Kisame

''Papà, papà! Guarda!'' Aveva esclamato la piccola (T/N), indicando con un dito paffuto, sporgendosi dalla ringhiera della barca, con gli occhi sgranati e carichi di ammirazione, un pinna sporgere dalla superficie limpida dell'oceano.
La brezza leggera le scompigliava i capelli (C/C) che, puntualmente, tentava di allontanarsi dagli occhi e sistemarsi dietro alle orecchie, senza ottenere risultati stabili per più di un paio di secondi.
Era una bella giornata, perfetta per andare in barca: il cielo era limpido e sgombro di nuvole, tanto che quando all'orizzonte incontrava l'oceano si mischiava perfettamente con esso, senza creare stacchi cromatici; grazie al leggero venticello che tirava da Nord, il cuocente calore del sole veniva quasi del tutto annullato.
''(T/N), non ti sporgere!'' L'aveva richiamata subito la madre, alzando lo sguardo dalla rivista che teneva tra le mani.
La donna era sdraiata al sole e vedendo la figlia pericolosamente, secondo la sua visione, china in avanti, verso l'acqua profonda si era subito preoccupata.
''È uno squalo!'' La bambina aveva ignorato il rischiamo della mamma, che subito aveva lanciato un'occhiata preoccupata al marito, troppo presa a osservare i movimenti dell'animale sotto l'acqua.
''Non è uno squalo tesoro; è un delfino.'' Aveva esclamato il padre, ridacchiando e prendendola in braccio, un po' dispiaciuto di distruggere le aspettative della figlia che tanto era attirata da quei mammiferi per nulla amichevoli, di cui qualsiasi altra bambina della sua età avrebbe avuto timore.
Gli occhi (C/O) della piccola si erano leggermente spenti e si erano spostati sul viso del padre, completamente disinteressati all'animale, ora che aveva scoperto che quella pinna non apparteneva a uno squalo.
''Oh... pensavo fosse di uno squalo questa volta.'' Aveva sospirato afflitta (T/N), afferrando i lembi della maglia azzurra del padre per tenersi salda.
Tutte le volte che andava in barca sperava sempre di poter vedere da vicino uno squalo, invece rimaneva sempre delusa di scoprire che quello che aveva avvistato non era stato altro che un misero delfino; eppure conosceva bene la differenza tra le loro pinne!
''Non è giusto! Odio i delfini! Ce ne sono troppi!'' Aveva sbottato, poi, mettendo su il broncio e guardando dritto negli occhi il padre che teneva nascosti i suoi dietro gli occhiali da sole.
L'uomo aveva riso di nuovo, sempre più stupito dai gusti della figlia che non era mai stata incline ad ammirare, come il resto dei suoi coetanei, quello che era comune.
A (T/N) piaceva l'acqua, l'oceano e tutti gli animali che lo abitavano, ma soprattutto era interessata agli squali, senza un apparente motivo.
A differenza delle altre bambine della sua età, che giocavano con le bambole e guardavano cartoni animati dalle ambientazioni fatate e magiche, la figlia dei due coniugi (T/C) giocava nella vasca da bagno con le figure di gomma di pesci e passava le ore a guardarsi documentari, anche quelli meno adatti a un pubblico di bambini, sugli squali.
''Ma i delfini sono degli animali bellissimi ed eleganti, molto amichevoli e giocherelloni.'' Le aveva detto, cercando di scorgere, di nuovo, la pinna del mammifero, ormai allontanatosi dall'imbarcazione sulla quale era la famiglia (T/C).
''Invece gli squali hanno i denti appuntiti come coltelli e ti potrebbero mangiare in un sol boccone!'' Aveva aggiunto, poi, con voce più cupa e bassa, giocosamente, facendo finta di mordere la bambina e solleticandole i fianchi, facendola ridere.
''Non fare queste cose così vicino alla ringhiera, caro!'' Aveva ripreso il marito, la donna dall'altra parte della barca, in ansia, timorosa che la bambina potesse finire in acqua.
L'uomo roteò gli occhi al cielo ed emise un piccolo sbuffo, infastidito dall'opprimente ansia della moglie.
''Se vedi uno squalo dimmelo che gliela diamo da mangiare... così smette di stressare!'' Sussurrò il padre alla figlia che subito annuì ridacchiando.
Successivamente l'aveva rimessa giù, lasciandola libera di tornare a scrutare l'oceano alla ricerca di uno squalo, animale che non risaliva senza un buon motivo dai fondali dell'oceano, mostrandosi alla luce del sole.
(T/N) era tornata così a guardarsi in giro, appoggiata alla ringhiera, con gli occhi che continuavano a guizzare da una parte all'altra dell'oceano, non intenti ad arrendersi nel vedere uno squalo; non le importava di che specie o la dimensione, voleva solo vederne uno da vicino, allo stato brado, le bastava anche solo una pinna.
Si era infatuata di quegli animali quando i suoi genitori, l'anno prima, l'avevano portata all'acquario locale; lì aveva visto migliaia di varietà di pesci, di mille colori e dimensioni, nuotare leggiadri nelle vasche artificiali.
Aveva assistito a un buffo spettacolo con i delfini che non l'aveva entusiasmata più di tanto: l'aveva trovato sciocco e aveva subito pensato che tutti quei giochetti che i delfini compivano sotto i comandi degli istruttori fossero forzati e per nulla divertenti.
Se non avesse visto quell'enorme squalo bianco farsi spazio tra gli altri pesci probabilmente non avrebbe mai più messo piede in quel posto che non le aveva suscitato alcun interesse particolare; quando aveva visto l'enorme animale, con i suoi migliaia di denti accuminati e sporgenti, gli occhi piccoli e neri, nuotare, maestoso, era rimasta imbambolata, con la bocca aperta, davanti alla vasca di vetro spesso.
Vedere quell'essere così grande e minaccioso, starsene tranquillo immerso nell'acqua, tra altri pesci che si sarebbe potuto mangiare senza alcuna fatica, l'aveva fatta incuriosire sulla sua reale natura che non era di certo così remissiva.
Da quel giorno aveva iniziato a nutrire un grandissimo interesse per gli squali, tanto che uno dei suoi più grandi desideri, nonostante sapesse fossero pericolosi, era quello di toccarne uno e di nuotarci insieme, proprio come gli istruttori dell'acquario avevano fatto con quei delfini addomesticati: (T/N) voleva uno squalo come amico, purtroppo, però, questo non sarebbe rimasto che uno sconsiderato sogno infantile, irrealizzabile per ovvi motivi.

Non si erano allontanati poi così tanto dalla costa, eppure, ora, la spiaggia, la terraferma apparivano davvero lontani.
Il cielo era scuro e carico di nubi nere, non c'era più alcuna traccia del sole che fino a qualche istante prima aveva scaldato con i suoi raggi l'acqua, ora gelida e torbida; la brezza rinfrescante, che aveva alleviato dal calore, adesso era un vento freddo e incessante, troppo forte da sopportare.
La barca oscillava, in avaria, seguendo le onde violente e cupe che si infrangevano su di essa, trasportandola sempre più lontano, dal lato opposto in cui sarebbe dovuta dirigere per trovarsi al sicuro da quell'imminente tempesta.
Il capofamiglia aveva tentato invano, con un espressione preoccupata e cruce in volto, di legare in maniera salda le vele dell'imbarcazione, rischiando di cadere in acqua, per via delle forte folate di vento e del continuo muoversi della superficie su cui stava tentando di rimanere ancorato con i piedi.
Bagnato da capo a piedi, con le mani doloranti e abrase dal continuo sfregare delle corde, non sapeva più cosa fare per minimizzare i danni e rendere sicura la barca, nella speranza che quella tempesta, arrivata da un momento all'altro, cessasse presto, velocemente, così come era arrivata.
Madre e figlia si erano rifugiate sottocoperta, seguendo le sue istruzioni dell'uomo, avvinghiate l'una all'altra, impaurite e preoccupate per la loro incolumità e quella del capofamiglia che, con tutte le sue forze, stava rischiando la vita esposto alle intemperie.
Dopo un urlo disperato da parte del marito, che si era fatto sfuggire, per l'ennesima volta, la fune dell'albero principale della barca, la moglie aveva deciso, nonostante la paura e l'angoscia, di andare ad aiutarlo.
''(T/N), tu resta qui! Non ti muovere! Non devi uscire per nessun motivo!'' Aveva detto alla figlia, cercando di mostrarsi sicura e ferma, trattenendo le lacrime, afferrandola per il viso in modo che la guardasse dritta negli occhi.
La bambina aveva annuito tra un singhiozzo e l'altro, tremante, non ostacolando il volere della madre, nonostante questo avrebbe voluto dir rimanere da sola, al buio, senza alcun contatto con i genitori.
La donna le aveva accarezzato il volto prima di alzarsi in piedi e cercare di raggiungere, senza cadere, gli scalini che l'avrebbero portata all'esterno della barca.
Un tuono e uno scossone più forte degli altri accompagnarono i passi goffi e sbrigativi della donna che riuscì, traballando e rischiando più volte di cadere, a raggiungere il marito.
(T/N) non seppe che cosa accadde in quei minuti al di fuori, percepì solo urla straziate da parte dei due genitori che non riuscivano in alcun modo a domare le vele, a stabilizzare l'imbarcazione, per assicurarsi, almeno, di poter resistere a quella tempesta: se il vento e le onde avessero continuato a sballottare la barca da un lato all'alto prima o poi si sarebbe ribaltata e sarebbero finiti in acqua dove sarebbero, di sicuro, morti annegati.
''... squali!'' Non riuscì a distinguere che cosa sua madre urlò, prima di dire quella parola, a suo padre, ma percepì benissimo, nonostante i tuoni e il continuo scrociare dell'acqua piovana, quell'ultima.
Come se la situazione precaria e pericolosa si fosse stabilizzata, come se il terrore per quello che stava accadendo fosse sparito, (T/N) al sentir pronunciare il nome degli animali che tanto aveva desiderato, da fin troppo tempo, vedere allo stato brado, in tutta la sua pericolosità, si alzò in piedi e si fiondò a sua volta verso la scalinata per risalire e uscire all'esterno, venendo più volte sballottata a terra.
Faticò a fare i gradini, troppo ripidi e difficilmente scalabili per via del continuo muoversi della barca, ma non si arrese e riuscì ad uscire fuori, dove venne investista dall'acqua e dal vento che la fecero rabbrividire per il freddo.
Era tutto buio e grigio, solo i lampi che facevo breccia tra i grossi nuvoloni scuri davano un barlume di illuminazione per pochi secondi.
Era impossibile, data la scarsa visibilità per la pioggia incessante, orientarsi e capire dove fosse la riva, ne tantomeno la via d'uscita da quella tempesta impetuosa che li stava facendo rischiare la vita a bordo di quella piccola barca a vela, ormai semi distrutta.
I due coniugi, l'uno di fianco all'altro, tentavano di tirare a sé la vela principale, nel tentativo di chiuderla e legarla ben salda all'albero, senza risultati; i loro volti esprimevano il più profondo terrore e fatica, ma anche tanta caparbietà e volontà di ridurre al minimo i danni e salvarsi dalla morte che sarebbe stata straziante se fossero caduti in acqua.
La bambina fece un passo in loro direzione, scivolando non appena mosse un piede, ritrovandosi a terra; rotolò verso destra, ritrovandosi a sbattere contro la ringhiera di metallo che delimitava la barca, quella da cui tanto sua madre voleva che stesse lontana.
''Mamma, Papà!'' Urlò a squarciagola, in un gemito di dolore e paura, quando si rese conto che era pericolosamente incline a cadere nell'acqua torbida e scura dell'oceano che fino a qualche tempo prima era stata limpida.
Si stava tenendo con tutte le sue forze alla ringhiera di metallo che delimitava il perimetro della barca, cercando di non scivolare più via, seguendo i movimenti dettati dall'acqua.
Non era mai stata così tanto spaventata dell'oceano, di ciò che si trovava all'interno di esso, così tanto; aveva lanciato un'occhiata terrorizzata l'acqua scura, torbida e mossa come non l'aveva mai vista, mentre il vento e la pioggia fredda, le bagnavano e facevano rabbrividire la pelle: sapeva che se fosse finita dentro quell'oscuro turbinio non ne sarebbe uscita viva, a prescindere dal fatto che fossero presenti gli squali.
I genitori subito si precipitarono verso la figlia, abbandonando la vela maestra, cercando di raggiungerla, rischiando di scivolare a loro volta, allungando le mani in sua direzione, nel vano tentativo di raggiungerla prima che fosse troppo tardi.
Un'altra ondata violenta di acqua salmastra colpì l'imbarcazione, facendola ondeggiare pericolosamente, ricoprendo per un breve istante il lato di barca in cui si trovava (T/N), facendola sparire dalla vista dei due genitori che, non appena si resero conto di quello che era appena accaduto lanciarono all'unisono un urlo straziato; l'oceano si era preso la loro piccola che fino a qualche secondo prima era aggrappata alla ringhiera delimitante.

(T/N) si svegliò di colpo e si mise seduta sul letto, con il fiatone e la fronte madida di sudore.
Fece dei grossi e lunghi respiri, con una mano sul cuore che sembrava le stesse per uscire dal petto da un momento all'altro e gli occhi sgranati, diretti sul fondo buio della stanza.
Di nuovo quell'incubo che, poi, non era altro che il ricordo di un avvenimento passato, accaduto molti anni addietro, ma che continuava a torturarla ogni qualvolta ci fosse un temporale durante la notte.
Sognava di venire inghiottita dalle onde, di soffocare con i polmoni carichi di acqua salata, nel buio più totale senza possibilità di appiglio e di salvezza; fortunatamente nella realtà le cose non erano andate così: suo padre l'aveva salvata per un pelo, prima che le forze nelle mani l'abbandonassero, l'aveva stretta a sé, riportandola al sicuro insieme alla moglie; dopo ancora qualche minuto di agonia sottocoperta, sballottata da un lato all'altro, traumatizzata, tremante e in lacrime, i suoi genitori l'avevano raggiunta informandola che era tutto finito.
Era stata la giornata più brutta della sua esistenza: la morte l'aveva sfiorata, vestita di nero e sotto forma di liquido salato.
Da quel giorno, da quando aveva rischiato di cadere nell'oceano, durante una improvvisa tempesta, aveva sviluppato una grandissima paura per l'acqua e i temporali; lo shock era stato tale che nemmeno dopo quattordici anni, era riuscita a superarla appieno, nonostante avesse fatto dei passi avanti.
Adesso non temeva più di mettere piede in piscina, per esempio, dato che di quella ne poteva scorgere il fondo e non aveva più gli attacchi di panico che aveva avuto da bambina, non appena i tuoni iniziavano a rimbombare nel cielo annuvolato e cupo.
Quello che ancora, anche se era passato molto tempo, non riusciva a fare era salire su una barca e fare il bagno in mare dove non riusciva a vedere il fondo; ci aveva provato, più e più volte, a superare questo terrore, (T/N) non era certo una codarda, ma era stato tutto inutile, le era stato impossibile non farsi prendere dal panico e avere il mal di mare non appena aveva raggiunto un punto in cui, abbassando lo sguardo sull'acqua, non riusciva a scorgere il fondale.
Purtroppo, però, nonostante i miglioramenti, la paura rimaneva celata nel suo inconscio e, di tanto in tanto, ritornava fuori, soprattutto la notte, sotto forma di incubo, disturbandole il sonno, ma non impedendole di dormire, una volta tranquillizzatasi, anche se con fatica: d'altronde, dopo la tempesta c'è sempre la calma.
Sospirò, accaldata e ancora scossa dall'incubo, rigirandosi nel letto sfatto, cercando un po' di fresco, dando le spalle alla finestra, osservando, sdraiata su un lato, il fondo della sua stanza venire illuminato appena, per un millesimo di secondo, dai fulmini che squarciavano il cielo scuro e carico di pioggia.
La foto, scattata qualche ora prima dell'incidente in barca, che ritraeva lei e i suoi genitori sorridenti, era incorniciata e appesa al muro, come ricordo di quella splendida e tranquilla giornata di sole che, in pochi minuti, si era trasformata in un cupo e interminabile incubo da cui non sapeva come, quel giorno, era riuscita ad uscire e che, proprio perché non ne aveva memoria, continuava a riaffiorare nella sua mente, con un finale distorto.
La passione per l'oceano, per gli animali e soprattutto per gli squali, con il passare del tempo e degli anni, nonostante lo spavento e il trauma subito, aveva portato (T/N) ad intraprendere un vero e proprio studio: ora, a ventun anni, frequentava il terzo anno di università e si stava specializzando in biologia marina; dopo il percorso di studi sarebbe divenuta una biologa e avrebbe girato il mondo, ogni mare e oceano, per ammirare da vicino ogni specie di animale marino esistente.
Niente avrebbe fermato il suo sogno, nemmeno la sua paura della profondità: avrebbe nuotato con i pesci, con i delfini, le tartarughe e, perché no, con gli squali.
Anche la fissa per quegli animali temibili e pericolosi non era passata, tutt'altro, si era intensificata ancor di più: (T/N) continuava a seguire i documentari, a leggere libri, articoli, apprendendo il più possibile sull'argomento, non avendone mai abbastanza.
Non sapeva perché gli piacessero tanto gli squali, animali pericolosi e per nulla addomesticabili, le piacevano e basta, era una passione come tante altre, seppur strana e non comune, nata dal puro caso.
Forse, questa sua passione le era un po' sfuggita di mano, dato che qualsiasi oggetto di sua proprietà, che si trattasse del tappetino del mouse del computer, di un quaderno o di una tazza, aveva stampato sopra la figura di uno squalo o ne aveva, persino, le fattezze come, ad esempio, il suo peluche preferito regalatagli a cinque anni dai genitori; adorava quel pupazzo di stoffa a forma di squalo, gli aveva dato persino un nome, ossia Samehada, e, a volte, quando si sentiva giù di morale, ci parlava pure.
Ma non importava quanto fosse stramba e anormale la sua passione perché la rendeva felice e la distraeva nei momenti meno belli, era questo l'importante.
La ragazza, ricordatasi del suo squalo da compagnia, morbido e peloso, si strinse appresso il peluche, nonostante il caldo, e chiuse di nuovo gli occhi, cercando e sperando di riprendere sonno velocemente, sgombrando la mente dai brutti ricordi, ignorando il rumore dell'acqua che continuava a battere contro la finestra, focalizzandosi solo sul suo respiro, fino a quando questo non rallentò, regolarizzatosi, insieme al battito del suo cuore, lasciandola tornare a dormire.

Dopo aver passato la mattinata in sede universitaria e buona parte di pomeriggio sui libri, (T/N) aveva preso una pausa dallo studio per andare in spiaggia non per prendere il sole e rilassarsi, ne tantomeno per fare il bagno, ma bensì per raccogliere tutti gli oggetti, i materiali inquinanti, che venivano abbandonati sulla costa e rischiavano di venir trasportati nell'oceano, inquinandolo.
Quando aveva tempo la ragazza, da buona ecologista, si metteva a ripulire il tratto di spiaggia del paesino sull'isola in cui abitava; per quanto potesse essere un lavoro inutile, dato che era fatto da una singola persona e l'ambiente, invece, veniva inquinato da migliaia, la giovane non intendeva smettere di compierlo: non era molto, ma era pur sempre qualcosa che poteva ridurre, anche se di pochissimo, l'inquinamento.
In quegli ultimi anni la situazione ambientale era notevolmente peggiorata, ma nessuno sembrava realmente curarsene; quello che molti erano bravi a fare, come i politici e la maggior parte delle persone che manifestavano per l'ambiente, non era altro che parlare, dare fiato alla bocca e immettere anidride carbonica nell'aria, senza realmente fare nulla di concreto per salvaguardare il pianeta.
(T/N), invece, era di tutt'altro stampo e, di fatti, invece di perdere tempo a fare cartelloni con slogan accattivanti e satirici, si rimboccava le maniche e, come poteva, ripuliva la spiaggia sulla quale aveva costruito migliaia di castelli di sabbia, dalla sporcizia che, di anno in anno, non aveva fatto altro che aumentare, rovinando quell'oasi naturale.
Inoltre, erano anche più frequenti i ritrovamenti di animali, quali delfini e tartarughe, ma anche pesci di piccola taglia e gabbiani, morti, sulle rive delle coste, con gli stomaci pieni di plastica e sporcizia.
Tutto questo, per l'aspirante biologa marina, era un vero e proprio strazio, stava a significare l'inizio della fine del suo sogno: andando avanti di questo passo, continuando a inquinare e uccidere la flora marina, non sarebbe riuscita ad osservare gli animali da vicino, se non da morti.
Anche quel giorno si era munita di sacco della spazzatura, guanti e tanta determinazione e aveva deciso di raggiungere una piccola isola dell'atollo, ad appena una decina di chilometri dalla spiaggia, un luogo esotico, completamente sprovvisto di strutture, immerso nel verde, in cui, però, ultimamente, ci facevano tappa i turisti più avventurieri, attirati dal fascino della natura che, però, con le loro cattive maniere, sicuramente avevano intaccato.
Fortunatamente il livello dell'acqua fino a quel punto erano ancora abbastanza basso da non darle motivo di farsi prendere dal panico: l'acqua era limpida e rifletteva la colorazione del cielo che era azzurro; se non avesse tardato oltre le sette avrebbe fatto in tempo a tornare indietro ancora con il sole abbastanza alto in cielo.
Il viaggio sul piccolo motoscafo che aveva noleggiato era durato davvero poco dato che l'isoletta era davvero a una distanza misera dalla più grande.
Una volta ancorato il mezzo, aveva percorso per qualche chilometro la spiaggia, raccogliendo tutto quello che aveva trovato in giro che non apparteneva all'ambiente e, se aveva beccato sul fatto, sgridava anche, a gran voce, coloro che contribuivano a inquinare, venendo, il più delle volte, mandata a quel paese; ovviamente gli insulti ipocriti della gente non l'avrebbero fermata, tutt'altro, la spingevano ancor di più a continuare: nemmeno un mozzicone sarebbe sfuggito al suo occhio attento.
Questa sembrava essere una giornata tranquilla, rispetto a molte altre in cui era tornata a casa con il sacco pieno e strabordante di immondizia; quel posto era stato inquinato meno del previsto, per fortuna: non aveva trovato quasi niente, se non tappi, sigarette e qualche tovagliolo di carta appallottolato; non ci dovevano essere state troppe persone in spiaggia durante la giornata.
La giovane decise, quindi, dato che se l'era sbrigata velocemente in quel tratto, di procedere più avanti, in una zona più rocciosa, presso una rientranza naturale in un vulcano che era stato proclamato inattivo da secoli, dove era sicura di trovare, incastrati tra le rocce, parecchi scarti, probabilmente trascinati anche dalla corrente.

