a fissarlo, sconvolto e sì, anche ferito. «Quindi... quindi per te non sono stato altro che un semplice incarico con una scadenza ben precisa? Un passatempo più lungo e gravoso del solito? Per te non hanno avuto rilevanza alcuna quindici anni passati insieme?»

Dante si maledisse. Β«Non intendevo questo. Sto solo dicendo che ho delle cose importanti a cui pensare, ora. Devo tornare dalla mia gente e prendere in mano responsabilitΓ  alle quali mi sono sottratto troppo a lungo. Questo non significa che per me sia stato tutto una questione di dovere.Β»

Certo che gli dispiaceva che presto si sarebbero separati e sarebbero andati per strade diverse, ma i patti erano quelli, lo erano stati sin dal primo giorno, e prima o poi tutti e due avevano sempre saputo che il legame si sarebbe dovuto infine spezzare, come quello che legava un figlio al grembo materno. «Mettiamola così: sei venuto al mondo una seconda volta, Godric. Tua madre ti ha dato la vita e io ti ho dato un'istruzione e i mezzi per affrontare i giorni, gli anni venturi. Nessun legame dura in eterno e io... io ti ho dato tutto quello che potevo darti e insegnarti. Hai appreso tutto a meraviglia, reso tuo il mio sapere e un giorno, magari, finirai persino per superarmi. Sapevi che non avresti potuto avermi accanto per sempre.»

Non era facile e faceva male. Aveva perso suo padre e sapeva come ci si poteva sentire, ma almeno lui era ancora vivo e Godric altrettanto. Come giΓ  aveva detto, potevano sempre rivedersi in nome della loro amicizia, finalmente da pari a pari.

Β«Io sono ancora qui, Godric. Non andrΓ² da nessuna parte, neanche quando sarΓ² lontano, e tu potrai sempre ritrovarmi nel caso avessi bisogno di me. Lo sai. La mia porta sarΓ  sempre aperta.Β»

Β«Anche quando sarai re e avrai troppo da fare per star dietro alle mie chiacchiere?Β»

«Sei mio amico, non solo il mio primo e unico allievo. Gli amici per me vengono prima dei miei doveri come mago, principe o futuro re.» Se non lo avesse più voluto nella propria vita, a quel punto da un pezzo se ne sarebbe andato senza di lui, eppure era ancora lì, in attesa di poter tornare a casa insieme. «Ora andiamo, dai. Parleremo meglio dopo.»
D'altronde aveva centocinquantadue anni, decisamente troppi per farsi venire i lacrimoni di nostalgia di fronte a quel marmocchio, per quanto vedesse quest'ultimo alla stregua di un fratello minore. Ovvio che avrebbe sentito la sua mancanza, ovvio che sarebbe stato difficile anche per lui tornare a condurre un'esistenza solitaria, ma la vita andava avanti e tutti dovevano abbandonare il confortevole nido per affrontare il mondo esterno.

Poca importanza aveva se la parte irrazionale e sentimentale del suo essere continuava a ripetere che era troppo presto. Sarebbe sempre stato troppo presto, proprio come Godric sarebbe sempre rimasto ai suoi occhi il bambino che quindici anni prima Lord e Lady Reghsar gli avevano affidato.

Finalmente udì la porta principale della grande villa aprirsi e chiudersi. Non subito si decise ad abbandonare il grande salotto e a palesarsi, ma quando lo fece vide Dante togliersi con gesti svogliati il mantello color cremisi, sotto di esso abiti della medesima tinta, le rifiniture nere, così come gli stivali e i lunghi capelli che scendevano sulle spalle e sulla schiena.

Godric deglutì a vuoto, trovandolo insopportabilmente bello e al tempo stesso irraggiungibile, fuori dalla sua portata come sarebbe stato il frutto migliore e più succoso di una pianta situato troppo in cima perché lui potesse allungare una mano e coglierlo.

A rendere qualunque futuro impossibile erano le concezioni del tutto differenti che avevano l'uno nei confronti dell'altro. Dante lo vedeva come il suo ex-allievo, come un fratello minore, un amico, ma per lui non era solo un maestro, una persona cara, ma anche qualcos'altro.

Quell'attrazione aveva ben poco a che fare con l'amicizia, ed era talmente viscerale da far male.