''Che schifo...'' Borbottò, irata, la (mora/bionda/rossa...), raccogliendo con due dita, schifata, nonostante avesse le mani ricoperte dai guanti, un preservativo lasciato macerare su uno scoglio, al sole, da chissà quanto tempo.
Lanciò l'oggetto usato nel sacco nero, scuotendo il capo disgustata: certa gente superava davvero il limite dell'indecenza.
Tra le rocce c'era altro da raccogliere, ma nulla di troppo schifoso come il ricordino lasciato lì da qualche coppietta che si era data da fare in un luogo pubblico, giusto qualche bottiglia di plastica accartocciata, sacchetti e buste di merendine.
Ripulire l'oceano, che era un bene di tutti, da sola, era come essere l'addetta alle pulizie dei bagni pubblici: doveva pulire lo schifo che gli altri lasciavano in modo da far si che il prossimo avrebbe trovato tutto pulito e abbia avuto la possibilità, a sua volta, di sporcare.
C'era solo una differenza tra lei e un impiegato ed era che lei non veniva pagata, ma lo faceva per puro 'piacere' personale, se così si poteva chiamare l'opera di bene che compiva giornalmente, come meglio poteva.
Si passò l'avanbraccio sulla fronte leggermente sudata, emettendo un sospiro, dopo aver finito di raccogliere i rifiuti da quel posto che, ora, appariva molto più bello.
Si guardò in giro, alla ricerca di qualcosa che potesse esserle sfuggito, senza trovare nulla; era soddisfatta del suo lavoro, anche se sapeva che il giorno dopo avrebbe ritrovato altra sporcizia in giro.
Sorrise stanca, dando le spalle all'oceano per lanciare un'occhiata alla grotta naturale alle sue spalle, ancora per poco illuminata dalla luce del sole che oramai stava tramontando nel cielo aranciato: probabilmente avrebbe dovuto dare una controllata anche all'interno, il suo istinto le diceva che avrebbe trovato abbastanza scarti da riuscir a riempire il sacco fino all'orlo.
Così, dopo essersi sgranchita la schiena che le doleva un poco perché era stata piegata verso terra per molto, si era inoltrata nella infossatura naturale, trascinandosi dietro il sacco nero, pieno per un terzo di spazzatura, stando attenta a non romperlo facendolo sfregare contro le rocce.
Come previsto dentro in quel posto trovò di tutto e di più: oggetti abbandonati e nascosti nei punti meno agibili, avanzi di cibo in pozze di acqua stagnanti, persino escrementi, probabilmente di cani, vicino alle pareti rocciose.
Aveva fatto bene a portarsi dietro lo zaino con dentro la torcia e altri materiali utili alla pulizia, altrimenti, senza più la luce naturale del sole a illuminare i punti più in ombra e a fondo della grotta, non sarebbe riuscita a vedere più nulla.
Si era dilungata più del solito per completare di pulire quel posto che si era categoricamente rifiutata di lasciare in quelle condizioni pietose e disdicevoli, si era fatto piuttosto tardi, ma, lei, troppo presa nel pulire non se ne era ancora accorta.
Si sedette su una roccia all'interno della grotta per riprendere un attimo le forze; all'interno di quel luogo era tutto molto tranquillo e regnava il silenzio, solo il rumore dell'oceano era udibile in lontananza.
(T/N) spostò la luce della torcia, illuminando il luogo a tratti, guardandosi in giro: dati i residui di sale sulle pareti della grotta fino al soffitto, quel luogo, un tempo, doveva essere stato completamente sommerso dall'acqua.
Mosse il fascio di luce verso il fondo, dove si faceva tutto più stretto, notando un luccichio che la insospettì e la fece sbuffare: davvero la gente si spingeva così a fondo pur di nascondere e non portarsi appresso, buttando poi nel primo cestino disponibile, i loro scarti?
Si alzò e si incamminò verso il fondo, facendosi luce e stando bene attenta a dove poggiava i piedi, non volendo prendersi una storta o rimanere incastrata tra qualche roccia, accucciandosi sempre di più dato che il soffitto si abbassava progressivamente e le pareti si stringevano ai suoi lati.
Fortuna che la ragazza non era claustrofobica e abbastanza agile e determinata da raggiungere un posto tanto stretto pur di raccogliere anche solo un tappo.
Dovette, persino, scalare un paio di grossi massi, disposti l'uno sull'altro, rischiando di scivolare, per arrivare al punto in cui aveva scorto quel luccichio che le aveva fatto pensare si trattasse di un qualcosa di abbandonato, ma che si rese conto in realtà non era affatto ciò che aveva pensato inizialmente, dato che il posto era troppo scomodo da raggiungere e sfidava anche il più agile a scalatore a salire lì pur di nasconderci dentro dell'immondizia.
Sbuffò, prendendo in mano un coccio di una bottiglia di vetro che si chiese come fosse stato trasportato fin lì; ora che ci faceva caso e ci pensava meglio, probabilmente ci dovevano essere dei giorni in cui la marea si innalzava e l'acqua riusciva ad arrivare fino a quel punto, quella doveva essere l'unica spiegazione plausibile.
Abbandonò le braccia molli lungo i fianchi, per quanto le fosse possibile rilassarsi in quello stretto punto, si rimise sull'attenti quando si rese conto che il suo sbuffo aveva riecheggiato in maniera strana: il leggero suono non era stato amplificato e spinto verso il lato da cui era venuta, bensì da davanti a sé, il che era davvero strano, perché vedeva solo rocce.
Crucciò la fronte e assottigliò gli occhi (C/O): vedeva delle rocce ma non una parete, il che voleva dire che dietro a cui macigni c'era dell'altro, uno spiffero d'aria la convinse maggiormente di ciò.
Lo spazio tra un masso e l'altro era davvero misero, quasi inesistente e la ragazza dubitava, visto che già era, praticamente, quasi accucciata sulla sabbia umida, che sarebbe riuscita a passare per vedere cosa ci fosse oltre e non pensava sarebbe, in alternativa, riuscita a muovere più in là quei massi.
Si mise la torcia tra i denti, togliendosi i guanti di lattice scomodi, in modo da avere le mani libere e cercò, con tutte le sue forze, di levare di torno almeno le rocce più piccole e meno pesanti, spostandole a lato, facendole ricadere sulla sabbia con un sonoro tonfo che riecheggiò per qualche secondo nella grotta che pareva ancor più profonda di quanto si era aspettata.

Cercò di farsi strada, trattenendo il fiato e dopo essersi tolta lo zaino dalle spalle, tra le rocce più grandi e impossibili da smuovere che creavano come un piccolo e sottile varco l'una vicino all'altra, sfalzate di distanza solo di qualche centimetro.
Si accucciò, costretta a gattonare per un tratto, con la torcia tra i denti, immersa nel buio.
Le ginocchia e i palmi delle mani sfregavano sulla sabbia ora asciutta, procurandole un leggero fastidio; nonostante non avesse idea di dove si stesse cacciando e di come avrebbe fatto a uscire da lì, però, temeraria, aveva continuato a proseguire.
Per poco non perse l'equilibrio e cadde quando allungò un braccio e si trovò, inizialmente, il vuoto sotto la mani; si prese un bello spavento e si pentì, per un istante, di essersi fatta prendere dal suo spirito avventuriero che l'aveva portata quasi a rompersi qualche osso in un posto in cui non sarebbe mai venuto nessuno in suo aiuto, dato che era un luogo a tutti sconosciuto, inesplorato.
Puntando la torcia verso il basso si rese conto che in realtà non aveva rischiato di fare un salto nel vuoto, tutt'altro, aveva solo mancato un gradino; ebbene sì: da quel punto in poi c'era una sorta di scala abbastanza rudimentale e sgangherata fatta di rocce disposte l'una sopra all'altra in modo da creare dei gradini.
(T/N) rimase molto confusa e al tempo stesso si incuriosì molto più di quanto già non fosse quando vide quella scala di rocce: qualcuno doveva averla costruita, non poteva essere qualcosa di naturale.
Fece un grosso respiro, si alzò e si concentrò, stando ben attenta ad appoggiare bene i piedi, riuscendo a fare, senza poi troppa fatica, le scale, ritornando, di nuovo, a camminare sulla sabbia.
''Che diavolo di posto è questo?'' Si domandò, guardandosi in giro, facendosi luce, guardando le pareti rocciose adornate da delle specie di incisioni, graffiti rudimentali, che, però, purtroppo erano troppo sbiadite per poter essere decifrati e comprese; riuscì a scorgere un paio di figure che avevano la parvenza di pesci, ma non sapeva dirlo con precisione, poteva solo essere la sua immaginazione, dato che erano rovinate dai residui di sale.
Sicuramente quelle rappresentazioni dovevano essere parecchio antiche, anche se non si spiegava come potessero essere state fatte dato che quel luogo, un tempo, era stato completamente sommerso dall'acqua.
Camminò all'indietro, puntando la torcia verso il punto da cui era entrata, che si trovava ad almeno due metri più in alto, spostando poi la luce verso il soffitto in cui si rese conto ci fosse una sorta di varco perché poteva scorgere il cielo, ormai divenuto scuro.
Questo era un grosso problema per lei: sapeva che, ormai, con il buio, nonostante il livello di acqua fosse basso e i chilometri di distanza miseri, non sarebbe stata in grado di tornare a casa.
In quel momento, comunque, non era preoccupata di non poter tornarsene indietro e di essere bloccata su un'isola deserta, bensì, ora che aveva scorto il buio e aveva capito che non ci fosse alcun soffitto sopra di sè, era andata in confusione e stava cercando di ragionare su come fosse possibile una cosa del genere; c'era qualcosa che non andava: se era scesa più in basso, come poteva scorgere il cielo?
Reclinò, ancor di più la testa verso l'alto, facendo un altro passo indietro, vedendo, perfettamente, uno spicchio di luna e alcune stelle, dall'apertura sopra di sé, il che voleva dire che non si stava immaginando tutto e che era giunta davvero al centro del vulcano inattivo, nel quale non pensava avrebbe trovato una sorta di grotta nascosta.
''Merda!'' Imprecò, sbilanciandosi all'indietro, non trovando di nuovo un sostegno sotto i piedi, sgranando gli occhi (C/O) ancora puntati sulla luna, lanciando la torcia in aria e aspettandosi l'impatto doloroso con il terreno che, però, non arrivò mai, bensì percepì i vestiti bagnarsi e subito la paura l'assalì quando si rese conto che stava per finire in acqua.
Si pietrificò, non ebbe nemmeno la forza di emettere un urlo di terrore, ne di serrare gli occhi, tanto era spaventata: sarebbe finita in acqua, senza saperne la profondità, al buio, da sola, senza la possibilità di chiedere aiuto e di essere salvata; era spacciata, sapeva che da sola, nello stato di shock in cui si trovava, non si sarebbe riuscita a salvare e sarebbe annegata.
L'impatto con l'acqua fu immediato: cadde a peso morto all'interno di quella sorgente di acqua che non aveva notato, sprofondando nel buio, proprio come nel suo sogno.
Non si riusciva nemmeno a muovere, non riusciva nemmeno a sbracciarsi, il suo corpo era come divenuto di marmo, era pesante e statico, eppure lei sapeva nuotare, sarebbe potuta facilmente riemergere se avesse mosso appena le braccia.
Invece sprofondò, lentamente, nell'oscurità, con gli occhi, che iniziavano a bruciarle per via del sale, ancora sgranati dal terrore e la bocca aperta che lasciava che l'acqua entrasse velocemente nelle vie aeree, mozzandogli il fiato prima del dovuto.
Questa volta non si sarebbe risvegliata nel suo letto, riemersa dall'incubo, fradicia di sudore e con il fiato rotto per aver trattenuto l'aria, non sarebbe proprio riaffiorata, ne avrebbe più avuto modo di respirare: sarebbe morta.
Dannata lei e la sua testardaggine, la sua curiosità, la sua stabilità e il suo poco senso del pericolo che l'avevano fatta finire, di nuovo, perché non era la prima volta, ma di sicuro l'ultima, nei guai.
Questa volta doveva dire, davvero, addio al suo sogno di nuotare con gli squali e alla sua possibile carriera da biologa marina.
Rilasciò, in una serie di piccole bolle, che andarono a dissolversi nell'acqua, le ultime tracce di aria che aveva nei polmoni, iniziando a sentire la necessità di chiudere gli occhi ed abbandonarsi al tepore dell'acqua che si stupì di non trovare ghiacciata, lasciandosi cullare dal battito sempre più lento del suo cuore.
Quando finalmente credette di aver del tutto abbandonato la vita, si ritrovò sul freddo terreno roccioso e sabbioso a sputare acqua salata, facendo respiri affannosi e pesanti, sdraiata su un lato.
La gola e gli occhi le bruciavano terribilmente per via del sale, tanto che non riusciva a deglutire e nemmeno a tenere le palpebre alzate.
Non sapeva come fosse possibile, ma era fuori dall'acqua ed era viva, si era di nuovo salvata, senza sapere come e, soprattutto, grazie a chi: di certo non era stata lei, con le sue sole forze, a tirarsi fuori da quella sorgente di acqua salmastra sotterranea.
Una volta riacquistato il respiro, ancora sdraiata e senza energie da permettersi di alzarsi, allungò il braccio verso la torcia a qualche centimetro di distanza da lei, raggiungendola con fatica.
Sputò ancora acqua ed emise un gemito di stizza per il sapore sapido che gli aveva ostruito naso e bocca, riuscendo, appellandosi a tutte le sue forze, a mettersi seduta.
Una volta compiuta l'impresa, si passò una mano in faccia, spostandosi dal volto le ciocche umide di capelli (C/C) che grondavano acqua, come il resto del suo corpo e dei suoi vestiti zuppi.
Strinse la torcia tra le dita e, con la mano tremante, la mosse nella piccola grotta, illuminando a tratti alcuni suoi punti, non trovando nessuno; solo le ombre proiettate dalle rocce di diverse dimensioni si muovevano a seconda del fascio di luce tremulo, rendendo l'atmosfera piuttosto lugubre.
(T/N) deglutì un groppo di sale più che di saliva, voltando appena lo sguardo verso la sua sinistra, con gli occhi sbarrati dalla paura mista alla confusione, vedendo lo specchio d'acqua riflettere la luna perfettamente, senza distorcerla.
Si allontanò di scatto, indietreggiando da seduta, aiutandosi con le gambe ancora molli.
Si spostò di qualche centimetro dalla sorgente, per paura di poterci di nuovo finire dentro.
Si portò le mani sul volto, coprendosi gli occhi per un istante, facendo, ancora, grossi respiri, cercando di mettere chiarezza nella sua mente confusa e scossa dagli eventi: era caduta in acqua, scivolando e si era ritrovata, senza spiegarsi la metodica, fuori, sul bordo della piscina naturale nascosta in quella grotta.

''Non puoi stare qui, va via.'' Sentì una voce maschile, bassa, con tono irremovibile, echeggiare appena tra le pareti roccioso di quel luogo sconosciuto a tutti.
Sobbalzò appena, non capendo da che parte provenisse e se, realmente, l'avesse sentita o se fosse solo stato frutto della sua mente a cui non era arrivato ancora abbastanza ossigeno.
''C-chi c'è? Chi ha p-parlato?'' Si alzò in piedi, faticando appena, continuando a muovere la torcia nel buio, cercando una figura nell'ombra che, però, come prima non trovò.
Si girò, di nuovo, di scatto verso l'acqua che, ora, non era del tutto calma e ferma come prima, ma era leggermente mossa, di fatti il riflesso della luna era appena appena distorto.
(T/N) deglutì rumorosamente, avvicinandosi con cautela al bordo, piegandosi sulle ginocchia e puntando, più vicino, la torcia sullo specchio d'acqua verso il quale allungò anche una mano tremante, timorosa.
Immerse di poco la mano, quanto bastava per smuovere l'acqua e distorcere ancor di più il riflesso della luna, facendolo oscillare da un lato all'altro, tornando poi stabile dopo qualche secondo di movimento.
Alzò lo sguardo al cielo scuro, osservando la vera mezza luna brillare, ricordandosi di essere bloccata in quel posto fino all'alba; non ci voleva rimanere lì, aveva paura, ma era ancor più terrorizzata dell'oceano di notte, perciò non si sarebbe mossa da lì.
Le sarebbe bastato stare lontano dall'acqua e non avrebbe dovuto avere timore di rifinirci dentro; quel posto era isolato e sconosciuto, in più l'isola era deserta, nessuno le avrebbe fatto nulla.
Il fatto era che, però, rimaneva convinta di non essere uscita da sola dall'acqua e ciò voleva dire che, per forza, qualcuno l'aveva aiutata.
La luce della torcia sfarfallò per un istante, facendola andare in panico.
''No, no, no non spegnerti, n-non... farlo.'' Balbettò a bassa voce, dando alcuni colpi all'oggetto con una mano, sperando, in qualche modo, di tenerlo attivo e di non farlo spegnere.
Non aveva batterie di riserva nello zaino che, oltretutto, aveva lasciato indietro: se la torcia si fosse spenta sarebbe rimasta completamente al buio per almeno dieci ore buone e non credeva che sarebbe stata tranquilla senza avere, almeno la certezza, di non essere immersa nell'oscurità.
Per poco non si mise a piangere quando l'oggetto tentennò nel rimanere spento, ritornando, poi, a illuminare, in maniera più fioca di prima, ma comunque abbastanza da non lasciarla del tutto al buio; la pila non sarebbe durata per molto ancora, se l'avesse tenuta accesa si sarebbe consumata a breve e non avrebbe avuto più luce per le ore successive, era bene che l'accendesse il meno possibile, solo quando ne sentiva davvero la necessità, cercando di rimanere a suo agio immersa nell'oscurità.
Fece un grosso respiro preparatorio, sentendosi la gola pizzicare ancora per il fastidio procuratagli dall'acqua salata: doveva solo pensare di essere nella sua stanza, doveva immaginarsi di essere altrove e non pensare di essere, invece, in una grotta di cui nessuno conosceva l'esistenza, su un isola deserta, al buio, da sola, completamente fradicia, senza la possibilità di andarsene.
Non era affatto facile, proprio per nulla, credeva che sarebbe impazzita bloccata in quel luogo per tutta la notte, se non fosse riuscita a chiudere occhi e dormire, in modo da far passar prima il tempo
Forse sarebbe stato meglio morire annegata, era ancora in tempo, volendo, per gettarsi nell'acqua e lasciarsi morire.
Continuò a respirare profondamente, appoggiandosi con la schiena contro il muro roccioso e freddo della grotta, sentendosi percorsa dai brividi; si strizzò un poco i vestiti fradici, decidendo di togliersi le scarpe zuppe che dovette rivoltare a testa in giù, in modo da fare uscire l'acqua stagnatasi all'interno.
Nello zaino che, però, aveva lasciato all'entrata della grotta, un posto che in quel momento di ansia e debolezza non sarebbe riuscita a raggiungere, aveva un telo da spieggia, oltre all'occorrente per pulire: se solo non l'avesse lasciato indietro si sarebbe potuta dare un'asciugata e non sarebbe congelata.
Dopo essersi presa ancora qualche secondo per mettersi il più possibile a suo agio, spense la luce della torcia, lasciando che solo la luce fioca della luna illuminasse, miseramente, con il suo bianco tenue, la superficie della sorgente di acqua a qualche metro da lei.
Il silenzio regnava sovrano in quel posto, tanto che (T/N) riusciva a percepire, perfettamente, ogni battito accellerato del suo cuore e il suo respiro alterato e scostante.
La sua mano era ben pronta, stretta intorno alla sua unica fonte di luce, a schiacciare il pulsante di accensione sul lato dell'oggetto nel caso di rumori sospetti.
''Ti ho detto che non puoi stare qui; devi andartene.'' La stessa voce bassa e maschile di prima, che credeva di essersi immaginata di sentire, echeggiò tra le pareti della grotta, rimbombando nelle orecchie della ragazza che, subito, impaurita, accese la torcia e la mosse, con braccio tremante, un po' per il freddo e un po' per la paura, davanti a sé, illuminando il perimetro circostante.
''C-chi ha parlato?'' Domandò, di nuovo, balbettando, con gli occhi sgranati, cercando nella penombra il proprietario di quella voce roca, questa volta sicura di averla udita per davvero.
Si raggomitolò su se stessa, nei vestiti fradici, abbracciandosi le ginocchia con le braccia.
Non arrivò nessuna risposta, tutto tornò statico e silenzioso, come qualche istante prima.
''Dove s-sei?'' Cambiò, allora, domanda, sperando di ottenere una risposta e di orientarsi velocemente verso il punto dal quale avrebbe sentito provenire la voce.
La luce sfarfallò di nuovo, facendo perdere un battito alla ragazza che si affrettò a dare un paio di colpi secchi, con una mano, all'oggetto, come se in questo modo avesse potuto far durare di più la carica della batteria.

''Per favore... vattene.'' Finalmente l'altro le rispose: la sua voce era serena e calma, ma al tempo stesso autoritaria; chiunque fosse il suo interlocutore non voleva proprio che lei stesse lì.
Nemmeno questa volta (T/N) riuscì a capire da dove provenisse quella voce maschile, sicura e ferma, ma, almeno, dopo averla sentita per la terza volta, fu davvero sicura del fatto che lì ci fosse qualcuno e che non si fosse immaginata tutto.
Sapere che lì, in quel luogo sperduto, ci fosse qualcun altro oltre a lei, da una parte la tranquillizzava, mentre dall'altra la faceva ancor di più agitare: non sapeva chi e dove fosse questo individuo, lo stesso che, probabilmente, l'aveva salvata, il che poteva presupporre che non avesse cattive intenzioni, ma non lo escludeva del tutto; era bene che stesse in guardia e tenesse, per più tempo possibile, la luce accesa, sperando di capire, prima che la pila si scaricasse del tutto, la natura di quell'estraneo, in modo da avere il tempo di, se proprio necessario, scappare via, senza, comunque, la sicurezza di salvarsi una volta messo piede fuori da quel posto e trovatasi davanti solo boscaglia e, poi, l'oceano.
Si sentì male solo al pensiero di rimettersi in barca, circondata da solo buio, senza potersi orientare facilmente.
''Perché? N-non vedo nessun divieto e, poi, non ho alcun posto dove andare.'' Rispose lei, facendo saettare gli occhi da una parte all'altra della grotta semi illuminata, scorgendo diverse ombre, ma nessuna di queste paragonabile a quella di una persona.
''Perché è un posto sacro e tu non ci puoi stare.'' La risposta, diversamente dalle altre volte, arrivò poco dopo, velocemente e lasciò un po' perplessa la (mora/bionda/rossa...) che non capì a che cosa si stesse riferendo l'altro.
''Sacro?'' Ripetè, puntando, poi, la torcia su una parete rocciosa, illuminando una delle rappresentazioni antiche e sbiadite dipinta su di essa, riuscendo a scorgere la sagoma di un pesce di grosse dimensioni, simile a una balena e, intorno, alcuni omini stilizzati.
''Bhe... se lo è davvero, nemmeno tu ci puoi stare, allora.'' Ribattè, poi, acquisita un po' di sicurezza, incurante di sapere con chi avesse a che fare.
Si lasciò sfuggire un'imprecazione quando la luce si spense del tutto, non dando più segni di funzionamento nemmeno dopo vari tentativi nel batterla a terra.
Sentì una leggera e irrisoria risata echeggiare appena, dissolvendosi verso l'apertura sul soffitto dopo qualche secondo.
Non sembrava, dalla leggerezza e genuinità con cui echeggiò, essere malvagia, ma (T/N) non potè non avere comunque timore.
Non seppe se quella risata fosse dovuta alla sua risposta, al suo modo sfacciato con cui aveva ribattuto, o al fatto che fosse in panico perché, ormai, completamente al buio.
''T-ti prego: non mi fare del male.
N-non mi muovo... sto qui in silenzio nel mio angolino fino a quando non sorge il sole e-e poi me ne vado.'' Disse, balbettando, di nuovo, muovendo, inutilmente, gli occhi nel buio, senza vedere assolutamente nulla, stringendosi nelle sue spalle, con la torcia spenta tra le mani.
''Se avessi voluto farti del male lo avrei fatto quando eri in acqua.'' Fu la risposta dell'altro che, in qualche modo, tranquillizzò (T/N).
Il suo tono di voce era gentile e tranquillo, non sembrava, poi, essere tanto infastidito dalla sua presenza come era apparso inizialmente.
''Mi hai salvato tu? Ti ringrazio.'' Disse, mettendosi ben dritta sulla schiena, drizzando le orecchie, resasi conto che la voce della persona lì con lei provenisse dalla sua sinistra, verso la sorgente d'acqua a cui, lei, non aveva intenzione di avvicinarsi.
''Se avessi messo giù i piedi avresti toccato il fondo: non è così profonda l'acqua.''
(T/N) davanti a quella costatazione si sentì un'idiota: era caduta a peso morto e non si era minimamente sforzata di muovere un piede per sentire se sotto di sé ci fosse stato il fondo.
''Con questo buio pesto pensavo fosse più profondo e... e mi sono bloccata... Ho paura dell'acqua quando non riesco a vedere il fondo.'' Si spiegò, brevemente, stringendosi le gambe contro il petto e appoggiando il mento sulle ginocchia.
''É per questo motivo che non me ne posso andare da qui: fuori è troppo buio e ho paura di andare in barca anche se l'acqua so benissimo che non è molto profonda e non sono molto lontana dalla costa.'' Aggiunse, in un sospiro sconsolato, maledicendosi mentalmente di non essere in grado di superare la sua paura.
''Oh, mi dispiace...
In tal caso, ti do il permesso di rimanere solo per questa volta.'' Gli rispose l'altro che, dal tono di voce, sembrava seriamente dispiaciuto per la sua fobia.
''Bhe, grazie tante...
Comunque non capisco perché tu puoi stare e io invece no.'' Rispose (T/N) che, comunque, anche senza il consenso dell'altro di certo non si sarebbe mossa da quel posto fino al mattino dopo.

Un po' si era tranquillizzata, nonostante ciò continuava a tenere la guardia alta e a contenersi nel rispondere in maniera brusca, per scongiurare qualsiasi tipo di irritazione, per i suoi modi di fare, da parte dell'altro che, ancora, non aveva del tutto inquadrato; l'unica cosa che aveva capito, dopo aver dato più importanza all'udito che alla vista, era che il soggetto si trovava, da qualche parte alla sua sinistra.
''Hai timore anche di ciò che potrebbe nascondersi nel buio?'' Chiese, ignorando la domanda indiretta della ragazza, lo sconosciuto, con un certo interesse.
(T/N) percepì dei movimenti, uno scrosciare di sottofondo, il che le fece capire che l'altro fosse immerso nell'acqua e si stesse muovendo all'interno della piscina naturale.
''No, anzi, ne sono affascinata.'' Rispose, scuotendo appena il capo e guardando, con la coda dell'occhio verso sinistra, incontrando solo buio.
Purtroppo, il suo interlocutore non era sotto il fioco fascio di luce che emetteva la luna, non dandole la possibilità, almeno, di scorgere la sua sagoma.
''Come ci sei finita qui?'' Le domandò, poi, con una certa curiosità.
(T/N) sospirò amareggiata, passandosi una mano tra i capelli umidi che, pian piano, stavano iniziando ad asciugarsi.
Gli raccontò brevemente come era giunta a scoprire quel luogo che lui aveva definito sacro, dicendogli che si occupava, quando aveva tempo, di ripulire l'ambiente, di quanto odiasse la situazione ambientale in quegli anni e di quanto fosse preoccupata per gli animali, soprattutto per quelli marini a cui lei era particolarmente interessata e voleva salvaguardare.
Parlò a raffica, senza mai fermarsi, non dando il tempo all'altro di dire una parola, non sapendo nemmeno se, effettivamente, la stesse ascoltando oppure se stesse parlando a vanvera.
''... spero di diventare biologa marina e... oh, bhe, poi io ho una passione per gli squ-
Oddio, scusami! Ho parlato senza lasciarti mai spazio!
Spero di non averti annoiato troppo con le mie stupide iniziative da ecologista e tutto il resto.'' Si interruppe, ricordandosi di respirare e scusandosi poi con l'altro, sentendosi un'idiota per aver approfittato del silenzio offertole per dare sfogo a tutta la sua rabbia.
''Non sono sciocchezze, affatto.
Sono contento che esistano umani come te, che pensano a salvaguardare l'ambiente in cui vivono e alle altre specie anche se siete molto rari.'' Le rispose l'altro, con un tono di voce dispiaciuto, che nascondeva tanta tristezza e al tempo stesso rabbia.
(T/N) non capì, dato che anche lui sembrasse assecondare la sua corrente di pensiero, perché, nel parlare, non si fosse incluso nella cerchia di persone che avevano a cuore il futuro del pianeta.
''Ma sei ancora in acqua?
Non è il momento di uscire?
Ti spunteranno le branchie tra poco.'' Disse, percependo dei movimenti alla sua sinistra e vedendo il riflesso della luna smuoversi e distorcersi sullo specchio d'acqua.
''Chi ha detto che non le abbia già?'' L'altro ridacchiò appena alla sua constatazione, senza rendersi conto che quello che aveva detto avrebbe potuto strano alle orecchie della ragazza.
''Bhe, se sei abituato a star così tanto in acqua sicuramente già le avrai e tra poco ti trasformerai in un pesce.'' La ragazza rispose a tono, prendendo la sua domanda retorica alla leggera, scherzandoci su.
''Ci vivo in acqua, ma non sono un pesce.'' Rispose lui, serio.
(T/N) inarcò un sopracciglio, scuotendo appena il capo e sorridendo lievemente, incrociando le gambe e dandosi un'altra strizzata ai vestiti.
''Non ancora...
Magari diventerai una sirena, o meglio un tritone.'' Continuò a scherzare, ridacchiando appena, cercando poi di ritrovare la torcia che aveva abbandonato a terra qualche tempo prima, per fare un tentativo e vedere se funzionasse di nuovo, dopo essere stata spenta per un po'.
''Le sirene non esistono, non sono mai esistite, sono una vostra invenzione.'' Il suo interlocutore sembrava prendere le sue parole fin troppo seriamente, tanto che le pareva che si stesse quasi alterando.
''S-stavo... stavo solo scherzando.
Lo so che non esistono uomini e donne mezze pesci.'' Si spiegò, alzano le mani a mezz'aria, in segno di resa, come se, immersi nel buio, potesse vederla gesticolare, prendendo, poi, la torcia in mano, con l'intenzione di accenderla.
''Non è del tutto corret- Mettila giù, per favore.'' Rispose l'altro, bloccandosi, per poi chiederle con gentilezza, ma con una certa ansia nella voce, di non accendere la luce.
(T/N) si voltò in sua direzione sempre più confusa dalle sue strane risposte e da questa richiesta: non capiva, infatti, perché non si era fatto vedere fino a quel momento, ma soprattutto si chiedeva come avesse capito che stava armeggiando con la torcia, dato che era buio pesto.
''Ma come- Sei uno squalo che ci vedi al buio?'' Scherzò di nuovo, alludendo alla capacità del predatore del mare di riuscire a vedere anche senza la presenza di una minima fonte di luce.
''Più... più o meno.'' Sussurrò l'altro, quasi timoroso di farsi sentire.
''Perché no?
Perché non vuoi farti vedere?'' Domandò, a questo punto, rigirandosi l'oggetto tra le mani, aspettando una risposta sensata da parte dell'altro.
''Ti spaventeresti.'' Rispose solo, in un sospiro sconsolato, muovendo l'acqua in cui era immerso, facendo distorcere, di nuovo, il riflesso della luna.
''Pft... che esagerazione; non sarai mica così brutto, suvvia.'' Cercò di convincerlo, per nulla soddisfatta di quella sciocca e insensata risposta, come se, poi, per parlare e far passare il tempo, importasse il suo aspetto fisico o la sua età.

In effetti avrebbero potuto benissimo continuare a parlare senza vederlo in faccia, però voleva dare un volto a quella calda e bella voce e, poi, ora che l'altro aveva esagerato tanto dicendo, addirittura, che vederlo l'avrebbe fatta impaurire, era ancora più curiosa di vedere che aspetto avesse.
Non arrivò nessuna risposta, il che fece spazientire (T/N) che, stanca di aspettare, decise, nonostante non avesse l'okay dell'altro, di provare a vedere se la luce funzionasse o meno, accendendola.
Premette il dito sull'interruttore e, velocemente, si voltò verso la sorgente d'acqua, lasciando che la luce fievole che si accendeva e spegneva in continuazione, la colpisse.
Purtroppo non fu abbastanza veloce e non riuscì a scorgere nemmeno l'ombra del suo interlocutore che doveva essersi nascosto sott'acqua, visto che la superficie era parecchio mossa.
La ragazza si alzò in piedi, raggiungendo la piscina naturale, stando ben attenta a non avvicinarsi troppo al bordo, non volendo rischiare di ricadere dentro, puntando la luce sulla superficie.
''Non puoi trattenere il fiato per sempre; prima o poi dovrai uscire.'' Parlò, alzando un poco la voce, in modo da essere sicura che la potesse sentire nonostante l'acqua, aspettando pazientemente di vederlo emergere e mostrarsi a lei in tutta, secondo quanto detto da lui, bruttezza.
Ma i secondi passavano, la luce tentennava sempre di più a spegnersi e non riaccendersi più e il su misterioso salvatore non accennava a riemergere; iniziò a preoccuparsi quando passarono i tre minuti di apnea: impossibile che una persona normale riuscisse a stare tanto senza ossigeno in corpo, aveva sentito di persone che avevano battuto record superando persino la decina, ma non credeva di essere così (s)fortunata da avere a che fare con un esperto di apnea subacquea, non avendo preso così seriamente le parole dell'altro, quando aveva detto che lui in acqua ci viveva.
Si inginocchiò, allungando una mano verso lo specchio d'acqua, immergendola e cercando di trovare il corpo dell'altro, in modo da afferrarlo e costringerlo a uscire; se davvero l'acqua non era così alta come aveva immaginato non avrebbe avuto problemi a trovarlo.
Si stava sporgendo un po' troppo, stava rischiando di finire dentro di nuovo, con la differenza che, questa volta, ora che aveva quasi la certezza che ci fosse un fondo a cui sarebbe riuscita ad arrivare stando in piedi, non si sarebbe fatta prendere dal panico e sarebbe riemersa o, comunque, l'altro l'avrebbe, di nuovo, ripescata, sempre se non fosse morto annegato.
E, poi, la luce smise di nuovo di funzionare, questa volta definitivamente e (T/N) rimase di nuovo al buio, con un braccio in acqua e il corpo chino in avanti, un po' troppo esposta, in bilico.
Sospirò, afflitta, rimettendosi dritta e scrollandosi di dosso un po' d'acqua, rimanendo lì, sul bordo, aspettando di sentire l'altro smuovere l'acqua per riemergere o, almeno, sperava che ciò accadesse e anche in fretta, perché si stava davvero preoccupando.
Dopo qualche altro secondo, che alla (mora/bionda/rossa...) sembrarono interminabili, finalmente lo sconosciuto rimise la testa fuori dall'acqua, senza nemmeno respirare faticosamente, come se stare in apnea per più di tre minuti per lui fosse normale.
''Mi hai fatto spaventare: credevo fossi annegato e avrei dovuto buttarmi in acqua io, sta volta, per salvarti.'' Gli disse, in uno sbuffo, rimanendo seduta vicino al bordo della sorgente, guardando il riflesso della luna a pochi centimetri dai suoi piedi.
L'altro ridacchiò, per l'ennesima volta; quest'ultima risata, però, ora che (T/N) era più vicina, le parve ancor più genuina e limpida delle precedenti, tanto che le spuntò, in modo spontaneo, anche a lei un sorriso in volto.
''Posso sapere almeno il tuo nome?'' Chiese, subito dopo, la ragazza, non sapeva che aspetto avesse e, quindi, l'età, ma pareva adulto dal timbro della voce basso e da come si era approcciato fino a quel momento, almeno voleva sapere il suo nome.
Non si erano ancor presentati dopo tutto quel tempo che erano lì insieme; ormai doveva essere passata ormai un'ora buona, ora in cui, praticamente, aveva parlato solo lei.
Seguirono alcuni secondi di silenzio prima che l'altro si decidesse a risponderle.
''Kisame.'' Disse, dopo un po', lo sconosciuto, senza troppa enfasi, anzi, pareva poco convito e insicuro.
''Kisame? É un nome particolare, è molto bello.'' Ripetè (T/N) che rimase piuttosto interdetta, stupita, di venire a sapere che il nome dell'altro, fosse quello; il suo significato era 'demone squalo' e la ragazza non potè che pensare fosse una gran bella coincidenza: gli squali sembravano sempre essere presenti, in qualche modo, nella sua vita.
''Lo è? Ti ringrazio.'' Il suo interlocutore sembrò rimanere genuinamente compiaciuto da quel complimento, (T/N) poteva quasi azzardare a dire, nonostante non lo potesse vedere, che avesse sorriso.
''Il mio è (T/N).'' Disse lei, voltando appena il capo verso la direzione in cui supponeva si trovasse Kisame, muovendo gli occhi (C/O) nel buio, sorridendo leggermente e allungando il braccio, con la mano tesa.
L'altro tentennò ad allungare la sua verso di lei e, prima di stringergliela, le sfiorò solo la punta delle dita con le sue; la sua stretta fu molto ferrea e ciò fece capire a (T/N) che Kisame fosse piuttosto sicuro e forte.
''Seriamente... non è il momento di uscire dall'acqua? Prenderai un malanno.'' Insistette la giovane, lasciando libera la mano dell'altro che nonostante fosse immerso nell'acqua da chissà quanto aveva una temperatura corporea sicuramente più alta della sua.
''No, sto bene... dovresti entrarci anche tu, è calda.'' Ribattè Kisame, che sembrava anch'egli essersi accorto del fatto che lei avesse freddo e non stesse poi troppo bene in quei vestiti bagnati.
(T/N) pensò di nuovo che se avesse raggiunto in qualche modo il suo zaino avrebbe potuto asciugarsi, il problema era che ormai la torcia sembrava averla abbandonata del tutto e non credeva che con quel buio sarebbe stata in grado di scalare quella scala di rocce senza farsi male.

''Senti ma... tu da qui come ci sei entrato?
Voglio dire... lo spazio per entrare da dove sono passata io è misero...'' (T/N) ignorò l'invito del misterioso uomo, pensando piuttosto a come questo fosse entrato in quella grotta: lei aveva faticato un poco a stare negli spazi stretti, dubitava che un uomo fosse riuscito a passare a sua volta, per quanto magro potesse essere.
''Nuotando.'' Rispose Kisame, come se fosse ovvio, muovendosi nell'acqua calda.
(T/N) inarcò un sopracciglio: quindi c'era una sorta di passaggio subacqueo che portava lì?
Era una cosa un po' strana da immaginare, soprattutto perché non credeva che un luogo simile fosse semplice da raggiungere nemmeno a nuoto, visto le difficoltà incontrate via terra, anzi.
Tutta quella questione le pareva strana, Kisame gli pareva strano, le sue risposte erano vaghe e a volte non le comprendeva del tutto.
''Non mi credi?'' Kisame parlò di nuovo, sembrava quasi dispiaciuto e offeso, o almeno questo era quello che (T/N) intuiva dal suo tono di voce dato che non poteva vederlo in faccia, mentre lui sembrava intravederla nonostante il buio, chissà come: quel tipo era davvero strano forse avrebbe fatto bene a prendere le distanze.
Il fatto era che (T/N) era curiosa, fin troppo, e non si sarebbe tirata indietro così facilmente, per un po' di diffidenza, nello scoprire qualcosa di più su quel personaggio interessante.
''Posso toccarti?'' La sua richiesta era bizzarra e mal interpretabile, forse avrebbe fatto bene a formulare meglio la domanda e a spiegarsi in maniera corretta, prima di essere fraintesa.
''E-eh? Cosa?!'' Come immaginato l'altro si sentì a disagio e confuso di fronte a tale domanda, tanto che indietreggiò, allontanandosi da lei, nuotando nella pozza d'acqua salata.
''Non pensare male!
Voglio... voglio solo capire come sei fatto.
Dato che non posso vederti in faccia fino a quando non ci sarà un po' di luce naturale a illuminarci...'' Si spiegò, allora, la ragazza, allungando una mano in direzione dell'altro, tastando l'aria, alla ricerca del corpo dell'altro.
''Dai... l-lo lascio fare anche a te poi.'' Cercò di convincerlo, scendendo a patti, non troppo sicura di quello che aveva appena detto: a volte si dimenticava che non aveva idea di chi avesse davanti e quali potessero essere le sue intenzioni, anche se per il momento non sembravano cattive.
''Ma io ti vedo e... non mi sembri molto convinta di questa cosa.'' Rispose Kisame, innocentemente, lasciando trasparire altra bontà d'animo, non sembrando voler approfittare della situazione.
Ancora (T/N) non capiva come fosse possibile che la vedesse in maniera così nitida da decifrare le sue emozioni dalla sua espressione facciale, ma decise di nuovo di sorvolare sulle stranezze dell'altro, rimanendo concentrata sul suo obiettivo.
''Daiii... non essere timido!
Mica mordo.'' La buttò sul ridere, allora, sogghignando appena, ancora con una mano protesa verso l'interlocutore, aspettando che questo dicesse o ancor meglio facesse qualcosa.
''Oh... ti assicuro che qui quello che morde sono io.'' Sentì di nuovo un risolino leggero, probabilmente di scherno, provenire da davanti a sé, accompagnato da quella frase che la ragazza non seppe se interpretare seriamente o meno.
''Perfetto, allora.
Se io non ho paura, allora non vedo perché ne debba avere tu.'' Asserì, di rimando, muovendo i suoi occhi (C/O) nel buio, leggermente socchiusi, con un tono provocatorio e di sfida.
Ci fu qualche istante di silenzio, secondi che alla giovane sembrarono interminabili e strazianti.
''Non posso... ti ho già detto che ti spaventeresti.'' Parlò, poi, Kisame, esprimendo dispiacere, quasi afflitto, non volendo proprio assecondare il volere della ragazza che emise un sospiro sconsolato, abbandonando il braccio lungo il fianco, chiudendo per un istante gli occhi, ragionando, allora, sul come approcciarsi con lui.
''Non giudico dall'aspetto esteriore; ti assicuro che ho gusti molto particolari e non sono facilmente impressionabile.
E poi quando il sole sorgerà sarà inevitabile che io ti veda... quindi poche storie, dammi l'anteprima.'' Disse, passandosi una mano tra i ciuffi di capelli umidi, spostandoseli dal viso, continuando a guardare davanti a sé, senza sapere realmente se stesse guardando Kisame o il muro alle sue spalle.
''Sparirò prima che tu mi possa vedere.
Magari... magari più tardi.
Prima voglio conoscerti meglio.'' Rimase sulle sue l'altro, deciso a non dargliela vinta.
La ragazza aveva scrollato le spalle, annuendo poco dopo, senza sbilanciarsi troppo con le espressioni del viso.
Il tempo in qualche modo avrebbe dovuto passarlo, prima dell'alba mancavano ancora molte ore che, di certo, non avrebbe dormito sapendo di trovarsi in compagnia di una persona che, pur sembrando a modo, era pur sempre a lei sconosciuta e gli aveva detto parecchie cose strane, quasi senza un senso logico; era parecchio intrigata nel sapere di più di Kisame, sicuramente parlando avrebbe scoperto qualcosa su di lui e, chissà, sarebbe riuscita anche a vederlo in volto una volta presa un po' più di confidenza.

Così avevano iniziato a parlare e, ovviamente, l'argomento principale delle loro conversazioni non poteva che essere l'oceano, gli animali marini e tutto ciò che è connesso all'ambiente; (T/N) fu contenta di trovare una persona che condividesse le sue idee e, soprattutto, che ne capisse l'importanza: era bello avere qualcuno con cui parlare di argomenti a cui la maggior parte dei suoi amici, coetanei e la maggior parte dei suoi conoscenti, non dava importanza o non comprendeva.
''Io amo gli squali, sono la mia passione da quando sono piccola, so tutto su di loro.'' Aveva asserito, d'un tratto la (mora/bionda/rossa...), dato che ancora non aveva detto di questo suo interesse sfegatato all'altro.
''Ah, d-davvero?'' Aveva risposto, a bassa voce l'altro, con un certo imbarazzo.
(T/N) annuì con forza, sorridendo nel buio: se avesse iniziato a parlare di squali non sarebbe stata la fine per il suo interlocutore che già durante gli atri discorsi aveva avuto ben poco spazio per esprimersi.
Sapeva di diventare logorroica quando iniziava a intraprendere un discorso basato sugli squali, argomento che, come il resto degli altri suoi interessi, era considerato noioso, così si morse un labbro e si trattenette nell'iniziare a parlare a raffica, anche se la cosa non le risultava facile.
Kisame era stato un buon interlocutore, ma soprattutto ascoltatore fino a quel momento: non potendo vederlo in faccia non sapeva se si stesse annoiando o meno a parlare con lei, o meglio starla ad ascoltare, ma dal tono di voce e il modo in cui rispondeva non gli aveva dato alcun segno di noia.
''Posso... sapere perché? Dovresti esserne spaventata.'' Gli aveva chiesto l'altro, facendola tornare alla realtà.
''Non lo so... li trovo interessanti, mi affascinano i loro comportamenti, è una passione. Ognuno ha il suo hobby, no? Il tuo quale è?'' Aveva semplicemente risposto, non sapendo darsi una risposta a quella domanda che, anche lei, si faceva spesso, quando si rendeva conto che la sua passione era al di fuori dal comune rispetto a quelle degli altri che, però, per lei erano fin troppo banali e le risultavano noiose.
''Le passioni degli altri però non mordono.
Comunque a me piace osservare le persone.'' Rispose Kisame, senza attendere troppo, prendendo un poco in giro con quell'affermazione la ragazza.
''Per tua informazione gli squali attaccano gli uomini per sbaglio, nella loro dieta non rientriamo noi umani.'' Aveva detto, velocemente, la ragazza, con saccenza, incrociando le braccia al petto e alzando di poco il mento, difendendo le sue creature preferite senza attendere altro tempo.
''Non ne ho mai mangiato uno, ma si dice che non abbiano un buon sapore.''
Le parole di Kisame lasciarono, di nuovo, la ragazza confusa: stava scherzando o doveva prenderlo sul serio?
Nel dubbio si limitò a fingere una risatina divertita alle parole dell'altro, classificando quell'affermazione come una battuta di pessimo gusto.
''Ad ogni modo... hai detto che ti piace osservare le persone...'' Aveva preferito cambiare argomento, sorvolando di nuovo sulla faccenda.
Aveva mosso gli occhi nel buio, alla ricerca dell'altro, sapendo che non avrebbe scorto nemmeno la sua ombra, con espressione neutra.
''Mi incuriosiscono i comportamenti delle persone, mi piace osservare quello che fanno... mi stupiscono sempre di più, sia in maniera positiva che negativa.'' Si spiegò lo sconosciuto, facendo muovere l'acqua in cui era immerso con un piccolo movimento del corpo.
''Tu... tu mi stai stupendo in maniera positiva, ad esempio.'' Aveva continuato, dopo una piccola pausa.
(T/N) sbattè per un istante le palpebre, non sapendo se prendere quella frase come un complimento o trovarla ambigua.
''E perché?'' Domandò, allora, la ragazza, incuriosita da quell'affermazione.
''Perché ti sei dimostrata diversa dagli altri.'' Fu la riposta genuina di Kisame.
''Oh, bhe... grazie? Anche tu sembri diverso.'' Aveva risposto lei, passandosi una mano dietro al collo, in imbarazzo, decidendo di prendere quell'affermazione come un complimento, nonostante in passato la parola ''diversa'' era stata usata nei suoi confronti come sinonimo di ''strana'' per via dei suoi interessi non uniformi alla massa.
''Ma non so se in maniera positiva o negativa.'' Aveva aggiunto, poco dopo, sorridendo appena, al buio più totale.
''Non ti sto dando una buona impressione?'' Aveva domandato Kisame, dopo qualche istante di silenzio, con un tono di voce quasi preoccupato, come se l'idea di non piacere alla ragazza lo rattristasse.
''No, no, affatto!
Insomma... mi hai salvato la vita, sembri una persona gentile e a modo, in più condividi i miei ideali...
Solo che alcune cose che hai detto mi hanno lasciata stranita e il fatto che tu non ti voglia far vedere mi rende ancor più perplessa.'' (T/N) aveva colto nel modo di esprimersi dell'altro un cambiamento, aveva percepito quella sorta di preoccupazione e dispiacere e aveva subito smentito il fatto che non le piacesse avere a che fare con lui; non avrebbe voluto di nuovo tornare su quella questione, non voleva essere opprimente, voleva essere solo sincera e fargli capire che alcuni suoi comportamenti erano ambigui e la mettevano in difficoltà nel capirlo.
Dopo che (T/N) aveva espresso le sue perplessità su Kisame c'era stato un lungo momento di silenzio, probabilmente dovevano essere passati diversi minuti, in cui nessuno dei due aveva fiatato: la ragazza stava aspettando una risposta, mentre l'altro era pensieroso sul da farsi.
La giovane, nonostante i vestiti bagnati che la raffreddavano, la parete rocciosa e fredda alle sue spalle e il suolo scomodo su cui era seduta, si era persino addormentata: era stata in giro tutto il giorno, nonostante non fosse del tutto a suo agio in quel luogo con quello sconosciuto il suo corpo era sfinito e necessitava di riposo.
Aveva resistito fino a che aveva potuto, cercando di tenere gli occhi spalancati, cercando di tenere la mente occupata nel mentre aspettava che l'altro le parlasse di nuovo, aiutandola a far passare il tempo, ma le sue palpebre pesanti avevano avuto la meglio dopo pochi minuti di resistenza al sonno.