È tardi. Chissà dove sarà stato fino ad ora.

Erano le tre del mattino passate, d'altronde.

Ricordava di averlo visto uscire alle sette, senza neppure una valida scusa. Aveva solo accennato che sarebbe uscito per svagarsi, nient'altro.

Notando dettagli ben precisi, perΓ², era semplice indovinare la ragione per cui era tornato dopo ore: pareva essersi rivestito in modo meno preciso rispetto a quando aveva abbandonato la dimora la prima volta, e i sensi di Godric, sviluppati come quelli di tutti gli Efialti, avevano subito catturato un profumo floreale di cui Dante certamente non era solito far uso.

Era stato con qualcuno, probabilmente una donna. Forse piΓΉ di una, chi poteva saperlo. Almeno aveva avuto l'inconscia pietΓ  di fare quelle cosacce altrove, e non in casa, com'era successo a volte in passato.

Il ragazzo decise di rendere palese la propria presenza e si fece avanti, uscendo del tutto dal soggiorno e avvicinandosi al suo ormai ex-maestro. «Pensavamo saresti tornato ore fa» esordì, cercando di suonare neutrale, anziché risentito e accusatorio.

Lo faceva sbarellare che fosse stato con qualcuno, ma d'altronde era sempre stato così, sempre sarebbe andata in quel modo, finché un giorno...

FinchΓ© non troverΓ  qualcuno con cui sistemarsi e avere una famiglia.

L'idea che una persona potesse intromettersi e allontanare ulteriormente Dante da lui lo faceva star male, gli faceva venir voglia di rischiare e metter in gioco i propri sentimenti, ma sapeva che avrebbe ricevuto una risposta tutto tranne che piacevole, nonché forse ribrezzo e sdegno per essersi invaghito dell'uomo che lo aveva cresciuto. Non avevano un legame di sangue né erano in alcun modo parenti, ma le cose stavano così.

Non era Dante a sbagliare, ma lui. Era lui a non essere normale per aver sviluppato sentimenti così inopportuni e riprovevoli.

Lo vide sussultare appena, colto di sorpresa e sicuramente distratto da chissΓ  quali ricordi della notte che aveva trascorso fuori, poi rilassarsi. Β«Avevo detto alla governante che sarei rincasato molto tardi o addirittura domani mattinaΒ» replicΓ² stringendosi nelle spalle. Β«Tu, piuttosto, dovresti essere a letto da un pezzo.Β»

Β«Pensavo che saresti venuto con me dai miei genitori. Anche tu devi alzarti prestoΒ» lo rimbeccΓ² Godric, di nuovo cercando di non suonare arrabbiato. Quale diritto aveva di esserlo o di giudicarlo, di rimproverarlo? Stava parlando con un Efialte adulto che aveva molti piΓΉ anni di lui e tutto il diritto di fare quel che voleva, eppure... eppure lo stesso non gli andava giΓΉ che avesse trovato rifugio tra braccia di persone al di fuori di quella dimora.

Evergard gli piantΓ² addosso gli occhi azzurri e penetranti. Doveva aver colto una sfumatura sospetta nella voce del ragazzo, malgrado gli sforzi di quest'ultimo per mascherare il disappunto. Β«Non avrΓ² problemi ad alzarmi di buon mattino e non faremo tardi, se Γ¨ questo a preoccupartiΒ» replicΓ². Β«Va' a dormire, Godric. Caschi dal sonno, lo si vede da un miglio. Io sto beneΒ»

Nel tuo caso la vedo dura, pensΓ² Godric, per la prima volta in modo un po' maligno, con livore. Β«GiΓ , questo lo vedoΒ» rispose.

Stava a meraviglia... ovvio!

Dante restrinse lo sguardo. Β«Qual Γ¨ il problema, se posso chiedere?Β» domandΓ² diretto. Β«Sembra che ti abbia morso un serpente velenoso.Β»

«Ero solo preoccupato» mentì l'altro. «Non potevo andare a dormire finché non ti avessi visto tornare sano e salvo.»