Si era risvegliata, chissà dopo quanto tempo, quando la sua testa, appoggiata fino a poco prima contro la parete rocciosa, aveva ceduto in avanti, facendo si che si svegliasse all'improvviso per il colpo di frusta al collo.
Aveva sbattuto un paio di volte gli occhi, rimettendosi seduta compostamente contro la roccia dietro di sé, guardandosi in torno, ancora al buio, ricordandosi cosa era successo e dove si trovava; si era resa conto di essersi addormentata, ma non sapeva quanto tempo era trascorso e, soprattutto, non sapeva se fosse rimasta da sola o se Kisame fosse ancora lì con lei.
I suoi occhi avevano vagato disperatamente nel buio, alla ricerca di un appiglio, non riuscendo a trovare ovviamente nulla; rimanere da sola, al buio, con uno sconosciuto, per quanto gentile e a modo potesse essere, non la faceva stare del tutto tranquilla, ma l'idea di essere da sola in quel luogo buio iniziava a spaventarla.
''Sono ancora qui.'' La voce calda e rassicurante di Kisame era giunta alle sue orecchie appena qualche istante prima che lei potesse aprir bocca per chiamare il suo nome, prima che le venisse un attacco di panico: era come se l'altro avesse capito che necessitava di un segno, una conferma della sua presenza.
(T/N) aveva emesso un sospiro di sollievo e aveva rilassato le spalle, allungando le gambe sul terreno sabbioso, sgranchiendosele.
''Quanto ho dormito?'' Aveva chiesto, una volta rilassatasi, alzando lo sguardo verso il cielo ancora scuro, illuminato dalla luna che continuava a riflettersi nella piscina di acqua salmastra poco distante da lei.
''Non molto; ma dovresti metterti comoda, per quanto possibile, e riposare.'' Gli aveva risposto Kisame, premurosamente.
Ora che ci faceva caso la voce dell'altro le sembrava più vicina rispetto a quando avevano parlato prima che si addormentasse, il che significava che lui si era avvicinato a lei.
''Sei ancora a mollo?'' Gli aveva chiesto, poi, ignorando il suo consiglio, nonostante fosse stanca non intendeva rimettersi a dormire, voleva parlare con lui fino a quando il sole sarebbe sorto e avrebbe fatto luce, rendendolo visibile o fino a quando non si fosse addormentata di nuovo per lo sfinimento.
L'altro di riposta gli aveva schizzato dell'acqua addosso, confermando la sua teoria: Kisame era vicino al bordo della pozza d'acqua, a pochi centimetri da lei, si doveva essere avvicinato quando si era addormentata.
Il contatto dell'acqua calda con il suo corpo freddo e ancora umido l'aveva fatta leggermente rabbrividire, tanto che le era venuta la pelle d'oca e i suoi denti avevano tentennato nel battere.
''Mi stavi fissando mentre dormivo?'' Domandò ancora, assottigliando gli occhi in direzione della pozza d'acqua, rendendosi conto di non riuscire più a vedere il riflesso della luna affiorare sulla superficie, rimasto alle spalle dell'altro.
Aveva avuto la prova che l'altro fosse in grado di vedere al buio, così come che sapesse trattenere il fiato sott'acqua per diverso tempo, non si sarebbe stupita di sapere che durante il suo breve pisolino l'avesse fissata.
''N-no.'' Aveva risposto fin troppo velocemente l'altro, balbettando appena, cercando di nascondere a (T/N) la realtà, tradendosi, dato che non si era mostrato per nulla sicuro nel rispondere: Kisame doveva essere un pessimo bugiardo.
La (mora/bionda/rossa...) aveva ridacchiato leggermente, capendo che l'altro stesse mentendo; chiunque avrebbe trovato inquietante il fatto che quello sconosciuto l'avesse fissata per chissà quanto tempo sonnecchiare, ma (T/N), non seppe perché, ma non ci trovò nulla di male, di strano.
Ormai aveva la conferma che Kisame non avesse cattive intenzioni con lei: aveva avuto diverse buone occasioni per poterle farle del male, ma non aveva mai fatto nulla, il che aveva fatto capire del tutto a (T/N) che l'altro fosse davvero una brava persona e, ormai, si sentiva perfettamente a suo agio con lui.
''Scusa... ma non avevo altro da fare e non volevo svegliarti.'' Kisame aveva parlato di nuovo, scusandosi, in imbarazzo, ammettendo che l'aveva osservata dormire.
''N-non ti scusare, non fa nulla non hai fatto nulla di male.
So che osservare le persone è il tuo passatempo, poi, giusto?'' (T/N) si era sentita in colpa di aver messo in imbarazzo l'altro a tal punto di spingerlo a scusarsi di averla guardata mentre dormiva, neanche avesse commesso chissà quale reato.
Il suo tono di voce era così mutevole e limpido, Kisame lasciava trasparire con il suo modo di esprimersi, in maniera davvero chiara le sue emozioni; (T/N) non lo riusciva a vedere in volto, eppure riusciva a comprendere benissimo il suo stato d'animo.
''Comunque dovresti continuare a dormire, hai bisogno di riposo; non ti guardo più, anzi me ne vado.'' Kisame aveva cambiato argomento, cercando di nuovo di convincerla a dormire.
''No, io voglio parlare con te e poi non voglio rimanere da sola.'' Aveva risposto, contrariata, lei, non volendo assolutamente che l'altro la lasciasse lì da sola.
In realtà la ragione principale per cui lo voleva lì, oltre al fatto che non voleva rimanere da sola, era che voleva vedere che aspetto avesse e solo aspettando il sorgere del sole sarebbe riuscita a intravedere qualcosa.
''Qui sei al sicuro, non devi avere paura di rimanere da sola.'' L'aveva rassicurata lui; se solo lei lo avesse visto in faccia non avrebbe di certo espresso il desiderio di rimanere in sua compagnia.
''Per favore, rimani...'' L'aveva supplicato lei, sperando che cedesse.
''Ti senti più al sicuro con uno sconosciuto che da sola?'' La domanda che le aveva posto Kisame era più che lecita, era sensata.
''Hai detto che se avessi voluto farmi del male lo avresti già fatto all'inizio, no?
Mi fido di te.'' Aveva risposto lei, sorridendo appena, confidandogli che con lui si sentisse a suo agio, persino più al sicuro che da sola, nonostante sapesse che quel posto fosse sconosciuto a tutti e che lì nessuno avrebbe potuto raggiungerla per farle del male.
Kisame aveva sorriso di rimando nel buio, apprezzando il fatto che la ragazza lo reputasse buono e non lo temesse, nonostante non avesse idea con chi avesse a che fare, domandandosi se anche lui avesse dovuto darle fiducia e dirle la verità, mostrarsi per quello che era, sapendo bene quanto fosse rischioso.
''Rimango, ma tu riposa.'' Le aveva risposto, accettando l'invito a rimanere, purchè lei si fosse messa a dormire; Kisame non era sciocco, sapeva che l'altra lo voleva tenere lì in modo che una volta sorto il sole sarebbe stata in grado di vederlo, cosa che lui assolutamente non voleva che accadesse, non ora per lo meno.
La conosceva poco e, per quanto potesse piacerle, per quanto (T/N) sembrasse in grado di capire e accettare le diversità, Kisame non era ancora sicuro di potersi fidare a tal punto di lei per poterla mettere al corrente della verità.
(T/N) aveva passato le dita sulla sabbia, percependo i granelli fini e ruvidi sotto i polpastrelli, tenendo gli occhi (C/O) fissi in avanti, puntati nel vuoto, anche se in realtà non sapeva che stava esattamente guardando negli occhi l'altro.
Kisame aveva capito cosa stava cercando di fare e non intendeva far in modo che accadesse quello che lei sperava, era inutile continuare a forzare le cose, lui non si sarebbe mostrato a lei, non quel giorno.
''Appena mi addormenterò te ne andrai, vero?'' Domandò la ragazza, tirando su con il naso, raffreddata: sicuramente si sarebbe presa un bel raffreddore.
Era chiaro che se ne sarebbe andato, anche lui aveva bisogno di dormire o comunque aveva di meglio da fare che rimanere a fissare lei per ore mentre dormiva.
''Veglierò sul tuo sonno fino all'alba, poi me ne andrò e così farai tu una volta sveglia.'' Rispose l'altro, con tranquillità, non smentendosi.
''Posso... posso venire di nuovo qui? Mi farebbe piacere passare dell'altro tempo con te...'' Aveva chiesto, allora, (T/N) credendo che quello sarebbe stato un addio; gli sarebbe piaciuto avere di nuovo a che fare con Ksiame, era una brava persona, le piaceva e la incuriosiva parecchio, voleva sapere di più sul suo conto.
''Ti ho detto che questo posto è sacro e che non dovresti essere qui...'' Aveva iniziato a dire Kisame, in sospiro, ricordandole quello che le aveva detto qualche ora prima.
(T/N) aveva annuito nel buio, abbassando lo sguardo a terra, afflitta dalle parole dell'altro che pareva contrariato nell'incontrarla di nuovo.
''Promettimi che non dirai a nessuno di questo posto e ci incontreremo di nuovo.'' Concluse, poco dopo, Kisame, dopo aver osservato con attenzione la ragazza dall'aria afflitta; anche lui desiderava avere ancora a che fare con lei, stare in sua compagnia, anche se ciò era un rischio.
Il suo tono di voce era autoritario, ma al tempo stesso (T/N) aveva percepito delle note di indecisione, di insicurezza.
''Te lo prometto, sarà il nostro segreto.
Non ho intenzione di far scoprire questo luogo alla gente e dargli la possibilità di rovinarlo.'' Rispose, con convinzione (T/N), sorridendo, felice di aver ottenuto il consenso dall'altro di potersi vedere, per così dire, di nuovo.
''Mi fido di te.'' Aveva risposto, allora, Kisame, sorridendo di rimando, sperando che (T/N) percepisse in qualche modo il calore del suo sorriso.
''Ma non abbastanza da farti vedere: sei scorretto.'' Ribattè, spiccata, l'altra, non riuscendo a trattenersi nell'esprimere la sua scontentezza per il fatto di non poterlo vedere in faccia.
Kisame aveva ridacchiato, sapendo che la giovane sarebbe tornata su quell'argomento di nuovo.
Quella ragazza non avrebbe svelato a nessuno l'esistenza di quel luogo, di questo era certo, ora doveva solo capire se poteva fidarsi di lei a tal punto da mostrarle chi fosse.
''Ora dormi.
Mi troverai qui tutti i giorni, una volta calata la sera.'' Aveva sviato di nuovo l'argomento, decidendo di mettere fine, una volta per tutte, quel giorno, alla chiacchierata, dandole la sua disponibilità per incontrarsi ogni giorno, durante le ore di buio.
(T/N) aveva annuito alle sue affermazioni, decidendo, anche se contrariata, di dargli retta e dormire fino a quando il sole non sarebbe sorto, svegliandola.
Si sdraiò a pancia in su, sulla sabbia, fissando per qualche istante il cielo stellato sopra di lei, prima di chiudere gli occhi e aspettare di crollare nel sonno; la presenza di Kisame non la turbava affatto, nonostante sapesse che la stesse osservando era tranquilla, i suoi occhi fissi su di lei non le davano fastidio, il che era strano, non si sapeva spiegare il perché di quel senso di fiducia e tranquillità che la presenza di Kisame, una volta conosciuto un poco, le trasmetteva.
Se doveva essere del tutto sincera non vedeva l'ora che fosse il giorno successivo, precisamente che fosse sera, in modo da poter tornare in quel luogo nascosto e avere la possibilità di passare ancora del tempo con Kisame.

Proprio come si erano messi d'accordo, la sera successiva, quella dopo ancora e ancora, Kisame e (T/N) si erano rincontrati in quel luogo: per tutta la settimana, praticamente, la (mora/bionda/rossa...) aveva passato le notti lontana da casa, in quella grotta nascosta collocata su un isolata deserta, lontana dalla civiltà, con una persona che conosceva a malapena, che non aveva idea che aspetto avesse, ma con cui si trovava davvero bene.
Per passare le sue nottate con Kisame stava trascurando l'università e soprattutto dormiva poco, sapeva che non avrebbe potuto continuare ad andare avanti così per molto, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto ricominciare a frequentare quotidianamente le lezioni e avere una sleep routine normale, altrimenti avrebbe avuto dei grossi problemi con lo studio; fortunatamente non doveva rendere conto a nessuno delle sue uscite notturne, dato che viveva in appartamento da sola, altrimenti sarebbe stato ancor più difficile per lei incontrarlo senza destare sospetti.
Purtroppo Kisame non si fidava ancora abbastanza di lei, nonostante la conoscenza fatta durante quelle serate, da farsi vedere, altrimenti i loro incontri avrebbero potuto avere tranquillamente avuto luogo di giorno, sotto la luce del sole.
(T/N) era sempre stata la prima ad arrivare; Kisame non si presentava mai prima del calare completo del sole, appariva solamente quando la luna brillava alta al posto del sole nel cielo e solo una volta assicuratosi che la ragazza avesse spento la sua torcia.
La (mora/bionda/rossa...) ancora non aveva capito quali strani complessi mentali portassero l'altro a credere che lei si sarebbe spaventata così tanto una volta visto in faccia da non volere più incontrarlo, ma purtroppo non poteva far nulla a riguardo se non aspettare che lui si sentisse sicuro e a suo agio con lei.
Kisame era parecchio particolare, (T/N) lo trovava interessante, anche se a volte gli sembrava appartenesse a un altro mondo, dato che diceva spesso cose parecchio ambigue, a cui non dava mai una spiegazione, lasciandola perplessa.
Un episodio in particolare le era rimasto impresso nella mente.
Quella sera, come le altre, era giunta, con una mezz'ora di anticipo, poco prima del tramonto, al luogo di incontro; si era sistemata nel suo solito angolo, reso un po' più comodo dal sacco a pelo che aveva deciso di portare lì, in modo che non avrebbe dovuto passare le ore seduta sulla sabbia e aveva aspettato con impazienza che il sole calasse e la luna prendesse il suo posto nel cielo.
Appena il buio era calato Kisame era emerso, come ogni sera, dalla piscina di acqua salina, facendo distorcere il riflesso della luna sulla superficie dell'acqua.
''C'è del pesce nel tuo zaino?'' Fu la prima cosa le disse, con il suo solito tono di voce pacato, dopo averla salutata con gentilezza.
''Tonno e salmone.'' Aveva detto qualche secondo dopo, muovendosi nell'acqua, avvicinandosi al bordo della vasca da cui non usciva mai; parecchie volte (T/N) lo aveva invitato a uscire dall'acqua, dicendogli che non era sano stare a mollo per così tante ore, ma lui aveva sempre declinato l'invito, senza darle una spiegazione logica del perché non volesse uscire.
Lei aveva sbattuto un paio di volte le palpebre, incredula, non sapendo come l'altro avesse percepito la presenza di pesce all'interno dello zaino che si era portata dietro e che, in effetti, conteneva proprio i due pesci citati.
Oltre che alla vista parecchio sviluppata Kisame doveva avere anche un olfatto molto potente, dato che era riuscito a odorare
''I-In effetti sì.
Ho portato del Sushi nel caso ci fosse venuta fame
Ma come hai fatto a-a percepirne l'odore da così lontano? ''
(T/N) era sempre più stupita delle capacità sensoriali di Kisame che, bellamente, come al solito quando si trattava di darle spiegazioni, evitava di rispondere alle sue domande, sviando l'argomento.
''Sushi? Che cosa è?'' Aveva domandato, a sua volta, l'altro, con tono interrogativo e scettico, dando di nuovo la conferma alla ragazza che quell'uomo vivesse fuori dal mondo.
''Non hai mai mangiato del Sushi? Nemmeno sentito nominare?
Si tratta di una pietanza a base di pesce crudo e riso e a volte alghe.'' Gli aveva spiegato, allungando la mano verso il suo zaino, a pochi centimetri da dove era seduta, andandoci a frugare dentro, alla ricerca della vaschetta di Sushi confezionato che aveva comprato al supermercato quel pomeriggio prima di fare rotta su quell'isoletta priva di ogni infrastruttura.
''Ecco... tieni, assaggia.'' Gli aveva allungato la confezione di plastica, facendola scivolare sulla sabbia, fino a farla arrivare a pochi centimetri dal bordo della piscina naturale, sapendo che l'altro l'avrebbe afferrata senza problemi prima che finisse in acqua.
Ci fu un lungo istante di silenzio in cui (T/N) si era chiesta come fosse possibile che a Kisame fosse sconosciuto il Sushi, preparazione a base di pesce molto in voga, ricordandosi anche delle altre carenze a livello di conoscenza generale che Kisame aveva dimostrato di avere durante le chiacchierate avute i giorni seguenti.
Non era la prima volta che il suo strano, nuovo, amico le aveva chiesto che cosa fossero o a che cosa servissero determinati oggetti che aveva nominato durante i suoi discorsi, oggetti parecchio banali, che era impossibile non conoscesse: una volta le aveva domandato che cosa fossero quegli involucri di materiale viscido di forma cilindrica che aveva trovato in acqua.
(T/N) si era chiesta, all'inizio, se la stesse prendendo in giro, sentendosi parecchio in imbarazzo, una volta capito di che cosa stesse parlando Kisame, a spiegare l'utilità dei preservativi.
Kisame era rimasto parecchio incuriosito dalla sua risposta e le aveva fatto altre domande riguardante l'argomento, facendola parecchio sentire a disagio: come era possibile che un uomo adulto non sapesse a che cosa servissero i preservativi?
A volte si chiedeva se Kisame non fosse un selvaggio che vivesse nella natura, lontano da qualsiasi fonte tecnologica, che si limitasse a guardare da lontano gli uomini civilizzati: non c'era altra spiegazione alle sue carenze.
''È buono, ma il pesce non è dei migliori.'' Aveva commentato Kisame, riportando alla realtà la ragazza che si era immersa nei suoi pensieri e stava riflettendo sulle stranezze del suo interlocutore che, prima di mangiarsi tutta la confezione di Sushi, lo aveva guardato e annusato con diffidenza, decidendo solo dopo qualche istante di attenta analisi di assaggiare quella pietanza propostagli.
''Un giorno ti porto un tonno fresco, così il Sushi verrà più buono.'' Aveva esclamato poco dopo Kisame, con una certa enfasi, come se ciò che avesse detto fosse una cosa normale.
(T/N) a quell'esclamazione aveva, infatti, sgranato gli occhi, declinando la gentile offerta, evitando di esporgli il perchè non le sarebbe stato possibile fare del Sushi con un tonno fresco senza abbatterlo in modo da distruggere l'eventuale presenza di microrganismi patogeni e, oltretutto, date le dimensioni di un tonno, si chiedeva come Kisame avrebbe ben pensato di portarle in dono.
Kisame non le aveva raccontato quasi nulla di se stesso: non aveva idea di quanti anni avesse, ne tantomeno di cosa facesse nella vita, non parlava molto, le aveva sempre detto che preferiva ascoltarla, conoscerla meglio, pretendeva che gli raccontasse della sua vita senza che lei ricevesse nulla in cambio.
La cosa a (T/N), ovviamente, non stava bene, perché anche lei avrebbe voluto sapere qualcosa di più specifico su di lui, ma non poteva fare nulla per obbligarlo a parlare di sé.
L'uomo non elargiva informazioni a livello personale, ma le raccontava parecchi cose interessanti su un argomento a lei molto caro: l'ecosistema marino.
Come lei aveva una grande conoscenza e rispetto del mare e di tutti gli animali che vivevano in esso, il suo misterioso salvatore sapeva aneddoti parecchi interessanti riguardanti l'ecosistema marino, informazioni che (T/N), per quanto fosse appassionata dello stesso argomento, tanto da renderlo il suo oggetto di studio, non conosceva.

Anche quella sera Kisame e (T/N) si erano incontrati all'interno della grotta nascosta, lontano da tutto e da tutti; come sempre la ragazza era arrivata per prima e l'altro era apparso dopo di lei solo una volta fatto buio.
La serata stava proseguendo tranquillamente come sempre: i due avevano subito iniziato a parlare del più e del meno, come sempre Kisame era stato vago nel parlare di sé e di ciò che aveva fatto durante il giorno e aveva preferito lasciar spazio a (T/N) che aveva iniziato uno dei suoi lunghi monologhi; non si poteva dire che l'altro non stesse attento a ciò che lei diceva, tutt'altro, le faceva anche domande, mostrandole che il suo livello di attenzione fosse anche piuttosto alto.
Per quanto a (T/N) però piacesse parlare ed essere ascoltata, avrebbe anche tanto voluto sentire la voce dell'altro un po' più spesso, non solo perché iniziava a stancarsi e annoiarsi a parlare, praticamente, da sola per tutto il tempo, se non quando si parlava di mare, argomento in cui l'altro prendeva parola, ma anche perché Kisame aveva una voce davvero gradevole di cui la ragazza era succube.
Il tono di voce del misterioso Kisame era caldo e basso, vellutato, per nulla roco, ma estremamente mascolino.
La sua voce le accarezzava con dolcezza le orecchie, cullandola con delicatezza.
Le sue buone maniere e la capacità di esprimere in modo così vivido il suo stato emotivo attraverso le parole rendeva ancora più piacevole ascoltarlo.
Quando Kisame prendeva parola e elargiva a (T/N) le sue conoscenze riguardanti il mare, argomento che a lei stava piuttosto a cuore e a cui era parecchio interessata, a volte la ragazza si concentrava talmente tanto sul suono della sua voce, contemplandolo, che si perdeva interi discorsi.
Capitava spesso, di fatti, che l'altro richiamasse la sua attenzione chiamandola per nome, accortosi di non essere più seguito.
Purtroppo (T/N) non lo vedeva, ma lui vedeva benissimo lei e si accorgeva all'istante quando perdeva il filo del discorso.
La ragazza, probabilmente, non se ne rendeva nemmeno conto, ma quando contemplava con tanta attenzione la voce dell'altro, estraniandosi dalla realtà, si ritrovava stampato in volto un sorriso sciocco e tendeva a tenere gli occhi semichiusi: si rilassava talmente tanto a sentirlo parlare che per poco non si addormentava.
Il povero Kisame, vedendola in quello stato di semi-trance, non poteva far altro che pensare di starla annoiando tanto da farla addormentare.
''(T/N) se ti annoio o sei stanca, puoi dirmelo tranquillamente.''
Anche quella sera la (mora/bionda/rossa...) si era persa nella sua immaginazione, cercando di dare un volto a una voce così perfetta, non seguendo minimamente il discorso dell'altro che non aveva aspettato troppo a interrompersi e a farle notare la sua distrazione.
Non appena la ragazza sentì nominare il suo nome, trasalì, si risvegliò dal suo stato di dormiveglia, spostò i suoi occhi (C/O) nel buio più totale e si rese conto di essersi fatta ipnotizzare di nuovo dalla voce dell'altro.
''No, no, affatto! T-ti stavo ascoltando.'' Mentì, come aveva fatto altre volte, irrigidendosi e sgranando gli occhi come se fosse seriamente in difficoltà a tenerli aperti e mantenere la concentrazione.
''No che non mi stavi ascoltando, guarda che ti vedo: stai chiaramente pensando ad altro.'' Ribattè lui, in un sospiro sconsolato, con una punta di fastidio nel tono di voce.
Questa era la prima volta che Kisame metteva veramente in dubbio la sua attenzione, le scorse volte si era limitato a richiamarla per poi ricominciare a parlare una volta risvegliata la ragazza dal trance.
Probabilmente doveva essersi stufato di far finta di niente e non dare troppo peso al fatto che l'altra si perdesse nei suoi pensieri mentre lui parlava.
(T/N) si sentiva in colpa per aver dato l'impressione all'altro di essere disinteressata ai suoi discorsi, sembrando irrispettosa, ma non poteva farci nulla se la sua voce melliflua la mandava i estasi.
''Mi dispiace, ti chiedo scusa ma è colpa tua se mi perdo, sai?
È la tua voce, mi distrae.
Ha-ai una bella voce.
Mi perdo il discorso perché mi concentro sul suono delle parole.'' Asserì, finalmente (T/N), imbarazzata nel dover ammettere di avere un debole per il tono di voce dell'altro.
Ci fu un momento di silenzio che fece imbarazzare ancor di più la ragazza, convinta persino di aver preso colore in volto dato che si sentiva la faccia andare a fuoco.
Quello che non sapeva (T/N) era che anche Kisame, nascosto nell'oscurità, era imbarazzato quanto lei per aver ricevuto un complimento del genere.
''Oh... bhe, i-io ti ringrazio e... in un certo senso ti capisco.'' Bofonchiò, di risposta, l'altro, perdendo tutta la sua sicurezza nell'esprimersi, mostrandosi impacciato e disarmato davanti a tale confessione.
''A volte mi è difficile seguire i tuoi discorsi perchè mi perdo a osservarti.'' Si spiegò, poco dopo, ammettendo a sua volta di non essere sempre attento.
La fortuna di Kisame era che lui aveva il buio dalla sua parte e poteva nascondere in modo più semplice i suoi momenti di estraneazione dalla realtà, al contrario (T/N), sempre tenuta sott'occhio, non poteva permettersi di avere la testa tra le nuvole per troppo tempo.
(T/N) si spostò una ciocca di capelli dietro alle orecchie, sorridendo appena, sempre più in imbarazzo, rendendosi conto che quello che intendeva dire l'altro con quelle parole era che la trovava bella, tanto da perdersi nei suoi lineamenti, proprio come lei si perdeva nelle sfumature della sua voce.
Doveva ammettere che aveva un debole per Kisame, tralasciando la sua voce suadente, di per sé era una persona davvero interessante e particolare, che l'aveva intrigata sin da subito e continuava a mantenere alto l'interesse nei suoi confronti; (T/N) aveva intuito che la cosa fosse reciproca, le era chiaro che anche l'altro fosse parecchio attratto da lei.
(T/N) iniziava a necessitare di una conoscenza un po' più intima dell'uomo che, al contrario, continuava a essere schivo e distante, ancora non del tutto deciso a fidarsi di lei.
Più i giorni passavano, più parlavano, più lei si chiedeva quando e soprattutto se mai lui si sarebbe mostrato a lei, se mai si sarebbe sentito a suo agio nel compiere quel passo che, a quanto pareva, sembrava essere piuttosto grande per lui.
Forse se si fosse avvicinata lei un po' di più, se gli avesse accorciato la strada, non gli sarebbe stato poi così difficile andare incontro alla sua richiesta e compiere quell'azione apparentemente complessa.