Β«Va beneΒ» fece Dante lentamente, non molto convinto. Β«Sicuro non ci sia dell'altro?Β»

Non che non avesse assistito a stranezze d'ogni sorta in quegli anni, specialmente dal momento in cui Godric era entrato nell'adolescenza, ma quell'atteggiamento superava ogni limite accettabile. Di pazienza aveva dovuto accumularne e usarne tanta, tantissima, ma le sue riserve iniziavano seriamente a scarseggiare.

Scosse la testa. «Senti, è davvero tardi e io francamente voglio solo andarmene a dormire. Hai ventun anni, adesso, e se vuoi restartene alzato come un gufo tutta la notte, padrone di farlo. Poi vedremo in che stato sarai domani mattina, quando bisognerà partire.» Agitò una mano per liquidare la faccenda e tirò dritto verso le scale dell'atrio. Gli stava bene tutto, ma farsi trattare a pesci in faccia da un Efialte ventunenne coi grilli per la testa non lo accettava. Ci vuole una faccia di bronzo come la sua per comportarsi così e addirittura pensare di avere ragione.

Quando fu sui primi gradini, però, udì il ragazzo seguirlo e fermarsi a non molta distanza da lui.

Ah, ci risiamo.

Non era la prima volta che avveniva una discussione, a volte accesa, e Godric era uno di quelli che difficilmente demordevano subito. Piuttosto era uno che insisteva finchΓ© non arrivava a esasperare la situazione, mossa di per sΓ© poco saggia e prudente.

Β«Vieni a farmi la paternale quando tu per primo rincasi alle tre del mattino come se nulla fosse? Dimmi che stai scherzando!Β»

Dante a tali parole strabuzzΓ² gli occhi e si convinse di essere vittima di uno scherzo di pessimo gusto che stava durando seriamente troppo. Quello era il colmo!

Si voltΓ² a guardare il ragazzo e lo fece con un'espressione talmente inviperita e pericolosa che Reghsar ebbe l'impulso di fare un passo indietro. Β«Adesso basta. Va' in camera tua e restaciΒ» sibilΓ² Dante, lasciando intendere che non avrebbe ripetuto l'ordine una seconda volta.

Godric, perΓ², si disse di non battere in ritirata. Β«Non sono piΓΉ un ragazzino e non puoi dirmi semplicemente di defilarmi come se avessi ancora quindici anni!Β»

«...E per la cronaca,» proseguì l'altro, fingendo di non averlo ascoltato, «se anche tu fossi realmente mio fratello o addirittura mio figlio, non sarebbero comunque affari tuoi cosa faccio o meno quando varco la porta di questa dannata casa. È chiaro? Se le cose stessero diversamente, magari avrei almeno avuto un po' di rispetto, e mi chiedo se ti rivolgerai alla stessa maniera a tuo padre, domani! Non ricordo, però, di averti tirato su così, per poi uscirtene con quest'arroganza e questa maleducazione!»

Si tolse i guanti, visto che in quel bailamme si era pure dimenticato di sfilarseli.

RifilΓ² intanto un'ultima occhiata gelida e di puro disappunto al giovane. Β«Fa' come ti pare. Io sono stanco e non rimarrΓ² qui un attimo di piΓΉ a farmi insultare da un marmocchio che solo sulla carta ha raggiunto l'etΓ  adulta. Ti rivelo un segreto, perΓ²: la maturitΓ  Γ¨ una faccenda di ben altra natura. Non basta ingraziarsi una commissione e farla restare a bocca aperta per essere davvero degli adulti. Questo atteggiamento dimostra che sei ancora un ragazzino viziato che tratta il prossimo come se pensasse che tutti debbano accucciarsi ai suoi piedi, ma mi duole dirti che non sono tipo da rannicchiarmi come un bastardino qualsiasi.Β»

Forse era stato troppo severo e un po' crudele, ma in fin dei conti era così che era stato cresciuto prima da entrambi i genitori e poi da sua madre: con affetto, ma anche con fermezza e consapevole di quale fosse il proprio posto e quali limiti non andassero mai e poi mai superati. Un genitore o un tutore non doveva mai esser visto come un amico. Era sbagliato e fuoriluogo, e si pentiva di aver dimenticato tale massima.