''C-che cosa fai ora?'' Domandò, confuso, Kisame, osservando a distanza l'altra spogliarsi dei suoi indumenti, cercando, una volta liberatasi dei vestiti, di gattonare verso la piscina naturale senza finirci dentro involontariamente.
''Faccio un bagno.
Dici sempre che l'acqua è calda e si sta bene lì dentro, voglio vedere se è vero.'' Rispose, lei, proseguendo a tentoni, fino a quando con la punta delle dita non sfiorò la roccia bagnata vicino al bordo dell'infossatura naturale riempita d'acqua marina.
(T/N) si mise seduta sul bordo, allungando le gambe, facendo si che le immergesse fino al ginocchio.
Kisame aveva ragione: l'acqua era calda, aveva assorbito calore durante il giorno e ora lo stava sprigionando.
Fece un grosso respiro, preparandosi ad immergersi del tutto, procedendo, però, gradualmente: immergendosi in acqua, al buio, senza sapere se i suoi piedi avrebbero toccato il fondo, stava affrontando la sua paura della profondità.
L'idea di poter sprofondare nel vuoto la spaventava ancora, ma sapeva che non sarebbe annegata in quella vasca perchè c'era Kisame presente, lui non avrebbe fatto in modo che accadesse, lo avrebbe impedito, proprio come l'aveva fatto quella volta.
Il suo costume (C/P) si era ormai inumidito nella zona intima, le sue gambe erano del tutto in acqua.
Sotto i piedi non percepiva ancora alcun fondo, ma si fidava di Kisame che le aveva assicurato proprio il giorno in cui era quasi morta che l'acqua non era poi così alta.
L'idea di potersi avvicinare un poco al suo misterioso salvatore, immergendosi in acqua, le aveva dato la forza necessaria per provare a superare la sua paura.
''Mi prendi se vado sotto, vero?'' Chiese conferma, (T/N), presa dall'ansia, iniziando a pentirsi di aver preso quella decisione, lasciandosi soggiogare dai brutti ricordi che avevano iniziato ad annebbiarle la mente, spaventandola.
''Certo che sì, (T/N).'' Le aveva dato conferma Kisame che, fino a quel momento, non aveva detto nulla per metterle fretta, ne tantomeno per incoraggiarla a buttarsi in acqua, lasciando che lei si prendesse i suoi tempi.
Il modo in cui Kisame pronunciò quelle tre parole accompagnate dal suo nome le diedero di nuovo sicurezza, la forza necessaria per continuare ciò che aveva iniziato; così fece: smise di porre resistenza con le braccia che aveva tenuto in tensione sul bordo roccioso fino a quel momento, lasciando scivolare il suo corpo in acqua con un'unica mossa.
Aveva tenuto gli occhi e la bocca serrati e aveva trattenuto persino il respiro, sentendosi il cuore rimbombare nelle orecchie per l'ansia di non trovare la sabbia sotto i piedi, sperando di aver raccolto ossigeno necessario per resistere per qualche secondo sott'acqua in caso di mancato fondo.
Solo quando il suo corpo fu completamente abbracciato dal tepore dell'acqua salmastra e le piante dei suoi piedi toccarono la sabbia ruvida, si decise ad aprire gli occhi e tornare a respirare, cercando di regolare il battito cardiaco accelerato.
Emise un verso sorpreso, sgranando gli occhi (C/O) dallo stupore e dalla felicità: ce l'aveva fatta, si era immersa in acqua, completamente al buio, ignorandone la profondità.
Sorrise, trionfante, muovendosi appena, stando attenta a dove metteva i piedi, non avendo idea di come orientarsi, avvolta completamente nel buio.
''Avevi ragione: è piace-'' Non fece in tempo a finire di parlare perchè la sua bocca si riempì di acqua salata; aveva avanzato troppo e si era ritrovata in un punto in cui non toccava.
Fortunatamente le sue mani trovarono un appiglio saldo a cui aggrapparsi: le braccia forti e robuste di Kisame si erano subito stese in sua direzione, andando a fornirle un supporto.
(T/N) non ci pensò due volte ad afferrare gli avanbracci dell'altro con forza, ficcandogli quasi le unghie nella pelle, riemergendo dopo poco e iniziando a tossire, sputando fuori dalla bocca l'acqua che per poco non si era fatta spazio nei suoi polmoni.
Kisame l'aveva aiutata a fare qualche passo indietro, in modo che potesse toccare di nuovo il fondo, in modo che fosse in una zona sicura, il fatto che sotto i suoi piedi ci fosse di nuovo qualcosa, però on bastò per farle lasciare la presa dalle braccia dell'altro.
''N-non mi a-avevi detto che era più profonda andando avanti.'' Disse, tra un colpo di tosse e l'altro, la ragazza, sbattendo più volte le palpebre, sentendo gli occhi pizzicare per via dell'acqua salmastra.
''Credo di aver calcolato la profondità dell'acqua in base alla mia altezza, perdonami.'' Kisame si scusò, ridacchiando appena una volta finito di parlare.
(T/N), inconsapevolmente, aveva puntato i suoi occhi in quelli dell'altro che era appena a qualche centimetro da lei: era così vicino che aveva percepito in maniera ancor più nitida ogni singola sfumatura nel tono di voce dell'altro, a partire dall'imbarazzo provato per quella situazione, al senso di colpevolezza scaturito per non averla avvisata del dislivello del fondo.
La risata di circostanza aveva vibrato, riecheggiando per qualche secondo tra le parerti di pietra, fino a dissolversi e lasciare che il silenzio tornasse sovrano.
Solo in quell'istante (T/N) si rese conto di essere ancora aggrappata in maniera piuttosto salda all'altro: ce l'aveva sottomano, lo stava toccando, i loro corpi erano vicinissimi.
Allentò leggermente la presa delle sue mani sugli avanbracci di Kisame, muovendo appena le dita sulla parte del corpo che sottostava ad esse: la pelle dell'uomo era liscissima, (T/N) non percepiva alcuna peluria.
Kisame tentò di indietreggiare, resosi conto di quello che stava succedendo, ma (T/N) strinse di nuovo le mani e fece in tempo ad afferrarlo per i polsi prima che si allontanasse da lei.
''Io mi sono fidata di te, ora fidati tu di me.'' Sussurrò, piano, la (mora/bionda/rossa...), sorridendo al buio, sperando che l'altro la lasciasse finalmente avvicinare e avere un contatto più intimo co lui.
Kisame schiuse le labbra, nell'intento di replicare, ma decise di lasciar perdere e si limitò a emettere un piccolo sospiro di frustrazione mista all'ansia.

Le mani di iniziarono a farsi strada, risalendo le braccia muscolose dell'uomo, percependo i muscoli tirarsi al suo passaggio, come se il suo tocco lo stesse tramutando in pietra.
Fu quando le punte delle sue dita umide sfiorarono il viso di Kisame che questo tentò di nuovo di allontanarsi di nuovo.
''(T/N), no...'' Fu un sussurro quasi impercettibile, se la ragazza non fosse stata tanto vicina probabilmente non l'avrebbe sentito, ne si sarebbe accorta di quanta paura era nascosta dietro al suo nome pronunciato in quel modo frugale e quasi inudibile.
(T/N) sorrise gentilmente, sperando di poter tranquillizzare l'uomo dinanzi a sé, cercando di non dargli a vedere quanta ansia stava provando a compiere quei gesti leggeri, nella speranza di farsi un'idea della fisionomia di chi le stava davanti.
Passò le dita sulla mandibola, trovando di nuovo la pelle del viso di Kisame estremamente liscia, proprio come quella delle braccia, cosa piuttosto strana dato che si trattava di un uomo, non c'era alcun accenno di barba, proprio come di peluria.
La mascella era spigolosa, l'osso della mandibola era sporgente, anche gli zigomi erano pronunciati e il viso era scarno.
(T/N) aggrottò le sopracciglia quando passò meglio i polpastrelli sugli zigomi di Kisame, rendendosi conto che c'erano come delle rientranze, dei solchi: erano tre solchi paralleli, appena incurvati verso l'alto ed erano presenti su entrambi i lati del viso.
Kisame era agitato: per quanto i tocchi delicati della ragazza fossero piacevoli e tranquillizzanti, la paura di non essere accettato per quello che era, sempre se lei avesse intuito qualcosa su di lui toccandolo, lo spaventa: non voleva perderla, non voleva che smettessero di parlare per via di ciò che era.
Fu costretto a chiudere gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto puntati sul viso di (T/N), osservandolo con attenzione per cogliere ogni singola variazione della sua espressione, perchè la ragazza passò le dita, sempre con estrema delicatezza, sulle sue palpebre, cercando di capire che forma avessero.
Passò poi al naso, che percorse con il dito indice della mano destra: era dritto e piatto con narici larghe e punta arrotondata.
La fronte era proporzionata ed era priva di rughe di espressione, come il resto del suo viso, ciò voleva dire che Kisame non doveva essere poi tanto vecchio anzi, non doveva avere, secondo le sue supposizioni, qualcosa come dieci anni in più di lei.
Le sopracciglia erano fini e quasi inesistenti e incorniciavano gli occhi infossati e piccoli.
Passò le mani tra i suoi capelli, molto fini, ma in gran quantità che, umidi e appiccicosi, come se acconciati con del gel, rimanevano appena rialzati verso l'alto, sfidando le leggi della gravità e del bagnato.
Le dita della ragazza ripercorsero la strada a ritroso, fino a giungere di nuovo alla mascella, arrivando fino al mento acuminato: quell'uomo era uno spigolo unico.
Mancava solo la bocca, la parte che in qualche modo interessava di più a (T/N).
Sentiva il respiro caldo e umido di Kisame sfiorarle la punta delle dita quando finalmente le posò sulle sue labbra sottili e bagnate, tese in una linea drittissima: si stava trattenendo parecchio a tenerle serrate, come se non volesse in alcun modo proferire parola.
Di certo non aveva ancora ben idea di come fosse Kisame realmente, ma almeno si era fatta un pensierodi come sarebbe potuto essere e non le pareva così male: il suo viso era ben delineato, definito, forse era un po' spigoloso, ma era una caratteristica particolare che le piaceva.
''Di che ti preoccupavi, scusa?
A me sembri apposto!'' Asserì, una volta terminata la perquisizione, (T/N), dando un colpetto al petto dell'altro con una mano, in una pacca scherzosa e di incoraggiamento, sperando che l'altro smettesse di essere così teso e rigido.
Kisame emise un gemito di dolore che, probabilmente, aveva persino trattenuto per non far risultare troppo acuto, quando il palmo della mano della ragazza aveva fatto contatto con il suo pettorale.
Subito (T/N), sentendo quel piccolo verso di dolore, ritirò indietro la mano, cercando di capire che cosa stesse succedendo.
''Stai bene?'' Domandò non credendo possibile di avergli fatto male con la sua così poca forza.
Kisame non rispose, il suo respiro sconnesso parlò al suo posto, dando a intendere a (T/N) che c'era qualcosa che non andava.
Con estrema delicatezza portò di nuovo la mano sul petto dell'altro, cercando di non premere troppo, sfiorando con la punta delle dita una rientranza umida che aveva una temperatura più elevata rispetto al resto del corpo delp'uomo.
Questa volta Kisame trattenne il fiato e fece un passo indietro, non lasciando il tempo a (T/N) di reagire e di afferrarlo per tenerlo di nuovo vicino a sé.
''Kisame, sei ferito?!'' Domandò, apprensiva, allungando le mani in avanti, cercando il corpo dell'altro, con lo sguardo preoccupato perso nel vuoto.
''Non è niente.'' Rispose bruscamente lui, allontanatosi.
''Ho dietro delle cose... t-ti posso medicare!
Fammi solo uscire e-''
''No!'' La interruppe lui, facendo riecheggiare il suo vocione tra le pareti rocciose che per poco non tremarono tanto il tono di voce di Kisame si era alzato.
(T/N) che gli aveva dato le spalle e aveva allungato una mano verso il bordo di roccia, pronta per prendere lo slancio e uscire, si era infossata nelle spalle sentendosi urlare contro senza alcun motivo logico: voleva solo aiutarlo, perchè si era tanto adirato?
''N-non ce ne è bisogno, sto bene, davvero.'' Kisame parve essersi reso conto di aver esagerato e di aver alzato troppo i toni, tanto da aver spaventato (T/N).
''Scusami, non volevo farti paura non voglio farti paura.'' Aggiunse, poco dopo, muovendosi nell'acqua, ancora più lontano da lei, quasi deciso ad andarsene.
(T/N) percepì di nuovo quel tono di voce spaventato di cui non capiva il motivo.
''Non mi fai paura, ne me ne farai mai.
Lascia che ti aiuti, fidati di me.'' Si voltò appena in sua direzione, sperando di fargli capire quanto fosse sincera e sicura delle sue parole: non era spaventata e non si sarebbe spaventata, lui doveva solo fidarsi e lasciarla fare, proprio come poco prima.
''Ma il mio aspetto non hai idea di cosa io sia.'' Asserì lui, sempre contrariato dall'idea di farsi vedere, non volendo sapere quale reazione avrebbe avuto (T/N) guardandolo in faccia, non volendo vedere il suo viso distorcersi in smorfie di terrore e disgusto.
''Io credo tu sia un codardo superficiale e anche ipocrita.
Sei tanto spaventato del mio giudizio negativo sul tuo aspetto, non prendendo minimamente in considerazione quanto io apprezzi la tua persona, la tua interiorità.
Non avresti dovuto continuare ad avere a che fare con me... avresti dovuto trattarmi male e farmi spaventare con le parole, facendomi scappare se non volevi che questo momento arrivasse, perchè sapevi che sarebbe giunto prima o poi continuando a portare avanti questa storia.'' Asserì (T/N), d'un fiato, uscendo finalmente dall'acqua, percependo subito un brivido freddo percorrerle la schiena ed espandersi poi in tutto il suo corpo.
''Non so praticamente nulla di te, non mi hai detto nulla sul tuo conto, se non che hai un aspetto orribile... eppure mi sono fidata e continuo a fidarmi, possibile che tu, con tutte le cose che ti ho det-''
''Va bene, ho capito.
Mi lascerò medicare.'' Kisame la interruppe, decidendo di lasciarsi finalmente vedere da lei, consapevole che una volta svelata la sua identità avrebbe dovuto dare parecchie spiegazioni alla ragazza.
Non aveva accettato la sua proposta perché aveva realmente bisogno di essere medicato con urgenza, ne tantomeno perché fosse stato colpito nel profondo dalle parole di (T/N) che, pur essendo veritiere, non gli avevano fatto male, lo stava facendo perché era stanco di nascondersi, di non poter aver alcuna possibilità di approccio per via della sua natura.
(T/N) si meritava la sua fiducia, dopo tutto quello che lei aveva condiviso con lui, facendogli capire che persona fosse, non avrebbe nemmeno dovuto avere così tanti ripensamenti sul mostrarsi a lei, eppure li aveva avuti e tutt'ora li aveva perché c'era pur sempre quella piccola percentuale di possibilità che lei reagisse in malo modo al suo coming out.
(T/N) chiuse la bocca, espirando profondamente dal naso, tornando a gattoni fino alla sua postazione vicino al muro roccioso, cercando i suoi oggetti personali.
Non appena era uscita dall'acqua, il suo corpo aveva iniziato a venir trapassato da brividi di freddo per il cambio di temperatura, così la prima cosa che aveva fatto, ancora immersa nel buio, era stata quella di asciugarsi e avvolgersi intorno al corpo un'asciugamano.
Si era presa, in questo modo, qualche istante per rendersi conto di quello che era successo e che sarebbe successo a breve: si era avvicinata fisicamente a Kisame, l'aveva toccato ed era riuscita, finalmente, a convincerlo a mostrarsi a lei.
Ovviamente il fatto che fosse ferito non era passato in secondo piano; (T/N) non aveva bene idea di che tipo di ferita si trattasse, non doveva essere nulla di troppo grave, altrimenti Kisame non si sarebbe presentato all'incontro quella sera, ma non poteva essere trascurata, altrimenti si sarebbe infettata.
Era leggermente agitata perché non sapeva che cosa aspettarsi di vedere, al tempo stesso non voleva attendere altro tempo.

Con le mani tremanti, un po' per il freddo e un po' per l'ansia, aveva cercato la torcia abbandonata a terra qualche ora prima, facendo scorrere le dita sull'oggetto, fino a quando i suoi polpastrelli non sfiorarono il tasto di accensione che si decise a premere, dopo essersi presa un altro paio di secondi per prepararsi.
Con un sonoro click, che riecheggiò per qualche secondo nel silenzio, la torcia si accese e illuminò, con il suo fascio di luce giallognolo la caverna.
(T/N) aveva direttamente puntato la torcia in direzione di Kisame, illuminando per bene la piscina naturale in cui era immerso.
Finalmente la ragazza vide l'uomo con cui aveva passato le nottate sveglia a parlare per più di una settimana.
Kisame si era avvicinato, nel mentre lei decideva quando accendere la torcia, al bordo roccioso della piscina naturale, guardando l'altra indecisa sul da farsi, aspettando che il fascio di luce lo colpisse in pieno viso, esponendolo, quando ciò era accaduto, d'istinto, si era coperto il viso con le braccia, abbagliato.
Solo una volta abituatosi al cambio repentino di illuminazione aveva abbassato le braccia con lentezza, rimmergendole nell'acqua; aveva puntato i suoi piccoli occhi addosso alla ragazza, aspettando con impazienza la sua reazione.
(T/N) a distanza debita aveva guardato in faccia per la prima volta Kisame, rimanendo stupita e confusa, ma non spaventata dell'aspetto della persona che si trovava dinanzi a lei.
Kisame era un uomo robusto, il suo corpo era massiccio, muscoloso e pareva anche essere piuttosto alto, dato che l'acqua che a lei arrivava appena sotto il collo a lui sfiorava i pettorali: di certo avevano parecchie centimetri di differenza, ma di ciò se ne era già resa conto quando aveva fatto scorrere le mani sul suo corpo qualche minuto prima.
Ovviamente non era di certo il suo fisico scolpito a renderlo particolare.
La pigmentazione della sua pelle era di un azzurrino tenue, spento, quasi tendente al grigio.
Per un istante la ragazza credette di aver visto male, aveva creduto che i suoi occhi non si fossero ancora abituati alla luce e stessero distorcendo i colori, ma dopo che aveva battuto le palpebre un paio di volte, cercando invano di rendere il colorito di Kisame meno inumano, si era resa conto che ciò che stava vedendo era reale.
Dopo aver studiato la sua corporatura e il colore della sua pelle, si concentrò sul viso che aveva avuto modo di conoscere prima.
La prima cosa di cui ci si rendeva conto guardandolo in faccia, oltre al fatto che la sua pelle fosse grigiognola, era che fosse preoccupato, in pena: ogni muscolo del suo viso era teso.
I lineamenti del viso di Kisame era spigolosi e aguzzi come le sue dita avevano constatato: i suoi zigomi erano sporgenti, la mascella era ben delineata e il naso era dritto e appuntito.
Le sue guance erano segnate da tre piccoli solchi l'uno sotto l'altro, incurvati appena verso le gote: sembravano essere delle specie di cicatrici che, in qualche modo a (T/N) ricordavano le branchie di un pesce.
Gli occhi neri erano piccoli e infossati ed erano fissi su di lei, la studiavano con attenzione, stando attenti a non farsi scappare neanche un minimo movimento da parte di un muscolo facciale.
I folti capelli, di un blu scuro, erano umidi e acconciati in un ciuffo disordinato e da alcuni ciocche sparse cadevano alcune gocce di acqua: le dita di (T/N) avevano lasciato segni del loro passaggio.
Le labbra sottili erano serrate e leggermente inarcate, in una smorfia preoccupata, verso il mento.
Kisame deglutì un groppo di saliva, continuando a osservare con minuzia l'espressione statica e immutata di (T/N) che non gli aveva fatto minimamente capire che cosa stesse pensando di lui dopo averlo visto.
''Mi... mi medicherai?'' Spezzò il silenzio, esasperato dall'attesa di una reazione da parte dell'altra, Kisame, abbassando lo sguardo sul suo pettorale destro per un secondo, riportando, poi, i suoi occhi attenti e preoccupati su (T/N).
La ragazza aveva guardato le labbra dell'altro muoversi per pronunciare con una certa difficoltà quelle due parole; parlando Kisame aveva dato modo a (T/N) di accorgersi di un'altra sua particolarità: i suoi denti erano tutti appuntiti e affilati, indipendentemente dalla posizione in cui si trovavano.
La sua dentatura, formata da solo canini, la colorazione della sua pelle, la fisionomia del viso dai tratti spigolosi e appuntiti, facevano sembrare Kisame simile a uno squalo.
Gli occhi (C/O) di (T/N) si sgranarono appena dopo che era giunta a paragonare Kisame al predatore che lei tanto ammirava.
L'altro, notando gli occhi dell'altra sgranarsi, credette che da lì a poco si sarebbe messa a urlare dallo spavento e sarebbe corsa via da lui; non voleva assolutamente assistere a quella scena, non voleva sentirsi rinfacciare di essere un essere umanoide dalle sembianze spaventose: era un uomo-squalo, aveva le sembianze di un essere umano, ma era caratterizzato da alcuni tratti somatici del predatore dell'icsano per eccellenza che non rendevano il suo aspetto tutt'altro che amichevole.
Abbassò lo sguardo, rilassando la mandibola, indietreggiando di qualche passo, con lentezza, dal bordo della laguna, intento ad andarsene, cercando di fare in fretta, ma allo stesso tempo cercando di non compiere movimenti bruschi che avrebbero fatto allarmare la ragazza.
''Non sembra grave, ma lo saprò meglio una volta vista da vicino.'' Asserì (T/N) con tranquillità, in risposta alla domanda dell'altro, spezzando il silenzio, assottigliando lo sguardo sulla ferita che Kisame aveva sul petto.
Kisame smise di indietreggiare e riportò gli occhi su (T/N) che, ora con gli occhi semichiusi e un'espressione seria in volto, stava osservando la ferita sul suo petto.
''P-puoi uscire dall'acqua o...'' Chiese la ragazza, non avendo idea se Kisame, mezzo uomo e mezzo squalo, potesse uscire da quello che era il suo habitat o se fosse relegato ad esso nonostante le sembianze umane, per quello che ne sapeva lei poteva anche avere la coda.
Kisame annuì alla sua domanda lasciata a metà e, una volta riavvicinatosi al bordo, appoggiate le mani su di esso, fece leva sulle braccia per far emergere il suo corpo muscoloso.
(T/N) aveva osservato con minuzia ogni singolo muscolo del corpo di Kisame tendersi durante il movimento che sembrava non essergli costato alcuno sforzo.
Uscito fuori dall'acqua, senza alcuna fatica, si era alzato in piedi, mostrandosi in tutta la sua possanza e mascolinità.
Le goccioline di acqua percorrevano i muscoli delineati del suo corpo con lentezza, godendosi il percorso ben definito.
Gli occhi curiosi di (T/N) vagarono verso il basso, seguendo le linee dei muscoli dell'addome che terminavano con una V molto accentuata nella zona inguinale; le parti intime erano libere, in bella mostra: si poteva dire che il pesce di Kisame avesse la propria autonomia di movimento.
Di certo non le era stato facile riportare la sua attenzione altrove dopo aver visto la 'pinna' dell'uomo-squalo, ma ci provò, sperando che l'altro non avesse fatto caso al cedimento verso il basso dei suoi occhi.
Kisame aveva, poi, fatto qualche passo in sua direzione con lentezza, con circospezione, ancora incredulo di ciò che stava accadendo: (T/N) non aveva reagito male, era rimasta tranquilla e si era premurata, prima di fargli domande sulla sua persona, di prendersi cura del suo taglio.
Più Kisame si avvicinava più la sua figura le sembrava imponente, ma non minacciosa: il suo corpo massiccio e le caratteristiche fisiche che lo rendevano simile a uno squalo non bastavano per renderlo spaventoso.
Quello spaventato, intimorito, pareva lui: teneva lo sguardo basso e proseguiva con lentezza verso di lei, come se non fosse del tutto convinto di quello che stesse facendo; per essere un ibrido tra un uomo, uno dei predatori della terra, e uno squalo, non appariva per nulla pericoloso, ne tantomeno aveva il carattere di chi sarebbe stato in grado di farti del male.
In effetti Kisame, pur essendo un uomo di una certa stazza, imponente e forzuto, aveva un carattere piuttosto docile e tranquillo, che non si confaceva affatto con il suo aspetto intimidatorio.
Solo una volta giunto a pochi centimetri da lei, (T/N) si rese conto di quanto lei fosse minuta rispetto a lui: per guardarlo in faccia doveva alzare la testa di quasi novanta gradi.