Godric si era meritato un'ultima raddrizzata, ma d'altra parte dal giorno dopo in avanti non sarebbero più stati affari di Dante, quelli. Ci avrebbe pensato Lord Reghsar a fargli entrare in testa un po' di umiltà e disciplina. Più di così lui non sapeva cos'altro fare, ma sapeva comunque di aver fatto del proprio meglio.

GiΓ , ma questa sceneggiata dimostra che non Γ¨ stato abbastanza, constatΓ² con amarezza.

Godric si terse le guance in fretta. Β«Il problema Γ¨ proprio questo! Non voglio tornare a casa!Β»

Dante si sentì pervadere dalla collera, sbatté a terra guanti e mantello e si voltò di scatto. «ALLORA PARLANE E LAMENTATENE CON TUO PADRE, NON CON ME!» tuonò, ricordando molto il ruggito di una belva furibonda. Gli tremavano le mani e provò a dirsi di dover stare calmo. Si premette due dita sugli occhi serrati. «Per favore... basta. Basta.»

Non capiva il senso di tutta quella faccenda, di quella lite basata in poche parole sul niente. C'era qualcosa che Godric non gli stava dicendo, e il suo esser rincasato tardi c'entrava ben poco. Era una semplice scusa, ecco cosa pensava. Β«Da questo punto di vista sei cresciuto eccome, invece: come tutti gli adulti hai dei segreti che non riveleresti a nessuno, neppure a qualcuno che fino a oggi pomeriggio definivi tuo amicoΒ» sentenziΓ², celando al meglio il tremore nella voce e la delusione.

Godric gli aveva sempre detto tutto, gli aveva sempre detto quando qualcosa non andava e lui aveva sempre provato a dargli una mano. A quanto pareva, perΓ², non poteva far niente per tale problema.

«Non so cos'altro dire.» Stufo marcio di litigare, proseguì e lasciò indietro il ragazzo.

Godric si lasciΓ² cadere seduto sugli scalini, le guance in fiamme e piene di lacrime. Raccolse il capo fra le mani e finalmente potΓ© piangere senza freni.

Dante la faceva facile a parlare di segreti e di sinceritΓ . Non era lui a ritrovarsi vittima di una sorta di crudele stregoneria che durava da alcuni anni e impediva alla vittima di mangiare e dormire decentemente, di pensare piΓΉ a una persona che al proprio dovere di allievo.

Quei sentimenti lo avrebbero distrutto, era chiaro.

Quando finalmente Godric vide entrare nella sala dei ricevimenti Roderick, suo padre, si rese conto che egli non era cambiato nell'aspetto quasi per niente. Si era fatto crescere la barba, corta ma ben curata e folta, corvina, ma con accenni d'argento qui e lΓ , proprio come i capelli che in lunghezza superavano appena il collo.

Malgrado il viaggio in compagnia di Dante fosse trascorso quasi sempre in silenzio e avvolto nella tensione piΓΉ totale, Godric sorrise ampiamente nel vedere il padre e decise di lasciare il fianco del maestro per andare incontro al genitore, fiondandosi poi fra le sue braccia. Β«Padre! Che gioia rivedervi finalmente!Β»

Roderick rise piano e con autentica felicitΓ , stringendolo forte a sΓ©. Β«La tua gioia non potrΓ  mai competere con la mia, figlioloΒ» replicΓ², sforzandosi di credere che quel giovanotto ormai cresciuto fosse il bambino che quindici anni prima aveva visto partire per essere istruito da un uomo all'infuori della famiglia.

Si scostΓ² e gli prese il viso fra le mani, osservandolo con gli occhi che scintillavano. Era prossimo al pianto. Β«Fatti guardareΒ» mormorΓ². Β«Come sei cresciuto!Β»

Il ragazzo sorrise ancora e sovrappose la propria mano a una di quelle paterne. Β«Il mio affetto per te, come quello per la mamma, Γ¨ rimasto immutato.Β»

Lord Reghsar, per un attimo, sentì il cuore stringersi. «È crudele che lei non sia riuscita a vederti tornare in tempo. Sarebbe stata fiera di vedere suo figlio tramutato in uomo e lieta di riaverti qui.»

«Lo so, padre.» Purtroppo Lady Reghsar era venuta a mancare tre anni addietro, lasciando un vuoto incolmabile fra quelle mura e nel cuore del marito. Il giovane decise di cambiare argomento, schiarì la voce e con un gesto del braccio accennò a Dante, come a voler trasferire su di lui l'attenzione. Era rimasto fino ad allora indietro e in disparte. «Il merito per ciò che vedi quest'oggi va soprattutto a lui, padre. È stato un maestro senza pari e irreprensibile.»

Ma sentilo, pensò Evergard roteando gli occhi. Non la pensava così ieri notte.

Fingendo la più totale estraneità agli eventi della notte addietro, Dante si avvicinò e fece un mezzo inchino rispettoso. «È bello rivedervi, Lord Reghsar. Volevo dirvi di persona che la morte di vostra moglie mi ha rattristato. Era una brava donna.» Lo pensava davvero. Col senno di poi, quando di tanto in tanto aveva riaccompagnato dai genitori Godric per un saluto, la madre del ragazzo si era sempre mostrata gentile con lui, quasi materna, proprio come Roderick. Un po' gli aveva ricordato la madre, senza però la stessa grinta e indole pratica.

Roderick annuì debolmente. «Sarebbe stata contenta di rivedere anche te, ne sono certo. Ad ogni modo... non so bene come potrei ripagare tutto quello che hai fatto in questi anni per mio figlio. Lo hai portato sano e salvo fino alla meta finale, lo hai protetto e trattato come fosse stato tuo figlio. Non penso esistano ricompense all'altezza di tutto ciò.»

Evergard scosse il capo. Β«Non mi dovete niente. Ho fatto il mio dovere e mantenuto la promessa di tenere al sicuro Godric, proprio come dovevo.Β»

Β«Ti ringrazio lo stesso e ti sarΓ² sempre debitore.Β»

Dante deglutì. «Uhm...», schiarì la voce. «Ad ogni modo, ora penso sia giusto lasciare voi e vostro figlio da soli. Avete tanto da raccontarvi e molto tempo da recuperare. Lungi da me voler esser d'impiccio e... beh, anche io ho diversi impegni cui prestare attenzione.»

Β«Non ti tratterrai per niente?Β» chiese a bruciapelo Godric, cercando di celare l'ansia nella voce.

Dopo tutto questo tempo e tutto quello che abbiamo affrontato, sei capace solo di prendere e andartene così?

Vedendo il padre fare per dar ragione a Evergard, il ragazzo gli strinse un braccio e con gli occhi lo implorΓ² di metterci una parola.

Roderick, confuso, alla fine scelse di tentare, più per fare contento il figlio che per reale volontà di dar noia al poveretto. «È un viaggio lungo da qui all'Ovest. Riposati un po' prima di ripartire e far ritorno a Elgorad.»

Dante, che stupido non era né mai era stato, percepì che c'era lo zampino dell'allievo e fu su di lui che diresse gli occhi. Non vedeva altro che una sagoma bianco-azzurrina e mai si era preso il disturbo di scoprire quale aspetto avesse all'incirca alla solita maniera dei ciechi, ma riusciva lo stesso a figurarsi la sua espressione attuale.

Un respiro profondo riuscì a sventare il suo improvviso proposito di torcere il collo al ragazzo. «Va bene» si arrese rauco. «Rimarrò fino a domani mattina.»

Accidenti a me.

Godric sorrise smagliante, si sporse e scoccΓ² sulla guancia del padre un bacio al volo, poi diede uno scherzoso pugno sulla spalla del maestro e trotterellΓ² fuori dalla sala, chiaramente euforico.

Piccolo intrigante matricolato, pensΓ² irritato Evergard. Lo so che l'hai fatto apposta!

Roderick soffocΓ² una risata e la mascherΓ² con un colpo di tosse. Β«Mi sembra di capire, comunque, che tra non molto io e tanti altri dovremo rivolgerci a te come si confΓ  a un sovrano. Remus e Lytha saranno felici di poter vederti finalmente salire al trono e seguire le orme di tuo padre.Β» A suo parere Dante aveva i giusti requisiti per essere un buon re, anche se forse le sue maniere erano poco regali, ma quello era un semplice dettaglio ed era ben altro a contare. Contava che fosse di buon cuore, e Dante lo era.

Evergard si sentì pervadere dall'imbarazzo. «Sì, beh... suppongo che saranno contenti. Io un po' meno, temo.»