''Vediamo di di medicarla.'' Asserì, (T/N), leggermente soggiogata dall'imponenza di Kisame, osservando la ferita che questo aveva sul petto: era un morso di squalo, erano ben visibili i segni dei denti che avevano lasciato il solco nella pelle del pettorale dell'uomo.
La ferita non era profonda, Kisame era stato fortunato che l'animale non avesse infilato i suoi canini appuntiti a fondo, altrimenti l'uomo non sarebbe sopravvissuto.
Era vero che non era una ferita troppo profonda, ma sarebbe stato meglio suturarla per velocizzare la guarigione.
Purtroppo (T/N) non era un medico, quello che poteva fare da inesperta era disinfettarla, anche se credeva sarebbe servito a ben poco: non c'è disinfettante migliore dell'acqua salata e Kisame viveva nell'oceano, sicchè la sua ferita era già ben pulita.
La ragazza si portava sempre dietro nello zaino un piccolo kit di pronto soccorso, così in caso di incidente sarebbe stata in grado di medicarsi alla veloce: camminando sempre tra le rocce non era raro che inciampasse e si tagliasse o graffiasse.
''Ora non sei più protetto dal buio, ti vedo che mi fissi.''
(T/N) aveva preso parola, cercando di alleviare la tensione mista a un poco di imbarazzo che aleggiavano nell'aria.
Kisame che, effettivamente, non le aveva tolto gli occhi di dosso per un secondo da quando lei, una volta che si erano seduti e aveva preso l'occorrente dallo zaino, aveva iniziato a tamponare la ferita con del cotone imbevuto di disinfettante, stando ben attenta a essere delicata e non fargli male premendo con forza, si irrigidì quando la ragazza gli ricordò di quel dettaglio per nulla insignificante, facendolo rendere conto di non poter più permettersi di osservare la ragazza con insistente attenzione come faceva solitamente, al buio, senza apparire opprimente.
''S-scusami, non volevo infastidirti.'' Rispose, pacato e gentile come suo solito, lasciando trasparire il suo imbarazzo e una punta di ansia dal suo tono di voce insicuro.
Cercò, inutilmente, di guardare altrove, ritrovandosi, però, dopo qualche istante, a fissare di nuovo lei che, con espressione concentrata, gli medicava la ferita.
Non stava monitorando il suo operato, stava osservando il suo viso, come era solito fare, per coglierne ogni piccolo cambiamento, variazione, cercando di capire il suo stato d'animo, i suoi pensieri; ovviamente la guardava in quel modo perché la trovava anche molto bella, tanto che aveva ammesso, a volte, di perdersi nel guardarla, non la fissava solo perché voleva decifrarla.
''Non mi da fastidio.'' Lo rassicurò lei, alzando il viso e guardandolo negli occhi, sorridendogli gentilmente, sperando che Kisame si sentisse di nuovo a suo agio in sua presenza e smettesse di essere agitato.
Lui la guardò con un'espressione inebetita e stupita, tranquillizzandosi, come sperato, una volta che la ragazza gli sorrise.
''Ti metterei una fasciatura o un cerotto, ma dato che vivi in acqua credo sia inutile quanto avertelo disinfettato.'' Asserì la ragazza, poco dopo, scrollando appena le spalle, concludendo il suo lavoro; lei si era offerta di medicarlo perché aveva creduto fosse umano e che il suo gesto sarebbe potuto essere d'aiuto, ma una volta capito che Kisame non era un uomo qualsiasi si era resa conto che non avrebbe potuto far nulla di che per aiutarlo.
Come constatato, in qualsiasi caso, la ferita non era grave e Kisame non sembrava essere poi troppo preoccupato di quel morso.
Il corpo dell'uomo-squalo era adornato da qualche cicatrice, alcune più grandi, altre meno, alcune in punti vitali, altre invece in punti meno critici: doveva essersela vista brutta parecchie volte.
La sua stazza, la sua resistenza e forza e la sua pelle dura, proprio come quella di uno squalo, l'avevano salvato da morte certa chissà quante volte.
''Grazie comunque, è stato premuroso da parte tua.'' La ringraziò, ugualmente, Kisame, guardando la ferita arrossata che aveva sul petto, ignorando il fastidio che gli procurava.
Le sorrise apertamente, mostrando la trafila di denti aguzzi, bianchi e perfettamente allineati, dimenticandosi nuovamente di non essere al buio e che con quella dentatura, per quanto tentasse di sorridere in maniera pacifica, poteva apparire spaventoso.
(T/N) guardò le labbra dell'altro stendersi per la prima volta in un sorriso genuino, capendo che, in qualche modo, Kisame si fosse rilassato.
''Ti posso dare un consiglio premuroso? Dovresti coprirti lì sotto; sarebbe un bel danno se ti facessi male lì.'' Gli disse la ragazza, cercando di non abbassare lo sguardo tra le gambe dell'altro, limitandosi solo a indicargli con il dito la sua zona intima esposta.
Sarebbe stato davvero un grosso danno irreparabile se si fosse ferito in un punto tanto delicato.
Kisame ascoltò le parole di (T/N) e abbassò lo sguardo tra le sue gambe, seguendo la traiettoria del dito dell'altra che indicava il suo organo riproduttivo.
''Con un preservativo, ad esempio? È una protezione, no?'' Chiese, ingenuamente, Kisame, non avendo ancora afferrato il concetto di protezione inteso quando si trattava di preservativi.
(T/N) ridacchiò, scuotendo la testa.
''Non ti protegge proprio da tutto.'' Gli rispose, poco dopo, spostandosi una ciocca (C/C) dietro un orecchio, guardando l'espressione interdetta e curiosa di Kisame.
Ora che aveva capito che Kisame non vivesse sulla terra ferma, che non fosse del tutto umano, le era chiaro il motivo di tutte quelle domande che un tempo aveva ritenuto sciocche, insensate e del perché di tutti quei vuoti nelle conoscenze degli usi e costumi della popolazione umana.
''Immagino tu abbia parecchie domande.'' Cambiò discorso lui, alzando appena la testa verso il cielo, osservando la luna e le stelle splendere, sopra di loro.
Kisame sapeva che la ragazza, presto o tardi l'avrebbe sommerso di domande; con tutto quello che le aveva chiesto lui, non si sarebbe di certo tirato indietro, risultando scorretto, al rispondere alle sue curiosità.
Ormai si era esposto, si era mostrato a lei per quello che era, sapeva che le domande sulla sua natura sarebbero state una conseguenza all'esporsi.
Per quanto si fidasse di (T/N), per quanto le paresse una brava persona, non sapeva se avrebbe potuto condividere con lei i dettagli della sua vita e di quella dei suoi simili.
Se non si era mostrato subito a lei, non era stato solo per paura di essere giudicato come singolo, ma soprattutto perché aveva temuto per il destino del suo popolo: la loro esistenza sarebbe stata dura se gli uomini di terra, che non avevano di certo una buona fama, tutt'altro, erano considerati i distruttori del pianeta, avessero scoperto della loro esistenza .
La ragazza, seduta di fianco a lui, ancora avvolta nell'asciugamano ormai fattosi umido, si voltò in sua direzione, osservando il suo profilo.
(T/N) era contenta del fatto che lui le stesse finalmente dando il via libera per fargli delle domande a cui, finalmente, avrebbe ottenuto risposta.
Lo riguardò con attenzione, studiando ogni singolo particolare del suo viso: lo trovava bello, particolare, altro che spaventoso; l'interesse di (T/N) nei confronti di Kisame, se già prima di vederlo era stato parecchio alto, ora lo era ancor di più.
Probabilmente non era normale, non era sana di mente, ma lei trovava Kisame, un ibrido tra un uomo e uno squalo, il suo animale preferito per cui aveva una gran passione, affascinante; essendo amante degli squali, ammirandoli, era chiaro che le caratteristiche fisiche dell'altro lo rendessero ai suoi occhi perfetto per quanto riguardassero i suoi gusti.
Il fatto che Kisame avesse anche un bel carattere, che fosse così estremamente gentile, educato e comprensivo, erano altri punti in più.
Ormai ne era certa: si era presa una cotta per Kisame e, non voleva essere sfacciata, ma credeva che la cosa fosse reciproca; purtroppo non aveva idea se la cosa sarebbe potuta funzionare o andare avanti, ammesso e concesso che anche l'altro nutrisse interesse nei suoi confronti.
Aveva a che fare con un uomo-squalo, una forma di vita umanoide sconosciuta; per tutto quel tempo aveva creduto di parlare con un suo simile, invece aveva scoperto che era entrata in contatto, aveva un legame, con un essere vivente di un'altra specie dotata di intelligenza.

(T/N) era abbastanza intelligente da rendersi conto da sola che, se fino a quel momento l'esistenza di uomini-squalo, persone, perché anche se avevano dei geni simili agli squali, erano pur sempre tali, come Kisame non era conosciuta a nessuno, era chiaro che dovesse rimanere tale: nessuno doveva sapere dell'esistenza di una forma di vita simile all'uomo che vive nell'acqua salina, altrimenti, conoscendo la natura distruttiva degli umani, predatori con la smania del controllo, quelle forme di vita sarebbero state sottomesse, come la maggior parte di quelle presenti sulla terra.
Assolutamente (T/N) non voleva che accadesse una cosa simile, al solo pensiero di Kisame e altri suoi simili rinchiusi in un acquario, esposti come dei pesci, la faceva star male; assolutamente avrebbe mantenuto il segreto.
''Anzi tutto sappi che quello che mi dirai rimarrà tra me e te, tra queste mura rocciose: non ho intenzione di parlare con nessuno di te e di ciò che mi dirai.
Non voglio che ti accada nulla di male e per scongiurare che questo accada è bene che io taccia.''
(T/N) aveva capito di che cosa fosse tanto preoccupato Kisame, ne capiva il motivo, la sua paura era lecita.
''Mi fido di te, so che non mi tradirai: tu sei diversa, sei speciale.'' Le aveva sorriso lui, mostrandole di nuovo la fila di denti aguzzi e bianchi, guardandola con estrema ammirazione con i suoi piccoli occhi neri.
(T/N) aveva apprezzato quel complimento da parte dell'altro, tanto che era arrossita: era bello sapere che una persona si fidasse così tanto di lei, che la considerasse a un livello superiore rispetto agli altri.
''Prima domanda... Come hai potuto anche solo pensare di potermi spaventare per le tue sembianze?
Insomma ti ho detto che ho un certo interesse p-per gli squali...''
La ragazza si rese conto quanto fosse imbarazzante parlare della sua passione davanti a Kisame ora che era a conoscenza del fatto che lui fosse per metà squalo: in pratica era come se avesse appena ammesso di essere attratta da lui proprio per via delle sue caratteristiche che lo rendevano simile all'animale; ora la sua passione sembrava essersi tramutata in una sorta di feticismo.
''Hai ragione; devo dire che mi sono tranquillizzato nel sapere di questo tuo interesse, ma capisci bene che per me rimaneva pur sempre un incognita, un rischio che non avrei dovuto correre: non mi sono mai mostrato a un umano e non avrei dovuto farlo, mi è proibito, come mi è proibito avere qualsiasi tipo di interazione con quelli della vostra specie.'' Le rispose, con tranquillità, lui, sospirando con un certo disappunto, sapendo di aver infranto parecchie regole da quando aveva iniziato a parlare con lei.
(T/N) si era trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato quella notte: per prima cosa non avrebbe dovuto venire a conoscenza di quel luogo, un tempio sacro per il popolo di Kisame, il fatto che fosse caduta in acqua, rischiando di annegare, proprio nel momento stesso in cui lui era giunto in quel luogo, passando dall'entrata sott'acqua, era stata una fatale coincidenza.
Kisame non aveva potuto esentarsi dal salvarle la vita, non c'era alcuna regola che vietasse ciò, ma anche se ci fosse stata, dato il suo buon animo, l'avrebbe infranta senza pensarci due volte.
Aveva iniziato a infrangere le regole quando non se ne era andato subito dopo averla salvata, quando aveva deciso di rimanere per controllare se stesse bene, intraprendendo una conversazione con lei: inizialmente il suo intento era stato quello di farla andar via da quel luogo sacro, sperando non tornasse e non lo rendesse noto al resto del mondo, purtroppo non ce l'aveva fatta a mandarla via, a cacciarla, quando (T/N) le aveva raccontato il motivo per cui era finita lì e perché non potesse andarsene.
Era sempre stato troppo buono e gentile, sensibile; il suo buon animo gli aveva procurato sempre problemi nell'essere accettato e soprattutto era considerato un pericolo da parte dei suoi simili, che proprio per le sue gesta troppo altruistiche, temevano che sarebbe successo qualcosa che li avrebbe messi in pericolo.
Per questo motivo gli era sempre stato proibito di andarsene in giro da solo, di avvicinarsi troppo agli uomini, creature per cui aveva nutrito, dalla prima volta che le aveva viste, una certa curiosità.
Solo una volta divenuto adulto, responsabilizzatosi, aveva potuto andarsene in giro in autonomia, anche se ciò era raro, dato che solitamente i viaggi venivano fatti almeno in coppie da due.
Così, durante gli anni, aveva sfamato la sua curiosità in merito agli uomini limitandosi ad osservali a debita distanza, stando bene attento a non farsi vedere, anche se non era sempre stato facile trattenersi nell'interagire con uno di loro, l'idea insana di parlare con un uomo gli passava nell'immediato quando si ricordava una cosa: se si fosse esposto alle persone sbagliate la caccia alla sua gente sarebbe iniziata; per quanto avessero un'aspetto umano, per quanto conoscessero la loro lingua e la maggior parte delle loro usanze, per gli esseri umani sarebbero stati solo dei pesci, degli squali, una parte della fauna marina da cacciare e non rispettare.
Aveva rischiato di rovinare l'esistenza alla sua gente mostrandosi a (T/N), eppure si era deciso e l'aveva fatto perché aveva bisogno di avere un contatto con un umano, di poter apprendere e conoscere di più sui loro usi e costumi e sul perché, la maggior parte delle volte, tutti i loro interventi sulla natura fossero distruttivi.
Il compito suo e quello della sua specie era quello di salvaguardare le creature del mare, pensando prima al loro bene.
Kisame aveva sempre creduto che bisognasse collaborare con le altre specie dotate di intelligenza per rendere la vita sulla terra migliore, soprattutto in quel periodo in cui il mondo stava degenerando.
Ma, a quanto pareva, a detta degli anziani del suo popolo era impossibile mediare con gli umani che, a differenza loro, che potevano comunicare con gli animali marini ed erano in empatia, soprattutto con gli squali, non sapevano comprendere e far fronte alle esigenze degli altri animali presenti sulla terra e pensavano solo a loro stessi: se la natura soffriva era solo colpa degli uomini con la loro sete di potere e delle loro macchine distruttrici.
Kisame sapeva che ciò era la realtà, ma non si era ancora arreso al credere che tutta la specie umana fosse responsabile di tutto il male, così come credeva che ci fosse ancora qualche possibilità di rimedio.
''Stai infrangendo un bel po' di regole per colpa mia non so se essere dispiaciuta per te o essere deliziata di essere la persona per cui hai deciso di andare contro la legge.'' Ribattè lei, sorridendogli leggermente.
Kisame non rispose subito, rimase in silenzio, a osservarla con attenzione come era solito fare.
Nonostante il suo sguardo fosse sempre fisso su di lei, (T/N) non trovava Kisame invadente o ossessivo: i suoi occhi erano pieni di curiosità.
''Posso sapere come ti sei ferito?'' Gli aveva chiesto, poi, lanciando un'occhiata frugale alla ferita sul suo petto, tornando a guardarlo negli occhi poco dopo.
Kisame si passò una mano dietro al collo, tirando un angolo delle labbra verso l'alto, in un piccolo sorriso di circostanza: doveva esserle sembrato ridicolo il fatto che un uomo-squalo fosse attaccato da uno squalo.
''È successo questa mattina, dopo che ci siamo salutati.
Ho percepito che c'era un gruppo di squali in pericolo mi sono precipitato nel punto da cui arrivava la richiesta d'aiuto: c'era una barca e c'erano degli uomini che provavano a catturarli, li sentivo discutere su come agire...
Lo squalo che stavo cercando di liberare dalla lenza era molto agitato, si continuava a muovere peggiorando solo la situazione e dallo spavento, quando gli ho messo le mani addosso mi ha morso.
Mi è andata bene che ho fatto in tempo a spostare le mani prima che le azzannasse, altrimenti a quest'ora sarei morto dissanguato e non avrei più gli arti.'' Kisame aveva raccontato brevemente l'accaduto a (T/N), senza perdersi troppo nei dettagli, anche perché altrimenti la storia sarebbe stata troppo lunga.
La (mora/bionda/rossa...) aveva ascoltato il racconto dell'altro che aveva dato un senso a quel morso che non era stato altro che un incidente, un errore; le era sembrato strano, infatti, che uno squalo avesse potuto attaccare Kisame di proposito.
L'uomo l'aveva rischiata grossa compiendo quell'impresa: non solo perché sarebbe potuto morire se lo squalo avesse affondato più violentemente i denti nelle sue carni, ma anche perché aiutandolo, avvicinandosi così tanto all'imbarcazione, gli uomini avrebbero potuto vederlo e tentare di catturare pure lui; era stato fortunato ad uscire vivo da quella situazione spiacevole.
''Sei stato coraggioso, ma anche troppo impulsivo.'' Si complimentò con lui (T/N), rimproverandolo allo stesso tempo per aver rischiato la sua vita.
''Lo so, ma proteggere l'ecosistema marino è il mio compito, non posso sottrarmi al mio incarico, anche se ne va della mia vita.'' Ribattè lui, con sicurezza e consapevolezza di ciò che faceva e rischiava ogni volta in cui si imbatteva in situazioni simili.
''Ma se dovessi morire non potresti più fare il tuo lavoro anzi, se dovessi morire e il tuo corpo fosse ritrovato da qualcuno, metteresti a rischio anche la vita della tua gente.
Devi essere più prudente.'' Disse, allora, lei, puntando i suoi occhi (C/O) in quelli neri di lui, facendogli capire quanto fosse grave il suo comportamento, anche se stava agendo a fin di bene.
Kisame annuì alle sue parole, dandole ragione dopo aver analizzato meglio le circostanze: non l'aveva mai pensata in quel modo, (T/N), invece, aveva capito subito il rischio di quelle azioni impulsive, soprattutto si era resa conto da sé, senza che lui glielo dovesse spiegare, il motivo per cui i suoi simili non avrebbero dovuto venire a conoscenza dell'esistenza degli uomini-squalo.
Era felice di sapere che (T/N) fosse comprensiva e avesse già capito da sé più del dovuto su di lui e le sue origini: quella ragazza era davvero speciale e non smetteva mai di stupirlo positivamente.
Essersi mostrato a lei era stata la scelta giusta, non se ne pentiva e credeva non l'avrebbe fatto nemmeno in futuro; ormai l'ansia che aveva avuto all'inizio era scemata, era a suo agio.

Ora che, finalmente, Kisame aveva deciso di mostrarsi a lei, incontrarsi sarebbe stato meno complicato, non avrebbero più dovuto incontrarsi esclusivamente di notte, ma anche di giorno, impegni permettendo.
Ovviamente tra i due (T/N) era la più indaffarata, ma avrebbe comunque trovato del tempo libero durante il giorno per vedersi con lui; stare sveglia tutte la notte per molti giorni di seguito non giovava per nulla alla salute e iniziava a pesarle.
Da quel giorno, infatti, i due avevano iniziato a vedersi durante la giornata, solitamente nel pomeriggio, dato che al mattino (T/N) era in università.
Era passato quasi un mese dal loro primo incontro e, durante quelle settimane, il loro rapporto si era fatto sempre più solido; nessuno dei due l'aveva ammesso ancora apertamente, ma era chiaro che ciò che li legava non era solo un'amicizia, ma qualcosa di più.
Se nessuno dei due aveva mai espresso il proprio interesse romantico all'atro, era perché entrambi erano consci che appartenendo a due mondi diversi sarebbe stata troppo dura, se non impossibile, sostenere alcun tipo di relazione sentimentale.
Era già abbastanza complicato per loro due vedersi, lontano dagli occhi degli altri, di nascosto, non potendo rendere noto a nessuno il fatto che stessero interagendo: se qualcuno fosse venuto a conoscenza dei loro incontri, sarebbe stato un guaio.
Sapevano che le cose non sarebbero potute andare avanti così all'infinito: (T/N) aveva la sua vita, doveva concentrarsi sugli studi, trovarsi un lavoro, non poteva passare le sue giornate chiusa in una grotta, anche se avrebbe tanto voluto che ciò fosse possibile, era consapevole che non poteva permettersi di trascurare tutto il resto per Kisame.
L'uomo-squalo era a sua volta ben conscio del fatto che i loro incontri prima o poi sarebbero dovuti cessare per il futuro di successo della ragazza e si chiedeva, ormai da qualche giorno, se avesse dovuto fare lui il primo passo, mettendo fine ai loro appuntamenti giornalieri, perché sapeva che se non l'avesse fatto lui (T/N) avrebbe posticipato, rendendo quello che sarebbe stato un addio ancor più difficile.
Doveva essere per forza un addio e non un arrivederci: solo non vedendosi più sarebbero riusciti ad andare avanti, continuando la loro vita, prima o poi il ricordo dell'altro, una volta prese le distanze e fatto passare del tempo, non sarebbe più stato così doloroso; se avessero diminuito gli incontri, continuando a vedersi, seppur di rado, il sentimento che provavano l'uno per l'altra non sarebbe scemato così in fretta e non avrebbe permesso ad entrambi di vivere normalmente.
Il problema era che lui non voleva davvero mettere fine a tutto e non aveva nemmeno idea di come fare per troncare il loro rapporto nel modo meno doloroso possibile.
''Devo tornare a casa.'' Le aveva detto, un giorno, guardandola dritta negli occhi.
(T/N), immersa con lui, alzò i suoi occhi (C/O) dal fondo sabbioso, perfettamente visibile attraverso l'acqua cristallina, poco felice di quell'affermazione.
Sapeva che Kisame viveva lontano dalla costa, in oceano inoltrato, a molti chilometri di distanza dall'isola in cui lei abitava e sapeva che prima o poi lui sarebbe dovuto tornare dal suo popolo, nelle acque buie e profonde.
Le aveva sempre detto che sarebbe stata una questione di qualche giorno, massimo una settimana, perché non aveva intenzione di rimanere a casa a lungo, che sarebbe tornato sulle coste della sua isola accertandosi che squali, delfini e il resto delle specie di pesci fossero al sicuro, protetti in quella zona.
(T/N) ovviamente era triste di sapere che per un certo periodo di tempo non si sarebbero visti, sapendo che le sarebbero mancati i loro appuntamenti giornalieri, ma era consapevolezza che poi si sarebbero rivisti era più tranquilla: avrebbe atteso con impazienza il suo ritorno, cercando di distrarsi alla meglio concentrandosi sugli studi e altro.
Purtroppo, però, la ragazza era poco convinta dal modo in cui Kisame la stava guardando con una certo senso di colpa e dispiacere negli occhi, nemmeno le avesse fatto qualche torto, facendole venire qualche dubbio sul fatto che, come le aveva detto in passato, sarebbe tornato da lei.
''Quando tornerai?'' Gli aveva chiesto allora, osservandolo con attenzione per catturare ogni singola sfumatura delle sue espressioni facciali, cercando di capire che cosa realmente l'altro stava cercando di dirle.
Kisame aveva cercato di contenere le emozioni, cercando di dissimulare il dispiacere e la tristezza; aveva scrollato le spalle e aveva sorriso leggermente, nel modo più naturale possibile, mostrando la fila di denti bianchi e appuntiti.
''Una settimana e sarò di nuovo qui; questo posto ha bisogno ancora della mia sorveglianza.
Devo solo far vedere che sono vivo alla mia famiglia e fare un resoconto della situazione, nulla di impegnativo.'' Le aveva risposto, con leggerezza, sperando che il suo tono di voce e i suoi occhi non lo tradissero.
Sapeva che era meschino quello che stava facendo, forse sarebbe stato meglio chiudere i rapporti parlando della situazione in cui si trovavano apertamente, ma Kisame aveva pensato che mentendole e facendo in questo modo sarebbe stato più facile, almeno per lei, dirgli addio.
Aveva intenzione di salutarla con un arrivederci, dandole appuntamento tra sette giorni, senza però presentarsi fisicamente.
Non sarebbe riuscito a dirle addio, così aveva pensato che sparire con una banale scusa: era un addio, ma non dichiarato che lasciava ancora speranza, anche se lui sperava di essere abbastanza forte da non cedere e tornare indietro da lei.
Gli occhi (C/O) di (T/N) avevano osservato gli angoli della bocca di Kisame inarcarsi verso l'alto in un sorriso apparentemente sincero e rassicurante.
Gli occhi piccoli e scuri non avevano smesso di guardarla per un istante, non avevano ceduto ad abbassarsi; era stato difficile per l'uomo-squalo guardare in faccia (T/N) sapendo di starle mentendo così spudoratamente.
Non era mai stato bravo a mentire, ma sperava che questa volta avesse finto in modo credibile.
''Promettimelo.'' Aveva scandito, lettera per lettera, lei, facendo qualche passo in sua direzione, fino a quando l'acqua si era fatta troppo alta ed era stata costretta a nuotare per raggiungerlo e posizionarsi a pochi centimetri da lui.
Si era aggrappata alle sue braccia, stringendo le mani intorno ai suoi muscoli, trovando un sostegno saldo, in modo da non dover essere costretta a continuare a muovere le gambe per rimanere a galla.
Non c'era mai stato un gran contatto fisico tra loro due, entrambi avevano sempre mantenuto le distanze e non avevano mai invaso lo spazio vitale dell'altro e, quel gesto, per quanto banale fosse, aveva procurato a entrambi un tuffo al cuore.
Lui le aveva messo le mani sotto ai gomiti, in modo che potesse sostenerla; aveva evitato di cingerla per i fianchi, altrimenti il loro contatto sarebbe stato troppo intimo e lui non credeva sarebbe riuscito a contenere ancora il desiderio che provava nei suoi confronti se avesse sfiorato i suoi fianchi morbidi.
Si era sempre mostrato posato ed educato, aveva mantenuto sempre le distanze, non toccandola mai, ma era pur sempre un uomo e (T/N) una donna, una bella donna, che le piaceva parecchio, reprimere gli istinti non era sempre facile, soprattutto quando si è nudi e i propri genitali sono esposti e ben visibili: forse una protezione, un indumento, sarebbe stato utile in questo caso; gli uomini erano stati intelligenti a inventarsi i vestiti, utili a coprire certe problematiche.
Per lui e la sua gente la nudità era normale, Kisame sin da bambino era stato circondato da donne nude, quindi non erano di certo un paio di tette e un culo a metterlo in difficoltà, piuttosto era un possibile contatto fisico a fargli discendere tutto il sangue tra le gambe.
Kisame aveva guardato dall'alto dei suoi centonovanta centimetri la ragazza che, con la testa alzata, lo guardava dal basso, scrutandolo con attenzione, avendo bisogno che le desse un'altra conferma della veridicità delle sue parole.
Gli occhi piccoli e scuri dell'uomo-squalo erano andati a puntarsi sulle labbra leggermente inarcate verso il basso, in una smorfia di tristezza e preoccupazione, bramandole avidamente con la consapevolezza di non potersele permettere.
''Tornerò, davvero.'' Le assicurò, quasi in un sussurro, guardandola negli occhi, con espressione seria; quello che le aveva detto, le aveva promesso, era una mezza verità: era vero, sarebbe tornato, probabilmente, in un futuro, in quel luogo, ma non per incontrare lei.
(T/N) abbassò il mento, stringendo le dita intorno al bicipite appena in tensione dell'altro, guardando la cicatrice del morso suo petto quasi del tutto cicatrizzata, annuendo, senza troppa convinzione.
Si fidava di Kisame, lo aveva fatto sin dal primo giorno, eppure qualcosa le diceva che questa volta non avrebbe dovuto.
''Mi fido di te.'' Gli aveva detto, a bassa voce, lasciando trapelare la sua insicurezza, facendo capire all'uomo-squalo che il timore di non vederlo più c'era.
Serrò la mascella, indurendo i suoi lineamenti tanto da renderli più spigolosi di quanto già non fossero: non le aveva detto addio, ma mentirle, con la consapevolezza che lei stesse facendo finta di credere alle sue parole, faceva male ugualmente, se non di più.
(T/N) aveva creduto alle parole di Kisame, cercando di scacciare via la butta sensazione che aveva provato sin dal momento in cui lui le aveva annunciato la sua partenza, contando ogni minuto che mancava per rivederlo, anche se c'era sempre quella parte di lei che le diceva di non farlo perché sarebbe stato inutile, dato che non l'avrebbe più rivisto.
Sarebbe stato meglio per lei se avesse dato retta alla vocina fastidiosa e asfissiante che aveva nella testa, iniziando ad assimilare il colpo e iniziare a dimenticare Kisame non appena questo se ne era andato, portandosi avanti.