«E perché mai? È il sogno di ogni principe diventare re, no?»

Β«Non il mioΒ» ammise schietto Dante. Β«Fosse per me lascerei tutto in mano a Remus e buonanotte al secchio. Io... diciamo che sono piΓΉ adatto all'avventura che alla politica. Ne capisco ben poco.Β»

«Io penso...», Roderick si sfiorò la barba con fare pensieroso. «A mio parere sarà proprio il tuo non voler essere re a fare di te un buon sovrano. Non desideri il potere, non sei stato cresciuto come un ragazzino spocchioso e viziato, conosci il dolore, ne porti il peso ogni giorno, sai com'è vivere all'ombra di privazioni affettive e... beh, fisiche. È proprio perché sai cosa vuol dire soffrire e fare sacrifici che sarai capace di prendere buone decisioni per il tuo popolo, al quale resti leale, nonostante tutto.» Sorrise vedendo Dante non molto convinto. «Ricordo che tuo padre era altrettanto incerto e terrorizzato dalla corona, prima di salire al trono e succedere al suo predecessore. Avvenne, se non sbaglio, dopo la tua nascita. Probabilmente lo ricordi.»

Β«VagamenteΒ» ammise Evergard. Β«E vagamente, ormai, ricordo mio padre o... quel poco che di lui mi Γ¨ concesso rimembrare.Β»

Β«Era un grand'uomo e tu ti rivelerai suo degno erede, credimi.Β» Roderick gli mise entrambe le mani sulle spalle. Β«Avevo in programma di celebrare come si deve il ritorno di mio figlio, ma visto che ti tratterrai, direi che sarebbe cosa buona e giusta festeggiare la tua ormai prossima ascesa, nonchΓ© il lavoro esemplare che hai svolto in qualitΓ  di maestro. Non avrei saputo scegliere uomo migliore per istruire Godric.Β»

Dante, che odiava da sempre gli eventi mondani e si sentiva sempre di troppo in mezzo ad essi, deglutì. «N-Non è necessario. Mi riposerò e poi all'alba partirò per l'Ovest, davvero.» Avvertendo che Lord Reghsar pareva tuttavia tenerci, la sua ostinazione venne meno. «Va bene. Accetto il vostro gesto.»

Roderick sorrise con affetto. Β«Dammi del tu. Tra non molto dovrΓ² esser io a rivolgermi a te con rispetto.»  Gli disse che lo avrebbe scortato personalmente in una delle stanze degli ospiti – offrendogli ovviamente la piΓΉ elegante e sontuosa – e che avrebbe fatto in modo di fargli avere degli abiti adeguati e nello stile di Elgorad, visto che ne era il principe e il rappresentante. Non era ancora ufficialmente reggente, ma era probabile che entro la fine della settimana lo sarebbe diventato.

La prospettiva di agghindarsi piegava le ginocchia a Dante, abituato a vestiti piΓΉ comodi e da avventuriero, non alla seta e all'immancabile diadema che sua madre gli aveva fatto avere giorni prima, in vista del suo ritorno, e che avrebbe dovuto indossare ancor prima di varcare le mura del regno.

Non potevo esser figlio di un comune fabbro? Cazzo!

Nemmeno fosse stato chissà quanto popolare, poi. Da quelle parti era raro trovare qualcuno che non lo guardasse come il peggior briccone che avesse mai solcato il suolo dell'Oltrespecchio. Quelli dell'Ovest piacevano a ben pochi, lì, e lui, che ne era ufficialmente il massimo rappresentante, era il bersaglio preferito delle frecciatine di chiunque riuscisse a riconoscerlo come il principe di Elgorad.

E poi gli chiedevano pure perchΓ© si ostinasse a vivere mantenendo un basso profilo! Non facendolo si sarebbe ritrovato a dover prendere a calci qualche bastardo ogni tre metri, altro che storie.

È in arrivo una seratina indimenticabile, pensò tetro, guardandosi attorno e studiando i luminosi contorni della camera che risultava degna del suo lignaggio, ma fin troppo grande ed elegante per uno che preferiva trascorrere le giornate nelle foreste piene di bestie feroci e sulle montagne per dar la caccia ai draghi.

Spaesato e sconfortato, si lasciΓ² cadere seduto sul letto a baldacchino, sentendosi alla pari di un passero in una gabbia dorata. Troppo scintillante e ricca per lui, e troppo stretta per una creatura abituata a librarsi nel cielo in libertΓ .

Per la prima volta da quando gli era toccato di tollerare la cecitΓ  totale, Dante ringraziΓ² tutti i demoni dell'inferno di esser cieco, giacchΓ© tale condizione gli stava almeno risparmiando il dover guardarsi allo specchio e veder se stesso inghirlandato come un qualsiasi e spocchioso principe della malora.

ImprecΓ² a denti stretti e maledisse a mente il domestico che l'aveva aiutato a vestirsi. GiΓ  da allora le cose erano iniziate male, visto che odiava che qualcun altro facesse le cose al suo posto. Non era pigro come gli altri nobili e sapeva conciarsi da sΓ©, che diamine.

E cosa dire degli abiti? Non gli piacevano sulla pelle e lo comprimevano troppo, pur non essendo stretti.

Se mi vedessero i miei colleghi... Che vergogna!

Sarebbe stato preso per i fondelli per almeno un mese buono e non avrebbe potuto nemmeno arrabbiarsi, visto che se l'era cercata.

Col senno di poi avrei fatto meglio a lasciare quello stronzetto in mano ai ribelli che l'avevano rapito. Porca puttana!

«Miseria nera!» sbottò snervato, cedendo alla tentazione di togliersi almeno il diadema, il quale finì gettato sul letto.

Datemi un drago da ammazzare e nessuno si farΓ  male!

Udì bussare. «E ora chi scoccia?» borbottò. «Avanti!» bofonchiò a voce più alta, cercando di allentare il colletto della casacca dotata di strascico fin oltre le caviglie e della camicia di ottima fattura. Soffiò via una ciocca di capelli finitagli sugli occhi. Anche quelli erano stati ben acconciati, neanche fosse stato una femmina melensa.

Se prendo lo stronzo che ha inventato la moda maschile, lo riporto in vita per prenderlo a calci.

Riconobbe subito chi era e ci mancΓ² poco che lanciasse qualcosa in direzione di Godric. Β«Ah, eccotiΒ» brontolΓ², incrociando le braccia e augurandosi che una sola occhiata potesse incenerire il lestofante. Β«Guarda a cosa mi hai condannato! Guarda!Β» sbottΓ², gesticolando isterico e indicando gli abiti. Β«Sto per suicidarmi per mantenere quel po' di dignitΓ  virile che m'Γ¨ rimasta!Β» aggiunse stridulo.

Godric, che mai l'aveva visto così innervosito e collerico, lo fissò con aria stordita, complice anche l'aspetto che attualmente egli aveva.

Inutile dire che lo ritenesse magnifico, un principe a tutti gli effetti.

Sapendo di non poter esser visto, si lasciΓ² sfuggire un sorriso un po' trasognato.

Beh... anche senza camicia non Γ¨ male.

Troppe volte l'aveva visto a torso nudo, spesso proprio mentre Dante lo allenava con la scherma e la lotta magica a suon di incantesimi, e lui piΓΉ si era fatto ragazzo e poi uomo, e piΓΉ se l'era vista brutta nel cercare di non far caso a molti dettagli e restare concentrato sulle lezioni.

«N-Non è così male» tentò.

Β«MI PRENDI IN GIRO, VERO?Β» sbottΓ² inviperito Evergard. Β«SEMBRO MIA MADRE!Β»

«Oh, andiamo! Quando sarai re dovrai sempre vestirti così, no?»

Β«NON ME NE FREGA UN CAZZO!Β»

Il ragazzo fu costretto a coprirsi le orecchie, visto che l'altro urlava come un'aquila isterica. Β«E dire che sei il primo a ripetermi che non bisogna dire volgaritΓ .Β»

Β«IO POSSO!Β»

«Sì, l'ho notato.»

Godric alzΓ² gli occhi al cielo e andΓ² a recuperare il diadema. Si prese un attimo per osservarne la magnifica fattura: era d'argento purissimo e leggero, un sottile e fine intreccio che sulla fronte, poi, andava culminando in una cuspide sulla quale era incastonata una gemma color rosso sangue, lucida e levigata. Ci si poteva quasi specchiare. TornΓ² da Evergard. Β«Chinati un po', altrimenti non ci arrivo.Β» Non era giusto che ci fossero alcuni alti come Dante e altri bassi e mingherlini come lui.