La settimana era passata e di Kisame non c'era stata traccia.
Non si era presentato nemmeno i giorni successivi, ne la settimana dopo; (T/N) aveva smesso di andare nella LORO grotta solo dopo la terza settimana, accettando finalmente il fatto che lui non si sarebbe presentato.
La (mora/bionda/rossa...) credeva che sarebbe dovuto spettare a lei, dato che si trattava della sua laurea, della sua carriera, della sua vita, decidere quando mettere fine a tutto, ma non riusciva ad essere arrabbiata con Kisame per aver preso quella decisione al suo posto, anche se l'aveva fatto in modo non diretto, mentendole e tradendo la sua fiducia pur di non doversi dire addio; non aveva capito il perché di quella scelta: ovviamente dirsi addio sarebbe stato indubbiamente doloroso, ma avrebbero potuto decidere di passare gli ultimi attimi insieme in modo diverso dal solito, rendendo la fine della loro storia speciale.
Probabilmente Kisame aveva voluto evitare proprio quel tipo di fine travolgente e passionale che sapeva avrebbe reso il tutto ancor più difficile da dimenticare, così aveva optato per far passare quell'addio in un arrivederci che non necessitava di nulla di speciale, dato che includeva la certezza che avrebbero passato altro tempo insieme.
Era passato ormai un mese e mezzo dal loro saluto e (T/N), durante quel periodo di tempo, aveva cercato di dimenticare Kisame, senza però riuscirci del tutto; non potersi confidare con nessuno, tenersi tutto per sé, non potendosi sfogare apertamente, aveva reso l'impresa ancor più ardua, nonostante le distrazioni non le fossero mancate: lo studio, il lavoro e gli amici l'avevano aiutata a non pensare a lui, quello che non era stato utile a non farglielo tornare in mente era il suo hobby, ossia la continua ricerca di curiosità sugli squali.
In quelle settimane (T/N) aveva evitato di cercare notizie inerenti all'argomento e aveva smesso di parlare, appena aveva occasione, a chiunque della sua passione, cosa che aveva fatto stranire chiunque la conoscesse.
Persino il suo peluche a forma di squalo, Samehada, era stato messo da parte, nascosto sotto al letto in modo che non fosse alla portata del suo campo visivo.
Sapeva che per uscire il più in fretta possibile da quella situazione doveva allontanare dalla sua vita qualsiasi cosa che gli ricordasse di lui, sperava solo che in futuro avrebbe potuto tornare a esercitare il suo hobby senza finire in lacrime ogni volta che aveva davanti la foto di uno squalo, animale che fino a poco tempo prima l'aveva fatta sorridere.
(T/N) aveva persino iniziato a frequentare un ragazzo, sperando che interessandosi a qualcun altro sarebbe servito: si era, praticamente, costretta a farsi piacere un ragazzo pur di levarsi dalla testa Kisame.
Suigetsu non aveva nulla che non andasse, se non il fatto che non era Kisame: era un bel ragazzo, era simpatico, pieno di energie, gentile, a volte fin troppo sincero, tanto che risultava maleducato quando esprimeva i suoi pensieri.
Suigetsu, che era un suo compagno di corso, svolgeva i suoi stessi studi, il che voleva dire che avevano parecchi interessi in comune, le aveva fatto capire senza problemi, dato il suo essere sincero e senza scrupoli, ne vergogna, che aveva una cotta per lei.
(T/N) inizialmente, sin dai primi giorni di conoscenza, lo aveva rifiutato, non riuscendo a vederlo come qualcosa di più di un amico, solo dopo che Kisame se ne era andato aveva deciso di dargli una possibilità: sapeva che era un gesto egoistico da parte sua e non corretto nei confronti di Suigetsu che davvero le voleva bene e aveva una grande cotta per lei, ma aveva pensato che forse con lui sarebbe stata felice e avrebbe reso contento anche lui.
L'unica cosa che accumunava il compagno di università con l'uomo-squalo erano i denti appuntiti che, però, non erano naturali, bensì opera di un buon dentista che aveva esaudito la richiesta stramba di Suigetsu di avere una dentatura del genere.
Quei denti in qualche modo avevano convinto (T/N) a voler uscire con lui; nonostante il momentaneo rifiuto per qualsiasi cosa che avesse avuto a che fare con gli squali, quella dentatura affilata l'aveva attirata: il suo feticismo per gli squali aveva raggiunto livelli parecchio alti, tanto che si stava ritrovando a uscire con un ragazzo dai denti appuntiti, simili a quelli di uno squalo, desiderando di venir morsa.
Ovviamente questo desiderio era rimasto un pensiero, dato che con Suigetsu era ancora in fase di conoscimento e non aveva ancora fatto nulla con lui, nonostante la tentazione, ogni volta che le sfoggiava il suo sorriso affilato, fosse tanta; in realtà l'unico squalo da cui avrebbe voluto essere morsa era Kisame, anche se ormai era troppo tardi: avrebbe dovuto seguire il suo istinto e saltargli addosso a tempo debito, in modo da avere le cicatrici lasciate dalle sue fauci su tutte le parti morbide del suo corpo.
Entrambi si erano trattenuti troppo, nonostante fossero stati ben consapevoli che provassero entrambi gli stessi sentimenti, la stessa attrazione, avevano preferito mantenere le distanze per non complicare ancor di più quella situazione fin troppo complicata.
Forse era stato un bene che le cose non si fossero fatte più intime.

(T/N) passeggiava sulla spiaggia, sollevandosi appena il lungo vestito (C/P) di un tessuto leggero che indossava quella sera con una mano.
I piedi venivano bagnati dal'acqua dell'oceano che si espandeva e ritirava con intervalli di tempo regolari sul bagnasciuga.
L'oceano era calmo, piatto, era quasi impercettibile il leggero fruscio delle onde che si infrangevano con estrema tranquillità.
Il sole era appena tramontato, non era ancora buio, ma ben presto lo sarebbe stato: il cielo aranciato sarebbe pian piano divenuto più scuro, fino a tingersi di nero e il mare avrebbe preso la stessa tinta cupa.
L'unico modo per distinguere cielo e l'oceano sarebbero state la luna e le stelle che avrebbero delineato il confine tra i due spazi del medesimo colore.
Quando l'oceano si sarebbe incupito (T/N) avrebbe preso le distanza da esso, nonostante l'acqua tiepida le stesse appena sfiorando i piedi: la sua paura non era ancora sparita.
Le dita della sua mano libera erano intrecciate con quelle lunghe e affusolate di Suigestu che l'aveva trascinata via dalla festa a cui erano stati invitati per portarla a vedere il tramonto sul mare e passare un po' di tempo solo con lei.
(T/N) si era fatta trasportare dalla frenesia del ragazzo dai capelli argentei e la pelle lattea, non essendo per nulla dispiaciuta di abbandonare il bar affollato e caotico in cui erano stati fino a poco prima.
Se all'inizio quel contatto fisico le aveva fatto piacere, ora, a lungo andare, iniziava a opprimerla, a darle fastidio: le loro mani, così calde, avvinghiate l'una all'altra in quel modo, in una presa ferrea, la infastidivano.
''(T/N) facciamo il bagno!'' Aveva asserito Suigetsu, puntandole i suoi occhi color lavanda addosso, sorridendole con furbizia: sapeva benissimo che lei aveva paura dell'acqua profonda e del buio, voleva sfruttare questa paura a suo vantaggio.
Le aveva lasciato la mano solo per potersi togliere la maglia di un tenue blu, che gettò, poi, sulla sabbia, senza curarsene troppo.
Lei aveva scosso la testa, cercando di non dargli troppo a pesare il fatto che avesse provato ad avvicinarsi di più a lei, cercando più contatto fisico, prendendosi gioco della sua fobia.
I suoi occhi non avevano nemmeno avuto il riflesso incondizionato di abbassarsi per dare una sbirciata al fisico asciutto ma scolpito del ragazzo.
''Dai! Non avere paura, ci sono io.'' Aveva tentato di convincerla, come se fosse stato così semplice farle passare la paura, prendendole di nuovo la mano per strattonarla appena nel tentativo di farle mettere almeno i piedi in acqua.
La ragazza si sbilanciò appena in avanti, facendo subito un passo indietro appena le fu possibile.
''Sui... ti ho detto di no; non mi è così facile superare questa cosa.'' Si era tirata di nuovo indietro, facendogli capire esplicitamente di non voler entrare in acqua, cercando, nonostante non le fosse piaciuto quel gesto brusco, di non dare troppo peso all'accaduto.
Suigetsu si imbronciò appena, inarcando le sue labbra rosee verso il basso, in una smorfia offesa.
''Fidati di me, ti prometto che non ti succederà niente.'' Aveva tentato di nuovo, sorridendole caldamente, sperando di ispirarle fiducia.
(T/N) abbassò lo sguardo, osservando i suoi piedi venir bagnati a intervalli regolari dall'acqua.
L'unica volta che aveva affrontato la sua paura aveva avuto a fianco Kisame di cui si era fidata cecamente quando lui le aveva detto di fidarsi, di non preoccuparsi dell'acqua scura, che ci sarebbe stato lui a vegliare sulla sua incolumità, non lasciandola annegare.
Quella era stata l'unica occasione in cui, una volta immersa nel buio e nell'acqua, senza riuscire a toccare il fondo con la punta dei piedi, si era sentita al sicuro.
''Prima o poi dovrai affrontarla.
Non sai cosa ti perdi: fare il bagno di notte è qualcosa di spettacolare.'' Aveva parlato di nuovo Suigetsu, riportandola alla realtà, facendole ricordare di essere lì con lui ora e non con Kisame.
Lo aveva guardato in faccia: era ancora sorridente e non si era ancora dato per vinto nel convincerla, purtroppo il suo sorriso non le parve così rassicurante come lui credeva fosse.
''Non devi farlo per forza da sola.
Io sono qui apposta.'' Altre parole sprecate uscirono dalle labbra di Suigetsu, che entrando da un orecchio e uscendo dall'altro a (T/N) che aveva sentito quei discorsi mille volte.
Tutte le persone a cui aveva detto di aver questa fobia le avevano più o meno ripetuto le stesse cose che le aveva detto l'albino, come se fosse così facile superare quel trauma infantile che le causava ancora gli incubi la notte; a volte pensava che le persone reputassero la sua paura e ciò che aveva vissuto una sciocchezza: aveva rischiato di morire quel giorno, salvarsi e avere come postumo quel tipo di paura era più che lecito.
''Sui- Suigetsu! Mettimi giù!'' Urlò (T/N), iniziando a impanicarsi quando si rese conto che il ragazzo l'aveva presa in braccio e la stava portando dentro all'acqua senza il suo consenso: era per caso impazzito? Voleva farle venire un infarto? Schiattare dalla paura?
''Ti serve solo un incentivo, qualcuno che ti smuova.
Non agitarti... vedrai che non è così male come pensi.'' I tentativi di Suigetsu di tranquillizzarla non furono per nulla efficaci, anzi: (T/N), che fino a quel momento era stata tranquilla, si era parecchio innervosita dopo quest'ultime parole.
''Ti ho detto di mettermi giù! Suigetsu!'' La sua voce iniziò a incrinarsi quando si accorse che Suigetsu ormai era immerso nell'acqua fino alle ginocchia e si era allontanato dalla riva di qualche metro.
Il suo vestito iniziava a bagnarsi sul fondo e ben presto anche lei sarebbe stata sfiorata dall'acqua scura che tanto temeva.
Nonostante volesse essere lasciata andare, volesse tornare a riva, non poteva che continuare a stringersi addosso a Suigetsu essendo il suo unico sostegno in quel momento.
L'altro l'aveva ignorata e aveva proseguito, con più fatica, ad entrare nell'acqua sempre più profonda.
''Suigetsu! Fermati! Ho paura!'' Urlò in disperazione nell'orecchio del ragazzo, iniziando davvero a spaventarsi quando percepì l'acqua bagnarle il sedere.
Se quella volta in cui era caduta nella piscina d'acqua salmastra non aveva avuto la forza di muoversi, ormai immersa del tutto in acqua, arresasi al suo destino, questa volta iniziò a scalciare, a dimenarsi tra le braccia dell'altro, sperando che la lasciasse andare e riuscisse, una volta in piedi, a tornare indietro senza venir assalita da un attacco di panico per non riuscire ad orientarsi nel buio.
Il ragazzo iniziò ad avere qualche difficoltà a trattenerla e capì che era davvero il caso di lasciarla libera di muoversi in autonomia prima che si mettesse a urlare o stesse male: non avrebbe dovuto compiere un gesto simile senza l'autorizzazione di lei.
(T/N) si ritrovò immersa fino al busto nell'acqua che, pur essendo calda, al contatto con il suo corpo spaventato e percorso dai tremiti provocati dalla paura, le fece venire i brividi dal freddo.
''(T/N), è tutto ok... calmati.
Guarda: sei in acqua! Ce l'hai fatta!'' Asserì, il ragazzo, avvolto nell'ombra, cercando di convincere (T/N) di aver fatto un passo avanti e di essere riuscita a superare la sua fobia, quando in realtà con quel gesto brusco, senza consenso, l'aveva fatta quasi schiattare di paura.

La mano che fino a qualche minuto prima era stata intrecciata con quella del ragazzo si tese e si andò a stampare sulla guancia destra di quest'ultimo che non aspettandosi tale trattamento spalancò la bocca per lo stupore e il dolore.
''Volevi farmi morire dalla paura?! Ti... ti rendi conto di quanto tu sia stato impulsivo ed egoista?!
Volevi solo avere l'occasione di avermi attaccata a te!
Hai sfruttato il mio problema a tuo vantaggio... mi fai ribrezzo!'' Sbraitò la ragazza, tremante dalla rabbia, dalla paura e dal senso di impotenza per non aver potuto far nulla per tirarsi indietro prima di ritrovarsi già dentro in acqua.
Gli occhi (C/O) erano pieni di lacrime, ma ancora (T/N) non aveva intenzione di versarle, non nell'ocdani per lo meno, altrimenti sarebbe annegata tanto avrebbe contribuito ad innalzarne il livello.
''I-io... io volevo solo...'' Balbettò, dispiaciuto e colpito, sia in viso che nell'orgoglio, Suigetsu, portandosi una mano umida sulla guancia ferita, guardando con gli occhi sgranati la ragazza che, però, ormai, non lo stava più calcolando.
Nel momento stesso in cui aveva finito di urlare contro all'albino con la coda dell'occhio si era resa conto che lei e il ragazzo non erano gli unici in acqua: era ormai buio, non ci vedeva troppo bene, ma era sicura di aver visto qualcuno alle spalle di Suigetsu, a distanza di qualche metro.
''K-Kisame?'' Aveva subito sussurrato, affiancando il nome dell'uomo-squalo la figura massiccia che era spuntata dall'acqua qualche secondo prima.
Suigetsu aveva inarcato un sopracciglio, osservando con gli occhi semichiusi (T/N), cercando di mettere il più possibile a fuoco il suo viso, non avendo la minima idea di che cosa le prendesse ora.
La ragazza aveva spalancato gli occhi e, come se la paura della profondità e del buio fossero svanite in quell'istante, aveva fatto qualche passo verso Suigetsu, superandolo appena con una spallata, guardandosi in giro alla ricerca dell'uomo: non se l'era immaginato, non era stato tutto frutto della sua immaginazione, l'aveva visto davvero ed era certa che fosse Kisame.
L'acqua le arrivava allo stomaco, il suo vestito era ormai quasi del tutto bagnato.
Se quello che aveva intravisto era davvero Kisame, se davvero era tornato, doveva assolutamente vederlo, ne aveva bisogno e sapeva dove l'avrebbe trovato.
''(T/N)? (T/N)?!'' Suigetsu l'aveva chiamata un paio di volte, giratosi anche lui verso l'orizzonte, cercando di capire che cosa prendesse, ora, alla ragazza, senza giungere a capo di nulla.
Così come l'aveva superato prima, lo superò di nuovo anche ora, percorrendo il percorso fatto a ritroso con grandi falcate, uscendo pian piano dall'acqua.
Quando il livello del mare fu abbastanza basso da permetterle di accelerare il passo si mise a correre, rimettendo dopo poco i piedi sulla sabbia asciutta.
L'albino l'aveva chiamata e, successivamente, le era corso dietro per un tratto, urlandole le sue scuse, ma lei lo aveva ignorato, avendo cose molto più importanti da fare che stare ad ascoltare lui chiederle perdono per averla quasi fatta morire di paura.
Doveva raggiungere il molo, trovare un mezzo e raggiungere l'isoletta nella quale si trovava il loro luogo di incontro il prima possibile.
Era sera, l'acqua dell'ocsani era scura ed era impossibile vedere il fondo, sarebbe dovuta salire su una barca e navigare immersa nell'oscurità totale fino all'altra isola, seguendo solamente le indicazioni che le fornivano le stelle.
Aveva paura, una paura tremenda che qualcosa potesse andare storto, che succedesse qualcosa all'imbarcazione e lei si ritrovasse in mezzo al mare da sola, al buio totale, senza sapere come uscire da quella situazione, ancora peggio sarebbe potuta cadere in mare e annegare o affondare con la barca.
Purtroppo se voleva vedere nell'immediato Kisame doveva farsi forza e affrontare la sua paura, altrimenti avrebbe perso quell'occasione di vederlo, sempre se l'avesse trovato lì.

Così, dopo aver corso fino al molo, era salita su un piccola barca a motore, faticando un poco per accenderla, dato che era immersa nel buio, era partita, a tutta velocità, verso l'isoletta a pochi chilometri da lì.
Aveva cercato per tutto il viaggio di non guardare il mare, di tenere gli occhi rivolti verso il cielo, orientandosi grazie alle stelle, sentendosi lo stomaco sottosopra ogni qualvolta l'imbarcazione rimbalzava sulla superficie del mare leggermente mosso a largo.
Il suo cuore batteva all'impazzata per la paura che, però, pian piano si trasformò in adrenalina grazie all'emozione che aveva preso possesso del suo corpo quando aveva visto quella figura imponente immersa nel buio del mare alle spalle di Suigetsu: non aveva dubbi che fosse lui, ne era certa, chi altro avrebbe potuto essere se non Kisame?
L'agonia in mare durò poco: il tragitto fu breve e, nonostante i piccoli rimbalzi della barca sull'acqua che le avevano fatto venir il mal di mare, nemmeno troppo pauroso come aveva immaginato sarebbe stato.
Non sapeva se poteva dire di aver superato del tutto la sua fobia, ma di certo aveva fatto un gran passo avanti compiendo quell'impresa che mai avrebbe pensato di compiere in vita sua; saranno stati anche pochi chilometri, ma erano qualcosa, molto per lei che si era rifiutata per anni di mettere piede in mare una volta che non riusciva più a vedere il fondo.
Di corsa come era salita sulla barca era scesa, tenendo tra le mani il vestito bagnato e lungo che le intralciava i movimenti, percorrendo, al buio e sempre di corsa, la spiaggia, inciampando un paio di volte nella sabbia, rischiando di cadere a terra.
Era stata più cauta nel muoversi quando aveva raggiunto l'ingresso della grotta circondato di rocce, procedendo con calma e a tentoni, sperando di non farsi male, cercando di non essere troppo frettolosa e impulsiva nel muoversi.
Il tratto più difficile da percorrere, dopo lo stretto cunicolo che aveva fatto a gattoni con fatica, intralciata dal suo abito che si doveva essere ormai strappato e rovinato, furono le scale di pietra.
''K-Kisame? Kisame sei qui?'' Aveva chiamato il suo nome a gran voce, nonostante fosse a corto di fiato, facendo echeggiare la sua voce all'interno della grotta segreta, muovendo gli occhi nel buio più totale, cercando la figura dell'altro.
Non percepiva alcun rumore, nemmeno il fruscio dell'acqua che stagnava all'interno della piscina naturale.
Si domandò, dunque, se davvero lui fosse lì, se fosse tornato da lei o se si fosse immaginata tutto.
''Kisame, se sei qui accendi la torcia o farò le scale rotolando.'' Tentò di nuovo, appoggiando una mnao al muro, mentre l'altra sorreggeva un lembo del vestito, in modo che non le finisse tra i piedi e la facesse inciampare facendo le scale improvvisate: se avesse messo male il piede e fosse caduta avrebbe fatto un bel volo che non l'avrebbe lasciata illesa.
Aspettò qualche secondo, trattenendo il fiato e cercando di captare qualche rumore, non percependo altro che il battito accelerato del suo cuore.
I polmoni le bruciavano dalla fatica, così si arrese al trattenere l'aria e fece una serie di respiri affannati.
Se Kisame fosse stato lì non le avrebbe permesso di fare quei gradini al buio sapendo che avrebbe potuto farsi male.
Allungò un piede, trovando il vuoto sotto di esso, cercando di raggiungere, piegando il più possibile le ginocchia, il gradino successivo; fu un'impresa ardua dato che le rocce usate come gradini erano parecchio alte e formavano una scalinata poco omogena e sicura.
''Vuoi romperti una gamba?'' Il vocione basso di Kisame echeggiò per qualche istante tra le pareti rocciose, andando a dissolversi una volta raggiunta lo sbocco di fuga che dava sul cielo.
Il suo tono era preoccupato e al tempo stesso irrisorio.
Quando (T/N) sentì la voce avvolgente di Kisame rimbombarle nelle orecchie sgranò gli occhi, percependoli pizzicare subito dopo.
Dopo qualche secondo la torcia venne accesa con un 'click' e la piccola caverna venne illuminata quasi del tutto dal fascio di luce giallastro.
Non appena (T/N) fu in grado di vedere anche solo l'ombra del gradone successivo, iniziò a fare il più veloce possibile quella scala improvvisata, correndo verso la sorgente d'acqua in cui era immerso Kisame.
''Kisame!'' Pigolò, mentre lacrime salate si facevano strada sulle sue gote arrossate, inumidendole.
L'uomo-squalo era immerso nell'acqua che gli arrivava appena a metà stomaco ed aveva le braccia appoggiate al bordo roccioso.
Di fianco a lui la torcia accesa sprigionava un fascio di luce sempre più fastidioso man mano che ci si avvicinava, illuminandolo perfettamente e rendendolo ben visibile a (T/N) che gli saltò subito al collo, finendo in acqua a sua volta.
Kisame, preso alla sprovvista, riuscì comunque a prenderla al volo, ma fu costretto a fare un paio di passi indietro per evitare di sbilanciarsi troppo e cadere all'indietro.
(T/N) gli cinse il collo con le braccia, infossando il viso nell'incavo del suo collo, singhiozzando; il suo era un pianto di gioia: era così felice di vederlo, di sapere che stesse bene.
Il suo vestito galleggiava sulla superficie dell'acqua, mezzo distrutto.
Kisame abbracciò a sua volta la ragazza, poggiandole una mano sulla nuca, passando le dita tra i suoi capelli morbidi che aveva sempre desiderato toccare.