Β«No che non lo faccio. Quella non la metto, mi rifiuto.Β»

Β«E poi dici a me che sono un marmocchio. Poche ciance, su!Β»

SoffocΓ² una risata vedendolo incrociare di nuovo le braccia e guardare altrove con ostinazione, peggio di un bambino capriccioso. Β«Guarda che la figura pessima finirai per farla tu, non io.Β»

Β«E sia, allora! Sai quanto me ne importa!Β»

«Correresti questo rischio sapendo di deludere così tua madre e tuo zio?»

Β«... ti odio.Β» Borbottando maledizioni su maledizioni, Dante gli strappΓ² di mano il diadema e se lo sistemΓ² in capo, la fronte ora ornata dal cerchio argentato e dalla pietra rossa. Β«Posso morire, ora?Β»

Godric tornΓ² serio. Β«Non dirlo neanche per scherzoΒ» replicΓ² duramente, non potendo trattenersi di fronte a una frase del genere. Β«Sulla morte non bisogna scherzare.Β»

Per semplice impulso e abitudine, dimentico di essere al corrente del problema di Evergard, fece un passo indietro e chiese: Β«Io come sto?Β»

Si morse la lingua troppo tardi e troppo tardi ricordΓ² di parlare con un non-vedente, anche se non avevano mai affrontato l'argomento. Se ne avvide solamente nell'attimo in cui l'altro non replicΓ² e si strinse nelle spalle, altero. Β«Starai come ti pare. Che ne so io.Β»

Β«Scusa.Β»

Β«Di cosa?Β»

Per fortuna l'arrivo di Roderick mise fine alla discussione che si era spinta in acque pericolose. Lord Reghsar sorrise. «È difficile stabilire chi sia il principe fra di voi, stasera.»

Β«Quello con la corona, temoΒ» replicΓ² burbero e scontento Dante. Β«Se volete, la cedo con piacere a vostro figlio. Probabilmente farebbe un lavoro migliore del mio.Β»

Godric gli assestΓ² una gomitata nelle costole, poi sorrise con nonchalance al padre. Β«Dammi un attimo e riuscirΓ² a trascinarlo alla festa.Β»

Β«Non tardate troppo, perΓ². Sono giΓ  tutti quiΒ» si raccomandΓ² Roderick, per poi congedarsi.

Il ragazzo si voltò e guardò l'ex-maestro. «Mio padre ci tiene a questa serata. Lo ha fatto soprattutto per te, sai? Vuole che tu e il tuo popolo possiate prima o poi esser benvoluti anche all'infuori delle terre a Ovest, Dante. Ti è affezionato e se ti comporterai così anche per il resto della serata, gli darai un dispiacere. Lui e tuo padre erano amici e molto legati, e pensava che tutto questo avrebbe fatto piacere al suo vecchio amico. So che non ti piacciono queste cose, ma... puoi fare uno sforzo per lui e... beh, anche per me?»

Mica devo diventare suo genero, pensΓ² con scherno e rabbia Dante, senza riflettere.

Β«Che sia breve e indolore, di graziaΒ» si limitΓ² a replicare.

Godric scosse la testa e sorrise di sbieco. Si sollevò sulle punte e gli sistemò meglio sul capo il diadema. «Su, forza, andiamo. Fai finta di dover fronteggiare un'orda di draghi!» Fu rapido nel voltarsi e nell'avviarsi fuori dalla stanza, così tanto da non notare il leggero e inspiegabile rossore sulle gote di Dante, il quale scacciò la faccenda con un'imprecazione sconcia e si decise a uscire a propria volta.

N.d.A

Non so cos'altro dire, per ora, se non che per certi versi questo è uno dei capitoli in parte più espliciti, sfacciati e controversi che abbia mai scritto. Non mi sentivo così spezzata e esasperata dai tempi della Skyvid, ossia di Skyler e David quando ancora se la intendevano. *Sospiro teatrale* I DanRic saranno la mia morte. Lo so.

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