Rimasero così per qualche istante, in silenzio, stretti l'uno all'altra, in un abbraccio da cui nessuno dei due sembrava voler sfuggire.
Pian piano i singhiozzi di (T/N) cessarono; riuscì a riprendere il controllo del suo corpo e delle sue emozioni dopo qualche istante di stallo, in cui la sua mente era stata sgombrata da ogni pensiero.
''M-mi avevi promesso... mi avevi promesso che saresti tornato ma...'' Balbettò, ancora con il viso infossato tra la clavicola e il collo dell'altro, sfiorando con le labbra la sua pelle liscia e grigiastra.
Il respiro caldo di (T/N) sulla sua pelle gli fece venire i brividi.
''Infatti sono tornato.'' Rispose lui, vicinissimo all'orecchio di lei, ricordandole che quando le aveva fatto quella promessa non le aveva precisato quando, lasciando il loro incontro nel futuro un'incognita, così come il loro addio non detto.
(T/N) allentò un poco la presa ferrea su di lui, tirandosi dritta in modo da poterlo guardare in faccia; era proprio come se lo ricordava, se non più bello.
Non lo aveva mai guardato da così vicino, non erano mai stati tanto stretti l'uno all'altra come in quel momento.
''Mi sei mancato.'' Asserì lei, non riuscendo più a contenere i suoi sentimenti, decisa a dirgli tutto quella notte, a dimostrargli che cosa provasse per lui.
Kisame squadrò a distanza ravvicinata il suo viso umido, gli occhi rossi e gonfi dal pianto e le guance arrossate.
Il suo respiro era ancora leggermente affaticato, ma si stava pian piano regolarizzando; al contrario il suo cuore, i loro cuori battevano all'impazzata.
''Anche tu.'' Le rispose, sorridendo appena, leggermente in imbarazzo, non mostrando troppo i suoi denti affilati e taglienti.
La ragazza sorrise di rimando, accarezzandogli il viso con una mano, contenta come non era mai stata.
Lui si lasciò toccare volentieri, chiudendo gli occhi e beandosi di quel tocco leggero e delicato che lo aveva rilassato.
L'espressione sul suo viso poi divenne quasi truce, i suoi lineamenti si indurirono.
''Avrei voluto... morderlo.'' Disse, dal nulla, puntando i suoi piccoli occhi famelici in quelli (C/O) di lei che capì nell'immediato a chi si stesse riferendo.
''Non ti sarebbe piaciuto il suo sapore.'' Gli rispose, ricordandogli che la carne di umano agli squali non è poi così gradita come si crede, non volendo parlare dello spiacevole momento di terrore che aveva vissuto prima, non in quel momento che si erano appena ritrovati e avevano cose molto più importanti da dirsi.
''Ti sei difesa da sola, ne sono lieto.''
Kisame era tornato nei pressi dell'isola già da qualche giorno e aveva cercato subito di cercare (T/N), sperando di poterla vedere in spiaggia a raccogliere rifiuti, invece l'aveva vista passeggiare mano nella mano con un ragazzo; nonostante avesse saputo che prima o poi una cosa del genere sarebbe successa, non potè che rimanere ferito nel vedere dal vivo quella scena a cui non avrebbe mai pensato di assistere.
Aveva cercato di essere felice per lei, ricordandosi che se si era allontanato da lei era stato solo per il suo bene e, quel ragazzo, faceva parte del suo benessere.
Non era tornato con l'intenzione di ritornare a far parte della sua vita, ma per continuare a vegliare sugli animali marini nelle vicinanze, anche se sapeva non sarebbe stato facile resistere alla tentazione di farsi di nuovo vivo, aveva resistito con fatica, tenendo sempre a mente che se fosse ricomparso avrebbe solo creato problemi.
Inoltre anche lui doveva andare avanti, doveva superare quell'esperienza, dimenticarla e continuare con la sua vita, trovando una compagna della sua specie, ma purtroppo non ci era riuscito durante quel periodo di tempo lontano da lei.
Nemmeno quella sera sarebbe dovuto essere presente e assistere a quella scena che l'aveva fatto irare, tanto che si era avvicinato di parecchio ai due ed era stato persino tentato di fare del male, per la prima volta, a qualcuno.
Quando aveva sentito urlare si era incuriosito e aveva cercato di capire, rimanendo a debita distanza cosa stesse succedendo, sperando ci fossero semplicemente dei ragazzi in mare che stavano facendo un bagno notturno, scena a cui aveva già assistito parecchie volte, invece, dopo aver teso meglio le orecchie, si era reso conto che si trattava di qualcosa di più serio.
Una volta riconosciuta la voce di (T/N) si era reso conto subito di cosa stesse succedendo e la cosa non gli piacque per nulla; sapeva quanto la ragazza avesse paura dell'oceano di notte, quando le era impossibile vedere il fondo, aveva assistito in prima persona a un suo attacco di panico che le aveva fatto perdere la capacità di muoversi, tanto che si era abbandonata al suo destino senza nemmeno provare a salvarsi e non voleva che stesse male in quel modo di nuovo.
Fortunatamente, prima che lui si decidesse a intervenire, una volta giunto alle spalle del ragazzo che l'aveva trascinata in mare contro la sua volontà, (T/N) si era fatta forza e aveva rivolto da sé la situazione, senza implicarlo e far si che si mettesse in seri guai: se l'avesse morso, avrebbe dovuto ucciderlo, lasciarlo in vita non sarebbe stata un'opzione plausibile, sarebbe stato troppo rischioso.
Purtroppo (T/N) si era accorta della sua silenziosa presenza e si era maledetto per essere stato incauto e essersi fatto scoprire da lei.
Subito se ne era andato, rifugiandosi nel luogo in cui aleggiavano tutti i ricordi più belli di loro due, il LORO posto speciale.
Non avrebbe mai pensato che la ragazza, quella notte stessa, avrebbe superato la sua paura per lui, raggiungendolo lì, sapendo che l'avrebbe trovato proprio in quel posto, l'unico luogo in cui entrambi si sentivano al sicuro perché impregnato dei ricordi che avevano l'uno dell'altra.
Era fiero di lei, era contento di vederla, di averla tra le sue braccia, così vicina.
Sapeva che non avrebbero dovuto essere lì insieme, che sarebbe stato meglio mantenere le distanze, ma in quelle circostanze ormai sarebbe stato impossibile allontanarsi l'uno dall'altra; erano stati fin troppo bravi a trattenersi, senza varcare il limite che li separava dall'essere solo amici a qualcosa di più, evitando qualsiasi contatto fisico prolungato che avrebbe potuto far infiammare i loro animi.
Il desiderio represso accumulatosi nei loro corpi era tanto era insopportabile e fastidioso: non erano più in grado di resistersi, dovevano possedersi.

I loro visi si avvicinarono sempre di più, fino a quando le loro labbra non si sfiorarono; era stato un movimento lento e posato, nonostante stessero fremendo dalla voglia di aversi tutto procedette con estrema calma.
Si baciarono, piano, lentamente, prendendo pian piano ritmo una volta che le loro lingue calde iniziarono a sfiorarsi.
Era un bacio dolce, nonostante le labbra di Kisame fossero salate.
Avvinghiati l'uno all'altra avevano approfondito sempre di più il bacio, rendendolo meno casto e posato: ora si stavano letteralmente mangiando le labbra e le mani fremevano, non aspettando altro che muoversi in maniera possessiva sul corpo dell'amante.
L'acqua in cui erano immersi stava quasi per iniziare a prendere il bollore tanto i loro corpi erano accaldati dall'eccitazione.
(T/N) fece scivolare le mani lungo la schiena liscia e solcata da qualche goccia di acqua salmastra di Kisame, sfiorando con le dita ogni muscolo in tensione.
L'uomo-squalo si lasciò sfuggire, durante il bacio, un gemito basso e roco quando una mano di (T/N) andò a stringersi intorno al suo membro eretto già da qualche tempo.
Iniziò a masturbarlo, facilitata nei movimenti dall'acqua che riduceva l'attrito, mentre il loro bacio si faceva sempre più affannato.
Entrambi, ma soprattutto Kisame che stava godendo del trattamento speciale offerto da (T/N), iniziavano a essere a corto di ossigeno.
Si presero una pausa contrariati, ma bisognosi di riprendere fiato per poter continuare a baciarsi di nuovo con tanta passione.
(T/N) guardò Kisame negli occhi, mordendosi un labbro quando vide l'espressione rilassata e appagata sul suo viso, felice di essere l'artefice di tale spettacolo.
Strinse di più le dita intorno all'erezione pulsante dell'altro, muovendo in maniera più decisa il polso, osservando le labbra di Kisame schiudersi per far uscire un altro rantolo di piacere.
La fila di denti bianchi e appuntiti era appena visibile dallo spazio creatasi tra le labbra schiuse; (T/N) voleva quei denti conficcati nella sua carne morbida, voleva avere il ricordo di lui impresso sulla pelle per sempre.
L'uomo-squalo, per quanto piacevole fosse quella tortura, iniziava a essere stufo di subire passivamente.
Le mani di (T/N) così gentili e delicate, le stesse che l'avevano curato con estrema gentilezza, erano diventate piuttosto aggressive nei movimenti, rimanendo, però, allo stesso tempo attente e minuziose, sapendo di star toccando qualcosa di molto delicato e suscettibile.
Portò le mani sulle sue cosce, facendole vagare fino alle sue natiche, scostando i lembi intatti del vestito che indossava, ripercorrendo, poi, il percorso a ritroso.
Strinse tra le dita la carne morbida delle cosce, facendo poi in modo che il corpo della ragazza aderisse il più possibile al suo.
(T/N) cinse con le gambe il bacino dell'altro, percependo la sua erezione dura contro lo stomaco.
Kisame non fece per nulla fatica a sollevarla e portarla fuori dall'acqua, fu un movimento veloce e calibrato.
La (mora/bionda/rossa...) indietreggiò sulla sabbia, lasciando spazio all'altro, in modo che anche lui potesse uscire.
Kisame appoggiò le mani sul bordo roccioso della vasca e con uno scatto si issò con le braccia i cui muscoli si tirarono nel compiere quel movimento.
Gli occhi affamati di (T/N) vagarono sullo sterno muscoloso di Kisame, osservando ogni muscolo perfettamente delineato venir percorso da piccole goccioline di acqua salata.
Questa volta non si tirò indietro e guardò anche più in basso, appena sotto la V pronunciata: l'erezione prorompente di Kisame svettava dritta dinanzi a lei, puntandola.
Una volta uscito del tutto dall'acqua, Kisame strisciò sulle ginocchia fino a raggiungere (T/N) che, dinanzi a lui, lo stava mangiando avidamente con gli occhi.
Anche lui la guardava con una certa ingordigia, come se non avesse mangiato da giorni e avesse davanti il suo pesce preferito; assolutamente (T/N) era la sua preda preferita, non l'aveva ancora assaggiata, ma sapeva solo guardandola che gli sarebbe piaciuta parecchio.
La afferrò per le caviglie, tirandola verso di sé, facendola scivolare sulla sabbia.
(T/N) ignorò il fastidio che gli aveva procurato l'attrito con la sabbia, assecondando i movimenti dell'altro.
Si tenne in equilibrio sui gomiti e gli avanbracci, continuando a guardare l'altro famelica, eccitata e vogliosa di un contatto fisico più intimo.
Kisame sciolse la presa sulle sue caviglie, facendo scivolare le sue grandi mani sulle gambe di lei, scostandole di nuovo di dosso il tessuto zuppo d'acqua del vestito che le si era appiccicato sulla pelle.
Le dita calde e bagnate di Kisame le facevano il solletico, era un tocco leggero, ma era stato abbastanza deciso per farla accaldare più di quanto già non fosse.
Quando raggiunse l'interno coscia, nella zona inguinale, spostò le mani sui suoi fianchi, sui bordi delle mutande che sfilò velocemente, senza perdere troppo tempo.
(T/N) emise un sospiro di piacere quando la sua intimità venne liberata dal tessuto umido e fastidioso che la ricopriva.
Kisame guardò la vulva bagnata della ragazza per un istante, rivolgendo, poi, la sua attenzione, il suo sguardo a (T/N) che lo stava osservando in adorazione.

''Mi lavo, quindi per tua sfortuna la mia vagina non odora e non sa di pesce.'' Asserì, (T/N), ridacchiando, parlando per la prima volta da quando si avevano iniziato a baciarsi.
Kisame aveva tirato le labbra a sua volta verso l'alto, sorridendo a sua volta.
''Mi piace assaggiare cibi nuovi.
Se non ti dispiace proverei... o forse hai paura che ti morda?'' Il sorriso di Kisame si era tramutato in un ghigno furbo e accattivante; in realtà dietro a quell'affermazione era celata una certa premura nei confronti della ragazza che non avrebbe biasimato se fosse stata contraria ad avere quella bocca potenzialmente pericolosa vicino a una zona delicata come la sua intimità.
(T/N) si morse il labbro, osservando i denti aguzzi dell'altro.
''Non è una pietanza da gustare a morsi.
Al contrario il resto del mio corpo puoi azzannarlo quanto vuoi.'' Con quell'affermazione (T/N) aveva fatto ben capire a Kisame che non doveva trattenersi e temere di farle male nel caso il suo istinto animale avesse sovrastato la ragione.
L'altro rimase abbastanza stupito di tale risposta, ma non in maniera negativa, anzi si sentì sollevato e meno impensierito, ciò non voleva dire, però, che non avrebbe cercato di darsi un contegno e di essere delicato quanto bastava.
Nella sua cultura fare sesso era un atto meccanico e compiuto quasi esclusivamente per procreare; era solitamente un amplesso violento, compiuto senza alcuna emozione o trasporto, come si è solito dire non era altro che puro sesso animale.
Non esistevano il sesso orale per ovvi motivi: essendo un atto di procreazione, non era il piacere fisico del compagno la cosa importante, inoltre la dentatura che avevano non avrebbe reso di certo semplici le cose.
Kisame sapeva, però, che per gli uomini non era solo un modo per mandare avanti la specie, bensì era qualcosa che aveva, per loro, un significato più profondo.
Gli era capitato un paio di volte di osservare delle coppie fare sesso in spiaggia o in acqua e si era reso conto della differenza che c'era tra il sesso praticato dagli uomini e quello della sua gente; purtroppo non aveva mai avuto modo di replicare ciò che aveva visto, dato che nessuna delle femmine della sua specie avrebbe capito il suo volere e le motivazioni per cui avrebbe voluto far sesso in maniera differente da come erano soliti fare.
Ora che si trovava con (T/N), che aveva l'opportunità di fare sesso con lei, voleva rendere quell'amplesso speciale e diverso da ogni altro che aveva avuto in passato.
Il fatto che fosse anche innamorato di lei rendeva il tutto ancor più importante per lui: non aveva mai provato affetto nei confronti di nessuna femmina in tutta la sua vita, nonostante fosse una persona parecchio sensibile e incline al sentimentalismo; in realtà era molto molto raro per la sua specie che qualcuno si innamorasse e decidesse di avere un compagno per tutta la vita, a differenza degli uomini di terra loro non badavano a queste smancerie, ne tantomeno ai rapporti familiari, non era raro che tra parenti si avessero, infatti, rapporti sessuali.
Kisame si era, così, avuto il permesso da (T/N), inginocchiato tra le sue gambe e aveva avvicinato le labbra all'intimità della ragazza.
Un brivido aveva percorso la schiena di lei quando il fiato caldo di Kisame aveva avuto contatto con la sua vagina; era impaziente di ricevere cure da lui, non aspettava altro che provare piacere.
La lingua di Kisame, calda e umida, aveva iniziato a muoversi con leggerezza e delicatezza sulla parte più sensibile della sua intimità.
(T/N) era salata, aveva il sapore dell'oceano, ma più Kisame lappava, ripulendola dall'acqua salina più percepiva, assaporando le sue secrezioni, la sua vera essenza.
Un piccolo gemito lasciò la gola di (T/N), i suoi occhi (C/O) si socchiusero appena per il piacere; il calore che percepiva all'interno del suo corpo si faceva sempre più forte.
Spinse il bacino contro il viso dell'altro, facendogli capire che stava godendo di quel trattamento.
L'uomo-squalo la guardò con il viso infossato tra le sue gambe, non potendo che essere soddisfatto di quello che vedeva e udiva, sapendo bene fosse solo l'inizio.
Le dita di Kisame scivolarono con facilità nell'entrata ben lubrificata della ragazza che gemette di nuovo quando percepì l'intrusione nella sua femminilità.
Muoveva le dita avanti e indietro con misurata velocità, affondando solo ogni tanto con più forza, facendo gemere la ragazza ogni volta che raggiungeva in profondità il suo punto più delicato.
Kisame emise un grugnito di frustrazione misto al piacere, tracciando con le labbra l'interno coscia della ragazza, iniziando a percepire il suo membro tirare fastidiosamente tra le gambe, sempre più sollecitato dai gemiti di (T/N).
Schiuse le labbra e sfiorò con la lingua la carne morbida della sua coscia, tracciando un piccolo cerchio immaginario su un lembo di pelle; il suo corpo era davvero invitante e saporito, se non avesse saputo che la carne di umano non fosse poi tanto gradita e digeribile sarebbe stato tentato di mangiarla.
Non l'avrebbe mangiata, ma un morso glielo avrebbe dato volentieri: aprì le fauci, facendo si che i suoi denti appuntiti si potessero conficcare appena nella carne morbida di (T/N), senza andare però troppo a fondo e ferirla gravemente: era stato un morso gentile, delicato, per nulla doloroso, ma molto eccitante.
Di nuovo (T/N) gemette, questa volta in modo più acuto, quando percepì i denti di Kisame puntellare la sua pelle; le piacque quella sensazione di dolore mista a piacere che le mandò brividi lungo tutto il corpo.
L'uomo-squalo osservò il segno circolare lasciato dai suoi denti sulla carne morbida della coscia di (T/N), costatando che con quel morso leggero non l'aveva nemmeno fatta sanguinare, il che lo tranquillizzò; si allungò, poi, su di lei, sfilandole il vestito che ormai era un ammasso di stoffa zuppa d'acqua insieme al reggiseno, lasciando liberi suoi seni.
I capezzoli erano già turgidi per via del cambio di temperatura tra l'acqua e l'ambiente esterno e svettavano dritti, contornati dall'aureola scura.
(T/N) si impossessò di nuovo delle labbra dell'altro, baciandolo con foga e passione, fino a quando non rimasero, come prima, di nuovo senza fiato.
Si guardarono per un istante negli occhi, rendendosi conto di quanto si fossero desiderati sin dal primo istante.
Kisame fece scivolare la sua erezione in lei, percependo subito le parete strette della sua vagina stringersi intorno al suo membro, facendolo sospirare appagato.
Lei emise a sua volta un sospiro di piacere, buttando la testa all'indietro quando la grandezza di lui si fece spazio in lei.

Finalmente si erano uniti ed era una sensazione bellissima e indescrivibile quella che stavano provando in quel momento di intimità.
Kisame iniziò ad affondare in lei con movimenti costanti del bacino, mantenendo un ritmo abbastanza veloce, accelerando o rallentando di tanto in tanto, creando un contrasto di piacere quasi straziante; quando (T/N) era convinta di star raggiungendo il limite lui rallentava i movimenti, riportandola a uno stato di piacere nella media: l'avrebbe sfinita lentamente.
Avendo una diversa resistenza fisica era chiaro che Kisame non ci avrebbe messo così poco a venire, era per questo che rallentava l'orgasmo della ragazza, accorgendosi dagli spasmi e dal fiatone quando fosse il momento di diminuire la velocità degli assesti.
(T/N) stringeva le braccia intorno al collo di Kisame, tenendo il viso infossato nell'incavo del suo collo, respirando affannosamente sulla sua pelle, facendolo rabbrividire.
Un seno di (T/N) era preso in ostaggio da una mano dell'uomo che continuava a modellarlo a piacimento tra le sue dita, stuzzicando di tanto in tanto il capezzolo, mentre con l'altro braccio si sosteneva al suolo, cercando di non gravare con il suo peso su di lei, evitando di schiacciarla e di renderle ancor più difficile respirare.
Kisame stava iniziando a sua volta ad avere il fiatone e si sentiva ogni secondo più vicino all'orgasmo, tanto che nemmeno rallentando i movimenti del suo bacino era riuscito a controllarlo.
In un impeto di piacere, giunto quasi al culmine, aveva iniziato ad affondare in (T/N) con più velocità e forza, facendo ansimare pesantemente la ragazza che si sentiva andare a fuoco il basso ventre.
Si strinse di più a lui, poggiandogli una mano dietro alla nuca e passando le dita tra i suoi capelli umidi, socchiudendo gli occhi, percependo il piacere farsi sempre più forte, sempre più intenso.
Kisame strinse gli occhi, sentendo il suo membro pulsare, segno che era ormai giunto alla fine; con un affondo seccò colpì il punto più delicato di (T/N) facendole inarcare la testa all'indietro e spalancare occhi e bocca.
Un grugnito roco echeggiò tra le pareti della grotta che erano state riempite di gemiti e respiri affannati.
L'uomo affondò i denti nel collo di (T/N) mettendosi a tacere.
La ragazza boccheggiò, percependo come mille aghi pungerle il collo, infilandosi all'interno della sua carne.
Quasi non le vennero le lacrime agli occhi per il dolore e il piacere che provò nello stesso istante.
Le sue gambe ebbero uno spasmo e percepì il corpo che fino a quel momento era stato in tensione, percorso dall'adrenalina, divenire molle, senza energie.
Anche Kisame ebbe un cedimento: i suoi muscoli si tesero tutti insieme, rilassandosi dopo appena un secondo all'unisono, rimanendo svuotato da ogni energia.
I loro corpi bagnati e stanchi erano ancora appiccicati, fusi insieme in un abbraccio.
I loro respiri affannati pian piano andarono a regolarizzarsi e le loro menti, che per alcuni secondi, dopo l'orgasmo, era come se fossero andate in stand-by, libere da ogni pensiero, tornarono a funzionare, facendo realizzare ai due cosa era appena successo.
(T/N) e Kisame si guardarono negli occhi, carichi di stanchezza, ma soprattutto di felicità, di amore: si amavano, si erano piaciuti sin dal primo istante, non si sarebbero liberati di quel sentimento così facilmente, neanche se fossero rimasti a distanza per mesi, non dopo quello che avevano condiviso.
Quello che era appena successo non sarebbe dovuto accadere, sarebbe stato meglio evitarlo, per il bene di entrambi, ormai sarebbe stato impossibile dirsi addio, separarsi.
Si sarebbero goduti quegli attimi insieme fino a quando la situazione sarebbe stata insostenibile e difficoltosa, sarebbero stati insieme quanto potevano, nascondendo il loro amore a tutti, vivendo due vite separate che si sarebbero incontrate, unite, solo in quella grotta, nel LORO posto speciale.

[31130 parole] - 18 Ottobre 2019

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top